Stadium n. 3-4/1955

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Direttore: LUIGI GEDDA In questo numero-, Resurrezione di N. P. - L’indirizzo tecnico scientifico dello sport di Giuseppe Ambrosini - I valori morali alla base della convincente vittoria a Stoccarda di Filippo Musi Perché piace la « partita » di Nicola Pavoni - Sono di oro puro i «nuovi» del ciclismo? di Natale Bertocco - Le grandi compe­ tizione a tappe: il 38° Giro d'Italia di Vincenzo Torrioni - Ri­ poso in montagna: ricetta magica dei campioni del ciclismo di .-—-^-T^.^. Vieo Rigassi - Il campionato di società, centro motore della stagione atletica di Luigi Ferrarlo - Il « doping » dal punto di k ■ vistaxmedico legale di Edoardo Guglielmino - Scegli il colore e ’’ rivelerai il tuo carattere di Sergio Santucci

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ENTUSIASMO E LASSISMO

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'entusiasmo c un termine vago per ghermire un moto dell’animo che ci fa operare e sentire

con insolita energia; oppure una profonda ammi­ razione per chi compie un’opera grande e bella. E quindi un fatto sensibile in cui partecipa anima e corpo. E’ l’anima però che crea le premesse al­ l’entusiasmo con le idee. Non può esserci infatti vero entusiasmo senza grandi idee, il corpo coor­ dinato all’attività dell’anima esprime in un modo visibile questa forza psichica che viene trasmessa nelle azioni. L’entusiasmo è quindi un mezzo per operare con più vivacità ma c anche una conse­ guenza di grandi idee e di forti temperamenti. Una testa vuota, senza scopi, non sarà mai capace di produrre l’entusiasmo costante e positivo. Un’ani­ ma stanca, senza ideali, non trasmetterà mai al

corpo e all’azione un vigore gioioso. Guardate gli occhi dell’atleta quando inizia la sua gara: se non vi troverete un po’ di luce che rassomiglia a quella degli occhi di un bambino, l’atleta difficilmente farà una grande gara e sarà un elemento di disor­ dine. Un giovane infatti per rendere al massimo delle sue possibilità deve avere l’animo sgombro da complicazioni psichiche, deve avere il coraggio di ritornare semplice come un bambino; per conclu­ dere, l’entusiasmo frutto solo di una purezza in­ teriore e di un giusto benessere fisico.

negativi si risolvono invece in modo positivo per­ ché gli atleti hanno marciato sulle ali dell’entu­ siasmo. Però non credo che oggi la malattia es­ senziale dello sport italiano sia da ricercarsi nella mancanza di entusiasmo e non mi sento di condi­ videre queste parole che il noto giornalista Carlin scrive in " Tuttosport” nel suo articolo intitolato Lassismo: ”qual’è l’assente primo dello sport, quel fattore che con la sua assenza favorisce il generale lassismo? E’ appunto l’entusiasmo”. E’ senza dub­ bio una disamina interessante quella che lo stimato giornalista fa nel suo articolo, forse un po’ troppo abbondante di aggettivi, ma non la credo né pro­ fonda né conseguenziale. E’ vero che l’osservatore attento si accorge subito come oggi allo sport ita­ liano manchi la molla dell’entusiasmo ma non è altrettanto vero che la causa del lassismo sia da ritrovarsi in questa mancanza. Le radici sono più profonde e a me sembra che bisogna incomin­ ciare a scavarle proprio là dove il dotto giornalista

crede di aver terminato. La causa fondamentale del lassismo e quindi della mancanza di entusia­ smo è da ricercarsi nel relativismo morale. Quan­ do un uomo perde il senso dell’assoluto non ha più il punto di attacco per le sue piccole cose uma­ ne e cade irrimediabilmente nel lassismo e nella apatia. Se infatti tutto e relativo non vale proprio

E’ certo che nello sport l’entusiasmo è un ele­ mento molto importante; spesso gare che sotto

la pena prendersela tanto. No, caro sig. Carlin, non è solo questione di brache o di cattivo gusto. Si

l’aspetto puramente tecnico presentano pronastici

tratta proprio del crollo totale di quei principi mo-

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rati dei quali Lei afferma che si possa dubitare quando dice testualmente: "non vogliamo fare i moralisti, perché anche noi abbiamo da guardarci: ma prima di un fenomeno amorale ci sembra un fenomeno di cattivo gusto. Si può ammettere il dubbio su qualsiasi principio morale, dall'onestà al patriottismo; ma sulle brache, no. Le brache bi­ sogna proprio tirarsele su". Chi dubita di quei principi morali relativizza la propria esistenza e si lascia scivolare in quel pauroso lassismo che produce come conseguenza il cattivo gusto e fa cadere "i calzoni a cacaiola". Qui è il male, mentre ci si sforza di combattere il lassimo, sia pure con una penna piacevole e argu­ ta, presentando una visione relativistica della vita, si dà una prova di questa terribile malattia che ha stremato l’anima non soltanto ai nostri atleti ma agli allenatori, ai tifosi ed anche (purtroppo) ci giornalisti. Raramente capita la fortuna di leggere . un articolo che presenti un fatto sportivo sotto lo aspetto umano e spirituale. E’ necessario capire u na cosa molto importante: lo sport in Italia sta evol­ vendosi; non è più infatti un centro di interesse per pochi appassionati, ma una vastissima massa sta orientandosi verso questo fenomeno per tro­ varvi un elemento di evasione e soprattutto un ele­ mento di educazione. C’è poi gente che sta scoprendo i valori profon­ di morali e pedagogici dello sport e la visione ra­ zionale di questa attività umana diventa sempre più appannaggio di molti. Questi molti trovano poco da leggere nei nostri giornali e desiderano degli informatori più seri, più concreti, più umani, La retorica e il tecnicismo può piacere ma non forma; desiderano soprattutto che il giornalista abbia una sana impostazione ideologica e che sia libero da certi legami che conducono inesorabil­ mente la sua penna verso binari ambigui e peri­ colosi. lo penso ai nostri giovani, ai vari Fabri,

Maule, Moser, Romani, Riminucci, Jacob... tutta gente sana venuta fuori da quella formidabile fu­ cina che è il Centro Sportivo Italiano e sento nel­ l’anima una profonda amarezza perché già li vedo asfissiati dalla piovra viscida e feroce di uno sport diventato mercato. Penso ai loro occhi puri e alle

loro anime buone e mi vieti voglia di gridare che non è l’entusiasmo una medicina adatta a curare il lassismo quando questo entusiasmo non abbui fondamenta profonde nei sacri principi che devo­ no regolare la vita umana. Altrimenti l’entusiasmo diventa una morfina che servirà a stordire momen­

taneamente il mondo sportivo italiano, ma sarà

terribilmente deleteria allo sport ed ai suoi cultor:. Quando sento che allenatori e tecnici nazionali ap­ profittano dello sport per introdurre i nostri gio­ vani nell’ibridismo politico e morale e magari ven­ gono profumatamente pagati mi vien voglia di di­ re: non speculiamo su quella grande cosa che è lo sport! Non è quindi questione di mancanza di en­ tusiasmo, è solo questione di onestà. Vorrei che questa Pasqua di Resurrezione ri­ portasse gli appassionati dello sport verso visioni più alte e che nascesse in fondo all’anima di ognuno un bruciante desiderio di uscir fuori dalle tenebre tombali in cui versa lo sport per librarsi verso un cielo più azzurro dove non c’è posto per i divismi, pei lassismi di ogni genere e per i mercanteggia­ menti di cattivo gusto. Questo, perché lo sport non diventi una tomba dove le grandezze della per­ sonalità umana vengono tragicamente distrutte. N. 1».

BUONA PASQUA La Presidenza del Centro Sportivo Ita­ liano e la Direzione di Stadium propongono

alle Autorità del Governo, al Ministro per il Turismo e lo Sport, ai Dirigenti ed amici del CONI, delle Federazioni Sportive Na­ zionali, agli Enti tecnici e organizzativi dello sport e dei movimenti giovanili italiani, in particolare alle organizzazioni dell'A.C.I., ed ai propri organi: Consiglio Direttivo, Ispettorati Regionali, Comitati Provinciali e Zonali, Unioni Sportive ed ai Dirigenti tutti della grande famiglia sportiva cristiana l'augurio affettuoso di una S. Pasqua ap­ portatrice di serena fraternità.

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[’iiitlm tecnico scientifico [Iel a sport di GIUSEPPE AMBHOSINI

Riportiamo per gentile concessione dell’autore il testo della dotta lezione, tenuta dal brillante ed illustre diret­ tore della « Gazzetta dello Sport », al Convegno di Studi Sportivi dell’/l. S. Partenope di Napoli.

Unire la parola scienza, il suo concetto e il suo metodo a quelli di sport sarebbe parso, fino a qualche decina di anni fa, un avvicinamento stridente c arbitrario, forse anche irriverente per la prima e presuntuoso per il se­ condo. Lo sport è nato ovunque, in ogni tempo c in ogni civiltà, come forma istintiva, naturale di attività formativa o agonistica e le sue forme tecniche non traevano più ele­ vata origine che dalla consuetudine, dalla tradizione, dalla imitazione e dall’empirismo. D’altra parte, la scienza — e intendo parlare di quella moderna — sembrava disde­ gnare di applicarsi allo sport e di non intuire quali ser­ vigi avrebbe potuto rendergli per facilitargli il raggiun­ gimento dei suoi fini. Il prodromo del felice connubio fra scienza e sport fu l’ingresso della prima nel campo del lavoro. La ci­ viltà industriale chiamò la scienza a studiare le leggi per il razionale avviamento dell’operaio al lavoro spe­ cializzato e il metodo per il maggior rendimento del duo uomo-macchina nel lavoro di produzione. Nacquero, co­ sì, la medicina, la fisiologia, la psicotecnica del lavoro; furono istituite le relative cattedre universitarie, le gran­ di aziende furono dotate del personale e delle attrezza­ ture per l’applicazione delle varie scienze al lavoro. Ma anche gli antichi avevano capito il legame dello sport con la scienza medica. In Italia i primi accenni di questo abbinamento si sono avuti alla scuola medica di Crotone, dalla quale sono usciti i primi medici sportivi che frequentavano i ginnasi e le palestre in cui si alle­ vavano gli atleti e che indicavano le regole per sviluppa­ re il corpo secondo le regole dell'armonia c in relazione alla specialità sportiva prescelta. I più noti di questi ginnasiarchi furono Icco da Taranto (V secolo a. C.) primo insegnante di regime igienico, dietetico, atletico, chiamato da Platone fondatore della ginnastica medica, e Alcmeone, fondatore della filosofia naturalistica, che, considerando la vita come trasformazione della materia,

ebbe la prima idea del metabolismo organico, fatto cen­ trale della fisiologia e del lavoro sportivo, c concependo lo sviluppo organico come alterno contrasto di impulsi di forze opposte, le unc acceleratrici, le altre ritardatrici del movimento c della spinta di organizzazione, intuì le fon­ damenta della scienza costituzionalistica, una delle basi della valutazione atletica. Si può dire che nella Magna Grecia si intuirono i principi della eugenetica, mentre l’idea della ginnastica come regolatrice dello sviluppo secondo le leggi dell’armonia risaie alla Grecia, dove in Erodoto, ginnasta d’accademia, e in Filostrato si trovano già i primi criteri, basati sulla costituzione, per la spe­ cializzazione atletica oltre che per gli allenamenti. Ma sarebbe troppo lungo seguire attraverso la roma­ nità, il medio evo e l’epoca moderna lo sviluppo del sempre più stretto legame fra sport e scienze. Debbo, per ragioni di tempo, arrivare senz’altro al principio di questo secolo, quando si sono intensificate quelle compe­ tizioni internazionali che sono state, insieme alla con­ cezione sociale dello sport, lo stimolo più forte alla ricer­ ca del massimo rendimento della macchina umana, c quando le scienze hanno avuto a disposizione le attrez­ zature tecniche che rendevano possibili lo studio e il controllo di dette macchine prima, durante e dopo il la­ voro sportivo. Quando, cioè, ad applicarsi ed affiancarsi allo sport, quale lume e guida, furono chiamate, per quanto riguarda l’atleta, l'anatomia, la biologia, la fisio­ logia. la chimica, la radiologia e l’elettrologia, in una pa­ rola la medicina, e, per quanto riguarda le macchine, la tisica e la meccanica. Già parte di queste scienze fu­ rono applicate al lavoro, e anche allo sport, nel XVII secolo da Bernardino Ramazzini, medico carpigiano, che per primo studiò le malattie dei lavoratori e degli atleti, indicando i danni provocati dal lavoro e dallo sport quando sfuggono alle regole d’igiene e di allenamento.

Sorge in Italia la medicina dello sport .Ma fu inerito di .Angelo Mosso l’avere, all’inizio del se­ colo, studiato per primo le leggi della contrazione, della fatica, dei tempi di reazione. Poi fu l’America ad appli­ care ai problemi del lavoro i frutti degli studi di Mosso. Trasferirne l'applicazione allo sport era più che logico e si collegava con le sempre crescenti esigenze agonistiche di questo. Ecco sorgere in Italia la medicina dello sport. Nel 1929 il Prof. Viola fondò a Bologna TAssociazione medica di cultura fisica (in Francia era già nata otto an­ ni prima la Société Medicale Fran<;aise d’éducation physique e sport) il Cassinis, direttore del Laboratorio per ricerche scientifiche del lavoro della Farnesina e do­ cente universitario in fisiologia umana applicata all’edu­ cazione fisica, espose per la prima volta in -Italia l’idea della visita obbligatoria per gli atleti e del controllo del­ l’allenamento. Nel 1930 sorse la Federazione medici del­ lo sport. Il principio dell'indirizzo scientifico dello sport comin­ ciava ad affermarsi anche da noi. Ma trovò, e trova an­ cora, accaniti oppositori e satirici svalorizzatori in atleti, dirigenti, giornalisti ancora fedeli al vecchio empirismo e al facile superficialismo ai quali sono cresciuti e che sono certo più comodi dell’aggiornamento al nuovo in­

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dirizzo. Della cui utilità, anzi necessità, mi sono reso convinto c del cui metodo mi sono fatto modesto stu­ dioso e fautore sin dagli inizi. Debbo, quindi, esser grato ai promotori di questo Convegno per avermi invitato a trattare così importante tema in così autorevole riunione. Che cosa vuol dire dare un indirizzo tecnico-scienti­ fico allo sport? E’ bene, anzitutto, eliminare subito l’idea che voglia significare sopprimere o trascurare o anche passare in sottordine quel fattore spirituale, morale, in­ tellettuale, che dà, direi, un’anima c un cervello allo sport. Esso rimane anche per i fautori e i cultori dello indirizzo tecnico-scientifico l’elemento sostanziale dello s|x>rt, il suo aspetto più nobile, la sua naturale e vera finalità, essendo per tutti indiscutibile fin dai tempi re­ moti che l’attività ricreativa e agonistica sportiva ha per base il rapporto di mezzo a fine tra la sanità del corpo e quella della mente. Ma, a parte che oggi anche le sorgenti delle facoltà mentali e spirituali sono oggetto delle scienze, è evidente che queste si applicano essen­ zialmenle c più praticamente alla materia, cioè al corpo zialmente dell'atleta, non negando, nè eliminando il fattore spirimale, ina lasciandone l’indirizzo e lo sviluppo all’ordi­ namento politico, ai metodi educativi, alle teorie didatti­ che e alle altre forze di formazione spirituale. Fatta questa premessa, vediamo per quali direttive si diffonde e si esplica questo moderno indirizzo dello sport. Le traccio senz’altro, per poi esaminarle e illu­ strarle nel loro progressivo sviluppo. 1) Avvertimento dell’idoneità alla pratica sportiva. 2) Preparazione formativa atletica. 3) Avviamento alla specializzazione. 4| Allenamento specifico e controllo della forma. L'inizio della vera e propria attività sportiva coincide generalmente con quello della pubertà, cioè del periodo più delicato e determinante della vita. Purtroppo, invece, a questa coincidenza genitori, educatori e dirigenti spor­ tivi non dànno la dovuta importanza. Il ragazzo ha la smania di giocare, di gareggiare; talora i genitori fo mentano questa sua frettolosa smania sognando per lui solleciti guadagni e per sé immediate soddisfazioni; i di­ rigenti di Società cercano di trarli nella loro famiglia c li impiegano al più presto nella difesa dei loro colori; i dirigenti delle Federazioni studiano gli ordinamenti più favorevoli per attrarre i ragazzi al loro sport prima che vadano ad un altro. Troppo spesso non si vede il. peri­ colo di sottomettere il giovane agli sforzi delle gare proprio mentre il suo labile organismo, in pieno sviluppo, può risentirne dannosamente, forse irrimediabilmente e fatalmente, gli squilibri, gli urti, le reazioni che nella sua economia fisiologica, nel suo meccanismo funzionale, nel suo chimismo umorale possono produrre le fatiche sportive.

Necessità di controllo preventivo 1

Ecco, quindi, la necessità di un controllo, di una guida, di una valutazione fisica preventiva che stabilisca, in base ad anamnesi individuale e familiare, a esame cli­ nico, radiografico, elettrografico, chimico, a prove fun­ zionali dette oggi tests, l’idoneità sportiva del soggetto. Essa, nei casi più gravi, può essere assolutamente ne­ gativa cioè escludere per sempre la convenienza della

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pratica sportiva, pena conseguenze distruttive; oppure può essere condizionata a cure correttive di imperfezioni scheletriche e di debolezze organiche; oppure incondi zionata, cioè che consente l'immediata e piena pratica sportiva. Non è una novità neppure da noi la visita me­ dica preventiva e il libretto di valutazione fisica di cui 1 atleta deve essere dotato prima di avere l’autorizzazione a lare dello sport. Ma ancora non si può dire che nessu­ no sfugga a questo controllo, ne che esso sia sempre latto — per mancanza di attrezzatura e per deficienza di medici sportivi — con quella completezza e scrupolosità che sarebbero necessarie. Le statistiche dei Paesi nei quali, invece, questo controllo è generale e severo dimo strano quanti danni si sono con esso evitati e quanti se ne sarebbero verificati senza di esso. Per esempio, in Francia, dal 1945 al 1953 sono stati visitati 1.316.155 giovani non studenti e sono stati rifiutati ben 35.614 certificati di idoneità alle competizioni. Fra costoro, obe­ si ritenevano tutti sani, sono stati riscontrati 230 casi di tubercolosi polmonare evolutiva. 4040 casi di malati al­ l’apparato respiratorio, 510 malati di cuore, 1696 erniosi. 72 colpiti dal morbo di Basedow, 11 ulcerosi, 1 cance­ roso. Circa il 3%, dunque, è stato salvato dalle conse­ guenze, torse letali, della pratica sportiva. L’esame di idoneità sportiva può portare, invece, al rilievo di paramorfismi di origine ereditaria o scolatsica o professionale (come deviazioni vertebrali, malferma zioni toraciche, ecc.) o sproporzioni segmentarle di svi luppo, gracilità congenita o acquisita, ecc. E allora in­ terviene nel periodo prepuberale o puberale la ginnasti ca medica e la cultura preatletica a correggere questi difetti e a mettere il giovane in condizioni da poter svol­ gere senza danno, anzi, con profitto, una controllata al tività sportiva. Scartare gli inadatti allo sport è il primo compito, quello selettivo e di prevenzione della medicina sportiva, è il primo atto dell’indirizzo tecnico-scientifico dello sport, di evidente utilità individuale e sociale. Possiamo dire che l’attrezzatura scientifica, specie radiologica ed elettrografica, è oggi così perfezionata e la pratica me­ dica così specializzata che la scienza risponde già piena­ mente alle esigenze di questo suo primo compilo. Non altrettanto si può dire del secondo, che pur è ba­ silare agli effetti agonistici d’alto livello; quello dello avviamento alla specializzazione. Il giovane che ha com­ piuto lo sviluppo puberale c che ha raggiunto lo stato preatletico raramente si limita a fare dello sport a solo scopo ricreativo; nel qual caso, che sarebbe l’ideale per­ ché è proprio questo gusto che manca alla nostra gio­ ventù, gli è consentita La pratica anche di vari sport, fa­ vorevole al raggiungimento di quella armonia morfolo­ gica, di quell’equilibrio funzionale che costituivano, co­ me si sa, l’ideale della ginnastica greca e che il Mercu­ riale, medico sportivo forlivese del XVI secolo, ricono­ sceva frutto di quello dei tre rami in cui egli divideva la ginnastica c chiamava, badate bene, legitima stve me­ dica, che consisteva nell’esercizio fisiologico del sistema neuromuscolare, per distinguerla dalla bellica, che aveva lo scopo di fare il buon soldato, c da quella vitiosa seti atletica, con la quale egli intendeva la professionale, l’acrobatica, l’agonistica, non lontana dall’identificarsi con la specializzata.


Necessità della specializzazione Ma oggi lo sport vuol dire, nell accezione comune, agonismo e sente di questo l’essenziale esigenza della superiorità, del risultato di eccellenza, raggiungibili solo con la specializzazione. Questa si-potrebbe definire lo , adattamento, l’impiego delle particolari doti dell’atleta alle speciali caratteristiche dei diverso lavoro richiesto dalle varie forme di sport. Può bastare questa enuncia­ zione per avere un’idea generica della vastità, della de­ licatezza e delle difficoltà di applicare le diverse scienze a un razionale, anzi, scientifico avviamento dell’atleta allo sport e alle specialità nelle quali i suoi mezzi po­ tranno fargli raggiungere i migliori risultati: applica­ zione ancor più vasta e eliti ielle per il numero dei vari sport e dei loro rami, come sarebbero nell’atletica leg­ gera i lanci, i salti, le corse le i secondi ancora divisi in alto e in lungo, e le terze divise in velocità, mezzofon­ do e tondo) e nel ciclismo su strada e su pista, con le loro suddivisioni. Finora il giovane atleta si indirizza alla specialità alla quale lo porta il suo gusto personale, le sue mire ili guadagno, l’esempio del compagno, il consiglio dei parenti o degli amici o circostanze fortuite, tutti fattori dai quali esula ogni criterio di razionalità. Non si pos­ sono certo calcolare, ma si possono immaginare quanti valori atletici siano stati sviati o inutilizzati da questo istintivo, arbitrario, empirico avviamento alla specialità, che non tiene affatto conto della rispondenza dei mezzi atletici alle caratteristiche di un dato lavoro sportivo. Queste ultime sono la base di un avviamento scienti­ fico alla specialità sportiva. Non credo di dovermi at­ tardate a illustrare la differenza di queste caratteristiche da uno sport all'altro e da una loro sottospecie all’altra; caratteristiche che risultano dalla prevalenza di uno o più latton che concorrono a un dato lavoro sportivo. Agi­ lità, che si traduce in velocità, e forse sono i due ton (lamentali fattori neuromuscolari di questo lavoro e in­ sieme fanno potenza; resistenza è il fattore fisiologico risultante dall’applicazione dei primi due nel tempo; in­ tuito, raziocinio, emotività sono i fattori psichici che sollecitano c regolano i precedenti. Tutti, o quasi tutti, si può dire che intervengano in ogni lavoro sportivo, ma sempre in proporzioni diverse, come dimostra anche la diversità del lavoro compiuto da ogni giocatore a seconda del ruolo che gli si è assegnato nella squadra. I" necessario quindi stabilire anzitutto da queste pro­ porzioni, queste prevalenze per avere sottocchi il quadro delle specialità nel quale debitamente inserire latleta. Porterò un esempio di questo procedimento traendolo dal ciclismo, sport al quale mi sono particolarmente dedicato; ma è evidente che esso può essere applicato a ogni sport. Il lavoro ciclistico è diverso, come ho detto, a seconda che è svolto su strada o su pista, e in quella si differen­ zia in lavoro in salita, sul passo, in discesa, in piano c in velocità, di mezzofondo e di fondo, in corsa in linea e in corsa a tappe, e in pista si distingue in lavoro sul passo e in velocità, di mezzo fondo e di fondo. Ognuno di questi lavori richiede e chiama in azione le tre qua­ lità suaccennate in misura diversa, ed è quasi impos­ sibile che un atleta le abbia tutte c tre in misura così elevala da poter eccellere in ogni campo ciclistico, l.’adat-

lamento e il rendimento di una macchina umana sono diversi a seconda della specialità ciclistica alla quale è applicata, cioè del genere di lavoro che essa richiede. E facile, per esempio, stabilire che in salita occorre più forza e, se lunga, più resistenza che velocità; che per battere un record dell’ora occorre essere passisti di fon­ do e non scalatori; che per un Giro d’Italia la resistenza e il recupero sono fattori base; che per essere velocisti occorre essenzialmente agilità; che l'intuito tattico è più necessaiio in pista che su strada, mentre è il contrario per la riflessione tattica; che il fattore emotivo influisce più in pista che su strada, più nelle prove brevi che nelle lunghe. 1 superfluo dire che ognuna di queste doli corrispon­ de a una data costituzione morfologica c endocrinologica. una data dotazione neuromuscolare, una data fun­ zionalità. Si tratta, dunque, di identificare questi fattori agli effetti del rendimento atletico, della loro risponden­ za alle esigenze di quel dato tipo di lavoro, cioè di quel dato genere di corsa, e poi rilevarli nell’atleta per infine indicargli la via sulla quale potrà ottenere i migliori risultati.

Identificare i fattori del rendimento atletico Prima di scendere a esemplificare debbo far presente che una seria e giusta valutazione atletica agli effetti (.Iella specializzazione non può basarsi su uno solo degli elementi fisici e psichici che costituiscono la personalità deH'atleta, quella che Pende chiama la piramide bioti­ pologica. ma deve basarsi sulla sua sintesi, e, meglio, sullo assommarsi e annullarsi, sull’intcgrarsi e contrastarsi, proprio come uno stalo organico è costituito da una sindrome che prospetta il quadro completo del soggetto. I.a base della valutazione è la classificazione biotipo­ logica. per la quale noi seguiamo il metodo italiano della scuola costituzionalistica del Viola, integrata dal Pende coi criteri endocrinologici. La classificazione in nonnolinee, brevilinee e longilinee, basata non. come alcuni credono, sulla statura, ma sul rapporto fondamentale del valore tronco col valore arti, c su quelli sussidiari fra diametri anteroposteriori c trasversi, fra addome c torace, fra peso e valore somatico, tutti calcolati con dieci mi­ sure antropometriche, questa classificazione, dico, già of­ fre parecchi e importanti indici per stabilire la partico­ lare dotazione dell'atleta e, quindi, indirizzarlo alla spe­ cialità, tanto più se le dieci misure-base sono integrate da quelle dei segmenti degli arti, che ci dànno la lun­ ghezza delle leve, e dei loro perimetri, che ci illuminano sulla loro muscolatura. Darò alcuni esempi del riferimento fra organi e fun­ zioni e le varie specialità ciclistiche, quali ho creduto di poter stabilire in cinque lustri di rilievi e di studi. L’n segmento antropometrico (che è il peso di un cen­ timetro di altezza) superiore a 420 esclude la possibilità di essere un grande scalatore, perché il fattore peso, in­ sieme alla pendenza, predomina sulla resistenza della aria che, data la scarsa velocità, è poca; al contrario, che in pianura, e tanto più in velocità, dove il peso, che fa massa, è, fino a un certo punto, fattore favorevole e ne­ cessario.

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'Tenuto presente che la coscia è la leva clic lavora in forza e la gamba è quella che lavora in agilità (basta (xtnsare. per convincersene, al breve tragitto che compie Testrcmità della prima, che è il ginocchio nel suo mo­ vimento a stantuffo e a quello, tre volte più lungo, che compie Testrcmità della seconda, che è il piede nel suo movimento rotatorio) si deduce che più è pronunciata la prevalenza elei femore sulla tibia più spiccata è l’attitu­ dine al lavoro su strada, specie in salita, che a quello su pista. E viceversa. Sempre in base alla stessa con­ siderazione, la poderosa muscolatura della gamba denota particolare attitudine alla velocità e la pensare, invece, a scarsa possibilità di scalatore. Al tipo morfologico corrispondono, in generale, la lunghezza e il volume dei muscoli, con le rispettive ca­ ratteristiche di forza, di elasticità, di scatto, di resistenza; la forma, l’ampiezza della gabbia toracica, l’escursione respiratoria, la capacità vitale, fattore della funzione re­ spiratoria diversamente impegnata nei vari tipi di lavoro ciclistico (nella velocità, per esempio, essa è bloccata per dare appoggio fisso ai muscoli che si contraggono per tirare sul manubrio), il volume dell’addome, da metter­ si in relazione con la funzione metabolica, specie per il ciclismo su strada, la forma, il volume, la posizione del cuore in rapporto alla funzione circolatoria anche essa diversamente impegnata nelle diverse specialità ci­ clistiche. Se poi si completano e si interpretano questi dati morfologici con la tipologia endocrinologica si avrà un quadro ancor più preciso della personalità atle­ tica del soggetto, influendo essa su tutte le reazioni dei vari organi c delle varie funzioni al lavoro, del sistema nervoso, del respiratorio, del circolatorio, dell'emuntorio, regolando così, la potenza, cioè la forza e l’agilità, il rendimento fisiologico del lavoro sportivo, la sua durata, il limite di faticabilità, il ricupero. E l’endocrinologo già ci fornirà preziosi dati anche sul temperamento e sul ca­ rattere delTntleta, che possono fare ulteriore luce sulla sua figura, specie se destinato agli sport particolarmente influenzati dal fattore psichico e intellettuale. Per quanto ancora ci sia molto da studiare in ma­ teria di criteri di specializzazione, quello che si è già fatto per alcuni sport può evitare grossolani errori di specializzazione: quello che certo si farà in seguito — c il giornalista, che ha modo di vedere e di studiare mol­ ti atleti, può portare il suo contributo a questo studio — permetterà di indirizzare il giovane sulla giusta strada.

Effetti fisiologici del lavoro sportivo

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Qui la scienza non lo abbandonerà, ma gli indicherà il metodo razionale per acquistare e tenere la buona for­ ma e gli illustrerà scientificamente gli specifici criteri stilistici, elemento indispensabile per il massimo rendi­ mento atletico agonistico. Purtroppo, domina ancora in questo campo il più presuntuoso e vuoto empirismo, si procede sui binari della consuetudine e dell’imitazione, non ci si rende conto dei fenomeni che presenta la macchina umana, si dà una norma senza saperne c in­ segnarne le ragioni o ci si accontenta e ci si illude che chi ha finito di essere atleta possa, con poche ore di le­ zione, diventare un buon allenatore o istruttore. Eppure le scienze sono già in grado di darci conto

degli effetti fisiologici del lavoro sportivo sul corpo umano, delle modalità quantitative e qualitative di detto lavoro in relazione al raggiungimento del massimo ren­ dimento fisiologico, delle leggi fisico-meccaniche che as­ sicurano il più redditizio abbinamento dell'atleta con la macchina o con l’attrezzo. Oggi, sempre attenendomi al ciclismo, che è lo sport in cui questo abbinamento è più diritto e più stretto, sappiamo perché e come si deve proporzionare la lunghezza dei tubi della bicicletta a quel la dei segmenti del corpo dell’atleta, quale inclinazione debbano avere questi tubi affinché il duo uomo-macchina renda il massimo a seconda del genere di gara c di per­ corso; e con questo avremo dato al ciclista, con criteri mortologici-mcccanici. la bicicletta sulla quale il corrido­ re potrà pedalare meglio, con minor lavoro, a maggiore velocità, per maggior durata. Oggi possiamo dimostrare quale è la statistica ideale del ciclista sulla sella e, quindi, impostare la sua corretta posizione in macchina, con criteri scientifici. Oggi è accertata la sintomatologia del corso dell’allenamento, degli stati di forma c di surme­ nage, abbiamo i mezzi tecnici-radiologici-elettrograficichimici per rilevare i dati morfologici interni, funzionali umorali che denunciano l’effetto così detto stressante del lavoro sportivo dell’atleta in allenamento. Oggi ogni alterazione dell’equilibrio, di quello stato di grazia che è la perfetta forma può essere immediatamente segna­ lata ed è più facile identificarne le cause ed eliminarle. Di giorno in giorno i tests di valutazione generale e spe cùfica dei singoli organi e delle singole funzioni si fanno sempre più significativi e probativi appunto per la loro base essenzialmente scientifica. Per quanto riguarda l'aspetto stilistico dei vari sport, la scienza si è così attentamente dedicata allo studio e al­ l’analisi dei movimenti che anche le loro leggi scaturi­ scono da criteri scientifici di fisica, di cinematica e di meccanica estratti dalla fotografia e, più ancora, dalla ci­ nematografia. Lunghezza di leve e dei loro muscoli, an­ goli della loro inserzione, momenti e direzione della forza, differenza di azione motrice Ira muscolo e mu­ scolo, resistenze, peso, inerzia, equilibrio, ritmo, leggi della contrazione muscolare, coordinazione dei movi­ menti, analisi muscolare di un esercizio — per esempio, la partenza sull'« all tour» nei 100 metri — sono og­ getto e metodo scientifico di studio mirante al perfezio­ namento dello stile, che è complemento indispensabile della dotazione atletica individuale al fine del risultato di alto livello. Naturalmente, tutto va riferito alla spe­ ciale macchina o attrezzo in uso per un determinato sport, per cui un'analisi e una guida completa si avran­ no solo col concorso delle scienze applicabili alla mac­ china umana e a quella meccanica. E tutto va integrato, come ho detto, con lo studio dell’elemento psichico e in­ tellettuale, che chiama in azione le scienze che ad esso si dedicano dalla neocrinologia alla neurologia e alla psi cologia. Non è difficile, dunque, rendersi conto della coniplessità di uno studio di tutti questi vari aspetti dello sport e di ognuno di essi, tanto più che l’ideale sarebbe, se non si vuole rimanere sul piano teorico, che lo stu­ dioso cui è demandato il compito di guidare o giudi­ care l’atleta fosse munito anche di esperienza pratica personale sportiva. Di qui l’opportunità, affinché l’indi-

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rizzo tecnico-scientifico sia ai fidalo a chi veramente lo sa applicare con piena cognizione di causa, di una spe­ cializzazione per ogni ramo di sport, sia per i medici sportivi che per gli istruttori e gli allenatori. Questa specializzazione, del resto, è già in atto; non esistono istruttori e allenatori per tutti gli sport, e i medici spor­ tivi hanno sempre una preferenza, una particolare espe­ rienza e competenza per l’uno o l'altro sport.

Dare alla medicina sportiva i mezzi necessari E’ evidente che l’attuazione integrale c razionale di un indirizzo tecnico scientifico dello sport richiede un

programma organico, quadri di personale e attrezzatura tecnica. Purtroppo l’Italia non è alla avanguardia su questa strada. Prima della guerra si è avuta qualche buona idea; si è iniziata l’organizzazione dei medici sportivi, che, però, è ancora basata su criteri dilettanti stici, volontaristici; si è pensato ad una scheda di valu­ tazione fisica per ogni atleta, ma, a parte quella generale, iniziale, che può servire prima della specializzazione, dovrebbe poi essere sostituita da quella specifica quando l’atleta sarà specializzato, essa rimane ancora troppe volte un atto burocratico ed avasivo; dopo la guerra sono sorti centri di controllo e di studio, ma ad iniziativa privata c senza collegamento; lo Stato ha affidato la tutela sani­ taria degli atleti professionisti alla Federazione dei me­ dici sportivi, autorizzandola a organizzare nelle città universitarie corsi annuali di aggiornamento di fisiopa­ tologia dello sport, ma senza dotarla dei mezzi necessari. Questi, a mio avviso, dovrebbero essere dati dal CONI, unico ente che abbia disponibilità finanziarie e che possa concepire e attuare un programma organizzali vo generale del nostro sport. C’c da pensare che le urgenti necessità della ricostruzione e dell’adeguamento degli impianti alle nuove esigenze dello sport abbiano finora impedito al CONI di tracciare e cominciare ad attuare un piano di attrezzatura tecnica, di preparazione e di collocamento fisso di personale e di sostituirsi con cri­ terio organico a quelle Federazioni che hanno già avuto la buona idea di indire corsi per istruttori e hanno speso milioni per poi lasciare i diplomati a spasso o soggetti all’avversione dei dirigenti che si ostinano nel loro vec­ chio, superato, ma anche presuntuoso empirismo. Il tem­ po mi vieta di passare in rassegna quello che, invece, si è già latto all’estero in questo campo e di cui non pochi di voi saranno al corrente. Mi limiterò a dire che le crescenti affermazioni russe in campo internazionale non derivano solo dalla immensa massa di selezione e dalla rigidità di organizzazione del regime, ma anche dalla esatta intuizione del moderno indirizzo dello sport e dal­ la sua più ampia e razionale applicazione. Invitato a svolgere un tema a questo Convegno, frut­ to di una geniale iniziativa e seme di utili ammaestra­ menti, ho voluto scegliere quello che vi chiedo scusa se non ho trattato come la sua importanza avrebbe richie­ sto, perché ritengo che dirigenti e giornalisti non deb­ bano e non possano rimanere estranei all’indirizzo tec­ nico-scientifico dello sport. Io ne sono stato attratto una ventina di anni fa, dopo quasi una trentina di esercizio

professionale giornalistico che mi avevano dato 1 illu­ sione — e forse l’avevano data anche ai miei lettori — di avere acquistato una particolare padronanza della tecnica ciclistica. Ma, quando mi sono domandato in che cosa consistesse questa mia vantata e anche riconosciuta, competenza, ho dovuto rispondermi che essa era solo pra­ tica giornalistica, conoscenza di avvenimenti, contatto con atleti, superficiale e arbitraria interpretazione di fatti, facilità di giudizo, disinvoltura di previsioni, fioritura di frasi o pittura di quadri. Di tecnico in tutto questo c’era ben poco e non ba­ stava certo a dare sostanza a una vera competenza. Non dico certo che un giornalista debba essere un pozzo di tutte le scienze che ho fatto intervenire in questa mia trattazione; ma è indubbio che non può esserne comple­ tamente sprovvisto chi ha li compito di valutarne, sia pure morfologicamente, cioè dalle linee esteriori, un atle­ ta, di rilevarne i difetti di stile, di captare i sintomi ester­ ni della buona forma, della insufficiente preparazione o del surmenage. 11 giudizio e il rilievo del giornalista sa­ ranno tanto più giusti e apprezzati quanto più avranno una base scientifica, razionale, e, quindi, convincente. Oggi, molto più che al tempo del giornalismo colo­ ristico, sentimentale e del lettore incompetente, il giorna­ lista sportivo deve sostanziare la sempre più necessaria e gradita correttezza, vivacità e originalità dello scrivere, con la razionalità, la tecnicità, la vera competenza delle previsioni, delle cronache e dei commenti, che sono i tre tempi nei quali si estrinseca la personalità dello scrit­ tore sportivo in relazione agli avvenimenti e ai loro attori. Non dobbiamo dimenticare che se la massa dei let­ tori veramente sportivi (escludendo, quindi, quelli che nella prosa di argomento sportivo vedono essenzialmente una produzione letteraria) pretende oggi una forma me­ no dimessa e più corretta e preferisce quella vivace e frizzante, in essa viene sempre più diminuendo la per­ centuale che si accontenta del superficialismo, della pen­ nellata di colore, della battuta umoristica, del tocco sentimentale — ornamenti indubbiamente piacevoli e graditi dello scrivere sportivo, ma non sua sostanza — e aumenta sempre più la percentuale di coloro che vantano, a più o meno buon diritto, una specifica compe­ tenza in un dato sport, che discutono della bellezza, del­ lo stile, della tattica, del giuoco di un atleta o di una squadra, che vogliono dal presentatore, dall’illustratore e dal commentatore di un avvenimento la ragione tecnica «.lei pronostico, della vittoria, della sconfitta. Credo, quindi, che noi giornalisti avremo assolto pie­ namente il nostro moderno compito se saremo consape­ voli e attivi fautori dell’indirizzo tecnico scientifico dello sport c che andremo incontro al desiderio, alla tendenza, al migliorato livello culturale sportivo dei nostri lettori se ce ne faremo guida e metodo nell’esercizio della no­ stra professione. Questo dico ai colleghi ancor giovani, cui la freschezza degli studi, e, quindi, la maggior pos­ sibilità di applicarli in campo sportivo, rendono più age­ vole adeguarsi a questo indirizzo, diventato per l’atti­ vità sportiva regolatore indispensabile per il raggiungi­ mento delle sue finalità formative ed educative, sociali e nazionali, ricreative ed agonistiche. Giuseppe Ambrosio! 7


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Egidio Pannata Via Baracca,16 LECCOf Cono) Italia

La lotta per la conquista del tetto del mondo si è conclusa il 29 maggio 1953. La sommità di 888G metri, tino allora inviolata, dove per superare gli 8500 m. è indispensabile la maschera, le difficoltà nella respirazione, l’abba­ gliante luce del sole tropicale, il vento gelato, tem­ peste di neve, rendono ancora più difficile il tenta­ tivo per arrivare in vetta al maggior colosso dell’Himalaya. Trent’anni di studi e di serrata lotta per la gran­ de impresa. I primi tentativi ebbero luogo dal 1921 al 1922. Furono raggiunti gli 8326 metri ad opera della spedizione inglese Howard-Bury e Charles G. Bruce. Nel 1924, altro tentativo da parte della spedi­ zione Norton, pure inglese, fino a quota 8572. La marcia presentava difficoltà enormi; nell’intento di stabilire il campo a 7710 metri, un vento implacabile li sprofondò lungo la cresta, gli sherpas erano ormai incapaci di proseguire con il loro carico, gli scala­ tori in quelle condizioni si erano quasi dichiarati battuti. Mentre i pochi uomini scendevano al colle, s’incontravano con Norton e Somervell che avanza­ vano per tentare l’ultimo tentativo. Costrinsero quattro portatori a seguirli per stabilire un campo a quota ottomila; infatti, la tenda fu collocata a cir­ ca 8200 metri. Dopo aver costretto gli sherpas a ritor­ nare al Colle Nord, Norton e Somervell passarono una notte tranquilla. La mattina dopo si svegliaro­ no, il tempo era bello, non una nuvola, scomparso il vento. Proseguendo il cammino si portarono ver­ so gli ottomilacinquecento metri ma si trovarono, dopo la faticosa avanzata, storditi e sfiniti. Con osti­ nazione riuscirono a portarsi a 8500 m. e, già co­ minciarono ad accusare dei disturbi per mancanza di ossigeno. Norton provò a proseguire da solo, os­ servato dal compagno. In un’ora si era allontanato di trecento metri, pari a circa una trentina di altez­ za, ma ormai non era più possibile continuare. Ri­ disceso raggiunse Somervell e assieme, con le gam­ be che potevano a mala pena sostenere il loro peso si riportarono fino al Colle Nord. Si seppe poi che la quota raggiunta da Norton fu di 8572 metri. Mallory e Irvine della stessa spedizione non fecero più ritorno, in altro tentativo di attaccare la vetta. Da allora, a tutto il 1938, più nessun alpinista ha potuto superare quell’altezza. Molti furono i tentativi e l’Everest già contava parecchie vittime.

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Poi, venne la spedizione Tihnan, nel 1950, con la partecipazione dello sherpa tibetano Tensing che se­ guendo la via d’accesso dal Sud, falli l’impresa sen­ za poter individuare una qualsiasi salita verso la cima. Purtuttavia nel 1951 la spedizione inglese gui­ dala da Eric Shipton riuscì a risalire la cascata di ghiaccio, a circa 5900 metri, ma le possibilità di riu­ scita vennero meno quando si trovò di fronte a dei crepacci. Dopo vari tentativi raggiunse la cascata di ghiac­ cio del Khombu, sotto il Cwm del Colle Sud. Le dif­ ficoltà tecniche erano migliorate ma l’organismo de­ gli alpinisti non era in condizioni favorevoli e quin­ di presero la via del ritorno. Ad opera della spedizione svizzera, dopo che gli inglesi avevano perso il monopolio del tetto del mon­ do, perche non più padroni delle Indie, due dei suoi componenti, la guida ginevrina Raymond Lambert e lo sherpa tibetano Tensing, riuscivano, il 9 giugno 1952, a toccare l’altitudine di 8G00 metri, dal versan­ te Sud, desistendo da ulteriori tentativi unicamente a causa di apparecchi di respirazione inefficaci e perché spossati dalle fatiche. Gli svizzeri furono costretti ad abbandonare gia­ cenze di materiale al Colle Sud che, in seguito veni­ va utilizzato dalla spedizione inglese del colonnello Hunt, che vedeva l’anno dopo, favorita dalla sorte, raccogliere la vittoria meritata. « All’Himalaya, ogni spedizione sale in qualche modo, sulle spalle della spedizione precedente ». Così scrisse Raymond Lambert dopo il tentativo svizzero dell’autunno 1952. La spedizione di Hunt non avreb­ be raggiunto il tetto del mondo, se tredici ascensioni non l’avessero preceduta. Trent’anni di sforzi ave­ vano permesso di conoscere gli effetti fisiologici, psi­ cologici dell’altitudine e di precisarne i dati neces­ sari per il tentativo finale. Due uomini, Tensing e Hillary, superato una fa­ scia di rocce senza nessun altro ostacolo, giunsero legati l’uno all’altro sulla vetta della montagna più alta del mondo Le poste dell’india emisero per celebrare la grande vittoria sportiva due francobolli commemo­ rativi di diverso valore e colore, e si conoscono due annullamenti speciali: Bombay G.P.O., Nagpur; nel centro la cima dell’Everest. Egidio Pennati


FINALMENTE LE SQUADRE ITALIANE TORNANO A "GIOCARE.

