Stadium n. 3/2002

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Roma 11 maggio CONFERENZA NAZIONALE SULLO SPORT DI BASE N. 3 MARZO 2002 1,80 SP. IN ABB. POST. ART. 2 COMMA 20/B LEGGE 662/96 FILIALE DI ROMA

WEB SITE WWW.CSI-NET.IT VIA DELLA CONCILIAZIONE, 1 00153 ROMA

SPORT FUORILEGGE IL FAR WEST DI UN SISTEMA SENZA REGOLE

CARLO PEDERSOLI PAG. 12

NATI•NEL•CSI

ORIENTEERING PAG. 46

SALT LAKE CITY

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uno sport alla volta



editoriale editoriale

EDITORIALE

Sport fuorilegge Sport fuorilegge Brutto spettacolo quello visto in televisione al termine della partita di Champion's League Roma-Galatasaray, con giocatori, poliziotti, dirigenti e addetti all'ordine a dirsele e a darsele di santa ragione davanti alle telecamere. Sembrava di assistere ad un classico film western, uno di quelli dove immancabile si scatena la rissa nel saloon del paese, e mentre volano botte da orbi non si capisce più chi sono i buoni e chi sono i cattivi perché il sa loon è diventato la zoCe n'è per tutti i na franca nella quale gusti: doping, le regole non valgono documenti falsi, più e anche gli sceriffi fondi neri, possono comportarsi da fuorilegge. riciclaggio, truffe, Volendo rappresentare bancarotte, la situazione in cui ogviolenze. Non gi vive il vertice dello bastasse, c’è il tutto sport italiano, è difficicontro tutti: uno le pensare a immagini più emblematiche. sport contro l’altro, Lo sport ha inseguito il una lega che cerca business dello spettadi scucire soldi colo, ma non è riuscito all’altra, un dirigente a governarlo e ne è che schizza veleno rimasto travolto, permettendogli di convercontro l’altro. tire o cassare i suoi princìpi etici di riferimento. Ce n'è per tutti i gusti: do ping, documenti falsi, fondi neri, riciclaggio, truffe, bancarotte, violenze. Non bastasse, c'è il tutto contro tutti: uno sport contro l'altro, una le ga che cerca di scucire soldi all'altra,

un dirigente che schizza veleno contro l'altro. Insomma, è il saloon dello sport, che non a caso ha il suo luogo di elezione nei "bar dello sport" mediatici. Se ai vertici del sistema c'è lo sport dei fuorilegge, alla base c'è quello dei fuori... legge. Nel senso che lo sport di base continua ad essere escluso, ignorato dall'ordinamento legislativo. L'ultima novità, come potrete leggere all'interno di questo numero di Stadium, è l'esclusione delle visite di idoneità sportiva dalle prestazioni gratuite del Servizio Sanitario. La nuova normativa consiglierà o costringerà molte Società sportive a trasformarsi da "fuori legge" in "fuorilegge", glissando sulla certificazione. Il CSI non si chiama fuori da questo sistema sportivo globalmente in difficoltà, poiché lo sport di vertice e lo sport di base sono intimamente connessi, anche se il primo ogni tanto fa finta di dimenticarlo. Ma proprio per questo intende assumersi le proprie responsabilità, fosse anche quella di compiere un passo in avanti, uscendo allo scoperto quale soggetto propositore di disegni di legge che affrontino i problemi dello sport partendo dal concetto di pratica sportiva come "valore". Senza avere la pretesa di decidere per tutti, piuttosto con lo scopo di avviare un cammino comune che porti finalmente a regole certe e condivise e faccia chiudere una volta per tutte il saloon dello sport. Stadium

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STADIUM

INDICE MARZO 2002

FUORIGIOCO 4 Sul lago dopato di Alberto Caprotti

VITACSI 8 Un Gran Premio coi fiocchi di Enrico Lusetti

25 Non truccare il motore ARGOMENTI 6 Loro di Salt Lake City di Danilo Vico

42 Il giro d’Italia CSI di Felice Alborghetti

57 Almanacco

14 Il cittadino protagonista di Ilaria Podda

16 Rosa Candido di Giancarlo La Vella

18 Nuova legge in Liguria di Rosita Farinosi

26 L’anima candida giallorossa di Solen De Luca

34 La salute costa cara di Tito Della Torre

35 Fitball di Angelo Pugliese

44 Getterò le reti di Rita Salerno

49 I collari d’oro di Danilo VIco

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Stadium marzo 2002

SPORT&SPORT 11 Sport al femminile: Daniela Ceccarelli di Felice Alborghetti

38 Per la mente: Prima gli atleti poi le vittorie di Sandro Gamba

42 Calci? ...all’angolo! di Bruno Longhi

46 Trame di gioco: Madame juventus di Darwin Pastorin

51 Per allenamento: I muscoli pettorali di Alfredo Stecchi


Foto Copertina: Olympia

Stadium Mensile del Centro Sportivo Italiano DIRETTORE•RESPONSABILE Edio Costantini EDITORE ARANBLU s.r.l. Società Unipersonale del Centro Sportivo Italiano Via della Conciliazione 1 - 00193 Roma

DOSSIER 20 La Società sportiva tra mission e vision di Andrea De Pascalis

RUBRICHE 13 Per E-mail 28 Uno sport alla volta: Orienteering di Franca Nadalin

32 Salute: Il giusto orientamento

DIREZIONE REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE Via della Conciliazione, 1 - 00193 Roma Tel. 06.68404590 - Fax 06.688.02940 http://www.csi-net.it e-mail: aranblu@csi-net.it PUBBLICAZIONE ISCRITTA al nº 4987 del Reg. Stampa del Tribunale di Roma del 4/1/1956 PROGETTO GRAFICO ARANBLU s.r.l. REDAZIONE Felice Alborghetti, Alessandro Cappelli, Andrea De Pascalis, Rosita Farinosi.

di Sergio Cameli

40 Per gioco: Subbuteo di Giancarlo La Vella

47 I gregari: Un ruolo portante 49 Libri 50 Controcorrente: È un travert, anzi un’artista

IMPAGINAZIONE Marco Croci, Alberto Greganti, Loretta Pizzinga, Emanuele Serra. STAMPA SO.GRA.RO. Società Grafica Romana S.p.A. Via Ignazio Pettinengo, 39 - 00159 Roma

di Andrea De Pascalis

53 Nati nel CSI: Carlo Pedersoli di Felice Alborghetti

55 Tuttoleggi a cura di Francesco Tramaglino

61 Agenda 63 Allo specchio di Vittorio Peri

Spedizione in abbonamento postale Art.2 Comma 20/B legge 662/96 Filiale di Roma Abbonamento annuale euro 18,08 Una copia euro 1,80

Periodico associato all’USPI (Unione Stampa Periodica Italiana)

64 Il racconto di Edio Costantini I dati forniti dai sottoscrittori degli abbonamenti vengono utilizzati esclusivamente per l’invio della pubblicazione e non vengono ceduti a terzi per alcun motivo.

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FUORIGIOCO SUL LAGO DOPATO di Alberto Caprotti

SALT LAKE Sul lago dopato

SALT LAKE CITY: PER OGNI CERCHIO OLIMPICO UN CASO. SCANDALI, RICORSI, GIURIE CORROTTE, SOSTANZE PROIBITE. DAVVERO SI È TOCCATO IL FONDO… Cinque casi di doping, gli ultimi due dei quali accertati ad Olimpiadi già chiuse. Il bilancio farmaceutico di Salt Lake City non si può ancora chiudere perché quella delle sofisticazioni è una piaga che assomiglia ad un 740: lo compili e dieci anni dopo ti dicono che avevi sbagliato. Loro hanno sbagliato di certo: lo spagnolo Muehlegg, le russe Lazutina e Danilova, lo scozzese Baxter, un giocatore bielorusso di hockey. Pescati come polli fuori dal recinto, con il sangue taroccato da nuove e sempre più artefatte sostanze proibite. Sul lago dopato chi ha truffato - non tutti magari, ma in numero sufficiente per farci credere nell'esistenza di un barlume di provvidenza umana - ha pagato a caro prezzo. Perché restituire una medaglia d'oro vinta magari col sangue alterato ma

comunque dopo 50 chilometri di sofferenza pura, con la bava alla bocca e le gambe massacrate dalla fatica, è una condanna micidiale che solo lo sport, in un mondo di impuniti esemplari, riesce ancora ad infliggere. Questa è l'icona che ci resta di Olimpiade invernale che non ha anticipato certo la primavera delle coscienze sporche e recidive della vittoria a tutti i costi, malgrado il trionfalismo americano che i suoi Giochi del "dopo 11 settembre" li ha salutati come se nulla di grave o quasi fosse accaduto. Invece sono state Olimpiadi segnate dal doping e dai ricorsi, turbate da uno scandalo come quello del pattinaggio di coppia ancora senza colpevoli, travolte dall'incidenza blasfema dei giudici che ripropone il tema eterno degli arbitraggi pilotati o corrotti, piaga comune all'atletismo come ad altre vicende della vita. Sono stati i Giochi dello sciovinismo spinto e del vittimismo cronico tra due giganti con i piedi gelati: proprio le piaghe che lo spirito olimpico vorrebbe bandire e che invece hanno sconfinato sino all'orlo di una guerra fredda tra USA e Russia che sembrava dimenticata dai tempi di altre e ben peggiori tensioni mondiali. Resta il fatto che il sospetto sul podio e l'insano ricor-

Il doping viaggia a due velocità e mille altri scandali non basteranno a rallentare chi lo studia per riproporlo con maschere sempre più sofisticate né a far accelerare chi lo combatte ben sapendo di essere sempre tre passi indietro.

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Stadium marzo 2002

so alla minaccia del boicottaggio come arma politica hanno riproposto la necessità di riflettere sullo sport e sull'uso strumentale che da sempre è costretto a subìre. Medaglie e polemiche, ma pure grandi imprese, splendide vittorie anche azzurre, hanno dato un senso a tanta foga: perché l'inseguimento di un traguardo resta comun-


Arrivare finalmente ad una punizione "istituzionale" e di massa, inoltre, può solo spingere gli atleti puliti a ribellarsi contro i compagni di squadra sospetti, per non dover pagare colpe altrui.

far accelerare chi lo combatte ben sapendo di essere sempre tre passi indietro. Qualcuno cade nella rete, e per questo ci si compiace. Ma le maglie sono sempre troppo larghe se la logica resta quella dello show, se intere federazioni e apparati governativi compiacenti si adeguano con la scusa di non potersi opporre alla sofisticazione, se l'Olimpiade resta un circo aperto a chiunque e a qualunque costo, perché questo vuole la regola. Una volta ancora allora ci si chiede che fare, con la consapevolezza che chi lo sport lo comanda dall'alto non ha i mezzi per opporsi, se lo stesso presidente del CIO, Rogge, pochi giorni dopo la sua investitura ammetteva candidamente in un'intervista purtroppo sottovalutata dai mass-media che "quella contro il doping è una guerra persa". E probabilmente lo sarà davvero se la prevenzione non funziona e la pena per chi sbaglia continua a dimostrarsi inefficace. Una medaglia tolta, qualche mese di squalifica: per qualcuno il rischio vale ancora la candela. Ma un rimedio esisterebbe, non infallibile certo, ma più incisivo di quelli sinora adottati. Una nuova norma che il CIO dovrebbe introdurre: la squalifica cioè delle federazioni

alle quali l'atleta dopato appartiene. Una soluzione estrema, afflittiva, esageratamente penalizzante ma in linea con la certezza che il doping "di Stato" esiste ed è quello che fa i danni peggiori. Troppe federazioni chiudono un occhio, troppi responsabili tecnici sanno, troppi medici federali sono complici per non dire artecifi delle sofisticazioni degli atleti. Nelle ultime indagini effettuate dal magistrato bolognese Giovanni Spinosa, si parlava di almeno 11 Paesi compresi tra l'Europa dell'Est e il Sud America nei quali il traffico di stupefacenti ad uso sportivo è una realtà accertata. La stessa Bielorussia a Salt Lake City ha rischiato l'espulsione in seguito al comportamento di un suo dirigente che coprì un atleta cercando di evitargli le controanalisi. Arrivare finalmente ad una punizione "istituzionale" e di massa, inoltre, può solo spingere gli atleti puliti a ribellarsi contro i compagni di squadra sospetti, per non dover pagare colpe altrui. Illudersi sull'applicabilità di una simile soluzione è difficile: troppi gli interessi in gioco, troppi gli scheletri da custudire negli armadi. Ma proporre qualcosa è sempre meglio che allargare le braccia e subìre.

que una lezione splendida e irrinunciabile nella quale immedesimarsi. Ma su tutto resta lo spettro infamante dell'uso delle sostanze illecite: sempre nuove, sempre più difficili da scovare. Il doping viaggia a due velocità e mille altri scandali non basteranno a rallentare chi lo studia per riproporlo con maschere sempre più sofisticate né a

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ARGOMENTI

LORO DI SALT LAKE CITY di Danilo Vico

Loro di Salt Lake City MONS. CARLO MAZZA, CAPPELLANO OLIMPICO È ENTUSIASTA DEI RAGAZZI AZZURRI. VALGONO PIÙ DELLE MEDAGLIE. Loro di Salt Lake City brillano più dell'oro. che era sempre frequentata, venivano pure Questo - giochi di parole a parte - il succo alcuni spagnoli, perché loro non hanno il del racconto di ritorno dal viaggio olimpico cappellano al seguito. Preparavo la messa di Mons. Mazza, per l'occasione in veste di chiedendo aiuto ai ragazzi, dicendo chi cappellano della Squadra Italiana. volesse leggere le letture, versare acqua e “La speranza sono loro - esordisce don Car- vino nel calice, ecc. Avevo chiesto una lo -. Li ho trovato tutti molto bravi, autentici, ragazza per la lettura. Vedendole timide ne non sofisticati. Ragazzi e ragazze senza ho chiamata una a caso. Vieni tu? Chi sei? grilli per la testa, sereni, molto moderni, che Stefania Belmondo mi risponde. Accortomi si accontentano delle cose semplici. della gaffe mi sono scusato di non averla L'emozione che provano in un’Olimpiade è riconosciuta. Ma lì è stata molto simpatica. impagabile. Ci sono gli "Non si preoccupi don allenamenti, i tentativi, le Carlo" ha tirato dritto e ha Avevo chiesto una crisi, la voglia di lasciar letto anche molto bene. tutto, a volte si sentono Alla comunione c'era inveragazza per la perfino soli. ce Giorgio Di Centa che lettura. È la prima volta che seguo aiutava, mentre Fabio Maj Vedendole timide gli azzurri nelle Olimpiadi serviva alle ampolline. invernali, tutta un'altra coSui controlli militari... ne ho chiamata sa rispetto alle altre: più Il controllo era inizialmenuna a caso. Vieni modeste nei numeri degli te molto ossessivo, c'eratu? Chi sei? atleti e nella copertura meno molte perquisizioni; diatica. Uno spirito diverStefania Belmondo so anche se l'approccio mi risponde. alle gare che ho riscontrato nei ragazzi è il medesimo. Anche il villaggio era meno dispersivo, allestito in uno dei classici college americani e molto ben organizzato. Nel villaggio con me c'erano 103 atleti italiani, quelli dello short track, il pattinaggio, lo skeleton, il bob e lo slittino, mentre lo sci alpino e nordico distavano un centinaio di km, erano vicini alle piste”. Ci racconti qualche retroscena... Avevo la divisa della Squadra Italiana, ma giravo sempre con il collarino bianco del clergyman per essere riconoscibile come prete. Essendo la prima volta non conoscevo molto bene gli azzurri. Celebravo Messa in una sala dove avevo predisposto un altarino con le cose per celebrare. Devo dire

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molta polizia ma non era asfissiante. Alla fine era un'abitudine. L'11 febbraio nell'anniversario del disastro alle torri gemelle lo abbiamo ricordato ma niente più. Si guarda oltre. Tornando alle gare due gli ori a pari merito, due tolti ai vincitori. Dov'è finito lo spirito olimpico? Lo spirito olimpico si mantiene vivo nei ragazzi. Sono loro convinti dei valori che testimoniano in queste gare. Negli adulti, nell'entourage politico-organizzativo-sportivo, ciò che gira intorno a un’Olimpiade assai meno. Nei ragazzi c'è idealità, tensione, dinamismo positivo per raggiungere questi obiettivi. Accettare la fatica, superare gli sforzi sono ideali olimpici. Negli atleti contano questi ideali. Poi i due aspetti critici di Salt Lake, il doping e le giurie, non meravigliano molto. Esistevano in precedenza. La novità sta magari nella ribellione del giudice francese, chiaro segno che il sistema è nauseato. Perché ci sono interessi sottili, nascosti…non documentabili. Nei corridoi ho visto alcuni ragazzi discutere su presunti torti o sfavori, ma senza prove…restano supposizioni. Pettegolezzi, chiacchiere. Ci racconti qualche segreto, fuori dal confessionale. Sulle confidenze, sulla coscienza, sull'anima, sulle famiglie, sui temi intimi degli azzurri non mi pronuncio.

Li ho trovati tutti molto bravi, autentici, non sofisaticati. Ragazzi e ragazze senza grilli per la testa, sereni, molto moderni, che si accontentano delle cose semplici.

Ho vissuto molto da vicino le vicende della coppia di pattinatori Fusar Poli- Margaglio. Li incontravo spesso, loro con l'equipe di scenografi, coreografi, allenatori al seguito. Parlavamo spesso anche di queste esasperazioni nei giudizi.Hanno reagito al terzo posto in maniera diversa; diciamo che lui l'ha accettato con filosofia, a lei quasi non andava giù. Ha avuto una reazione più dura, di forza, senza sorrisi. Forse sono stati poco umili, forse hanno subìto le pressioni psicologiche. Comunque Maurizio ha riconosciuto l'errore, mi ha spiegato perché gli si è puntato il pattino sul ghiaccio, combinando quello scivolone. Colpa del piede! Il loro esercizio d'altronde era basato essenzialmente sulla velocità. Avevano puntato molto sul lato della danzasprint per far prevalere la componente sportiva più che le scenografie. Purtroppo il piede…

Dodici medaglie, quattro per metallo, prevalentemente al femminile Sul maggior numero delle medaglie vinte dalle donne dico che le ragazze mi sono sembrate più coraggiose e spregiudicate. I ragazzi un po' meno, al di là del discorso tecnico. Quelli dello sci alpino, da cui ci si aspettava qualcosa sono andati tutti fuori uno dopo l'altro. Ad esempio Massimiliano Blardone, secondo nella prima manche dello slalom, nella seconda si è un po' bloccato. Forse l'emozione… In discesa poi sono usciti tutti. Con chi ha stretto più amicizia? Quelli dello short track mi hanno scritto e mi hanno inviato le foto via e-mail, ragazzi eccezionali, molto semplici, puliti. Sono quasi tutti universitari che studiano. Mi sono trovato benissimo con loro, con Fabio Carta, una vera forza della natura, energico, pieno di vita e di voglia di vivere. Maurizio Carnino, il più vecchio del gruppo è forse il più riflessivo, silenzioso. Ricordo poi i due Nicola (Franceschina e Rodigari) e il più giovane Michele Antonioli, che veniva a bussare alla mia porta per parlare ed avere consigli. E gli altri? Mi ha sorpreso su tutti Fabio Maj, il fondista, argento nella staffetta. Anche Zoeggeler, oro nello slittino, un ragazzo molto introverso, direi un classico altoatesino. La Kostner, poi, felicissima di portare la bandiera alla sfilata e il ragazzo (Giacomo Kratter, ndr ) quarto nello snow-board (half-pipe) che quando è sceso dopo la gara a Casa FISI, il quartier generale azzurro e io andavo a consolarlo, mi ha risposto "Non sono deluso, ho davanti a me altre 3 Olimpiadi per fare meglio". Era bello vederli fare il tifo reciprocamente, soprattutto gli atleti degli stessi sport e federazioni. Sulla cerimonia d'apertura L'abbiamo vissuta come al solito a metà e cioè solo dopo essere entrati nello stadio. Prima si stava in attesa della sfilata accanto alle altre rappresentative. L'elemento toccante, la bandiera di Ground Zero sventolava già sul pennone quando entrammo. Simpatico poi il gesto di Bush, che è sceso in mezzo a noi. Infine l'inno d'Italia che ci ha riaccompagnato a casa, insieme alla bandiera olimpica che ci aspetta per Torino 2006.

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VITACSI

UN GRAN PREMIO COI FIOCCHI! di Enrico Lusetti

SCI

Un Gran Premio coi fiocchi! OLTRE 400 SCIATORI PRESENTI A CERRETO LAGHI. E FINALMENTE ANCHE TANTA NEVE! A Cerreto Laghi ci ha accolto una bufera da lupi; una tempesta di neve, le strade ghiacciate, la nebbia. Ce ne siamo andati lasciandoci dietro un sole caraibico. Un paesaggio da cartolina, quello che ha ospitato l'esercito degli sciatori targati Centro Sportivo Italiano. Qui, lungo le pendici del monte La Nuda, dove il dialetto emiliano si mescola con robuste tracce toscane, ha sventolato dal 21 al 24 febbraio scorso la bandiera arancio-blu del Csi. Stiamo parlando del 4° Gran Premio Nazionale di Sci, che ha visto oltre 400 atleti darsi battaglia per portare a casa gli allori tricolori. Da Udine a Chiavari, da Spoleto ad Aosta, undici le regioni rappresentate, 18 i comitati e 42 le società sportive; buona la rappresentanza femminile, in pista con circa 120 sciatrici. La riuscita della manifestazione è stata inoltre assicurata dalla presenza dell'équipe organizzativa, dai tecnici e dai dirigenti. Per quanto molto articolato, il programma prevedeva gare di fondo e di discesa. In quest'ultima specialità il regolamento è stato predisposto in modo tale da valorizzare, con la stessa dignità ma in classifiche separate, gli atleti specificatamente più preparati, i "runners", e quelli che, pur impegnandosi a fondo, si esprimono a livelli tecnici più modesti, gli "sleepers". Tra le novità del regolamento rispetto alle precedenti tre edizioni del Gran Premio, c'era quella dei due "Trofei Superteam", uno per le specialità nordiche, l'altro per quelle alpine. Si è trattato in sostanza di speciali classifiche per comitati, che teneva

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Stadium marzo 2002

conto dei punteggi ottenuti nelle classifiche conclusive dei singoli trofei: oltre alla bravura dei singoli, il diverso spessore numerico delle varie rappresentative di comitato faceva differenza. Cerreto Laghi era ricca di neve: 30 cm di neve fresca, finalmente un gran premio nazionale coi fiocchi… dopo le precedenti edizioni tormentati dalla scarsità della farina bianca. Sull'impianto, dove ebbe il primo spicchio di notorietà anche un certo Alberto Tomba, i tanti turisti guardavano con simpatia a questa miriade di bambini e adulti, a questo miscuglio di colori e di idiomi. I vacanzieri della domenica per un week-end lasciavano dunque spazio all'evento nazionale del CSI, contagiati dall'atmosfera circostante. In una cornice siberiana la sfilata del giovedì e l'accensione del tripode, con la banda


TROFEO SLEEPERS

musicale di Fivizzano, a suonare l'inno di Mameli cantato (da tanti) a squarciagola, ed il successivo saluto delle autorità, e l'alzabandiera. Il via alle gare è stato dato con le prove di slalom gigante, su manche unica, valide come selezione sia per il "Trofeo Runners" che per il "Trofeo Sleepers", tornei disputati su prova unica il primo e in doppia manche il secondo. A seguire la gara di fondo individuale a tecnica libera, valida per un altro trofeo: la Challenge Super Skating individuale. Lo stesso Superskating ha visto una gara a staffetta per squadre di quattro componenti, dove a formare le squadre potevano comparire atleti di uno stesso o di diversi comitati. È stato questo un modo, oltre che di incrementare il numero delle squadre iscritte, di incentivare uno spirito di cooperazione tra ragazzi provenienti da tanti diverse zone d'Italia. Discreto il successo sulle pendici del lago Pranda dello snowboard, specialità "boardcross". La "tavola" dello snowboard sta conoscendo un buon momento in Italia, soprattutto tra i giovanissimi, fattore che ha convinto il CSI ad inserire la disciplina nei suoi programmi di sport invernale, sia pure a titolo sperimentale. Quanto ai risultati l'aria di casa ha portato bene agli atleti locali: i reggiani infatti -

sarà forse merito delle piste loro familiari hanno dominato gran parte delle gare. Solo quelli di La Spezia e Udine riuscivano a dar loro filo da torcere. Agli altri comitati non rimanevano che briciole. Il sabato è stata una giornata davvero divertente con lo snowboard e il fondo. La sfida è stata tutta tra il Bismantova di Castelnovo Monti, la capitale dell'Appennino reggiano, e la Stella Alpina di Trento, che alla fine l'ha spuntata al fotofinish. I locali si prendevano invece una gustosa e ricca rivincita negli assoluti di slalom, sia nello Speciale che nel Gigante. Restava dunque in casa il titolo nazionale, con ben 6 vittorie sulle 12 prove in calendario, un autentico record. Sul podio, oltre agli alfieri di La Spezia, pure i ragazzi di Udine, gongolanti e felici

Nome Giovanissimi F 1 Lucchini Sharon 2 Costella Gaia 3 Zanier Alessia Giovanissimi M 1 Oleggini Marco 2 Zanichelli Jonathan 3 Mannocci Nicolo' Ragazzi F 1 Nicolai Isotta 2 Pedersoli Laura 3 Marcoz Francesca Ragazzi M 1 Borgna Giulio 2 Giacopelli Stefano 3 Capucci Dario Allievi Juniores F 1 Magnani Sara 2 Silvestri Cristina 3 Spinotti Alessia Allievi Juniores M 1 Zanni Luigi Marco 2 Borra Marcello 3 Passalaqua Alessandro Adulti Veterani F 1 Gressani Paola 2 Fachin Milva 3 Rasia Daniela Criterium Seniores F 1 Filisetti Paola 2 Frassi Emanuela 3 Vianelli Elena Criterium M 1 Belleri Marco 2 Mussi Emanuele 3 Genitoni Dino Veterani M 1 Cedolin Giulio 2 Marchesi Renato 3 Pradella Paolo Adulti M 1 Iattici Giovanni Laghi 2 Pompeiani Giovanni 3 Balzi Ivano Seniores M 1 Ronchi Marco 2 Torri Enzo 3 Fontana Paolo

Comit.

Società

Udine La Spezia Udine

S.C. Sauris Sci 21 U.S. Ovaro

La Spezia Reggio E. La Spezia

Sci 21 Amorotto Sci 21

La Spezia Bergamo Aosta

Sci 21 Alpini Sovere S.C. Sant'orso

Reggio E. Reggio E. Reggio E.

Monte Nuda Bismantova Amorotto

Reggio E. Bergamo Udine

Amorotto Alpini Sovere U.S. Ovaro

Bergamo Como Reggio E.

Alpini Sovere Monte Nuda

Udine Udine Aosta

U.S. Ovaro S.S. Fornese S.C. Sant'orso

G.S. Rovennese

Bergamo Rinascente Valcamonica C.G. Pisogne Valcamonica C.G. Pisogne Valcamonica C.G. Pisogne Reggio E. Monte Nuda Reggio E. Vetto Udine S.S. Fornese Valcamonica S.C. Astrio Valcamonica S.C. Astrio Reggio E.

Ventasso

Valcamonica C.G. Pisogne Valcamonica C.G. Pisogne Valcamonica Sci Cai Edolo Reggio E. Roteglia Reggio E. Vetto

perché i prossimi tricolori, nel febbraio 2003, andranno in onda a casa loro, sulle nevi di Tarvisio. Tanta la gente ai lati delle piste nelle finali di domenica mattina: curiosi, sportivi, appassionati, tifosi, genitori. Una grossa mano la dava ancora una volta una splendida e calda giornata di sole.

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VITACSI

UN GRAN PREMIO COI FIOCCHI!

TROFEO SUPERTEAM ALPINO 1 2 3

Comitato Reggio Emilia La Spezia Udine

TROFEO SUPER SKATING INDIVIDUALE

bel regalo per il presidente regionale dell'Emilia Giuseppe Vaccari, capace di portare a Cerreto un avvenimento che

TROFEO RUNNERS Nome Giovanissimi F 1 Agnesini Elisa 2 Ricci Samantha 3 Dughetti Arianna Giovanissimi M 1 Coghi Andrea 2 Bombieri Luca 3 Strano Gregorio Ragazzi F 1 Romiti Luana 1 Gussetti Eleonora 3 Bartolomei Susanna Ragazzi M 1 Dughetti Alessandro 2 Mornini Daniele 3 Maestroni Luca Allievi Juniores F 1 Cozzi Martina 2 Razzoli Serena 3 Mognetti Federica Allievi Juniores M 1 Domini Cristian 2 Fontanesi Alberto

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Comit.

Società

La Spezia La Spezia Reggio E.

Sci 21 Sci 21 Amorotto

Reggio E. Udine Reggio E.

Razzolo S.C. Sauris Cerreto Lago

Reggio E. Reggio E. Reggio E.

Cerreto Lago Cerreto Lago Cerreto Lago

Reggio E. La Spezia Reggio E.

Amorotto Sci 21 Cerreto Lago

Reggio E. Reggio E. Bergamo

Cerreto Lago Olimpia Viano Alpini Sovere

Udine Reggio E.

S.C. Sauris Amorotto

Stadium gennaio febbraio 2002

raduna i migliori sciatori ciessini da ogni angolo della penisola. Con la gente del Csi reduce da una splendida festa trascorsa con la Serata delle regioni la sera prima, l'evento associativo del sabato notte con la coinvolgente fiaccolata sugli sci, gli stands gastronomici all'aperto e i fuochi d'artificio, senza dimenticare la suggestiva Santa Messa al campo del pomeriggio. 3 Ossi Federico Adulti Veterani F 1 Fumagalli Pierangela 2 Quaranta Cinzia 3 Guidi Maria Letizia Criterium Seniores F 1 Folegnani Monica 2 Penserini Elisa 3 Masini Chiara Criterium M 1 Penserini Maurizio 2 Guizzetti Marco 3 Gregori Luca Veterani M 1 Gigli Giampietro 2 Agnesini Vittorio 3 Gigli Graziano Adulti M 1 Bonati Roberto 2 Palazzi Tiziano 3 Gregori Tiziano Alberto Seniores M 1 Tonelli Andrea 2 Lucchini Francesco 3 Perissutti David

Aosta

S.C. Sant'orso

Giovanissimi F Cognome E Nome 1 Divan Deborah 2 Zorzi Ilaria

Com. Trento Trento

Società Stella Alpina Stella Alpina

Giovanissimi M 1 Bedeschi Francesco 2 Corradini Denis 3 Corradini Claudio

Reggio E. Trento Trento

Bismantova Stella Alpina Stella Alpina

Ragazzi Allievi M 1 Cornali Gabriele 2 Bonelli Michele 3 Guidetti Marco

Reggio E. Trento Reggio E.

Bismantova La Rocca Bismantova

Criterium/Seniores/Adulti F. 1 Zattoni Katia Trento 2 Monzardo Antonia Trento 3 Delvai Michela Trento

Stella Alpina Stella Alpina Stella Alpina

Junior Criterium M. 1 Reggioni Luca 2 Pompili Vincenzo 3 Levrini Marco

Reggio E. Reggio E. Reggio E.

Bismantova Bismantova Bismantova

Seniores M. 1 Spiezio Massimo 2 Santoro Francesco 3 Dagostin Mirko

Reggio E. Trento Trento

Bismantova Stella Alpina Stella Alpina

Adulti/Veterani M. 1 Martinelli Matteo 2 Martinelli Luca 3 Corradini Renzo

Trento Trento Trento

Stella Alpina Stella Alpina Stella Alpina

Valcamonica C.G. Pisogne Reggio E. Vetto Reggio E. Olimpia Viano

TROFEO SUPERTEAM NORDICO

La Spezia Reggio E. Reggio E.

A. Bronzi Cerreto Lago Amorotto

Comitato Trento Reggio Emilia Padova

Reggio E. Bergamo Reggio E.

Cerreto Lago Alpini Sovere Bismantova

Reggio E. La Spezia Reggio E.

Lupi Civago Sci 21 Lupi Civago

La Spezia Reggio E. Reggio E.

Sci 21 Roteglia Bismantova

La Spezia Udine Udine

Sci 21 S.C. Sauris S.S. Fornese

SNOWBOARD - Slalom Gigante Master Maschile Pos. Cognome E Nome 1 Moschetti Marco 2 Ragaglini Marco 3 Azoto Ivan Master Femminile 1 Bulleri Laura Giovanili Maschile 1 Dalle Michel so 2 Marciniak Tomasz

Com. La Spezia La Spezia Udine

Società A. Bronzi A. Bronzi S.C. Sauris

La Spezia

A. Bronzi

Aosta

S.C. Sant'or-

Gex

Top Ski Club


SPORT AL FEMMINILE

DANIELA CECCARELLI di Felice Alborghetti

A 3 anni aveva già gli sci ai piedi, all'età di 6 scrisse sul diario "diventerò una campionessa". Oggi con la medaglia d'oro olimpica al collo ne ha quasi 27 e … ..."e il sogno della mia vita sarebbe quello di incontrare il Papa! Credo in Dio e l' incontro con il Santo Padre sarebbe certamente un'altra delle giornate veramente importanti della mia vita. Richiesta accolta dal CSI. Intanto ha già ottenuto il plauso del cardinale Tonini; lo ha saputo? Sì. Lo ripeto anche: se dovessi fare una scala metterei al primo posto giornate come il matrimonio, il giorno in cui hai un figlio… Lo sport lo vedo come un lavoro, è importante ma non è tutto. Mi sembra veramente poco vivere solo in nome dei risultati agonistici che si ottengono. Se invece quei risultati sono il coronamento di una vita privata già soddisfacente allora sì che la gratificazione è completa. Dopo il matrimonio io ho raggiunto questa-

"Daniela Ceccarelli mi ha commosso. Qualcuno le aveva chiesto se quello dell'oro olimpico fosse il giorno più bello e lei ha risposto che il più bello resta quello del suo matrimonio. Ecco un esempio di ciò che si chiama senso dei valori e della misura". Cardinal Tonini

Daniela Ceccarelli consapevolezza e questa tranquillità, e anche nello sci me ne sono giovata. Quali discriminazioni hai incontrato di più nella tua carriera? Parecchie sicuramente, a partire dal fatto che venivo dagli Appennini e pratico sci alpino, nonostante Tomba avesse già un po' spianato la strada. Inoltre, come donna, ho avuto qualche difficoltà perché ho sempre cercato di mantenere vivo il rapporto con la mia femminilità, quindi ad esempio mi trucco prima delle gare; ci tengo abbastanza, e questo a vol-

te è stato interpretato male, come se volessi mettermi in mostra. Una donna sportiva come valuta una possibile gravidanza? Per avere un figlio io aspetterei dopo Torino 2006, comunque se dovesse arrivare prima non precluderebbe la mia carriera sciistica, anche se in Italia c'è ancora un po' questa mentalità maschilista… Già sei proiettata verso Torino 2006? Sì, anzi io già ci pensavo prima: le Olimpiadi le ho vissute come un qualcosa di pas-

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SPORT AL FEMMINILE

DANIELA CECCARELLI

Mi sembra veramente poco vivere solo in nome dei risultati agonistici che si ottengono. Se invece quei risultati sono il coronamento di una vita privata già soddisfacente allora sì che la gratificazione è completa.

saggio. Spero nell'oro anche lì, e un pensierino come portabandiera azzurra, però siamo in tante! Come ti definiresti? Una ragazza spontanea che anche quando non vuole dice ciò che pensa! Qualche volta la mia spontaneità è tale da sconfinare nell'ingenuità, e quindi è tanto una forza quanto una debolezza. Ancora sport e donna: i medici della Lazutina (la russa squalificata per doping) per giusificare i suoi valori hanno tirato in ballo addirittura il ciclo mestruale. È un arrampicarsi sugli specchi. Posso dire che in "quei" giorni non si è penalizzati e personalmente non mi ha mai disturbato né in allenamento, né in gara. Inoltre le analisi antidoping sono limitate a quelle delle urine senza comprendere anche quelle del sangue e quindi è un discorso un po' limitato. Fin da ragazzina io mi sono sempre allenata anche nei giorni no; lo sport ti aiuta in questo caso anche a sdrammatizzare, e questo sicuramente ti rafforza nel carattere. La medaglia ti ha cambiato un po' la vita? No, però mi ha sorpreso tutto quest'interesse da parte dei mass media e della gente. A Cesana Torinese c'è stata un'accoglienza che proprio non mi aspettavo: si sono fatti tutti trovare con i fiori, i festoni, la banda… inoltre mi hanno promesso ancora di più dal mio paese, però devo aspettare i primi di maggio per scappare giù a Frascati. È vero che sei devota a Padre Pio?

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Stadium marzo 2002

Ogni tanto dico che sembra quasi che Padre Pio mi abbia cercata, perché me lo son trovato nella mia vita in modo molto naturale. Trovo che sia un personaggio schietto, molto vicino alla gente e poco sofisticato: io lo sento vicino, soprattutto nei momenti difficili. Con i miei e mio marito ho fatto un pellegrinaggio a S.Giovanni Rotondo ed è stata un'esperienza veramente forte. Ma sciare non ti fa un po' paura? Io sono sempre stata una gran fifona, e questo mi avrà aiutato fin dall'inizio: penso sempre che la paura è un bel segnale e va rispettato, nel senso che il giorno in cui non ti senti di scendere devi lasciar perdere perché di certo non vinci però porti a casa la pelle.

Lo sci non è pericoloso di per sé: lo diventa per errori di terze persone, ad esempio un allenatore, una fotocellula, qualcosa insomma che non doveva starci. Il destino poi è un'altra cosa: io ci credo, e se quello dev'essere il tuo giorno… Il destino è anche dietro al tuo oro anziché argento? Può darsi, infatti io sono abbastanza scioccata da questo risultato perché andando a ritroso la mia carriera è stata sempre una scala, e soffrendo e zoppicando sono sempre migliorata di stagione in stagione, nonostante i momenti di sconforto che pure ci sono stati. Questo mi spaventa anche un po' perché è come se fosse stato tutto un disegno, e non parlo per immodestia, perché poi la medaglia l'ho meritata! In una kermesse come le Olimpiadi si dà sempre e comunque qualcosa in più? Ci si butta puntando solo al podio? Beh, io ho cercato di strafare in discesa pensando che era la mia Olimpiade ed è stata una schifezza tremenda; invece in SuperG sono scesa più libera, l'ho considerato un allenamento ed è venuta fuori la mia tecnica migliore e una manche stupenda. È vera la storia della scritta sul diario? Sì, è vero, però io neanche me lo ricordavo, mentre mia mamma ha la passione per conservare i diari. E si vede. Può sembrare un atteggiamento all'americana, del genere dell'"i have a dream", mentre noi italiani siamo un po' più diffidenti e un po' più con i piedi per terra. Io invece da piccola ero un po' influenzata dai cartoons giapponesi tipo Mimì Ayuara che dava tutto per i risultati nello sport e quindi scrivevo quelle cose. Dei successi altrui, per chi hai gioito? Oltre naturalmente a quelle azzurre, per quanto riguarda le medaglie vinte da altri colleghi sono stata molto felice per la Montillet, in discesa libera. Lei ha sofferto moltissimo per la Cavagnaud, nonostante fossero come cane e gatto. Dopo la sua morte, ha passato notti insonni, continuava a piangere. Tutta la Francia si aspettava una medaglia per ricordarla ed io sono stata molto felice che proprio lei abbia vinto per la Cavagnaud. Io la conoscevo poco, era una grande professionista, di carattere abbastanza introversa, con un amore spropositato per lo sci, per il quale lei sacrificava tutto di se stessa. Ho sempre il ricordo dei suoi occhi così luminosi, di un azzurro cielo, lì sul podio: una bella immagine dello sport.


PER E-MAIL

LA

stadium@csi-net.it

CULTURA DEL VIVACCHIARE

Sono un responsabile tecnico di una Società sportiva di un Comitato del Sud e mi sono da poco avvicinato a questa associazione. Nonostante la mia breve esperienza, noto un comportamento e un senso di appartenenza della dirigenza locale che a mio avviso non sono costruttivi per la promozione del CSI. In particolare noto la mancanza di idee e di promozione sportiva e uno scarso radicamento sul territorio. Credo che di questa situazione voi ne siate al corrente e vorrei chiedervi come intendete lottare contro questa "cultura del vivacchiare". Vittorio Carissimo Vittorio, ho letto la tua lettera, condivido le tue preoccupazioni e sono contento perché hai avuto il coraggio di scriverla. Ora non puoi più fermarti! Sono convinto che tutto ciò si può superare se c'è il coraggio di mettersi insieme, condividere metodi, strumenti ed obiettivi… altrimenti non resta che continuare a piangere. Nella tua realtà manca la promozione dell’attività sportiva: fate in modo che le società sportive promuovano attività sportiva seria e continuativa, che sappiano essere veramente capaci di raggiungere quei minimi obiettivi per dire: "Siamo del CSI!". Ti aspetto a questo traguardo… insieme agli altri. Edio

QUANTO È AMARO IL ROSPO? Per il nostro gruppo sportivo ci troviamo di fronte ad un momento storico perché da questa sera abbiamo il timore di aver superato il limite. In qualità di responsabile mi sono sempre prodigato perché tutti i miei tesserati si comportassero da gentiluomini, chiedevo grinta, coraggio e tanto rispetto per tutti

D AMMI

UN SOLO MINUTO …

Sono una giocatrice di calcio a 7. volevo segnalare un fatto che ha dell'incredibile! Ieri sera sono andata con la mia squadra a giocare una partita in trasferta a 70 km da casa: la tangenziale intasata, la pioggia, la nebbia ci hanno impedito di arrivare in orario all'appuntamento. Abbiamo provato a telefonare all'allenatore della squadra avversaria, ma non rispondeva. Arrivati ai cancelli dei campi, i dirigenti della squadra ospitante ci hanno fatto perdere ulteriore tempo facendoci fare il giro del campo sportivo e trattenendoci chiedendoci come fosse andato il viaggio, quali difficoltà avevamo incontrato… per poi dirci che per 3 minuti loro applicavano il regolamento per cui noi avevamo perso a tavolino per esserci presentate oltre il tempo massimo consentito da regolamento! Dico solo che l'arbitro era disgustato dal loro atteggiamento, affermando che in 10 anni non gli era mai successo nulla di simile. Ora, è vero che è solo una partita di calcio, però è vero anche che l'amaro in bocca è tanto… Penso che lo sport a questo livello debba assolutamente rimanere un'occasione per crescere e divertirsi, ma evidentemente non è per tutti così! Ilaria

ANCHE DAL

L USSEMBURGO !

S PORT

IN PARROCCHIA … E QUALCOSA DI

PIÙ

Sono un ragazzo che per motivi di lavoro si è trasferito in Lussemburgo. Volevo sapere se esiste una associazione sportiva come il CSI anche qui. Mi piacerebbe molto poter cominciare con un piccolo gruppo un'esperienza associativa come il CSI in questo paese. Rispetto a tutte quelle che conosco è molto valida e, aderendo ai valori cristiani, penso che potrebbe fare del bene a tanti giovani. Se mi permettete prendo spunto dalla vostra esperienza per cominciare qualcosina da queste parti... si può? Ancora grazie della Marco gentilezza.

Sono il responsabile di una società sportiva nata nel 1996 dal desiderio mio e di un mio amico di giocare a calcio in oratorio. Abbiamo da sempre ritenuto che il ruolo della Società sportiva potesse andare aldilà della semplice attività sportiva in sé e da qui abbiamo lanciato alcune nuove proposte a livello parrocchiale. Ci piacerebbe comunque condividere o mettere in comune la nostra esperienza, per valutare se possa essere proficua per altre realtà. Ci mettiamo a disposizione in spirito di collaborazione… fateci sapere!

quelli che ci permettevano di giocare a calcio. Dal canto mio ho sempre cercato di tenere lontano da noi le polemiche sugli arbitri e le liti, che credevo non portassero a nulla. In cambio ho ottenuto dagli arbitri solo dei grandi silenzi o delle parole a cui non sono mai seguiti dei fatti concreti. Questo mi ha portato a navigare a vista in attesa di nuovi sviluppi che non ci sono mai stati. Numerosi sono

stati gli episodi che hanno spinto me e i miei ragazzi a raggiungere il limite della sopportazione, particolarmente arbitraggi pieni di errori, contraddizioni e arroganza. Mi auguro vivamente che quanto abbiamo vissuto quest'anno non si ripeta più, ma non permetterò più che i miei ragazzi siano gli unici a dover tutte le volte porgere la guancia. Matteo

Cristian

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ARGOMENTI

IL CITTADINO PROTAGONISTA di Ilaria Podda

Il cittadino protagonista IL BILANCIO PARTECIPATIVO E LO SVILUPPO LOCALE SOSTENIBILE: DAL MODELLO DI PORTO ALEGRE ALLE ESPERIENZE DEL NOSTRO PAESE

Quante volte abbiamo detto o sentito tra amici: "Ah, se fossi io sindaco o assessore, saprei bene come impiegare i soldi della pubblica amministrazione!" Alla domanda: "Chi conosce meglio una città?", cosa rispondere se non "Chi vi abita"? Il comune cittadino che quotidianamente vive per le strade

del suo quartiere, più di chiunque altro, ne sa apprezzare le ricchezze, ma anche ha esperienza diretta dei problemi che lo affliggono. Quante volte abbiamo detto o sentito tra amici: "Ah, se fossi io sindaco o assessore, saprei bene come impiegare i soldi della pubblica amministrazione!". Bene, in alcune parti del mondo questo è già possibile, e anche l'Italia comincia a muovere i primi passi in tale direzione. Per capire di cosa si tratti, dobbiamo fare un viaggio in Brasile, per approdare nel Municipio di Porto Alegre, proprio la citta-

dina che ha ospitato il mese scorso il Forum Sociale Mondiale. Qui, ormai da tredici anni, si sperimenta il Bilancio Partecipativo, un sistema attraverso il quale i cittadini sono chiamati in prima persona a decidere come impiegare i fondi dei quali il municipio dispone. Essi, quindi, non si limitano ad esprimere un parere sulle priorità d'intervento da attuare nel territorio che abitano, ma possono determinarle concretamente, mettendo in atto un'esperienza reale di democrazia diretta. Questo modello ha già dimostrato la sua efficacia a livello di

Una veduta della cittadina di Grottammare. In questo Comune da otto anni si sperimenta un sistema molto simile al Bilancio Partecipativo.

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efficienza organizzativa ed obiettivi di sviluppo locale, oltre che, ancora più importante, ai fini di una maggiore equità e giustizia nella distribuzione delle risorse. Tale successo ha fatto sì che in varie parti del mondo si siano sperimentati sistemi di democrazia e bilancio partecipativo, ispirati all'esperienza di Porto Alegre, ma adattati alle specifiche situazioni, com'è ovvio che avvenga, soprattutto in un progetto che punti alla valorizzazione e allo sviluppo delle realtà locali. Dopo che molte città dell'America Latina hanno intrapreso questa strada, e si tratta spesso di grandi centri come San Paolo, Buenos Aires, Rosario, anche in Europa, numerosi municipi in Francia, Inghilterra, Spagna, Germania hanno avviato delle sperimentazioni che vanno nella direzione di una maggiore democratizzazione, a livello decisionale, nella gestione del territorio. Torniamo, però, in Italia, per scoprire cosa accade da noi. Molti saranno sorpresi nell'apprendere che, ad esempio, a Grottamare, nelle Marche, già da otto anni si sperimenta un sistema molto simile al Bilancio Partecipativo, mentre in varie


regioni, tra le quali in prima linea figurano Toscana e Lombardia, si sono avviati studi e progetti concreti che mirano ad un maggiore coinvolgimento della società civile nella pianificazione e gestione del territorio, nell'ambito di politiche finalizzate alla riqualificazione, valorizzazione e sviluppo delle realtà locali. Allo stesso tempo, in grandi città, come Roma e Napoli, sono in cantiere dei programmi di applicazione del sistema di bilancio e democrazia partecipativa, in alcuni municipi o in settori specifici della pubblica amministrazione. Naturalmente, in molti casi, tali progetti sono ancora in fase embrionale, ma certo rappresentano un primo passo importante ed un segno della volontà di rendere il cittadino protagonista, almeno a livello locale, degli interventi politici ed economici che lo riguardano.

Inoltre, alcune Università, Centri di Studio e Laboratori italiani sono all'avanguardia, anche in ambito internazionale, nella ricerca in tale settore e si sono mostrati particolarmente attivi nel coinvolgere le amministrazioni locali in programmi di sperimentazione concreta di progetti da loro elaborati. Basti un esempio per tutti. Alberto Magnaghi, coordinatore del Laboratorio di progettazione ecologica degli insediamenti, Lapei, dell'Università di Firenze, ha redatto, con un gruppo di docenti universitari italiani, la "Carta del nuovo municipio per una globalizzazione dal basso, solidale e non gerarchica", nella quale si danno indicazioni concrete per l'attuazione di progetti di sviluppo locale, basati su un maggiore coinvolgimento della società civile ed ispirati a princìpi di equità, solidarietà e giustizia sociale.

A questa proposta hanno già aderito molti amministratori locali di comuni, province e regioni, ai quali essa era indirizzata in modo privilegiato. Non è tutto. Infatti, tale documento, ha costituito la base di discussione di un workshop intitolato "Sviluppo locale autosostenibile: ruolo e compiti dei nuovi municipi, e valorizzazione delle reti sociali di attori locali per una globalizzazione dal basso", che si è svolto durante il II Forum sociale mondiale di Porto Alegre, e del quale referente è stato proprio il Laboratorio fiorentino. Non si può certo dire, quindi, che in Italia sia tutto fermo su questo tema, ma è pur vero che le cose non sono così semplici come potrebbero apparire. Non basta che gli studiosi portino avanti le loro ricerche e che gli amministratori locali prendano delle iniziative, né che la gente si limiti a dire "mi piace-

rebbe che fosse così anche nella mia città". Infatti, prendere decisioni riguardanti la pubblica amministrazione non è impresa facile.Richiede studio e tempo, impegno diretto, appunto, per rendere migliore la città nella quale si vive e, quindi, una forte responsabilizzazione da parte del cittadino, che dovrebbe rinunciare definitivamente all'alibi di dare ai "politici" la colpa di ciò che non va, e mettersi in gioco in prima persona, con i rischi che questo comporta. Non solo nuovi diritti, ma anche altri doveri. Sarebbe una grossa sfida per ciascuno. Nel momento in cui dovessimo essere chiamati ad affrontarla, saremo capaci di non tirarci indietro per costruire, con fatica e soddisfazione, quel "mondo migliore" del quale troppo spesso si parla, senza fare nulla personalmente per renderlo possibile?

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ARGOMENTI

ROSA CANDIDO di Giancarlo La Vella

Rosa Candido Dopo 19 anni alla guida della Gazzetta dello Sport, Candido Cannavò lascia la direzione del giornale rosa. Soddisfazioni e momenti difficili vissuti in questo periodo dal direttore del più prestigioso quotidiano nazionale sportivo.

Dall'11 marzo scorso "la rosa" non esce più a firma di colui che per 19 anni ha raccontato, attraverso le sue pagine, gioie e dolori dello sport nazionale e internazionale. Candido Cannavò - una fama, la sua, suggellata, ma non solo, anche dalle bonarie imitazioni televisive - passa a incarichi più prestigiosi e anche se non farà mancare il suo apporto al giornale, è questo un momento che segna indubbiamente un cambiamento epocale per la Gazzetta dello Sport. "Stadium" è riuscito a contattarlo telefonicamente proprio il giorno del passaggio delle consegne. Romanticamente, ma è solo una licenza che ci concediamo, ci piace immaginarlo da solo nel suo ufficio di direttore a mettere da parte le sue cose e a fare mentalmente un bilancio dei 19 anni passati alla guida della Gazzetta.

TANTO

SPORT

= TANTA

UMANITÀ

Secondo lui è stata un'esperienza immensamente ricca quella di guidare un giornale che fa tendenza nello sport come la Gazzetta. La tradizione, il prestigio, la fama e il favore del pubblico ne hanno fatto una prova inizialmente da far tremare i polsi. Poi Cannavò, il direttore, negli anni è riuscito a dare alla "rosa" la sua impronta. "Questo giornale è una grande famiglia - ci ha detto con un po' di commozione - verso la quale io nutro un amore diverso, ma di eguale intensità dell'affetto che provo per la mia famiglia personale". Al direttore sarà capitato tra le mani la copia della prima Gazzetta firmata da lui o quella di un evento particolare: la vittoria dell'Italia ai mondiali spagnoli, medaglie olimpiche, entusiasmi e delusioni per le alterne vicende del pirata Pantani e così via, in un'alternanza di eventi che hanno segnato, non senza eguale importanza, accanto a quelli sociali e politici, la nostra storia. "Andare al lavoro a fare qualcosa che ami veramente, è questa la mia fortuna, provando giorno dopo giorno sempre le stesse emozioni". E Candido Cannavò, attraverso il suo giornale, emozioni ne ha vissute e ne ha fatte vivere ai lettori, raccontando, ma mai ricamandoci sopra, le vicende dei campioni di ogni disciplina.

Q UANDO

DI SPORT SI MUORE

Parlare di sport, visto dall'esterno, sembra possa essere la cosa più serena e divertente del mondo, ma spesso presenta le sue laceranti difficoltà, tanto più in un giornale come la Gazzetta dello Sport. Ad esempio, il

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direttore ricorda drammaticamente la serata dell'Eysel, lo stadio belga che negli anni '80 ospitò la tragica finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool e in cui (a quel punto l'evento sportivo passò decisamente in secondo piano) persero la vita 36 persone a causa della follia di un gruppo di hooligans. Quale titolo fare? Che cosa scrivere, quando già si erano abbozzati parole trionfalistiche, in caso di vittoria, o un po' più meste in caso di sconfitta? Quella volta la mestizia è stata d'obbligo, ma dettata dalla triste vicenda di chi, andato ad assistere ad una festa sportiva, invece ha incontrato la morte.

IN

REDAZIONE

Come è il rapporto tra un direttore e i suoi redattori, numerosi come nel caso di un giornale a tiratura nazionale? E come ricorderanno i cronisti della Gazzetta dello Sport il loro capo? "Semplicemente come un buon direttore" - così si autodefinisce Cannavò -. A volte severo, ma con grande affetto, cercando di criticare gli errori, ma sempre in modo costruttivo, perché un quotidiano ha delle scadenze precise e inderogabili e, in ogni caso, deve essere leggibile e saper trasmettere sensazioni positive ai lettori.

S PORT E G UERRA Anche il mondo dello sport quest'anno è stato profondamente segnato dagli attentati negli Stati Uniti dell'11 settembre. Anche se non tutte le discipline hanno avuto la capacità di capire la portata dell'accaduto e di fermarsi di fronte a quell'immane tragedia,

"Attraverso il Giro abbiamo la Gazzetta dello Sport ha tralasciato le cronache agonistiche, seguito la storia del nostro per dedicare i titoli di testa e le Paese. Ripenso al prime pagine all'evento che ha scosso il mondo. "Non è la prima dopoguerra e al Giro del volta - ci ha detto Candido Can1946 che riuscì ad arrivare a navò - che questo avviene. Quando succede un fatto di tale Trieste, tra le macerie di una drammatica portata, tutto divennazione uscita distrutta e ta secondario. Non aveva senso fare il giornale del pallone di paralizzata dal secondo fronte a una tragedia di quel conflitto mondiale..." genere". E l'apertura al mondo è una caratteristica del giornale di Cannavò. "La Gazzetta - sono parole sue - è un giornale che parla della sentito di scrivere pagine memorabili e vita, oltre che di sport che del resto ne fa anche a quelli che, dopo essere celebrati, hanno in parte tradito i valori più veri dello parte con i suoi vizi e virtù". sport. "Ma lo sport - sottolinea Cannavò - è metafora della vita. In esso c'è tutto, le gioie G AZZETTA E G IRO D 'I TALIA e i dolori, le soddisfazioni e le delusioni. Un ricordo emozionante e vivo Cannavò L'importante è riconoscere i propri errori e sicuramente lo porterà con sé e riguarda il guardare sempre in avanti con fiducia". ciclismo, il Giro d'Italia in particolare. La Gazzetta dello Sport del resto è nata con L A G AZZETTA DEL XXI SECOLO questa competizione, tanto da dare il medesimo colore alla maglia del primato, il rosa In 106 anni di vita la Gazzetta ha sempre appunto. "Attraverso il Giro - ricorda il diret- cercato di essere fedele ai valori dello sport, tore - abbiamo seguito la storia del nostro come sarà il futuro senza Cannavò? "Lascio Paese. Ripenso al dopoguerra e al Giro del al mio successore un giornale che è ormai 1946 che riuscì ad arrivare a Trieste, tra le un fenomeno mondiale - dice -; presente in macerie di una nazione uscita distrutta e ogni parte del mondo, considerato da tutti paralizzata dal secondo conflitto mondiale. gli osservatori del settore un giornale leaPenso, ancora a quello del 1961 che cele- der. La cosa emozionante è sapere che ogni brò il centenario dell'unità d'Italia. E ricor- giorno esso viene letto in America, in derò per sempre il Giro del Giubileo che Australia, come in tutta Europa e questo ci partì da Roma". Un pensiero particolare impegna ancora di più". E anche lontano Cannavò lo dedica ai campioni delle due dalla sede di Via Soferino, a Milano, c'è da ruote, che con le loro imprese hanno con- giurarci, la Gazzetta veste in rosa.

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ARGOMENTI

NUOVA LEGGE IN LIGURIA di Rosita Farinosi

Nuova legge in Liguria LA NORMATIVA PER LO SVILUPPO DEGLI IMPIANTI E DELLE ATTIVITÀ FISICO-MOTORIE È STATA VARATA ALL'INIZIO DI FEBBRAIO Nella bellissima terra di Liguria, alle soglie della primavera, si preannuncia una nuova stagione anche per lo sport. È infatti datato 5 febbraio il testo legislativo in materia di impianti e attività motorie che si prefigge di regolamentare un settore di notevole rilevanza sociale ed in continuo sviluppo. La legge appena emanata manda in "pensione" quella precedente, vigente dal 1985, rivisita tutta la materia e propone non poche innovazioni atte al sostegno economico del variegato mondo sportivo a tutti i livelli. Una di queste è quella relativa alla possibilità di sostegno a soggetti pubblici e privati in caso di eventi straordinari derivanti da calamità naturali a danno di impianti sportivi e delle loro attrezzature che va a colmare un vuoto presente nella precedente normativa. Nuove, poi, sono le disposizioni a tutela del talento sportivo, che attivano alcune forme di benefici, sotto forma di borse di studio, volte a sostenere i giovani atleti liguri che pratichino attività agonistica all'interno di una Federazione Sportiva Nazionale, con risultati che li qualifichino "atleti di interesse nazionale". Ed inoltre, contributi destinati ad un ampio ventaglio di beneficiari. Economia a parte, il testo sembrerebbe completo di tutte le disposizioni utili per un corretto ed efficace sviluppo dell'impiantistica, della formazione professionale, della tutela sanitaria e della pratica sportiva sia a livello dilettantistico che professionale con un occhio di riguardo per quelle attività fisiche caratteristiche della regione Liguria. Il condizionale è d'obbligo, per prudenza, visto che l'attuazione del piano dovrà essere approvata entro l'anno.

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A colloquio con Nucci Novi Ceppellini, Assessore a Terza Età e Famiglia, Servizi alla Persona, Cultura e Sport della Regione Liguria. Nella stesura della nuova legge regionale sullo sport è stato seguito qualche modello? No. La nuova legge regionale sullo sport nasce dalla precisa esigenza di rivisitare in modo radicale la materia, sia allo scopo di favorire le nuove esigenze dell'utenza, sia al fine di semplificare le procedure, prevedendo anche alcune deleghe di funzioni nell'ottica di una corretta politica di decentramento. Peraltro, solo alcuni degli elementi di novità introdotti, sono già stati adottati anche da altre Regioni. In particolare si tratta della possibilità per la Regione di costituire un fondo a contabilità separata presso l'Istituto per il Credito Sportivo con enormi vantaggi per l'utenza nonché del fatto, fondamentale, di arrivare a dare una norma al complesso fenomeno dell'esercizio di attività motorio-ricreative. Infatti, in quest'ultimo decennio, tali attività hanno visto crescere esponenzialmente la propria diffusione; sono sorte numerose palestre private, che propongono - a clienti di tutte le età, svariate forme di attività che richiedono una competenza professionale degli addetti di livello adeguato. È diventato, quindi, indispensabile, per garantire una maggiore e più qualificata tutela dell'utenza, prevedere la presenza di operatori qualificati. Riguardo ai raccordi con il piano sanitario

regionale, come si realizzano gli interventi in ordine di tutela della salute? Nel programma regionale di promozione sportiva saranno definiti i necessari raccordi con il Piano Sanitario regionale tenendo conto che, peraltro, la disciplina della tutela sanitaria nelle attività sportive è di competenza dell'Assessorato alla Sanità. Quali sono i criteri per l'impiantistica di base? I criteri per l'impiantistica di base saranno definiti nel programma regionale di promozione sportiva che dovrà essere approntato entro l'anno in corso sulla base del censimento degli impianti sportivi esistenti. Conseguentemente a tali criteri, nonché in relazione alla disponibilità di fondi sui relativi capitoli di bilancio, verrà così regolamentata l'istruttoria ai fini della concessione dei contributi in conto capitale e in conto inte-


canottaggio a sedile fisso e mobile, pallanuoto, pallone elastico e vela, quasi tutti sport cosiddetti "minori" ed alcuni di diffusione limitata ad alcune parti del territorio regionale (come per esempio il pallone elastico molto diffuso nel savonese) sia per quanto riguarda la loro promozione, sia per ciò che attiene all'impiantistica dedicata, prevedendo criteri di priorità all'interno del programma regionale di promozione sportiva. Come opererete per il censimento delle associazioni presenti nella regione e quando verrà attuato il piano regionale? Nella nuova legge, relativamente all'attività programmatoria, rivestono carattere fondamentale l'aggiornamento del censimento degli impianti esistenti e l'indicazione dei criteri tendenti a localizzare gli impianti soddisfacendo le esigenze di un riequilibro tipologico-territoriale, così come il censimento delle associazioni sportive operanti nella Regione. Come già detto, il censimento che verrà effettuato in accordo con il CONI che già aveva curato il precedente risalente all'anno 1988 - sarà la base sulla quale verrà approntato il Programma regionale di promozione sportiva che deve essere approvato dal Consiglio regionale entro l'anno in corso.

ressi per la realizzazione, il completamento e la manutenzione straordinaria di impianti sportivi. Al proposito, rispetto a quanto previsto dalla precedente normativa, è stato ampliato il numero dei possibili beneficiari di tali contributi che, sia per i contributi in conto capitale che per quelli in conto interessi, sono: Comuni, Comunità Montane, Enti Parco, Società e Organizzazioni affiliate al CONI, Società e Associazioni affiliate agli Enti di Promozione e Propaganda Sportiva e Istituzioni scolastiche. Una novità è rappresentata dall'attenzione per le discipline di tradizione ligure. Quali sono e come si intende promuoverle? Questa innovazione va vista nel senso di valorizzare al massimo le discipline di tradizione regionale quali bocce e petanque,

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DOSSIER

LA SOCIETÀ SPORTIVA TRA MISSION E VISION di Andrea De Pascalis

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CERCANSI La Società sportiva tra mission e vision VOLONTARI LA SOCIETÀ DI BASE DEL CSI PUÒ AVERE UN RUOLO CENTRALE NELLA PROMOZIONE DI UN DIVERSO MODELLO SPORTIVO, A CONDIZIONE DI SAPER CONCILIARE CULTURA E STRATEGIA, IDENTITÀ E CAMBIAMENTO A fronte del bisogno di qualità che accompagna la nuova domanda di sport, la Società sportiva tradizionale si ritrova per molti versi costretta a improvvisare, a reinventarsi giorno per giorno in un contesto che non la favorisce affatto. C'è da affrontare la concorrenza delle palestre e dei club privati, da superare la propensione degli Italiani allo sport fai da te, da vincere la loro recente riottosità ad aderire a forme associative "impegnate", da lottare per fare quadrare i bilanci in un momento in cui gli Enti locali e gli sponsor hanno stretto i cordoni delle loro borse semivuote. Poi c'è da fare i conti con la crisi di vocazioni del volontariato, e ancora ci sono il problema della scarsa disponibilità di impianti a buon mercato e quello della costosa tutela sanitaria. Insomma, vecchie e nuove difficoltà si sommano a formare un groviglio tanto più scoraggiante perché avviene in un momento in cui è in crisi lo stesso tradizionale modello dello sport italiano. Che cosa c'è dietro l'angolo della Società sportiva di base? E come possono muoversi le Società del CSI in un contesto così complesso e difficile?

U NO

SVILUPPO CASUALE E DISORDINATO

Tutti noi siamo abituati a sentirci ripetere dalle istituzioni politiche, da quelle sportive e dagli stessi uomini dei media che la Società sportiva fondata sul volontariato è la cellula di base e il centro ideale del sistema sportivo italiano. Apparentemente, dunque, tutti si tolgono il cappello di fronte alla Società sportiva e alla sua indispensabilità. Ma fino a che punto è vero?In Italia le Società sportive facenti capo a Federazioni ed Enti di promozione sono stimate tra le 80.000 e le 90.000 unità, con una densità media più o meno pari a dieci Società per ogni Comune della penisola. È un patrimonio che in altri paesi occidentali ci invidiano, visto che nel nord del continente l'associazionismo sportivo vive massimamente nel contesto scolastico e fuori non riesce a prendere il volo. Ma in questo "miracolo italiano" c'è ben poco di voluto e program-

mato. Lo sviluppo dell'associazionismo sportivo, sia ad impronta selettivo-agonistica sia ad impronta sociale, è avvenuto al di fuori delle preoccupazioni dei legislatori di ieri e dell'altro ieri. Si è trattato piuttosto di un beneficio derivato dalla ricca tradizione associativa italiana che, ad un certo punto, ha trovato applicazione anche nello sport. Lo stesso CSI ha ereditato e sviluppato nelle sue Società la tradizione dell'associazionismo radicato nelle "opere" degli oratori e negli istituti cattolici. Parimenti è avvenuto per l'associazionismo sportivo nato dal solco socialista delle società operaie e di mutuo soccorso. La premessa parte da lontano, ma serve a fare capire che oggi la Società sportiva si trova a pagare anche le conseguenze di colpe non sue: stanno venendo al pettine i nodi di una crescita ammirevole ma purtroppo disordinata, in quanto avvenuta per germinazione spontanea, senza essere mai accompagnata e assecondata da un progetto "istituzionale" fondato sulla consapevolezza del valore che una pratica sportiva diffusa può rivestire per i singoli cittadini e per la collettività. Ma oggi non è più possibile affidarsi alla provvidenza. A ben vedere, le 80.000 Società di oggi sono le stesse che venivano decantate dal sistema sul finire degli anni Ottanta, solo che allora i praticanti erano molti di meno. Non è un mistero per alcuno che il più recente sviluppo della pratica sportiva è avvenuto, e stia continuando ad avvenire, fuori dalle società sportive. Come se non bastasse, il prosciugarsi del Totocalcio ha reso ancora più difficile per le Società di base, rigorosamente non profit, affrontare la concorrenza delle palestre private. Insomma, non si può più sbagliare.

DA

UN SISTEMA UNITARIO AD UNA COSTELLAZIONE DI SISTEMI

"Cerco un centro di gravità permanente" cantava Franco Battiato un bel po' di anni fa. La canzone non stonerebbe oggi sulle labbra della Società sportiva di base. Se essa non è al centro delle preoccupazioni e dei programmi dei "decisori" del paese, di cosa mai essa può essere al centro? Del sistema sportivo italiano? Pare pro-

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DOSSIER

LA SOCIETÀ SPORTIVA TRA MISSION E VISION

prio di no. Il sistema sportivo italiano quale insieme organico e coerente è un'astrazione, un'idea utopistica che i fatti stanno cancellando. Il sistema sportivo italiano - hanno fatto notare alcuni specialisti di management sportivo - si sta spaccando irrimediabilmente in più parti: c'è uno sport di vertice, che va in borsa, fa spettacolo, cattura audience, attira sponsor e si organizza in maniera aziendale; c'è uno sport sociale, che garantisce uguale diritto di accesso a tutti, valorizza l'associazionismo e trae la propria linfa vitale dalla forza del volontariato; c'è infine uno "sport di mezzo" che, non riuscendo a godere dei vantaggi del secondo ma non potendo neanche aspirare alla forza del primo, appare inevitabilmente destinato a soccombere. Con l'aria che tira, è difficile pensare che questo CONI - così privo di idee, di mezzi, di coraggio, e anche di sincerità nella sua pretesa di rappresentare tutto lo sport nazionale e non solo quello mirato alle Olimpiadi - possa riuscire a mettere in piedi un vero sistema unitario diverso da quello che sta scoppiando. È molto più probabile che si vada verso una costellazione di sistemi diversi, tanti quanti sono le Regioni d'Italia, ciascuno con le sue regole, ossia con le sue leggi sulla promozione dello sport. Tanto più che la Corte costituzionale ha sentenziato già da 15 anni (sentenza 517/87) che le attività sportive non agonistiche sono di competenza delle Regioni. Di qui la risposta all'interrogativo precedente: la Società sportiva sarà sempre più, o almeno dovrà sentirsi, al centro del territorio, che non necessariamente coincide con i confini di una Regione, Provincia o Comune. Ed ecco l'altra domanda chiave: che cos'è il territorio per la Società sportiva? Per una Società sportiva il "territorio" va inteso come qualcosa di più rispetto ad un'area geografica e qualcosa di diverso rispetto al semplice insieme della comunità che vi risiede. Non è possibile darne una definizione preventiva. È la Società sportiva stessa che

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Stadium marzo 2002

deve definire qual è il proprio territorio di elezione: commisurandolo alle proprie possibilità e ambizioni, oltre che definendolo in base alle caratteristiche geografiche e sociali. Fare riferimento ad un'area ben precisa (quartiere, circoscrizione, piccola cittadina) costituisce solo un primo passo. Soprattutto, il territorio va inteso come qualcosa di vivo e di dinamico; come un insieme integrato e in continua evoluzione - costituito da persone, strutture, organizzazioni/istituzioni e condizioni socio-ambientali di cui tenere conto per programmare la propria vita sociale.

DI

COSA È VERAMENTE AL CENTRO LA SOCIETÀ SPORTIVA ?

La Società sportiva è realmente al centro del territorio quando ha consapevolezza di tutte le componenti che "fanno" il territorio. In questo senso i potenziali fattori costitutivi del territorio sono moltissimi: • con riferimento alle persone: la popolazione residente, e le sue fasce di età; gli operatori del volontariato sociale e delle agenzie educative e la loro disponibilità; gli operatori del volontariato sportivo e la loro disponibilità; • con riferimento alle strutture: gli impianti pubblici e privati; piccoli e grandi spazi d'uso sportivo; piccoli e medi spazi pubblici e privati attrezzabili; grandi aree verdi; • con riferimento alle organizzazioni/ istituzioni: società sportive, associazioni, istituti scolastici pubblici e privati; assessorati ed altre istituzioni cointeressati nei processi di promozione di interventi sportivo-educativi; consulte ed altri organismi che raggruppano più soggetti; parrocchie ed altre agenzie educative; • con riferimento alle condizioni socio-economiche: le strutture e le attività produttive; le caratteristiche geofisiche e ambientali (clima, mare/montagna/pianura); • con riferimento al sistema sportivo: qualità e numero dei praticanti; qualità e quantità dell'attività sportiva, qualità e quantità dei ser-


vizi; leggi e normative; • con riferimento ai media locali: quotidiani, periodici, emittenti radio e televisive interessati alla comunicazione di attività sportivo-educative; redattori e addetti alle relative rubriche. La Società sportiva è al centro di tutto questo. Il difficile è rendersene conto e mettersi a lavorare con tale consapevolezza nel cuore. La conoscenza delle componenti del territorio è il primo passo verso il continuo interscambio con esse, elemento che consente alla Società sportiva di vivere quale "comunità aperta" e non come cellula chiusa in sé, di avere una visione dinamica di se stessa e dei propri compiti, di essere sempre pronta a cogliere ogni input che possa condurre a rinnovare la propria offerta di proposte sportivo-educative.

LA

SPECIFICITÀ DELLA SOCIETÀ SPORTIVA

CSI

• servizi (ci si associa per fornire un servizio ai soci). Il "sale" di questi tre elementi è fornito dal volontariato. Questo tipo di Società, predominante nel panorama europeo, deve sempre più fare i conti con l'ascesa dei club profit, legati principalmente al bisogno di salute e al boom dello sport fitness, nei quali ogni accento è posto sui servizi, che sono forniti a pagamento. Per competere, dicono gli esperti, la Società tradizionale deve darsi una mossa, puntando sempre sul volontariato ma usando un management competitivo. È interessante dare un'occhiata (vedi tabella) alle differenze di management tra Società tradizionali e Club privati secondo il più famoso manuale angloamericano di management sportivo. Certe caratteristiche, certi "elementi costitutivi" sono irrinunciabili. Nel CSI siamo obbligati a pensare (in un certo senso a "sognare") una Società sportiva in cui la capacità progettuale e organizzativa, l'efficienza, la D IFFERENZE DI CONDUZIONE TRA UNA S OCIETÀ SPORTIVA TRADIZIONALE E UN managerialità stessa siano tutte messe al servizio degli elementi "valori" e "interessi", C LUB PROFESSIONISTICO cioè delle finalità di fondo comuni a tutta I processi di pianificazione e organizzaI processi di pianificazione e organizzazione sono formali e chiaramente divisi l'Associazione e sottoscritte nel "Patto Assozione sono informali e avvengono in tra un numero limitato di persone. canali diversi, spesso improvvisati. ciativo". Se parlassimo solo di managerialità, di progettazione, di accorta gestione I processi decisionali complessi sono I processi decisionali complessi sono delle risorse umane ed economiche, e preopera di un management opera di commissioni e riunioni. scindessimo da quei princìpi, la nostra Società sportiva finirebbe con il somigliare Il Consiglio supervisiona Il Consiglio esegue ad una buona Società sportiva federale o anche ad un buon club americano. E sarebIl Consiglio concepisce le idee e decide Il Consiglio giudica le soluzioni adottate be al centro di una clientela più o meno ricdal management su di esse ca, ma non del territorio in sé. Le mète del management includono l'effi- Le mète del management includono la Nello svolgimento dei loro compiti "tecnici" cienza, la solidarietà e la partecipazione qualità e l'efficienza. e di management, i dirigenti della Società sportiva CSI devono mettere una "anima" che in altri contesti non è necessaria. È una Tutti sono al corrente anche dei particola- Solo il Consiglio e il management sono "anima" difficilmente inquadrabile in una al corrente anche dei particolari delle ri delle decisioni e delle operazioni. definizione secca. decisioni e delle operazioni. Si tratta di arricchire l'attività con un "quid" fatto di un'attenzione, una sensibilità, uno I volontari svolgono la maggior parte del Il lavoro è svolto da dipendenti motivati da fattori quali salario, fruizione di stile operativo, una tensione ideale ed una lavoro e sono motivati da vari fattori bonus, tempo libero. cultura sportiva che consentano alla Società di vivere come comunità di persone, oltre (Da: Principles and practice of sport management, L. Pike, C.A. Barr, M. A. BumsAspen 1998) che come club.

Ma di quale Società sportiva stiamo parlando? Come esistono tanti tipi di sport, oggi esistono tanti tipi di società sportiva. Esistono Società polisportive e monosportive, di città e di paese, "ricche" e "povere", inserite in un contesto particolare (parrocchia, associazioni disabili, comunità di recupero...) e del tutto svincolate dal contesto... Quale che sia la sua configurazione "fisica", il suo "corpo", la specificità della Società sportiva del CSI è data dalla sua "anima". Tecnicamente la Società del CSI appartiene ad una varietà della "specie" lungamente studiata in Italia e all'estero, è un'associazione basata sulla combinazione di tre elementi: • valori (la Società si coagula intorno a certi valori e norme, in genere espressi nello Statuto); • interessi (lo scopo comune dei soci);

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DOSSIER

LA SOCIETÀ SPORTIVA TRA MISSION E VISION

"La vision è un'immagine forte di ciò che il gruppo desidera essere. È il sogno che nasce da un'insoddisfazione del presente, è un viaggio mentale dal noto all'ignoto, una rielaborazione creativa di fatti, speranze, rischi, opportunità. La vision rappresenta una ragione per vivere da protagonista l'organizzazione.... "Per ottenere una cultura forte e vincente ci sono tre mosse da compiere: • instillare l'impegno verso uno scopo comune, tenendo conto che tale impegno deve coincidere sia con gli interessi individuali che collettivi, • sviluppare e premiare le competenze nelle aree chiave, • dimostrare sempre coerenza nell'impegno e nella competenza aggregando, formando e valorizzando le persone giuste”.

LA SOCIETÀ

L A S OCIETÀ

SPORTIVA E IL PROGETTO CULTURALE DEL

CSI

Il CSI sta varando un "progetto culturale e sportivo" che faccia da riferimento per gli anni a venire. Esso chiama in causa le Società sportive, non solo tramite rinnovate proposte di attività sportive e di formazione. Ancor più, esso pretende un rinnovamento culturale che faccia da motore al cambiamento del modo di concepire e vivere la pratica sportiva dentro e fuori l'Associazione. La questione è delicata ma importante. Il management, l'uso della tecnologia, la disponibilità di un'impiantistica adeguata, grandi finanziamenti, sono tutti mezzi e non fini, per le grandi strutture associative come per la più piccola Società sportiva. In Italia non ci sarà mai affermazione dello sport sociale se non cambieranno la cultura del mondo sportivo e quella sul mondo sportivo. L'attuale deriva, come già visto, è quella che ci condurrà, nel giro di qualche lustro, se non si corregge la rotta, ad uno sport diviso in due tra sport selettivo-agonistico e sport dei club privati. La Società sportiva deve fare la sua parte. Può farlo se ha ben chiari, e riesce a calarli nella realtà quotidiana, pochi e fondamentali princìpi, come suggeriscono alcuni analisti dei problemi associativi. "Alla base di qualsiasi possibile cambiamento (delle associazioni), ed ancor più alla base di qualsiasi percorso verso l'eccellenza, vi è un binomio inscindibile tra cultura e strategia. Il binomio è possibile se saranno chiare la mission , cioè la ragion d'essere, e la vision, cioè gli scenari possibili dell'organizzazione stessa. La mission risponde alla domanda: perché esistiamo? La vision alla domanda: cosa stiamo costruendo insieme?

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Stadium marzo 2002

SPORTIVA COME COMUNITÀ ATTIVA

Il nuovo progetto culturale sportivo del CSI fa riferimento al concetto di cittadinanza attiva come "filosofia" mediante la quale agire per un rinnovamento della cultura sportiva che conduca, tra l'altro, ad un mutamento, ai diversi livelli, della politica pubblica relativa allo sport e ai tanti altri settori del sociale che si intersecano con la proposta sportiva: dai diritti civili alla tutela sanitaria, dall'assistenza dei "deboli" alla difesa ambientale, dall'educazione civica all'inclusione e alla coesione sociale. Si tratta, per il CSI quale Associazione, di impegno civile, di ritrovare voce e ruolo nei processi politici che incidono sui suoi campi di azione. Fare cittadinanza attiva ha un valore in più: significa aiutare le persone, e in particolare i giovani, a ritrovare il gusto della partecipazione democratica, vincendo la tentazione dello scoraggiamento e del disimpegno. Sono concetti già accennati anche su Stadium. Ma in che modo essi si traducono per la Società sportiva del CSI? In che modo una Società di base può svolgere un incisivo ruolo di sostegno alla riforma della politica locale? Viene in mente l'impegno lanciato dal Forum del Terzo Settore ad "essere tessitori, sartorie di società civile". Anche la Società sportiva può contribuire ad individuare priorità programmatiche, impegni e proposte che sviluppino lo sport quale strumento per affermare valori come la democrazia, la solidarietà, la giustizia sociale e il rispetto della persona. Dunque continua, e si conferma cantiere perennemente aperto, il lungo percorso di elaborazione culturale del CSI sulla Società sportiva, iniziato alcuni decenni fa e che ha avuto come pilastri i concetti della Società comunità educante e soggetto di impegno sociopolitico verso il territorio. Non c'è frattura tra quei concetti e questo: c'è anzi continuità, poiché l'idea della Società come "comunità attiva" e scuola di cittadinanza attiva, con tutto ciò che ne consegue, costituisce solo l'indispensabile sviluppo-adeguamento dettato dai tempi odierni.


VITACSI

NON TRUCCARE IL MOTORE

Il CSI e la Provincia di Rieti hanno presentato “Non truccare il motore”, una campagna di sensibilizzazione contro l’uso del doping e per favorire la lealtà nell’esercizio sportivo

Non truccare il motore! Tra reclami, assoluzioni, analisi, controsqualifiche per mesi, anni e giorni, polemiche più o meno olimpiche, esiste e resiste il doping nello sport. Il Centro Sportivo Italiano è ben consapevole della pericolosità, specie nell'età dello sviluppo giovanile, delle sostanze dopanti, dei prodigiosi ritrovati chimici e dei suoi derivati, ponendo da sempre un'attenzione "educativa" allo sport di base, che non ha di questi controlli. Il 2004 sarà l'anno europeo dell'educazio-

ne attraverso lo sport. In questa direzione il CSI già si sta muovendo per ribadire il suo no al doping. In questi ultimi giorni sono stati presentati due progetti. A Modena il primo si chiama "Il tallone d'Achille - come non farsi male " ed è una campagna d'informazione, che avversa la cultura dell'uso smodato dei farmaci, rivolta agli sportivi giovani, in particolare ai dilettanti. Per questo è attivo dal 18 marzo, un numero verde (800-170001), cui ci si può rivolgere ogni giorno dalle 12 alle 14 gratui-

tamente per avere notizie e informazioni sulle sostanze definite dopanti, quelle incerte e le patologie connesse alla loro assunzione. L'altro progetto nasce invece dall'ombelico d'Italia, la provincia di Rieti, dove il CSI ha presentato "Non truccare il motore", una campagna di sensibilizzazione contro l'uso del doping e per favorire la lealtà nell'esercizio sportivo. Si tratta di un modo per "costringere gli studenti di ogni età e di ciascun livello scolastico, e gli stessi insegnanti, a riflettere su questo tema scottante" ha detto Vincenzo Lodovisi, assessore provinciale per le politiche sportive. "Non lasciare quindi soltanto alla comunicazione mediatica - ha aggiunto l'assessore - l'informazione rivolta ai giovani su questo argomento. Se ne parla infatti molto, in maniera sommessa e assai poco come funzione educativa". Gli studenti, di elementari, medie e superiori del reatino sono chiamati ora ad esprimersi sull'argomento attraverso un logo, una strip fumettistica, un articolo giornalistico, uno slogan o un racconto. Potranno comporre un disegno i più piccini o magari realizzare uno spot pubblicitario i più grandicelli. In palio un tavolo da tennistavolo, palloni, computer… Porte dunque ben aperte ai vari campioni che da marzo ad aprile entreranno nelle palestre scolastiche, tra i banchi, per spiegare e dialogare sul doping. CSI e Provincia di Rieti hanno poi fissato due convegni, il 22 aprile al Polo didattico di Passo Corese e il 6 maggio a Rieti. Dunque Non truccate il motore! Quello della Sabina, è già a pieni giri. Magari è anche merito del suo pregiato olio, genuino e al naturale.

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ARGOMENTI

INTERVISTA A DAMIANO TOMMASI di Solen De Luca

Damiano L’anima candida Tommasi giallorossa INTERVISTA AL CENTROCAMPISTA DELLA ROMA DAMIANO TOMMASI

Foto di G. Sposito

Così è stato ribattezzato Damiano Tommasi, il trottolino del centrocampo giallorosso e della Nazionale, per il suo carattere e per le numerose iniziative di solidarietà sociale al quale ha aderito. Tra i giocatori più corretti e positivi della serie A, racconta a Stadium del suo impegno in campo e fuori…

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Stadium marzo 2002

A quando risale la tua passione per il calcio? Non ricordo esattamente quando ho iniziato. Credo che tutto sia cominciato insieme ai miei fratelli: con tre di loro - più o meno miei coetanei - giocavamo a pallone nei prati di Negrar, il paesino di montagna vicino a Verona, dove siamo cresciuti. Non erano proprio campi pianeggianti, ma ci adattavamo comunque. Poi, ad 11 anni, ho cominciato a fare un po' più sul serio, firmando un contrattino con una squadra locale. Ricordo la prima vittoria con i pulcini del Negrar (era un torneo CSI, ndr) e il mio allenatore Gianfranco Modena. Ho avuto la fortuna di avere un padre molto sportivo che, oltre a trasmettermi questa passione per il calcio, mi ha fatto praticare la pallavolo, lo sci di fondo ed il tamburello. Tutti sport che ho dovuto poi lasciare, così come altre attività praticate dai miei amici: dovendomi allenare tutte le domeniche mattina, a differenza degli altri ragazzi, il sabato sera mi toccava andare a letto presto. Una gioventù sacrificata? Assolutamente no. Quella di giocare a calcio era una mia scelta, quindi per me era facile non uscire il sabato sera con gli altri. Se prendi una strada, devi anche saper accettare le conseguenze della tua scelta. Proprio per questa ragione, molti riescono ad ottenere risultati in ambito sportivo ed altri no. È tutta una questione di priorità. Nel mio caso, la priorità era giocare a calcio. Quale consiglio daresti ad un bambino o ad un ragazzo che volesse intraprendere la carriera da calciatore? Un rischio è rappresentato dall'atteggiamento che hanno i genitori nei confronti del bambino e della sua voglia di sfondare nel


LA SCHEDA DI DAMIANO TOMMASI

Nato a Negrar (Verona) il 17/05/1974 Ruolo: Centrocampista della A.S. Roma (proveniente dal Verona) Misure: 1.77 m per 71 kg Ha ricevuto vari riconoscimenti: oltre al premio "L'altro pallone" nel 2000, il Premio nazionale "Solidarietà 2001" per la correttezza sportiva e l'impegno sociale profuso fuori campo. Ha contribuito alla realizzazione del centro sportivo polivalente a Stubilla, in Kosovo. Ha dato il via ad una raccolta di fondi per aiutare un orfanotrofio di Belgrado.

me in quanto personaggio. La mia intenzione è, infatti, quella di far conoscere queste iniziative e non certo quella di farmi pubblicità. Tutto ciò mi fa pensare a cosa succederà quando non giocherò più a calcio. Perché non è il mio lavoro ad essere importante, ma quello che fanno tanti volontari e tante associazioni nei confronti di tutte quelle persone bisognose. Il tuo è un ambiente in cui gira moltissimo

Foto di G. Sposito

mondo del calcio. Purtroppo, capita spesso che ad illudere il bambino sia proprio la famiglia. E questo succede quando si considerano solo i lati positivi di questa professione. Per quanto mi riguarda, posso dire di essere stato fortunato, perché non ho mai avuto pressioni di nessun genere. La gioia dei miei era di vedermi crescere con la responsabilità della scuola e dello sport che dovevo praticare. Bisognerebbe, anzitutto, far capire a certi genitori che non tutti sono dotati per giocare a pallone. Allo stesso modo, se un padre o una madre si accorge che quella calcistica è la carriera giusta per il proprio figlio, l'essenziale è che non gliela imponga. Il bambino deve poter giocare a calcio solo se è lui stesso a volerlo. Ma è difficile resistere al sogno di guadagnare miliardi già a 18 anni… In realtà, questa è una fortuna che capita a pochi privilegiati. Il mondo del calcio è un ambiente che illude tantissimo i giovani, spesso addirittura fino ai 21-22 anni. E così, basta poco per mettere a rischio una carriera: un semplice infortunio o una scelta tecnica errata da parte dell'allenatore o della società. Inoltre, bisogna dire che i praticanti sono in gran numero - tra quelli che iniziano a giocare e quelli che arrivano dall'estero - e chi giunge al calcio professionistico si trova spesso a dover affrontare una fortissima competizione. Se poi non hai firmato un contratto lungo, non ti puoi neanche permettere di avere alti e bassi. E se non ti va bene, una volta intrapresa quella strada, a quell'età, è molto difficile riuscire a cambiare lavoro. In cosa consiste la tua preparazione fisica? Mi alleno tutti i giorni, spesso anche due volte al giorno. L'allenamento in sé non dura mai più di un'ora e mezza. Per quanto riguarda la mia dieta, devo solo stare attento a mantenere il mio peso forma. Significa non abbondare in dolci e mangiare molta carne. Per fortuna, la nostra è una dieta mediterranea, quindi non abbiamo particolari difficoltà a seguire un buon regime alimentare. Si parla molto di te, della tua anima candida, come giocatore impegnato nel campo sociale. Cosa pensi di questa definizione? Vorrei che l'opinione pubblica si concentrasse maggiormente sui progetti di solidarietà a cui presto la mia figura, e non su di

denaro. Come sei riuscito a far conciliare questa realtà con i valori di cui sei portatore? È una domanda che mi stupisce un po'. Non capisco perché si debba, ogni volta, mettere in discussione il rapporto esistente tra un calciatore ed il denaro. Perché dobbiamo sempre essere giudicati in base a quello che guadagniamo? I calciatori si comportano come la maggior parte dei ragazzi della loro età. Prova a chiedere ad un giovane tra i 20 ed i 35 anni cosa farebbe se avesse una forte somma di denaro a sua disposizione e vedrai cosa ti risponderà: si comprerebbe una macchina costosa e dei bei vestiti. Proprio come fanno i calciatori. Addirittura, per molti di loro, non è neanche così. Sono, infatti, tanti quelli che hanno già una famiglia e che concentrano quindi la loro attenzione su altro. Purtroppo, credo che esista una concezione distorta del nostro ambiente. Non si diventa bravi e famosi da un giorno all'altro. Ci vuole impegno, dedizione e costanza: solo così arrivano i risultati.

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UNO SPORT ALLA VOLTA

LA CORSA D’ORIENTAMENTO di Franca Nadalin

La corsa orienteering d'orientamento UN

PO ' DI STORIA

Come in tanti altri sport che hanno avuto origine dalle usanze, si deve ricercare la provenienza dello sport orientistico nella scienza, sviluppata dall'uomo, dell'orientamento sulla terra e sulle acque.Il movimento sportivo orientistico ha inizio nella metà del XIX secolo con gli "esercizi d'esplorazione" degli ufficiali dell'Europa Settentrionale. Con la fine del secolo, l'interesse dei militari fuori servizio crebbe a tal punto che le società sportive cominciarono ad organizzare gare d'orientamento di diverso carattere per i propri soci. A Bergen, in Norvegia, il 13 maggio 1897 fu organizzata la prima gara di corsa di orientamento.Tuttavia l'anno zero dell'orientamento è considerato il 1919 quando fu organizzata la prima corsa di Stoccolma, alla quale parteciparono 220 atleti. Lo "sport dei boschi" ha dunque la sua culla nei paesi nordici, ma si diffonde presto in Europa e nel mondo con crescente velocità. In Italia, l'orientamento fa la sua prima apparizione nel 1974 in Trentino, grazie all'opera del professore cecoslovacco Vladimir Pàcl. Attualmente l'Organo Nazionale dell'Orienteering è la Federazione Italiana Sport Orientamento (F.I.S.O.) riconosciuta dal CONI. Comprende le seguenti discipline: corsa d'orientamento, sci-orientamento, mountain bike-orientamento e il trail-o, attività di orientamento per i diversamente abili. Prossimo obiettivo: Le Olimpiadi

C OS ' È

LA

C ORSA D 'O RIENTAMENTO ?

L'Orienteering, meglio definito come lo sport dei boschi (Skegsport), consiste nel raggiungere, servendosi di carta e bussola, una serie di punti di controllo (lanterne)

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Stadium marzo 2002


nel numero e nell'ordine dato. Si tratta di una gara a cronometro, vince chi trova tutte le lanterne giungendo al traguardo nel tempo più breve. Le gare si possono svolgere sia nei luoghi boscosi sia nei centri urbani, in particolare in quelli storici. Il tracciato di gara, diverso per ciascuna categoria, è stampato sulla carta in colore violetto o rosso ed è composto di:

triangolo che indica il luogo della partenza;

LA CARTA D'ORIENTAMENTO Elemento essenziale di una corsa d'orientamento è la carta topografica della zona, sulla quale è tracciato il percorso di gara. La carta è una rappresentazione simbolica, un insieme di segni codificati che in qualsiasi parte del mondo possono essere letti. Utilizza cinque colori, ciascuno dei quali ha un preciso significato: = bosco attraversabile = vegetaz. non attraversabile

una serie di cerchietti che indicano i posti di controllo (lanterne);

= vegetazione attraversabile = prati e radure

due cerchi concentrici che indicano l'arrivo.

= acque = sentieri, case, sassi e rocce

I punti di controllo sono materializzati sul terreno dalla cosiddetta lanterna, segnale bianco-arancione o bianco-rosso a tre facce, che sono posate dal tracciatore della gara, in corrispondenza dell'oggetto o forma del terreno segnalato dal cerchietto rosso sulla carta.

LA

= forme del terreno, tra cui le curve di livello (isoipse)

Per l'orientista è assolutamente necessaria la conoscenza e la padronanza delle curve di livello. Queste, dette anche isoipse, sono delle linee chiuse, tanto più tortuose quanto più irregolare è il rilievo, che uniscono tutti i punti d'eguale quota. La differenza di quota fra una curva di livello e la successiva, si chiama equidistanza. Sulle carte CO è normalmente adottata un'equidistanza di 5 m, che permette di avere un'idea molto chiara dell'andamento del terreno (salite e discese più o meno ripide). La carta topografica ha una rappresentazione ridotta, approssimata, piana e simbolica di una parte limitata della superficie terrestre. È ridotta perché, non essendo possibile né conveniente mantenere nelle carte le distanze e le superfici reali, occorre che esse vengano ridotte mantenendo un rapporto stabilito tra la lunghezza sul disegno e quelle che gli corrispondono sul terreno. La scala ci indica quindi quante volte è più grande nella realtà una distanza misurata sulla carta. Scala 1:15.000 vuol dire che ad un centimetro sulla carta corrisponde 150 metri nella realtà.

BUSSOLA

La bussola per l'orientamento presenta un abitacolo con l'ago calamitato (freccia magnetica); sulla base sono disegnati i meridiani e una freccia d'orientamento che ruota sulla base trasparente (placca) che

Legenda simboli cartografici Terreno aperto X X X Oggetto particolare -------- Sentiero

V

Edificio Strada Gruppo di sassi Roccia non attraversabile Lago Buca di roccia

V Buca di terra -------- Ruscello

Vegetazione non attraversabile Albero isolato Fontana Rudere .......... Filari di alberi .......... Striscia di palude

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UNO SPORT ALLA VOLTA LA CORSA D’ORIENTAMENTO

simboli IOF. Nel primo viene descritto letteralmente il punto dove si trova la lanterna (siepe, sasso, angolo edificio ecc.), nel secondo si utilizza direttamente la simbologia al posto della descrizione letterale (------/ o / v ). Sul cartellino gara viene segnato il tempo di partenza (0.10.00). A tempo debito si raggiunge la zona di prepartenza, situata in modo tale che i concorrenti non possano essere visti. Qualche minuto prima del via, il giudice dà il primo segnale a coloro che devono partire. Questi, naturalmente di categorie diverse e con percorsi diversi, raggiungono il nastro di partenza. Di fronte a loro sono sistemati i contenitori delle cartine di gara. Al via, raccolgono velocemente la cartina ed iniziano a studiare il percorso. A questo punto occorre: • orientare subito la cartina con il Nord della bussola; • individuare il triangolo di partenza; • esaminare i simboli descritti del terreno fino al primo punto; • immaginare differenti itinerari, scegliere quello più idoneo alle proprie capacità; • scegliere un metodo d'orientamento (linee conduttrici, linee d'arresto ecc.); • determinare la distanza da percorrere e il ritmo della corsa; • modificare l'azione ogni qual volta sia necessario; • in prossimità del punto di controllo verificare descrizione e codice; • punzonare con il punzone attaccato alla lanterna la casella corrispondente del testimone; • dirigersi nella nuova direzione.

serve da rapportatore di distanze e da indice di direzione (freccia direzionale). Con la bussola si può orientare la cartina in base al punto cardinale Nord, facendo coincidere il Nord della carta con quello indicato dall'ago magnetico; nelle carte d'orientamento il Nord è indicato con delle righe tra loro parallele e già orientate da una freccia che indica il Nord (meridiani).

LA

GARA

Il materiale necessario consiste in un testimone gara e nella descrizione punti del proprio percorso che può essere letterale o con

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Un orientista deve avere capacità di osservazione, la sua attenzione deve essere continuamente diretta verso l'ambiente, la cartina ed i messaggi che gli provengono dalla sua azione motoria. La percezione dello spazio e del tempo costituiscono gli elementi essenziali per la presa di decisioni. La preparazione fisica va rivolta al potenziamento fisiologico, alla resistenza cardio circolatoria, alla rielaborazione degli schemi motori: corsa in salita, in discesa, su terreno sconnesso e molle, corsa superando ostacoli, salti e balzi, schivare e cambiare direzione, arrestarsi, arrampicarsi, cadere e rotolarsi, scavalcare, coordinazione occhiopiede.

LA BUSSOLA I L T RAIL - O Si tratta di attività di orientamento specifica per i diversamente abili. Segue in tutto quelli che sono gli obiettivi della Corsa di Orientamento. Gli atleti visitano i punti di controllo (lanterne) in sequenza obbligatoria. Devono interpretare la mappa per scegliere, quale, tra un numero di tre-quattro lanterne, rappresenta quella identificata con il cerchio stampato sulla mappa. La scelta dovrà essere poi registrata sul cartellino gara. Risulterà vincitore il concorrente con il più alto numero di interpretazioni di punti


Un orientista deve avere capacità di osservazione, la sua attenzione deve essere continuamente diretta verso l'ambiente, la cartina ed i messaggi che gli provengono dalla sua azione motoria.

corretti. Raramente viene considerato il tempo di percorrenza. Non esistono classifiche in base al sesso o al tipo di invalidità. È consentita una assistenza fisica e qualsiasi tipo di aiuto per poter avanzare lungo il percorso o per punzonare il tesserino, ma naturalmente non sono ammessi suggerimenti. Il percorso viene preparato seguendo strade larghe o di facile percorribilità. Descrizione punti: è la stessa della corsa di orientamento. La sequenza è obbligatoria; al punto di controllo le lanterne presenti verranno denominate a partire da sinistra con le lettere dell'alfabeto (A-B ecc.)

Punzone: serve a punzonare il cartellino di gara a seconda della lanterna che si ritiene

esatta. Es. 1 A B X D E Si utilizza la bussola ed una tavoletta di plastica che si allaccia al busto (in caso di disabili); su di essa viene applicata la cartina che è possibile ruotare di 360° grazie ad un perno. Il punto di visione: non viene segnalato sulla carta e consiste in un cartellino che viene ubicato sul terreno. Da questo punto sarà possibile osservare sia la lanterna vera che le lanterne false. Punzonare sul cartellino la lanterna che si ritiene esatta, alla lettera corrispondente al punto di controllo interessato. CONTROLLO 1 A B C X

B

D

C

Cartellino di controllo: riporta la sequenza e le lettere dell'alfabeto a seconda delle lanterne presenti ad ogni punto di controllo. PUNTO VISIONE Es.

1 A B C D 2 A B C D E 3 A B C

A

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SALUTE

IL GIUSTO ORIENTAMENTO di Sergio Cameli

Il giusto orientamento La corsa ad orientamento, denominata orienteering, è uno sport nato nella penisola scandinava. Da quasi mezzo secolo è presente anche in Italia, ma solo negli ultimi anni ha conosciuto una diffusione esponenziale. Si tratta di uno sport che necessita di molteplici qualità fisiche e psichiche per l'ottenimento di un buon risultato. Si svolge in prevalenza nei boschi e nelle campagne anche se il suo fascino ha condotto alla organizzazione di gare anche nei centri storici di alcune città e paesi. Negli ultimi tempi le tipologie di corsa ad orientamento sono state allargate all'uso della bicicletta e degli sci da fondo, ragion per cui oggi orienteering non vuol dire soltanto corsa a piedi, ma anche ciclismo e sci di fondo. Nella letteratura internazionale sono presenti diversi studi che illustrano la fisiologia e il metabolismo degli atleti praticanti l'orienteering. Si tratta di un atleta che svolge la sua attività prevalentemente nel range del metabolismo aerobico, raramente esso arriva ad avere una performance anaerobica notevole viaggiando ad una frequenza cardiaca media compresa per lo più tra 165 e 175. Non a caso i podisti, i ciclisti e i fondisti hanno delle soglie anaerobiche con valori più elevati rispetto a quelli rilevati nel corso dell'orienteering. Inoltre, una gara di orientamento non è in grado di provocare un significativo decremento del glicogeno muscolare, specialmente se la alimentazione nei giorni precedenti è stata corretta (molti carboidrati), né alterazioni ormonali di rilievo soprattutto a carico del testosterone e del cortisolo. Il somatotipo del praticante orienteering non è molto differente da quello degli sport precedentemente citati, varia solo per il fatto di avere una adiposità media

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lievemente superiore, anche se il costo energetico risulta maggiore a causa della tipologia dei terreni nei quali si svolge l'orienteering. Dal punto di vista muscolare, la tipologia delle fibre è quella degli sport di endurance (fibre lente), anche se si è visto che chi pratica orienteering possiede una flessibilità maggiore (cambi di direzione e di dislivello). In questo sport l'aspetto mentale riveste un ruolo importante. Il comportamento strategico in gara è condizionato dall'ansia: l'autocontrollo e l'approccio positivo, magari

usando l'immaginazione, sono un efficace mezzo per migliorare la performance. La fatica è in grado di influenzare sia i processi cognitivi che la percezione delle indagini visive, se da una parte in queste condizioni viene richiesto un incremento dell'attenzione, dall'altra riduce la capacità di analizzare al meglio le informazioni che arrivano dall'ambiente. Per quanto riguarda la traumatologia di questo sport, i problemi più frequenti derivano da tagli e graffi dovuti all'attraversamento di cespugli, boschi e quant'altro. Non rara-


IL

DOLORE MUSCOLARE

di Giovanni Boni

Capita spesso a chi pratica attività sportiva sia in maniera occasionale che regolarmente, che alla fine della prestazione si accusi un certo fastidio a livello muscolare. Il dolore muscolare può insorgere sia durante che appena finito l'esercizio fisico, e in questo caso è per lo più determinato da una riduzione di apporto di sangue al distretto muscolare prevalentemente interessato nell'esercizio. Esso sembra dovuto alla ridotta perfusione ematica che spesso si verifica durante contrazioni muscolari isometriche, con accumuli di sostanze tossiche quali il potassio, e dura fino a che si ripristini un adeguato flusso di sangue al muscolo. Accanto ad un dolore di questo tipo definito acuto, che tende a durare fin quando dura la contrazione, ne esiste un altro ad insorgenza più tardiva, che

sembra dovuto a microlacerazioni di tessuto muscolare con interessamento dei tendini, soprattutto nella porzione miotendinea, ossia nella parte dove il muscolo si unisce al tendine, con coinvolgimento della porzione connettivale. In questo caso, il dolore può essere provocato da contrazioni isometriche (in cui si verifica una tensione senza che ci sia in accorciamento del muscolo), da contrazioni isotoniche (in cui il muscolo si accorcia sviluppando forza), da contrazioni eccentriche (in cui il muscolo si allunga mentre si contrae). Per prevenire il dolore muscolare è necessario che il muscolo venga adeguatamente preparato alla pratica dell'attività fisica con esercizi di stretching, con il fine di impedire l'insorgenza del dolore e di risolverlo velocemente quando esso si presenti.

mente durante una gara di orienteering l'atleta può andare incontro a traumi acuti soprattutto a carico dell'arto inferiore con grande prevalenza delle distorsioni della

caviglia e del ginocchio accentuate dai terreni accidentati, anche se stiramenti muscolari e contusioni sono pure evenienze abbastanza comuni. Tra le cause scatenanti, la

UN

BENE PREZIOSO

L'acqua e i sali minerali sono fondamentali costituenti del nostro corpo. L'acqua, presente alla nascita per quasi il 70%, nel corso degli anni si riduce fino a scendere sotto il 60% in vecchiaia. Le sue funzioni principali nell'organismo sono: • facilitare la digestione dei cibi (presente nei succhi digestivi); • trasportare princìpi nutritivi alle cellule; • favorire l'eliminazione dei prodotti di rifiuto; • consentire lo svolgimento delle reazioni biochimiche che producono energia; • regolare la termoregolazione dell'organismo. Il compenso idrico giornaliero è costituito dal rapporto tra l'acqua che viene eliminata con feci, urine, traspirazione e quella introdotta con gli alimenti e le bevande, il turn over giornaliero è superiore ad un litro. I sali minerali sono dei costituenti che fungono da regolatori nelle cellule e devono essere in equilibrio con l'acqua corporea: • calcio: costituisce le ossa e facilita la contrazione muscolare; • fosforo: è presente nella molecola base dell'energia (ATP); • ferro: è nell'emoglobina del sangue che contiene l'ossigeno; • iodio: necessario per il funzionamento della tiroide; • sodio: regola la contrazione muscolare (anche del cuore) e la trasmissione degli impulsi nervosi; • potassio: collabora con il sodio nel muscolo; • magnesio: contribuisce alla costituzione ossea; • cloro: è presente nei succhi gastrici; • rame: è presente nei globuli rossi.

fatica risulta senz'altro determinante nel ridurre l'attenzione. La corsa ad orientamento è uno sport completo che unisce l'amore per la natura ad un non trascurabile impegno fisico. Respirare ossigeno puro a pieni polmoni, rendere pronta la mente a scegliere la strada più breve per arrivare al traguardo, sono solo alcuni degli elementi che possono provocare grande soddisfazione in chi lo pratica.

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ARGOMENTI

LA SALUTE COSTA CARA! di Tito Della Torre

La salute costa cara! Ci risiamo. La gratuità della visita medica di idoneità all'attività sportiva, agonistica o non agonistica, obbligatoria per legge, è stata cassata dal Ministero della Salute con il decreto del 23 febbraio scorso sui livelli essenziali di assistenza sanitaria. La decisione di escludere le visite di idoneità dalle prestazioni erogate gratuitamente dal servizio sanitario nazionale è tanto più discutibile proprio in quanto classifica come non essenziale una prestazione richiesta espressamente dalla legge. E non conta che un'altra legge dello Stato, la 376 del 2000 sulla disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping, stabilisca all'art. 1 che: "L'attività sportiva è diretta alla promozione della salute individuale e collettiva", e che dunque la pratica sportiva debba essere considerata mezzo di prevenzione dalle patologie. Ancora meno conta che tutte le forze politiche riconoscano ormai nella pratica sportiva un diritto di ogni cittadino. Per il Ministro Sirchia ed i suoi collaboratori essa è invece un lusso, qualcosa di voluttuario al pari del rifarsi il naso o del sottoporsi a liposuzione. La "tassa sulla salute degli sportivi", come è stata prontamente ribattezzata, è tanto più iniqua in quanto grava allo stesso modo sugli sportivi professionisti e sui ragazzi che allo sport chiedono soltanto un po' di divertimento. Ma vediamo come sono cambiate le cose. La forbice finanziaria del Ministro danneggia particolarmente gli atleti agonisti minori di 18 anni, che fino a ieri fruivano di visita completamente gratuita, mentre i maggiorenni pagavano solo il ticket di circa 35 euro. Ora bisognerà pagare dai 60 ai 100 euro. La visita per l'idoneità all'attività non agonistica invece, che non richiede partico-

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lari accertamenti e può essere fatta anche dal medico di famiglia, ma che ora non rientra più tra gli obblighi di quest'ultimo, si pagherà invece a tariffa di visita medica generica, sui 15-25 euro. Chi non può si arrangi. Per fortuna le Regioni sono critiche e cominciano a dissociarsi. Ha iniziato la Lombardia, il cui presidente Formigoni, con grande sollievo delle oltre ventimila società sportive lombarde, ha annunciato che la Regione si farà carico della spesa e farà pressioni sul Governo affinché si renda conto dell'errore compiuto. Sulla stessa strada si è posta la Regione Emilia Romagna. Da oggi, dunque, per praticare un qualsiasi sport bisogna pagare. O meglio, si sarà costretti a scegliere fra tre alternative: fare un sacrificio economico, cessare l'attività o giocare alla roulette russa a spese del proprio fisico facendo a meno della visita di idoneità. Il problema, ovviamente, non è solo economico. È forte il rischio che i settori più poveri dello sport "saltino" la certificazione. La legge peraltro non stabilisce cos'è l'attività agonistica e cosa non lo è, e lascia alle associazioni come il CSI la responsabilità di dichiarare come si configurano le sue attività, e dunque quale certificazione medica

sia necessaria. Anche ai medici di base la nuova situazione non piace: il decreto minaccia di far saltare l'ultima visita medica di prevenzione di massa rimasta in Italia dopo l'abolizione della visita di leva e la vanificazione delle visite scolastiche. Né piace ai medici sportivi perché peggiorerà le condizioni di un servizio che è già una jungla. Già prima di febbraio, essendo la domanda di certificazione agonistica superiore all'offerta di prestazioni mediche in strutture pubbliche o convenzionate, parte delle visite veniva effettuata privatamente, su pagamento di tariffa libera. E in alcune zone d'Italia ad alta disponibilità di medici si era registrata la corsa all'accaparramento delle società sportive più affollate, con offerta di parcelle al ribasso, 14-15 euro invece dei 60 del tariffario nazionale. Secondo i medici sportivi, un'accurata visita medica per l'idoneità agonistica, che richiede circa 45 minuti ed alcuni accertamenti specialistici, non è compatibile con tariffe così basse. Con la nuova situazione, che allarga a dismisura la platea delle certificazioni a pagamento, le cose potrebbero andare molto peggio.


ARGOMENTI

FITBALL di Angelo Pugliese

SIT Fitball “n” GYM NEGLI UFFICI, NELLE AULE, IN CASA, SEMPRE PIÙ I PALLONI ERGONOMICI SI SOSTITUISCONO ALLE SEDIE. ECCO UN NUOVO ATTREZZO PER PRATICARE ANCHE ATTIVITÀ FISICA PRODOTTO DA LEDRAPLASTIC Insegnare in movimento. Questo è l'obiettivo del progetto pilota "SIT 'n' GYM", realizzato grazie alla sinergia tra la Facoltà di Medicina e Chirurgia e il Corso di Laurea in Scienze motorie di Udine, la LEDRAPLASTIC di Osoppo, l'azienda produttrice dei palloni, il CSI friulano e l'Isituto Comprensivo di Tavagnacco. In che cosa consiste? In un'idea semplice: utilizzare un pallone come sedia. La palla-sedia incoraggia il movimento anche in posizione seduta, abitualmente fissa e rigida, e

può completare l'arredamento scolastico convenzionale integrandolo con elementi di ordine fisiologico. E indubbiamente può essere di aiuto nella corretta postura di un ragazzo in fase di crescita. Chi l'ha sperimentato? I primi sono stati gli allievi della classe 2ª E della scuola media di Feletto Umberto, che hanno accolto favorevolmente la novità introdotta e si sono anche divertiti tantissimo a sostituire le loro vecchie sedie di legno con queste nuove suppellettili in gomma.

L A SIT ' N ' GYM

BALL NELLE SCUOLE

Il corpo umano è un complesso funzionale con una ben determinata postura; un portamento scorretto può, a lungo andare, comportare tensione, dolori e modifiche della struttura scheletrica, della cartilagine e dei dischi vertebrali. Tali modifiche possono essere prevenute e corrette mediante degli esercizi specifici di potenziamento e allungamento muscolare utilizzando la SIT 'n' GYM ball. La palla può essere usata anche in sostituzione della sedia per aumentare la forza e la resistenza della muscolatura di sostegno. Per migliorare la propria postura, il proprio portamento e la propria forma fisica, bastano 30 minuti al giorno di SIT 'n' Ball e così diventa possibile poter incidere sulla mobilità delle giunture, per rafforzare i distretti muscolari e, dunque, per sentirsi meno affaticati nell'affrontare le giornate scolastiche. Le proprietà dinamiche di questa palla-sedia permettono un cambiamento costante della posizione fisiologica senza uno sgradevole sovraccarico, un passaggio senza contrasti di movimenti di carico a quelli di scarico e un supporto rilassante per il corpo offrendo delle posizioni di distensione molto variate.La superficie elastica di essa, invece, favorisce una presa di coscienza continua della propria posizione, un gioco inconscio, e continuamente stimolante, con l'equilibrio, l'elaborazione automatica di nuovi tipi di movimenti di coordinazione, dei movimenti che tonificano e distendono, delle posizioni di tensione e di rilassamento dei muscoli. Tra le varie utilizzazioni pratiche di questo "attrezzo" si possono elencare: • la posizione classica per leggere o scrivere su un banco; • la posizione seduta libera senza tavolo per guardare la televisione; • posizioni passive di distensione o movimenti attivi di distensione come compensazione di una posizione seduta statica; • movimenti mirati della colonna vertebrale e del bacino per la percezione della postura; • movimenti di stabilizzazione e di coordinamento per il corpo in posizione seduta; • ginnastica di distensione e di tensione, in uno scambio dinamico; • situazioni multiple di equilibrio del corpo o della capacità di effettuare dei movimenti di rieducazione; • movimenti di carico e di scarico speciali ottenuti con un allenamento di resistenza finalizzati ed adattati all'allievo. 35


SALUTE STADIUM

FITBALL

Quali benefici? I benefici, dal punto di vista fisico, si riscontrano anche nelle migliori condizioni per studiare. Il ritmo dei movimenti laterali o verticali, l'alternanza regolare della gravità e della assenza di essa, nonché lo spostamento reciproco del baricentro con le tensioni e i rilassamenti muscolari corrispondenti e i meccanismi di inspirazionerespirazione necessari a questo dispendio di energie, favoriscono l'alimentazione vitale dei dischi vertebrali e degli altri organi, in particolare l'apporto di ossigeno al cervello, elemento indispensabile a scuola. A questo si deve aggiungere un altro effetto indotto: una sensazione di benessere e di concentrazione. La palla, insomma, simbolo del gioco, invita a muoversi, basti osservare un bimbo che scopre il pallone per la prima volta. Questo progetto "SIT 'n' GYM" dal CSI friulano potrebbe interessare altri comitati, altre società sportive, altre parrocchie. Perché, infatti, non portare le palle-sedia non solamente nelle scuole ma nelle aulette del catechismo o in oratorio?

G LI EFFETTI POSITIVI DELLA SIT' N 'B ALL SULLO STUDIO Questo meraviglioso strumento di salute, è stato usato e sperimentato a lungo nelle scuole della Confederazione Elvetica. Da rilevazioni svolte se ne è dedotto che ci sono stati dei benèfici effetti per tutti gli studenti che si sono avvalsi della palla-sedia. Gli insegnanti svizzeri in particolare hanno notato che molti loro allievi hanno migliorato la loro calligrafia, che c'è stato un notevole rasserenamento nel clima generale dei rapporti disciplinari di classe, è apparso un senso dell'ordine più sviluppato da parte di quei studenti che non brillavano per la organizzazione dei loro appunti, e, soprattutto, c'è stato un generale aumento del livello di comprensione in classe.

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ED

IN PALESTRA È FITBALL Non solo a scuola. È boom anche per il "fitball" la ginnastica che esalta le funzioni di "predisposizione al movimento" ed il carattere fitness dello sferico attrezzo. Lo si trova sempre di più nella moderna sala da ginnastica; la palla-sedia si sposa infatti felicemente anche con i parquet delle palestre.

Sia che si parli di stretching addominale, del dorso o delle cosce, di posizionamento dorsale e delle spalle o di potenziamento del busto e delle braccia, sono palesi e nel tempo durevoli i vantaggi di un efficace utilizzo attraverso l'ampia gamma di esercizi di fitball. Tali caratteristiche ne fanno prezioso strumento per qualsiasi centro sportivo.


WWW. SPORT ON LINE

PROSEGUE LA CARRELLATA DI SITI INTERNET, DEDICATI A SPORT E DINTORNI WWW. HUMANKINETICS . COM

WWW. AICAT. IT

È una casa editrice USA specializzata in pubblicazioni sportive, rivolte ad operatori e atleti fai da te. Cinque le aree di interesse: scienze dello sport; salute e benessere (fitness); tecnica di singoli sport; medicina sportiva; danza; attività ricreative (secondo lo standard americano, si tratta di attività motorio-sportive non competitive e di tempo libero); giochi e sport acquatici. Se ve la cavate con l’inglese, e siete disposti a fare acquisti in Internet, il sito si rivelerà una miniera.

Subbuteo o calcio da tavolo che lo si chiami per tutti gli apassionati di questo gioco ecco il sito dell'associazione che in tutta la penisola promuove questa attività. Foto, news, regolamenti, comunicati e tornei sono a disposizione on-line anche per tutti i comitati CSI che volessero iniziare questo genere di gioco e sport, da rilanciare nei circoli e negli oratori.

WWW. TORINO 2006. IT

WWW. ORIENTEERING . ORG /

Il sito della federazione internazionale di orienteering offre una vasta panoramica su questa disciplina, già efficacemente definita come "la corsa astuta" e il "correre giocando a scacchi", autentica sfida intellettuale in aggiunta allo sforzo fisico. Il portale americano non è parco quanto a classifiche aggiornate a livello mondiale dei top 25, pubblicazioni in materia oltre agli utilissimi link ipertestuali. Particolarmente copiosa di informazioni aggiornate è poi la sezione dedicata ai lavori dello IOF.

L'inno di Mameli ha salutato le Olimpiadi invernali americane passando così la fiaccola in Italia. Anche Daniela Ceccarelli su queste pagine ha dato appuntamento a Torino 2006. Sul sito ufficiale delle prossime Olimpiadi invernali troverete un’infinità di curiosità, statistiche e anche possibilità di lavoro e volontariato. Con un clic notizie anche sulle Paraolimpiadi appena terminate. Il TOROC, il comitato organizzatore torinese è già in pista.

WWW. LIBRIDELLOSPORT. IT

Per gli amanti della ricerca e della lettura di sport, oltre ai due libri recensiti nelle pagine interne segnaliamo questo sito di shopping online con una ricca offerta di libri sportivi, per l'allenamento, per il perfezionamento, per curiosità e divertimento. Inoltre sull'home-page un’efficace motore di ricerca suddiviso per categorie e discipline. Buona lettura!

WWW. XNX . IT / SERVIZI / A - FIORI . HTM

I loro nome sa di New Age e di tanta nostalgia per i sessantottini "figli dei fiori", ma ormai si trovano in tutte le farmacie. Parliamo dei "fiori di Bach", estratti vegetali ricavati appunto dai fiori secondo una teoria del dott. Edward Bach (1886 - 1936). Su www.xnx.it/servizi/a-fiori.htm se ne consiglia l'uso anche in ambito sportivo, per vincere la stanchezza, la paura della gara, la tentazione dell'abbandono. Non c'è nulla di scientifico, ma un estratto floreale sarà pur meglio, e più innocuo, di uno steroide.

WWW. BIKEOK . IT

La stagione ciclistica del CSI entra nel vivo. In questo indirizzo web si parla di questo sport nei vari aspetti: l'allenamento, l'alimentazione e l'integrazione alimentare. Ci sono indicazioni sui cardiofrequenzimetri, la tecnica, i test di valutazione, i professionisti, le notizie e il doping. E ancora sulla posizione in sella, sui telai e lo sviluppo dei rapporti. Forza, pedalate in internet!

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PER LA MENTE

PRIMA GLI ATLETI POI LE VITTORIE di Sandro Gamba

Prima gli atleti poi le vittorie QUESTO È IL MOTTO DI UN ISTRUTTORE. VICEVERSA SI RIENTRA NELLA CATEGORIA DEGLI ALLENATORI Gli obiettivi per un allenatore, di solito, si classificano in tre categorie: 1) formare una squadra vincente; 2) aiutare i giovani a divertirsi; 3) aiutare i giovani a sviluppare doti fisiche (migliorare come atleti ed imparare i fondamentali), psicologiche (controllo delle emozioni) e sociali (cooperazione e comportamento). La nostra società promuove i vincenti e guarda allo sport come un mezzo per affrontare al meglio la vita futura. Gli allenatori sono valutati secondo il bilancio vittorie-sconfitte e sono condizionati dall'organizzazione per cui lavorano che impone di vincere ad ogni costo. Perciò bisogna scegliere con chiarezza se è importante il motto: Athletes first, winning second (prima atleti, poi vincitori), e allora si rientra nella categoria degli istruttori, oppure si rovescia tale affermazione e si entra a far parte della categoria degli allenatori professionisti. Per prendere una decisione bisogna conoscere le ragioni personali per cui si decide di diventare allenatore: per amore dello sport, per guadagnare, per avere una posizione di potere, per insegnare, per viaggiare... I giocatori si sentono più a loro agio quando capiscono che il loro coach è ben organizzato, pianifica gli allenamenti e i pep-talk (riunioni prima delle partite), i viaggi, i meeting, il management del tempo a disposizione. Chi ha nello staff uno o più assistenti deve chiarire le loro responsabilità e assegnare compiti importanti che valorizzino il talento di ciascuno. Gli allenatori più famosi sono maestri di comunicazione. Bisogna sapere comunica-

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re in differenti situazioni: con i genitori che si lamentano perché il figlio gioca poco; con l'arbitro quando è necessario protestare; con i giornalisti in conferenza stampa; con la dirigenza; con gli assistenti; con lo staff medico. È tipica degli allenatori l'abilità di inviare messaggi piuttosto che di riceverli. Perciò bisogna sviluppare e migliorare di continuo le proprie doti di comunicazione ed essere credibili, dare informazioni specifiche per migliorare l'atleta, chiarendo

cosa è giusto e cosa è sbagliato. Criticare troppo tende a mettere i giocatori sulla difensiva perché timorosi di commettere nuovi errori. Comunicare significa anche chiedere ai giocatori di controllarsi

sul piano emotivo e non perdere la testa per un cattivo fischio dell'arbitro; raccomandare di essere in buone condizioni fisiche; dire che bisogna avere fiducia nei propri mezzi e non urlare poi rimproveri continui. Impa-


rare ad ascoltare spesso evita problemi disciplinari. I giovani sono più influenzati dal comportamento dell'allenatore che dai suoi discorsi, soprattutto quando è da loro molto stimato.

È possibile comunicare senza motivare, è impossibile motivare senza comunicare. L'allenatore deve imparare a stimolare i giocatori, scegliendo tempi e luoghi adatti. La miglior motivazione è l'assenza di noia, la competizione in allenamento, il coinvolgimento di tutti i giocatori. È importante sottolineare le buone esecuzioni, lo sforzo, i dettagli, la concentrazione. Lo stile determina la tecnica e la tattica da insegnare, il metodo da usare per dare disciplina alla squadra, il ruolo dei giocatori nelle decisioni da prendere. Il coach autoritario tende a trattare i giocatori non come creature pensanti; quello confidenziale fa divertire, ma insegna poco assomigliando a una baby-sitter; il coach cooperativo sa cosa insegnare, pur agendo con autorità, ascolta i giocatori e spesso decide con loro come raggiungere i traguardi specifici. Le grandi organizzazioni, sportive e non, devono ottenere la collaborazione di ogni membro che le compone per raggiungere gli obiettivi stabiliti. Quando iniziai ad allenare, capii che per avere una squadra vincente dovevo sviluppare al meglio l'atteg-

giamento di squadra. Visto che nel basket la terminologia è principalmente americana, ho preso ogni lettera del vocabolo “attitude”(atteggiamento) formando una guida per insegnare ai giocatori le qualità comportamentali essenziali. • Awareness communication (comunicazione di consapevolezza). Un giocatore deve essere ben conscio del proprio comportamento sul campo e fuori; avere l'esatta percezione di come realmente sono le sue prestazioni, le sue relazioni con i compagni e lo staff tecnico. La squadra in possesso di doti comunicative dentro e fuori dal campo, spesso è più matura e disciplinata. • Teachable (apprendere facilmente). Ci sono stati e ci sono molti talenti che non sono mai diventati grandi giocatori di squadra perché hanno dimostrato di non possedere capacità di apprendimento; mentre altri, pur con limitate doti fisiche, ma con volontà e capacità di apprendere, hanno raggiunto un livello d'eccellenza. • Tenacity (tenacia). È la capacità di rimanere focalizzati su parti importanti del gioco che erano nuove ed ora non lo sono più (anche quando è cessato lo stimolo della novità). • Intensity (intensità). È un concetto che può essere ottimamente definito da un insieme di propositi individuali come devozione a una causa, determinazione, focalizzazione su un traguardo e concentrazione su tutto ciò che accade in campo (e nella vita). • Technique (tecnica). È una responsabilità del coach e delle sue capacità di insegnamento. Ed è una responsabilità del giocatore, con la sua abilità di imparare il più possibile. Per migliorarla, è necessario il piacere di allenarsi. • Unselfish (altruista). La capacità di essere altruisti è probabilmente uno degli ultimi tratti che l'individuo sviluppa. Il miglior modo per insegnare l'altruismo è che lo staff degli allenatori lo dimostri per primo (ascoltando, incoraggiando...). • Discipline (disciplina). Definiamo in breve la disciplina di squadra: fare quello che il coach ha insegnato e pianificato, farlo sempre al meglio e nel momento giusto. • Execution (esecuzione). Se si posseggono doti come tutte quelle sopra elencate, allora si è in possesso della famosa "durezza mentale", necessaria per eseguire il tutto anche sotto pressione tattica, fisica e psicologica.

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PER GIOCO

SUBBUTEO di Giancarlo La Vella

Subbuteo: il gol in punta di dita! Gli estimatori del calcio da tavolo, il Subbuteo, resistono imperterriti alle lusinghe e alle tentazioni degli ormai diffusissimi giochi che ripropongono il foot-ball sul video e sul computer. Un folto manipolo di praticanti in ogni parte del mondo continua a divertirsi e a dare spettacolo con campionati e tornei sui famosi campi di calcio in miniatura, nonostante alcuni abbiano decretato la fine di quello che, a suo tempo, fu una trovata semplice e rivoluzionaria.

Il più antico gioco da tavolo relativo al calcio

"Il Subbuteo è morto, soppiantato dai tanti videogiochi che riproducono il calcio in modo decisamente più realistico". Ci sono state reazioni contrastanti quando, qualche tempo fa, la stampa nazionale ha annunciato il drammatico esito per il gioco che, fino a qualche anno fa, ha conquistato il favore di tanti ragazzi, tanto da creare un movimento internazionale organizzato che ha dato vita a campionati, coppe e tornei, dal minimo livello condominiale a quello mondiale. Si preconizzava anche la fine della produzione del gioco da parte della Hasbro, l'azienda britannica alla quale il "soccer" in miniatura aveva regalato tanta fortuna. Il Subbuteo, italianamente "calcio da tavolo", esplose, almeno nel nostro Paese, tra gli anni '60 e '70, realizzando il sogno di tanti giovani appassionati. Un campo di calcio vero, con tanto di prato verde, porte, panchine, spalti, riflettori, pubblicità e 22 giocatori in campo; solo il tutto un po' più piccolo e affidato non agli schemi di qualche mister troppo innovativo, ma alla maestria delle dita sapienti dei primi appassionati. Scopo del Subbuteo? Semplice, giocare con la propria squadra una partita contro quella avversaria, muovendo i protagonisti in campo col solo ausilio delle mani. In questo modo è possibile realizzare schemi d'attacco o difensivi, veloci contropiedi e tiri in porta spettacolari. Il tutto lasciato alla fantasia e alla bravura di ogni partecipante. Ma chi l'ha inventato? Il gioco del calcio, così come la corrispondente versione da tavolo, è nato in Inghilter-

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REGOLAMENTO DEL CALCIO TAVOLO Il calcio tavolo si gioca su varie superfici (tela, gomma rivestita,…) sulle quali è disegnato il campo di gioco (normalmente di dimensioni circa 120 x 90 cm) che ricalca in tutto il campo di calcio, tranne che per una piccola modifica: la linea di tiro, che dev'essere completamente superata dalla palla per consentire all'attaccante di tirare in porta. Questa regola è volta a rendere il calcio tavolo il più simile possibile al calcio, evitando che partano tiri da qualsiasi parte del campo; il che sarebbe inverosimile e comporterebbe che le partite finirebbero sempre con risultati a due cifre. Tutto questo, però, compatibilmente ai "giocatori". Questi, infatti, sono "omini" di plastica in miniatura, attaccati a basi anch'esse di plastica che ne permettono il movimento attraverso il famoso tocco a punta di dito. La miniatura del calcio tavolo può essere alta, base compresa, minimo 2,7, massimo 3,9 centimetri. Essa va

ra verso la fine del XVIII secolo. La leggenda vuole che la prima rudimentale forma di foot-ball in miniatura, sia nata per opera dei marinai inglesi, i quali non potevano praticare in prima persona tale sport per mancanza di spazio a bordo delle navi. Con del piombo, quindi, si fabbricarono delle primitive sagome di piccoli giocatori, che utilizzavano per calciare una palla grande quanto una di quelle impiegate per il pingpong. Questa è, probabilmente, la vera origine del Subbuteo e, con altrettanta probabilità, da qui trasse l'ispirazione mister Keelings per creare il gioco del calcio in miniatura così come lo conosciamo oggi. Esistevano già due versioni (siamo intorno agli anni 20 nell'Inghilterra della crisi economica) di gioco del calcio, il "Blow Football" e lo "Shoot", ma erano poco realistiche. Solo dopo vari tentativi si arrivò alla versione definitiva con giocatori in gomma e un pallone di sughero. Siamo nel dopoguerra del secondo conflitto mondiale e il primo nome che venne dato al gioco fu "Hobby", immediatamente bocciato, forse perché troppo

generico, e sostituito con "Subbuteo" che non è altro che il nome scientifico latino di un tipo di rapace: il falco "subbuteus". Vennero stilate particolari norme: due tempi di dieci minuti ciascuno e varie regole su come attaccare e difendere, muovere i giocatori, ecc. (vedi sito web: calciotavolo.virtualave.net/ita). Questa è l'ipotesi più accreditata, ma moralmente il Subbuteo è stato inventato da ogni giovane appassionato di calcio che, in ogni epoca e del tutto artigianalmente ha cercato di riprodurre in miniatura le gesta dei propri beniamini, con figurine di cartone, dadi, scatole da scarpe utilizzate come porte e quant'altro. Il Subbuteo non ha fatto altro che mettere in pratica quanto già esisteva nella testa di ciascuno di loro, lasciando però spazio alla fantasia e al "fai da te". Come, ad esempio, farsi tagliare dalla mamma un panno di feltro verde per realizzare il campo da gioco, piuttosto che andarlo ad acquistare, oppure dipingere personalmente le maglie dei calciatori della propria squadra. E, a dispetto di chi lo vuole defunto, il Subbuteo risulta invece ancora vivo e vegeto, anche per il suo innegabile vantaggio di essere strumento di grande aggregazione. Tantissime associazioni vantano un numero rilevante di iscritti che lo praticano costantemente e si tengono regolarmente tornei a tutti i livelli. Insomma, se "guerra" ci deve essere tra sostenitori del calcio da tavolo e calcio per videogiochi, "guerra sia", ma non è certo che ad uscirne sconfitto sia il Subbuteo.

a colpire una sfera di plastica di 2,2 cm di diametro e di 1,5 g di peso. Le porte, generalmente di plastica, a volte di metallo, che delimitano il rettangolo di gioco, sono larghe 12,5 cm e alte 6. Alcuni fondamenti del calcio tavolo. • La prima regola da cui non si può prescindere è il tocco a punta di dito (indice o medio): si deve colpire la base della miniatura con l'unghia e non con altro, con un colpo secco (senza trascinarla). • Altra regola fondamentale è quella dei tre tocchi: ciascuna miniatura non può colpire la palla più di tre volte consecutivamente. Se con un omino si esegue un quarto tocco si commette fallo. La miniatura che ha effettuato tre tocchi consecutivi può rigiocare la palla dopo che la stessa abbia colpito un suo "compagno". • Le partite hanno la durata di due tempi da 15 minuti con intervallo di 3 minuti per permettere ai giocatori di lucidare le miniature. È questa una pratica volta a conferire maggiore scorrevolezza sul campo alle miniature e si effettua sia prima della partita sia durante l'inter-

vallo. Le miniature vengono strofinate su panni imbevuti con sostanze a base di silicone. • La differenza più evidente tra le regole agonistiche e quelle per principianti è, senza dubbio, il marcamento difensivo. Ad ogni tocco dell'attaccante (intendendo come tale il giocatore in possesso di palla), il difensore ha a disposizione un tocco di marcamento difensivo in modo da ostacolare il gioco dell'avversario senza, però, toccare né la palla né nessun'altra miniatura. • Un fallo viene fischiato dall'arbitro nel caso in cui un attaccante colpendo la propria miniatura, tocca un'altra miniatura prima di colpire la palla, oppure quando il difensore colpisce, con palla in movimento, una miniatura o la palla stessa, o, infine, se viene colpita la palla con la mano. • Infine il portiere è costituito da una miniatura fissata su una asticella dotata di impugnatura. Può essere utilizzato solo all'interno dell'area di porta e non deve essere mosso rapidamente avanti ed indietro prima che la miniatura attaccante abbia toccato la palla.

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SPICCHI DI PALLONE

CALCI? ...ALL’ANGOLO di Bruno Longhi

CALCI? ...all’ANGOLO! TUTTO QUELLO CHE NON VORRESTI PIÙ VEDERE NELLE PARTITE Tempo fa un sito internet, www.sportsandstars.com, ha lanciato un sondaggio tra i suoi visitatori per capire quali rimedi possano essere apportati per migliorare lo spettacolo calcistico. Il sondaggio recitava così: "Tutto quello che non vorresti più vedere nelle partite di calcio". Dalle risposte fornite da coloro che hanno partecipato al sondaggio è emerso che sono davvero parecchie le cose che non piacciono e che andrebbero modificate. E si va dagli errori arbitrali a quelli dei loro assistenti; dai falli tattici alle continue risse che avvengono in area di rigore sui calci d'angolo e - lo abbiamo visto di recente in Roma-Galatasaray - sulla via degli spogliatoi; dai simulatori a quei giocatori che reclamano le ammonizioni per i loro avversari; dai cori razzisti agli episodi di violenza fuori e dentro gli stadi. Insomma, un bel campionario, non c'è che dire. Da ciò si evince che ancora molto deve essere fatto per accontentare appieno una platea che dimostra comunque di gradire eccome il prodotto "calcio" e lo confermano gli incassi da capogiro fatti registrare in occasione delle ultime partitissime. Ma riguardando con attenzione gli esiti di questo sondaggio si capisce immediatamente dove c'è spazio per modificare lo "status quo". Se molto è stato fatto per combattere la violenza negli stadi, se è impensabile che spariscano d'incanto gli errori arbitrali, è altresì auspicabile che gli arbitri stessi si adoperino energicamente per scoraggiare i simulatori e coloro che, alla faccia del fair play, invocano l'ammonizione per gli avversari.

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...si va dai cori razzisti, ai falli tattici, agli episodi di violenza fuori e dentro gli stadi. Insomma, un bel campionario, non c'è che dire! Ma è soprattutto in occasione delle risse in area che precedono i calci d'angolo o i calci di punizione che si deve drasticamente intervenire. L'area di rigore non è e non deve essere terreno minato o ring per neofiti di lotta libera o greco-romana. È assurdo, nonché profondamente irregolare, tutto ciò che viene permesso in quelle particolari situazioni. Non vale quel luogo comune secondo il quale gli arbitri non fischiano altrimenti sarebbero costretti a dare cin-

que o sei rigori a partita. Il caro Sepp Blatter, nella sua campagna demagogica tendente a favorire lo spettacolo calcistico, aveva apportato tempo fa alcune importanti modifiche, come quella che impedisce al portiere di toccare il pallone con le mani in caso di retropassaggio, quella sul fallo da ultimo uomo, sul fallo da tergo, sulle nuove situazioni relative al fuorigioco con lo scopo di privilegiare le squadre votate al gioco d'attacco. Ma proprio perché lo spettacolo calcistico venga salvaguardato, è doveroso che la task force istituita dallo stesso Blatter, faccia qualcosa per stroncare in maniera decisa quelle incresciose risse in area con tanto di maglie strattonate, avvinghiamenti e tentati strangolamenti. E non occorre una modifica delle norme. È solo sufficiente che il regolamento già esistente e che non prevede (a differenza del rugby) l'uso delle mani, venga fatto rispettare. E non è detto che ciò produca più goal (se non uso le mani io, non le usi neppure tu). Sicuramente, però, riporterà il calcio all'interno di quei binari di correttezza ultimamente troppo ignorati dagli arbitri e dagli stessi giocatori. Bisogna intervenire al più presto; il pressing alto ha di fatto prodotto l'estinzione dei rifinitori di talento il cui estro è stato spesso soffocato dai mediocri pedatori muscolari. Se ora si tollerano gli assalti da "Fort Apache" in area di rigore; col passare del tempo gli stessi verranno tollerati anche in ogni altra parte del campo. E il calcio, purtroppo, sarà un altro sport.


VITA CSI

IL GIRO D’ITALIA CSI di Felice Alborghetti

CICLISMO Il giro d’Italia CSI Se vi capita in questa primavera ormai alle porte di incrociare carovane ciclistiche lungo strade più o meno anguste, gettate uno sguardo sui pettorali. Potreste infatti ritrovare le tre lettere CSI ben impresse sopra ai numeri di gara, visto il grande sforzo che l’Associazione sta imprimendo sulle due ruote, cercando di far rifiorire quel movimento che un tempo aveva visto sui pedali ciessini campioni del calibro di Gimondi, Moser, Argentin… La voglia di ciclismo, sport popolare per eccellenza, contagia molte regioni; un po' ovunque nei week-end si organizzano corse in linea e trofei. Si vanno gonfiando dunque i tubolari delle bici CSI - oltre 4000 i tesserati nella stagione 2001 - ma la novità ciclistica del 2002 sarà il ritorno del campionato nazionale amatoriale a tappe, che affiancherà il collaudato Gran premio nazionale di mountain bike. Qualcuno l'ha ribattezzato il Giro d'Italia degli amatori (coi tempi e il doping che corrono) meglio rimanere fuori da simili paragoni. Saltiamo in sella alla cronaca. Il primo dei quattro appuntamenti programmati si è disputato a Verona sabato 16 marzo. Trecentocinquanta biciclette al via per il Trittico dell'Adige, di questi circa duecento erano in corsa per conquistare i primi punti del campionato nazionale CSI che si concluderà nella tappa decisiva di Cesenatico, dove il 21 e il 22 giugno prossimi saranno assegnate le maglie ai campioni individuali e a squadre. Lo start al Giro d'Italia CSI è stato dato lungo le sponde dell'Adige su un tracciato a circuito di 7 km (il trat-

to Attiraglio-Parona è stato percorso più volte, a seconda delle categorie in gara) con uno strappo di 400 metri nel giro conclusivo, per un traguardo in salita dove un bresciano è transitato per primo. Il gruppo partito dal Lungadige Attiraglio si è via via sgranato con una lotta anche per i piazzamenti; infatti il regolamento (30 punti al vincitore, 26 al piazzato, 22 al terzo) assegna punti utili fino al 15° giunto al traguardo, sia per singolo che per squadra, come classifica parziale di tappa. Al seguito del gruppo c'erano 12 cronometristi, un'autoambulanza con i medici che hanno avuto il loro da fare: come previsto dalla legge, al termine della tappa, c'è stato infatti il controllo antidoping a campione; il vincitore insieme ad altri tre sorteggiati tra i primi dieci classificati si sono sottoposti

La voglia di ciclismo, sport popolare per eccellenza, contagia molte regioni; un po' ovunque nei week-end si organizzano corse in linea e trofei...

ad un ulteriore sforzo dopo l'arrivo per dichiararsi "puliti e vincenti". L'intento è sempre quello di promuovere infatti più che una gara competitiva una festa dello sport. La carovana del Giro d'Italia CSI si sposta a sud: prossime tappe il 5 maggio si correrà a Battipaglia (SA), il 19 maggio sarà la volta della capitale. Poi una settimana più tardi sarà la volta di Brescia. Infine Cesenatico.

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ARGOMENTI

GETTERO’ LE RETI di Rita Salerno

Getterò le reti "COMUNICARE IL VANGELO AI GIOVANI IN UN MONDO CHE CAMBIA" "Un'educazione che non si preoccupi di creare le condizioni per cui i valori che propone siano di fatto praticabili, è svuotata di senso e, al limite, confinata in qualche frammento della vita del giovane". Parola di don Paolo Giulietti, direttore nazionale della pastorale giovanile, anima del settimo convegno nazionale svoltosi il mese scorso a Isola delle Femmine in provincia di Palermo. A lui è toccato il compito di tirare le somme dei tre giorni di lavori. È una sfida su cui nessuna opera pastorale può misurarsi da sola. Giulietti sa bene che una missione per essere vincente non ha bisogno solo di operatori determinati. Ma di un impegno costante in grado di incidere sulle strutture. E di attivare quella grande risorsa che è la comunità cristiana. In questo senso, il lavoro dei quattordici gruppi di studio lo ha confermato. L'annuncio del Vangelo va di pari passo con l'attenzione politica. "Perché è in essa che la vita cristiana si colloca, si sostanzia e si misura" - precisa il direttore nazionale dell'ufficio di pastorale giovanile - "la missione della Chiesa, per essere autentica ed efficace, deve rispecchiare la dinamica della rivelazione che si attua tramite gesti e parole intimamente connessi". Quattrocentosessanta delegati da tutti Italia, tutti concordi nell'ammettere che le strade da intraprendere sono diverse: dal versante sociale a quello ecclesiale, passando per il politico e il culturale. In breve, la proposta di nuovi modelli educativi. Una strada tutta da percorrere, dunque. Il cui tracciato è segnato da positivi segni di speranza: i nuovi centri pastorali, il progetto Policoro per l'occupazione, la scuola Hope Music. E la straordinaria esperienza della GmG di

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Roma 2000. "Occasione privilegiata per dimostrare la capacità di dialogo con i giovani di cui una comunità cristiana accogliente e aperta al confronto, come lo sono le diocesi, è capace" - sottolinea don Giulietti - "Proprio alla luce di questa esperienza è urgente sperimentare nuove attenzioni educative e nuovi approcci, anche evangelicamente coraggiosi". Nello spirito degli Orientamenti pastorali dell'episcopato italiano per tornare a sognare: da Isola delle Femmine riparte la speranza di una pastorale giovanile nuova nei contenuti e nelle modalità di espressione. Perché non è solo con i grandi eventi che


"la missione della Chiesa, per essere autentica ed efficace, deve rispecchiare la dinamica della rivelazione che si attua tramite gesti e parole intimamente connessi" si può costruire una pastorale giovanile degna di questo nome. Ne è certo il sociologo Franco Garelli secondo cui "gli ambienti religiosi per incontrare i giovani debbono costruire a partire dal quotidiano".

Lo studioso è convinto che i giovani debbano oggi essere aiutati a "coltivare il senso di una vita interiore che renda umanamente e spiritualmente comprensibili le esperienze che i soggetti vivono, aprendoli al senso ultimo dell'esistenza e dei rapporti umani". Ma essi devono inoltre essere formati "all'assunzione di responsabilità nei vari campi in cui sono chiamati a vivere, cercando di superare la frattura tra la vita ordinaria ed eventuali momenti eccezionali o particolari di impegno e di identificazione", sensibilizzati "all'idea e alla responsabilità della vocazione, del disegno di Dio nei loro confronti". Non usa giri di parole il sociologo torinese. E punta diritto al cuore del problema. "Nessuna società può permettersi di fare a meno dell'apporto innovativo e partecipe delle generazioni più giovani, a meno di non votarsi al declino irreversibile". Sulla stessa lunghezza d'onda l'intervento dell'economista Stefano Zamagni. Che, dopo aver sottolineato come i bisogni di giustizia sociale, di equità e di rispetto abbiano giovato un ruolo primario nel risve-

glio delle coscienze delle giovani generazioni, si spinge più in là. Arrivando fino ad invocare un patto tra generazioni. Da una parte, gli adulti capaci di trasmettere un patrimonio culturale, senza il quale i giovanissimi rischiano di perdere la memoria storica e con essa ogni capacità progettuale. Dall'altra, i giovani in grado di assorbire e fare proprie verità prive di falsi miti: dall'homo economicus alle convinzioni fatue di chi ritiene il benessere veramente alla portata di tutti, poveri e indifesi compresi. Per impostare adeguatamente un processo formativo in grado di reggere l'urto delle moderne sfide, occorre prima di tutto eliminare queste bugie. E poi sottoscrivere un patto tra generazioni. Per questo, il docente di economia politica ritiene che non siano più rinviabili "la riforma dei servizi professionali" e "il passaggio dalla cultura del pieno impiego alla cultura della piena occupazione". "Quando si parla di disoccupazione - precisa - il riferimento è sempre e solo alla categoria dell'impiego", ma poiché "pensare di dare oggi un lavoro a tutti sotto forma di impiego, cioè di lavoro remunerato secondo le regole del mercato, sarebbe pura utopia", lo "slogan corretto non è 'lavorare meno, lavorare tutti', ma 'lavorare davvero, lavorare tutti'". Per ridurre lo scarto fra impiegabilità e occupabilità, secondo Zamagni, occorre innanzitutto riflettere sul rapporto tra mondo della scuola e mondo del lavoro: "il primo fa ben poco per accrescere l'occupabilità dei giovani; il secondo fa molto per bruciare in fretta l'occupabilità degli adulti occupati". È urgente, allora, "ripensare il modello educativo con l'obiettivo della riqualificazione". La sfida dell'oggi esige non soltanto che si educhino meglio coloro che entrano nel mondo del lavoro, ma anche coloro che vi sono già entrati. “Si deve passare da una concezione della formazione come 'addestramento al lavoro', all'idea di un progetto formativo al servizio della persona”.

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TRAME DI GIOCO

MADAME JUVENTUS di Darwin Pastorin

Madame

Juventus Juventus SPORT E LETTERATURA PARLANO OGGI DEL DERBY DELLA MOLE E SOPRATTUTTO DELLA VECCHIA SIGNORA, GRANDE AMORE DELL'AUTORE-SCRITTORE BRASILIANO. «La Juventus è universale, il Torino è un dialetto. La Madama è un "esperanto" anche calcistico, il Toro è gergo. E qui il peso del campanile trova finalmente sfogo, piedistallo, unicità espressiva, anche se l'immagine della squadra granata è amata per quanto seminato, tanto tempo fa e in ogni luogo d'Italia, i gol e i lutti dei Valentino Mazzola e dei Maroso»: con queste parole, in una felice sintesi da grande scrittore, Giovanni Arpino (scomparso il 10 dicembre '87, autore di fortunati romanzi come "La suora giovane" e "Il fratello italiano") aveva racchiuso il "significato", romantico e storico, delle due squadre torinesi: in senso, se vogliamo, pasoliniano. Arpino, che ha scritto l'unico romanzo italiano "dentro" il calcio ("Azzurro tenebra"), ha raccontato, su "la Stampa", personaggi e fatti, gioie e disperazioni, umori e colori di Juventus e Torino, separando lo "stile bianconero" dalla "fede granata". Ricordiamo il "bracconiere di personaggi calcistici" con Bruno Quaranta, 48 anni, biografo dello scrittore piemontese ("Stile Arpino. Una vita torinese", per la Sei, e "Teatro, poesie e altre storie", per Rusconi), noto critico letterario di "Tuttolibri", l'inserto culturale de "la Stampa". Che rapporto aveva Arpino con Juve e Toro? «La moglie Caterina e Bruno Perucca ricordano una simpatia di Giovanni, negli Anni 50, per l'Inter. Sulle torinesi, non si è mai sbilanciato. Ripeteva sempre che la radice etimologica di tifo era fumo, febbre. Cioè nebbia. Un tifoso per definizione è "annebbiato" e lui, essendo un testimone neutrale, non poteva scegliere. Gli hanno attribuito una debolezza juventina, ma io so che amava del Torino il mito: lo colpiva molto quel pas-

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Valentino e Sandro Mazzola

sare attraverso la morte che ha segnato la storia della società torinista. Scrisse sulla squadra granata, che da Superga a Meroni a Ferrini è "più importante soffrire che non vincere". Juve Madama, la signora omicidi, la fidanzata d'Italia, Juve primo amore, l'ambasciatrice d'Italia, il miglior "sponsor" per Torino e l'entità piemontese: sono soltanto i più noti nomignoli e defizioni che hanno etichettato il Football Club Juventus, una realtà sportiva, sociale e umana di ormai quasi centenaria storia, una "identità" di stile e di opere che non trova riscontri nella Penisola. Quando dici Juventus sei conosciuto da Helsinki a Melbourne, dal Canada al Pakistan. Ed è questa "identità" che diventa biglietto da visita internazionale, un modello attraverso il quale puoi riconoscere un'

Italia non provinciale, non limitata al campanile. La Juventus, come il calcio stesso, è un "linguaggio". Lo riconobbe un poeta quale Pasolini, lo sanno benissimo anche gli avversari. Ai simboli della tradizione italiana classica - simboli a volte banali - a volte ovvio semplicismo: si tratti di un vino, di uno strumento musicale, di un cibo, di un saluto come il "ciao" che ormai ha fatto il giro del mondo-il "simbolo Juve" ha offerto una nota in più, una connotazione specifica e vivida. Nacque rosea, la Juve. La camiciola aveva i colori di un petalo, le brache erano all'inglese e non mancava un cravattino nero. Il cipiglio, dietro i baffi d'epoca, in quel 1901, era però all'italiana. E del resto fu ancora un inglese, mister Savage, giocatore-arbitro, che nel 1905 (anno del primo scudetto) scelse la casacca bianconera. La fece arrivare dall'Inghilterra appositamente, e la fisionomia della Signora Juventus non mutò più, alternando la lingua di Shakespeare al dialetto piemontardo, con i logici apporti, negli anni, di un pò di spagnolo e un pò di francese. Del resto, con il nome latino, la Juve è una culla di storia, memorie, imprese, medaglieri, è il "braccio ludico" di una città d'industrie che mette passione e coerenza e caparbietà del lavoro e certo non può dimenticarle sull'erba domenicale».


I GREGARI

UN RUOLO PORTANTE

Un ruolo portante

pilone IN FRANCESE È PILIER, IN INGLESE PROP . COMUNQUE SIA IL PILONE NEL RUGBY È LA COLONNA A CUI LA SQUADRA SI AGGRAPPA.

Cominciamo dalla fine. Quando dopo una lunga chiacchierata Andrea Lo Cicero, prima linea della Nazionale del pallone ovale mi saluta non dice ciao. Sempre a disposizione gli viene più spontaneo. Sarà forse casuale, ma è proprio così. Nel rugby il pilone è un po' il gregario, quello sempre a disposizione, sempre in aiuto del resto della squadra e del collega compagno, altro pilastro al fianco del tallonatore. Sono infatti due i piloni nel quindici, quelli che spalla a spalla vanno per primi al contatto con la linea avversaria. Un ruolo sporco, di chi fatica, di chi non appare, di

Nel rugby il pilone è un po' il gregario, quello sempre a disposizione, sempre in aiuto del resto della squadra chi è sempre in mischia. In mezzo al pacchetto a spingere, a lottare, a sudare. In tv, sì e no, dei piloni si scorge il numero di maglia, nonostante l'enorme stazza.

Quasi non entrano tanto son grossi nei primo-piano delle immagini, a loro riservate solo durante gli inni pregara, o in caso di sostituzioni. Poi nelle azioni aperte, in campo, la scena passa ai mediani o ai tre quarti. Andrea sorride "Saranno pure più carini" afferma, "ma è vero, noi piloni ci troviamo in una situazione di gioco in cui abbiamo un muro di difensori davanti. Certo il ruolo del pilone può sicuramente essere visto come gregario; è infatti colui che prende il punto di accumulo della spinta avversaria, colui che prende la palla e va a contatto con gli avversari. Il fatto che siamo così "grossi" dovrebbe aiutarci ad attirare sulla nostra persona quante più persone possibili. Adesso poi il ruolo sta evolvendo, ci sono piloni assai dinamici che riescono a dare manforte anche nelle azioni di attacco, unendo la velocità alla stazza fisica". Il pilone è gregario, perché supporta, ma non calcia, difficilmente realizza, raramente va in mèta… Alt! Io in Nazionale ho segnate due mète, la più bella contro gli All Blacks (il sogno di

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UN RUOLO PORTANTE

una vita) l'anno scorso e un'altra contro la Romania.

Catanese di nascita, prima al CUS, poi all'Amatori, uno scudetto con la Roma, oggi in Francia nelle fila dello StadeToulousaine, Andrea Lo Cicero, soprannominato "il barone" per le sue origini nobili, sogna di vincere il prestigioso bouclier, lo scudetto francese. È un trofeo (1,60 di altezza per 1,20 di larghezza) che nel periodo estivo, a campionato concluso, viene custodito una settimana ciascuno a casa dei campioni di Francia. Ci sono moltissime feste, è un simbolo di vittoria, dove c'è un bouclier c'è aria di campione e questo vale in ogni sport, in Francia.

Ma certamente i piloni si sentono e servono più in fase difensiva… Quando c'è la mischia, bisogna bloccare le spinte dell'avversario e permettere al pallone da questo ipotetico corridoio che si forma di entrare, al tallonatore di spostarlo dietro le gambe del pilone sinistro e così via fino al numero 8 che sta in coda alla mischia. Il mediano di mischia che aveva introdotto quel pallone si ritrova a ricoprire la posizione dietro il numero 8, quindi a raccogliere nuovamente il pallone e ad aprirlo per iniziare una nuova azione d'attacco. Nel rugby ci si fa male, è dunque uno sport violento…? No, assolutamente non è uno sport violento; la violenza è quello che vediamo negli stadi del calcio. Io penso che il rugby sia uno sport molto istruttivo. Quando si è piccoli soprattutto lo si comprende meglio; lì infatti non è che si giochi al nostro livello, non c'è quel genere di contatto: ci si arriva per gradi, e gradualmente si giunge ad avere fisicamente quelle proporzioni che ti permettono di ricevere un impatto più dirompente. Il rugby, anzi, è uno sport altamente educativo. Chi gioca con l'idea di entrare in campo per distruggere il mondo o con l'intento di spaccare la faccia a qualcuno, subisce un'eliminazione naturale, perché nessuno vuole ciò e ama questi comportamenti. È uno sport di rispetto; si finisce sempre battendo le mani agli avversari, qualsiasi sia il risultato. Parlaci del terzo tempo. È un gemellaggio ulteriore, in cui si scoprono altri dettagli degli avversari, per conoscersi meglio. Si mangia tutti insieme, si parla un po' di tutto. I diverbi e le ferite restano sul campo. Quando l'arbitro fischia la fine è finito tutto. Si è già nel terzo tempo. È una regola non scritta, ma rispettata da tutti, perché, ripeto, il rugby è sport di rispetto.

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Un ruolo sporco, di chi fatica, di chi non appare, di chi è sempre in mischia a spingere, a lottare, a sudare...

E la competizione rimane solo sul campo. L'organizzazione del “6 Nazioni” sistema i tavoli rigorosamente misti: da 3, 4 anche 8 persone ma sempre composti da giocatori di nazionalità diverse. E le scazzottate che ogni tanto fuoriescono? Fanno parte del gioco. È come dare un segnale all'avversario che tu sei disposto sia a giocare che a fare a pugni, e alla fine si pensa più a giocare e quindi finisce la violenza. Inoltre l'arbitro penalizza: adesso, se tu dài un pugno gratuitamente vai fuori, ed è giustissimo. Nello sport non ci dev'essere violenza. Quando poi si vedono ad esempio gli All Blacks danzare secondo il rito Maori prima di ogni match internazionale, non è assolutamente inno alla violenza, ma un credo religioso, un incitamento, un trovarsi insieme pronti ad affrontare la partita. Si caricano.

Ma il gregario Lo Cicero ha mai pensato di uscire dalla mischia…? Sul gioco aperto a volte hai voglia di andare avanti, di essere presente nel sostegno, nel conquistare questi benedetti metri, ma io resto un pilone, un bellissimo ruolo: trascinatore e gregario anche perché sei quello che sostiene il compagno nell'ascensore. Prendiamo le botte, e non andiamo nelle copertine. Prima della mèta, delle touche, del calcio d'inizio, delle ruck, tutti i punti di incontro, se non esistesse il pilone a dare sostegno fisico non ci sarebbe rugby. In questo sport non si ha un solo avversario diretto ma sono tutti avversari. Anch'io sono avversario di me stesso, quando non rendo come vorrei, quando sono stanco o ho un momento di debolezza. Nel corpo a corpo sta l'anima del rugby: là non puoi sbagliare. Se sei stanco, o debole su una gamba, se abbassi gli occhi, il tuo avversario se ne accorge e cerca di distruggerti su quelle defaillances, psicologicamente. Allora ti vuole spingere, entra forte, inizia a lavorare sulle tue debolezze. Bada bene non esistono paroline, insulti, nulla. Fanno più male certi sguardi di sicuro. Quali parole escono invece dalla mischia? Ai piloni ci urlano sempre: Sbrigati! Attacca di qua, corri in aiuto, batti adesso! Non mollare mai! E un pilone non molla mai fino alla mèta.


LIBRI

Efficienza fisica e benessere, come vivere meglio a tutte le età Bazzano C., Bellucci M., Edizioni Mediche Scientifiche Internazionali (e-mail: ernsi.editrice@tiscalinet.it), 488 pagine, 270 figure, 69 tabelle, € 35,00 (brossura), € 41,00 (£ 80.000) rilegato. Prima di parlare del libro, è necessario spendere qualche parola sui due autori, che i lettori di Stadium dovrebbero già conoscere. Il prof. Carmelo Bazzano, una vera e propria istituzione nell'insegnamento di scienze motorie in Italia e negli USA, qualche anno fa pubblicò sulla nostra rivista articoli sull'attività sportiva nella terza età. Mario Bellucci, docente all'IUSM di Roma, è stato tra gli autori dei volumi che il CSI ha realizzato a metà degli anni Novanta per i propri corsi di formazione per operatori sportivi. Abituati a lavorare in tandem, gli autori affrontano in questo volume tutti gli aspetti dell'efficienza fisica, parte importante del benessere, descrivendoli dettagliatamente e con numerosi esempi. A scanso di equivoci, bisogna precisare che si tratta di un testo specialistico, rivolto agli insegnanti di educazione fisica, agli studenti degli Istituti Universitari di Scienze Motorie, ai personal trainer, ai maestri di sport, ai tecnici sportivi, ai medici dello sport, ai terapisti della riabilitazione. Ma l'opera è anche fruibile da tutti gli operatori scolastici e dagli stessi appassionati di fitness e dagli sportivi in genere. Nel primo capitolo si forniscono le definizioni dell'efficienza fisica e del benessere, indicandone le componenti costitutive. In particolare si esamina come il concetto di efficienza fisica (fitness) si sia evoluto negli ultimi decenni, cedendo il posto al più ampio concetto di benessere (wellness). Si analizzano anche le problematiche legate alla sedentarietà ed alle malattie

ipocinetiche, ovvero legate alla carenza di movimento, quest'ultima maggiormente responsabile del notevole incremento dei fattori di rischio per la salute nei paesi più industrializzati. Nel secondo capitolo si tratta il sistema cardiovascolare, analizzato sinteticamente nelle sue caratteristiche strutturali e funzionali. Ogni cosa è finalizzata all'effettuazione di alcuni test, dai quali ricavare un programma aerobico nonché per scandire le varie fasi dell'allenamento. Nel terzo capitolo si considera la composizione corporea ed il controllo del peso. Nel quarto si studia l'apparato muscolare e vengono proposti vari tipi di test per la forza e per la resistenza. Seguono i princìpi di allenamento con pesi e la prescrizione degli esercizi, il tutto sempre finalizzato al benessere. Concludono il capitolo le indicazioni da tener presenti per un allenamento con pesi privo di infortuni, abbinate ad esempi di posizioni di scarico della colonna vertebrale e ad accorgimenti posturali utili anche alla vita quotidiana. Nel quinto capitolo si focalizza l'attenzione sulla flessibilità; nel sesto si tratta del benessere psichico, come conseguenza dello svolgimento dell'attività fisica. Viene esposto il test americano del benessere generale, di facile applicabilità, finalizzato alla valutazione dello stress. I numerosi studi sull'attività fisica e sul benessere psich9ico permettono di tracciare delle linee guida sul programma per il controllo dello stress. Seguono sette appendici che trattano: la quantità e la qualità degli esercizi raccomandati per il “benessere” negli adulti sani; il consumo calorico al minuto per varie attività fisiche; la determinazione del bilancio energetico mediante confronto tra assorbimento e consumo calorico; la composizione degli alimenti; gli esercizi con pesi per l'efficienza muscolare; gli esercizi a carico naturale ed infine gli esercizi di riscaldamento. Il glossario e l'indice delle abbreviazioni facilitano il lettore nella lettura del testo.

Per sport e per business: è tutto parte del gioco M. Braghero, S. Perfumo, F. Ravano Franco Angeli Editore, Roma, pp. 296, € 21,69 (L. 42.0000) Non sono molti i libri che cercano di interpretare le dinamiche in atto nel fenomeno sportivo in Italia e di rapportarle ai cambiamenti sociali. Gli autori qui ci provano, anche se il loro sforzo è mirato a centrare un unico aspetto, sia pure importante: il rapporto tra sport e affari. L'impostazione cavalca un duplice intento: da un lato riflettere, anche con notevole spirito critico, sull'attuale modello organizzativo dello sport di vertice italiano; dall'altro fornire gli elementi di un management più adeguato allo sport business nostrano rispetto a quello fino ad oggi adoperato. Se il libro ci aiuta a capire pregi e difetti di certe operazioni che coinvolgono le società calcistiche che vanno per la maggiore, dalla quotazione in borsa ad alcune operazioni di marketing evoluto, è un peccato che esso non cerchi di fare un passo in più per capire come tale "rivoluzione" si stia riflettendo sullo sport di base. La fuga in avanti di una piccolissima parte dello sport spettacolo verso il business assoluto ha spezzato, crediamo per sempre, la coesione interna del sistema imperniato sul CONI, e dunque ha chiuso un'epoca della storia dello sport italiano, aprendo un futuro di incognite. Ma questo "dettaglio" sembra sfuggire ai più. Tuttavia riteniamo che questo libro potrebbe e dovrebbe interessare ai lettori di Stadium, in quanto alcune delle sue riflessioni ben si adattano anche alla realtà del CSI. Vedasi, ad esempio, la difficoltà di conciliare i valori tradizionali dello sport con le esigenze del mercato. La stessa conclusione degli autori, che la soluzione del "conflitto di interessi" tra sport e business si debba ricercare in un codice di etica cui vincolare l'agire di dirigenti e manager, può suggerire qualche interessante riflessione.

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CONTROCORRENTE

È UN TRAVET, ANZI UN ARTISTA di Andrea De Pascalis

È un travet, anzi un artista CALCIATORI PRIVILEGIATI: GIUSEPPE COLUCCI ESENTATO DAL SERVIZIO MILITARE, MA... Con una singolare sentenza il Tar del Lazio ha accolto il ricorso di un giocatore del Verona, Giuseppe Colucci, che chiedeva di essere esentato dal servizio militare. Il ricorso faceva riferimento al Decreto 504/97, per il quale possono essere sollevati dal servizio di leva gli italiani impegnati, a livello nazionale e internazionale, nel campo dell'arte, delle scienze e della cultura. E per il Tar del Lazio l'attività di un calciatore di livello costituisce espressione d'arte. Dunque Colucci non farà il servizio militare. Molto si è arrabbiata, giustamente, l'Associazione delle famiglie dei militari di leva per quello che loro recepiscono come un privilegio in più concesso a chi è ricco e famoso. Ma ormai, con l'abolizione della leva obbligatoria alle porte, la questione del privilegio passa in secondo ordine, lanciando invece tutt'altro genere di segnale: l'inderogabilità di una riforma complessiva dello sport italiano. Il salto dalla sentenza Colucci alla mancanza della legge-quadro può sembrare un'acrobazia dialettica, ma non lo è. La legge '91, tuttora in vigore, sancisce che il calciatore professionista è un lavoratore dipendente. Non a caso paga i contributi INPS, e dalla previdenza pubblica percepisce alla fine una pensione. Giusta o sbagliata che fosse, era ed è la legge in vigore. Di recente è intervenuta sulla materia l'Unione Europea, ed ha decretato che il calciatore, in quanto lavoratore dipendente, ha diritto di licenziarsi quando vuole, che tradotto nel linguaggio del calcio odierno significa "fare la scelta di vita", cioè abbandonare la squadra del momento e trasferirsi da chi gli offre condizioni di lavoro migliore. Strani lavoratori dipendenti questi atleti pro-

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fessionisti, sempre pronti a smettere l'abito del travet quando si tratta di invocare privilegi nuovi. Prendiamo la richiesta del contingentamento di calciatori stranieri quale misura per tutelare i vivai italiani: non risulta che esista una legge che impedisca di assumere un metalmeccanico africano per proteggere quello nostrano, né che esistano i vivai di metalmeccanici. E chissà che domani Colucci e i suoi colleghi non scendano in sciopero insieme alle tute blu e ai colletti bianchi per scongiurare l'abolizione dell'art. 18! Fuori dagli scherzi, il Tar del Lazio, smentendo nei fatti la Legge '91, ha evidenziato una volta di più la grande confusione che ormai regna nell'ordinamento sportivo italiano. A furia di leggi tampone e di settore, si è persa la visione unitaria di che cosa siano lo sport e gli sportivi a livello giuridico, quali siano i diritti e i doveri di ogni compo-

Renato Guttuso, I calciatori nente. Su questo stesso numero di Stadium parliamo delle nuove norme sulla tutela sanitaria, che mettono sullo stesso piano Yuri Chechi e il signor Rossi che la domenica partecipa ad una gara di cicloamatori, perché non si sa bene come distinguere tra agonisti veri, agonisti della domenica e non agonisti. Proseguire con questa confusione non fa il bene di nessuno.


PER ALLENAMENTO I MUSCOLI PETTORALI di Alfredo Stecchi

I muscoli pettorali

pettorali

I muscoli pettorali risultano di fondamentale importanza in funzioni vitali come la respirazione. Il loro allenamento si traduce in una sensazione di forza e di conseguenza in una maggiore sicurezza e stabilità della parte superiore del corpo umano. Anche se di specifica utilità in numerose attività sportive, nell'ambito della moderna scienza dell'allenamento ci accorgiamo che questo gruppo muscolare deve essere considerato un anello della complessa catena cinetica qual è la macchina umana: ecco allora che, a differenza del passato, l'allenamento dei pettorali viene preso in seria considerazione anche in sport che apparentemente non ne necessiterebbero. Anatomicamente questo gruppo muscolare è rappresentato soprattutto dal grande pettorale che con tre punti di origine va ad inserirsi come un ventaglio sull'omero; oltre al grande pettorale vanno ricordati anche il muscolo piccolo pettorale e il gran dentato. I pettorali risultano di specifica utilità in sport come il basket, il volley, le quattro specialità del nuoto, i lanci nell'atletica leggera, la ginnastica artistica, le arti marziali, ecc. Ciò non toglie però che la loro importanza assuma caratteri di rilievo anche, ad esempio, nella velocità dell'atletica leggera, in quanto l'espressione di tutte le potenzialità di un velocista si verificano anche con un'appropriata locomozione dei pettorali strettamente correlata a tutti gli altri muscoli del corpo. In sport come il calcio, fino a circa 20 anni fa, la parte superiore del corpo umano era assolutamente sproporzionata rispetto a quella inferiore: gambe possenti e busto quasi rachitico.

contrario alle leggi biomeccaniche dei modelli di prestazione.

E SERCIZI fig. 1

Con il passare del tempo, forse anche per motivi legati all'esasperazione delle prestazioni, si è cominciato anche nel calcio a prestare adeguata attenzione al sistema muscolare della parte superiore. Esistono comunque numerose attività in cui l'allenamento dei pettorali deve per necessità risultare superficiale ed insignificante: in specialità come il salto in alto e le corse di resistenza ad esempio, l'allenamento dei pettorali può rappresentare un controproducente aumento di peso e di conseguenza

A CORPO LIBERO

Tra gli esercizi a corpo libero, quello che sicuramente spicca di più, non fosse altro per la sua notorietà e per la sua facilità d'esecuzione, è l'esercizio dei piegamenti sulle braccia erroneamente conosciuto anche come "flessioni" (Fig. 1). Il movimento, che oggettivamente non rappresenta elementi antifisiologici tranne per chi è affetto da patologie a carico dell'articolazione della spalla, può essere svolto su qualsiasi genere di pavimentazione a patto che l'appoggio delle mani si trovi sullo stesso livello. Nella Fig. 2 viene mostrata l'esecuzione di livello più facile, più fig. 2 indicata per coloro che stanno iniziando

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PER ALLENAMENTO

I MUSCOLI PETTORALI

da poco ad allenarsi o che sono reduci da qualche trauma: l'appoggio delle ginocchia al suolo sottrae infatti una buona parte del carico ed evita di impegnarsi soprattutto con gli addominali. Per facilitare il movimento ci si può porre in ginocchio o si possono appoggiare le mani su un rialzo di circa 30-40 cm; in ogni caso, comunque, le mani dovranno sempre trovarsi non troppo vicine al petto ma neanche troppo distanti (Fig. 3). Quando si è pronti ad affrontare sforzi maggiori e ci si è adattati anche a lavorare nella posizione classica conosciuta a tutti, per aumentare la difficoltà si possono appoggiare posteriormente i fig. 3 piedi su un rialzo (Fig. 4): in questo modo il maggiore sforzo è rappresentato da un piccolo spostamento del baricentro e dal fatto che saranno interessati i fasci muscolari più alti, notoriamente più deboli di quelli inferiori. In tutti e tre i casi, comunque, il tronco dovrà rimanere sempre in tensione e si dovranno evitare azioni ondulanti che sottrarrebbero efficacia al movimento.

E SERCIZI

CON I CARICHI

L'esercizio di distensioni del bilancere su panca orizzontale (Fig.5) è sicuramente l'esercizio più utilizzato per l'aumento della forza del petto. Durante questa esecuzione subentrano come muscoli ausiliari anche i fasci anteriori del deltoide e il tricipite brachiale. Questo esercizio deve rispettare alcune regole di base perché venga svolto con la massima efficacia e non presenti eccessivi motivi di rischio per tutto il sistema osteo-muscolo-articolare. L'impugnatura deve prevedere, soprattutto in presenza di carichi molto elevati, la contrapposizione del pollice con le altre dita della mano e la presa deve avere un passo

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Stadium marzo 2002

tale da permettere che l'avambraccio, nel punto di massima discesa del bilancere, si trovi su una linea perpendicolare al suolo. Prima di iniziare il movimento, effettuare una

fig. 7

fig. 5

breve inspirazione ed espirare superato lo sforzo maggiore nella fase antigravitazionale. Nel caso di soggetti con evidenti problematiche sul tratto lombare può risultare utile il sollevamento degli arti inferiori (Fig.6), azione che sottrarrebbe però forza, equilibrio e concentrazione all'intera esecuzione. Un altro valido movimento per l'allenamento di questo gruppo muscolare è l'esercizio di croci con manubri (Fig.7), dove la maggior parte dello sforzo è eseguito solo dai pettorali. In questo caso non si tratta di movimenti di flessoestensioni come l'esercizio fig. 4 precedente, bensì di aperture e chiusure che in termine tecnico vengono definite abduzioni e adduzioni. Distesi su una panca, dopo aver effettuato una breve inspirazione, portare le braccia leggermente flesse verso il basso con il gomito in direzione del suolo evitando movimenti veloci ed eccessive escursioni, fig. 6 quindi risalire verso l'alto ed espirare superato lo sforzo maggiore.

O RGANIZZAZIONE DEGLI ALLENAMENTI Un allenamento ogni 4-5 giorni

può essere più che sufficiente per stimolare quei processi di forza e di trofismo che vi soddisferanno pienamente: ricordate che il lavoro frequente ed esasperato non giova a nessuno e a lungo andare non solo blocca i miglioramenti ma porta anche a patologie articolari di vario tipo. Per chi inizia da zero sarà opportuna una preparazione lenta e graduale cominciando per almeno i primi 4-5 allenamenti con i piegamenti sulle braccia a partire dalle azioni più semplici. Alla fine degli allenamenti qualche minuto di stretching vi aiuterà a predisporvi al meglio per le sedute successive.


NATI NEL CSI

CARLO PEDERSOLI di Felice Alborghetti

Dove iniziò la sua carriera? A 8 anni e mezzo feci la prima gara con la Canottieri Napoli, poi ci fu la guerra. Arrivai a Roma il 19 luglio 1943, in pieno clima di bombardamenti a San Lorenzo. Dai 13 ai 15 anni, durante la guerra, gareggiavo con la Romana Nuoto ed ero fresco vincitore dei campionati italiani a Trieste; nuotando a rana. Poi dai 17 ai 20, nell'età più importante nella crescita di un nuotatore, smisi completamente l'attività sportiva, perché dovetti seguire la mia famiglia in Brasile e poi in Argentina; quando tornai provai per la prima volta a stile libero - ero allora alla Lazio Nuoto - e fu subito un record: il primo uomo sotto il minuto nei 100 sl. Andavo fortissimo: ricordo che quando ero allievo trionfavo pure nella categoria senior, ed ero stato anche campione italiano a rana e farfalla. Risultati da Nazionale. Come andò alle Olimpiadi? Partecipai sia ad Helsinki'52, che a Melbourne '56, con risultati quasi identici: nono su 135 atleti in Finlandia e decimo in Australia. Ma non ho mai giocato a pallanuoto in una Olimpiade, come invece in molti hanno scritto.

Bud Spencer

Cinema, musica, sport: ai più è noto come Bud Spencer, l'attore celebre per i personaggi di Trinità, Piedone, Bulldozer. Carlo Pedersoli è invece il suo vero nome, quello con cui firmò grandi successi nel nuoto e nella pallanuoto, quello con cui compare nell'indice degli "Azzurri del CSI", i campioni cioè che hanno avuto un passato nella nostra associazione.

Carlo Pedersoli Quali sport ha praticato, oltre quelli d'acqua? 5 anni di rugby, col San Gabriele, la mia scuola. Ero molto veloce, pesavo 100 chili (senza un filo di grasso, ci tiene a precisare, ndr) e correvo i 100 metri in 11 netti, dunque giocavo tre quarti-ala. A quei tempi la pallanuoto si giocava in mare, a Posillipo, a Recco, a Camogli, e il nuoto in piscina al Foro Italico o in quella della curva al vecchio Stadio Torino, con le gradinate a ferro di cavallo. D'inverno dunque non si nuotava, si facevano altri sport. Oltre al rugby ho

fatto anche tanto pugilato: a 15 anni (96 chili) ero già un peso massimo. Tutti sport molto maschi, direi… Tutti sport molto belli, con il rugby un gradino sopra, il migliore secondo me tra gli sport con la palla, nettamente superiore al calcio. Come gioco è interessantissimo, incisivo, insegna molto e forma il carattere, utile per la vita. Sport maschi, sì, devo dire che di botte ne ho prese e date molte. Nel rugby però non ebbi mai infortuni, invece in vasca,

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NATI NEL CSI

CARLO PEDERSOLI

a pallanuoto, ne ebbi di seri. Giocavo centroboa e spesso saltavano denti, arcate sopraccigliari, costole. Ne lasciai due a Berlino in un'Italia- Germania, infrante da una gomitata in petto di un tedesco.

con un aereo senza alcun brevetto. Da lì mi innamorai del volo, presi i brevetti necessari e feci poi mille ore di volo in jet e quasi altrettante ad elica. Incoscienza? Forse un po' di più.

Quale di questi lo ha maggiormente gratificato? Il nuoto e la pallanuoto come risultati, il rugby per la lealtà espressa sul campo e la boxe che mi è stata utile in tutti i miei film di maggiore successo.

Dove nasce la comicità di Bud Spencer? Sicuramente con Trinità. Prima seguivamo il filone degli "spaghetti-western", dopo siamo stati i primi ad inventarci nel mondo il western comico. Mel Brooks ci copiò, facendo ad esempio "Mezzogiorno e mezzo di fuoco", dove compariva nell'800 uno sceriffo negro. Il successo veniva perché la scazzottata era senza sangue, senza feriti, senza morti. Tutti si rialzavano, erano solo botte da orbi.

Come arrivò al cinema? Non ho mai pensato al cinema fino all'età di 37 anni. Fu un caso: serviva un attore col mio fisico, avevo già svolto una parte da pretoriano come comparsa in QUO VADIS, e nel 1967 accettai un contratto per "Dio perdona… io no". Fu la mia fortuna ed il mio piacere di fare cinema. Sono assolutamente un attore naif, non ho mai studiato e devo ammettere che lo sport mi ha molto aiutato sul set. Se non lo avessi praticato, non avrei potuto riuscire nel cinema. Mi ha aiutato nei movimenti, a cominciare dalla boxe. Oltre alle infinite scazzottate nei miei film, posso citare ad esempio il rugby in Bulldozer, oppure Bomber, o ancora la nuotata in mezzo ai coccodrilli nel Nilo in Piedone d'Egitto… Perché "Bud Spencer"? Avevo dato molto in ambito sportivo come Carlo Pedersoli; non volevo screditarmi per un solo film. Mi piaceva Spencer Tracy come attore e la Budweiser come birra. Nacque così Bud Spencer. Piacque molto quel primo film. Doveva essere l'unico, oggi siamo a 104 film, di cui 80 in inglese, 8 in italiano, ed altri girati anche in spagnolo in presa diretta. In Germania sono molto apprezzato, 20 giorni fa ho terminato le riprese di un film "Padre Speranza" che uscirà in tutto il mondo. Ho la fortuna di aver girato ovunque ed aver girato film in tutto il mondo, sempre come protagonista o comunque coprotagonista.

"Non ci son più giocatori, né bianchi, né neri, né maori; milioni di palloni alla deriva…". Così recita una sua canzone di prossima uscita: una critica allo sport? Lo sport non c'è più, è finito, è solo uno show. Chi arriva secondo è un fesso. De Coubertain aveva detto importante è partecipare, adesso chi sente questa frase direbbe che non ha capito niente. I miliardi sono la rovina. Quando si danno 100 milioni ad un ragazzino di 14 anni per giocare a pallone è la fine. Se non c'è denaro, non c'è tv, non c'è sport. Non è più il suo sport… I soci della Romana Nuoto che ancora oggi

hanno un galleggiante sul Tevere, mi regalarono l'accappatoio, quando sono diventato campione d'Italia. Ancora, posso dirti del viaggio alle Olimpiadi di Helsinki in tre giorni di treno…o di quando giocavo a Camogli o a Genova, partivamo la notte in treno, con i cuscini presi in prestito alla stazione e si arrivava la mattina alle 8 pronti a tuffarci in mare per fare la partita. Quello era sport. Ed ora? Ora è tutto diverso, ci si allena d'inverno, 10 km al giorno, si hanno equipe al seguito, i tempi sono esageratamente più bassi. È cambiato tutto, perfino le temperature delle piscine; nella pallanuoto poi non esistevano cambi, e si giocavano due tempi soltanto. Quando l'Italia vinse i Mondiali di pallanuoto nel 1998 a Roma, entrai negli spogliatoi ed ai ragazzi dissi: Congratulazioni alle signorine! E nessuno fiatò. Faccio i complimenti da nuotatore ai vari Rosolino, Fioravanti, Brambilla, atleti puri, perché un oro azzurro alle Olimpiadi è impresa davvero straordinaria. Qualcuno si domanderà allora cosa c'entri Bud Spencer col CSI: chiedetelo se vi capita al Prof. Cosma Vespa, oggi dirigente, allora fondatore del CSI Roma Nuoto. Uno dei primi pugni Carlo Pedersoli lo rifilò (naturalmente, per sbaglio) proprio in faccia a lui, in una delle tante partite giocate insieme nei tornei con il CSI.

Il successo maggiore con Trinità, Piedone, Banana Joe. Ma quale film rivede con maggior gusto? "Più forte ragazzi". Perché? Perché sono diventato pilota. Era la storia di due piloti (Io e Terence). Sul set decollai

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Carlo Pedersoli (a destra) in una pausa dopo gli allementi. Fu lui il primo uomo a nuotare i 100 stile libero sotto il minuto


TUTTOLEGGI a cura di Francesco Tramaglino

COLLABORATORI E PREVIDENZA: INPS O ENPALS? ALCUNI CHIARIMENTI SUI CONTRIBUTI PER GLI ADDETTI AGLI IMPIANTI SPORTIVI Alcuni comitati e molte società sportive chiedono chiarimenti sugli aspetti previdenziali relativi ai dipendenti e ai collaboratori (sia coordinati e continuativi sportivi ex art. 37 legge 342/2000) la cui attività implica l'utilizzo di impianti quali piscine, campi sportivi, palasport, ecc. In particolare vengono richiesti chiarimenti circa l'ente previdenziale (INPS o ENPALS) cui versare i contributi per i lavoratori in questione e se sussistano simili obblighi previdenziali anche sui compensi per esercizio diretto dell'attività sportiva dilettantistica erogati ai collaboratori sportivi che utilizzano questi impianti (es. gli istruttori di nuoto). Analizziamo le due questioni separatamente: in base al D.L.C.P.S. n.708 del 1947, e successive modifiche e integrazioni, i lavoratori dipendenti addetti agli impianti sportivi, siano essi impiegati o operai, devono essere iscritti obbligatoriamente all'ENPALS (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Lavoratori dello Spettacolo) per le prestazioni di carattere pensionistico e all'INPS per le prestazioni di disoccupazione, assegni familiari, malattia, maternità, fondo garanzia TFR. Pertanto, sull'obbligo di iscrizione presso l'ENPALS dei lavoratori dipendenti addetti agli impianti sportivi non sorge alcun dubbio essendo la questione disciplinata, con sufficiente precisione, da norme di legge. Altrettanto chiaro, dopo alcuni iniziali perplessità, è che anche i lavoratori autonomi e i collaboratori coordinati e continuativi devono essere iscritti all'ENPALS, qualora

la loro attività si configuri come gestione o consulenza riferibile agli impianti sportivi. Infatti, in base all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, i compensi erogati a queste figure sono soggetti a contribuzione previdenziale, solo che, nella fattispecie, i versamenti devono essere effettuati a beneficio dell'ENPALS e non dell'INPS. Infatti, come chiarisce anche l'INPS con propria circolare n.112/1996: "Ai fini che interessano, non sono tenuti a pagare il contributo (INPS n.d.r.) di cui trattasi coloro che… siano soggetti ad altre forme assicurative ad esempio, ostetriche soggette ai sensi dell'art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 249 all'iscrizione alla gestione

dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali gestita dall'Istituto o lavoratori dello spettacolo, soggetti a contribuzione obbligatoria ENPALS, sempreché non abbiano redditi di natura diversa, soggetti come tali alla disciplina della normativa in esame". Semmai più complesso è il problema di capire cosa si intenda per "lavoratori addetti agli impianti sportivi", posto che il puro e semplice fatto di svolgere una qualche attività lavorativa, sia essa subordinata o autonoma, a favore di società sportive o circoli che gestiscono simili impianti, non implica affatto che si sia addetti ai medesimi. Un consulente in materia di marketing o un informatico, ad esempio, non rivestono, chiaramente una simile qualifica. Veniamo ora al reale nodo della discordia: alcune società sportive lamentano che l'ENPALS avrebbe loro richiesto il pagamento dei contributi previdenziali, già previsti per i collaboratori coordinati e continuativi, anche sui compensi erogati per esercizio diretto dell'attività sportiva dilettantistica (ex.

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TUTTOLEGGI

Art. 37 legge 342 del 2000). Tale pretesa sostiene l'ENPALS - sarebbe giustificata dall'evenienza che taluni degli operatori compensati con questo sistema (es. gli istruttori di nuoto, gli allenatori di varie discipline sportive, ecc.) sarebbero, nella realtà, degli addetti agli impianti sportivi e, quindi, ricadrebbero nella citata normativa. A nostro avviso la richiesta è infondata, per due ordini di motivi: a) come già osservato, prestare la propria opera per un'associazione che gestisce impianti sportivi non significa essere addetti ai medesimi. Allenatori, istruttori, arbitri, ecc. sono addetti (se così si può dire) all'attività sportiva e non rileva, sotto il profilo della corretta logica giuridica, l'eventualità che essi, nello svolgimento delle proprie funzio-

ni, facciano uso degli impianti. Allo stesso modo, e solo per fare un esempio, l'uso del computer da parte di un qualsiasi operatore non fa di esso, necessariamente, un informatico; b) in ogni caso, poi, l'ENPALS sembra ignorare deliberatamente che l'art. 37 della legge 342/2000, nel definire i compensi per esercizio diretto dell'attività sportiva dilettantistica (già disciplinati, in precedenza, dalle leggi 133/1999 e 80 del 1986) li colloca tra i redditi "diversi" di cui all'art. 81 c. 1 del TUIR, accanto alle collaborazioni occasionali che, come noto, sono escluse da contribuzione previdenziale e assicurativa. Per ovviare al grosso equivoco, il coordinamento degli Enti di promozione Sportiva ha inviato, da tempo, al Ministero del Welfare

DOMANDE & RISPOSTE I contributi che gli enti pubblici erogano alle associazioni per lo svolgimento convenzionato di attività sociali vanno intesi come meri rimborsi spese o possono costituire dei veri e propri prezzi? Per quanto il termine "contributo" venga inteso, sovente, come sinonimo di rimborso, parziale o totale, di spese sostenute per una determinata attività, nel caso dello svolgimento convenzionato di attività socialmente utili (art. 108 comma 2-bis Testo Unico Imposte sui Redditi) esso acquista un significato più ampio, tale da ricomprendere non solo il recupero delle spese sostenute ma anche l'applicazione di un ricarico (e in tal senso, quindi, esso costituirebbe un prezzo). Lo chiarisce la circolare 124/E del 1998, emanata dal Ministero delle Finanze, in base alla quale il fatto che l'associazione richieda all'ente pubblico un corrispettivo superiore ai costi sostenuti per lo svolgimento convenzionato di attività sociali, non fa perdere a questo tipo di entrata la natura non commerciale che resta, pertanto, non imponibile ai fini delle imposte sui redditi.

A che titolo è necessario, ancora, comunicare preventivamente alla SIAE l'opzione per la legge 398/1991 se le società sportive provvedono, ormai, direttamente a versare l'IVA all'erario?

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un interpello sulla questione affinché venga ristabilita la situazione di diritto o, quantomeno, fatta chiarezza e luce sulla questione. Inutile osservare che, a distanza di mesi, nessuna risposta è stata fornita. Nell'attesa, mentre invitiamo comitati e società sportive a regolarizzare le posizioni di quanti, lavoratori dipendenti e collaboratori coordinati e continuativi, non risultassero iscritti all'ENPALS pur essendo addetti agli impianti sportivi, suggeriamo di comunicare all'Ufficio Problemi Giuridici e Fiscali tutte le situazioni in cui l'ENPALS abbia esercitato la pretesa di vedersi riconosciuti i contributi previdenziali sui compensi erogati ai collaboratori sportivi inquadrati con la legge 342/2000.

Con ogni probabilità il perdurare di questo adempimento, che è sopravvissuto alle riforme fiscali dell'associazionismo sportivo avviate nel 1999 e nel 2000, è dovuto al fatto che le società sportive in regime forfetario, di cui alla legge 398/1991, sono soggette ad uno speciale regime di vigilanza sul corretto adempimento delle norme fiscali e previdenziali che il Ministero delle Finanze ha delegato alla SIAE in forza di un'apposita convenzione prevista dal D. Lgv. 26 febbraio 1999, n. 60. L'adempimento, consentendo alla SIAE la puntuale e tempestiva conoscenza dell'opzione esercitata dall'associazione (ossia quella per il regime forfetario), mette in grado quest'ente di svolgere, da subito, le necessarie attività di controllo e di vigilanza. È consigliabile, pertanto, inviare una lettera raccomandata alla SIAE con cui si comunica l'esercizio dell'opzione per il regime forfetario. Tale adempimento deve essere effettuato entro l'anno solare precedente a quello in cui il regime deve essere applicato.

Di recente sono intervenute modifiche alle aliquote previdenziali sui compensi da collaborazione coordinata e continuativa? A partire dal 1/1/2002, l'aliquota previdenziale INPS da versare sui compensi erogati ai collaboratori coordinati e continuativi che non risultino già iscritti ad altre forme di contribuzione obbligatoria è elevata dal 13% previgente al 14%. Per i collaboratori coordinati e continuativi che risultano già iscritti ad altra forma di previdenza obbligatoria, l'aliquota rimane attestata al 10%. Nessuna variazione, inoltre, per quanto riguarda la ripartizione dell'onere tra datore di lavoro e lavoratore parasubordinato che resta suddivisa nella misura, rispettivamente, dei 2/3 a carico del committente e 1/3 a carico del collaboratore.


ALMANACCO

A CERVIA SPORT E CHIESA A MISURA DUOMO

Nella foto una squadra femminile di calcio a 5 iscritta al CSI di Cesena. Le ragazze appartengono alla Parrocchia "Santa Maria Assunta" di Cervia, o meglio alla "Duomo Cervia Centro", società attiva da 6 anni in riva all'Adriatico, con buoni piazzamenti sia nel calcetto sia nel calcio a 7.

Ci hanno scritto Don Matteo Laslau e Marco Giommi, rispettivamente presidente e allenatore della polisportiva romagnola, per esprimere la loro felicità non tanto per i risultati del campo (comunque discreti) quanto per la bontà del binomio Sport e Chiesa, che insieme vanno proprio d'accordo. Quaranta tesserati dai 13 ai 60 anni, un campo sportivo che a fatica sta crescendo, ma quel che conta di più è vedere ad esempio nel campionato parrocchiale romagnolo di calcio a 7, i giovanissimi giocare accanto ai sessantenni, ridere con loro, apprendere da loro e soprattutto vederli protagonisti di quei gesti semplici come stringersi in cerchio per mano prima e dopo una gara, pregando come fratelli. Come una partita. Come a Messa la domenica.

SOLIDARIETÀ PER IL CAMERUN Ancora solidarietà per il Camerun. Il Centro Sportivo Camerunense Don Tonino Bello di Akonolinga ha potuto acquistare altro materiale utile per far nascere un nuovo centro sportivo aggregativo composto da un campo di calcio, pallacanestro, pallavolo con relativi palloni e magliette ed ancora un tavolo da ping pong. I contributi per tale progetto, provenienti da più parti, specie dal Piceno, sono giunti ai ragazzi dei villaggi Nyamoumu ed Endoumdan, che ringraziano quanti hanno reso possibile ciò.

CROSS: ASSEGNATI A ORUNE I TITOLI REGIONALI SARDI La finale del gran premio regionale di corsa campestre del CSI, organizzata dalla A.s.c.r. P. Ruiu di Orune con il patrocinio del comune, dalla comunità montana del nuorese e dell'assessore regionale ai lavori pubblici, ha mietuto un discreto successo nonostante avversata dal forte maestrale. Il 24 febbraio al galoppatoio di Su Cossolu, in località Orune sull'altopiano nuorese, oltre 80 atleti di 11 squadre si sono confrontati nelle diverse categorie."Nonostante le condizioni climatiche - ha detto l'assessore comunale allo sport Pietro Carta - si è assistito a una bella gara. Veramente un bel campionato regionale. Purtroppo molti atleti, dati per certi, gli iscritti infatti erano più di 120, non hanno partecipato perché costretti a letto con l'influenza".

LE LUDOTECHE DEL CSI Spira un vento nuovo e promettente sulle ludoteche targate CSI che da sempre vogliono essere una risposta diversa e articolata al bisogno di movimento e di gioco dei bambini. Diverso, perché non propone l'apprendimento di una disciplina sportiva, ma attraverso i suoi diversi momenti quali il gioco (divertimento), i lavori manuali (fantasia e creatività) e le feste (amicizia), mira alla crescita globale e più completa del bambino. In Val Vubrata, in provincia di Teramo, per merito del comune di Colonella in collaborazione con il comitato teramano funziona già a pieni giri la macchina organizzativa dell'"Isola che non c'era". La sigla cela un'innovativa formula di integrazione delle attività tradizionali di una ludoteca, quali ad esempio quelle ricreative, di tempo libero, culturali e socializzanti con l'attività più sportiva da palestra. Ogni pomeriggio nelle palestre, messe a disposizione dal comune, si ritrovano oltre cinquanta iscritti nella fascia compresa tra i 5 e i 14 anni, coordinati dalla polisportiva ciessina "Martin Luther King". Il successo riscontrato dall'iniziativa ha convinto gli attivissimi promotori a lanciarsi in una nuova avventura in calendario per il periodo pre-estivo. Il progetto, peraltro già approvato, prevede il lancio di un nuovo centro aggregativo con tanto di sala musica, spazi dedicati al recupero scolastico e palestra. L'insieme non sarà gestito da adulti ma all'insegna della partecipazione attiva e dell'autogestione. Sempre quest'anno la cuneese Ludoblu, una lunga esperienza alle spalle in tema di ludoteche, ha lanciato il progetto Centro Giovanile dai nuovi locali dell' Associazione Tommasini. I tornei di calcetto e di tennistavolo sinora disputati hanno riscosso un successo più che dignitoso in termini di impegno e agonismo profuso. Da rimarcare in ultimo, sempre a Cuneo, l'iniziativa "Ragazzi insieme" rivolta al doposcuola dei ragazzi delle medie.

