Stadium n. 1-2/1955

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Direttore: LUIGI GEDDA In questo numero: Pilastri morali dello sport - Dilettantismo e professionismo di Bruno Zauli - Il sistema: difficile sintassi calcistica dì Filippo Muzj - Incontro col pallone di Nicola Pa­ voni - Torna il sereno per i cavalli da corsa di Alberto Giubilo ■ Anniversario di un drammatico volo sull’atlantico di Giuseppe Ber tocco - Visita a Luigi Bartolini di Remo Pascucci - Latte contro caffè di Sergio Santucci - A Zeno Colò, assurdo divieto Le rasolimpico di naber - Grazie Gino! di Natale Bertocco Essenza segne invernali giovanili del C.S.I. a Bardonecchia Olimpiaca di Cortina d’Ampezzo di Giuseppe Sabelli Fioretti.

ANNO X - N. 1-2

GENNAIO-FEBBRAIO 1955


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Che lo sport sia oggi un fenomeno sociale di proporzioni gigantesche lo vede chiunque abbia occhi per vedere e lo ha rilevato d’altra parte ripetutamente il Papa stesso, che non ha ritenuto né sconveniente né inopportuno l’occuparsene di pro­ posito per impartire ai cattolici principii e norme sull’argo­ mento. Non c’è oggi chi non veda quanto la pratica dello sport e della ginnastica sia diffusa in ogni ceto, quanto sia vivo l’interesse da essi suscitato dovunque, quanto svariate ne siano le forme, quanto vasti e molteplici ne siano i riflessi nella vita individuale, familiare e sociale, quanto potenti le orga­ nizzazioni locali, nazionali e internazionali ad essi connesse, quanto vasta e profonda l’eco degli avvenimenti sportivi nella stampa e nella conversazione quotidiana. Nessuna meraviglia quindi che il fenomeno abbia attirato l’attenzione delle più alte Autorità della Chiesa e se ne sia occupato espressamente il Papa stesso; che esso formi da anni un oggetto particolare di studio da parte dei massimi espo­ nenti del movimento cattolico nei vari Paesi; e che infine ne abbiano sottolineata l’importanza varie massime manife­ stazioni cattoliche nazionali, come ad esempio l’ultimo ”Katholikentag” germanico riunitosi a Fulda all’inizio dello scorso settembre e al quale hanno partecipato ben 200 mila cattolici tanto della zona al di qua quanto di quella al di là della cor­ tina di ferro. Di qui la necessità anche per noi di occuparcene, e, per questa volta, al semplice scopo di richiamare a quanti fra noi dedicano al problema dello sport e della ginnastica la loro particolare attenzione, o all’esercizio dello sport una parte più o meno notevole del loro tempo, il pensiero papale sull’argo­ mento.

PILASTRI MORALI «.SPORT

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ad ogni forma di attività umana, che è quello di avvicinare l’uomo a Dio ». Poste queste finalità, dello sport e della ginnastica, il Papa ne de­ duce che « si deve in essi appro­ vare tutto ciò che giova al conse­ guimento degli scopi indicati, na­ turalmente al posto che a loro conviene », mentre « si ha da re­ spingere quanto non conduce a quegli scopi o da essi distoglie o esce dal luogo a loro assegnato. Per cui, scendendo dai principii Da parte del Santo Padre i due ultimi discorsi di fonda­ generali alle loro applicazioni par­ mentale importanza sullo sport e la ginnastica sono quello ticolari, il Papa insegna che sono del.1’8 novembre 1952 rivolto ai partecipanti al Congresso in primo luogo da escludere « al­ scientifico nazionale italiano dello sport e dell’Educazione fi­ cune forme di ginnastica o di sica e l’altro pronunciato il 16 maggio 1953 in occasione della, sport che contrastano col rispet­ apertura del nuovo grandioso Stadio Olimpico di Roma. to » dovuto al corpo, « abitazione Nel primo dei due importanti discorsi il Santo Padre ha e strumento dell’anima » e « in­ trattato di proposito e abbastanza ampiamente il tema: nalzato alla dignità di tempio « Sport e ginnastica dinanzi alla coscienza, alla religione e stesso di Dio » e destinato alla vi­ alla morale »; nel secondo il Santo Padre ha impartito brevi, ta immortale dopo la risurrezione. ma preziose norme di condotta al pubblico che suole recarsi Deduce ancora che « la sana allo Stadio per assistere alle gare ginnico-sportive. dottrina insegna a rispettare il ❖ ❖ ❖ il corpo, ma non a stimarlo oltre Nel primo, e più fondamentale, dei due discorsi il Papa ha il giusto », per cui la massima giu­ richiamato il fine di ogni attività ginnastica e sportiva; e cioè, sta deve essere : « cura del corpo, in primo luogo, il fine prossimo, che è quello « di educare, svi­ rinvigorimento del corpo, sì; culto luppare e fortificare il corpo», il fine più remoto, che è «la del corpo, divinizzazione del cor­ utilizzazione, da parte dell’anima, del corpo così preparato per po, no»; e ciò perché lo sviluppo della vita interiore od esteriore della persona»; ccrpo tratto dal limo 'Ila terra da ultimo, il « fine supremo dell’uomo in generale e comune spetta il primato p& il corrigtosfè. ro”

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umano, ma allo spirito, all’ani­ ma spirituale ». Altra norma fondamentale che il Papa deduce dai prin­ cipi! posti è la necessaria con­ sapevolezza del fatto enuncia­ to da S. Paolo nella lettera ai Romani con le parole: "Vedo nelle mie membra un’altra leg­ ge, che si oppone alla legge del­ la mia mente, e mi fa schiavo della legge del peccato, che è nelle mie membra”, e la conse­ guente necessità di « tener con­ to nell’intensivo uso ed eserci­ zio del corpo di questo fatto » e di elimniare « forme di sport, che risvegliano gli istinti, sia con forza violenta, sia con le seduzioni della sensualità ». « Anche dal lato estetico — rileva a questo proposito il Pa­ pa — col piacere della bellezza, con l’ammirazione della ritmi­ ca nella danza e nella ginnasti­ ca, l’istinto può insinuare il suo veleno negli animi ». E sog­ giunge : « Vi è inoltre nello sport e nella ginnastica, nella ritmica e nella danza, un certo nudismo, che non è né neces­ sario né conveniente ». Lo sport e la ginnastica deb­ bono, secondo la mente del Pa­ pa, « non comandare e domina­ re, ma servire e aiutare », e precisamente servire e aiutare l’anima. « Lo sport che non ser­ ve l’anima — rileva il Papa — non sarà che un vano agitarsi di membra, una ostentazione di caduca avvenenza, una effi­ mera gioia », e richiama a que­ sto riguardo l’insegnamento della massima infallibile di Cri­ sto : « Lo spirito è quello che vivifica, la carne a nulla giova». « * * Anche « nello sport e nella la ginnastica, dunque, l’ele­ mento principale, dominante, è lo spirito, l’anima, non il cor­

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po ». Da questa realtà il Papa trae alcune esigenze religiose e morali nella estimazione dello sport e della ginnastica, e cioè: 1) nel tributare l’ammirazio­ ne alle imprese degli atleti de­ ve essere assunta, come crite­ rio fondamentale, la osservan­ za di questa gerarchia dei va­ lori, attribuendo « il maggior pregio, non a chi possiede i più forti e più agili muscoli, ma a chi dimostra anche più pronta capacità di sottometterli all’im­ pero dello spirito »; 2) in caso di conflitto non si può sacrificare a vantaggio del corpo gli intangibili interessi dell’anima; per cui « verità e probità, amore, giustizia ed equità, integrità morale e na­ turale pudore, doverosa cura della vita e della sanità, della famiglia e della professione, del buon nome e del vero onore, non debbono essere subordinati all’attività sportiva, alle sue vittorie e alle sue glorie »; 3) nell’insieme delle attività umane lo sport e la ginnastica « sono aiuti ed accessori certa­ mente da stimarsi; ma non va­ lori di vita indispensabili, né assolute necessità morali », per cui gli sportivi devono guar­ darsi « dal pericolo di trascura­ re doveri più alti concernenti la loro dignità e il rispetto ver­ so Dio e verso se stessi ». * * *

Il Papa termina il suo discor­ so sullo sport e sulla ginnasti­ ca, offrendo agli sportivi una formula breve e sicura per evi­ tare quelle « deviazioni mate­ rialistiche, che abbasserebbero il valore e la nobiltà dello sport ». « Volete agire rettamente — egli dice loro — nella ginnasti­ ca, nel gioco, nello sport? Os­ servate i comandamenti ».

L’osservanza dei comandamenti impone agli sportivi in primo luogo di rendere « a Dio l’onore che gli è dovuto » e so­ prattutto di santificare il gior­ no del Signore; di essere fedeli « agli obblighi familiari, i quali debbono anteporsi alle credute esigenze dello sport e delle as­ sociazioni snortive»; di non « esporre sconsideratamente a serio pericolo con la ginnastica e lo sport la vita propria ed altrui, la sanità propria ed al­ trui; di aborrire, come da mac­ chia disonorante, « dall’impie­ go nel gioco e nelle gare del­ l’astuzia e dell’inganno ». A completamento di questi sapientissimi insegnamenti del suo primo discorso il Santo Pa­ dre nel discorso del 16 maggio 1953 impartiva « al pubblico che negli stadi suole assistere numeroso alle gare ginnicosportive » alcune norme di con­ dotta cristiana anche in quegli ambienti, ricordando in primo luogo « il principio generale che il cristiano è tale dapper­ tutto e che nessuna circostan­ za deve impedire al buon odore di Cristo di sprigionarsi dalla sua persona a edificazione di molti » ; rilevando poi che « il richiamo dello stadio stesso non deve essere di ostacolo all’os­ servanza dei doveri religiosi, specialmente nei giorni festi­ vi » ; rilevando infine che la mo­ derazione cristiana esige che « il tono stesso della voce, che poderosa s’innalza dallo stadio di una città cristiana, echeggi in modo differente dall’urlo scomposto di uno stadio pa­ gano ».

* * *

Consapevoli dell’importanza enorme assunta oggidì dallo sport, e memori dei sapientissi­ mi richiami di Pio XII agli in.


1 segnamenti della morale cri­ stiana in questo campo, i cat­ tolici tedeschi nel loro impo­ nente "Katholikentag” dello scorso anno a Fulda hanno de­ dicato una delle sezioni del Con­ gresso al problema della ginna­ stica e dello sport. Delle loro conclusioni, che riecheggiano sostanzialmente gli insegnamenti papali, meri­ tano un cenno particolare tre seguenti: 1) l’abbandono dell’esercizio dello sport ad organizzazioni neutrali ha impresso allo sport uno spirito e un indirizzo non troppo sano (« divismo »; sport, fine a se stesso; cultura esclu­ siva del corpo, ecc,)\ 2) famiglie, comuni, provin­ ce devono cercar di ricondurre 10 sport alla sua funzione edu­ cativa di plasmatore di volon­ tà, di fattore della socialità, di buon utilizzatore del tempo libero (da noi sarà soprattutto 11 Centro Sportivo Italiano che dovrà assumersi tale compito)', 3) lo sport moderno, come manifestazione soprattutto do­ menicale, deve preoccuparsi di non impedire e di non turbare quanto spetta al rispetto del riposo domenicale e alla santi­ ficazione del giorno del Si­ gnore. * * * Il richiamo dei principii e delle norme scesi da così alte cattedre ad imprimere all’atti­ vità oggi così diffusa dello sport e della ginnastica un carattere che armonizzi sempre più con le esigenze inderogabili della coscienza religiosa e morale cristiana e salvi conseguente­ mente anche lo sport stesso da quelle deviazioni, che ne segne­ rebbero inesorabilmente la de­ cadenza e la morte. «*«

Abbasso il “dopino,, La Segreteria Generale dclFU.V.I. ha emanato le seguenti nonne, concor­ date con la Federazione Medici Sportivi per la repressione del drogaggio in gara: Allo scopo di impedire che i corridori ciclisti in occasione di gare facciano uso di sostanze eccitanti o stimolanti di natura chimico-medicamen­ tosa da considerarsi come "doping” da parte della Commissione Medica Cen­ trale della F.M.S.I.. e ciò in contrasto con le norme del regolamento dello U.l'.l. che proibiscono tale uso. è intervenuto tra la F.M.S.I. e l’U.I'.I., il seguente accordo: I l La F.MS.I. e l'U.l'.l. si impegnano di propagandare con la massima diffusione possibile nozioni elementari sul danno effettivo che tali sostanze provocano. 2) L’UJ’.I. si impegna a collaborare con la F.M.S.I. per la repressione ilei drogaggio secondo le seguenti norme; a) L’U.l'.l. trasmetterà alla F.MSJ. il calendario delle gare nazio­ nali, come pure i Comitati Regionali dcll’U.l'.I. invieranno il programma delle gare regionali man mano che queste verranno approvate. b) La F.M.S.I. designerà per ogni gara, per la quale lo ritenga op­ portuno un proprio ispettore con il compito specifico di indagare sull’uso di droghe da parte dei corridori. Tale ispettore, che si presenterà con do­ cumento firmato dal Presidente della F.M.S.I., sarà autorizzato dalla So­ cietà organizzatrice della gara ad eseguire ogni ricerca sui rifornimenti, esami clinici ai corridori, senza, peraltro, intralciare il normale svolgimento delle gare; egli sarà ospitato in una speciale auto addetta a seguire la corsa in tutte le sue fasi, secondo sua specifica richiesta. L’Ispettore è inoltre autorizzato ad eseguire prelevamenti di materiale da analisi (esluso il sangue) e, se necessario, a richiedere che il corridore sospettato venga trattenuto in sede idonea per gli esami clinici, per un pe­ riodo non superiore alle 60 ore. c) I corridori che non ottemperassero, per motivi ritenuti ingiusti­ ficati dalla Commissione Medica Centrale della F.MS.l.. a tale richiesta, saranno dalla U.l'.l. sospesi a tempo indeterminato dalle gare ri attesa di provvedi menti disciplinari. I provvedimenti disciplinari per gli eventuali colpevoli di drogaggio sa­ ranno presi dall'U.F.l. su proposta della Commissione Medica Centrale della F.M.S.I. per quanto riguarda i corridori, i tesserati ed i soci della U.l'.l. mentre saranno presi dalla F.MS.l. per gli eventuali propri affiliati medici sportivi. Le spese inerenti alla prestazione dell'ispettorato medico saranno a ca­ rico della F.MS.L, mentre la U.l .1. si assumerà le eventuali spese di vitto e alloggio per i corridori trattenuti in esame qualora Cesarne stesso risultasse negativo, mentre saranno a carico del corridore qualora risultasse positivo. Questo accordo non implica modificazioni del vigente regolamento sa­ nitario dell'U.l'.I. Per 1 applicazione delle precedenti norme, sarà seguita la procedura che segue. 1) La Segreteria Generale della U.V.I. invierà alla F.MS.L, in visione, i programmi delle, gare nazionali e regionali, utilizzando lo stesso modulo che perverrà alla Segreteria ai fini dell'Assicurazione r.c.v.t. 2) Le Società organizzatrici dovranno fornire, a richiesta, un posto comodo in una vettura del seguito, all’ispettore della FMSI che si presenterà con un apposito documento atto al riconoscimento nevi solo della sua qua­ lifica di medico sportivo ma anche di incaricalo, da parte del Presidente ilella FMSI, della specifica mansione di cui è cenno nell'Accordo. Resta inteso che tale Ispettore svolgerà un servizio per conto della FJIISJ. (indipendente da quello del Sanitario al seguito della gara) e nes­ sun rimborso spese deve essere a lui corrisposto. 3) Gli Ufficiali di Gara ed i Soci dell'Ul'1, in servizio nella gara, do•vranno favorire il compito del predetto Ispettore, ed i Commissari dell’Ul'1 dovranno riferire — nel loro rapporto — della presenza, al seguito, dell'ispet­ tore stesso. 4) I corridori dovranno aderire a qualsiasi richiesta dell'ispettore il quale — come è detto nel testo dell’accordo — è autorizzato non solo ad eseguire prelevamenti di materiale (escluso il sangue) ma anche a tratte­ nere a sua disposizione, per un periodo non superiore alle 60 ore, uno o più corridori da sottoporre ad esami clinici. 5) l corridori colpevoli di drogaggio saranno denunciati alla CAD per i provvedimenti di cui all’art. 124/bis del R. T. Parimenti saranno denunciati alla C.A.D. gli eventuali colpevoli di complicità in materia di drogaggio.

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volo in America attraverso il Itolo Nord.

E' ormai sicuramente provato che non vi è nulla di misterioso nell’attraversare il Polo Nord. Tuttavia, l’audacia di Blair è stata una impresa encomiabile. Il 29 maggio 1951 alle ore 10 antimeridiane, quan­ do il carico era completo, su un apparecchio da caccia, Blair lasciava Oslo diretto a Bardufoss. Dopo il rifornimento di benzina, alle 4,02 pomeridiane de­ collava da Bardu, punto estremo della Norvegia, alla volta di Fairbanks, nell’Alaska, via polo nord. 11 piccolo apparecchio a un solo motore si dirige veloce verso lo Spitzbergen. Il pilota, dopo qualche ora di volo, è costretto a sollevarsi da tremila a otto­ mila metri di altezza munendosi della maschera ad ossigeno per respirare. La sconfinata immensità po­ lare, l’immensa distesa di pezzi di ghiaccio, senza più nessuna comunicazione con il mondo, dovette far rabbrividire Blair che aveva osato sfidare c attraver­ sare il Polo Nord. Solo dopo sette ore di volo, e a cinquecento chilometri di distanza dall’Alaska, potè mettersi in comunicazione radio e seguire la sua rotta. Alle 3,29 pomeridiane del 29 maggio atterrava alla base aerea americana di Fairbanks dopo aver 4

percorso, in dieci ore e 29 minuti, un tratto di 5600 chilometri. E’ stata questa la prima volta che un uomo solo, su un apparecchio monomotore, sorvola il polo nord. Stando ai calendari e agli orologi il pilota era arri­ vato a destinazione un'ora prima della partenza a causa della differenza dei fusi orari. Dopo un breve riposo a Fairbanks, Blair alle 7,29 del mattino seguente ha ripreso il volo, diretto a New York, coprendo altri 5100 chilometri in nove ore e mezza. Molta folla era ad attenderlo all’aeroporto di Idlewild, New York, in quanto, prima di partire aveva promesso ai suoi amici che sarebbe stato di ritorno, dal suo viaggio di undicimila chilometri, per la festa nazionale del Memorial Day, nel pomeriggio del 30 maggio verso le quattro circa, e infatti atterrava alle 4,39. Charles Blair, nativo di New York, ha oggi -14 anni. Nel 1928 si era dedicato all’aviazione arruolan­ dosi nell’aeronautica militare degli Stati Uniti, dove conseguì il brevetto di pilota a Pensacela, nella Flo­ rida. Nell’ultima guerra fu con l’aviazione della marina e poi riprese servizio come capitano pilota nella compagnia Panamerican Airways. Già nel 1951 aveva al suo attivo ben tre milioni di miglia percorse in circa diciottomila ore di volo. Il suo Mustang apparteneva all’aviazione americana che lo aveva venduto come residuo di guerra. Precedentemente, nel gennaio 1951, Blair aveva conquistato il primato di velocità volando da New York a Londra. 1 suoi due primati: uno di audacia e l'altro di velocità, erano stati preparati con sicura capacità professionale e soprattutto con serena fidu­ cia. Sembra che Blair pi-ima di tentare il primato di velocità, abbia apportato, al suo apparecchio, sopran­ nominato Excalibur IH, tutte le modifiche necessa­ rie sistemando- nelle ali dei serbatoi supplementari di benzina. Partito da New York nel pomeriggio dell’ultimo giorno di gennaio, volando ad alta velo­ cità. aveva raggiunto Londra dopo sette ore e cin­ quanta minuti. La sua relazione del viaggio polare è piena di modestia e di semplicità. Aveva dichiarato al pub­ blico che non è stato difficile né drammatico attra­ versare il polo e che in qualche posto ha dovuto, scherzando sulla velocità, sorpassare il sole, batten­ dolo in velocità di parecchi minuti. Oltre al carico necessario composto di speciali ra­ zioni viveri, di un revolver in caso di atterraggio di emergenza nelle regioni polari, l’apparecchio por­ tava a bordo circa tremila cartoline che costituivano la prima posta aerea diretta in America attraverso il Polo Nord. La cartolina è affrancata col francobollo di Nor­ vegia da 25 ore Garborg e annullato « Oslo, 29.5.51 ». Il cachet speciale rotondo, viola, usato per il volo, reca la scritta: « First Polar Airmail, Oslo - Fairbanks, Oslo, May 29, 1951 ». Gli aerogrammi sono diretti a Damon Runyon Cancer Fttnd, Fairbanks, Alaska. Nel retro, il timbro a macchina con linee ondu late, e la dicitura: «Fairbanks, Alaska 1951-Ma> 29.3.P.M. ». Questo aerogramma che fa parte della collezione aerea può anche vantare il diritto di fai- parte della collezione « Sport ». Editilo Pennati


Riportiamo per gentile concessione dell'oratore la relazione del dott. Bru­ no 7,auli, segretario generale del CONI al Convegno di studi sportivi dell’A. S. Partenope di Napoli. La Storia dello Sport — lunga, millenaria, eccczio (talmente ricca nel suo polimorfismo — tesse le sue vi­ cende intorno a due pilastri che il linguaggio moderno ha classificato con le parole: Dilettantismo e Professio­ nismo. Due termini, due concetti che talvolta appaiono netta­ mente divisi, contrastanti, antitetici, quasi due nemici che si sfidano a vicenda, tal’altra sembrano più vicini, conti­ gui, come se l'uno continuasse o si confondesse con l’op­ posto; ed ancora in talune epoche sembra che il professio­ nismo dilaghi c prenda un netto sopravvento sul dilettan­ tismo e viceversa. Ma quale che sia l’alterna fortuna dei due moti fondamentali nello svolgimento della vita pra­ tica, noi dobbiamo soprattutto rilevare il loro carattere di ìnsopprimibilità la loro essenza prima, costante e netta­ mente differenziata. Siamo appunto in un periodo contemporaneo, in cui la chiarezza dei concetti è andata un po' smarrita, in cui il tumultuoso crescere dello sport in un caotico susseguirsi di avvenimenti politici e di guerre, non ha permesso il regolare sviluppo delle idee ed il normale assetto delle or­ ganizzazioni sociali. Ciò avviene in Italia, come all’Estero, e spiega il continuo accanirsi dei circoli sportivi in­ ternazionali intorno alla formula « dilettantismo-professionismo » nella assillante ricerca di parole che possano espri­ mere l’esatto concetto di due modi dell’essere sportivo, profondamente diversi l’uno dall'altro. E molto spesso le definizioni sono insufficienti o contorte e bizantine allor­ ché intendono affermare in forma positiva i caratteri dell’una o dell’altra figura, mentre una limpida espressione può nascere solo da una analisi differenziale, dalla consi­ derazione non solo di elementi positivi, ma ancora di quelli negativi e sempre che l’indagine non si limiti al semplice piano economico-morale dell’ultimo 800, allar­ gando invece il suo raggio fino ai problemi tecnici ed or­ ganizzativi del moderno ’900. Entriamo dunque in questa analisi differenziale e cer­ chiamo di interpretare, di illuminare i due concetti attra­ verso l’esame degli elementi, che precisano le rispettive posizioni. E’ inutile indugiare nelle discussioni prelimina­ ri e fare appello alla dialettica per dimostrare che il prò fessionismo non può esistere senza il dilettantismo o che ciascuno dei due termini non ha senso se non in rapporto all’altro. A noi basta accettare l’esperienza storica, consta­ tare che i due aspetti sono sempre esistiti — c sempre esi­ steranno — che il problema si pone nella loro migliore in­ dividuazione e delimitazione e non nella soppressione dell’insopprimibile in un vano tentativo di omogeneizzare l’eterogeneo. Dilettantismo e Professionismo, a nostro modo di ve­ dorè , vanno esaminati in base ti quattro fattori od aspetti fondamentali: 1) aspetto tecnico; 2) aspetto organizzativo; 3) aspetto morale; 4) aspetto economico. Evidentemente i quattro aspetti, facendo capo ad un

AL CONVEGNO DI STUDI SPORTIVI DELLA “PARTENO DE,.

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MI9IIIM di Urlino Zauli

unico fenomeno, sono tra loro concatenati e taluni detta­ gli scaturiscono come un corollario dalla precedente pre­ messa. Ma abbiamo già adoperato la parola analisi per significare che ci è necessario entrare nel vivo della que­ stione con un metodo selettivo per giungere con chiarezza alle necessarie conclusioni, come se ci trovassimo di fron­ te ad un completo parallelogramma di forze di cui dob biamo sceverare le singole componenti.

1) ASPETTO TECNICO Per noi è il primo ed essenziale strumento di inda­ gine, che divide il professionismo dal dilettantismo, con­ templando il volume di attività richiesto ad un atleta. Nella più elementare delle definizioni concettuali è professionista colui che fa dello sport la sua professione, cioè impiega nell’esercizio sportivo le maggiori c migliori energie della sua vita produttiva, lasciando in subordine o comunque ai margini della propria esistenza ogni altra attività sociale. All’inverso è dilettante colui che possiede un'attività sociale diversa dallo sport e pertanto dedica in subordino

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all’esercizio sportivo solo la parte residua — grande o pic­ cola che sia — delle sue energie lavorative. Passiamo al campo pratico ed alle dimostrazioni. Se il volume dell'attività sportiva è tale da essere incompati­ bile con qualsiasi professione o lavoro sociale, l’atleta è sicuramente professionista, qualunque sia il colore della tessera che gli ha rilasciato la Federazione e persino nel caso paradossale che egli non percepisca un soldo nello svolgimento dell’attività sportiva. Se ad esempio un calciatore deve per la propria so­ cietà disputare trenta partite di cani pionato in trenta suc­ cessive domeniche, intercalandole con trenta partite di alle­ namento infrasettimanale ed aggiungendovi tre o quattro partite precampionato ed altre tre o quattro postcampio­ nato, il tutto condito con un’altra sessantina di allena­ menti sul pallone o preatletici ed il tutto smistato attra­ verso maggi in Italia ed all'estero fra le più diverse sedi geografiche, evidentemente questo giocatore di calcio non può essere che un professionista, poiché nessuna altra seria c continua attività sociale, è compatibile con tale « volume di sport ». Egli non potrebbe infatti frequentare corsi di lezione scolastica od essere impiegato presso qualsiasi azienda pubblica o privata, od esercitare una qualsiasi pro­ fessione, né impresa civile per la quale la sua presenza in sede di lavoro è assolutamente indispensabile nella sua continuità. Ma quello che si dice per un giocatore di calcio, vale per qualsiasi altro sport di squadra od individuale. Un giocatore di tennis, un ciclista, od altro atleta che da un capo all’altro dell’anno solare trovi modo di gareggiare al coperto od allo scoperto a nord od a sud del mondo divenuto piccolo per la rapidità dei viaggi, non può avere altra professione all’infuori dello sport. Il volume dell’attività è quindi uno degli elementi de­ terminanti nel distinguere la figura del dilettante da quel­ la del professionista. E poiché tale volume può essere determinato dalle singole Federazioni,, che amministrano lo sport, ne consegue che esse stesse Federazioni battono la strada del professionismo o del dilettantismo a seconda dei loro programmi o calendari. Del resto le formule stesse di competizione sono il prodotto dei due diversi movimenti. Nei giochi di squa­ dra il professionismo ha creato il « girone di andata e ritorno », mentre il dilettantismo adopera il sistema ad eli­ minazione diretta o di « coppa ». Il primo è lungo nel tempo e quindi incompatibile con una professione civile diversa dallo sport, il secondo è breve e pertanto compa­ tibile con un lavoro extra sportivo. Il girone è espressione tipica del professionista, è una catena di episodi dove la vittoria e la sconfitta non sono mai definitive, fino all’ultimo giorno, è il mezzo per av­ vincere il pubblico e quindi il denaro con la continua speranza della rivincita, che gioca sulle radici più profon­ de degli umani sentimenti. Più aumenta il numero delle gare, più cresce il reddito dello spettacolo. L’eliminazione diretta si propone di accertare nel mi­ nor tempo possibile i valori sportivi, di individuare in una rapida competizione il nome del più forte. Evidentemente ciò va a danno delle possibili fonti economiche, ma sod­ disfa l’ansia dello sportivo, che affronta coraggiosamente e lealmente la decisione immediata.

Tornando al problema generale, vi sono federazioni che in buona fede si proclamano dilettantistiche e tutta­ via adottano attraverso le formule tipiche del « girone » l'indirizzo professionistico. Sono contraddizioni in ter­ mini, discordanze tra il dire della massa degli sportivi, che portano a situazioni difficili, ambigue, tra il dilettan­ tismo decadente ed il professionismo insufficiente. E quanto si dice per i giochi, vale anche attraverso la conduzione dei temi agonistici per gli sport individuali, allorché si organizzano stagioni e programmi che impe­ gnano gli atleti per dieci mesi consecutivi, quando non si arrivi addirittura oltre. Quindi è sempre il volume delle attività che pone dei limiti al dilettantismo, superati i quali si entra attraverso le opportune formule nella sfera del professionismo. E ben venga il professionismo se esso è chiaro, lim­ pido, autosufficiente, mentre non si può non condannare un dilettantismo ibrido, ambiguo, poggiato sulle fragili colonne dell’ipocrisia. A concludere questo argomento valga l’esempio della più grande manifestazione sportiva del mondo, che è figlia del dilettantismo e ne costituisce la maggiore di­ fesa, l’Olimpiade. Essa porta con sé una formidabile limitazione: si di­ sputa ogni quattro anni. E’ la sua forza. Né in antico, né in moderno le Olimpiadi avrebbero tanto resistito se si fossero disputate tutti gli anni, ché la continua ripetizione avrebbe presto spento la luce della grande passione inter­ nazionale nel grigio indifferente della consuetudine. Ridurre quindi il volume dell’attività è la divisa del dilettantismo, aumentarlo al massimo è quello del profes­ sionismo.

2) ASPETTO ORGANIZZATIVO Le formule di impegno fisico sono nello sport molto diverse a seconda che si tratti di dilettantismo o profes­ sionismo; ben diversa e la preparazione e lo sforzo che occorrono per disputare una corsa ciclistica di 90 km. od una di 270 km. Alla prima ci si può preparare con brevi allenamenti c con qualche percorso turistico di lunga lena c comunque l’intensità della fatica fisica dura tre ore o meno, a seconda del valore del dilettante. Una buona doc­ cia, un massaggio od altro mezzo ristoratore, una bella dormita possono restituire il giorno dopo l'atleta alla sua normale attività civile. Ma per affrontare una gara di cen­ tinaia di chilometri, con lunghe salite o percorsi più o me­ no duri occorre ben altra preparazione e ben altro impe­ gno, senza voler parlare addirittura delle corse a tappe. Quanto si dice per il ciclismo vale per tutto, vale per il pugilato, dove è ben diverso affrontare un combatti­ mento di tre riprese da uno di quindici e così via. Vi sono sforzi fisici che per la loro ampiezza sono proprio dei pro­ fessionisti, di coloro che non hanno altra professione al i fuori dello sport, e pertanto l’organizzazione sportiva i prevede e stabilisce per essi regole adatte. ,^a a?c^e <ìu* passando agli argomenti che riguarda­ no indirizzo delle Federazioni, non è raro il caso di for­ mule tecnicamente commisurate ai professionisti ehe ven?°n° na?.rite ncl CamP° dei dilettanti c che non miglioi dilettantismo, ma peggiorano il professionismo.

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L'organizzazione dello sport ha tanti altri campi, che­ qui sarebbe troppo lungo esaminare, anche perché si det­ tagliano per ogni singola disciplina. Certo si è che l’uso di formule schiettamente professionistiche è incompatibile con un sano dilettantismo.

tante. Qui bisogna superare le formule dell’800 c consi­ derare quei rimborsi spese, quelle integrazioni necessarie alla preparazione sportiva non come « guadagno o spe­ culazione », ma come semplice aiuto a chi si dedica in­ tensamente allo sport, ma non fa dello sport una pro­ fessione.

3) ASPETTO MORALE

Il denaro dei professionisti si esprime in assegni ban­ cari o carta moneta; quello dei dilettanti ha le piu diverse forme di assistenza materiale e nel maggior numero dei casi non è monetato. Ma in campo economico desideriamo esporre un altra considerazione. Non tutti gli sport, per le loro caratteri­ stiche tecniche, sono adatti a far denaro cioè al professio­ nismo. Lo sport più diffuso nel mondo, l’atletica leggera, non è mai riuscito ad organizzare un settore di professionisti, perché gli atleti non sono in condizioni di garantire allo spettacolo quei risultati matematici, che ne decretano il

In senso lato tutto lo sport è educativo e quindi mo­ rale. Ma nel dilettantismo l’azione educativa dello sport si esercita sui singoli individui che lo praticano, mentre nel professionismo l’azione è riflessa sul pubblico attraver­ so lo spettacolo. L’educazione diretta è importante quando si esercita su vaste collettività, su masse, che si giovano dell’esercizio sportivo per un miglioramento fisico e psichico. Evidentemente per agire su vaste masse, su milioni di unità rappresentate dalla popolaziiione giovanile, bisogna contenere lo sport nell’ambito di un moderato volume e di formule dilettantistiche, se non si vuole recare danno alla società civile organizzata. Le finalità educative sono nello sport dilettantistico preminenti sopra ogni altro aspetto e pertanto rientrano nella sfera di azione di Stati e Governi. C’è un punto di contatto tra dilettantismo c professio­ nismo nello svolgimento della loro libera attività ed è la manifestazione agonistica. L’uno e l’altro possono dar vita a spettacoli grandiosi, ma con diversa espressione, diverso intento, diversa interpretazione. Per il dilettantismo lo spettacolo è il punto di arrivo su cui fa leva tutta l’attività, mentre nel professionismo è il punto di partenza. Nel professionismo si fa lo sport in funzione dello spettacolo, nel dilettantismo si giunge allo spettacolo in funzione dello sport.

Un professionismo senza spettacolo è inconcepibile, mentre un dilettantismo dove la gara non fa spettacolo è possibile e vive nelle sue continue attuazioni. Le Federazioni che forzano la frequenza e l'importan­ za degli spettacoli seguono pertanto un indirizzo profes­ sionistico, quelle che si limitano ai naturale bisogno del­ l’attività agonistica sono sulla linea di un sano dilettanti­ smo. Per esse lo spettacolo non è line a se stesso, ma è l’epilogo di un movimento numericamente vasto, il più vasto possibile, che attrae i giovani per un fine educativo diretto.

4) ASPETTO ECONOMICO Mentre il dilettantismo attinge a piene mani dalle fonti morali e quindi prescinde dalle ricompense materiali e le accetta in forma di scarsa consistenza economica, per il professionismo il guadagno finanziario è la molla che spinge l’atleta e chi lo guida. Anche i dirigenti a titolo gratuito o addirittura mecenati, che si occupano di profes­ sionismo, lottano disperatamente per il denaro, perché il denaro è mezzo insopprimibile per il successo. Anche il denaro è elemento di diagnosi tra dilettante e professionista. Se il denaro è mezzo che alimenta la vita ci troviamo di fronte al professionista. Se il denaro è solo completamento di vita, o miglioramento, ma non l’essen­ za del sostentamento, ci troviamo ancora di fronte al dilet-

successo. E vi sono tanti altri sport in cui le possibilità di spet­ tacolo sono molto limitate, la capacità produttiva di de­ naro è esigua c per la loro stessa natura non può supe­ rare che limiti molto modesti. In tal caso le Federazioni che guidano gli sport dilettantistici debbono ben valutare il loro indirizzo. Se lo sport amministrato non ha in se stesso possibilità di grandi risorse economiche, non è certo consigliabile seguire le formule tecniche del professioni­ smo, che su di esse pone la sua base di vita e di sviluppo. Si va allora ad imboccare una via che è troppo stretta per il professionismo e troppo larga per il dilettantismo ed in entrambi i casi il cammino è difficile o incerto.

Con la presente breve relazione non abbiamo inteso formulare un nuovo codice del professionismo o del dilet­ tantismo. Ci sono le regole internazionali e dobbiamo rispettarle buone o cattive che siano e se mai cercare per l’avvenire di modificarle d’accordo con gli sportivi di tutto il mondo. Abbiamo parlato soprattutto nell'intento di chiarire le idee perché dall’esame di molti episodi della vita sportiva si ha il senso della confusione o delle contraddizioni, sia pure recitate, nella massima buona fede. C’è chi si pro­ clama puro dilettante c fa dello schietto professionismo. Ed anche se gli episodi sono rari, ci sono dei professio­ nisti che in qualche occasione si sono... comportati da di­ lettanti.

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Ma è il punto primo della questione che preoccupa, specie in questo dopoguerra, dove un'ondata di materia­ limo ha cercato di travolgere i valori morali ed ha trat­ tato con soverchio disprezzo i valori ideali del dilettan­ tismo. Ma il professionismo non è che l’evoluzione del dilet­ tantismo e sta ad esso come il tronco alla radice. Se muore la radice, crolla il tronco. Ma questo non può avvenire perché nella radice sono i succhi vitali, gli ideali dello sport che accompagnano l’umanità nei momenti migliori del suo lungo cammino.

Bruno Zauli ■

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Corani pmcmirn Domenica 26 Settembre 1951. all'uteroporto Forlanini di Milano, durante una manifestazione lancistica il quindicenne g Corlazzoli Gianni » di Boltiere, figlio del valoroso mutilato G. Battista Diri­ gente della lì. S. Boltiere (Bergamo! ha effettuato un lancio. E’ risultato il pa­ racadutista più giovane d'Italia. Lo stes­ so Gianni Corlazzoli ha voluto raccon­ tare il suo primo lancio. Già da tempo sognavo di poter di­ ventare un giorno paracadutista, come lo era già stato mio padre. Parecchie volte, dopo aver sentito parlare della preparazione atletica che aveva dovu­ to fare alla Scuola di Tarquinia e dei lanci effettuati nel cielo libico, quale appartenente al 1” Balt. Paracadutisti Libici e degli episodi di questa ultima guerra, episodi che ini entusiasmavano, gli chiesi di lasciarmi fare il paraca­ dutista. Egli mi promise a condizione di essere licenziato dalla Scuola Media. Per disdetta quell'anno gran parte del­ le manifestazioni aviolancistiche furono rimandate e cosi non potei coronare il

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mìo sogno, Comunque la promessa i fu mantenuta ranno sucec.-.-iv o. Mio padre <<ominciò a prepararmi con severi là <•> serietà, procurando di non far sapere* nulla a mia madre naturalmente cointraria e la preparazione seguì meticolosa sino al giorno del lancio, fissalo per domenica 26 settembre al Camini Forlanini di Milano. Il sospirato giorno si avvicinava ve­ locemente e la mia segreta preparazio­ ne andava ormai a gonfie vele verso la conclusione. Alla vigilia del lancio andai alla visita medila a Milano e tornai con il tanto desideralo foglio con la scritta « abile ». I.a notte della vigilia non dormii, con­ tinuavo io a pensare al lancio c a ripe­ tere mentalmente lutti i consigli che mi aveva dato mio padre. All'alba il papà venne a svegliarmi ma mi Uovo già vestilo, seduto o sul sid letto pronto ad meire. Giunti all'aeroporto al l'aeroporto Forlanini dovetti mostrare all’ufficiale di Guardia il mio cartellino perché non voleva lasciarmi entrare credendomi un solito scocciatore. Fu mio padre che. con l'aiuto del paracadutista Rota, mi mise a posto il paracadute e mi diede le ultime istruzioni. Poi ad un ordine dell’ufficiale Istruttore di Lancio mi avviai verso l’aereo che aspettava coi motori avviali. Appena salili l’aereo de­ collò e si librò nell’aria e dopo un ampio giro si diresse verso l’aeropor­ to. L'istruttore mi disse: «Alla porta!». Mi preparai e guardai fuori. Sotto, az­ zurro e risplendente al sole vi era 1 Idrosealo. E’ indicibile l'emozione che provai nei pochi secondi in cui stetti alla porta. L’ombra dell’aereo si muo­ veva rapida sul terreno sotto di noi e vedevo tanta gente venuta da ogni do­ ve ad assistere a quella manifestazione L’istruttore, vista la fumata, segnale convenuto sulla zona di lancio, mi bat­ té un colpetto sulla spalla gridando­ mi: «Fuori». Mi lanciai nel vuoto. Fu un attimo, mi sembrò quasi di scivo­ lare sull’aria prodotta dal trimotore. Seguì un tuffo e sentii uno strappo. Allora guardai in aria c vidi compietemente aperto, bianco come un grande fiore, il paracadute. Dopo essermi as­ sicurato che andava bene cominciai a guardare verso terra che vedevo avvi­ cinarsi sempre più. Quel bellissimo spettacolo durò pochissimo e mi stavo già preparando all’atterraggio quando una ventata improvvisa mi sbatte con­ tro un capannone su cui rimasero im­ pigliate le corde del paracadute. Re­ stai cosi' appeso in aria fino a quando con una Jep il Comandante del Campo con alcuni altri, riuscì a togliermi da quell’incomoda posizione. Ricevetti le congratulazioni di lutti ed abbracciai mio padre che aveva seguito con ansia il mio primo lancio. Gianni Corlazzoli

TRA RUOTE E moltipliche:

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<D I FRATELLI ANTONIO E DOME­

NICO CANAVESE sono i capi­ squadra 1955 della squadra ViettoFachleitner. Loro compagni di co­ lere saranno Polo, Geniti e Guazzo.

IN TEMA DI SEI GIORNI, inte­ ressanti si annunciano le innova­ zioni che metteranno in atto gli or­ ganizzatori di Anversa. Oltre che ad una classiAca per coppie, alla Atte della gara verrà stilata anche una graduatoria per nazione. Tre o quattro accoppiamenti quindi — della stessa nazionalità — lotteran­ no anche per i colori nazionali ol­ tre che « in proprio ». e IL VECCHIO RECORD dell'ora dietro motori, su pista coperta, è stato battuto da Le Strat. Il fran­ cese ha percorso nei sessanta mi­ nuti Km 73.554 battendo larga­ mente il vecchio record del conna­ zionale Goutorbe (Km. 71.268».

» GEORGES LAVALADE, diciotten­

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ne Aglio dell’allenatore stayer che tanta rinomanza vanta sia in Fran­ cia che all’estero, ha vinto al suo debutto al rullo allenatore del pa­ dre. Il ragazzo ha dominato sui 30 chilometri uomini che, come Gou­ torbe e Delescluse, se non possono venire qualiAcati campioni, sono pur degli autentici specialisti in materia. SEMBRA CHE JOINARD abbia di­ chiarato che, mancando la Dani­ marca di un vero e proprio percor­ so stradista, preferirebbe afAdare alla Sarre l’organizzazione dei Campionati del Mondo 1956 che la Federazione danese aveva invece ri­ chiesto alla U.C.I. Allora, niente più campionati del mondo in Da­ nimarca? IL NEO RECORDMAN dell’ora su pista coperta, il dilettante austria­ co Wimmer, detiene ormai da tre mesi il bracciale-rendita dell’inse­ guimento che domenicalmente vie­ ne posto in palio sulla pista pari­ gina. CON L’AVVENTO al professioni­ smo di Potzernheim, l’interesse de­ gli sportivi tedeschi per la specia­ lità che dai tempi di Richter non ebbe più un uomo capace di reg­ gere ai grandi confronti con gli as­ si stranieri potrebbe nuovamente riaccendersi. UN RECENTE COMUNICATO del-‘ U IN XV-CiOHi IN JL Hj O v-JIVI U IN A O UC1 la Federazione lussemburghese ha reso obbligatorio l’uso del casco per I ciclo-crossisti a qualunque cate­ goria essi appartengano LULL GILLEN ha dichiarato che nel 1955 si dedicherà esclusivamen­ te alla strada. Vuole Analmente rendersi conto delle sue possibilità in tale campo.


DOPO BARI E LONDRA, PRIMA DI STOCCARDA

IL SISTEMA difficile sintassi calcistica Nell’accingerci a commentare l’esito delle recenti partite giocate dai « moschettieri » contro il Belgio a Bari e dai « primavera » con­ tro l’Inghilterra a Londra vogliamo prendere le mosse da alcuni rilievi fatti dai colleghi Bruno Roghi, direttore de « Il Corriere dello Sport » e da Rizieri Grandi, capo dei servizi sportivi de «Il Messaggero». Il primo ha affermato che i nostri azzurri « hanno bisogno di andare in palestra per nu­ trirsi del buon midollo di una seria prepa­ razione atletica. Diversamente noi non riu­ sciremo mai a uscire dalla crisi che tormenta il calcio nazionale e continueremo ad andare avanti con una squadra che, pur appartenen­ do ad un livello notevole di classe, riesce a stento a battere una squadra, la belga, che non ha niente da insegnarle in fatto di cono­ scenza dei segreti dello stile, ma che ha molto da insegnarle in fatto di salubrità, di concor­ dia e di rendimento collettivo ». I rilievi del direttore de « Il Corriere dello Sport » sulla scarsa preparazione atletica dei nostri calciatori non ci sembrano giusti. Tutti i giocatori di tutte le squadre di A e di B svol­ gono settimanalmente diversi allenamenti atletici, in molti casi sotto la guida di auten­ tici professori di ginnastica. Essi compiono innumerevoli giri di campo, scatti, salti, fles-

sioni, esercizi preatletici di ogni genere: pos­ siamo assicurare che si tratta di sedute labo­ riose, al termine delle quali i nostri giocatori non vedono l’ora di essere lasciati liberi e di andarsene per i fatti propri. Sono anni dunque che i nostri giocatori seno sottoposti ad intensi allenamenti e in tut­ to questo tempo, a dirla con Roghi, si sono nutriti di midollo atletico. Questo è un dato di fatto inoppugnabile; il punto da chiarire, a nostro sommesso pa­ rere, è questo : come mai i nostri giocatori che pure sono ben preparati atleticamente non riescono a « durare » tutta una partita? Va da sé che non esistono squadre in gra­ do di mantenere lo stesso ritmo durante una partita; generalmente, col procedere dell’in­ contro, scemano le forze dei giocatori; ma non è di questo naturale fenomeno che vi voglia­ mo parlare. A nostro modo di vedere se i gio­ catori italiani cedono presto, ciò si deve non a difetto di preparazione atletica ma a un tipo di gioco che li costringe a compiere sforzi superiori alle loro forze. E’ ben vero ciò che scrive Carlin quando Nella foto: Nel confronto internazionale di Bari, Bonipcrti, capitano degli azzurri, a tu per tu con il portiere, sta per scoccare il tiro che darà all’Italia la vittoria, pur discus­ sa. sul Belgio per 1 a 0.

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afferma che col sistema il peso della partita grava equamente sulle spalle di tutti; ma è altrettanto vero che il peso che si vuol far sopportare ai nostri calciatori è eccessivo e non necessario agii effetti del rendimento della squadra. Una volta si diceva che la palla deve viag­ giare, non il giocatore. Oggi i giocatori sono in continuo movimento; si spostano da un punto all’altro del campo, vanno su e giù sottopo­ nendosi ad un lavoro di spola estenuante, si scambiano di posto in un « tourbillon » che fa girare la testa agli spettatori e non soltan­ to ad essi. Necessario, ci chiediamo, questo super lavoro? A questa domanda rispondono i risultati che non sono più quelli di un tempo, quando la palla viaggiava di più e i giocatori si stancavano di meno. La regola che si osserva oggi è questa : massimo sforzo e minimo rendimento : dovreb­ be essere il contrario. Ha scritto Rizieri Grandi : « Ricagni ci ha riportati come gioco d’attacco alle lentezze e alle inconcludenze di Basilea, ma un lungo lancio di Moltrasio da oltre 60 metri ci ha per­ messo di vincere ». Non è difficile leggere fra le righe; in so­ stanza il collega vuole dimostrare (e sono con lui tutti gli esegeti del così detto gioco mo­ derno) che col gioco verticale, indubbiamente più rapido si arriva alla mèta, mentre col gioco stretto, fatto di tocchi e tocchetti, non si combina niente di buono. Dopo tanti anni di completa adesione del­ l’Italia al sistema, dopo tanti anni che i no­ stri migliori allenatori insegnano le teorie del­ le fiondate e del contropiede, dovremmo avere dei giocatori capaci di realizzare questo tipo di gioco; e dovremmo scartare dalle squadre nazionali e di società quei giocatori che non sanno adattarsi al sistema. Ora che accade? Accade che si include nel­ la nazionale un Ricagni, che è quello che è, e si danno disposizioni tattiche tali che la prima linea non riesca a funzionare secondo le regole sistemiste. Ma a parte queste ovvie considerazioni, è innegabile che i nostri giocatori non sanno giocare sistemista; prima di tutto per la ra­ gione « atletica » cui abbiamo accennato, se­ condariamente perché amano costruire senza temi fissi affidandosi alla loro indole di im­ provvisatori. Chi prescinde dalle qualità e dai difetti, dal temperamento e dalle inclinazioni dei giocatori per realizzare un particolare tipo di gioco non ruscirà mai a raggiungere lo sco­ po che si sarà prefisso. Sono i risultati che parlano un linguaggio inequivocabile : da quando l’Italia ha adottato il sistema essa è calcisticamente decaduta. E per quanto le le­ zioni continuno a grandinare sulla testa del povero calcio italiano, ci si ostina a battere la stessa strada.

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Il calcio italiano è un magnifico « ballet­ to » composto di bellissime ragazze che non sanno ballare. La tecnica non viene onorata dagli allenatori, alla ricerca di temi tattici nuovi; e come è già avvenuto col sistema, an­ che le tattiche escogitate sono nettamente « difensive ». A Bari i nostri mediani azzurri ebbero l’or­ dine di tenersi prudentemente in difesa; fra la nostra difesa e l’attacco c’era un enorme spazio vuoto nel quale furono visti vagare a turno, o insieme, Bassetto, Ricagni e Boniperti. A questi nostri attaccanti venne dato l’ordine di tenere i contatti con la difesa (Bas­ setto, anzi, più che un attaccante fu un me­ diano di attacco) e di lanciare le punte rap­ presentate da Galli e da Frignani. I lanci ci furono ma imprecisi; d’altra par­ te, anche quando andarono a segno, non fu difficile alla difesa belga bloccare i due gio­ catori. E’ ben vero che in talune fasi offen­ sive si inserirono anche Boniperti e Ricagni, ma questi non poterono rendere quanto ci si attendeva da essi perché costretti a compiere un improbo quanto inutile lavoro che stroncò loro le gambe. Così crollo il quadrilatero, cardine del si­ stema; ma allora, si deve o non si deve giocare sistemista? Che cosa si deve fare? Ed eccoci giunti al punto principale di questa nostra chiacchierata alla buona. Fac­ ciamo delle semplici constatazioni : col siste­ ma e con le tattiche decisamente difensivi il nostro calcio è decaduto, si è spersonalizzato, ha perduto la testa e non sa più a che santo votarsi per uscir di crisi. Poiché il disorientamento c’è, poiché i dia­ letti (tattiche, non gioco, catenaccio) hanno imbastardita la lingua madre, sarebbe somma­ mente consigliabile che il famoso convegno degli allenatori, già da tempo predisposto dalla Federazione, venga organizzato al più presto. II convegno deve servire per stabilire quale lingua comune i nostri calciatori debbano parlare per intendersi con facilità: bisogna as­ solutamente restituire al calcio di casa nostra un carattere, una fisionomia, una uniformità di gioco, senza di che ogni tentativo di resur­ rezione sarà destinato a fallire miseramente. Noi non diamo soverchia importanza alle partite di Bari e di Londra; anche se le cose per gli azzurri fossero andate meglio, avremmo scritto che soltanto attraverso la realizzazione di un piano organico il calcio italiano potrà eliminare i difetti e le deficienze tecniche che ne hanno minato il rendimento. Gli azzurri dovranno presto affrontare la squadra campione del mondo in Germania; vedremo che cosa sapranno fare i nostri al loro primo incontro in terra straniera senza ricorrere al catenaccio e ad altre mortificanti tattiche ostruzionistiche. Filippo Muzj


Sono molti quelli che nei giornali o indie riviste scrivono di foot-ball. Spesso sono i grandi avvenimenti nazionali sportivi a muovere le penne dei nostri giornalisti che a seconda degli eventi scrivono paro­ le che vanno dall’agro al dolce e arzigogolano sulle cause e sugli ef­ fetti. Noi che siamo i soliti appassio­ nati della sti-ada e che manchiamo di una profonda conoscenza tecni­ ca, ci sforziamo di orientare il no­ stro pensiero su effetti meno empi­ rici e più razionali che servono a chiarire il perché di certi fenomeni. E’ ormai chiaro che il foot-ball è

j Psicologia e Pedagogia

una piccola palla dalle mani. Istin­ tivamente, io che mi trovavo vici­ no, diedi un piccolo calcio alla sfe­ ra che rotolava lentamente verso di me onde rimandarla al legittimo proprietario. Questo gesto fece im­ pressione ai passanti composti e or­ dinati e lasciò in me un senso di leggera vergogna, perché senza sa­ perlo avevo l'otto l’incanto misterio­ so del silenzio ordinato e tipico di quella strana città. .Adesso mi domando il perché di quella mossa istintiva. E’ certa una cosa: che una sfera attira la nostra attenzione più di un oggetto ret­ tangolare o quadrato. E’ certa an­ che un’altra cosa, che cioè si pro­ va una gradevole sensazione nel

cosa consistono le doti particolari di una sfera e su che si fonda la sua attrattiva. La sfera è geometricamente la forma più semplice c più perfetta e pertanto ha in sé due grandiosi elementi di forza attrattiva nel­ l'anima umana; sono infatti le cose semplici che ressero umano deside­ ra ed ama in modo particolare. Ciò che è complicato produce confusio­ ne e quindi rallenta l’azione della niente e dei desideri dell’uomo. E’ verso il perfetto che l’uomo tende istintivamente. Quando una cosa è inYperfetta non piace e perciò non è desiderabile. Stringere nella ma­ no una sfera produce una sensa­ zione gradevole all’uomo; stringere

incontro col pallone considerazioni di Vicoli» Pavoni

uno dei più grandi fenomeni che oggi interessi la massa degli spor­ tivi italiani. Quante volte di fronte alla marea 'li spettatori che affol­ lano gli stadi oppure alla statistica impressionante degli atleti che fre­ quentano il magico rettangolo ver­ de di un campo di foot-ball.mi sono domandato perché un pallone rie­ sca a trascinare appassionatamente tanta gente! Da qui sono nate que­ ste considerazioni su aspetti psico­ logici del foot-ball che mi permet­ to di svolgere in due articoli onde iniziare proficue discussioni che servano a portare lo sport italiano su un piano più razionale e quindi più scientifico. Ricordo una strana sensazione provata a Vienna, e precisamente al Graben, che significa « fosso », ma è una bella strada centrale della città imperiale. A un bambino che camminava con me lungo il marciapiede, sfuggì

colpire il pallone con il piede e nel vederlo rotolare in una direzione opposta. Non si può però negare che non tutti gli uomini sono at­ tratti o si scompongono per una sfera che rotola per terra. L’uomo sopraccarico di preoccupazioni, l’in­ tellettuale, il superbo, il timido, la donna vanitosa, difficilmente rie­ scono a liberarsi dai loro complessi e lasciarsi avvicinare da una sfera che viene loro incontro; è quindi una constatazione chiara che più si è ragazzi più si è semplici, istin­ tivi e più si è ricettivi all’azione del­ la sfera. Avete mai osservato un animale, come un gatto o un cane, di fronte al caracollare lento di un gomitolo oppure di una boccia? sembrano di­ vertirsi in modo meraviglioso. Queste constatazioni ci costringo­ no ad un esame psicologico della sfera. Ci sforzeremo quindi di ri­ spondere ad una domanda: in che

nella mano un oggetto angoloso produce invece una sensazione sgra­ devole. La sfera infatti non offre nessuna resistenza e pertanto non produce nell’uomo la sensazione aspra dell’ostacolo. Inoltre la ma­ no, nello stringere la sfera si chiu­ de in modo completo producen­ do una sensazione di possesso che nell’uomo c nella natura umana è istintivo. Osservate i vostri ragazzi quando si stringono intorno a voi in mezzo al campo prima di una partita di foot-ball: tutti vogliono tenere il pallone perché, senza sa­ perlo, istintivamente ubbidiscono a queste leggi insite nel loro mondo sensibile. Alla percezione sensibile

Nella foto : Limpida chiara azione stili­ stica al centro campo. Amadei non sfigura affatto per armonia di movi­ menti con i maestri inglesi (ltalia-Inghilterra lai) allo Stadio di Firenze.

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della mano che stringe una sfera va accoppiata la percezione ottica che obbedisce alle stesse leggi delia sensibilità. E’ infatti più piacevole osservare il rotolare di un oggetto rotondo che non il caracollare asmatico di un oggetto spigoloso; è anche vero che la sfera in movi­ mento desta più piacere di una sfe­ ra ferma. Una sfera che si muove ha fisso il punto di partenza ma mai il punto di arrivo. L’incer­ tezza del come andrà a finire la sfera che si muove e il fatto che sia soggetta ai capricci del caso accen­ tuano l'istintiva passione della cu­ riosità producendo una sensazione di attesa piacevole e appassionante. Quando poi la sfera è elastica il gioco diventa più perfetto e quindi interessante perché ridesta ogni volta con la sua reazione 1’interesse e l’attività del giocatore. Il gioco elastico inoltre è più soggetto agli sbalzi del caso ed esige uno svilup­ po del « senso di possesso » o di ((dominio» da parte deH'iioino. Penso che ci si possa fare ora una domanda che serva a chiarire e sviluppare i concetti su esposti: qual’è la differenza tra il gioco con i piedi e il gioco con le mani? E’ accertato che le donne prefe­ riscono il gioco con le mani mentre gli uomini preferiscono il gioco con i piedi. 11 gioco delle mani è certa­ mente un gioco gentile e quindi la espressione di un temperamento più delicato. C’è però una differen­ za tra rumilo che lancia una sfera con la mano e la donna. Il lancio dell’uomo è retto, ag­ gressivo (tipici i tipi od i lanci del lanciatore nella palla base) mentre invece quello della donna è un lan­ cio parabolico, dolce, carezzevole. L’uomo quindi pone l'accento nel­ l’atto di gettare mentre la donna nell’atto di prendere, di (lì racco­ gliere. Osservate le bambine che mera­ vigliosamente giocano con piccole palle di gomma battendole contro un muro oppure facendole saltella­ re per terra, quando accolgono la palla di ritorno sono molto più vi­ vaci di quando la lanciano. Osser­ vate ancora i lanci delle ragazze che giocano a pallacesto: i loro tiri al canestro sono carezzevoli men­ tre i tiri del giovane sono netti e tesi. Da queste constatazioni vengo­ no fuori delle chiare osservazioni: la donna quando gioca con una sfe­ ra manifesta il suo grande e istin­ tivo senso della maternità che si esprime nel raccogliere più che nel gettare e nella passività più che nella aggressività. L’uomo invece

esprime il suo naturale senso di aggressività che è una dimostrazio­ ne di virilità. Il colpire con il piede è pertanto più dell’uomo che della donna per­ ché è una forma acuta di aggressi­ vità. L’atto poi di colpire con il pie­ de è più dell'uomo perché compor­ ta maggiori rischi compromettendo la stabilità dell'atteggiamento cor­ poreo. Xel calcio alla sfera di gom­ ma l'uomo sprigiona tutta la sua istintiva aggressività e accontenta il desiderio di superamento di osta­ coli insito nella natura umana.

E qui ci fermiamo per tema che queste considerazioni a lungo an­ dare diventino numerose e produ­ cano stanchezza al nostro lettore. In un prossimo articolo ci propo­ niamo di sviluppare e completare tutti gli aspetti della questione. Saremmo grati a coloro che vo­ lessero intavolare discussioni su questi tegumenti onde con rappor­ to dello idee di molti si possa dare allo sport italiano una veste più no­ bile perché più scientifica.

X(colli Pavoni

PER CORTINA E MELBOURNE Si è riunita a Roma, sotto la pre­ sidenza dell’avv. Giulio Onesti, la Giunta Esecutiva del C.O.N.I. che innanzi tutto si è occupata dei pro­ blemi olimpici. Per quanto concer­ ne la partecipazione ai Giochi In­ vernali del 1956, si è stabilito che la divisa della squadra azzurra avrà i medesimi colori per tutte le ma­ nifestazioni ufficiali e pertanto cambierà soltanto la stoffa degli in­ dumenti a seconda che si tratti di Giochi invernali od estivi. E’ stata ratificata, dal punto di vista for­ male, la partecipazione italiana a Cortina ed è stato nominato il Ca­ po Missione nella persona del dot­ tor Garroni. Infine si è preso atto che a Cortina avrà luogo, nel gen­ naio 1956. la 51“ Sessione del Co­ mitato Olimpico Internazionale, mentre le riunioni della Giunta Esecutiva, dei Comitati Olimpici Nazionali e delle Federazioni Inter­ nazionali non saranno effettuate. Per il Congresso di Parigi, con­ cernente la candidatura di Roma 1960. la Delegazione italiana sarà formata dal Presidente e dal Segre­ tario Generale del C.O.N.I. e dai due Membri del Comitato Olimpico Internazionale. E’ stata ratificata la partecipa­ zione italiana ai Giochi Equestri del 1956, che, come è noto, avran­ no luogo a Stoccolma dal 10 al 17 giugno, organizzati dal Comitato Olimpico Svedese. Infine si è provveduto alla nomi­ na dell’Addetto italiano a Melbour­ ne per i Giochi Estivi 1956 nella persona del sig. Nino Borsari

La Giunta ha ratificato l’asse­ gnazione dei premi di merito alle Federazioni Sportive Nazionali per l'anno 1954, confermando le delibe­ re dell’apposita Commissione nella seguente maniera: Settore olimpico : Federazione Italiana Canottaggio: Federazione Italiana Scherma; Federazione Ita­ liana Tiro a Volo, rivolgendo inol­ tre un encomio alla Federazione Italiana di Atletica Leggera ed al­ la Federazione Pugilistica italiana. Settore non olimpico: Federazio­ ne Italiana Pesca Sportiva; Fede­ razione Italiana Hockey e Patti­ naggio, rivolgendo inoltre un enco­ mio alla Federazione Italiana Ten­ nis, alla Federazione Motociclisti­ ca Italiana ed alla Federazione Ita­ liana Pallabase. In materia di impianti sportivi, la Giunta — dopo avere approvato alcune procedure di urgenza per il completamento degli impianti olim pici di Cortina d’Ampezzo — ha de­ liberato di donare al Comune di Milano tutte le attrezzature predi­ sposte per il funzionamento del Pa­ lazzo dello Sport, onde il Comune stesso possa direttamente provve­ dere al buon funzionamento dell’im­ portante impianto di concerto con l’Ente Fiera. Infine la Giunta ha voluto espri­ mere il proprio plauso alla Regione Siciliana per i contributi e le prov­ videnze prese in favore dello sport. La Giunta ha terminato quindi i suoi lavori con lo svolgimento di numerose pratiche di ordinaria am­ ministrazione.


Dietro la ìele

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e Tempo fa i dirigenti della Da­ zio, non sapendo più cosa fare per propiziare i favori della for­ tuna sulla loro squadra, pensa­ rono alle maglie. E siccome si ricordarono che verso il 1930, gli atleti biancazzurri riuscirono a vincere storiche partite con una magliettina a righini bianchi e azzurri, senza por tempo in mezzo ordinarono casacche di quel genere e le fecero indossa­ re agli atleti. Non diciamo che i risultati furono disastrosi, ma certo che ben poco mutò nel rendimento della squadra la­ ziale. A ciò si aggiunsero le battute di spirito della stampa romana e dei tifosi, all'indirizzo delle stranissime maglie. «Sono degli evasi » ha detto qualcuno in ri­ ferimento alle casacche a righi­ ne, ma la più divertente è la battuta di un tifoso: « 1 gioca­ tori della Lazio quando scendo­ no in campo indossano il pigia­ ma. Per questo dormono sem­ pre ».

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O A Firenze da quando Bcpi Vir­ gili ha ripreso ad andar forte, sono in ribasso i sostenitori di Barri. Allorché infatti i dirigen­ ti viola decisero di cedere Gian­ carlo Bacci (che è di Peretola a pochi chilometri da Firenze), ci furono molte polemiche. E figu­ rarsi quello che accadde quando le prime giornate Virgili anda­ va male, mentre Giancarlo furo­ reggiava nel Torino. Ci fu per­ sino un tentativo di rivolta coll­ tro ii presidente Befani, che aveva acquistato il Bepi udinese. Ora però gli animi si sono cal­ mati. Dopo un iniziale smarri­ mento infatti, Virgili è andato forte ed è riuscito con le sue reti a dare parecchi punti alla compagine viola, l’orsino i pae­ sani di Bacci si sono messi ad incoraggiare il centravanti friu­ lano che sarà ò vero costato molti milioni, ma che ha tanta classe da poter ambire a rag­ giungere le più alte vette della carriera. • Gippo Viani verso i giocatori ha un metodo d’agire del tutto

particolare. E’ severo Viani e non ammette scherzi di nessun genere. Se n’ò avuta una prova con Garcia, il quale Garcia era la stagione scorsa uno scape­ strato e dava ai nervi a tutti i compagni di squadra. Ebbene Gippo Io rispedì di corsa in Uruguaj, assumendo tutte le respon­ sabilità del suo atto. E Dall’Ara lo lasciò fare, sicuro che l’alle­ natore aveva visto giusto. Infatti quest’anno si sono con­ statati i frutti del polso fermo di Viani. Garcia buono e remis­ sivo è tornato a Bologna, chie­ dendo di poter giocare ancora per la compagine felsinea ed accettando senza discutere le condizioni finanziarie della so­ cietà. Per di più il sud-america­ no si ò messo a lavorare nel ne­ gozio di Schiavio e sgobba in maniera straordinaria. Una me­ tamorfosi incredibile, di fronte alla quale Gippo sorride e par

che dica: « Avete visto che ave­ vo ragione io? ».

« Orinai sono stufo di giocare a mediano. Voglio schierarmi a mezzala per il resto della mia carriera » così ha detto Arcadio Venturi e la cosa ha stupito non poco quelli che giuravano sulle preferenze... laterali del bravo atleta giallorosso. In effetti pe­ rò pensiamo che non ci sia da stupirsi. Venturi è vero è un ot­ timo mediano, ma con il passar degli anni ò cresciuta in lui la ambizione ed è noto che a mez­ zala si figura di più. Per questo ora Arcadio di indossare la ma-

Nella foto: Moro, portiere stagionato, tra i più forti, raramente perde il conj..i - ----------=i0 jn nna re_ trullo del tempo. v_Eccolo spinta atletica in uno degli ultimi vittoriosi incontri della « Roma j allo stadio « Olimpico >.

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glia n. (> non ne vuol sapere, e preferisci' rischiare coprendo il ruolo d'interno. Carvcr s’è di­ mostrato d’accordo con il gioca­ tore. Resta a vedere cosa ne pen­ serà in proposito il nuovo alle­ natore della Roma pei1 la stagio­ ne l955-5t>.

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I giocatori del Napoli ce l'han­ no a morte con i... chitarristi di qualsiasi specie. State dunque a sentire. Tempo fa in occasioni' di una partita casalinga e per sfatare la serie contraria che perseguitava al Vomeri) la squa­ dra di Monzeglio, un chitarrista si recò a! campo vomcrese e lì con una canzoncina fatta su misura cercò di mettere in fuga il malocchio. I giocatori azzur­ ri lo guardavano incuriositi ed ascolta vano con attenzioni* quei versi accorati.

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Giunse la domenica e le fac­ cende sembravano mettersi bene per il Napoli, che lini il primo tempo in vantaggio di due gol. Nell’intervallo il chitarrista si fece vedere negli spogliatoi c con il cuore in gola, promise di fare la sera una storica bevuta. Ma nella ripresa avvenne l’in­ credibile. 11 Napoli non solo si fece raggiungere, ma proprio in extremis riuscì ad evitare la sconfitta solo in seguito al prov­ videnziale intervento di un se­ gnalinee. Del chitarrista natu­ ralmente non se ne trovò trac­ cia e viste le circostanze non possiamo dar torto agli atleti partenopei.

9 Giorgio Sarosi allenatore del Genoa, è certo il più conteso trainer della serie A. Tutti lo vogliono, tutti lo chiedono, men­ tre la società ligure, ha detto chiaro e tondo che non si farà portar via il bravo tecnico ma­ giaro. Tra i sodalizi che richie­ dono Sarosi c’è anche quello la­ ziale e qui la faccenda è davve­ ro comica, perchè anni fa pro­ prio la Lazio firmò il contratto con il trainer ungherese, con­ tratto in seguito scisso perchè la maggioranza dei consiglieri di via Frattina optò per Spe­ rone.

E’ difficile dire quale squadra sarà allenata da Sarosi, pur se l’interessato volentieri restereb­ be al Genoa, per curare i nume­ rosi giovani da lui portati alla ribalta e per raccogliere i frutti

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ilei suo lavoro. Solo una grossa cifra potrebbe fargli cambiare idea.

❖ * * A sentire le fonti milanesi si di­ rebbe che a fine stagione alme­ no cimine tra gli attuali titolari deirinter sono intenzionati a cambiare società. Tra i princi­ pali che hanno mostrato vellei­ tà... scissionist ielle, Giacomazzi, Lorenzi, Ghezzi e Bernardin, oltre Skoglund che Masseroni in persona vorrebbe mandar viti. S’intende che tra il dire c

il fare c’è di mezzo il mare, e ciò in quanto non vediamo co­ me l’Intel* potrebbe sostituire in special modo i Giacomazzi ed i Ghezzi, oltre quel Bernardin che è costalo un patrimonio e la cui quotazione è scosti sen­ sibilmente. .Ma vedrete che tutti rimar­ ranno aH’liiier o quasi tutti. Sa­ rà Masseroni (se sarà riconfer­ mato) o chi per lui, a convince­ re i riottosi a suon di assegni in bianco. Sasso

3 Concorsi di "Stadium,, La classifica di «un pensiero sul giro» La Commissione Esaminatrice del Concorso di « Stadium » per un pensiero sul «Giro d’Italia» ha compilato la seguente gradua­ toria dei quattro brevi scritti selezionati in primo tempo e pub­ blicati su « Stadium »: 1. Gian franco Capra di Novara 2. Sandro Grimaldi di Genova 3. Antonio Boni, di Padova -1. Enzo Biacoli di 'Feltro Riteniamo far cosa graditi! ai lettori ripubblicando le due brevissime migliori impressioni:

Una paziente attesa sotto lo scro­ sciare di una noiosa pioggia, poi la folla ha un sussulto. Si sporgono, ansiose di vedere, le teste: ecco, laggiù in fondo alla strada il gruppone compatto, preceduto da una scoppiettante e rumorosa carovana di macchine del seguito. Le maglie multicolori dei corri­ dori, i direttori sportivi col classi­ co berettino da «boy yankee», i giornalisti, che in un cantuccio del­ la loro vettura sonnecchiano pi­ gramente: questo è il Giro! — Eccoli! Eccoli! Applausi. «.Viva Coppi». «.Forza, Gino! ». Grida scomposte salgono al cielo. Un soffio e tutto è finito. — Hai visto Coppi? — No! — Hai visto Bartali? — No! — Hai visto Koblet? — No! — Ma, allora, cos’hai visto? — Il Giro! GIANFRANCO CAPRA di Novara Accanto a me. ai bordi di quella strada assolata, c’era una vecchiet­ ta; mai, prima d’allora, aveva as­ sistito al passaggio del « Giro », e quel giorno aveva decìso finalmen­ te di esaudire il desiderio dello

« sportivissimo » suo figlio che ora si teneva pronto ad indicarle chi mai fosse l’« intramontabile Gino » eppure quel corridore in maglia iri­ data. Passò finalmente la grande caro­ vana, avvincente nei suoi valorosi protagonisti, gioiosa in tutto ciò che ad essi faceva contorno. La vecchietta osservò il « Giro » con attenzione, in silenzio, mostrando un interessamento non disgiunto da una calma decisamente in con­ trasto con l'entusiasmo del figlio che, accanto a lei, urlava a più non posso. Avessi avuto in quel momento un foglio di carta ed una matita da porgere alla vispa vecchietta, ne sarebbe scaturita, ero sicuro, la davvero migliore impressione del « Giro ». Poco dopo, proprio innanzi a noi, i fischi ormai abituali riservati ai corridori più titolati, assunsero per uno di essi l'inconsulta veste di una vera e propria aggressione. Non mi pentii allora di essere sprovvisto di carta e matita. In quanto a me, ero ben convinto che il « Giro » sapeva e poteva susci­ tare una migliore impressione e mi consolai. SANDRO GRIMALDI di Genova


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SUPGROTP LO CRISI DCLL'IPPICO

IDRIÌflll SfiReriO

P0R 1 COUOLLI DO CORSO di Alberto Giubilo

Uopo trentacinque giorni di trepidazione, di malinconia, di dispetto, di disagio, l’ippica italiana ha ripreso il 5 febbraio il cammino che la Legge 1042 le aveva fatto interrompere dal primo giorno nel 1955, Ed era una interruzione determinata dalla non conoscenza della effettiva realtà della ippicoltura da parte di alcune persone che, scandagliando qua e là con la bacchetta magica del rabdomante alla ricerca di sempre nuovi fondi per la umana solidarietà del soccorso invernale, erano state travolte dal loro stesso apostolico entusiasmo, sino a confondere elementi del tutto diversi tra loro, come monte premi c movimento delle scommesse, scommesse e gioco, passione e vizio, cavalli da corsa e oggetti di mero lusso. Ne era venuto fuori quello che ormai tutti conoscono: l'imposizione d’una tassa­ zione che, per l’ippica, equivaleva al cento per cento delle sue possibilità. In più, la legge, nella sua accezione letterale, imponeva agli scommettitori una soprattassa così platealmente insostenibile da indurre ciascuno almeno nella tentazione di evadere l’assurda richiesta, orientandosi verso il gioco clandestino. Quel gioco che, come è noto, non solo non dii una lira al monte premi destinato ai cavalli da corsa, ma nulla dà allo stesso Erario, essendo

del tutto estraneo a qualsiasi controllo. Le giornate di corse del dicembre (gior­ nate di corse che avevano portato all’esau­ rimento delle casse dell’Unione Nazionale per l’incremento delle Razze Equine) avevano confermato, se pur ce ne fosse stato bisogno, l’esattezza di quanto i re­ sponsabili dell’ippica italiana avevano pre­ annunciato ai competenti organi appena la legge 1042 era entrata in vigore: la impossibilità materiale, per 1 ippica, di continuare l’attività nelle condizioni vo­ lute dalla nuova legge. Il movimento del­ le scommesse ufficiali (gravate d una so­ prattassa del dieci per cento, che impo­ neva allo scommettitore di spendere un­ dici per sperare su dieci) aveva infatti segnato una paurosa flessione: e gli scarsi introiti affluiti alle casse dell'UNIRE avrebbero consentito, teoricamente, una attività con premi talmente ridotti da non poter consentire corse garantite sotto un profilo di sportiva regolarità. Così, chiusi i cancelli degli ippodromi, la proposta di modifica alla legge 1042 cominciò a fine dicembre il suo cammino: un cammino sollecito — rapportato al normale metro delle proposte di legge — ma tremendamente lungo per quanti, nell’ippica, hanno cospicui interessi e, soprattutto, per coloro che dal settore trag­ gono l’unica fonte di vita. Intanto, giusta­ mente preoccupato delle sorti dell’ippicoltura che. per legge, sono affidate al suo Ministero, il Ministro Medici accentuava di giorno in giorno il suo interessamento alla soluzione del problema in sede go­ vernativa; e una svolta risolutiva, al fine di far giungere in porto la barca della proposta di legge Folciti, fu la nomina all’UNIRE di un Commissario e d’un vice Commissario che, per la specifica compe­ tenza in materia, riscossero immediata­ mente il plauso e l’incoraggiamento di tutte le categorie ippiche. A reggere PUNIRE era stato infatti chiamato niente altri che Salvatore Spi­ nelli, quanto dire il ceratorc del trotto ro­ mano, il realizzatore dell’ippodromo di Agitano in Napoli; un uomo, insomma, che era nato nell’ippica e che all’ippica tornava, dopo un periodo di dignitosa lontananza, proprio perché unanimemen­ te indicato al Ministro conte la persona più adatta per superare le gravissime dif­ ficoltà del momento. Parimenti felice la scelta del vice Commissario, nella persona del generale Giuseppe Picche, uomo di al­ tissime benemerenze tanto nel campo mi­ litare quanto in quello ippico. E già i pri­ mi contatti che Spinelli e Pièche ebbero con gli organi di Governo ebbero subito il potere di diradare preconcetti e dub-

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biosità e di chiarire, al contempo, la reale essenza dell’UNIRE, vale a dire dell'istituto che, per legge e sotto la egida del Ministero dell’Agricollura e delle Foreste, deve assicurare il fi­ nanziamento delle corse ippiche. Si fece nuovamente presente e il Ministro Medici ne fu autorevole por­ lavoce in sede competente) come la scommessa ippica non sia che il mezzo, c l’unico, che possa tenere in vita un allevamento pregiato quale quello del cavallo da corsa: un allevamento in virtù della cui qualità eravamo riu­ sciti, noi entrati in netto ritardo nel campo dell'ippica mondiale, a esporta­ re in Inghilterra, vale a dire nella ter­ ra madre del purosangue, nostri ga­ loppatoti ritenuti superiori agli stessi campioni inglesi. E uno per tutti, fu fatto il nome di Nearco per il galoppo, fu ripetuto, per il trotto, quello dello indigeno Mistero, trionfatore a Parigi nel Grand Prix d’Amérique, vale a di­ re dell’autentico campionato trottistico europeo. Si fecero presenti dati c cifre. Si se­ gnalò come l’attuale tassazione di pre­ lievo cui è sottoposto lo scommettitore

italiano è la più forte tra quante ne esistano al mondo, potendosi indicare, molto approssimativamente, nel 24 per cento del volume delle scommesse. Si ricordò come, per avere un cavallo da corsa, sia necessario mandare a uno stallone di grande qualità (c quindi dalla monta molto costosa) fattrici di sangue pregiato e morfologicamente esenti da difetti. Si fece presente co­ me, spesso e volentieri, le fattrici ri­ mangano vuote, pur avendo il proprie­ tario sopportato la spesa della monta. Si ricordò come un puledro di buona qualità venga a costare, raggiunti i due anni di età. vale a dire al momento dell'inizio della carriera, non meno di due milioni di lire. Si fece presente che, annualmente, proprietari e allevatori italiani, prima della legge 1042, sopportavano già un passivo di alcuni miliardi l’anno, da­ ta la differenza tra i costi di produ­ zione e di mantenimento e la effetti­ va portata del monte premi, che pure, nel 1953, aveva sfiorato i due miliardi e mezzo di lire. Si segnalò, altresì, che dall'estero (e più esattamente dalla

.America, dall'Australia c dalla Fran­ cia erano pervenute al Ministero della Agricoltura e Foreste richieste tenden­ ti all'acquisto definitivo di cavalli ita­ liani di grande qualità, che gli scri­ venti, al corrente della sospensione del le corse in Italia, speravano di poter comprare a prezzi di assoluta conve­ nienza. Tutta questa paziente c appassionala opera di segnalazione trovò fortuna­ tamente una eco veramente straordi­ naria in tutta la stampa italiana, di qualsiasi tendenza e di ogni colore: di modo che il Governo potè effetti­ vamente vagliare il danno che, con­ tro la sua volontà, la legge 1042 ave­ va arrecato all'economia del Paese. Fu così possibile, in un tempo rela­ tivamente brevissimo, far esaminare dal Parlamento quella proposta di legge Folciti che. riducendo la soprat­ tassa del dicci per cento sulle scom­ messe ippiche all'uno per cento di prelievo, avrebbe riportato all'ippica possibilità di vita.

Si capì, in ultima analisi, che gli ippodromi non sono una sentina del


che sono i cavalli da corsa. Un’ascesa la non opposizione governativa alla vizio, bensì uno stadio sportivo, .ùa nuova legge per il soccorso invernale, che, data la competenza degli attuali pure particolare, nel quale la passio­ ne per il cavallo è ben più forte del­ l’ippica potrà riprendere il suo cammi­ reggitori dell’UNIRE, ci si augura no, che d’anno in anno le ha latto l’amore per la scommessa. Si compre­ possa proseguire anche in futuro, no­ raggiungere traguardi sempre più pro­ se che, impedendo all’ippica di vive­ nostante il duro colpo del due per mettenti, ampiamente documentati re, si sarebbe altresì uccisa una fonte cento, che ha costretto, per il momen­ preziosa di entrata per le casse dello dalle cifre che, al termine di ogni an­ to, a una ripresa dell’attività con pre­ Stato, a esse togliendo quell’apporto nata sportiva, compendiano dodici mi ridotti: giacché, non avendo l’ip­ di valuta pregiata che nel passato era mesi di attività. E poiché, senza pos­ pica italiana alcuno Zio d’America cui loro derivalo dall’esportazione di pro­ sibilità di dubbio, è il monte premi annualmente bussare a quattrini, i cin­ dotti del nostro allevamento. E si ri­ annualmente distribuito che dà, più quecento milioni destinati al Fondo conobbe, altresì, che nessun altro ele­ di qualsiasi altro elemento di raffron­ per il Soccorso invernale sono stati mento della nostra economia poteva, to, la esatta sensazione dei progressi sottratti, per dura necessità di cose, nella misura possibile per il cavallo compiuti, ecco alcune cifre relative ai cavalli da corsa. da corsa, essere venduto all’estero con agli anni del dopoguerra. Nel 1947, così ampio margine per la nostra bi­ Deriva, da questa dura constatazio­ praticamente l’anno della ripresa pie­ lancia: perché un Tenerani o un ne, il convincimento pieno della as­ na dopo l’intervallo reso necessario Daumier, per fermarci agli ultimi soluta necessità di una nuova legge dagli eventi bellici, PUNIRE distribuì clamorosi casi di esportazione defini­ premi per novecento milioni scarsi, tra speciale che, regolamentando in ma­ tiva, erano costati mettiamo un mi­ galoppo e trotto (esattamente lire 366 niera soddisfacente tutta la comples­ lione di lire e venivano venduti per sa materia dell’ippicoltura nazionale, milioni e 84.950 per i 784 cavalli sce­ cento volte tanto, in più contribuen­ si in pista nelle corse per puro san­ metta la nostra ippica — sulla fal­ do al rafforzamento del prestigio in­ sariga di quanto già è stato fatto in gue; L. 540.747.500 per i 1603 trot­ ternazionale già goduto all’estero dal­ Francia e in Inghilterra — nella con­ tatori). Ebbene, nel 1950 le somme la qualità dei nostri cavalli da corsa. dizione di guardare al futuro con se­ elargite avevano subito uno straordi­ renità, senza l’assillo, cioè, di nuove Venne così il 21 gennaio: e la Ca­ nario impulso ed erano esattamente: e insopportabili richieste. E la legge mera, sia pure elevando dall’uno al L. 746.655.375 per 1043 galoppatoti, speciale per l’ippica, anche per espli­ due per cento il prelievo sul movi­ L. 949.920.605 per i 1777 cavalli del cito impegno del Ministro dell’Agrimento delle scommesse ippiche, varò trotto. Infine, il monte premi superò coltura e delle Foreste, non dovrebbe la proposta di legge Folchi. Altri sei i due miliardi di lire nel 1953 e sfio­ tardare. I trentacinque giorni dell’in­ giorni di trepidazione, e la legge pas­ rò, nel ’54, i due miliardi e mezzo. terruzione resteranno così un brutto sò anche al Senato, anche se al ter­ Come si vede, una ascesa straordina­ ricordo e nulla più. Un fatto doloroso, mine d’una seduta nel corso della riamente sensibile. Una ascesa che è quale, per mancanza di specifica conla prova del nove del sempre mag­ del quale parlare di quando in quan­ do; come d’un male che avrebbe po­ petenza, non si scrisse certamente un giore interesse che le folle italiane tuto portarci anche alla tomba e che trattato di ippicoltura. A leggere og­ provano, sui nostri trenta ippodromi invece si è riusciti a debellare. gi la relazione senatoriale sorge na­ di trotto e di galoppo, per le gesta di turale un ringraziamento a quella quei meravigliosi e perfetti organismi Alberto Giubilo buona stella che, tutto sommato, sem­ bra ancora rimasta fedele all’ippica. Comunque, questo appartiene al pas­ sato; e non vai certo la pena di am­ malatasi. Se mai, le cose dette in quella sede, nel pomeriggio del 27 gennaio 1955, varranno sempre come pungente monito per i reggitori del­ l’ippica, edotti della reale considera­ Il Concorso a suo tempo bandito dal Comitato Internazionale Olim­ zione nella quale il settore è tenuto pico per un inno olimpico si è chiuso il primo gennaio. In considerazione da parte di chi, tutto sommato, do­ del gran numero di composizioni musicali ricevute, la Commissione esa­ vrebbe avere l’obbligo di conoscere minatrice, presieduta dal Principe di Monaco, ha deciso di procedere ad meglio attività che concorrono alla una eliminatoria che avrà luogo a Losanna il 22 gennaio al fine di am­ consistenza dell’economia nazionale. mettere alla prova finale soltanto gli inni che presentino un certo interesse. Per altro, va detto altrettanto chia­ La prova finale si effettuerà nella seconda metà di aprile a Montecarlo. ramente che, approvando la legge Hanno partecipato al Concorso musicisti dì ogni continente con un Folchi, il Governo ha compiuto un complesso di 360 composizioni, così suddivìse per nazioni (39): Germa­ atto di coraggio del quale gli va dato nia 85, Italia 45, Francia 33. Ungheria 24. Austria 22. Gran Bretagna 18. atto: nel senso che, convinto dell’er­ Svizzera 17, Belgio e Stati Uniti 12. Finlandia e Romania 10, Olanda 7, rore involontario insito nella legge Australia, Danimarca e Giappone 6, Cecoslovacchia 5, Spagna, Grecia e 1042, seppe superare pur comprensi­ Norvegia 4. Israele e Portogallo 3. Argentina. Brasile, Lussemburgo, Po­ bili stati d’animo personali, facendo lonia, Africa del Sud e Jugoslavia 2, Afganistan, Bulgaria. Canada, Egitto, trionfare in un tempo brevissimo India, Iran, Islanda, Monaco, Sudan, Svezia Turchia e Irlanda 1. (trentacinque giorni) la giustizia spo­ sata al buon senso. Così, in forza del-

45 COMPOSIZIONI ITALIANE PER L'INNO OLIMPICO

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A Napoli il primo gruppo velico del C.S.I. Si estende l’attività del CSI nei vari settori delle discipline agoni­ stiche e fisico ricreative ad ogni anno. Con iniziative nuove in set­ tori diversi ed ecco che dalle bran­ che fisico atletiche propriamente dette si passa, ad ampio arco, alle

Brancalenne

del Centro Sportivo Italiano. E lo j esordio è stato altrettanto incisivo, altrettanto brillante. Me misi a sède sopra n’ ciòcco asciutto La « Stella » che presentiamo è e aprii la borsa della colczione; quella di Pasquale Migliaccio, al­ chiamai vicino a me « Branealeone », un cane tanto bòno e tanto brutto tro componente di una famiglia di autentici campioni e di eroi: canot­ che le guardava drente l'occhi come tieri e soldati come lo furono i fra­ volesse fà capi quer che pensava; telli Migliaccio componenti di un era contento e te scodinzolava equipaggio remiero Campione d’Ita­ si Fall isolavi e lo chiamavi a nome. lia e fulgidi combattenti nell’ulti­ Ce stava tanta pace quella sera, ma guerra. tanto silenzio ch’era un godimento; « Donaldo », la prima imbarcazio­ vento, ’na nuvoletta bianca sotto ne del CSI, ha già gareggiato in viaggiava ’n cielo come ’na bandiera. più regate ottenendo brillantissimi — « Branealeone » — dissi e co’ le dita piazzamenti e vincendo la Crocie­ j’accarezzai er musetto nero nero — ra - regata Napoli - Castellammare tu che me sci l’amico più sincero — Sorrento. Tutto lascia a pensare parleme ’n po’ de questa nostra vita! che il settore velico del C.S.I. si Me rispose: er cagnolo: — Tu la sai estenda e segnalazioni al riguardo questa vita mia. da cima a Tonno I si hanno da Genova, da Livorno, Nacqui alla stalla nella fattoria: da Venezia, da Trieste e dalla sem­ da quer giorno nun t’ho lassato mai. pre esuberante ed originale Mollet­ Me ricordo le prime passeggiate. ta che pensa di muovere nell’estate prossima per una regata del tutto j quann’ero cuccio e me portavi a caccia, e te feci scappa quella beccaccia particolare la formidabile sua flot­ e rimediai le prime due zampate. ta peschereccia. Imparare er mestiere che tormento! Il C.S.I. non poteva del resto Avventa l’animale da lontano trascurare anche questa attività

e struscia quasi a tera, piano piano, pè cerca d’accostallo contro vento.

più impensate. E’ di questi mesi il sorgere dinamico e già concreto del primo gruppo della vela, nato nel golfo partenope, vale a dire nella culla dello stesso sport velico poi­ ché nessuno potrà disconoscere a Napoli la paternità e comunque il merito di aver dato in ogni tempo alla Vela italiana un impulso ed una sostanza agonistica di primo ordine. I circoli napoletani della « Vela », l’« Italia », il « Savoia », il « Posillipo », il « Giovinezza » e gli stessi Canottieri Napoli hanno fornito via via campioni ed imbarcazioni che hanno solcato i mari e talvolta an­ che gli oceani a Vele spiegate in imprese sportive di rilievo e spes­ so in crociere quasi leggendarie. Ebbene alla flotta napoletana già di per sé massiccia per cui non è più sufficiente il civettuolo meravi­ glioso porticciolo di S. Lucia, si è aggiunto nei mesi scorsi il « Circo­ lo Velico Partenope » che già ave­ va radici profonde sotto l’insegna

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a

A Jì i

M’innamorai na vòlta ed ho creduto a na’ cagnetta della razza mia che me fece nà brutta porcheria con un bastardo appena conosciuto; ma l’amore pè questa mia campagna è un amore sincero e non tradisce e lei lo sente e quasi lo capisce d’esse l’amica mia, la mia compagna. Belli quei cicli rosa giù in palude che se specchiano drento a l’acquitrino e vedi attorno a te nasce er mattino come n’fiorc de luce che se schiude. Bei soli accesi, bei tramonti d’oro! Dolci riposi all’ombra d’un trattone, accucciato alli piedi der padrone mentre le foje parlano tra loro. Ste cose me diceva er cagnoletto cò la testa appoggiata ai miei ginocchi e me guardava fisso drento l’occhi cò tanta devozione c tanto affetto.

marinara, in un paese tipicamente I marinaro qual è il nostro. Ci vorrà : solo del tempo, ma anche per que- > sto settore i risultati si annunciano positivi. C’ Zi

i > 1 ♦ '■» ♦ 4

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i

E quanno me dicevi « Bravo cane » me passava d’incanto la stanchezza; ero contento pe' na tua carezza e soddisfatto per un po’ de pane!

1

già

svaniva er [giorno. Pijassimo la strada der ritorno.

M’arzai

dar

ciocco;

JFriineeseo HuNpoll

dn «Tiro a volo»


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Anniversario di un volo drammatico Sull'Atlantico di Giuseppe Bertocco

All’alba del 14 gennaio 1910 un trimotore Savoia-Marchetti « S. 75 P. D. » ( primato distanza) decollava dalla celebre pista di Guidonia, dalla quale nel 1928 era partito 1’ « S. 64 » di Ferrarin e Del Prete. Mala era la Patagonia, all’estremo sud del continente Americano, nell’intento di con­ quistare all’Italia l’ambito primato mondiale di distanza in linea retta senza scalo.

Il grande velivolo recava dipinto a grosse let­ tere sui fianchi della fusoliera e sulle ali il nome augurale c significativo di Italo (I-TALO), ed aveva a bordo quali piloti il Comandante Angelo Tondi e lo scrivente, oltre al motorista Aldo Stajano e all’operatore radio Luigi Fais.

Equipaggiato con i nuovi motori Alfa 128, l’ae­ reo era stato appositamente allestito per battere il record sino ad allora detenuto dagli inglesi i quali avevano collegato, in un volo senza scalo di circa ] 1.500 Km., Ismailia sul Canale di Suez al­ l’Australia; il nostro « S. 75 » avrebbe invece do­ vuto coprire una distanza di 13.500 Km con una permanenza in aria di oltre 50 ore. (Nelle ultime 20 ore di volo era prevista l’utilizzazione dei due soli motori laterali, mentre il centrale sarebbe ri­ masto fermo con l’elica « a bandiera » ; ciò per ricavare dai 17.500 litri di carburante — pari a circa 12.500 Kg. contenuti nel mastodontico serba­ toio-cisterna della fusoliera e nei serbatoi alari, la maggiore autonomia possibile).

Il volo era stato ideato e voluto da quel gran­ de Aviatore ed ineguagliabile Condottiero che è S. E. Valle; ma lo sprone maggiore, l’incentivo più alto, erano venuti dallo stesso Capo del Governo il quale, anzi, doveva risolutamente intervenire quando il Sottosegretario di Stato, succeduto al Ge­

Il Comandante Giuseppe Bertocco al­ l'epoca della campagna in A.OJ. (sullo sfondo il « caccia » C. R. 32)

nerale Valle mentre l’impresa era in avanzata pre­ parazione, non voleva più lasciarci partire. L’inizio del grande raid significava per me, fi­ nalmente, la realizzazione di un sogno accarezzato sin dal 1927 quando assieme a Matteo Mari, at­ tualmente Direttore Superiore dell’Aeroporto di Caselle Torinese, dovevo compiere la transvolata dell’Atlantico su un idrovolante M. 24, per colle­ gare Roma a S. Paolo del Brasile la cui Camera di Commercio aveva messo in palio un premio di 500.000 lit, per il primo equipaggio italiano che avesse compiuto l’impresa. Sfortunatamente quel­ la volta non potemmo partire per insormontabili difficoltà finanziarie sorte all’ultiiuo momento.

Al decollo il velivolo aveva un plafond teorico di zero, causa l’enorme carico per mq. di super­ ficie portante, ma la pesantissima macchina, dopo essersi « mangiata » tutta la pista di lancio, si stac­ cò da terra proprio negli ultimi venti metri e ri­ mase prodigiosamente in aria, procedendo fatico­ samente a pochissimi metri dal suolo. Sorvolando l’Urhe ed aggirando, nell’impossi­ bilità di poterli scavalcare, gli ostacoli più alti, fu necessario mantenere ai motori il « -f- 200 » sino al largo del Lido di Roma ed il « 100 » per altro tempo ancora. Sul mare di Sardegna, quando attraversammo le Bocche di Bonifacio, eravamo ancora quasi a pelo d’acqua, con i motori a pieno regime. Tra la Sardegna e le Baleari incontrammo un imprevisto tempo pessimo: raffiche di vento, pro­ venienti dal Golfo del Leone, e pioggia violenta ci investirono, togliendoci ogni visibilità esteriore ed aggravando le già precarie condizioni di volo dovute all’eccezionale carico. Poco prima di Gi-

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.4


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bilterra il tempo migliorò notevolmente e dopo aver passato lo Stretto a circa 300 metri di quota sorvolammo Tangeri dove era stabilito il primo controllo ufficiale dei delegati della F.A.l. Po­ temmo metter mano ai sacchetti delle cibarie solo dopo aver oltrepassato Casablanca e, con la prua Sull’Arcipelago del Capo Verde, navigammo tran­ quilli sino al parallelo di Villa Cisneros dove ci colse la notte. (AI traverso di Capo Mogador ave­ vo rivolto un pensiero memore c deferente al caro vecchio amico Comandante Rapp. e all’indimenti­ cabile Mario Massai, giornalista-aviatore, periti as­ sieme ad altri compagni e viaggiatori durante il volo inaugurale della linea Rio de Janeiro — Ro­ ma, il loro apparecchio, un « S. 83 », essendo an­ dato a cozzare nottetempo contro i monti di Mo­ gador).

Verso Capo Verde Affrontavamo ora i 1100 Km. che separano la Costa del Rio de Oro dalla priima isola del gruppo del Capo Verde: sospinti da una leggera brezza da nord-est navigavamo senzai difficoltà. Un ironico spicchio di luna si era intanto inlanto alzalo e pro­ iettava i suoi tenuissimi raggi sulle onde dell’Oceano. Ben presto però essa tramontò e fu buio pesto. L’oscurità divenne assoluta quando anche il tremulo brillare delle stelle sulle nostre teste fu occultato dalla presenza di estesi banchi di strato­ cumuli; fatto consueto in quella zona, nel mese di gennaio. Volavamo pertanto senza alcun riferimento esterno, basandoci esclusivamente sulle indicazioni degli strumenti luminosi del cruscotto ed alter­ nandoci ai comandi, il C.te Tondi ed io, in turni di quattro ore. Man mano che ci avvicinavamo all’Arcipelago cresceva il nostro incubo di andare ad urtare con­ tro la montagna del Fogo (un vulcano spento) alta parecchie centinaia di metri, mentre noi dove­ vamo mantenerci a quota più bassa, con i motori a regime ridotto, come prescriveva la tabella di marcia. Nel culmine della notte, d’improvviso, scor­ gemmo lontano il faro del « Sale » che occhieg­ giando amichevolmente ci infuse serenità e fidu­ cia. Sorvolata la nostra base aerea dell’isola del Sale (superba realizzazione dovuta alle rare virtù organizzative, alla tenacia ed all’immenso amore per l’aviazione dell’allora Colonnello Attilio Biseo e dei suoi collaboratori) e lasciate alle spalle le ultime isole, Fogo compreso, iniziammo i colloqui per radio con la stazione meteo del « Sale » che aveva ricevuto l’ordine di assisterci durante la vera e propria traversata oceanica. A Guidonia, in pre­ cedenza, avevamo trasmesso, anche per uso delle nostre famiglie, il « Tuttobene ».

Il Geofisico della base del Sale, dott. Marti­ nozzi (che doveva successivamente perire in un tragico incidente di volo in Albania) cominciò col farci trasmettere Bollettini e previsioni; dopo due

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ore circa, in un messaggio che tradiva l’appren­ sione ed il disappunto del compilatore, il buon Martinozzi ci notificava che un vasto ciclone pro­ veniente dal Golfo del Messico avanzava rapida­ mente verso il centro dell’Atlantico dove, quindi, al nostro passaggio, avremmo trovato condizioni atmosferiche eccezionalmente cattive. Martinozzi, in successivi dispacci radio ci pre­ cisava che l’attraversamento a bassa quota delle « Pot-noir » (che in francese significa «vaso ne­ ro ») cioè di quella disgraziata zona dove si in­ contrano gli alisei di N. E. con i venti caldi da S. O.. sarebbe stato proibitivo. L’area ciclonica con piogge e vento violentissimi si estendeva a ca­ vallo dell’Equatore. con un migliaio di Km. di diametro. Ci si consigliava pertanto di salire oltre i 5000 metri per tentare di sormontare l’immensa de­ pressione ciclonica senza impelagarcisi dentro. Si riteneva che a quella altitudine avremmo ritro­ vato il cielo sgombro e rivisto il sole il quale ci sarebbe stato prezioso per fare col Sestante i ri­ levamenti necessari al controllo della rotta. Sapevamo che spingere i motori a fondo per salire, con l’apparecchio ancora così carico, signi­ ficava compromettere forse irrimediabilmente il successo della nostra impresa: perché, oltre all’ec­ cessivo consumo di carburante che avrebbe note­ volmente ridotto l’autonomia, «sentivamo» che i motori non avrebbero tenuto. Ma il Geofisico insi­ steva che « il sottopassaggio del dei pozzo nero » avrebbe costituito un rischio mortale: non c’era quindi altro da fare.

L’alba della seconda giornata di volo sorse livida e minacciosa: con infinito scoramento vedemino ancora lontano un imponente sbarramento di cumuli-nembi giganteschi le cui « sfilacciature » inferiori lambivano il pelo dell’acq ua mentre le sommità apparivano irraggiungibili, senza limiti.

In piena tempesta Con tristi presentimenti e molto a malincuore mettemmo i motori a massimo regime iniziando a salire lentamente: ma non avevamo nemmeno raggiunti i 2000 metri che ci « trovammo dentio » in pieno nel fortunale. Fu un inferno: l’aereo, sballottato come un fuscello, sembrava scricchiolare sotto le raffiche impetuose del vento, la pioggia a rovesci entrava da tutte le parti nella cabina di pilotaggio; di colpo, la temperatura esterna, prima mantenutasi sui 20/25 gradi, scendeva rapidamente verso zero. Eravamo di nuovo in volo « cieco » c il pilotaggio, difficilissimo, richiedeva tutta la nostra abilita e la massima attenzione. La nostra tensione nervosa, che aveva raggiunto uno stadio spasmodico, ci stremava le forze già debilitate da oltre 24 ore di viaggio insonne e faticoso. Scariche elettriche continue saettavano intorno a noi sinistramente, mentre la radio di bordo era


L'aviazione italiana pioniera del progresso niotoristicn c stala la prima a compiere sba­ lorditive imprese nel mondo, grazie alla tenacia dei suoi in­ superabili tecnici e dei leggen­ dari piloti. Nella foto: L’ « S. 75 p. </. » che lui collegato in un sol volo — il 11-15 gennaio 19 [9 — Roma al Brasile, nel tentativo di conquistare all’Ita­ lia il «. Primato mondiale di distanza in linea retta senza scalo ».

divenuta inutilizzabile. Le eliche frullavano al massimo fendendo rabbiosamente i nembi neri come il carbone e la pioggia fitta: stentavamo assai a guadagnare quota. Le raffiche cd i vortici di vento rendevano il pilotaggio sempre più dif­ ficoltoso; eravamo fiaccati, con la gola arsa cd il sudore alla fronte per la fatica c l’ansietà. Ad un certo momento nel pieno dell’uragano notammo il termometro esterno scendere sotto ze­ ro e nello stesso tempo ci accorgemmo che taluni strumenti di navigazione si andavano bloccando o davano indicazioni sballate. Ci rendemmo conto che il ghiaccio aveva ostruito le prese dei tubi Pitot sul bordo di attacco dell’ala, mentre anche sul parabrezza si era ammassata una grande quantità di nevischio.

Corto circuito a bordo Avevamo intanto raggiunti i 4000 metri. Imme­ diatamente mettemmo in funzione il circuito elet­ trico antigelo che avrebbe dovuto ridarci l’uso degli strumenti; ma, dopo solo qualche minuto, non senza un brivido lungo la schiena, awertiinino un acre odore di bruciato. Un corto circuito aveva messo in avaria tutto il dispositivo ed ora pili nulla funzionava. Avemmo l’impressione atroce che per noi fosse giunta la fine. Ci attendevamo di .andare a fuoco perché l’odore di gomma bruciata persisteva. Ognu­ no di noi in quel momento criticissimo pensò ai propri Cari e, mentalmente, ci facemmo il segno della Croce. Invece l’incendio non si sviluppò perché altri­ menti non sarei ora qui a narrare l’indimenticabile avventura.

Non so dire come continuammo a volare senza precipitare. Ad un certo momento l’altimetro si stabilizzò alla quota di 4700 metri e non ci fu più verso, nonostante tutti i nostri sforzi, di gua­ dagnare un sol metro. Evidentemente eravamo giunti al plafond massimo del velivolo in quelle condizioni di carico; eravamo sempre dentro le nubi senza più speranza di poterle sormontare. Sarebbe forse bastato che avessimo potuto salire ancora di altri 500 metri per trovarci fuori, ina non vi riuscimmo. Come Dio volle, dopo tre ore di lotta impari con gli elementi c con la scalogna, uscimmo da quell’inferno e rivedemmo sotto di noi l’Oceano immenso e desolato. Intanto con il variare della temperatura e dell’umidità dell’aria le croste di nevischio gelato si sciolsero e gli strumenti ripre­ sero a funzionare. Con un gran sospiro di sollievo rilevammo che i cumuli da plumbei erano diven­ tati bianchi e meno compatti: ciò significava che andavamo verso il bel tempo. Ma il peggio dovevamo ancora passarlo: appe­ na usciti dalla zona ciclonica c rivisto il sole, d’im­ provviso, il motore sinistro si mise a vibrare pau­ rosamente e con un tremendo scossone che sembrò schiantare tutto l’apparecchio si arrestò di botto. (Sapemmo più tardi che per un grave difetto di lubrificazione e per l’eccezionale sforzo cui aveva­ mo dovuto sottoporre i motori, la ventola del com­ pressore del motore sinistro si era surriscaldata c « grippata », macinando tutto il complesso). Simultaneamente, con un brusco movimento il velivolo cadde a sinistra come all’inizio di mi av­ vitamento. Anche qui non so dire come riuscim­ mo ad arrestare la caduta in vite ed a mante­ nere invece l’apparecchio in linea di volo.

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Stante le condizioni di carico ancora molto elevate e lo squilibrio prodotto dalla mancanza di trazione sul lato sinistro (cosa che richiedeva da parte nostra fatica immane per mantenere la di­ rezione) l'aereo, pur con i motori centrale e destro marciami a pieno gas, non manteneva l’aria c per­ deva quota con una rapidità impressionante. Poco prima ci eravamo miracolosamente salvati da una terribile situazione, ma ecco che ora qual­ che cosa di più spaventoso stava per accadere: l’Oceano doveva inesorabilmente inghiottirci.

Forse un miracolo ?! ! Per arrestare, il velivolo nella sua paurosa di­ scesa verso il disastro bisognava trovare la maniera di alleggerirlo. Vistici ormai perduti tentammo il tutto per tutto: il motorista Aldo Stajano, con la forza della disperazione e con l’aiuto di qualche utensile della trousse di bordo, riusciva a squar­ ciare il grosso tubo collettore che dal serbatoio di fusoliera portava il carburante ai serbatoi alari, avendo avuto cura di isolare questi ultimi azio­ nando gli appositi rubinetti. Dal tubo spaccato la benzina zampillò a flotti con veemenza come da una fontana a pressione inondando naturalmente ogni recesso della cabina di pilotaggio e di tutto il velivolo. Per disperderla lo stesso Stajano ruppe con il tacco della scarpa il compensato del pavi­ mento. La benzina si spandeva all’esterno da tutte le parti investendo anche i tubi di scarico dei due motori funzionanti. Anche questa volta la nostra Santa Madonna di Loreto operò il miracolo di non farci incendiare. Perdendo così ben seimila litri di carburante ci liberammo di oltre 4000 kg. di peso. E fu la nostra salvezza : come pei- incanto la lancetta del variometro risalì finalmente a zero e l’apparecchio si « fermò » alla quota di soli 250 metri alla quale eravamo nel frattempo paurosamente pervenuti. In quei tragici minuti il bravissimo Fais, dal

• Secondo una statistica compilata a cura della comniisiceie sportiva dell’Automobile Club americano, oltre un milione di dollari è stato ricavato dalla vendita dei bigliet­ ti relativi alle corse organizzate dall'A A.A. nel 1954. Si tratta, in totale, di 7.000 miglia di corse da suddividersi in 145 prove. I par­ tecipanti hanno avuto circa 1 mi­ lione di dollari di premi (pari a 650 milioni di lire). Le prove di campionato sono state 13 (una di più rispetto al 1953) con un mon­ te premi totale di 964.984 dollari. Circa mezzo milione di spettato­ ri ha assistito a queste 13 corse. Le corse riservate alle macchine e. sprint» (con questo termine ne­ gli Stati Uniti si indicano le vet­ ture impiegate per manifestazioni su brevissimi percorsi) hanno ri­ chiamato in totale 300.000 spetta-

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suo trasmettitore rimesso intanto in efficienza ave­ va lanciato all’aria l’S.O.S. che fu captato da mol­ tissime stazioni compresa quella di Guidonia, sem­ pre in ascolto. Non so descrivervi meglio ciò che provammo in quei tremendi momenti durante i quali, fra l’al­ tro, fummo tutti c quattro, chi più chi meno, re­ pentinamente colpiti da grave malessere e ridotti in stato di semincoscienza, causa le esalazioni tos­ siche prodotte dalla benzina straripante.

La nostra Santa Protettrice certo concentrò su di noi, quella volta, tutto il Suo amore se, dopo, riuscimmo ancora a rimetterci sull’esatta rotta c a dirigere sull’isola di Fernando de Noronha (a 300 Km. ad E. di Porto Natali dove sfiniti, ma salvi, atterrammo con soli 200 litri di carburante nel serbatoio, dopo aver volato ininterrottamente durante 32 ore e 15 minuti, da Roma al Brasile. Dopo 21 giorni di sosta forzata nella Colonia penale Brasiliana di Fernando do Noronha, dove fummo ospiti dei due funzionari di quella stazione dell’ltalcable ai quali spesso si rivolge il nostro pensiero memore e grato, potemmo raggiungere col nostro I-TALO l’aeroporto di Recife nello Sta­ to di Fernambuco, avendo sostituito il motore avariato con un altro efficiente, recatoci da Rio de Janeiro a mezzo di una goletta. Erano i primi giorni di febbraio ed in Brasile impazzava il carnevale: tentammo di affogare il nostro pungente dolore per il record andato a male, ma fu illusione. Quello che ho narrato è stato l’ultimo tentativo di primato mondiale effettuato dalla nostra Aero­ nautica Militare; esso tendeva ad aggiungere una nuova luminosa perla alla splendente collana di Primati aerei, di voli leggendari e di superbe af­ fermazioni, registrati nell’Albo d’Oro della nostra Arma Azzurra, che avevano fatto dell’Italia, la terza Potenza aerea del mondo.

tori, quelle per < midgest » 250.000 spettatori (si sono avute 72 corse in totale). Il ricavato è stato di 163.000 dollari per un complesso di 2.143 miglia di corse. Infine le prove per stock cars (vetture di serie) hanno richiamato una folla di 166.115 spettatori con un in­ troito di 119.843 dollari. • E* stato diramato nei giorni scor­ si il regolamento della 500 Miglia di Indianapolis del 1955. Esso prevede pochi cambiamenti ri­ spetto alla corsa del 1954. Le bar­ re di torsion e dovranno essere sottoposte ad un particolare con­ trollo (magna-flux). E’ consentita la sostituzione dell’albero a go-

Giuseppe Bertoeco

miti dopo le prove di ■ qualifica­ zione dietro autorizzazione del direttore di corsa. La quota di iscrizione è fissata in 500 dollari (325.000 lire all’incirca). Dopo la pubblicazione del regolamento so­ no cominciate ad- affluire agli or­ ganizzatori le prime iscrizioni. Bill Anstead ha iscritto lina vet­ tura che sarà guidata da Pat O' Connor. Tre macchine sono state iscritte da Chapman Root e una da McGrath. Quest'ultimo detie­ ne il record della pista alla me­ dia di 141,033 miglia. Le iscri­ zioni si chiuderanno il 15 aprile a mezzanotte. E’ morto all'età di 74 anni Geor­ ge Graham costruttore della Marmon che vinse la prima 500 Mi­ glia di Indianapolis nel 1911. La macchina venne pilotata in quel­ la occasione da Ray Harroun.


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Promettente efficienza atletica sia nel campo professionistico che dilettantistico - Unica dolente nota, la carenza di locali da spettacolo che ritarda l'attività e nuoce alla propaganda

L’anno che se n’è andato non è stato avaro di soddisfazioni nei confronti del pugilato italiano, sia nel campo dei professionisti che in quello dei dilet­ tanti. Tre titoli europei sono stati conquistati, a co­ minciare da Duilio Loi che il 6 febbraio, a Milano, batteva il titolare Jorgen Johansen. In seguito il neo campione batté Antonini, De Joanni, respinse l’insidioso attacco del sorprendente Visintin, regolò ai punti il pericoloso Mario Ciccarelli, respinse il secondo assalto al titolo continentale mossogli dal campione francese Herbillon, indi si trasferì in Au­ stralia dove ha sconfitto prima del limite Germain e ai punti Trigo e Argote, precedente vincitore di Visintin.

Partito in seguito per l’avventura americana, ha brillantemente superato il primo scoglio rappresen­ tato da Del Flanagan, tanto brillantemente da im­ porsi subito come possibile competitore di Jim Car­ ter per il titolo mondiale della categoria possibilità per ora accantonata in quanto Loi — tornato di re­ cente in patria — ha deciso di rimanere per difen­ dere il suo titolo continentale dall’assalto dello sfi­ dante francese Seraphin Ferrer. Gesto sportivamente elogiabile; sul piano prati­ co... è un’altra cosa. Questo Ferrer ha un pugno alla dinamite e ha colto testé una affermazione del tutto sensazionale mettendo K. O. quel Paddy De Marco che fino a qualche mese fa regnava sul trono uni­ versale dei pesi leggeri. Come si vede, una faccenda molto seria! Tiberio Mitri conquistò per la seconda volta il primato europeo il 2 maggio allo Stadio Torino di Roma battendo clamorosamente Randolph Turpin per K.O. alla prima ripresa. Un successo da tripu­ dio per i più fedeli, permeato di scetticismo, invece, per i più freddi e ragionevoli. Purtroppo, dopo al­ cune affermazioni più o meno notevoli, è venuto il match che doveva fugare dubbi e riserve e dire la parola definitiva sulle rinnovate possibilità del pu­ gile triestino. E’ stata una parola spietata oltre le previsioni, chè praticamente Tiberio Mitri non è esi­ stito al cospetto di Crales Humez il quale lo ha bat­ tuto per K.O. tecnico alla terza ripresa. Un castello di speranze e di illusioni che ora l’atleta, dopo il tremendo crollo, si accinge a ricostruire. Auguria­ mogli di riuscire ma non ci sentiamo di andare oltre il puro e semplice augurio. Nazzareno Giannelli ha scritto il suo nome nel­ l’albo d’oro del campioni d’Europa conquistando lo

scettro contro l’inglese Terry Alien, il 10 settembre a Milano. Un successo preceduto da pronostici favo­ revoli e sfavorevoli, il che confermava un certo qua­ le equilibrio di forze in lizza. Con un finale dispe­ rato, l’italiano riuscì a far pendere dalla sua parte

Sergio Milan, ammirato avversario delCinvitto campione di Europa Ray Famechon. Nell*occasione il modesto quanto valoroso pugile italiano è stato definito "il più impegna­ tivo rivale che Famechon abbia mai incontrato sul piano europeo".

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la bilancia dei giudici (anzi, dell’arbitro giudice uni­ co dell’incontro) e tre mesi dopo dimostrò a Londra, contro il sud africano Jacke Tuli, di meritare co­ munque stima e considerazione. Accanto a queste affermazioni ufficiali, stanno quelle non meno brillanti e indicative che hanno nome D’Agata, Milan e Cavicchi. Il primo ha con­ vinto anche i più scettici sulle sue possibilità e par­ lano per lui le recenti affermazioni in terra austra­ liana dove è passato letteralmente da dominatore. Anch’egli trovasi ora in patria da dove ripartirà tut­ tavia in questi giorni, stavolta diretto in California. Infatti il 9 marzo, a San Francisco, si batterà col messicano Raoul Macias in un incontro che la Natio­ nal Boxing Association (la Federazione che controlla tutti gli Stati dell’unione, eccezion fatta per New York che vive e agisce sotto l’insegna della Com missione Atletica di quello Stato, la quale costitui­ sce, poi, la vera autorità riconosciuta anche in Europa) considera valevole per il campionato mon­ diale dei pesi gallo. Trattasi comunque di un incon­ tro di grande risonanza e che varrà in ogni caso a delineare il primo sfidante ufficiale del legittimo campione del mondo Robert Cohen, il campione francese che D’Agata ha già incontrato nella sua roccaforte tunisina riuscendo a far suo il verdetto, un retour-match, campionato mondiale in giuoco, potrebbe riservare sgradite sorprese per il prece­ dente vincitore. Dal canto suo Sergio Milan si è cimentato col campione europeo dei pesi piuma Ray Famechon e, se pur sconfitto, ha superato ogni più rosea previ­ sione dando vita a quindici emotive ed equilibrate riprese che hanno valso alla sua notorietà molto di più che una qualsiasi altra comune vittoria. Lo ha detto la stessa stampa francese e lo confermiamo, senza alcun spirito di parte anche noi, che Milan è stato per Famechon « l’avversario più impegnativo

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mai incontrato sul piano europeo ». Famechon ha vinto e non lo si può discutere; Ma Sergio Milan ha convinto come mai era riuscito a fare prima d’ora. Cavicchi, infine, continua a spazzare via con faci­ lità quasi irrisoria anche avversari (come l’ultimo, il negro britannico Ansel Adams) che godono di in­ dubbia fama internazionale. Così come stanno le co­ se, l’« ercole » italiano deve considerarsi assolutamente nell’anticamera dei « grandi »; e se anche è prematuro parlare di lui come del successore degli Spalla e dei Camera, è peraltro fuor di dubbio che nello statuario gigante bolognese albergano quasi tutte le qualità che contraddistinguono il « cam­ pione ». Altre giovani rivelazioni dell’anno, Scortichini che negli Stati Uniti ha raggiunto quotazioni su­ periori al previsto; Coluzzi, fresco reduce da una bril­ lantissima tournée in Australia e legittimo aspirante al primato nazionale, insieme a Vernagliene, altro eccellente peso welter dotato di classe e temperamen­ to superiori alla media; il peso leggero Garbelli i pe­ si medi Dal Piaz e Strina e il mediomassimo Rocci, il quale ultimo ha l’arma sua migliore (fino ad oggi, purtroppo, alquanto isolata) nella indiscussa poten­ za dei colpi. Infine i giovanissimi Vecchiàtto e Pez­ zali, mentre il rendimento del pur ottimo Caprari ci sembra alquanto statico. Negli Stati Uniti l’altro peso piuma Borraccia si sta facendo le ossa attra­ verso una serie di considerevoli affermazioni. Le posizioni di centro sono tuttora occupate dai vari Spina, Rollo, Polidori, Barbadoro, Furesi, Valentini, Marconi, Tripodi, Salvoldi, Buniva, Fontana e Alfonsetti, quest’ultimo divenuto oggi un massiccio peso massimo di possibilità non certo pari a quelle che poteva vantare nella categoria inferiore. Tutto questo complesso atletico è in mani di or­ ganizzatori oculati e disposti anche a notevoli sa­ crifici pur di affiancare mezzi e aspirazioni di ognu­ no; ma la carenza di locali da spettacolo (specie per quanto riguarda Roma che nella stagione invernale è praticamente tagliata fuori dai grandi avvenimen­ ti e perfino da quelli medi) compromette i loro sforzi e riduce l’attività ad un minimo poco meno che mar­ ginale e comunque non certamente adeguato alle mete che si potrebbero raggiungere e al concorso di pubblico che si potrebbe ottenere, visto e consta­ tato che questo non chiede di meglio che rispondere ad un appello appena degno della sua sensibilità e della sua maturità sportiva. Sul piano dilettantistico, meritate soddisfazioni e giustificata fiducia nel domani che si identifica, poi, con le Olimpiadi che, ormai, può dirsi bussino alle porte. Di questo settore, così importante e vitale per il pugilato e lo sport in generale, abbiamo detto nel precedente numero; c’è appena da aggiungere che dalla Federazione Pugilistica centrale stanno già ir­ radiandosi — a mezzo dei suoi organi periferici, dei tecnici e dei collaboratori in genere — azioni e pre­ videnze intese a selezionare, indi perfezionare, l’ele­ mento « uomo » già da tempo in osservazione, al fine di giungere alla vigilia di Melbourne senza precipi­ tazione e senza scosse, serenamente fiduciosi nelle possibilità della nostra squadra olimpica, una volta di più carica del nobile peso delle sue fulgide tra­ dizioni di gloria e di conquista. Intanto, la squadra azzurra avrà il battesimo del 1955 il giorno 1-1, a Roma, contro la compagine dei forti atleti turchi. lìccio Lucnrlni


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male comizio e la campagna elettorale è nella sua fase acuta, non è difficile sentir dire frasi come queste: "siamo all'ultimo round...” "...quando suo­ nerà il gong...'' ”... non ci saranno tempi supple­ mentari..” eccetera eccetera.

E ancora sentirete dire da un tale che è riu­ scito, per esempio, a fermare un debitore : "Sono riuscito a placcarlo...”. Questo, in poche, parole, vuol dire che la mentalità umana oggi si è per­ meata di cose sportive al punto da adattarne il gergo alla vita di tutti i giorni. E c’è chi ne appro­ fitta, tanto da far pensare che comincia a farsi largo addirittura una retorica del linguaggio sportivo. Lo sport sta diventando, bisogna riconoscerlo, sempre più un’espressione precisa con una fun­ zione car atterizzatr ice del costume, della vita, del pensiero moderno. Sarà una fatalità, sarà quello che volete, ma pen­ sate un po' al fatto che la prima pila atomica, pra­ ticamente il primo anello dell'età del futuro, è stata realizzata in una palestra di pallacanestro, quella dell'Università di Chicago. Qualcuno mi farà osservare che a suo tempo anche la rivoluzione francese prese le sue mosse da un campo di pallacorda. Tutto questo è vero, ma non è abbastanza per dimostrare, che lo sport abbia avuto la sua in­ fluenza sul pensiero illuministico e più tardi sulla legge dei ' quante” o sull'equazione di Einstein. No, bisogna riconoscerlo, non e abbastanza. Tuttavia, se per caso capitiamo oggi in un nor­

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Se le cose stanno a questo punto, si deve anche pensare che da questa viva espressione della vita d’oggi, da questo sport, insomma, il mondo della arte dovrà pure, trarre, una sua ispirazione. Il mon­ do dell’arte è sempre il mezzo con il quale una o più generazioni lasciano un loro messaggio, sca­ turito dalla verità e filtrato dalla sensibilità.

Questo sport, dunque, suscita qualcosa oggi nei nostri artisti, visto che è riuscito a. penetrare così

profondamente nella vita contemporanea? Limitiamo il quesito e quanto avviene, in Ita­ lia e chiediamoci, anzi chiediamo a Luigi Bartolini cosa succede in proposito da noi.

Sono andato così a trovare il pittore marchi­ giano a casa sua e l’ho sorpreso mentre stava ac­ cennando un ritratto di Luciana, la figliola. Sono

riuscito a sedermi dinanzi a un tavolo, tra un cu­ mulo di acqueforti, alcune, belle tele, un fucile da


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LUIGI BARTOLIIVI: “Pescatore d’acqua dolce (olio 1936),, Collezione pittore Bruno Saetti Venezia

dotto una solo parola del vero motivo della mia visita. E invece sono dovuto tornare con i piedi sulla terra e ho cominciato, sapendo di far parlare un

caccia, un pesce di gomma, dei lampioncini alla veneziana, un canarino loquacissimo, colori, baci­ nelle, inchiostri, spatole e cornici preziose. Ho ri­ posato l’occhio in questa gioia, in questa festa di cose e mi sono incantato di fronte ad un quadro. Vi confesso che, se non avessi, fisso in testa il pal­

artista che, essendo anche uno scrittore notevole, sa dire pane al pane senza tante vie intermedie.

lino dello sport, me ne sarei andato via, senza aver

— L’artista — ha detto subito Bartolini, invi-

Disogno originalo. LUIGI RARTOLUVI: H Uno signore che nsslstono ad una partita di tennis,,.

Umore angelico, caricatura senza l’osceno o il triviale della caricatura; uno char­ me diffuso dalle figure nell’ambiente e dall’am­ biente riverberato nelle fi­ gure. Un disegno pieno, virtuosissimo senza virtuo­ sismo. Piani, volumi, for­ me: sottintesi senza fare della didattica, giacché Lui­ gi Bartolini concepisce gli amatori e gli intenditori delle sue opere non quali neofiti catoncelli da cate­ chizzare allo stravecchio cubismo, Un ritorno, final­ mente. all’originalità vera, a quella "senza pugni nel­ l’occhio destro, a carico dell’osservatore”. Il boxerismo cubista è terminato. Ricomincia Carte da dove il negrismo e il negrierisnio di Picasso e compagni hanno avuto termine.

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tandomi a prendere appunti — non può essere fa­

vorevole allo sport professionistico, perché la pro­ fessione è un mestiere, lo amo lo sport libero. Per esempio la caccia, perché mi permette di fare una lunga passeggiata senza accorgermene. Una passeg­ giata in campagna è arte, divertimento, poesia; è una delle tante forme poetiche che permettono all’uomo di uscire dai fatti del giorno. Tuttavia bisognava aspettarselo che la gente si riversasse in massa negli stadi per gli spettacoli do­ menicali. Esiste una lettera di Plinio il Giovane, che sembra scritta oggi anche se è un documento vecchio di secoli. Plinio si lamenta in questa lette­ ra dell’eccessiva passione dei romani per quelli che

erano gli sport del tempo. « Che gusto prova la gente a vedere sempre le stesse cose se vi sono tanti stadi e tante corse di bighe che si è dovuto ridurre lo spettacolo da cinque giri a due? », si chiede lo scrittore latino.

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Lo scarso senso della misura di cui si parlava, può portare all’assurdo dello sportivo che pure do­ vrebbe condurre una vita sana e che. invece, de­ perisce prima di un normale borghese. In un certo senso_i campioni sono vittime della società mo­ derna, che non sa fare più una giusta distinzione tra eroismo del cervello e quello elei piede. Se, per esempio, una lepre scappa, corre più di Coppi, di Bartali. Se un gatto d’angora gioca con un pallo­ ne, lo fa con la stessa agilità, maestria e destrezza di un celebrato campione di calcio. Eppure nessu­ no paga la lepre per correre e nessuno si compli­ menta col gatto e gli chiede autografi per la sua abilità.

— Dunque, maestro, lei è senz'altro per lo sport di lettati tistico ?

— Certamente. A me è sempre piaciuto andare a caccia, perché questo mi ha permesso di rilevare

la differenza che esiste tra la vita libera e quella dell’uomo di città. Oserei dire che la caccia mette l’uomo nella naturale condizione dei primi abitanti della terra.

Oggi accade qualcosa di peggio, perché non si ha quel senso della misura che fu proprio degli antichi greci. Costoro, maestri di vita e di filosofia, praticavano le attività agonistiche per una sem­ plice questione di bellezza. Perciò Fidia ha tratto ispirazione proprio dalle feste panatenaiche, Pin­ daro e Bacchilide dalle Olimpiadi. E tutta l’arte

— Parecchi quadri. Rammento quello che ora fa parte della collezione dcll’ingcgner Della Ra­

greca, specialmente quella scultorea, è scaturita proprio dall’armonia e dalla grazia di un corpo ben modellato e perciò, con un linguaggio moder­

gione dal titolo: «Angelica pernice di montagna». Angelica perché è dipinta in modo che si allontana dallo stile truculento di alcuni pittori di selvag­

no, da un corpo di atleta.

gina.

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— E ha scritto, ha dipinto molto sulla caccia?


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Ho disegnato e dipinto fagiani, lepri. Ho inciso nello stesso tempo molte acqueforti. Vorrei ricor­ dare, per esempio, « 11 carnet del piccolo caccia­ tore », un piatto con una piccola coroncina di uc­ celli da fare allo spiedo. Ancora vi è il quadro del «Fagiano ferito», esposto nella Galleria Chiùrazzi. Tra non molto Vallecchi pubblicherà un mio libro, dal titolo « Caccia al fagiano », com­ prendente due capitoli cinegetici e il poemetto « Il fagiano di Parcines » (Premio Marzolle di poesia 1954). — Accanto alla caccia lei, naturalmente, met­ terà la pesca, tra le sue passioni sportive?

— Altroché! Sono un pescatore di quelli con­ vinti. Questo mi ha permesso di fare il quadro, ora della collezione Saetti, intitolato « Pescatore di acqua dolce ». Da qui è nata l’acquafòrte dallo stesso titolo. Un’altra acquafòrte molto ricercata dai collezionisti è: « Storia di tre trote », che è ap­ punto una storia cinematica delle varie fasi della pesca. — Secondo lei esiste in Italia un solco profondo tra il mondo dello sport e quello della cultura e dell’arte?

— Assolutamente no. Tra cultura, arte e sport esiste un legame pili sicuro di quanto si creda, per­ ché spesso i rappresentanti del mondo del pensiero

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• A fine d’anno, le consuetudi­ ni americane impongono di scegliere, dal folto lotto dei giocatori delle due leghe maggiori, i migliori « performers » della stagione in tutti gli svariati settori del gioco. La selezione ufficiale è fatta da un apposito comitato, for­ mato da una rappresentanza della « Baseball Writers Association », ma vi sono anche altre associazioni giornalistiche, e fra queste particolar­ mente la Associated Press, che in un apposito banchetto compila diverse graduatorie dei rendimenti migliori. Per il 1954, ormai terminato, le due associazioni hanno già ammirato le loro selezioni,-ed hanno presentato al pubblico sportivo i risultati del loro

sono inolio vicini a quello delio sport. Vede, io sono un sportivo e spesso dagli sport che preferisco ho tratto ispirazione per dipingere e scrivere. Lo sport potrebbe essere un soggetto inesauribile per tanti artisti che mancando d’ispirazione, ricor­ rono a realizzazioni astruse, abracadabriche e cagliostreschc. E qui dò ragione al pubblico. Solo che il pubblico non è informato, perché in Italia manca una qualsiasi pubblicazione che crei questo legame tra sport e cultura c arte. Del resto, anche lo sport è arte. E il professionismo, che è una de­ generazione dello sport, è anche una degenerazione

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dell’arte. — Mi dica, maestro: esiste uno sport nella pit­ tura? — Proprio così. Il pittore, che cammina e cam­ mina con la sua roba per cercare un’inquadratura che lo soddisfi, è un’atleta. Lo è senza saperlo. Però noi dovremmo frequentare ancora di più gli stadi, le palestre c avvicinare gli sportivi per ma­ turare quell’ispirazione convinta necessaria ad ogni buona opera d’arte. Non si sa esprimere ciò che non si ama. Uscire, uscire dagli studi dove si vive come lumaconi. E per ora bisogna pensare meno alle mostre e al tempo stesso bisogna cercare di dare agli artisti maggiore libertà di movimento nei campi sportivi. Remo Pascueci

BASE-BALL lavoro; e sicuramente, come avviene ogni anno, i fortu­ nati e meritevoli eletti po­ tranno godere, grazie alla fa­ ma loro procurata dai due au­ torevolissimi comitati, della ammirazione di tutto il va­ sto mondo del baseball.

• Per la stagione passata i gio­ catori più universalmente ri­ conosciuti come meritevoli sono stati per la Lega Nazio­ nale, Willie Mays, l’eccezio­ nale esterno dei Giants cam­ pioni del mondo, e per la Le­ ga Americana, Yogi Berrà,

impareggiabile ricevitore dei New York Yankees di Casey Stengel. E questo, oltre che per le cifre del loro rendi­ mento, che parlano chiaro anche per la spettacolarità e la raffinatezza del loro gioco. Particolarmente Mays, che è chiamato « VVillie thè Wonder » proprio per la sua pre­ rogativa di meravigliare e stupefare gli spettatori, con le sue incredibili prestazioni, e che è stato definito da Horace Staneham, presidente dei Giants, il nostro miracolo quotidiano ». ha fatto questo anno razzia di titoli e di ri­ conoscimenti, oscurando ogni precedente ricordo del genere e guadagnandosi in ogni am­ biente sportivo l'unanimità dei favori e degli applausi.

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Regìa Olimpica pei

Melbourne

La grande macchina organizzativa del C.I.O. si è messa in mòto da tempo in vista delle Olimpiadi del 1956 che si terranno come ormai è noto a Mel­ bourne. La città del continente nuovissimo sarà l’ospitale sede della massima rassegna mondiale del­ lo sport: la fiamma olimpica che verrà accesa ad Atene dovrà compiere uno dei più lunghi itinerari della storia olimpica (Km. 4.10-1), prima di giun­ gere allo Stadio Olimpico di Melbourne per l’inau­ gurazione dei Giochi. La sede che succede ad Helsinki è in pieno fer­ mento di opere ed iniziative di carattere logistico e tecnico: dalla costruzione del Villaggio Olimpico costituito da 780 case costruite in mattoni e cemen­ to e che potrà ospitare 6.000 persone — più che sufficienti per il numero di partecipanti previsto — alla costruzione degli alloggiamenti per turisti, oltre quelli esistenti. Infatti Melbourne è già provvista di 550 alber­ ghi di dimensioni molto varie, altri due o tre sono in allestimento ed è in progetto la costruzione di un altro di 600 camere, che sarà pronto per l’epoca dei Giochi. Tuttavia non sarà possibile risolvere il proble­ ma coi soli alberghi ed è pertanto prevista — co­ me è allo studio — la sistemazione dei turisti a seguito delle Olimpiadi, in case private. Il complesso del Villaggio Olimpico, particolar­ mente, verrà fornito di tutte le moderne installa­ zioni per rappresentative nazionali in gruppi da 2 a 4 persone, mentre per i refettori si avrà una divisione per nazionalità. Naturalmente, dato l’alto numero dei partecipanti previsto, è stato studiato ogni accorgimento affinché ognuno abbia un siste­ mazione adeguata e non si abbiano a verificare de­ gli scontenti da parte di atleti e di accompagnatori. 11 programma delle Olimpiadi di Melbourne non presenta alcuna variante dalle ultime di Helsinki tranne che per il nuoto il cui programma è stato completato con la introduzione della gara a « far­ falla ». Rimane aperto l’eventuale inserimento di qualche altra disciplina se una Federazione Inter­ nazionale di Dilettanti — riconosciuta dal C.I.O. — avente come membri venti organizzazioni dirigenti nazionali, presenti richiesta formale e garantisca la partecipazione di almeno 15 iscritti. Onde assicurare una giusta ripartizione di Uf­ ficiali tra le nazioni partecipanti e al fine. di evi­ tare gli abusi che, ad esempio, si sono registrati alle Olimpiadi di Helsinki, il C.I.O. nella sessione di Atene ha stabilito una scala mobile che va dal 15 al 30 per cento del numero di partecipanti in ogni sport. Il Comitato Organizzatore è stato incaricato dal C.I.O. di applicare rigorosamente questa disposizio­ ne e di rifiutare ogni riconoscimento ufficiale agli

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eccedenti a tale percentuale. Essi non avranno ac­ cesso al Villaggio Olimpico nè riceveranno alcun lasciapassare; verranno pertanto considerati dei semplici turisti. Resta inteso che gli arbitri, i giu­ dici, i cronometristi, così come il personale che ac­ compagna le squadre (barcaioli, massaggiatori, pa­ lafrenieri), non saranno considerati ufficiali. Questa è propriamente la panoramica numerica della partecipazione dei tecnici che dovranno tute­ lare il buon andamento dei Giochi Olimpici; l’im­ ponenza del numero di Ufficiali di gara che può apparire dalle cifre, quando si considera che il nu­ mero di atleti si aggirerà sui 6.000, è l’indice mi­ gliore per valutare la vastità del complesso organizzativo-tecnico che farà corona alla rassegna mon­ diale dello sport. Il numero delle squadre ammesse ai Giochi è stato fissato in 16, per tutte le specialità. Nel caso che dovesse verificarsi una eccedenza di iscrizioni dovranno essere effettuate preventivamente delle eliminatorie in località prescelte dalle Federazioni Internazionali interessate, in modo da ridurre le squadre al numero stabilito. Pertanto Melbourne si prepara ad accogliere al cimento olimpico i rappresentanti di quelle Na- ■ zioni che faranno pervenire la loro adesione, per gli sport programmati, ad eccezione dei Concorsi di Equitazione che si terranno a Stoccolma. Infatti, una speciale legge di « quarantena » dello Stato au­ straliano consente l’entrata in Australia di cavalli solo dopo sei mesi di permanenza in Inghilterra", in Irlanda e in Nuova Zelanda. La decisione presa nel maggio scorso ad Atene dal C.I.O., si è resa ne­ cessaria dopo il fallimento dei tentativi fatti dalle Autorità sportive che erano intervenute per rimuo­ vere la difficoltà vigente. Degno di rilievo è ancora quanto stabilito per il Servizio stampa e radio, per i quali è stato fis­ sato un numero massimo di addetti, ripartito come segue: stampa (agenzie e giornali) 1000 persone; radio e televisione 150 persone; fotografi e film d’at­ tualità 150 persone. A ciascuna delle nazioni partecipanti verrà asse­ gnata, tramite i Comitati Nazionali Olimpici, una quota parte delle cifre di cui sopra. Inoltre è stata costituita un’apposita Commissione per organizzare ed assicurare le emissioni radiofoniche e le comu­ nicazioni necessarie, per far fronte alla imponente trasmissone quotidiana di dispacci e fotografie. Co­ me si può naturalmente concludere la vasta e com­ plessa organizzazione ha previsto ogni particolare per la riuscita della prossima edizione dei Giochi Olimpici, e pertanto i grandiosi preparativi effet­ tuati sono garanzia di successo. Infine, a coronamento della superba messa in iscena, S. M. la Regina d’Inghilterra, Elisabetta II, ha accettato l’alto patronato dei Giochi Olimpici che. naturalmente, si prospettano imponenti nella gran­ diosità dello sforzo logistico, organizzativo e tecnico che tanto il C.I.O. quanto la giovane Australia van­ no affrontando. La più grande rassegna olimpica di Melbourne richiamando l’attenzione degli sportivi d’ógni parte del mondo, sarà un’altra pietra miliare nella storia dello sport. Verranno presentati nella prossima as­ sise i valori agonistici mondiali e con essi la grande affermazione dello spirito umano che ha trasmesso i fasti ellenici de’ secoli passati, alle generazioni moderne. Germano liurijjelli


grazie, ^inoi Gino caro, dunque hai proprio deciso: la pianti. Ce ne è voluto del tempo per farti prendere una simile de­ cisione! E' forse non avevi torto. Forse sentivi ancora at­ torno a te l’urlo della folla, la passione della gente, la stima dei tuoi ammiratori. Ora che hai deciso anche quelli che erano dall’altra parte della barricata, tu mi ca­ pisci vero?, I coppiani come ieri i guerriani, di un tempo, sbarrano gli occhi. Coppi senza Bartali, dicono, non sarà più Coppi. Quasi quasi non ha neppur ragione d'essere. Chi: un campione è grande, è stimato, e possente, se ha un avversario degno di lui se ha, voglio dire, il suo antagonista, il suo grande rivale. Ora si accorgono tutti ciò che valevi, ciò che ha voluto dire il tuo nome, la tua classe, la tua grandezza atletica. Tanti anni Gino abbiamo vissuto insieme. Tanta gente ha vissuto con te: dirigenti corridori, amici ed avversa­ ri, meccanici, massaggiatori, organizzatori ma soprattutto giornalisti. Fosse possibile fare un conto delle colonne scritte per te, sul tuo nome, e metterle in fila ci sarebbe da riempire dei chilometri, quasi penso il percorso del Giro d'Italia. Dovessero fare questo conteggio gli ame­ ricani, abituati come sono ad andare nelle loro corri­ spondenze a numero di parole, salirebbero in cielo. E in cielo di certo la tua gloria è arrivata se nella tua lunga carriera, densa di sacrifici, di privazioni, di volon­ tà — anche se mai hai voluto dare la sensazione di farti sorprendere in crisi, anche se hai sempre saputo nascon­ dere il tuo soffrire — hai colto delle vittorie strepitose capaci perfino di ridare vita a una intera nazione; la no­ stra, paralizzata da uno sciopero generale. Dal giorno del tuo passaggio da dilettante a indi­ pendente e quindi a professionista sono passati giusto vent'anni. Lo ricorderai anche tu. La tua prima corsa fuori casa la disputasti sulle strade dei castelli romani. C'era di mezzo la vetta di Rocca di Papa e nella discesa il bosco di Castagni che porta a Squarciargli'. Infilando troppo larga una curva finisti in un enorme mucchio di foglie secche scomparendo quasi con l’intera bicicletta. I tuoi avversari erano però lontani, molto lontani per for­ tuna ed avesti tutto il tempo per riprendere la tua gara e giungere ancora primo, con largo vantaggio al velo­ dromo Appio. Quattro giorni dopo salisti con me sul1' "idrovolante” che ci portò a Tripoli, per il primo giro della Tripolitania. A Catania facemmo scalo, ricordi?, per la colazione: un piatto di tagliatelle, nella capanna-ri­ storante dell’idroscalo, che regalasti un’ora dopo ai pesci del Mediterraneo. Era il tuo primo volo e giungesti a Tripoli piuttosto pallido. Assai più pallido del giorno che ruzzolasti giù dal Tourmalet. Non facesti grandi cose. La gente non sapeva neppure, allora, pronunciare il tuo nome. Ti chiamavano Bartàli anziché Bàttali. Ma ti fa­ cesti strada egualmente. In pochi mesi il tuo nome co­ minciò a richiedere grossi titoli sui giornali. Si era ai primi mesi del 1935. In estate andammo insieme in Francia: tu atleta nella squadra dei "Cadetti Azzurri",

Ho proprio dwciao Àdrionoi firmo la mia aentenia, Non correrò più !

io accompagnatore o qualcosa di simile. Con te vennero in Francia a Tolosa, Negrini, Scorticati, Bailo, Balli, Bini, Molinai', Firpo ed altri quattro che in questo mo­ mento la memoria proprio non vuol ricordare. Eravate 12 in tutto: 12 ragazzi in gamba che hanno poi tenuto con te il cartellone del nostro ciclismo per tanti anni. Nel "criterium du-midì" faceste mambassa. Tu vin­ cesti la prima tappa e Negrini la seconda. Ma nella veloce rincorsa del primo giorno tu ti trascinasti al traguardo di Millau il lungo dinoccolato Loh, un olandese sbiadito ed esile come i tulipani della sua terra. Era velocissimo eppu­ re tu lo battesti. Di classe ed astuzia, sotto l’acqua torren­ ziale che aveva spazzata via la folla e reso deserto il ret­ tilineo d'arrivo. Quel Lok dava fastidio a noi italiani. Cera pericolo tornando a Tolosa di trovarselo fra i piedi. Se, pula caso, un incidente qualunque ti avesse appie­ dato avremmo finito per pregiudicare l'intera rappresen­ tativa, perdendo il primato in classifica. Per questo papà Ferretti ed io dovemmo chiederti il grosso sacrificio di rinunziare alla vittoria, di-frenare tu il gruppo mandando allo sbaraglio un tandem azzurro di spregiudicati : il vecchio Negrini che era alle ultime scene della sua lunga rappresentazione ciclistica e l'emiliano Scorticati: dal brut­ to nome ma tanto caro e generoso. Gli avversari non ca­ pirono subito il gioco e questo riuscì a meraviglia, per i nostri colori. Non per te caro Gino che finisti al terzo posto della classifica generale pur prendendoti il lusso di battere sul rettilineo di Tolosa ottanta avversari in vo­ lata. Sulla via del ritorno a Nizza ci imbattemmo nel "tour", e toccò a me il grande piacere di presentarti con Aldo Bini, tuo irrequieto corregionale, a "Patron" Desgrange. Questi vi squadrò e vi palpò come puledri puro sangue, ed intuì il buon vecchio che cosa sareste stati tutti e due per il ciclismo internazionale. E a te disse: verrete, non è vero, al tour? Di giri di Francia Gino ne hai vinti due; a dieci anni di distanza, nel 38 e nel '48, alla tua maniera, sba­ lordendo. Ed anche tu hai una collezione di maghe nell armadio. Ti manca solo quella iridata, ma chi osa dire che tu non sia stato superiore a tanta gente che nei campionati del mondo su strada ha avuto più fortuna: a Schotte, a Kaers, ad Aerts, a Magne, a Speicher a Mai­ ler, a Guerra e per fare degli altri nomi agli stessi Kubler e Bobet? Lo sport ciclistico che ti ha elevato a suo reuc-

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rio, per tant’anni, ti ha riservato questa amarezza. La unica grossa pungente spina, tra tante rose. Ora che hai annunciato il tuo ritiro dalle competi­ zioni, tutti si ricordano di te. Ventiquattr’anni di car­ riera, 160 vittorie, tanti appellativi, tanti aggettivi, ma pur sempre il solo nome a tener testa ad ogni para­ gone. "...si, ma non è forte quanto Bartali!... si, ma non ha la volontà, la tenacia, lo spirito di sacrificio di Bar­ tali!... si, ma non ha la rettitudine di vita di Bartali!,... si, ma Bartali non ha mai avuto crisi, non si è mai ri­ tirato!... Bartali non ha mai rinunciato alla lotta"! E quante scritte per istrada, quanta calce sull'asfalto nero; quanta vernice sui muri; quanti cartelli! Nessun uomo politico al mondo ha avuto tanta popolarità quanto te. Volendo avresti potuto giungere in Parlamento! Cominceranno tra qualche giorno gli sportivi di Sar­ degna a constatare cosa voglia dire una "classica" senza Bartali. E il "giro" denuncerà il vuoto per la mancanza del tuo nome tra i partenti. Quel tuo brontolio continuo, quel polemizzare, quel discutere con tutti erano in fondo materiale per il " cronista ". Ed il particolare che tu non sia nella lista dei ” cattivi ” del Bernina dice tante cose. Come la tua volata sbarazzina sul traguardo di St. Moritz. Oliviero Bcrlincioni che fu il tuo Primo presidente nel1’ "Aquila" di Ponte a Etna nel 1931, quando ha saputo la decisione ha detto: Bartali ha fatto sempre bene-, riten­ go abbia fatto bene anche questa volta. Quando ha com­ messo qualche errore se ne è giovato di lezione; comun­ que ammiriamo il suo primato di attività di servizio: dal 19 luglio del 1931 alla Nave a Rovezzano, fino al 28 ottobre del 1954 a Città di Castello: ventitré anni, quat­ tro mesi e nove giorni. Grosso modo 120 mila chilometri di gare. Tre giri del mondo in bicicletta. Centinaia di tubolari consumati, ma solo otto selle ed otto manubri. Quattromila ore di corse ed altrettante almeno di alle­ namenti. Fra qualche mese quando capiterò a Firenze verrò trovarti Gino. Busserò alla porta del tuo villino in Via Paolo da Mascagni 26. Sono curioso di sapere e di vedere cosa ci sarà appeso alle pareti del tuo studio... Berremo insieme un bicchiere delle tue vigne. Ma vedrai, per quanto tu lo abbia giurato, che difficilmente riusciremo a non parlare di ciclismo. Di quel ciclismo che è stato la tua vita dai sedici ai quarantun anni. Di quello sport che ha inebriato te ed i tuoi ammiratori, che sono stati milioni e milioni d’ogni ceto e Paese, governanti, prin­ cipi, ministri. Non eri soltanto il "campione dei Semi­ nari" come ha scritto qualcuno con strana acredine, per­ ché quello è lo stile di taluni politicanti. Eri il campione di tutti, che il Santo Padre ha citato ad esempio! Cosa potevi mai desiderare di più Gino dalla tua carriera sportiva? Mi pare sia sufficiente questo a saldare ogni conto nel caso tu fossi convinto d’aver lasciato qualcosa in so­ speso. Grazie perciò caro Gino. Grazie di tutto. Dopo ven­ ticinque anni dedicati agli amici dello sport era pur giusto pensassi a dedicare la tua sana vita di uomo cri­ stiano interamente alla tua famiglia. A Luigi ed Andrea, gli unici forse che soffriranno un po’ leggendo in avve­ nire le cronache del ciclismo. 'fi abbraccio. Natale Bertoeeo

L’ALBO DI BARTALI 1935

CAM PI ON ATO IT A LI A NO Porto Civilanova-Aquila Criterium di Torino Reuss Barcellona Circuito tli Montjuich GRAN PREMIO DI REUSS Vittoria-Pamplona Pamplona-Baiona San Sebastiano-Bilbao GIRO DEI PAESI BASCHI Tolosa-Millau Giro delle Due Provincie Coppa Bernocchi 1936 G. P. Industria (con Guerra e Gotti) Campobasso-Aquila Riva-Gardone Gardone-Salsomaggiore GIRO D’ITALLX Giro della Prov. di Milano (con Guerra) Giro della Lombardia 1937

Viareggio-Massa (a squadre) Rieti-Terminillo Napoli-Foggia Vittorio Veneto-Merano Merano-Gardone GIRO D’ITALIA CAMPIONATO ITALIANO Giro del Piemonte Aix les Bains-Grenoble Circuito Anello Campione 1938 Circuito di Ospcdaletti Tre Valli Varesine Circuito di Campione Mont peli ier-Marsiglia Digne-Briancon GIRO DI FRANCIA Circuirlo di Lodi Giro della Prov. di Milano 1939 Milano-San Remo Giro della Toscana Torino-Genova Forlì-Fircnzc Cortina d’Ampezzo-Trento Sondrio-Milano Giro del Piemonte Circuito Foresti Bologna Giro della Lombardia G. P. Stampa (con Favalli) Trofeo dell'impero (class, fin.) Giro della Prov. di Milano 1940 Circuito di Catania Milano-San Remo Giro della Toscana Pieve di Cadore-Ortisei Giro della Campania Gran Premio di Roma Giro della Lombardia CAMPIONATO ITALIANO Trcnto-Verona Homs-Tripoli (semitappa) 1941 Coppa Marin Circuito dell'Angelo 1942 GIRO D'ITALIA ( a punti) Giro della Prov. di Milano

Criterium Napoli (con Magni, Cinelli, Ortelli) 1945

Roma-Aquila GIRO DELLE QUATTRO PROVINCE Giro della Campania 1946 Coppa Matteotti Campionato di Zurigo GIRO D'ITALIA Zurigo-Basilea Zurigo-Lugano Lugano-/\rosa San Gallo-Zurigo GIRO DELLA SVIZZERA Circuito di Bassccourt Circuito di Sciaffusa Circuito di Marchienne 1947

Milano-San Remo Bassecourt-Leloclc Torino-Genova Vittorio Veneto-Pieve Cadore Gran Premio Sodolin Zurigo-Davos Davos-Bellinzona GIRO DELLA SVIZZERA Gran Premio Città di Ragusa 1948

Campionato di Zurigo Giro della Toscana Parigi-Trouville Biarritz-Lourdcs Lourdes-Tolosa Cannes-Briancon Briancon-Aix les Bains Aix Ics Bains-Losanna Metz-Liegi GIRO DI FRANCIA Circuito di Moli Circuito di Bertrx Circuito di Alscnberg Trofeo Belgiquc Sport 1949

Ginevra-Thonon (a squadre) Thonon-Sion Sion-Porrentruv GIRO DELLÀ ROMANDI A Canncs-Briancon Criterium di Hcrve Criterium di Haut Mont Criterium del Titano G. P. Gerngross Vienna Gran Premio Vicsbaden 1950 Milano-San Remo Giro della Toscana Viccnza-Bolzano Circuito Fortezza Pau-Saint Gaudens Circuito di Pescara 1951 Circuito Belmonte Piceno Giro del Piemonte 1952 Caserta-Salerno Giro dell’Emilia Giro della Calabria ITALIANO CAMPIONATO SU STRADA 1953 Giro dell’Emilia Giro della Toscana


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I tecnici e le folle attendo­ no con particolare ansia l'e­ sordio stagionale dei nuovi del ciclismo italiano, di quel­ la pattuglia di corridori cioè dai quali si attende il pro­ cesso di chiarificazione in me­ rito a presunti o reali valori che in un giorno non lontano potrebbero insediarsi sulle posizioni di eccellenza. Questi giovanissimi rappre­ sentanti dell’ultima generazio­ ne ciclistica già al primo con­ tatto con i professionisti han­ no avuto occasione di brilla­ re, assumendo addirittura il ruolo di protagonisti, come Moser e Chiarlone ncll’ullimo Giro di Lombardia oppu­ re di comprimari come Fabbri-ZueconclIi nel Trofeo Ba­ racchi. Ad essi rivolgeremo la no­ stra attenzione tratteggiando le loro figure fisico-atletiche con l’augurio che la prima sta­ gione tra i professionisti ei confermi le qualità di questi «primavera» del ciclismo. 1 più interessanti esponenti di questa rassegna sono: Nello Fabbri, Vincenzo Zucconelli, Cleto Maule, Aldo Moser e Valerio Chiarlone.

Nello Fabbri 11 longilineo rappresentante di Roma ha trovato un posto rappresentativa d’oro nella della Legnano con l’insepara'­ bile amico Zucconelli. ~ Fab bri sta per compiere il ven­ tunesimo anno di età (è nato infatti a Ottavia, una borgata a sette chilometri dalla Capitale, il 15 marzo 1931). Il suo fisico è all’alba della forma­ lascia già intravedere zione una ottima predisposizione. La suai posizione in bicicletta, il suo :stile di pedalata lo hanno fatto paragonare a Fausto -- questo ------- -, un Coppi. Può essere volo pindarico di cronisti sportivi a caccia di paragoni piuttosto impegnativi. Ma ehi ha visto correre Fabbri è di questo avviso e giura sulle sue possibilità. Il ragazzo iniziò a correre tra le file del Centro Sportivo Italiano nel 1950. Fu un debutto invero poco promet­ tente: cadde disastrosamente riportando una grave ferita a un braccio che gli costò sette punti di sutura. Ricominciò an­ cora senza fortuna. 1L'’anno dopo ecco le prime vittorie, tre per la precisione, sempre in gare del CSI. Ala la sua f.grande stagione vii-­ fu quella del ’52: sedici vit torie e il iprimato assoluto della categoria in Italia. ti Il ra­ cresciuto, tutto in gazzo era <_

Cìntine urne stelle nel lii’inamiilo cìgIìsIìcd altezza però. 11 suo torace era quello di un pettirosso e qua­ si sembrava impossibile che Fabbri potesse cavar fuori tanta energia senza risentirne sul sistema nervoso. La Roma si interessò al ra­ gazzo. Durante l’inverno 19521953 il comm. Lugari gli as­ segnò una congrua dose di bi­ stecche trattandolo alla stregua dei diversi Pandolfini c Galli ed ecco che i frutti non si fecero attendere: il ragazzo apparve rinsaldato nel fisico e nel morale c vinse quattro corse. Il C. T. Proietti che lo aveva preso sotto la sua pro­ tezione, in vista di un possi­ bile debilitamento del suo fi­ sico in formazione, lo fece fermare per due mesi e lo pre­ sentò in gran forma all’indieativa per i mondiali di Lugano, E’ storia di ieri la grande vittoria che schiuse a Nello le porle della squadra azzurra che doveva conquistare l’alloro mondiale con Filippi. Il finale di stagione fu travol­ gente: a Trieste Fabbri con­ quistò il titolo italiano degli indipendenti, poi vinse a Cosenza, a Roma, a Marcianise c a Porlo Sanl’Elpidio in coppia con Ponzini. L’anno scorso iniziò forte: selle vittorie tra le quali quélla in Francia nella ParigiBligny-Reims e l’indicativa di Cosenza. Poi un culo che si identificò in un periodo oscu­ ro di forma c in un ginoc­ chio che non voleva mettere giudizio tanto da farlo precipitarc. nel grigiore della oscu­ ra giornata di Solingen. Un paio di mesi di riposo ci vo­ levano per ridarci il Fabbri della prima maniera. Proietti intervenne anche questa vol­ ta facendolo ritirare dal Giro dell’Umbria e mettendolo solto naftalina fino alla fine di settembre. Ed ecco il Fabbri di sempre: vittoria nel G. P. Sira a S. Stefano Magra, vit­ toria nel G. P. Serse Coppi in coppia con Zucconelli e tre vittorie consecutive a Roma nell’esordio tra gli indipendenti.

9 nel ’53 raggiungendo il massimo l’anno scorso quando vinse ben 19 corse tra cui il Giro della Romagna, il Giro della Provincia di Bologna, il Gr. Pr. Berco, la Coppa Zinzi. le tre fasi del Gr. Pr. Pi­ relli, la Coppa Gennari, la Coppa Appennino e il Giro del Mendrisiotto. Anche per Zucconelli l'esor­ dio tra i professionisti è stalo lusinghiero per gli apprezza­ menti che il solido ragazzo ro­ magnolo ha ricevuto. Il libro d’oro dilettantistico, le doti e soprattutto la sua volontà fan­ no di Zucconelli l’uomo idea­ le per scuotere le gare della categoria superiore. Saprà rendere anche tra i prò senza risentire delle maggiori di­ stanze e del differente sistema di corse? E’ questo l’interro­ gativo al quale deve risponde­ re la stagione che sta per in­ cominciare.

11 ragazzo era maturo per il gran salto. Passò il Rubicone con i colori verdeoliva della Legnano, corse con Zucco­ nelli il Trofeo Baracchi e da­ vanti alPelite del ciclismo in­ ternazionale conquistò un lu­ singhiero quinto posto andan­ do poi a vincere il Gran Pre­ mio d'inverno a Milano. E' quindi l’uomo al quale guardano con rinnovate spe­ Aldo Moser ranze i tecnici. Non è andato Se si dovesse dar retta al in Riviera preferendo le stra­ de della Sardegna. Può vera­ clamoroso esordio tra i pro­ mente dirsi completo in quan­ fessionisti il posto in questa to eccelle in salita, sul piano rassegna di giovani non po­ c sa essere veloce facendosi trebbe toccare che ad Aldo rispettare negli arrivi in vo­ Moser il ventunenne monta­ naro veneto nato a Palù di lata. Giovo (Trento) il 7 febbraio 1934. E’ il primo nato di die­ Vincenzo Zucconelli ci rampolli che il padre ha messo al mondo in diciassette Per trovare nella storia del anni di matrimonio e l’ultimo ciclismo italiano un atleta al suo fratello è ancora appeso al quale paragonare il ventiquat­ seno della madre. Ha fatto già trenne romagnolo (è nato il tanto parlare di se, a parte la 3 giugno 1930 a Jolanda di polemica in corso tra l’Atala Savoia in provincia di Ferrara) e la Torpado per la questione occorre rifarsi a Guerra e più di una firma al contratto pro­ recentemente a Fiorenzo Ma­ fessionistico. Ma il clamore gni. Zucconelli infatti non è di sul suo nome venne in occa­ quelli che preferisce la «ter­ sione del Giro di Lombardia. ra ammucchiata » e sulle sa­ Il ragazzo proveniva dalla lite si trova a disagio. Ma sul grande vittoria nella Coppa piano e in volata può stare al Agostini ma pochi tra i più confronto con i migliori pas­ ottimisti potevano immaginare sisti recuperando quanto even­ che il pivello staccasse ...Cop­ tualmente può aver perso sul­ pi in salita, E invece Moser le montagne. dopo aver recuperato il ter­ E’ un corridore formatosi reno perso in una caduta si alla scuola della lotta. Sa mise ad inseguire il grande quanto vale e corre con giu­ Fausto che intanto era scap­ dizio. Esce dai una carriera palo sul Ghisallo. Le ruote af­ dilettantistica di primo ordine fondavano nel fango, ma per nel corso della quale ha avu­ il montanaro Moser che con­ to la soddisfazione di grandi fermò le sue grandi doti di vittorie come la 1 finale del arrampicatore era quello il G. P. Pirelli (’54), la maglia „'.i terreno ideale per la grande di campione italiano della impresa. strada (’52), due tìtoli nazio­ Moser scalò il Ghisallo nel nali di inseguimento a squa­ miglior tempo della giornata dre con la rappresentativa (solo Coppi due volte e Kuemiliana ('53 ce ’54) »e il rere­ bler, sempre però in prccecord dell’ora dei dilettanti denti edizioni, avevano fatto con km 42,526 (che poi gli meglio di lui! e si affiancò al tolse Aureggi). Partecipò alle campionissimo staccandolo di Olimpiadi di Helsinki a: realiz=-y-. lwVe secondi in vetta. Era la zando tra l’altro primati sta- impresa eiamorosa. Tulli ne gionali di vittorie: 8 nel ’'52, 52, parlarono anche se Coppi re­

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cupcrò c vinse poi a 1 \igo- scuola agonistica e morale rolli. Ma fu proprio fausto del Centro Sportivo Italiano a dare al campioncino il mi­ è stato forgiato per le maggio­ gliore dei riconoscimenti af­ ri imprese. Un ragazzo sul fermando che in Moser aveva quale si potrà coniare in ogni visto «se stesso di quindici occasione e che appare meno anni prima». dotato di Mo.-er in salita ma La carriera di Moser è sta­ più completo del corregiona­ ta brillantissima. Iniziò a cor­ le in quanto più veloce. Un nei "51 come allievo del tandem di (incili che si fa­ CSI ; sei volte vinse l'anno ranno rispettare perché affet­ successivo e poi passato tra i tatissimo e completo. Deve dilettanti ebbe una serietà confermare tra i prolessionisti tutta per lui. La costituì don le sue doti ma ha a sua di­ Gino Broccardo, un sacerdote sposizione un fisico eccellente che alla cura delle anime tic- (è alto m. 1.78. pesa 77 chi­ coppia una passione sportiva logrammi c ha I I pulsazioni fuori dal comune. comune, e si chia­ d. s.t. Si è imposto all'atten­ mò U.S. Aurora di Trento. zione generale correndo per Moser dette subito le pri­ i colori del V. C. '. icenza do­ me soddisfazioni al suo soste­ po aver gareggialo nella pri­ nitore numero uno: don Gi­ ma stagione per l'U.S. Lonino infatti lo acclamò vinci- go Tra le sue più brillanti eitore otto volte con la sod­ affermazioni spiccano i disfazione massima del titolo < essi della Coppa Stagni a Bo­ nazionale del CSI. La vai logna. del G. P. di Liberaziorizzazione massima Moser la ne a Roma, e del G. P. Borconsegui l'anno .-corso (piando gosesia. Ma il suo nome di­ vinse nove corse tra le quali venne famoso ti giorno nel la Ruota d'Oro di Bergamo, quale vinse sul percorso dei Ma quante altre corse ha per- mondiali a Solingen la prova so Moser proprio per non es­ internazionale che doveva sere dotato di una punta di consacrarlo campione. velocità? Tante certamente perché il ragazzo che in sali­ ta trova le sue migliori ener­ Valerio Chiarlone gie c sul piano sa farsi rispet­ Nato a Piana di Criscia (Sa­ tare non ha lo sprint che brucia. Ma questa lacuna è vona), il 20 luglio 1931 il li­ equilibrata e superata dalle gure ha al suo attivo un bril­ grandi doti di Moser che da lante exploit: nel '16 dispu­ tutti è indicato come la spe­ tò una sola gara e la vinse; ranza più accreditata do! ci­ lo stesso fece quando passò dilettante e una volta tra i olismo italiano. professionisti fece clamore con la sua impresa su) Ghignilo per essersi trovato in fuga con Cleto Manie Coppi e Moser nelle ultime Altro veneto di grandi spe­ battute del Giro di Lombar­ ranze è Cleto Mutile nato a dia. Che dire di questo ra­ Gambellara il 11 marzo del gazzo che ha conquistato conquistalo in 1931. Anche Maule proviene pieno la fiducia del comm. Tadal CSI dove debutto nel ’49 gliabue tanto da trovare un vincendo quattro corse come posto di preminenza nella for­ allievo e dieci come dilettan­ mazione della squadra Wel­ te, Fanno dopo. Nel ’51 passò ter, una compagine di giova­ all’LVI imponendosi subito ni che quest’anno dovrebbe all'attenzione dei tecnici pre­ disturbare non poco i sonni posti alla formazione delle dei campioni? Chiarlone proviene dalla rappresentative nazionali. Non fu fortunato però perché fu scuola del Pedale Acquese do­ costretto ad interrompere la ve passò dall’U.S. Pontedecisua attività per adempicre ino. E’ stato campione dei di­ agli obblighi di leva Pure Iettanti ed ha la sua miglio­ nel '52 e nel '53 trovò modo re qualità nella continuità del di imporsi in dicci corse, il suo rendimento. Il suo libro suo anno d'oro fu quello ap­ d’oro si fregia di 33 vittorie pena finito. Nove corse lo vi­ tra gli allievi e di 17 tra i dero vincitore con lo stile del dilettanti. Ma le vittorie tra i dominatore tanto che Proiet­ puri potevano essere molte di ti non ebbe esitazioni neH’in- più se Chiarlone non fosse sta­ eluderlo nella squadra ita­ to costretto ad interrompere liana. per due anni la sua attività Maule forma con Moser un per adempiere al servizio mi­ tandem affiatatissimo; en- litare. trombi saranno a fianco di Questa rassegna è. per in­ Defilippis nella squadra della tuibili ragioni di spazio, liTorpado. Si tratta di un gio- milata _i a questi cinque corri­ vane coscenzioso che dalla dori i quali appaiono i più

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dotati per figurare tra i pro­ fessionisti. Le cronache della stagione 55 oltre a Fabbri. Zucconelli, Moser. Maule e Chiarlone si interesseranno certamente lu­ che di Emilio Ciolli e di Cuido Boni, altri due falehetti dell'ultima covata che hanno già trovalo posto in rappre­ sentative industriali. Seguiremo con particolare attenzione le prestazioni «li

questi « primavera » dell'ultima covata dell'inesauribile vi­ vaio italiano nella speranza che da essi sorga il campio­ ne degno di prendere il posto dei òtg. ben lieti se da Fab­ bri, Moser, Z'uceonclli, Chiarlone e Manie, ma più proba­ bilmente dai primi tre. nasca il vero campione che il nostro ciclismo attende ormai da una diecina di anni. Nino Ijonibardi

VADEMECUM PER IL CICLISTA questo lo schema degli allenamenti hi tema di allenamento i Direttori Sportivi devono ribadire il concetto che le uscite invernali hanno lo scopo di accumulare energie, non disperderle, per cui è assolutamente da evitare si ritorni stanchi. L’ideale sarebbe che ogni corridore si allenasse solo, per conto suo, ma essendo ciò quasi praticamente im­ possibile. si potrebbero prescrivere allenamenti colle­ giali fra corridori della stessa società, inibendo loro di lasciarsi prendere dalla smania di strafare, e percor­ rere più chilometri dei preventivati, magari lottando — sia pure scherzosamente — tra loro. In definitiva bisogna far comprendere ai giovani che in allenamento non conta un bel nulla la quan­ tità dei Km. percorsi, bensì il modo con cui questi Km. sono stati compiuti. In generale, per i dilettanti un Direttore Sportivo potrebbe prescrìvere la seguente tabella di marcia: Nei primi otto giorni, circa 25-30 Km. quotidiana­ mente a passo turistico (Km. 22-25 all’ora). Nei successivi otto giorni Km. 35-40 quotidiani sem­ pre a passo turistico. Nella terza settimana, un giorno si e l’altro rio cir­ ca 60-65 Km. a passo più sostenuto (27-30 Km. all’ora). Il rapporto da usare in queste uscite, su strade pia­ ne, dovrebbe essere il 50 x 22 al massimo e possibil­ mente fisso nelle prime due settimane, libero nella terza. Durante la quarta settimana il passo va allungato insieme al percorso (Km. 75 sui trenta all’ora) però uscendo un giorno si e l’altro no. In seguito la preparazione va fatta su percorsi più lunghi e più severi, tenendo presente di uscire un gior­ no si e tre no allorché si vorranno superare 100 Km., e di non allenarsi mai su percorsi più duri e più lun­ ghi delle corse che si vorranno disputare. Un’altra cosa che i Direttori Sportivi dovranno prer tendere dai propri corridori è che appena ritornano dall'allenamento devono lavarsi, cambiare le maglie bagnate con altre asciutte, e riposare un po'. Ogni corridore dovrebbe avere un calendario, e una volta stabiliti i giorni di allenamento, osservarli con scrupolo, anche se piove o nevichi o faccia comunque maltempo. Basta essere ben coperti per vincere le avversità atmosferiche. In breve, il Direttore Sportivo dovrebbe pretendere dai corridori quanto abbiamo detto, non senza accom­ pagnare il discorso sull'allenamento dei muscoli con quello dell'allenamento morale consistente nel privarsi il più possibile di quei piaceri che costituiscono i mag­ giori ostacoli sulla via del successo. (da «Ciclismo’)

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Il Cardinale Mimmi e il Ministro Ponti al congresso del centro turistico giovanile Nel riuscitissimo raduno indetto dal C.T.G. a Salerno sono stati trattatili vasti problemi del turismo di massa e le iniziative per la gioventù 11 Centro Turistico Giovanile ha tenuto a Salerno, il suo IV Convegno Nazionale, quest’anno sul tema del rapporto tra cultura e turismo. Apertosi solennemente nel Salone dei Marmi del Palazzo Comunale, esso ha visto l’intervento del Mi­ nistro del Turismo on. Ponti che ne ha tenuto l’ap­ plaudita prolusione, di S. Em. Rev. il Card. Mimmi, Arcivescovo di Napoli, delle massime autorità civili, religiose e militari della provincia salernitana, tra cui S. E. Rev. Mons. Moscato, Arcivescovo della città e di S. E. il Prefetto dott. Monaio, oltre ai di­ rigenti del turismo locale avv. Bottiglieri e dottor "De Chiara.

11 sen. Ponti, parlando ai presenti ha tenuto a sottolineare l’intimo rapporto tra i due termini turi­ smo e cultura tanto da poter affermare — ha pre­ cisato il Ministro — che turismo è cultura; non è infatti concepibile una vera cultura, formata solo sui testi, giacché ad essa verrebbe a mancare quei­ ressenziale contributo dell’esperienza vissuta, neces­ saria a renderla effettivamente operante nella vita dell’individuo. Il turismo dei giovani non deve dun­ que prescindere da una preparazione geografica, arti­ stica, religiosa capace di conferire ad esso ben mag­ giori attrattive e di aprirgli più vasti orizzonti sul mondo di oggi e sui problemi che vi si agitano all’in-

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”i Cirillo Floreanini si portò al microfono

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terno. Il Governo dal canto suo — ha affermato l’Oratore — è deciso ad appoggiare con efficacia, nel limite delle sue effettive possibilità, tutte le inizia­ tive che contribuiranno alla diffusione tra i giovani di un turismo così costruttivamente intenso. Al termine della prolusione del sen. Ponti ha avuto luogo la premiazione dei vincitori dei concorsi nazionali estivi lanciati dal C.T.G. pei- lo sviluppo delle attività campeggistiche, cicloturistiche e foto­ grafica; premi pei- oltre un milione di lire sono stati così distribuiti, per le mani del Cardinal Mimmi e del Ministro, ai giovani maggiormente distintisi. La giornata inaugurale si è infine conclusa con l’aper­ tura di una mostra fotografica visitata con crescente interesse nei giorni successivi da migliaia di cit­ tadini salernitani. I lavori del convegno sono poi proseguiti presso l’istituto « Pascoli ». Il prof. Nangeroni, docente di geografia all’università Cattolica di Milano, il dottor Murgia Presidente della Conferenza Europea della Gioventù e don Giovanni Rossi hanno sviluppato il tema centrale nelle sue varie articolazioni relative alla cultura geografica, artistica e religiosa mentre le lezioni di carattere più strettamente organizzativo sono state tenute dal Vice Presidente Nazionale pro­ fessor Dossi e dall’incaricato Stampa Donato. Al Convegno hanno portato il loro saluto anche il prof. Luigi Gedda Presidente Generale dell’Azione Cattolica Italiana e l’Assistente Generale S. E. Rev. Mons. Urbani. Durante i lavori Cirillo Floreanini, membro della vittoriosa spedizione al K2, ha nar­ rato le fasi salienti dell’impresa col suo dire scarno e commosso, tra la religiosa attenzione dei conve­ gnisti. All’intrepido scalatore S. Em. il Card. Mimmi aveva in precedenza consegnato una medaglia del Pontificato Romano benevolmente concessa dal San­ to Padre. Di particolare rilievo la cerimonia della posa della prima pietra del Villaggio Turistico che il C.T.G. inaugurerà nel prossimo giugno ad Acerno. E’ que­ sta una ridente località dei monti Piacentini che, a 800 metri sul mare sovrasta la piana di Paestum L’erigenda costruzione (un moderno edificio di ca-

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per raccontare qualcosa della leggen­ daria ascensione al K.2: nella sala del Congresso si fece gran, silenzio. Parve impacciato l’alpinista e rocciatore friu­ lano come mai lo è in parete, più pre­ occupato di quand'era tra i morsi del gelo e della bufera al «campo 7». Vo­ leva e non voleva dire, poi s’accorse come l’uditorio, attento, pendesse dav­ vero dalle sue labbra, come tutti beves­ sero la luce dei suoi occhi chiari e raccontò... Raccontò con parola sem­ plice, apparentemente disadorna, ma concreta, tutto quanto è avvenuto dal giorno in cui gli fu recapitata quasi con noncuranza, la lettera di convoca­ zione alla vigilia dì Pasqua («una let­ tera del genere la si porge su di un piatto d'argento... e non come un qual­ siasi scritto »), al ritorno al campo base di Lacedelli e Compagnoni, al successo dei quali aveva contribuito, senza di­ stinzione, l’intera spedizione Desio. E finito che ebbe, nella sala scrosciò l’applauso interminabile, e possente si levò il canto «Fratelli d’Italia ».

ratiere alpino capace di oltre 200 posti-letto) è desti­ nata ad accogliere migliaia di giovani e rientra nel più vasto quadro di una serie di analoghe realizza­ zioni destinate a dare un contributo pressoché riso­ lutivo al problema del turismo giovanile particolar­ mente nel Mezzogiorno d’Italia. 11 Convegno ha avuto conclusione con una pia­ cevole gita lungo le costiere amalfitana e sorrentina, che ha condotto i dirigenti a Napoli donde ciascuno ha fatto rientro alle proprie sedi per riprendere quel lavoro che i giovani attendono per il loro turismo e che si va dimostrando ogni giorno più prezioso.

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Catte cantra caffè <11 Sergio

Santucci

Oggi il 13-16% degli avventori dei bar tentano uccidere la caffeina. E tossico il caffè?

In questi ultimi anni l’uomo, sfruttando le sen­ sazionali notizie del progresso scientiiìco, ha avu­ to l’abilità — bisogna riconoscerlo — di far pro­ mettere benessere, salute e vita lunga anche dalle più innocenti bottigliette di sciroppo. Basti entra­ re in un qualsiasi bar per rendersene conto: get­ tare lo sguardo su uno dei tanti cartelli pubblici­ tali inneggianti a questo o a quel prodotto. Sul momento non abbiamo né elementi né tanto meno statistiche per poter stabilire quanto credito ab­ biano riscosso le lusinghiere promesse, pur tutta­ via, certamente, ed è comprensibile, esse sono state sufficienti a creare delle confusioni e dei dubbi spesso poco giustificati sulla bontà ed uti­ lità di altre bevande. Durante gli anni 1952-53 in Italia si è verifi­ cata una diminuzione media del consumo del caf­ fè intorno al 2,50-3 per cento rispetto al consumo degli anni precedenti. Oggi non è raro trovare per­ sone che fanno di questa bevanda il capro espia­ torio di tutti i propri acciacchi fisici. Di fronte a questa presa di posizione credo ci sia ben poco da fare, qui, ammesso disponga della preparazio­ ne adatta per poter scendere in campo a patroci­ nare la causa della innocente e simpatica caffeina. Non è infatti questo quanto m’ero proposto di fare. Altre persone invece hanno preferito scen­ dere ad un compromesso col caffè: «Perché rin­ negarlo? » si son detti « spesso ci è utile, ina, d’al­ tro canto, la caffeina non è forse un veleno? » co­ me eliminarla senza troppo clamore?

Siamo entrati in circa 30 bar del centro di Ro­ ma. il 20 per cento dei « clienti » che chiedono un espresso desiderano il caffè « macchiato » cioè con una goccia di latte. Di questa percentuale il 13-16 per cento è convinta che quella goccia di latte sia capace di uccidere la caffeina. E’ mai possibile che quel sornione, ipocrita, del latte, fin’oggi ritenuto così bonario si vada ri­ velando talmente malvagio da infierire contro una donzella tanto intelligente e vivace qual’è la caf­ feina?

La fonte della notizia, quasi con certezza, do­ vrà essere ricercata in un lavoro apparso nel 1937 in una rivista medica tedesca. Secondo i due au­ tori: Winternitz e Starkenstein, i complessi tannico-caffeinici del caffè si legherebbero alle sostan­ ze proteiche presenti nel latte formando così com­ posti molto poco assorbibili dall’intestino. Pre­ messo che la caffeina viene assorbita con grande facilità, sia per via gastrica che per via sottocu­ tanea, c che nell’organismo in buona parte rapi­ damente viene demetilata e trasformata in urea, circa il 20 per cento eliminata attraverso le urine allo stalo di corpi purinici svariati, e finalmente circa 1’1 per cento eliminata senza subire modifi­ cazioni, è facile prevedere quanto la sua azione sia rapida e di breve durata. Ebbene, un altro ele­ mento mischiato al caffè ha così la capacità di ral­ lentare la velocità con la quale viene assorbito dal­ l’organismo. Esso potrà pertanto influire sugli ef­ fetti diminuendoli a volte ma spesso ritardandoli. Ecco perché l’introduzione di una buona tazza di caffè dopo i pasti, a stomaco pieno, ha un’azione nervina certamente inferiore a quella della stessa tazza presa a digiuno. E poiché l’aggiunta di latte al caffè determina una minore velocità di assorbi­ mento per la contemporanea introduzione nello stomaco di un alimento così complesso com’è il latte, si comprende come gli effetti della caffeina debbano risultare più blandi, perché più fra­ zionati. Si può essere certi, il latte non inerita per una azione così modesta, l’accusa di assassino della caf­ feina. Al massimo farebbe opera di buon consi­ gliere che frena una vivacità a volte eccessiva. Chissà a quanti dei nostri amici una tazza di caf­ fè macchiato o di « cappuccino », ancora meglio, presa la sera, produce l’insonnia! Non si potrà parlare di «impressione». L’insonnia in molti di questi casi giunge dopo un’ora o due di sonno, comunque quando il ricordo del caffè macchiato o del cappuccino bevuto è completamente sfumato. In piano di laboratorio sono stati effettuati, a pro­ posito, degli esperimenti su conigli. Ad un coni-

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glio di 1.250 Kg. vennero iniettati, nella vena auri­ colare destra 20 ce. di soluzione di caffeina 1,2 gr. in soluzione fisiologica. In un altro coniglio, dello stesso peso, si iniettarono la stessa dose di caffeina in una soluzione contenente anche 20 cc. di latte. Quali furono i risultati? Completamente identici nei due casi. Ebbene con tutte le relative riserve suaccennate si può concludere che la caffeina, gra­ zie al ciclo è salva. Essa, nella maggior parte dei casi, anche con coloro che tentano di colpirla alle spalle, rimane amica, preziosa collaboratrice, in-

somma, di tutti gli uomini che più o meno bene lavorano col cervello. Quanto ai danni, credia­ molo, non v’è dubbio che essi siano pochi o molto tenui. La dose media di caffeina che può chia­ marsi tossica e pericolosa per un organismo, si ag­ gira attorno ai 200-400 milligrammi. Ebbene una comune tazzina di caffè ne contiene dai 25 ai 30 milligrammi. Dunque perchè il caffè possa dirsi «tossico» bisognerebbe ingerirne dalle 10 alle 13 tazzine al giorno.

LUCI NUOVE SU IGIENE E SPORT Quando giuocano a, pallone? E’ dannoso giuncare? Ho visto su STADIUM la nuova rubrica « Luce su igiene e sport »: la credo tanto interessante e pon­ go subito un quesito di attualità pei- ine e per tanti altri educatori che lavorano fra i giovani. Spesso in riviste e libri sull’edu­ cazione sportiva dai ragazzi dai 10 ai 14 anni ho visto sconsigliato il gioco del calcio come dannoso al retto ed armonico sviluppo fisico. Ma nell’estate scorsa in STADI CM era riportata e condivisa un’opinio­ ne di un tecnico svedese, mi pare, che afferma che se il ragazzo non impara il palleggio a otto anni non lo impara più. L’affermazione mi ha colpito e mi pare che anche la mia esperienza fra i ragazzi con­ fermi l’idea. Infatti mi sembra che i migliori tecnici a 18 anni sono coloro che iniziarono a trattare il pallone o la palla a 8-9 anni’ circa. Come- accordare le due idee che i ragazzi non devono giocare il cal­ cio a 12 anni ina che devono im­ parare in tale età? Vino Merli

Il quesito più richiesto, dai nostri let­ tori, è espresso, per questo mese, dalla ietterà pubblicata, pervenutaci da Ri­ mini. Speriamo di rispondere a tutti in modo esauriente.

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Spesso si porla del gioco del calcio come elemento dannoso all’armonico sviluppo del ragazzo. E’ chiaro che s’in­ tende per armonico il giusto equilibrio psico-somatico. Ebbene, il che risulta quando il gio­ co vieti fatto senza preparazione, quan­ do lo si priva di tutta la sua essenza che non è soltanto agonistica, bensì di preparazione fisica, di spirito di genero­ sità, di spirito sociale, di correttezza.

Ogni sport preso nel suo « tutto » è medicina individuale, diremo così, e so­ ciale. In caso contrario: scompostezza, soltanto furbizia e non intelligenza, ar­ rivismo e non gara, in parole povere risulta uno stupefacente, un veleno. L’esercizio con il pallone che non è soltanto la partita in famiglia » è <•<

La F.I.M.S., oggi Desidero puntualizzare breve­ mente, riassumendone più che al­ tro le caratteristiche direttive, i da­ ti essenziali dell’attività svolta nel­ l’anno 1954, che rappresenta già il concreto inizio di un quadriennio particolarmente operoso e manife­ sta sin d’ora i migliori auspici pel­ li lavoro avvenire. Premetto intanto che, sistemati opportunamente i servizi d’ufficio, particolari cure sono state dedicate alla biblioteca, che si è arricchita di numerose opere. La situazione del tesseramento nell’anno decorso può considerarsi soddisfacente, sia ai fini ammini­ strativi che organizzativi difatti so­ no risultati regolarmente tesserati 1248 tra soci aderenti e medici sportivi effettivi o autorizzati; di essi 1014 sono rinnovi e 234 affi­ liazioni. All’aumento numerico dei medici sportivi corrisponde, e ciò ci inte­ ressa anche in rapporto all’efficien­ za organizzativa, un aumento nel numero dei Comuni di loro residen­ za: infatti nel 1953 i medici sportivi erano residenti in 422 Comuni, ascesi a 457 nel 1954.

Sergio Santucci

temente più facile e più utile se fatto fin da ragazzi, cioè fin da quando i tendini, i muscoli sono in via ili mo­ dellamento. il carattere in via di for­ mazione. Non è certamente facile im­ porre al ragazzo di esercitarsi con or­ dine e disciplina col pallone evitando­ gli di mostrare « virtuosismi ». Occor­ rerà farlo perché anche lo sport del calcio risponda al fine per il quale è adoperato. Dunque; distinzione netta e ordine tra esercizi col pallone, che sono con­ sigliabili iniziare fin da ragazzi, e « par­ tita » vera e propria che è esame, sin­ tesi di preparazione individuale, armo­ nia di gruppi.

SESA Indirizzare a SESA - Redazione Stadium - Via Conciliazione 1 - Roma.

In tutta Italia funzionano inoltre 139 Commissioni medico-sportive, 41 Ambulatori Provinciali F.M.S.I. e 5 Centri di Medicina Sportiva. In rapporto ai lavori preparatori pei- l’organizzazione dei servizi sa­ nitari delle Olimpiadi invernali, è stato promosso, d’intesa con il C.O.N.I. e con l’istituto Codivilla — Putti, la creazione di un Centro Medico Sportivo Alpino a Cortina D’Ampezzo. Dal 6 al 19 giugno c.a. si è svolto, a norma di legge, a Roma il III Corso di Medicina Sportiva. Hanno superato i prescritti esami finali, qualificandosi per l’iscrizione nella categoria dei medici sportivi effet­ tivi, n. 65 sanitari convenuti a Ro­ ma da ogni parte d’Italia; 10 di es­ si hanno usufruito delle borse di studio all’uopo istituite dalla F.M.S.I. per coprire le spese di soggior­ no e la tassa. In seguito al suddetto Corso è stato immediatamente provveduto all’impiego dei Sanitari qualificatisi in relazione alle esigenze del ser­ vizio. Pertanto sono state costitui­ te nuove Commissioni e completa­ te, ove necessario, quelle già fun­ zionanti. Nel corrente anno sono state ese­ guite 160.000 visite di valutazione medico sportiva. La percentuale

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(lei non idonei, che era di 0,08% nel 1951,0 10% nel 1952,0 11% nel 1953 è ascesa nel 1954 al 0,12%. Appare superfluo commentare le cifre sopracitate, che nella loro mu­ ta eloquenza documentano il pro­ gressivo incremento dei nostri ser­ vizi, la loro efficenza, il loro rigore. La Federazione inoltre si è pre­ murata, in conformità all’art. 2 del­ la Legge 28-XII-1950, n. 1055 sulla « Tutela sanitaria delle attività Sportive» di promuovere con la maggiore pubblicità Corsi teorico­ pratici per massaggiatori sportivi nelle principali sedi, in modo da fa­ vorire la regolarizzazione di quanti hanno esercitato, senza averne qua­ lifica legale, l’arte del massaggio sportivo e pei- creare anche nuovo personale competente, adeguato al­ le numerose, specifiche esigenze dello sport. Hanno conseguito la prescritta idoneità circa 700 massaggiatori. Desidero inoltre rammentare an­ che le attività relative alla assi­ stenza medico-sportiva nelle scuole. Con circolare del febbraio scorso sono stati interessati i Presidenti dei Comitati Provinciali della F.M. S.I. a concretare, con i locali prov­ veditorati agli Studi, le determina­ zioni necessarie per attuare ade­ guatamente l’assistenza medico­ sportiva ai gruppi di Istituto. In conformità alle precise disposizioni emanate, numerose e lodevoli sono state in quasi tutte le provincie le iniziative intraprese e portate a termine, che hanno dimostrato sul terreno pratico la reciproca utilità della collaborazione tra scuola e Medici Sportivi. La nostra opera, in tale campo, ha anche di recente avuto ampio riconoscimento dal Ministero della Pubblica Istruzione, che ha invi­ tato i Provveditorati agli Studi ad usufruire solo dei servizi messi a disposizione dalla F.M.S.I. Particolari cure sono state anche dedicate all’attività scientifica e culturale: sono state promosse riu­ nioni a Roma, Levici, Trieste e a Livorno. Ho dovuto esporre in stretta sin­ tesi i dati essenziali sui quali si riassume e si articola la vita della FMSI e come è nostro costume di medici e di sportivi, ho omesso re­ torica e dettagli. Ciò posto, se pos­ siamo ritenere notevole il cammino già percorso, dobbiamo tenere pre­ sente però che la strada che ci at­ tende è più lunga ed ardua di quan­ to non si possa immaginare, poiché lo studio e le applicazioni della Me­ dicina Sportiva non hanno limiti di perfettibilità. praneo Barbieri

Ritorna alle corse REMO MANGANELLI «li Elcuterio Gaiidlni

Il banale incidente occorso all’ormai noto corridore motociclista Remo Man­ ganelli va risolvendosi nel migliore dei modi E’ questa la ferma convinzione che ho riportata a seguito dell’incontro avuto con il giovane centauro. La bril­ lante carriera, temporaneamente interrotta per lo scontro avvenuto sul tratto della statale che da Pieveottaville conduce a Monza, le rosee prospettive che i competenti intravedevano per il motociclista sono state sovvertite, fino a quando... il buon pronostico è tornato nel mondo del possibile. La forte fibra del giovane ha avuto ragione, dando un contraccolpo alle nere previsioni della cronaca. Ho avuto occasione di formulare alcune domande al giovane quando ri­ tornava temporaneamente all’ospedale per le ultime cure. L’ho avvicinato per apprendere i suoi progetti per l’avvenire. Egli è stato ’ gentile e cordiale, ha risposto molto volentieri alle mie domande. — Quali sono le tue attuali condizioni in base al responso medico? — Dall’esame radiologico è risultato che la tibia destra è leggermente spo­ stata, mentre per il rimanente sono rimesso in sesto. Data la gravità dell’incidente che mi aveva procurato varie fratture ed escoriazoni al viso, alla testa, al femore ed alla gamba e braccio destro, posso essere contento di essermela cavata. Ti pare? — E’ stato un bel colpo, no? 1 giornali ne hanno scritto e... A questo punto Manganelli mi prega di non parlarne più, perché non è certo un grazioso ricordo quello dei guai passati. Quindi soggiungo: Cosa intendi fare riguardo al Giro d’Italia? 1'.’ vero che sarai ii capo squadra della Bianchi? — No, il caposquadra verrà scelto tra il Fumagalli, Campanelli o Zanei. Io sono fuori forma, ini limiterò a far parte della rappresentativa della Bianchi come, gregario. Spero di poter fare del mio meglio a cavalcioni della 175 cc. e così riprendere la mia attività con una bella prestazione. — Quanti elementi presenterà la Bianchi al prossimo giro? — Molto probabilmente saranno dodici centauri che prenderanno il via per difendere i colori della scuderia Bianchi nel giro d’Italia per le 175 cc. I.e altieri ma io purtroppo ho dovuto rinunciare categorie superiori avranno i loro alfieri date le mie condizioni... Manganelli ha ragione e dimostra di essere molto assennato nelle sue consi­ derazioni. Infatti è noto come lo 1 sforzo richiesto per le grosse cilindrate sia superiore e quindi la partecipazione alle gare riservate: a tali categorie richiede il possesso pieno di energie delle quali ancora oggi Manganelli difetta. Mi sono quindi accomiatato augurandogli la completa guarigione.

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INTERESSANTE SENTENZA SPORTIVA DEL TRIBUNALE FEDERALE SVIZZERO

Responsabilità dello sciatore Qualche tempo fa avevo rias­ sunto una sentenza del Tribunale federale, in materia di responsabi­ lità sportiva, concernente la colpa degli organizzatori, della squadra e dei singoli giocatori che in una partita di hockey su ghiaccio ave­ vano ferito uno spettatore. Ora il Tribunale federale si è occupato di un’altra controversia a sfondo sportivo, particolarmente attuale in questa stagione : lo sciatore che investe e ferisce una persona de­ ve rispondere penai mente del rea­ to di lesioni, colpose? L’art. 25 del Codice penale svizzero dice: « Chiunque per negligenza ca­ giona un danno al corpo o alla salute di una persona è punito, a querela di parte, con la deten­ zione o con la multa. Se la lesio­ ne è grave, il colpevole è perse­ guito d'ufficio ». // giovane Alberto B., scenden­ do a rotta di collo per una pista nevosa presso la stazione inferiore della sciovia di Frutt-Erzegg, en­ trò in collisione con la signora Margherita X. che si trovava in quel posto con un gruppo di altre persone. La signora venne rove­ sciata e subì inconvenienti diversi che i medici, nel loro linguaggio tecnico, hanno così definito: frat­ tura intrarticolare dell’osso tibia­ le con apertura, di una protube­ ranza, lesione del menisco esterno e rilassamento dell’apparato ligamentoso. Secondo le constatazioni del Tribunale cantonale di Obivalden, quel giorno nel luogo dell’inci­ dente le condizioni della neve, non erano favorevoli allo sci. D’altra parte, l’accusato aveva una tecni­ ca dello sci che lasciava ancora a desiderare. A malgrado di questi due fatti, egli ha percorso in « schuss » la pista che sfociava alia stazione della sciovia. Non ha im­ portanza che il gruppo di persone di cui faceva parte la signora X. si trovasse sulla pista o a lato del­ la stessa. Infatti, in ambedue i

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casi il B. avrebbe potuto evitarlo senza grande difficoltà. Egli ha certamente creduto che facendo un « christiania » avrebbe potuto fermarsi proprio davanti al grup­ po verso il quale era diretto a gran velocità. L'investimento in­ vece non venne evitato. Date le condizioni sfavorevoli della neve e la sua tecnica difettosa, la disce­ sa del B. è da giudicare impru­ dente, non scusabile e colpevole. Il Tribunale cantonale gli ha in­ flitto una multa di fr. 30 per le­ sioni colpose. L'interessato conte­ stò che la collisione fosse dovuta a un'imprevidenza colpevole e for­ mò ricorso al Tribunale federale. Il ricorso è però stato respinto. Il Tribunale federale ha infat­ ti ritenuto che esistono tutti gli estremi della negligenza di cui all'art. 18 all. 3 del Codice penale. Se il B. ha visto il gruppo troppo tardi, ciò che non era. affermato nel ricorso, bisognerebbe dedurne che egli era disattento e quindi colpevole. Su un campo di sci ac­ cessibile a tutti lo sciatore non deve seni nlicernente lasciarsi an­ dare alla discesa. Egli pure deve osservare il principio generale se­ condo cui una persona non deve col suo comporta mento mettere colposamente in pericolo la sicu­ rezza del prossimo. Ciò esige in primo luogo che venga osservato il terreno lungo il quale corre la pista. Tale controllo era maggior­ mente necessario nel caso concre­ to perché, secondo la. sua stessa ammissione, il B. era tutt’altro che un provetto sciatore. Se egli ha visto il gruppo da una distanza sufficiente, ha sba­ gliato a non prendere tempestiva­ mente le misure di precauzione imposte dalle circostanze. Invece di rallentare e di aggirare il grup­ po, si è diretto proprio verso lo stesso a gran velocità, commetten­ do così un imprudenza colpevole. Conoscendo la regione e la pi­ sta, il B. è comunque responsabile

per aver affrontato la discesa iti « schuss » senza preoccuparsi delle persone che potevano trovarsi presso la stazione inferiore della sciovia. Il fatto che si trattasse della « pista normale » non basta a sca­ gionarlo. Infatti chi la percorre non gode di alcun privilegio. Su una pista molto frequentata, che conduce alla partenza di uno «.sklift », si può facilmente preve­ dere di incontrare altre persone e si deve perciò evitare di metterne in pericolo l’incolumità, specialmente quando si sa di non essere un asso e di non poter quindi ap­ plicare impeccabilmente la tecni­ ca dello sport. Il ricorrente aveva pure sostenu­ to che credeva di potersi fermare alcuni metri prima di investire la signora X. Ciò non basta certamen­ te a discolparlo: la velocità, stes­ sa con la quale egli scendeva do­ veva fargli comprendere che non si sarebbe fermato a tempo. Le stato della neve richiedeva anche da un buon sciatore che la mano­ vra venisse comunque iniziata per tempo e non negli ultimi dieci metri. Il B. non ha preso tutte le precauzioni che gli erano impo­ ste dalle circostanze; in particola­ re, avrebbe potuto evitare o di­ minuire. l’importanza dell’inciden­ te se si fosse semplicemente la­ sciato cadere nella neve. Ciò avrebbe escluso il rischio di uno collisione ed evitato allo stesso B. ■un vero pericolo, tanto più che In neve, alquanto molle, gli permette­ va di cadere senza ferirsi. Cosa valgono le regole dello sport? Il ricorrente ha fatto va­ lere che secondo una norma spor­ tiva. comunemente ammessa, non si deve ingombrare la pista in vi­ cinanza della stazione d’arrivo, e che la signora X. ha violato que­ sta regola e dunque deve soppor­ tare le conseguenze del suo atteg­ giamento. Ma il Tribunale fede­ rale ritiene che l’esistenza di sif­ fatte regole, come pure la loro eventuale infrazione, non dispen­ sano lo sciatore, che utilizza, la pi­ sta dal conformarsi all’obbligo ge­ nerale di non compromettere la sicurezza del prossimo col suo comportamento.

gc. b. dal Carriere del Ticino


CROLLA UN SOGNO... E MOLTO PER NOSTRA COLPA!!

A ZENO COLO’ assurdo divieto olimpico Gli avvenimenti internazionali dei giorni scorsi a Cor­ tina d'Ampezzo hanno confermato, per parte italiana i ri­ sultati conseguiti, nei campionati nazionali di sci. che de­ sideriamo osservare da vicino. Al nostro esame balzano in primo piano anzitutto le vittorie di Zeno Colò, di Giuliana Minuzzo, di Ildegarda Taffra e del gruppo compatto dei fondisti. Pur dando giusto riconoscimento ai giovani che si sono posti in luce nelle gare di discesa e alle ragazze che cer­ cano di guadagnare il tempo perduto dallo sei femminile italiano, sempre assai poco numeroso, non vi è dubbio che le affermazioni di maggior rilievo sono state ot­ tenute oltre che dall'ex campione del mondo ed olimpio­ nico. uscito anch’egli dalla eccezionale scuola abetonese da Giuliana Chenal Minuzzo, più che mai impulsiva e tra­ volgente elei labirinti delle "obbligate 'obbligate'. ’', e dai fondisti che negli ultimi anni hanno bruciato i traguardi, portan­ dosi al livello tecnico dei grandi atleti nordici. Voglio dire subito che. alla pari delle entusiasmanti prove di Colò e della Minuzzo ed a quelle non meno positive e concrete di Carla Marchelli e della Taffra sono molto piaciuti anche Federico De Fiorimi, Arrigo Delladio. Ottavio Compagnoni e Innocenzo Chatrian. Se i Commissari Tecnici possono avere delle preoccupa­ zioni nella formazione delle nostre rappresentative per le prossime gare internazionali cortinesi nel settore delle di­ scese maschili e femminili in quanto i "rincalzi” non mo­ strano di possedere quella levatura di classe che consentì di eguagliare qualche anno addietro perfino la scuola te­ desca e scandinava è certo che tali dubbi, tali perplessità non esistono nei confronti dei nostri fondisti. Tra questi vi sono almeno cinque atleti di valore europeo e altrettanti di valore nazionale. Non deve ombrare alcuno il sentirsi dire che i rincalzi del fondo sono senz’altro superiori in li­ nea tecnica a quelli della discesa; pur facendo tanto di cappello al sorprendente e sbalorditivo Bruno Alberti, sca­ pigliato ventenne cortinese che ha dato scacco matto a tutti proprio in apertura delle gare riservate alle "frecce bianche" sui Tondi di Fidoria.

La rivelazione Alberti. Alberti non aveva compiuto lo scorso anno grandi cose. Una indisposizione invernale non gli ha anzi permesso nep­ pure di essere classificato per la mancanza di dati tecnici e di risultati effettivi. La sua vittoria nello slalom gigante ha fatto spalancare tanto d'occhi a tutti. Ai Commissari Tecnici della specialità, in particolar modo, che si son visti dare una lezione dal ragazzo cadorino lasciato fuori dagli allenamenti collegiali. E questo, pur riconoscendo i meriti acquisiti, anche nell'ultima edizione dei campionati nazio­ nali assoluti, da Litio Zecchini, da Gino Burrini, da Otto Gluck e da Guido Ghedina, ragazzi venuti fuori negli anni scorsi dalle "leve" studentesche o del C.S.I.. E lo stesso discorso, nel. settore femminile della stessa specialità, vale per Anna Pellissier,

Solo oggi, purtroppo, ci si accorge come vi sia stata lo scorso anno troppa precipitazione nell’eliminare da noi stessi il fuori classe del nostro discesismo. Avendo creato infatti da parte nostra, italiana, per intenderci, il Colò professionista ad ogni costo solo perché gli era stato dato l'incarico di istruttore, assieme ad altri, a Silvio Alverà e Alfonso Lacedelli, per cui a Falun l’abetonese ebbe l’ama­ rezza di fare da spettatore anziché da attore, e chissà ancora da protagonista, nei campionati mondiali, la nostra FISI è oggi costretta a far macchina indietro. A cercare i mille coefficienti positivi e dimostrativi per consentire ancora al nostro campione di gareggiare nuovamente con i cosiddetti dilettanti nelle prossime competizioni internazionali ; e. l’anno venturo, nelle prove olimpiche, sulle stesse piste di Cortina.

Zeno come Fausto. Colò non si è presentato in gran forma, quest’anno, ai campionati nazionali. Quando ha saputo di poter parte­ cipare è andato a collaudare in Piemonte le sue gambe ed i suoi garetti, sulle piste del Sestriere e di Claviere. scarsa e spesso assente com’era la neve sui costoni dello Abetone. Qualcuno ha detto addirittura che Colò ha iniziato le gare sui tracciati delle Dolomiti praticamente senza al­ lenamento. Sta di fatto che il suo comportamento è stato di un crescendo sbalorditivo, sino a chiudere con due squil­ lanti vittorie, che, se non hanno le proporzioni ed i distac­ chi degli anni passati, rispetto agli avversari, dicono come Zeno Colò, alla pari di Coppi — tanto per fare un con­ fronto che calza a pennello — è pur sempre in linea fissoluta il miglior discesista italiano; e. di certo, ancora tra i primi del mondo. Sicché converrà fare ogni sforzo pur di far riqualificare il nostro campione. E nessuno, siatene certi, griderà allo scandalo, che nessun altro Paese, avendo a disposizione un uomo del valore di Colò, lo lascerebbe in disparte. E passo al fondo, che ha registrato due vittorie piene di Federico De Florian ed una affermazione collettiva mas­ siccia della Scuola Alpina del Corpo delle Guardie di P. S. di Moena. Si sapeva della particolare preparazione dei fon­ disti sotto la guida di un espertissimo allenatore scandinavo. Lonrdlund. Non sono tuttavia d’accordo con chi afferma che il momento-forma è stato raggiunto pressoché nello stesso periodo da tutti. Se questo si può dire per De Flo­ rian. per Misnietti, Zanellì, Gianni Carrara e anche per i giovanissimi Piccolin, Fattor. Della Sega, oltreché per Mìch. non mi pare fossero in piena forma a Cortina la scorsa settimana i quattro moschettieri di Moena. Ottavio Compa­ gnoni, Delladio, Chiocehelti e Chatrian. Questi erano già in forma piena prima di Natale, tanto è vero che a Passo Bolle, nella prova di apertura, esplodevano di salute e di forza. Decisamente il lavora compiuto in autunno è stato troppo severo, per cui converrà forse ritardarlo impostando il programma di preparazione olimpica. Delladio ha battuto a Passo Bolle De Florian a metà

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dicembre e da quelCepoca tra i due. oltreché con gli altri della Scuola di Moena. non v'è stato alcun altro confronto diretto. De Florian è andato a gareggiare ed a vincere sulle Alpi francesi mentre le "Fiamme d'Oro" si sono limitate a competizioni nazionali. Nella “30 chilometri ’ Li lotta è stata serratissima ed appassionante per buoni due terzi, quindi le migliori condizioni fisiche di De Fiorimi sono prevalse nettamente sugli altri. Il suo avversario più temibile e irriducibile è stato ancora una volta Arrigo Delladio. La rivincita sui « 15 chilometri j> ha avuto pressoché la stessa fisionomia, ma questa volta la lotta è stilla tra quat­ tro uomini terminati in brevissimo spazio di secondi: tra 10 stesso formidabile De Fiorimi (duro quanto la roccia del suo Monte Cauriol); Compagnoni. Delladio e Chatrian. mentre Chiocchetti e Gioacchino Busin hanno gareggiato al disotto delle loro possibilità. Il vincitore ha distanziato, è vero, di « 18 » Ottavio Compagnoni, ma tra questi e Delladio non c’è che un secondo e due in tutto separano 11 valtellinese dal valdostano Chatrian. E non suoni me­ schina scusa, non sia vana ricerca di attenuante dire che la sciolina sempre galeotta nelle gare di fondo, ha giocato un tiro birbone ai ragazzi della Scuola di Moena.

Prestazione massiccia delle d’oro ».

« Fiamme

Tuttavia il risultato collettivo della quindici chilometri era la premessa rassicuratrice per la staffetta. La qual cosa interessava più di ogni altra dimostrazione alla Scuola al­ pina della P. S. che ha impostato Taddestramento sciistico dei suoi allievi guardando in principiti modo al complesso degli uomini ed alla loro perfezione fisica collettiva. Temi base, questi, per una Scuola militare di pronto intervento. Alla gara di staffetta hanno partecipato 22 formazioni. Autentico record che dice la grande ascesa del nostro fondisino, caduto sino a qualche anno addietro così in basso. Cerano tutte le Scuole militari in gara: Predazzo, Aosta. Moena. e c'erano anche le formazioni giovani e mature del­ le maggiori società sciistiche italiane. Alla prima frazione il gardenese Prucker, campione di «combinata fondo salto'», ha fatto sentire la sua voce di atleta di classe, terminando a spalla con Delladio, ma nelle due frazioni successive le due staffette di Moena (Compagnoni, Delladio e. Chatrian, la prima; e Dalmasso. Basiti e Chiocchetti, la seconda) han­ no letteralmente sbaragliato il campo, terminando la gara con un distacco di 3’15” tra di loro e distanziando la terza di 4’2”. Questa era composta dai ragazzi della Val Biois. Quindi, a 4’35” è finita la migliore formazione delle Fiam­ me Gialle di Predazzo, con Della Sega, Franco Vuerich e Fattor; ed a 5’5” la Val Gardena con Prucker Vincenzo Demetz e Stuffet. Una edizione dei campionati assoluti, dunque, proprio come la si desiderava, ed un collaudo impeccabile, inoltre degli impianti sportivi, compresi quelli di fortuna messi in opera per la scarsità della neve a valle. Le gare interna­ zionali da parte loro hanno indicato e senza altri appelli, quali elementi converrà curare e sottoporre al controllo — che noci deve essere eccessivo, comunque, per non mutare i costumi di ognuno — per le ben più importanti gare olim­ piche dell'anno prossimo. Questo per la neve. Ma occorre aggiungere che anche nel settore del ghiaccio, velocità ed artistico, le notizie e gli ultimi dati tecnici sono quanto mai promettenti. Il divieto di gareggiare è giunto a Zeno Colò tramite la nostra federazione italiana degli sport invernali, dalla FIS, giusto alla vigilia del Trofeo Ilio Colli. Una mazzata au­ tentica sulla testa dell'abetonese. Una mazzata che il grande atleta due volte campione del mondo e campione olimpio­ nico assolutamente non meritava per l’enorme sua passione, ma anche per le sue ancora intatte possibilità di impiego e di riuscita: l risultali parlano chiaro. E' pur vero che nella prova di "libera” giù dalla pista della Stratofana, con usta dozzina di passaggi obbligati o meglio di porte direzionali, messe tuttavia nel mezzo dei due canaloni al solo scopo

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di ridurre la velocità dei concorrenti, già di per se troppo spregiudicati, tre o quattro stranieri, austriaci e svedesi in specie avevano segnato dei temili, inferiori a quelli ottenuti dal nostro "capitano” negli assoluti, ma è altrettanto vero che Colò ha affrontato la competizione per il titolo •na­ zionale in condizioni di forma e di allenamento appena ab­ borracciate, proprio per la scarsa fiducia che egli aveva nei confronti federali. Non sapeva cioè di poter gareggiare o meno. Come dicevo dianzi. Ma una volta rassicurato egli ha completato la sua preparazione con quel puntiglio e quella meticolosità che tutti gli conoscono. Era salito sin dieci volte in un giorno sulla pista per controllarla e stu­ diarla metro per metro, si da poterla sfruttare interamente al massimo. Tutto è purtroppo risultato inutile e Colò non ha avuto neppure la forza di attendere la competizione come sem­ plice spettatore. Né avrebbe potuto aprire la "pista” che con il cuore a pezzi anche le gambe s’erano fatte improv­ visamente di burro. E' ridicolo il provvedimento della FIS se si pensa che il novanta per cento dei discesisti, trascorre almeno tre mesi interi sui campi di neve. E tre mesi di villeggiatura e di turismo raramente possono concedersi dei semplici e buoni montanari. Il provvedimento della FIS che ha anche colpito il cam­ pione del mondo austriaco, il fuoriclasse Pravda dimezza di colpo le possibilità della nostra rappresentativa alle olimpiadi. I fondisti hanno confermato le loro possibilità. De Florian. Compagnoni, Delladio, Chatrian ed anche Prucker hanno rinnovata la loro superiorità centroeuropea, ma han dovuto inchinarsi ancora una volta alla potenza tecnica scandinava ed alla russa, meno evidente, questa ultima, del solito. Nel discesismo invece, eliminato d’ufficio, a tavolino, Zeno Colò i nostri Zecchini. Alberti, Menardi, Gluker, Bur­ niti e via discorrendo si sono mantenuti sul piano dei "nazionali” ed è già tanto se li troviamo in classifica tra i primi dieci. Così, le nostre ragazze fondista e le discesiste. E’ un po' triste pensare ad una edizione di olimpiadi in casa nostra, senza la possibilità minima di successo. Ma taint’è. E sarà bene mettersi sin d'ora l’animo in pace. Tutto ciò che arriverà di buono, va considerato in più del pre­ ventivo. Che le nuove leve non hanno ancora fatto le ossa, pur con la considerazione massima per i "fondisti", ed i vecchi o son troppo... vecchi, o ci siamo permessi il lusso di autoeliminarli.

Nnber

Il X° Congresso Noz. ordinario della FIDAI Il X Congresso Nazionale ordinario della Federa­ zione Italiana di Atletica Leggera si svolgerà a Pe­ scara il 6 marzo p. v. con il seguente ordine del giorno : PARTE I: Preliminari del Congresso: a) verifica dei poteri; b) consegna trofei federali; c) nomina del Presidente del Congresso; d) nomina del Segretario del Congresso. PARTE II: Argomenti all'ordine del giorno: 1) relazione tecnico-morale attività anno 1954; 2) relazione degli Ispettori Amministrativi sul bilancio consuntivo dell’anno 1954; 3) indirizzo generale preparazione olimpica per Melbourne; 4) onoranze agli atleti Olimpionici; 5) variazioni di date dell’art. 13, paragr. 1 (pa­ gina 12) dello Statuto Federale; 6) sede dell’XI Congresso Nazionale ordinario anno 1956. Il Congresso sarà tenuto nel Salone del Palazzo Provinciale ed avrà inizio alle ore 10 precise di do­ menica 6 marzo.


Tra le tante organizzazioni che nel dopoguerra s’erano messe in moto con l’intenzione di occupar­ si delle «leve» della neve, come di altre manifestazioni propagan­ distiche giovanili, il Centro Spor­ tivo Italiano può essere ritenuto senza dubbio il pioniere. E anche il più concreto e duraturo se an­ cora oggi mantiene intatte le sue tradizioni organizzative, poten­ ziandole.

Dalle prime rassegne invernali giovanili, già lusinghiere nella loro impostazione tecnica e nel caldo appassionato svolgimento, di anno in anno la macchina or­ ganizzativa del grande Ente poli­ sportivo cattolico si è irradiata al punto da articolarsi in ogni do­ ve, nelle valli Alpine c dell’Appennino. Con frutti sempre pili copiosi e soddisfacenti. Se tanto tanto l’osservatore cri­ tico si solferina ad esaminare i ri­ sultati degli ultimi Campionati assoluti a Cortina d’Ampezzo, tro­ verà molti nomi che superata la fase iniziale di impostazione, van­ no inserendosi nella schiera de­ gli eletti delle frecce bianche: ragazzi, voglio dire, che hanno ormai raggiunto con la maturità fisica anche la completezza stili­ stica. Grazie, non v’è dubbio alla disponibilità di istruttori collau­ dati e capaci, ma ritengo anche in virtù di una impostazione morale, di una scuola di costume, di una assistenza sociale sportiva acquisi­ ta e assimilata negli ambienti gio­ vanili più adatti. La stessa FISI ha dovuto ricono­ scere, da vari anni ormai come i suoi centri di addestramento ri­ mangano episodi a se stanti se non hanno il conforto di una con­ tinuità di lavoro, di sgrossamento c di cesello da parte di altre or­ ganizzazioni meno ortodosse forse nell’assolutismo tecnico ma ben più concrete e utili nell’assisten­ za morale, nella guida quotidiana degli elementi sfornati o meglio « specializzati » nei centri suddet­ ti. In breve: il lavoro del tecni­ co puro nello sci, coinè in qual­ siasi altra branca dello sport, sfu­ merebbe assai presto se non aves­ se e non trovasse la continuità di azione nelle Unioni e nei Gruppi

Sportivi.

SULLE NEVI DI

BARD0NECCH1A realizzati dal C. S. I.