I valori morali alla base della convincente vittoria a Stoccarda «li Filippo .Muzj

Dopo i campionati del mondo i migliori spe­ cialisti tedeschi in malattie epatiche dichiararono solennemente che non era stato somministrato alcun ”doping” ai trionfatori della Coppa Rimet, non essendo stato rivelato dagli esami microsco­ pici alcuna traccia di arsenico o di stricnina. Niente doping, dunque; tuttavia la strana epi­ demia di itterizia che colpì la nazionale di Sep Herberger ha lasciato traccia profonde nell’intero organismo della squadra che non è più riuscita a fornire una prova degna del titolo conquistato. Le sconfitte subite ad opera del Belgio, della Francia e dell'Inghilterra furono giustificate dalla assenza di numerosi titolari non ancora rimessisi dalla malattia contratta in servizio: siffatta giusti­ ficazione non può essere più accampata per la partita di Stoccarda alla quale, ad eccezione del portiere Turek, del centro mediano Liebrich e del centrattacco Omar IValter, hanno partecipato tutti i campioni del mondo. I Bianchi di Herberger sono stati clamorosa­ mente battuti dagli azzurri e il punteggio finale non dice che soltanto in parte quanto sia stata grande e continua la superiorità dei nostri ma­ gnifici giocatori. Se. l'incontro invece di chiudersi con una sola rete dì scarto a favore degli italiani fosse termi­ nato con il punteggio di Sai nessuno avrebbe avuto nulla da obiettare, tale e tanta essendo stata la superiorità dei nostri calciatori durante tutto l’arco dell’incontro. II 2 a 1 di Stoccarda potrebbe far credere a chi non ha assistito alla, gara ad una efficiente difesa della Germania. Nulla di meno vero: la difesa dei bianchi è stata perforata dagli azzurri con estrema facilità in tante e tante occasioni ; ogni discesa dei nostri portava l’orgasmo e lo scompiglio nelle re­ trovie avversarie dove i soli Posipal e Mai erano all’altezza della situazione. <5-

Come mai, così stando le cose, i nostri hanno segnato soltanto due reti? La risposta è semplice: in tre o (piatirò occasioni i pur bravi attaccanti

azzurri hanno fallito il bersaglio con tiri a lato o sopra, la traversa effettuati a pochi passi dalla rete di Herkenrath (piando ormai per i tedeschi non c’era più niente da fare. Questa la verità falsata dal risultato finale: cercheremo ora di spiegare, le cause di questa strana e avvincente partita che ha messo in mostra il valore agonistico della squa­ dra italiana. La più lieta constatazione che si può fare ri­ guarda il gagliardo spirito col quale, i nostri han­ no combattuto dal principio alla fine.

Già contro l’Argentina a Roma gli azzurri ave­ vano dato una consolante dimostrazione del loro acceso spirito agonistico. Quando il cuore non fa difetto anche le eventuali deficienze tecniche ven­ gono annullate dall’ardore combattivo. E’ lo spi­ rito che finisce per trionfare contro tutto e contro tutti. Lo si è ben visto a Stoccarda dove la squa­ dra germanica è apparsa non solo tecnicamente e tatticamente mediocre ma anche quasi rassegnata al suo destino o incapace di reagire alla volontà di vincere che animava tutta la squadra italiana.

Al suo primo incontro in terra straniera, la nazionale azzurra ha confermato in pieno le sue doti morali, la sua magnifica forza d’animo. Si può dire che non c’è stato momento dell’incontro in cui i nostri abbiano, sia pure per poco, chinata la testa. Essi hanno gareggiato con spirito gari­ baldino, sorretti da una ottima condizione atleti­ ca e da un grado di forma più che eccellente in quasi tutti. Una sola eccezione: Galli. Il nostro centro avanti non attraversa un periodo favorevo­ le; ciò nonostante ha fatto del suo meglio per ren­ dersi utile e in parte c’è riuscito. Vero è che il nostro Galli s’è trovato di fronte il più forte gio­ catore tedesco: Posipal; ma noi siamo dell'avviso che se al posto del romanista ci fosse stato un Vir­ gili o un Bettini o un Bonafin la sconfitta dei bianchi avrebbe assunto ben altre proporzioni. A questo rinnovato e infuocato spirito agoni­ stico dei nostri dobbiamo aggiungere un miglio­ re rendimento della squadra che ha manovrato con

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pari efficacia sia in difesa che all’attacco. E questo significa che la nostra squadra non ha subito il gioco degli avversari, non ha fatto del catenaccio la sua arma migliore, non ha pensato soltanto a difendersi e a distruggere la costruzione dei te­ deschi.

Stiamo tornando, ed è questa la seconda lieta constatazione, al "gioco completo" che è fatto di fasi difensive e di fasi offensive; stiamo passando dal periodo della paura e. della eccessiva prudenza a quello della logica, della coerenza e del coraggio. E la parola "coraggio" sta a significare fiducia nei propri mezzi, superamento di un coni plesso di in­ feriorità che ci ha tormentato, per ovvie ragioni in questo dopoguerra. Questo nostro ritorno è casuale? La domanda potrebbe apparire superflua ma vale, la pena di formularla; se non altro servirà a frenare gli ec­ cessivi entusiasmi.

Noi pensiamo che qualcosa di nuovo sta matu­ rando nel calcio italiano, anche se le gradite no­ vità interessano soltanto di riflesso il settore stret­ tamente tecnico. Le recenti vittorie sull’Argentina, sul Belgio e sulla Germania — cinque reti segna­ te e una sola subita su calcio di rigore — hanno un innegabile valore. La squadra italiana ha ripreso fiducia, ha ripreso a lottare, ha ripreso a giocare, nel senso più completo della parola. Il "non gio­ co”, che ha appestato l’ambiente per tanti anni, sembra definitivamente scacciato dalla nazionale.

Coloro che attribuivano ogni colpa alla defi­ cienza di giocatori di classe si saranno finalmente ricreduti. Non mancano i buoni giocatori: i vari Viola, Magnini, Ferrario, Chiappella, Moltrasio, Menegotti, Frignoni, Pivatelli, Pandolfini, tanto per fare qualche nome, sono elementi di indiscu­ tibile valore; e come essi ve ne sono altri non me­ no abili e non meno degni di rivestire la maglia azzurra.

* Rallegriamoci di questo nostro "ritorno" e dia­ mone merito agli artefici delle vittorie: ti Marmo, a Pasquale e a Foni che hanno diritto a tutta la nostra fiducia. Sulla tattica adottata dagli azzurri preferiamo non esprimere alcun giudizio. 1 nostri lettori san­ no che non diamo alcun valore alle così dette tat­ tiche che in Italia hanno avuto finora una appli­ cazione strettamente difensiva. Con una squadra come quella schierata a Stoccarda l’Italia avrebbe vinto anche se la tattica predisposta da Foni fosse stata diversa. Qualche parola sulla Germania. La compagine di Herberger, per quanto mancante di soli tre. campioni del mondo, è apparsa ben diversa da quella che riuscì a piegare, nel memorabile incon­ tro di Berna, la formidabile compagine ungherese.

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Rispetto alle altre recenti prestazioni si è no­ tato un qualche miglioramento; ma nel complesso tanto la difesa che l'attacco hanno denunciato no­ tevoli difetti. Come abbiamo già detto, la difesa è stata facilmente superata dai nostri, mentre lo attacco non è riuscito quasi mai ad imbastire azio­ ni veramente pericolose. Lo stesso Fritz Walter è apparso stranamente impreciso persino nei passag­ gi: mediocri anche Rahn e Mortoli evidentemente ancora lontani dalla loro forma migliore. Fedendo manovrare la squadra germanica si è avuta la sensazione che qualche ingranaggio del­ la perfetta macchina di un tempo si sia inceppato. Qualche cosa non funziona più; forse l'assenza di Liebrich si è fatta sentire, forse la squadra non ha più il morale di una volta. Indubbiamente una strana e indefinibile squa­ dra campione del mondo. Filùpgto

I COMMENTI Ci sono tante maniere di vincere. La squadra ita­ liana ha scelto la migliore: ha vinto giocando. S’in­ tende giocando alla maniera moderna, che non esclu­ de il combattimento, che non esclude nella leziosag­ gine del palleggio che scarnifica la tecnica dell’essen­ ziale, ma è stato gioco vero davanti a un avversario che aveva dimostrato in altre occasioni di avere tro­ vato la chiave della semplicità redditizia. Appunto per questo la vittoria italiana acquista valore: si è gio­ cato con le stesse armi dei campioni del mondo e i calciatori italiani hanno dimostrato di saperle maneg­ giare con perizia. MARIO ZAPPA - Gazzetta dello Sport Meravigliosa vittoria degli azzurri. Era la prima vol­ ta nella storia del calcio, che due squadre campioni del mondo si incontravano tra loro. E gli italiani han­ no battuto l’attuale campione a casa sua. Vi è di più: Stoccarda era considerata la città mascotte per la Nazionale tedesca in quanto vi aveva sempre vinto. Anche la tradizione dunque è saltata all’aria come quell’altra, per cui, con Schaefer in squadra i germa­ nici non avevano mai perso. « CARLI N » - Tuttosport

Abbiamo finalmente la squadra nazionale che da tempo inseguivamo soltanto con la fantasia. Adesso non ci sono più dubbi, la vittoria contro l’Argentina potè sembrare un miracolo voluto dall’entusiasmo di un gruppo di ragazzi magnificamente orgogliosi della maglia azzurra, che alcuni per la prima volta aveva­ no indossato. Ed è anche un successo favorito da una serie di circostanze favorevoli e dall’efficienza dell'av­ versario. almeno in apparenza, inferiore al previsto. Un po’ tutti, infatti, l'accettammo come uno splendido episodio isolato che chiedeva comunque, una consi­ stente conferma. Ebbene, a Stoccarda la conferma è venuta, piena, indiscutibile, sonora. Gli avversari degli azzurri erano 1 campioni del mondo, di nuovo in for­ mazione completa, con quasi tutti i trionfatori di Berna. ALDO BARDISELI • Stadio


