3 minute read

In gol con Papa Francesco

Il 13 di agosto ho avuto la fortuna di partecipare all’udienza che Papa Francesco ha concesso alle squadre Nazionali di calcio di Italia e Argentina in occasione della partita amichevole organizzata in suo onore. Nelle sue parole non si è sentita la banalità di una predica moralista e neppure l’indice impietoso dell’inquisitore contro i vizi del pallone con le sue storie di partite truccate, di violenze mai debellate e di enormi capitali investiti. Il Papa tifoso del San Lorenzo de Almagro, è andato oltre, scavalcando ogni luogo comune, per tornare alla purezza delle emozioni dello sport più bello del mondo; quello per cui, quando era Vescovo di Buenos Aires, lo faceva fermare per strada per vedere i ragazzini tirare quattro calci al pallone. In mezzo allo sferragliare dei tram, ai rimbalzi irregolari del pallone sulle strade del barrio, al vociare dei ragazzi che non avevano un campo, il calcio era soprattutto gioco. Il gioco è il luogo dell’anima, l’angolo nel quale si può vivere la propria libertà più intima. Nel gioco c’è uguaglianza, soprattutto se viene vissuto con l’anima del bambino che non sa distinguere il ricco dal povero ed è capace di abbracciare qualunque amico, anche se di pelle diversa, dimenticandosi di ciò che lo aspetta domani, perché nel suo presente, nel correre dietro un pallone, c’è l’eterno.

Un Vescovo di Roma, “preso dalla fine del mondo” che non sfugge alla passione sportiva del suo popolo e che andava allo stadio, El Gasometro, con mamma e papà: “Tornavamo a casa felici, naturalmente, soprattutto durante il campionato 1946”.

Il pastore d’anime che si è messo idealmente la tuta da allenatore per offrire, con il consueto tono di voce affabile, senza alcuna aggressività parole affettuose ma anche stimolanti perché ogni atleta si ricordi di essere prima di tutto uomo. Parla forte e chiaro, anche se da un polmone solo, invitando tutti ad essere uomini veri, coinvolti nelle sorti dei propri simili, perché essere campioni significa esempio, popolarità e traino, soprattutto per i giovani: “Con la vostra condotta, con il vostro gioco, con i vostri valori fate del bene, la gente vi guarda, approfittatene per fare del bene”.

L’assist di un Papa che, al di là di ogni rigida disciplina, è paragonabile all’indole creativa e irregolare di un fuoriclasse perché ciascuno sappia vivere, anche nello sport, controcorrente.

Parole quiete e ferme, vere e rivoluzionarie, nella loro semplicità indirizzate a giovani e meno giovani, atleti e dirigenti, credenti e non credenti perché attraverso lo sport ciascuno possa davvero “giocare la propria partita onesta e coraggiosa”. Usa immagini tratte dal calcio perché capaci di penetrare orecchie che rischierebbero di restare indifferenti. Nessuno si inganni. Papa Francesco non svaluta la Parola; semplicemente ne evidenzia i nessi con altre che permettono alla Parola di arrivare più in là, a periferie meno raggiungibili per parlare di solidarietà, rispetto, sacrificio, spirito di squadra, spinta a migliorarsi, fiducia.

Valori universali che il calcio sa regalare sia che si giochi sul campo spelacchiato di un oratorio o al Maracanà, e poco importa se sogni la Coppa del Mondo o solo la pizza a fine campionato. Il calcio come passione, sì, ma soprattutto come azione. Come mezzo per imparare a migliorarsi continuamente per diventare sempre più uomini, portatori di umanità.

don Alessio Albertini Consulente Ecclesiastico Nazionale CSI

This article is from: