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Il Mondiale della fede e del “fair-pray”
from Stadium n. 1-4/2014
by Stadium
Dopo ogni fischio finale, avversari in preghiera davanti al Cupolone
di Felice Alborghetti
Debutto amaro per il Collegio Belga. Eliminati i campioni in carica dei Martyrs. Con gli Usa, già fuori Messico, Spagna e Brasile. Il 17 maggio le semifinali: la più titolata Redemptoris Mater sfida la rivelazione San Pietro, mentre il Sedes Sapientiae affronterà il Collegio Urbano. Finali il 24 maggio.
Sosta pasquale per l’ottava edizione della Clericus Cup, il mondiale calcistico pontificio, organizzato dal Centro Sportivo Italiano, con il patrocinio dell’Ufficio Cei per la Pastorale del Tempo libero, Turismo e Sport e in collaborazione con il Pontificio Consiglio della Cultura e il Pontificio Consiglio per i Laici che come ogni anno si disputa a Roma, sui campi del Pontificio Oratorio
CLERICUS CUP
Sedici maglie, con un solo “sponsor”. “Il mio capitano è Papa Francesco”
di San Pietro, a due passi dal Vaticano. Una Quaresima vissuta tra Via Crucis e gol. Ben 124, quelli segnati fino alle gare dei quarti di finale. A partire dall’8 marzo i sacerdoti e seminaristi di tutto il mondo - sono 358 i giocatori iscritti al Mondiale della fede, con passaporti di 60 diverse nazionalità - sono scesi in campo per contendersi la celebre Coppa col saturno. Edizione straordinaria questa, che si deciderà nella finale di sabato 24 maggio, e che si disputa nel 2014, anno in cui il Csi festeggia 70 anni dalla sua nascita. Il 7 giugno anche per gli atleti della Clericus Cup, così come per tutti gli sportivi italiani, la festa è già fissata in Piazza San Pietro, quando Papa Francesco incontrerà le società sportive di tutta Italia. Un traguardo, cui la Clericus Cup guarda già da adesso. Sulle maglie delle sedici formazioni partecipanti al torneo, a sottolineare
il comune “credo” dei protagonisti della Clericus, diversi colori, ma un solo richiamo: “il mio capitano è Papa Francesco” con la data del 7 giugno ben impressa per promuovere lo storico appuntamento per lo sport e per il Csi. Il perché lo spiega il consulente ecclesiastico del Csi, don Alessio Albertini, «Il compito di un capitano è quello che di trascinare la squadra, di essere punto di riferimento nei momenti più difficili, di dare coraggio ai giocatori più sfiduciati, di essere uomo simbolo… chi meglio di Papa Francesco incarna oggi questa figura in un campo grande come il mondo? Anche noi vogliamo accogliere il suo invito a scendere in campo per “giocare una partita onesta e coraggiosa”, accanto al nostro capitano, vero esperto di calcio, ma soprattutto di umanità».
Vietato pareggiare. Espulsione temporanea col cartellino azzurro
Il regolamento del campionato di calcio per seminaristi e sacerdoti ha qualche “deroga” rispetto al calcio più conosciuto. Si possono effettuare 5 sostituzioni, si può chiamare il time out (due minuti per squadra a partita) e c’è la possibilità per gli arbitri del Csi Roma, che cura la parte tecnica del torneo, di estrarre il cartellino azzurro (espulsione temporanea di 5 minuti), un provvedimento tra il giallo e il rosso, che sanziona una grave scorrettezza in campo, un fallo volontario da ultimo uomo o altre casistiche di falli. Altra particolarità regolamentare, è che alle squadre non è mai concesso pareggiare. Meglio: ogni match che al termine dei minuti regolamentari finisca in parità, si conclude ai calci di rigore, con 2 punti assegnati alla squadra risultata migliore dal dischetto ed 1 punto al team sconfitto.
Ecco il “fair-pray” nel terzo tempo. Così nel derby romano prega anche la curva
Preghiere prima durante e dopo. Gli azzurri del Santa Maria intonano al riconoscimento dell’arbitro il “Sub tuum presi-
dium” mentre i neocatecumenali cantano l’”Alma Redemptoris Mater”. A fine gara si effettua regolarmente uno speciale “terzo tempo”, qui ribattezzato di “fair-pray”. Non si tratta, infatti, solo strette di mano ed abbracci: al fischio finale i sacerdoti si ritrovano a centrocampo per una preghiera di ringraziamento. Di più è successo, al termine del sentitissimo derby tra seminari della diocesi di Roma Redemptoris Mater-Seminario Romano Maggiore, messi faccia a faccia dal sorteggio in diretta televisiva (TV2000). Mano nella mano i giocatori, colleghi ed amici tra i banchi di teologia e filosofia alla Gregoriana, in gruppo hanno esteso il cerchio della preghiera fino alle due tifoserie presenti in curva, gemellatesi al termine del match. “Siate umili” il coro unanime.
Bomber che viene, bomber che va
Eliminato dall’1-0 patito contro il Sedes Sapientiae saluta la Clericus Cup il superbomber del torneo. “Tra un anno sarò a New York e non potrò più giocare” afferma il brasiliano monaco Joao Kalevski, capocannoniere 2013 con la maglia del Mater Ecclesiae, e leader incontrastato dei goleador ecclesiali. Con i 4 gol di quest’anno è arrivato di fatti a quota 45 reti all’attivo in 7 stagioni disputate all’ombra del Cupolone. Al suo trono si candida di diritto Edwin Salnitro, 13 reti (in 4 gare) quest’anno con la maglia dell’Istituto San Pietro, dove studia, lui che vive nel seminario di San Vitaliano a Montefiascone. Mamma liberiana, da piccolo molto vicino a Weah, che lo ha visto giocare al Meazza, complimentandosi con lui, Edwin dieci anni fa era ad un passo dal firmare con una società abruzzese un contratto importante. Quindi la vocazione, il noviziato e oggi la Clericus Cup. Grazie ai suoi gol sogna la Cupola, il San Pietro di Viterbo, squadra rivelazione di questa edizione, che, alla sua terza partecipazione, ha altissime ambizioni. Per i blu della Tuscia c’è pure il tifo azzurro. Se Angelo Peruzzi, ex portierone
della Nazionale, incoraggia dopo ogni Messa il suo parroco, a Blera, don Santino Giulianelli, tecnico del San Pietro insieme a don Giuseppe Curre, il preside dell’Istituto teologico e presidente della squadra, don Alferedo Cento fa una promessa: “Se andremo in finale porteremo da Viterbo pullman di tifosi e in primis il mio parrocchiano Leonardo Bonucci, se libero dalle convocazioni pre Mondiale”. Proprio il difensore della Juventus si era
complimentato con la squadra viterbese, e con il suo don, dopo la vittoria sul Collegio Spagnolo. “Siete stati Bravissimi, avete battuto don Iniesta, vendicando la nostra sconfitta con le furie rosse”. Non è andato benissimo tra gli iberici, il buon Iniesta, don Juan, non l’Andrés eroe del Mondiale sudafricano, ma come lui manchego, di Albacete. La Roja pontificia ha salutato la Clericus, senza nemmeno una vittoria.