RACCHETTE MONDIALI AGLI INTERNAZIONALI D’ITALIA Enrique Morea, l'asso argentino ben conosciuto dal pubblico romano per aver partecipato alle ultime tre edizioni dei Campionati Internazio­ nali d’Italia, Ita assicurato la sua partecipazione ai prossimi Campio­ nati che avranno luogo al Foro Ita­ lico dal 2 al 10 maggio p. v. Morea, come molti ricorderanno, è stalo ranno scorso battuto in fi­ nale da Budgc l’atty, dopo aver suc­ cessivamente eliminati gli altri assi americani Larscn e Trabcrt. In coppia con Drobny, poi, si è aggiudicato il doppio maschile su­ perando i favoritissimi Scixas e Trabcrt. Agli stessi Campionati Internazio­ nali d'Italia, il ben nolo Kurt Niel­ li più giovane dei fratelli Ulridi rapprescnlano ufficialmente la Danimarca. A Roma il ricordo del numero uno danese, 1 atletico Kurt Nielsen, è an­ cora vivissimo, per la splendida esi­ bizione da lui fornita nel 1952, quan­ do giunse in semifinale dopo aver battuto, in quello che fu giudicato il più bell'incontro dei campionati, l'asso argentino Enrique Morea Da allora la fama ed il presti­ gio di Nielsen sono ancora più evi­ denti per le innumerevoli afferma­ zioni dallo stesso colte in ripetizione in tutti i tornei del mondo. La glo­ ria del danese ha toccato la sua pun­ ta massima nel 1953 al torneo di Wimbledon dove, dopo una spetta­ colosa serie di vittorie, cedette in fi­ nale solamente al grande Seixas. L'asso danese sarà accompagnato dal giovane Ulrich, Jorgen, essendo Torben, il maggiore, ancora impe­ gnato con il servizio militare. Infine è giunta al Comitato Orga­ nizzatore la conferma della parteci­ pazione dei due autentici assi austra­ liani della racchetta quali sono: Mervyn Rose e George Worthington. Il primo, a. 7 nella graduatoria mondiale e da alcuni considerato ad­ dirittura il ii. 5, è stato nella passata stagione in coppia ; ;':a con Hartwig, vin­ citore della maggior parte delle più importanti prove mondiali di doppio a cominciare da Wimbledon; moltis­ simi critici hanno ascritto alla sua assenza nelle gare di doppio la ra­ gione deil'insuccesso australiano nel­ l'ultima finalissima della Coppa Davis. George Worthington già facente parte con i famosi Sedgman c Mac Grcgor della squadra che vinse nel 1951 la Coppa Davis in America, at­ tualmente non classificato per insuf­ ficienza di prove, è stato lungamente assente dai campi di gioco per una malattia di gola. Completamente gua­ rito ha ripreso da circa un anno Fat­ tività.

PSICOLOGIA E

PEDAGOGIA

PERCHÈ PIACE LA «PARTITA»! di

Nicola Pavoni

L’arbitro ha dato il fischio di chiusura e la partita è ormai finita. I vincitori abbracciandosi esprimono la loro gioia; i vinti ritornano come cani frustati, agli spogliatoi. La gente clic prima aveva gridato sottoli­ neando le alterne vicende della partita, adesso sfolla facendo commenti in tono minore su quello che è avvenuto e su quello che poteva avve­ nire. Lo stadio è vuoto. Il verde del rettangolo di gioco ha perso la sua gioiosa luminosità e osserva smarrito le scalinate cariche di rifiuti di carta, di frutta, di bottiglie rotte. Si parla ancora della partita e dei suoi protagonisti durante la settimana, nei bar di seconda categoria e nelle bettole di periferia dove l’operaio cercherà di ammazzare le pene della giornata bevendo un bicchiere di vino e sognando le avventure della propria squadra. Io osservo lo spettatore quando esce con gli occhi un poco stanchi, col vestito in disordine e con i capelli spettinati dallo stadio. C’è ancora in lui qualche grado dell’attenzione psichica prodotta dallo spettacolo visto. Io ascolto dietro gli spogliatoi, i commenti stanchi dei giocatori e dei tecnici e penso che la partita non è finita ma è restata come un elemento vivo .nell’animo dello spettatore e del giocatore. Sarebbe interessante descrivere i veri sportivi come il Peters ha cercato di fare nella sua « Psycologie du Sport ». Allora si potrebbe dimostrare quanto sia necessario conservare il valore pedagogico sociale del gioco del calcio perché questo sport serbi un livello elevato. Io voglio adesso portarvi in uno stadio di periferia dove ancora si gioca al foot-ball in un modo semplice, umano e osservo i volti di quei ragazzi che dopo aver giocato gagliardamente per 90 minuti di fronte ad un piccolo pubblico di appassionati, prendono i loro indumenti sudati e li mettono dentro una valigetta spellata e ritornano a casa. Sono pro­ prio contenti non perché hanno vinto ma perché hanno giocato. Quando il gioco del foot-ball è sano, cioè lontano dalla preoccupazione del premio di partita o dalla ridda dei milioni, è capace di provocare una grande gioia e una grande soddisfazione ai suoi giocatori. Allora vien voglia di domandarsi che cosa c’è di caratteristico in una partita per i giocatori di calcio e perché provare tanta gioia nel giocare. Dobbiamo qui cercare di capire il giocatore partendo dal suo mondo che è appunto la partita. Quali sono comunque i caratteri di una partita di calcio: per prima cosa vi è, come in ogni sport, un incontro, che è però un incontro umano, il quale consiste tanto nel dimenticare se stessi quanto nel rimanere se stessi. Dimenticare se stessi cioè evadere dal normale quotidiano ed entrare quasi in un mondo di sogni dove i fatti che pesano perdono la loro tagliente fisionomia e si sfumano in una girandola di piccoli fatti nuovi, interessanti, avvincenti, divaganti: e il giocatore pur ritornando sognatore come un bambino resta però se stesso, perché porta nel suo gioco la sua personalità c può esprimere il suo senso di aggressività c di ordine. Un’altra cosa che rende interessante la partita di calcio è l’avven­ tura. Ogni partita di calcio ha una storia e può essere vinta o perduta o pareggiata e nessuno dei 22 che scendono in campo sa in anticipo lo svolgimento della partita. L’avventura piace anche quando si è diventati grandi perché vivere due ore di avventura è come ritornare bambini c ritrovare in queste due strane ore di infanzia un mondo meraviglioso, irrimediabilmente distrutto dal ritmo convulso della vita odierna. Un motivo importante nel creare la gioia della partita di calcio è anche la

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folla che sta a guardare; può esse­ re una grande folla, può essere un piccolo gruppo di appassionati, pos­ sono essere gli stessi compagni di gioco che ti guardano. Il giocatore si sa sempre guardato anche quan­ do non c’è pubblico. Non è dunque totalmente libero ma è proprio que­ sto difetto di libertà die dà una duplice soddisfazione a una deter­ minata attività, direttamente in quanto attività, e indirettamente in quanto questa azione viene com­ piuta sotto lo sguardo altrui. Un altro motivo è senza dubbio lo sguardo dell’arbitro. Anche i ra­ gazzini che passano i loro pome­ riggi domenicali in un piccolo cam­ po di periferia desiderano avere qualcuno che metta ordine e di­ sciplina al gioco; senza ordine il gioco diventerebbe confuso, arbi­ trario e perderebbe una caratteri­ stica essenziale. Per quanto riguarda il suo svol­ gimento, il gioco è completamente indeterminato, ma la libertà dei singoli giocatori è relativa a una

norma regolatrice accettata come un elemento di complemento e di funzionamento della libertà del sin golo. Se infatti le regole non ve­ nissero osservate il giocatore non potrebbe avere la libertà di gioca­ re. ("è poi nel gioco del foot-ball un carattere tipicamente maschile che è l'aggressività. E’ proprio del­ l’uomo essere aggressivo e quando questa forza della natura viene fat­ ta esplodere in un campo di giuoco sia pure contenuta nell'ordine e nella disciplina che le regole pre­ cise comportano, ritorno sente tut­ ta la soddisfazione di essere forte­ mente uomo. L'elemento singolare e quindi specifico del calcio è unico e solo: il piede, nel quale sta gran parte del segreto dell’attrazione particolare che esercita q li e s t o sport. Colpire col piede significa esprimere una forza determinata di aggressione. C’è poi un ultimo aspetto nel gio­ co del foot-ball che vorrei chiama­ re il dramma dell'attesa. I 90 mi­ nuti rappresentano una serie di

Pesaro ha due passioni:

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"pisodi tutti legati da un pensiero centrale: vincere <> perdere. Ogni manovra, possiamo dire, ogni colpo dato al pallone può essere determi­ nante agli elfetti del risultato fina­ le. In questa attesa fatta di dubbi, di gioie, di tristezze e tradotta in un modo meraviglioso nell’espressione dei volti dei giocatori e degli spettatori, sta tutto il dramma del gioco del calcio.

lo allesso penso ai giocatori ed agli spettatori, a quei sentimenti soprattutto che la partita di calcio ha suscitato in loro e concludo che questo sport come tutti gli altri può essere una grande scinda per la Società; una scuola che può in­ segnare con lo svago l'ordine, la concretezza, la capacità realizza­ trice, ma soprattutto può insegnare una cosa che gli uomini hanno di­ menticato nel cassetto dorato della loro infanzia: il sorriso, cioè la vi­ sione serena, ottimistica della pro­ pria esistenza.