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ALMANACCO

CENTRO SPORTIVO ALBANESE: UNA CICOGNA VOLA VERSO TIRANA Lo scorso 5 marzo si sono tenuti a Tirana una serie di incontri che hanno gettato le fondamenta per la nascita del Centro Sportivo Albanese. Il gruppo promotore sta lavorando insieme al Centro Sportivo Italiano da ormai cinque anni per raggiungere questo obiettivo. Nel 1997, grazie all'aiuto dell'Azione Cattolica, si sono cominciati a muovere i primi passi verso la costituzione di una Associazione Nazionale Albanese che, ispirata ai valori cristiani e legata alla Chiesa Cattolica Albanese, promuovesse lo sport come strumento di educazione e crescita globale della persona. Il cammino è stato lungo e costellato di difficoltà: prima fra tutte l'instabilità socio - politica del paese balcanico, che ha portato nel 1998 alla crisi economica e all'escalation di violenza, seguita dai problemi di un paese che, in forte sviluppo, deve convivere con forti disuguaglianze sociali e con una occidentalizzazione cavalcante. L'impegno della nostra associazione si è rivolto soprattutto alla formazione di educatori e di dirigenti sportivi, nella convinzione che solo attraverso un percorso formativo si sarebbe potuti giungere concretamente all'obiettivo finale: creare un'associazione albanese capace di andare avanti in modo autonomo e autorevole. Poteva apparire un'utopia, quando tutti pensavano all'Albania come terreno di assistenzialismo, scommettere

sulla formazione e sulla responsabilizzazione: lo scorso anno, questa utopia si è trasformata in progetto concreto, che è sfociato nella Festa Polisportiva a Tirana, organizzata dal gruppo promotore e che ha visto una partecipazione di massa da tutto il paese. Molte realtà, particolarmente quelle parrocchiali, hanno sostenuto con forza il lavoro svolto dal gruppo promotore, incentivandone il cammino. In molte parti dell'Albania molti sono i gruppi che promuovono l'attività sportiva ispirandosi ai valori cristiani e che si sono interessati al progetto che il CSI sta portando avanti. Unitamente a questo crescente entusiasmo, si è evidenziato l'interesse delle istituzioni: lo scorso 5 marzo il gruppo promotore ha incontrato il Vescovo di Tirana mons. Mirdita, che a nome della Conferenza Episcopale Albanese ha sostenuto la nascita del Centro Sportivo Albanese; anche il Comitato Olimpico Albanese, nella persona del suo Segretario Generale Stavri Bello, ha ricevuto il gruppo promotore, promettendo il riconoscimento della neonascente associazione all'interno del Comitato Olimpico Sport per Tutti dell'Albania. La strada per la costituzione dell'Associazione sembra ormai sgombra di ostacoli. Certo, nel paese delle aquile bisogna stare sempre con gli occhi aperti, ma il più sembra fatto!

TENNISTAVOLO 20º "TRANGONI" Domenica 17 marzo ha avuto luogo ad Udine il torneo regionale CSI 2002 a squadre di tennistavolo, quello del ventennale per il quinto anno consecutivo dedicato alla memoria del compianto presidente regionale CSI, Roberto Trangoni. Nato in sordina nell'ottobre 1982, con poche formazioni, la competizione pongistica ciessina nel-

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le ultime edizioni ha visto la costante presenza di una ventina di squadre, sommando maschi e femmine. Al torneo maschile di questo anno hanno aderito 14 compagini, gli incontri si sono svolti nella palestra dell'Istituto Malignani di viale Leonardo Da Vinci,

con l'organizzazione curata da CSI Udine, Ascr Udine 2000 e CUS.

II PROVA DEL GRAN PRIX DANZA SPORTIVA "CITTA' DI CAVA" 516 partecipanti e 18 gruppi-scuole di ballo rappresentano i numeri che hanno caratterizzato la seconda prova del Gran Prix di Danza Sportiva (settore balli di gruppo) organizzata dal CSI cavese e svoltasi domenica 17 marzo presso la palestra del Liceo Scientifico "A. Genoino". Cinque ore di intenso spettacolo accompagnato da una cornice eccezionale di pubblico, stipato in ogni angolo della palestra. Da sottolineare che il 60% degli atleti in gara erano ragazzi e ragazze al di sotto dei 12 anni, a dimostrazione che tale rappresenta un modo diverso di avviare i giovani ad uno sport "diverso", dove conta molto lo spirito di appartenenza al gruppo. Ancora una volta si è rivelata vincente la "scelta" di una gara non competitiva, dove alla fine vincono tutti, dove non esiste una giuria. Prossimo appuntamento con la danza sportiva al Palatulimieri di Salerno il 21 aprile, in occasione della manifestazione regionale che anticipa la JOY CUP.

MEMORIAL “GUIDO” Venerdì 1 marzo è iniziato il 4º Memorial "Guido" organizzato dall'International Police Association e dedicato alla memoria di un agente della polizia penitenziaria scomparso. La competizione era riservata ai dipendenti della Polizia Penitenziaria, della Guardia di Finanza, della Polizia di Stato e dei Carabinieri, rigorosamente tesserati al CSI. Ammesso un solo "straniero", ovvero un esterno non tesserato. Di due tempi da 35 minuti ciascuno, le partite si sono disputate sul campo di S. Antonio di Porto Mantovano adiacente alla omonima chiesa. Nella finalissima del 6 marzo, che ha proposto un interessante quanto inedito derby "poliziesco", si è imposta la rappresentativa della Polizia di Stato.


8 MARZO: MIMOSA E "CALCETTO IN ROSA" A GUBBIO Quinta edizione, con interessanti varianti, del torneo eugubino "calcetto in rosa". Un goal al profumo di mimosa", ha voluto festeggiare la donna attraverso lo sport. Così anche quest'anno si sono radunate a Gubbio il 9 e 10 marzo centocinquanta ragazze di 12 squadre. Al Cesena Calcio è riuscito il "colpaccio" di espugnare la terra umbra grazie ad un avvincente 7 a 6 rifilato alla Grande Mela di Gualdo Tadino, rimasta sola a difendere il gonfalone regionale. Buono il livello tecnico espresso dalle giocatrici, da segnalare per la prima volta "in scena" arbitri del CSI regionale guidati dal coordinatore dell'attività sportiva umbra Massimiliano Tedesca. Ciliegina della torta del programma eugubino è stata anche una suggestiva visita notturna alla città dei ceri, seguita a ruota dalla celebrazione eucaristica.

OLTRE SETTECENTO ATLETI PER IL "CROSS DELLA VALLE DEI LAGHI" Il gruppo sportivo Trilacum ha organizzato, domenica 3 marzo, nel centro sportivo Trilacum di Vicolo Baselga a due passi dal lago di Terlago, il "Cross della valle dei Laghi" (giunto alla diciottesima edizione) una competizione a carattere interregionale abbinata alla finale provinciale del campionato CSI di corsa campestre. Vi hanno aderito atleti delle categorie assolute, amatoriali e giovanili, insieme ad alcuni tra i più validi specialisti del mezzofondo interregionale, suddivisi nelle 16 gare (8 categorie, maschili e femminili) in programma. Il grande richiamo della manifestazione è stato puntualmente confermato dalla presenza di oltre sei-

cento atleti, che si sono sfidati su un percorso tecnico-agonistico tracciato nelle adiacenze del centro sportivo Trilacum. Alle premiazioni è seguita, come da simpatica e consolidata consuetudine, una spaghettata in allegria per concorrenti, accompagnatori ed autorità, momento aggregativo sempre apprezzato, degna conclusione di una mattinata di sport e di amicizia.

42° LAURINO: IL FONDO TRENTINO ADOTTA UN BIMBO IN AFRICA Sabato 10 marzo si é disputato il "Trofeo Laurino", la rassegna nazionale giovanile di sci nordico intitolata al vecchio monarca, pensata per diffondere il verbo dello sci di fondo in tutte le vallate del Trentino. Lo spettacolo, organizzato dalla Us Lavazè Varena con la collaborazione del CSI di Trento, si è svolto, come vuole una tradizione consolidata, lungo le splendide piste ancora perfettamente innevate di Passo Lavazè. Nelle passate edizioni il Laurino segnava l'appuntamento di chiusura della stagione invernale giovanile, un traguardo da sempre ambito sia a livello individuale che di squadra, capace di stimolare una sana e genuina rivalità sportiva, specie tra gli sciatori locali. Le gare, iniziate alle 9 con il "Laurino Giovani" riservato alle categorie baby (1,5 km), cuccioli, ragazzi, allievi, aspiranti (8 km) e juniores (10 km) hanno coinvolto quasi 600 atleti provenienti per lo più dal Trentino e dalle regioni del Triveneto. A seguire è partita l'undicesima edizione della quindici km di marcialonga sulla neve "Laurino Revival", la cui ideazione va ascritta al compianto deus ex machina laurinense Carlo Dalla Torre che pensò di riservare una gara parallela per le categorie oltre i 19 anni e per coinvolgere anche le vecchie glorie del passato. Proprio al Della Torre è intitolata la coppa simbolo del Laurino, finita nelle mani della Us Dolomitica. Se la sono contesa una quarantina di società. Nel corso della sua lunga storia il Trofeo ha laureato campioni i cui nomi sono proceduti di pari passo con i successi dello sci di fondo azzurro. Basti pensare alla medaglia d'oro nella 30 km dello sci di fondo alle olimpiadi di Grenoble del 1968 Franco Nones, la cui vittoria fu paragonata da uno spiritoso quotidiano transalpino ad una nuova scoperta dell'America, o ancora ai fratelli Giorgio e Bice Vanzetta o ancor più recentemente a Christian "Zorro" Zorzi, (vincitore del Laurino nel 1990) argento nella staffetta alle recenti Olimpiadi invernali di Salt Lake City dello scorso febbraio. Da segnalare in ultimo il rinnovato impegno che unisce lo sport alla solidarietà: parte del ricavato è stato devoluto in favore del Centro Missioni Africa per la nobile causa dell'adozione a distanza di un bimbo del Gibuti.

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ALMANACCO

ASCIANO: EURO-GINNASTICA! Asciano, centro delle crete senesi, ha ospitato il 24 febbraio scorso la prima tappa del circuito toscano di ginnastica. “Festeggiamo l'Euro - Fantasia con la nuova moneta” era il titolo del primo appuntamento... e la fantasia e la par tecipazione hanno sicuramente fatto centro. Sebbene i comitati presenti fossero solo quelli di Siena, Grosseto e Massa, gli atleti che si sono cimentati nei loro saggi ginnici sono stati 240 in rappresentanza di 8 società.

Tecnicamente questa prima tappa del circuito ginnico ha mostrato evidenti segni di miglioramento, rispetto alle competizioni viste la scorsa stagione. Sia singolarmente negli esercizi a corpo libero, sia nei suggestivi saggi di squadra, le ginnaste, e quest'anno anche alcuni piccolo ginnasti, hanno mostrato evidenti segni di progresso. Buon segnale di un'attenta cura posta da parte degli istruttori. La manifestazione curata nell'organizzazione dagli amici del comitato di Siena, ha incontrato un successo inaspettato. Lucatti (Presidente dello Sporting Club 2000 di Asciano - società CSI ospitante), coadiuvato da Doldo (Presidente CSI di Siena), da Migliorini (Coordinatore Attività Sportiva CSI Siena), e da altri collaboratori della società ospitante, hanno lavorato molto bene.

Nel rispetto degli orari il mattino ha visto gli atleti impegnati nei loro saggi a tema libero, davanti ad un pubblico numeroso che è diventato traboccante nel pomeriggio, quando le ginnaste si sono cimentate intorno all'Euro, festeggiando con i loro saggi e i coloratissimi costumi la nuova moneta europea. Le tribune, che contengono 680 spettatori erano stracolme, non un sedile rimaneva vuoto tanto che molti spettatori hanno dovuto assistere alle evoluzioni delle ginnaste intorno al parquet del palazzetto. Non capita spesso che alle nostre gare assista un pubblico così numeroso e partecipante, infatti non sono stati lesinati applausi a nessuno degli atleti e nessuna delle evoluzioni è rimasta senza applausi. Prossimi appuntamenti a Marina di Grosseto e Aulla.

BOLOGNA, CONSEGNATI I PREMI "INSIEME PER LO SPORT"

CSI IN AIUTO ALL'HANDICAP

Martedì 12 febbraio sera sono stati consegnati a Villa Pallavicini a Bologna i premi "insieme per lo sport", riconoscimento felsineo a quanti lavorano nel grande universo sportivo. Le premiazioni hanno concluso l'annuale riunione di un centinaio tra arbitri, capitani e dirigenti delle squadre di calcio del CSI. Si è riferito sullo stato dell'arte della classe arbitrale all'interno della associazione. Ad oggi le 44 giacchette nere in attività hanno arbitrato i quasi 400 incontri nella stagione in corso. Esiste un accordo con la FIGC per cui i nuovi arbitri "formati" potranno confrontarsi "a freddo" con le partite della categoria esordienti. Dalla prossima stagione è stato annunciato, si avrà un premio al miglior capitano, intitolato alla memoria di Roberto Altafin, compianto capitano dell'Idice Calcio.

Il CSI di Feltre ha di recente siglato il rinnovo di una convenzione con l'USL 2. Rinnovo importante perché attiene la gestione dell'attività motoria e sportiva per i portatori d'handicap. Questo rapporto di collaborazione ha compiuto un salto di qualità dal momento che la sua ultima versione interessa anche i malati pscichici, che per la natura della loro patologia tendono ad isolarsi e a poco considerare il loro corpo. Alla base dell'accordo c'è l'idea che attraverso lo sport si possa uscire dal torpore e dalla passività, maltrattandosi meno e curandosi di più si recupera il senso dell'autostima e si sviluppa il senso dell'appartenenza. Il progetto complessivo prevede anche di compendiare l'attività fisica in palestra per i disabili con altre forme, quali la partecipazione alla "Pedala Feltre" e alla "Corri Feltre" per favorirne al massimo l'integrazione.

FORLÌ: UN TUFFO NEL "TROFEO ACQUAGIOCASPORT" Domenica 10 marzo Forlì si è tuffata nel trofeo AcquaGiocaSport, manifestazione ludico-sportiva con giochi in acqua e gare di nuoto alla quale hanno partecipato oltre 100 tesserati tra bambini, ragazzi e adulti, dai 3 anni in su. Il programma prevedeva presso la piscina comunale una prima parte riserva-

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Stadium marzo 2002

ta agli under 16, e a seguire le gare delle specialità riservate alle varie categorie. Come degna conclusione di un intenso pomeriggio sportivo- acquatico i giochi a squadre hanno reso ancor più divertente il pomeriggio domenicale tenendo impegnati i partecipanti in diverse prove di abilità.


AGENDA

APRILE 2002

Stadium in piazza a Forlì

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Bruxelles Assemblea FICEP

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Forlì Stadium: lo sport incontra la piazza

>>> 8/14 Day arbitro

Il 6 ed il 7 aprile andrà in scena sul palcoscenico di piazza Saffi a Forlì “Stadium lo sport incontra la piazza”. Ingredienti della kermesse romagnola saranno il calcio a 5, calcetto 3x3, pallavolo a 3, basket, tennistavolo, arti marziali, judo e spinning. Circa un migliaio gli atleti attesi per la due giorni, oltre naturalmente alla popolazione sportiva forlivese che metterà la tuta per l'occasione. Antipasto culturale il giorno 5 quando è prevista una tavola rotonda dal tema "A che gioco giochiamo? Sport e vita cristiana” moderata dal noto giornalista sportivo Marino Bartoletti.

Circuito regionale ginnastica a Marina di Grosseto Seconda volta in assoluto. Il 21 aprile a Marina di Grosseto nella palestra comunale è di scena la seconda tappa del circuito regionale di ginnastica artistica, aerobica, fitness e funky. Patrocinata dal Comune di Grosseto, in campo formazioni di Siena, Massa, Pisa e altri comitati limitrofi. Come per la tappa inaugurale di Asciano sono attesi circa 250 atleti. Terzo appuntamento in calendario per maggio ad Aulla.

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Terni 2° Gran Premio Nazionale Tennistavolo Marina di Grosseto 2° tappa circuito regionale ginnastica

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Castione della Presolana (BG)

Festa regionale lombarda "Giovani e Adulti" A partire dal 25 aprile e per tutto il weekend riaprirà i battenti la Festa regionale lombarda a Castione della Presolana in provincia di Bergamo. 50 squadre per un totale di quasi 900 atleti iscritti sono già pronti ai nastri di partenza. In cantiere gare e tornei di calcio a 11, calcio a 7 femminile, pallavolo per entrambi i sessi. Previsti, inoltre, una corsa di orienteering e: "Stadium lo sport incontra la piazza" a coronare 4 giorni di sport insieme. A latere dell'attività sportiva è previsto un convegno promosso dalla Regione Lombardia sul doping.

Festa regionale lombarda "Giovani e Adulti" Darfo Boario Terme (BS) 3° Trofeo polisportivo giovanile

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AGENDA

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MAGGIO 2002

Cava de' Tirreni XXVIII Scetajorde Merate (Lc)

Villaggio dello Sport in Piazza Grande a Modena

3º trofeo regionale di Karate- 2ª prova

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Napoli 3º Caracciolo Gold Run 2002 Castel Goffredo (MN) Finale interzonale Trofeo Lombardia tennistavolo Battipaglia (SA) 2ª tappa Campionato nazionale di ciclismo amatoriale a tappe

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Roma - Domus Mariae Conferenza nazionale e Congresso nazionale

Ai sensi e per gli effetti dell'art. 19 dello Statuto, dell'art. 13 del Regolamento Organico, è convocato il Congresso Nazionale del Centro Sportivo Italiano: • in prima convocazione per il giorno 10 maggio 2002 alle ore 09.00, presso la Domus Mariae (Via Aurelia, 481 00165 Roma); • in seconda convocazione per il giorno 11 maggio 2002 alle ore 16.00, presso la Domus Mariae (Via Aurelia, 481 00165 Roma) per discutere e deliberare sul seguente Ordine del Giorno: 1. Verifica dei poteri; 2. Elezione delle commissioni congressuali;

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CONVOCAZIONE DEL CONGRESSO NAZIONALE 2002 3. Bilancio consuntivo 2001 e relazione relativa alla gestio ne; 4. Piani e programmi di azione predisposti dal Consiglio Nazionale; 5. Dibattito; 6. Votazione di documenti e mozioni; 7. Varie ed eventuali. Ai sensi di quanto previsto dall'art.13 del Regolamento Organico, le Società Sportive che intendano proporre argomenti da inserire all'Ordine del Giorno, devono farne richiesta scritta al Consiglio Nazionale almeno 5 giorni prima della data di effettuazione del Congresso nazionale.

Savona Trofeo calcio a 7 femminile "Città di Sassello" Campagnano (RM) 3ª tappa Campionato nazionale di ciclismo amatoriale a tappe

Verona 7ª Grande Sfida

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Modena - Piazza Grande Villaggio dello Sport Calcinato (BS) 4ª tappa Campionato nazionale di ciclismo amatoriale a tappe

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Stadium marzo 2002

Il 25 maggio aprirà i battenti il Villaggio dello Sport nel cuore di Modena, in piazza Grande ed in Piazza Torre. Da sabato a martedì, quattro giorni tra sport, coinvolgimento e solidarietà. Gli sport praticati saranno diversi: si va dal calcio a 5 alla pallavolo, dal basket al tennistavolo, dalle arti marziali alla ginnastica. Spazio inoltre ad altre attività, quali il biliardino, il funball, la danza, l'orienteering e il Giocasport per i più piccini. E di certo non mancheranno sorprese nel programma definitivo.

7ª grande sfida a Verona Divenuta importante incontro nazionale per promuovere l'autonomia e la qualità della vita delle persone diversamente abili attraverso il gioco e lo sport, la grande sfida torna nell'ultima fine settimana di maggio per celebrare la sua settima edizione. Giornata inaugurale venerdì 24 maggio con una rappresentazione teatrale, con gruppi di diversamente abili, per le scuole del veronese e seminario su "Handicap, Sport e CSI". Sabato pièce de théâthre per l'università e a seguire festa nella discoteca Verona 2000. Domenica chiusura con giochi e sport in piazza Brà per handicap psichici, fisici e sensoriali. Sono attesi, come ogni anno, giocatori ed atleti delle massime società sportive scaligere.


ALLO SPECCHIO

LA PERSONA UMANA È IL SOGGETTO E IL FINE DELL'ATTIVITÀ DEL CSI di Don Luca Meacci

La persona umana è il soggetto e il fine dell'attività del CSI Se ci avventuriamo in un bosco, dove mancano i sentieri, dove non esistono piste tracciate, o cartine di riferimento, l'unico strumento che può orientarci è, senza dubbio, la bussola. Uno strumento indispensabile per orientare il cammino, per conseguire una mèta, per non smarrirci nella folta vegetazione che non lascia penetrare neppure i raggi del sole. Per noi del CSI, ma potrei dire, per noi cristiani la "bussola" non può che essere il valore della persona umana, il mettere al centro di ogni attività l'uomo e la donna. Solo facendo questo, sarà possibile diradare quella fitta e "pericolosa" vegetazione che è il segno dei processi di massificazione, di mercificazione e di strumentalizzazione che sono tipici di questo nostro tempo. Il Patto Associativo mette bene in evidenza il valore della persona umana nella sua completezza e globalità, riprendendo l'agire della Chiesa che vuole la salvezza integrale di tutto l'uomo, mettendolo al centro del suo interesse: "È l'uomo, dunque, ma l'uomo integrale, nell'unità di corpo e anima, di cuore e coscienza, di intelletto e volontà, che sarà il cardine di tutta la nostra esposizione" (GS 3). Lo stesso ha fatto il Papa nella sua prima Enciclica Redemptor Hominis, dove in sintesi afferma che l'uomo "è la prima e fondamentale via della chiesa" (RH 13-14). Tutto questo trae origine dalle parole

semplici, ma dense di significato che troviamo riportate nel libro della Genesi, dove l'essere ad immagine di Dio, non è l'uomo o la donna singolarmente, ma il loro essere in relazione: "Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò" (Gen.1,27). È nella relazione delle persone che noi possiamo scorgere l'immagine di Dio, quindi come non pensare alla grande importanza che ha la Società sportiva, dove non solo si realizza la crescita armonica della persona, ma nascono quei legami e quelle relazioni che evidenziano l'essere chiesa. Altro passo fondamentale è il testo del Salmo 8, dove una esegesi che trova riconoscimenti sia in ambito ebraico sia cristiano, sostituisce la parola "angeli" con "Dio"; quindi il testo, riferito all'uomo, reciterebbe così: "Eppure l'hai fatto poco meno di un Dio". Si comprende come ogni azione, ogni attività, ogni progetto che non tenga conto di tali riferimenti si pone in antitesi con l'uomo e non corrisponde a quelle che sono le linee portanti dell'attività del CSI. Quindi, come testimoni del Vangelo che amano lo sport e lo promuovono, dobbiamo affermare, con forza, in ogni ambito, sportivo e no, il primato dell'uomo che non può soccombere dinanzi a nessun interesse: economi-

co, di successo, di fama; mettere al primo posto la persona rispetto alle altre "cose", recuperare l'essenziale, cioè l'uomo nudo che non ha maschere, legami, falsi interessi. È emblematico l'esempio di Francesco di Assisi che nella piazza del paese si spoglia, al centro rimane la persona, col suo corpo, capace, solo così, di dialogare, di confrontarsi. È in quell'uomo, nella sua corporeità che si manifesta la gloria di Dio e, riconoscendo questo, la Chiesa non può non mettere al centro della sua attenzione l'uomo: "L'oggetto di questa premura è l'uomo nella sua unica e irripetibile realtà umana, in cui permane intatta l'immagine e la somiglianza con Dio stesso" (RH 13); nell'uomo permane un seme divino. A questo proposito la Nota Pastorale della CEI "Sport e Vita Cristiana", ribadisce l'interesse della Chiesa per lo sport con queste parole: "La Chiesa si interessa di sport perché si interessa dell'uomo" (13); inoltre mette in evidenza come lo sport per l'uomo rivesta un duplice valore: umano e teologico. Umano in quanto lo sport è funzionale per uno sviluppo armonico e globale della persona per tutto l'arco della vita; teologico in quanto, attraverso l'attività sportiva, l'uomo contribuisce alla piena realizzazione della creazione di Dio, la nostra corporeità riconduce a Dio, svela Dio. Adesso la bussola ce l'abbiamo, stiamo attenti a non smarrire la strada.

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IL RACCONTO BUONA PASQUA di Edio Costantini

Buona Pasqua

Abbiamo di fronte a noi tanti problemi che richiederebbero un generale rimboccarsi le maniche, eppure in tanti restano lì a guardare, magari con il regolamento in mano.

Un tempo, quando non c'erano elettrodomestici e tanti detersivi, l'arrivo della primavera suggeriva un generale impeto di igiene: terminato il freddo invernale, si potevano spalancare le finestre e subito dopo dedicarsi a spolverare e lavare, usando tanto olio di gomito. Poiché la Pasqua arriva in primavera, presto la consuetudine diventò quella di preparare la casa per la benedizione pasquale. Era un lavoro davvero alla grande: si mettevano fuori le sedie di paglia, si battevano i materassi e le tendine, si lustravano le pentole, ed anche la foto del nonno appesa alla parete veniva pulita dalla fuliggine accumulatasi in inverno. Tirata a lucido la casa, sapone e tinozza venivano impiegati per pulire sé medesimi. Erano, insomma, le "pulizie di Pasqua". Oggi che l'igiene domestica è tutt'altra prassi, l'espressione "fare le pulizie di Pasqua" è rimasta nel gergo comune per indicare un qualsiasi lavoro finalizzato a pulire e risistemare in via eccezionale le proprie cose in vista di un evento particolare. Se però ritenessimo che tale antico modo di dire ci può oggi consigliare solo il lavoro di riordino di una libreria o delle cose contenute in una vecchia cassapanca, faremmo torto al significato profondo della Pasqua e della cerimonia di aspersione dell'Acqua Santa nelle case. Oggi come ieri, la prima e più importante opera di pulizia che si dovrebbe compiere per essere davvero in regola con il significato della ricorrenza pasquale è di tipo immateriale: tirare a lucido la propria coscienza, dare aria ai pensieri stantii, alle malinconie, ai rancori, per predisporsi all'accoglienza, al perdono, alla speranza. Tutti noi del CSI abbiamo un gran bisogno di fare queste "pulizie di Pasqua", come Associazione se non come singoli. Abbiamo di fronte a noi tanti problemi che richiederebbero un generale rimboccarsi le maniche, eppure in tanti restano lì a guardare, magari con il regolamento in mano, per criticare chi fermo non sta e poiché chi opera ogni tanto sbaglia. Per carità, la critica è uno strumento importantissimo, è il sale di ogni buon progetto, ma non quando nasce preconfezionata dalla voglia di non cambiare, di non dare "aria alla casa", di non fare, almeno ogni tanto, le "pulizie di Pasqua". L'aria nuova è quella che possono regalarci i giovani. Purtroppo nel CSI rimane sempre aperto il dramma di un mondo giovanile che cerca ragioni di vita, che tenta di calarsi nel profondo delle regioni associative, di andare a bottega nell'Associazione. Davanti a loro c'è spesso un mondo di adulti che fa fatica ad accoglierli per davvero. Siamo davvero così ricchi da poterci permettere di sprecare queste nuove risorse? Guardiamoci intorno: è un momento in cui i tradizionali ambienti educativi - famiglia, scuola, parrocchia... - si sono fortemente indeboliti ed appiattiti. In poche parole sono in crisi, e pertanto occorre risvegliare le coscienze e rilanciare la passione educativa che ha sempre contraddistinto la presenza del CSI nel mondo dello sport, della Chiesa e della società italiana. Ciò invoca un nuovo entusiasmo, un nuovo umanesimo, nuove tensioni progettuali, nuovi sentieri per rifondare la partecipazione attiva alla vita dell'Associazione, e la partecipazione dell'Associazione alla vita della comunità civile. Qui si misura il senso profetico di un'Associazione come il CSI. È questa la grande partita del campionato che il CSI ha davanti a sé in questa vigilia della Pasqua 2002 e che non si può perdere. Una partita che ha una grande cornice di riferimento: la strada verso Emmaus. È la strada della solitudine e della ricerca, ma è anche la strada dell'incontro. L'incontro con quel Signore della Vita che aprì gli occhi e il cuore ai due discepoli: "Noi sentivamo come un fuoco nel cuore quando Egli ci parlava". Buona Pasqua di Risurrezione a tutti! edio.costantini@csi-net.it

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Stadium marzo 2002




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