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: 18-22

FEBBRAIO

"Criterium studentesco,, "Campionati nazionali,,

1055

"Campanili alpini,, Si osservino del resto i risultati della doppia manifestazione che il Centro Sportivo Italiano realiz­ za ormai da vari anni sui campi di neve, sul finire dell’inverno, a conclusione di una lunga prepa­ razione e di ima collana di gare che portano i giovani atleti dello sci al massimo rendimento. Tra i tanti nomi che appaiono, ancora in secondo piano, d’accordo, tra i risultati degli « assoluti », la maggior parte sono di aiteti di Unioni Sportive del C.S.I. o delle Scuole Militari. Meno frequenti sono invece quelli scaturiti dalle

manifestazioni studentesche, forse perché quest’ultime, pur brillanti, non trovano il seguito nella affet­ tuosa ed intima vita delle Società. Lo sport nella Scuola, invernale ed estivo, che tanti sacrifici costa ai suoi promotori, al CONI in par­ ticolare al quale va il grande me­ rito di sostenerlo ad ogni costo, necessita di un complemento di vita sociale, ha bisogno di contiNella foto: la suggestiva vivace parten­ za della gara di staffetta nella primo edizione ad Asiago dei « Campanili Alpini », originale competizione del Centro Sportivo Italiano.

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PROGRAMMA ORARIO VENERDÌ’ 18 FEBBRAIO Arrivo concorrenti Criterium Stu­ dentesco - Sorteggio numeri parten­ za gare fondo e slalom speciale. SABATO

19 FEBBRAIO

Ore 9 : Fondo Criterium Studentesco Km. 5. Ore II: Slalom speciale Criterium Studentesco. Ore 18: Sorteggio partenza gare staf­ fetta e slalom gigante.

DOMENICA 20 FEBBRAIO Ore 8: S. Messa. Ore 9: Staffetta Criterium Studente­ sco 3 x Km 5.

Ore 10.30: Slalom gigante Criterium Studentesco. Questo è Aldo Monaci, oggi azzurro, in gara nella prova di discesa del riuscitissimo primo "triathlon sciistico" disputato nel 1949 ad Asiago

lutazione. Le Scuole debbonoi promuovere i Gruppi Sportivi ie gli studenti-atleti debbono sentire la necessità di agganciarsi ad Unioni o Società Sportive per proseguire la loro vita agonistica, una volta « licenziati » o laddove non vi sia aititi possibilità. In questo compito, in questa esplicazione occorre la compren­ sione dei genitori. Lo sport che è entrato nella scuola, meno pur­ troppo tra la classe operaia e quindi nelle fabbriche, deve tro­ vare la sua comprensione base nel­ la famiglia. La mamma, il papà debbono ormai convincersi die più di qual­

siasi altro diversivo ricreativo, giova ai proprio figliolo lo sport, la pratica sana di una disciplina atletica anche a carattere agoni­ stico, specie (piando è ben diret­ ta.. E non v’è dubbio che gli In­ segnanti di Educazione Fisica co­ nte i Dirigenti che sviluppano l’opera vastissima del Centro Spor­ tivo Italiano sono anzitutto degli educatori, dei maestri di morale e di vita cristiana, prima che dei tecnici e degli specialisti di vita sportiva. Questi pensieri si affollano nel­ la niente, tornando a parlare del­ le rassegne invernali del CSI che nel corso di anni hanno ormai

Ore 11: Premiazione studenti. Arrivo concorrerti ai Campionati del C.S.I. ed ai e Campanili Alpini » - Sorteggio partenza alle gare di fondo e slalom speciale Campionato C.S.i. e « Campanili ».

LINE DI’ 21 FEBBRAIO Ore

9: fondo C.S.I. Km

6 circa.

Ore IO: fondo «Campanili Alpini». Ore 10,30: Slalom speciale C.S.I. Ore 14.30: Slalom speciale «Campa­ nili Alpini ». Ore 18: Sorteggio partenza gare staf­ fetta e slalom speciale Campionati C.S.I. e « Campanili ». MARTEDÌ’ 22 FEBBRAIO

Ore 9: Staffetta C.S.I. km 5

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Ore 10.30: Staffetta «Campanili» 3x3. Ore 11: Slalom gigante C.S.I.

Ore 12.30: Slalom gigante «Campa­ nili ». Ore 16: Premiazione. C.S.I. panili Alpini ».

« Cam-

Albo d’oro ''criterium studentesco della neve” I VINCITORI DEL 1952-

Fondo: SENONER FRANCESCO - Bolzano Discesa controllata: COLOMBO ANTONIO - Milano Staffetta: DEMETZ ALBERTO, DEMETZ ALFREDO, NER FRANCESCO - Bolzano

SENO-

I VINCITORI DEL 1953

Fondo: FIORI UGO - Belluno Discesa controllata: VECLANI VITTORIO - Bergamo Staffetta: SULZEMBACHER PIETRO, DEMETZ ALBERTO, DEMETZ ALFREDO - Bolzano I VINCITORI DEL 1954

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Fondo: FIORI UGO - Belluno Discesa controllata: QUADRIO ALBERTO - Sondrio Staffetta: FANTON GIOVANNI, PI Al A ATTILIO. FIORI UGO Belluno

messo in moto migliaia c migliaia di clementi. Tanti c tanti ne pon­ gono al lavoro sportivo che non bastano ormai più le piccole sedi. Ad ogni anno il problema logisti­ co e di ricezione assilla i promo­ tori, e quindi la Presidenza del C.S.I. alla quale è ' stata ancora una volta affidata la realizzazione del « Criterium Studentesco » del­ la Neve. Ma sono pochi i Centri che hanno disponibilità del gene­ re. Per giunta quest’anno la scar­ sità della neve ha fatto rinuncia­ re all’ultimo momento alla gra­ ziosa ed ospitale Asiago, sicché si


è dovuto accentuare a Bardonecchia l’intero programma, studen­ tesco c del C.S.I., della imponen­ te rassegna giovanile. Il programma è lo stesso delle ultime edizioni. Programma ra­ zionale e vorremmo anche dire di sicurezza. Bandita la « discesa libera ». ormai da varie edizioni per la necessità eli difendere l’in­ tegrità fisica dei nostri giovani c limitare al massimo il rischio spre­ giudicalo. il « Criterium Studen­ tesco della Neve» comprende una prova di discesa controllata, una di fondo ed una prova di staffetta 3x5 Km. In fondo in queste tre prove sono riassunte tutte le spe­ cialità dello sci, se si fa eccezione del salto che per la scarsità di im­ pianti c di Centri adatti non ha ancora raggiunto in Italia popola­ rità sufficiente a promuovere una rassegna nazionale. La qualcosa facendo, creerebbe disparità nel­ le rappresentative provinciali. La grande rassegna giovanile di Bardonecchia comprende oltre al Criterium Studentesco della neve, al quale parteciperanno ben ventidue provveditorati delle pro­ vince alpine, anche i finalisti dei campionati nazionali del C.S.I. In­ fine i « bocia » dei « campanili al­ pini ». tipica originalissima mani­ festazione dedicata ai giovanissimi dello sci, orinai collaudata in una serie sempre più brillante di edi­ zioni.

La massa dei concorrenti, così notevole, ci dispensa da qualsiasi pronostico. Impossibile pratica­ mente, per il molto di nuovo che queste rassegne presentano ogni anno. Del resto il risultato di oggi in­ teressa relativamente, anche se è positivo. Ciò che conta è che l’opera di reclutamento, di avvia­ mento e addestramento allo sport della neve, come alle altre disci­ pline atletiche, prosegua. Come è stalo fatto per il passato. E come lo dimostrano ormai i molti atleti che scovati dalle « leve » hanno raggiunta la maglia azzurra. Sono decine e decine in ogni branca dello sport. Ed è questa la soddi­ sfazione più bella c confortevole per il Centro Sportivo Italiano.

L’ A L B O CAMPIONATI N A ZIO N A LI C. S. I. Discesa libera: Silvagni S. (U. S. Tigris) - Asiago (Vicenza). Staffetta: U. S. Tigris - Asiago (Vi­ cenza) (Rigoni, Costa. Mosele). Fondo: Mosele G. (U. S. Tigris) Asiago (Vicenza) Discesa obbligata: Ghedina G. (Au­ dace Cortina). Combinata nordica: Rigoni G. (U. S. Tigris) - Asiago (Vicenza). Combinata alpina: Ghedina G. (Audace Cortina). Salto: Silvagni S. (U. S. Tigris) Asiago (Vicenza).

CAMPIONATI N A Z10 N ALI C. S. I. Fondo: Penne L. (Trento). Discesa libera: Oberrauch Hans (Bolzano). Discesa obbligata: Ciotti L. (Bellimo). Staffetta 3 x 5 km.: Vicenza (Ri­ goni. Dall’Olio. Stella). Salto: Silvagni S. (U. S. Tigris) (Asiago (Vicenza). CAMPANILI ALPINI Fondo: Rigoni A. (Asiago). Discesa libera: Sciorpaes (Cortina». Discesa obbligata: Monaci (Cor­ tina. Staffetta 3x3 km.: Trento (Ven­ turi, Piazzi. Valle». Salto: Sciorpaes R. (Cortina).

CAMPIONATI NAZIONALI C. S. I. Fondo: Della Sega T. (Trento). Discesa libera: Giacomazzi Z. (Bol­ zano). Discesa obbl.: Cenchi B. (Trentc >. Staffetta: U. S. Lessinia Bosco chiesanuova (Verona) (Vaiusa. Gaberio, Leso). CAMPANILI ALPINI Fondo: Stella V. - Asiago (Vicenza). Slalom gigante: Ghezza R. (Bres­ sanone). Slalom speciale: Sciorpaes R. (Cor­ tina). Staffetta: Asiago (Vicenza) (Pesavento, Stella. Rigoni). CAM PIONATI N AZIONA LI C. S. I. SENIORES Fondo: Rossi M. (Brescia). Discesa libera: Cadineti L. Recoaro (Vicenza). Discesa obbligata : iCadineti L. Recoaro (Vicenza).

D’ORO JUNIORES Fondo: Pesavento E. - Asiago (Vi­ cenza). ReDiscesa libera: D’Ambros E. coaro (Vicenza). Discesa obbligata: Negri V. (Como). Staffetta 3x6 km : Vicenza (Stel­ la. Fertile, Pesavento).

CAMPANILI ALPINI Fondo: Cola F. (Como). Slalom gigante: Pelosi G. (Como). Slalom speciale: Pelosi B. (Como). Staffetta: Como (Cola, Pedranzini, Dei Gas). <AM PI ON ATI NAZIONALI C. S. I. SENIORES Fondo: Pesavento E. - CSI Asiago (Vicenza). Slalom gigante: Zambotti D. (Bre­ scia). Slalom speciale: Dell’Antonio F. Pedrazzo (Trento).

JUNIORES Fondo: Stella V. - CSI Asiago (Vi­ cenza). Slalom gigante: Richella V. - Bor­ mio (Como-Sondrio). Slalom speciale: Homo/ C. (Bol­ zano). Staffetta 3x6 km.: Vicenza (Asia­ go) (Fertile, Pesavento, Lobbia).

CAMPANILI ALPINI Fondo: De Francesco V. - Trento. Slalom gigante : Soldà M. (Vicenza). Slalom speciale: Soldà M. (Vicenza). Staffetta 3x4 km.: Trento (Dantin, Bosin. De Francesco).

CAMPIONATI NAZIONALI C. S. I. Fondo: Canelin D. Bormio (Como-Sondrio). Slalom gigante: Quadrio A. - Bor­ mio (Como-Sondrio). Slalom speciale: Quadrio A. - Bor­ mio (Como-Sondrio). Staffetta 3x5 km : Como-Sondrio Squadra A (Canclini. Contortola, Schenatti). CAMPANILI ALPINI Fondo: Martinelli E. (Como-Sondrio). Slalom gigante: Rosoni M. (ComoSondrio). Slalom speciale: Visetti P. (Cuneo). Staffetta 3 x 4: Como-Sondrio (Spechenauser, Bormolini, Marti -

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netti).

X. B.

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Il mito Dolomitico si inserisce" nel mito di Oij/mpia

Essenza olimpiaca di Cortina d’Ampezzo <11 Giuseppe Saltelli Fioretti

Rammento di aver scritto, da Helsinki, dell'ultima Olimpiade Estiva, come della più bella e fa­ scinosa fra tutte le edizioni della serie moderna. Questa constata­ zione largamente ammirativa non trae origine dai risultati tecnici (pure senza precedenti) o dalla bontà dell’organizzazione (tutta­

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via ammirevole) o dall'interesse agonistico (dovunque altissimo), bensì dall'ambiente stesso, in ve­ ro e proprio senso estetico, anzi — perdonatemi l'iperbole — in vero e proprio senso mitico. Rammento di aver scritto che, di tutte le Olimpiadi « deeoubertiniane », era certo la più vicina, Helsinki, al mito di Olympia: e di aver provato questa sensazione nel mio estatico girovagare sotto le volte e fra le pareti bianche e verdi formate dalle affusolate betulle e dagli « abies pirica » che compongono in misura esclusiva quegli autentici templi della na­ tura che sono i boschi di Finlan­ dia, fra i villaggi di tende sorte, con la rapida moltiplicazione delle, spore, nelle isolette idillia­ che che costellano la rada di Hel­ sinki. Una sensazione indescrivi­ bile, a fior di pelle, quasi una ca­ rezza di mani invisibili; sensazio­ ne che, sebbene possa sembrare un controsenso, non provai ad Oslo per i Giochi d’inverno ed il controsenso sta nel fatto che Oslo è la vera e propria Olympia dello sci nordico e quindi dello sci mondiale, al punto che le fu possibile, per vivificare e rende­ re altissimo l’aspetto classico del­ la competizione, sostituire alla tradizionale « fiamma d’Olympia » quella casalinga accesa a Morgedal, culla di Sondre Nordheim, primo riconosciuto « re delio sci ». Il mio istinto — al quale spes­ so m’affido come al mio amico migliore e più fido — mi dice che ritroverò a Cortina le mani invi­ sibili che mi carezzarono a Hel­ sinki, le reminiscenze classiche che mi sovvennero in vetta alla torre di Maratona, il senso di fe­ licità primigenia che mi assalse

nelle cattedrali arboree di Meilahti e di IF’estend. Oslo aveva una sola torre di Maratona, a titolo immaginario: ed era quella formata dalla pur superba collina di Froegnerseeteren, sulla cui giogaia s'annida Hohnenkollen, sacrario dello sci per chiunque discenda da lombi vichinghi. Cortina invece ne ha a dovizia. Ognuna delle vette gran­ diose che le fanno corona, l’inte­ ra linea di creste e di picchi che coni pongono la sua fantasmagori­ ca cornice, tutti i balconi dolomi­ tici dei « Monti Pallidi » che si affacciano sulla conca incantevole, sono altrettante fantasiose « Torri di Maratona », create dalla ben più sapiente e ben più duratura opera di quell’insuperabile archi­ tetto che è la Natura.

Per afferrare quest’impressione, per coni prendere questa verità, non bisogna giungere a Cortina per le normali vie della valle del Boite; non dunque dalla valle di Landro che vieti su di Posteria per le giogaie di Cimabanche e nel fondo della quale sussurra la Rienza, né tanto meno dal Cado­ re, dove già le Marmarole tizia­ nesche hanno avvicinato all’esta­ si il vostro senso visivo. Per com­ prendere il mondo mitico di Cor­ tina, ch'è fratello germano di quello di Olympia, bisogna venir su da Andraz per le pieghe asper­ rime del Falzarego ed affacciarsi sulla conca d’Ainpezzò al "bel­ vedere” di Pocòl. Questa è la strada che bisogna seguire, per avere una immagine leggendaria e perenne di Cortina, una fotografia incancellabile del­ la sua essenza olimpiaca: bisogna venir su da Andraz ed avere nei sensi la percezione giunonica del­ la Tofana e scorgere d’un tratto la massiccia e pur delicata mole del Cristallo e la cresta sinuosa del Pomagagnon ed il grandioso balcone del Faloria e la strada di fronte che s’inerpica su per l’asso Tre Croci, verso l’occhio azzurro del lago di Misurino. Allora, di fronte a questo « choc » improv­ viso, non ci vuol più che un mi­ nimo di fantasia, per vedere le balze dintorno popolarsi di esseri della leggenda o quanto meno di esseri dai contorni sbiaditi di


tempi lontani dai (piali la leggen­ da ha preso l’avvio: i Fanes, so­ pratutto e i Crodères, i Landrines, z Redojères, tutte le genti abori­ gene di cui e rimasta la dolce par­ lata ladina, idioma ireale di per­ sonaggi irreali, a documentare la effettiva trascorsa esistenza. Teoricamente parlando, dal bal­ cone di Pochi si potrà seguire lo svolgimento di tutta I Olimpiade, così come — sempre in teoria — un osservatore potrebbe issarvi la sua tenda e controlare il processo costruttivo di tutte o (piasi tutte le installazioni e le attrezzature olimpiacile. Da. Pochi si domina l'intera conca ampezzana, solcate e divisa in due parti (piasi uguali dal corso del Boitc, minuscolo, gorgogliante Alfèo montano. E do­ vete (/itindi non solo veder CaniIlo un poco a valle della strada per il Cadore, dove tutte le gare atletiche della neve avranno comincianiento e conclusione, ma anche pressoché per intero le pi­ ste sinuose, che ne saranno il ne­ cessario campo di gara. Sulla sinistra avete la Tofana, tradizionale terreno agonistico per i bolidi dello sci, sacrati al mas­ simo rischio della Velocità. Ancor più a sinistra il Col Drusciè, tea­ tro di quei cesellatori dello sci, che sono gli specialisti dell'obbli­ gata. Sull’estrema, destra, alla stretta di Zuel, cè il trampolino per gli arditi del salto. A Pian Sarieto, nell'immediata periferia dell’abitato cortinese, sorge lo Stadio del Ghiaccio. Sotto di voi si snoda a serpen­ tina il nastro voìuttuoro delta pi­ sta di Ronco; e proprio a voi di fronte, come già detto, potete ve­ dere con gli occhi della fantasia, nella gola di Tre Croci, chiusa dallo sfondo sublime dei Cadmi, lo specchio gelato di Misurino do­ ve si svolgeranno le quattro prove del pattinaggio di velocità. Nessun’al tra precedente edizio­ ne dei Giochi d’inverno, delle sei sin qui disputate, puh vantarsi di aver chiuso in così piccolo cerchio la totalità delle prove in program­ ma; ed è questo, consentitemelo, un altro punto d’incontro di Cor­ tina d’Ampezzo con. lo spirito di Olympia.

<1. Sabelll Fioretti

La Federazione Italiana di Atletica Pesante allo scopo di ren­ dere più evidenti i progressi compiuti dai nostri pesisti nel biennio 1953-54 ha compilato una tabella nella quale sono stati compresi i massimi raggiunti nel quadriennio precedente, nonché i primati mon­ diali riferentisi ai due succitati periodi. Dal 1948 al 1952 si sono registrati in alcune categorie i seguenti miglioramenti: pesi gallo: da Kg. 257,500 a Kg. 265; pesi piuma: da Kg. 300 a Kg. 300; pesi leggeri: da Kg. 312,509 a Kg. 322,500; pesi medi: da Kg. 340 a 342,500; pesi massimi: da Kg. 380 a Kg. 387,500. Dal 1952 al 1954 nelle stesse categorie di peso si sono avuti i se­ guenti risultati: pesi gallo: da Kg. 265,500 a Kg. 287,500; pesi piuma: da Kg. 30? a Kg. 320; pesi leggeri: da Kg. 322,500 a Kg. 332,500; pesi medi: da Kg. 342,500 a Kg. 372,500; pesi massimi: da Kg. 387,500 a Kg. 417,500. Dall’esanie delle due tabelle è facile rilevare come nel biennio 1952-54 si siano ottenuti risultati notevolmente superiori a quelli del quadriennio precedente. Nei pesi gallo dal 1948 al 1952 il migliora­ mento è stato di Kg. 7,50?, mentre nel successivo biennio il miglio­ ramento è stato di ben 22,500 Kg. Nelle altre categorie: piuma: nes­ sun miglioramento nel quadriennio, 20 Kg. nel biennio; leggeri: chi­ logrammi 8 nel quadriennio, Kg. 10 nel biennio; medi: Kg. 2,500 nel primo periodo, Kg. 30 nel successivo; massimi: Kg. 7,500 nel quadrien­ nio, Kg. 33 nel biennio. Nelle categorie medio massimi e massimi leggeri la situazione è rimasta pressocché stazionaria. E’ interessante anche rilevare a quale distanza dai massimi mon­ diali si trovava la pesistica italiana nel quadriennio 1948-52 ed a quale distanza si trovi oggi. I primati mondiali e italiani nel 1952 erano i seguenti: pesi gallo: record mondiale Kg. 315, record italiano 265 - differenza Kg. 50; pesi piuma: record mondiale Kg. 337,500, record italiano 300 - differenza Kg. 37; pesi leggeri: record mondiale Kg. 377,500, record italiano chi­ logrammi 322,500 - differenza Kg. 55; pesi medi: record mondiale chi­ logrammi 405, record italiano Kg. 342,500 - differenza Kg. 62,500; pesi massimi: record mondiale Kg. 460, record italiano Kg. 387,500 - dif­ ferenza Kg. 72,500. Nel 1954 la situazione era la seguente: pesi gallo: record mon­ diale Kg. .350, record italiano Kg. 320; pesi leggeri: record mondiale Kg. 3<0, record italiano Kg. 332,503; pesi medi: record mondiale chi­ logrammi 410, record italiano Kg. 372,500; pesi massimi: record mon­ diale Kg. 487,500, record italiano Kg. 417,500. Dall’esame delle due tabelle si osserva come nei due succitati periodi siamo passati nei pesi gallo da una differenza di Kg. 50 a Kg. 27,51'0; nei piuma: da Kg. 37 a Kg. 30; nei leggeri: da Kg. 55 a Kg. 3i,o00; nei medi: da Kg. 62,500 a Kg. 37; nei massimi da Kg. 72,500 a Kg. 70.

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SOTTO L'EGIDA DEL C. A. I.

La costituzione del Corpo Nazionale Soccorso m Montagna

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Tifa Piaz, « il diavolo delle Dolomiti », è morto pochi anni or sono in un banalissimo incidente di bicicletta. Il vecchio lupo di montagna che da solo aveva portato in salvo decine e decine di alpinisti in pericolo, salvandoli da morte sicura, ha trovalo tragico destino un giorno mentre a mo­ derata velocità, scendeva in bicicletta per una strada di Predazzo nel Trentino. Quanti degli alpinisti che da Tita ebbero salva la vita, si ricordarono ili mandare o di portare sulla sua tomba, un semplice fiore? Quanti alpinisti furono almeno in que­ sta poca cosa, ma sicuro segno d: riconoscenza, fedeli? Le guide alpine del Trentino si contesero l’onore di portarlo a spalle in cimitero. Sulla sua tomba si fecero sobri discorsi e poche parole di elogio. Da bravo montanaro Tita Piaz. di lodi e di incensamenti non ne aveva mai voluto sapere. Era contento di avere sempre compiuto il suo dovere con altissimo spirito di umanità. I giovani crodaioli delle Do­ lomiti. meditano ora sempre l’esempio del « vecchio ». Ac­ corrono in montagna quando si chiama aiuto. Nessuna ri­ compensa, soltanto calorose strette di mano, qualche foto ricordo, qualche cartolina,.... qualche ombrella di nero. Niente altro! Se tra due giorni aiuto si chiamerà ancora in monta­ gna, saranno sempre pronti gli stessi giovani, saranno gli stessi giovani ad abbandonare il lavoro ed accorrere senza ricompense. E se uno di questi volenterosi si fa male, chi paga a lui le spese di ospedale? In tanti casi di inconve­ nienti c'è chi arriva anche a dire che i soccorritori hanno vo­ luto strafare ed hanno tentato di più di quanto era con­ cesso alle loro forze. In provincia di Belluno da anni funzionano alcune squadre bene dirette e bene organizzate per il soccorso in montagna. Dal 1911 al 1951 il gruppo rocciatori «Scoiattoli» di Cortina, ha portato a termine tra recuperi di salme e salvataggi ben dodici spedizioni ottimamente riuscite. A Sanvito c'è il gruppo « Caprioli » che dalla sua fondazione (agosto 1917) ad oggi ha portato a termine tra recuperi e salvataggi, sette operazioni ottimamente eseguite Nella Val­ le d’Ansiei, ad Auronzo di Cadore, le locali guide alpine del CAI, con altri provetti rocciatori hanno portato a ter­ mine varie operazioni di salvataggio e di recupero delle salme, quasi tutte sulle Tre Cime di Lavaredo. che non a torto sono definite le cattedrali delle Dolomiti, ma che sono, altresì il cimitero di tanti e tanti alpinisti, che tecnicamente impreparati e senza il dovuto allenamento si accin­ gono a scalarle. Nel Trentino, il benemerito sodalizio della S.A.T, (So­ cietà Alpinisti Trentini) da diversi anni ha emanato uno statuto che regola l'attività dei corpi di soccorso in monta­ gna. creando in ogni valle un gruppo bene attrezzato, alle dipendenze di guide alpine sicure e fidate. Da ehi ricercano i contributi questi corpi organizzati per il soccorso in mon­ tagna? 11 dr. Stenieo di Trento, medico alpinista, s'è dato

Direttore responsabile: LUIGI GEDDA

da fare per creare uno statuto elle regoli i programmi, i compiti od i doveri di questi soccorritori. E per quanto ri­ guarda i mezzi economici necessari per raggiungere tali scopi, il doti. Stenico in primo luogo ricorre alla genero­ sità dei singoli rocciatori, poi ai comuni, alla provinc ia, alla regione, agli organismi turistici, al CAI così facendo si arrabatta per portare termine tutti i vari salvataggi e recuperi di salme.

Così più o meno fanno i tre corpi funzionanti in Ca­ dore. di cui discorremmo poc'anzi. Ma è anche necessario tenere presente che i soccorritori volontari, debbono repen­ tinamente abbandonare il loro lavoro, lasciando e perdendo « Clienti » che con loro dovevano fare scalate. E pensare che non soltanto ci rimettono il tempo ma anche le corde, gli attrezzi personali. E per le spese generali non ei sono fondi di nessuna sorta.

Il CAI centrale, lenendo d'occhio benevolmente questa attività che gli rende merito e vanto, ha pensato di fare in modo che lo statuto del soccorso in montagna delia glo­ riosa SAT di Trento, diventasse statuto di una organizza­ zione generale in tutte le Valli d'Italia, sotto la sua pa­ ternità. Così oggi le Sezioni del CAI si danno da fare perché in ogni punto di probabile chiamala sia pronta una squadra di soccorso, squadre che dovranno essere comandate da guide 'alpine regolarmente patentate, ma che saranno com­ poste in prevalenza da volontari rocciatori. Ogni uomo che prenderà parte al soccorso in montagna sarà automatica­ mente assicurato contro eventuali incidenti. L'attrezzatura completa sarà fornita direttamente dal comitato centrale. In qualche vallata grossa dove esiste una potente squadra, il corpo nazionale fornirà pure una attrezzatura speciale per il soccorso ed i salvataggi più difficili e pericolosi. Detta attrezzatura sarà pure a disposizione delle altre squa­ dre oltre che della depositaria.

Nei limiti del possibile, il corpo centrale dei soccorsi in montagna, penserà .pure a rimborsare le spese vive so­ stenute c verrà incontro al « lucro cessante » ed al « danno emergente » dei partecipanti alla operazione in montagna. Alla organizzazione generale, ed alla compilazione dei quadri organici di questa associazione arriveremo tra breve. Allora essa figurerà anche giuridicamente tra le più altrui­ stiche ed umane di tutta Italia. Tutti gli amanti della montagna questo tanto se lo augurano di cuore. Ed è pur giusto riconoscere alle guide alpine la loro opera per tanti anni generosa e spassionata. Diamo loro questo riconoscimento morale c facciamo della loro associazione un simbolo da inquadrare tra i più belli della attività civile. Allora anche il «vecchio» Tita Piaz nel piccolo cimitero di montagna, riposerà più contento.

N. <1 8.

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758 del Registro Stampa del Tribunale di Roma

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DOMENICA SARAI MILIONARIO !

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( reata per vispoii(](>)*(> a Ih* peculiari esi­ genze deirinteiiso (l'attico attuale, per il turisiilo a largo raggio, pei- 1O sportivo esi­ gente, la nuova « Gilera 300» compendia la esperienza conseguita nella costruzione del­ la piccola 150 e lincila conseguita nella co­ struzione dei pluricilindrici da corsa. Si è cercato di ottenere in questo veicolo una buona armonia nelle prestazioni ed in modo particolare, più clic una velocità mas­ sima eccessivamente elevata, ei si è pre­ occupati di avere forte ripresa, stabilità perietta, peso ridotto, doti queste clic conferi­ scono al veicolo tutto quanto è richiesto dal­ le attuali condizioni di circolazione, dove la prontezza nel sorpasso è sicurezza per il conducente, e dove la forte ripresa e la buona manutenzione sono gli elementi base per ottenere forti velocità medie di per­ corso. A queste doti si aggiungano il comfort, una eccezionale silenziosità di marcia, la tradizionale eleganza ed il basso costo di esercizio dovuto sia al consumo di poco su­ periore a quello di una motoleggera, sia alla semplicità di manutenzione consentita dalle pratiche soluzioni adottate. Si domanderà perché è staiti scelta una ci­ lindrata di 300 cc. La risposta è semplice. Premesso che non esiste alcuna ragione per conformarsi alle cilindrate tradizionali, il motivo di tale scri­ tti è duplice: in primo luogo si è voluto otte­ nere un motore di potenza intermedia per rendere più graduale il passaggio deH’utente abituato ai motoveicoli di piccola cilin­ drata e per mantenere bassi i consumi; in secondo luogo si è perseguito un criterio di unificazione dei principali particolari co­ struttivi con quelli delia motoleggera 150,

MOTO GILERA-ARCORE

sia per usufruire di soluzioni già largamen­ te sperimentate, sia per contenere i costi di produzione e quindi il prezzo di vendita entro limiti che consentano di interessare la più vasta sfera di utenti. Questa nuova bicilindrica 300, accanto alla ormai popolarissima 150, rappresenta quan­ to di più moderno esiste in campo motoci­ clistico internazionale, e per le sue partico­ lari caratteristiche è destinata ad un sicuro successo.

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