Angelo „ e la

Xicolii

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Benelli

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Medaglia [l'oro a Romani In occasione del Congresso Federale Ordinario della Federazione Italiana Nuoto l’Avv. Greppi ha consegnato ad ANGELO ROMANI una medaglia d’oro per le ecce­ zionali prestazioni offerte nel 1951. Angelo Romani è un atleta uscito dal C.S.I. Pesaro, da quel vivaio di giovanis­ simi che il prof. Filippucci ha saputo creare e mantenere nella smagliante impostazione attuale. E’ un giovane sem­ plice, sano. Il largo sorriso manifesta l’animo schietto e la sua vita di ogni giorno, vissuta tra le scartoffie che come impiegato comunale deve maneggiare, ne è la migliore conferma. Ha la sua « Benelli » con la quale nelle ore di riposo dal lavoro o dall’allenamento, condotto sempre con una scrupolosa attenzione, fa delle passeggiate nelle cam­ pagne del pesarese, così ricche di bellezza, a ritem­ prarsi tra le cose semplici dei campi. In gara scaturisce una potenza di propulsione veramente straordinaria. Le energie latenti si scatenano e l’uomo semplice diviene lo atleta forte, il campione formidabile che ha dato delle lu­ singhiere affermazioni ai colori italiani migliorando il pri­ mato nazionale dei 200 e classificandosi 2" ai Campionati Europei nei 400 con un nuovo limite italiano anche per tale specialità. Romani è praticamente l’unica grande speranza az­ zurra nel nuoto per Melbourne, sempreché mantenga la sua integrità fisica e morale. Come è logico augurarci.

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Si parla mollo nel mondo calcistico ili tattiche e tatticisti. e nel parlarne si dicono spesso grosse corbellerie ed ine­ sattezze. La tattica è di vi •iuta per cer­ tuni il vero male del calcio italiano, mentre non si tralascia occasione per dare addosso a quei tecnici che dimo­ strano idee chiare ed un valore perso­ nale fuori del comune. In Italia siamo fatti così! Quando ci accorgiamo che uno fa fortuna e che ci sa fare, rove­ sciamo sul capo del malcapitato un fiu­ me di contumelie. abbandonandoci a sentimentalismi fuori posto e pieni di retorica. Si dice che nel nostro campionato i tatticisti siano venuti di moda per ra­ gioni contingenti, vale a dire per ne­ cessità di classifica. Ma non è esatto. Non da oggi gli allenatori si sono tro­ vati nella necessità di dover prendere punti, onde scongiurare il pericolo di un improvviso licenziamento. Eppure mai in passato si è pensato di adottare speciali accorgimenti, o ili schierare gli uomini in una maniera diversa da quel­ muovere le pedine. Un bravo scacchista la tradizionale. Diremo allora che le non segue nessuno schema fisso, ma cer­ tattiche sono nate con l'avvento dei talca sempre di variare il suo stile per di­ ticisli. precisamente dei pochi tatticisti sorientare l’avversario. Questo fanno di talento di cui possiamo disporre. nel foot ball i pochi tatticisti di talento 1 tatticisti originali, quei tecnici vale ili cui disponiamo. a dire che come Frossi, Fiani e Foni, Essi, si sono trovati tra le mani delle hanno cercato nel gioco del calcio delle squadre più o meno forti. Potevano se­ variazioni contingenti e non definitive, guire la corrente, fare quello che fanno atte a sfruttare al massimo le possibili­ almeno dieci allenatori su diciotto, vale tà dei loro atleti, sono stati male inter­ a dire adottare i soliti schieramenti, ma­ pretati. Ci spieghiamo. Nel nostro mon­ gari attnippando in area di rigore no­ do sportivo si è sparsa come un fulmi­ ve uomini, per carpire un prezioso punne la voce che determinati allenatori ticino. Invece hanno cambiato strada. stabilivano sulla lavagna il modo di gio­ Con intuito, intelligenza, buon senso, care in campo, e mettevano l'ala arre­ mettendo in pratica gli insegnamenti ap­ trata o le olezzali avanzate o il terzino presi dalla loro esperienza di giocato­ libero in arca di rigore. Se gli accor­ ri e di allenatori, hanno cercato la no­ gimenti tattici di Fiani passarono qua­ vità nel calcio, hanno impostato la squa­ si in silenzio, allorché subentrò alla ri­ dra su canoni geniali e non cervellotici, balta del massimo campionato Annibaie riservandosi di mutare l’essenza della Frossi, tutti si misero ad osservare le tattica a seconda della squadra da af­ mosse dell’occhialuto tecnico granata. frontare. Come succede spesso in questi casi, Si criticò aspramente Foni quando mi­ è subentrata l’esagerazione e gli orec­ se. Giovanniai terzino libero, ma Foni chianti si sono gettati come lupi fame­ vinse un campionato e riuscì così a lici sulle idee degli altri, travisandole e sfruttare le capacità del centromediano creando una babilonia di linguaggi tec­ che aveva a disposizione. Quest'anno la nici. che le persone di buon senso han­ Lazio si è accorta che il trainar inte­ no severamente giudicato. Ma il guaio è rista era nel vero, perchè Giovannini che nelle critiche non si è fatta alcuna non può fare il centromediano sistemi­ distinzione, e le tattiche ed i tatticisti sta. col compito di rimanere attaccato sono stati posti all’indice, tutti indistin­ all’avversario. Il Torino di Frossi, sul tamente. anche quelli che domenical­ quale tante inesattezze si dicono, non si mente creano qualcosa di veramente chiude a riccio ad ogid partita, ed an­ nuovo e che hanno compreso come il che quando si mette in difesa, lo la sistema ortodosso mal si addica alle ten­ con intelligenza, non come undici ca­ denze dei nostri calciatori. proni. Una partita di calcio non è sempre da Osservate il Torino due partite di affrontarsi tenendo presente le solite re­ seguito: vi accorgerete che non adotta gole: una partita di calcio rappresenta la medesima tattica. In casa Frossi metinvece un libro aperto, un problema che te l'ala destra Antcniotti a centravanti va risolto con l’appropriata disposizio­ arretrato, ma se per caso l'avversario ne delle pedine. E’ un errore dire: co­ scopre il giochetto lasciando il terzino piamo gli uruguaiani, cerchiamo di imi­ al suo posto, ecco che il trainar grana­ tare gli ungheresi, mettiamo il centra­ ta ha bello e pronto un altro accorgi­ vanti alla Ilidegkutj, è un errore per­ mento, improvviso, tale da prendere in chè quello che va bene per determinati contropiede la squadra da affrontare. giocatori, non va bene per altri e l'espe­ J inni ad esempio può perdere tatti­ rienza l'insegna. Il foot ball somiglia, camente una partita, ma ciò accade per sotto vari aspetti, al gioco degli scacchi. ragioni contingenti, per calcoli sbaglia­ Negli scacchi ogni mossa va pondera­ ti di poco, per errori di difensori, per ta secondo l’estro personale di chi deve lo zampino della Dea Rondata che nel

UHI ! lillItlSII

calcio ha sempre la sua influenza. Ma state pur certi che l'intelligenza tatti­ ca di mastro Cippo, prima o poi avrà modo nuovamente di emergere, perche l’estro in un allenatore è istintivo e non si acquisisce nemmeno in dieci anni. Il ritornello che il foot hall va giocato aperto, senza sotterfugi, è ammissibile solo in determinati casi. Ma non cer­ to quando ci troviamo di fronte a squa­ dre che in campo hanno idee straordi­ nariamente chiare, perchè i Frossi, i Fiani, i Foni, i Guttmann hanno istrui­ to alla perfezione gli atleti. Bernardini, che è un convinto as­ sertore ilei sistema puro, si deve con­ vincere che i giocatori italiani hanno delle inderogabili necessità, e che pe­ ricoloso è voler racchiudere in limiti definiti. In Italia vi sono atleti cos'i ar­ tatamente estrosi, da richiedere uno studio speciale. Frossi è riuscito a recu­ perare quel magnifico giocatore che è Antoniotti, appunto perchè ha compre­ so come va usato Lelio. Una Fiorentina che si fa raggiungere dopo essere stata in vantaggio di tre gol (è accaduto in questo campionato), deve far seriamen­ te meditare il suo allenatore, quel Ber­ nardini che pur è una delle nostre in­ telligenze calcistiche più fervide. Oggi come oggi non esiste più il sistema puro, forse perchè non è mai esistito. Il calcio italiano sta attraversando un periodo di ibridismo tecnico, dal quale i tatticisti sono usciti, dando un gioco appropriato alle loro squadre. Le cavatine di Cren, i tacchetti di Fivolo. i geroglifici di Fuin non convin­ cono più nemmeno i tifosi. La palla va toccata una sola volta, rilanciata di pri­ ma, sveltendo il gioco, rendendolo fun­ zionale al cento per cento. Bocci ave­ va il vizio di palleggiare: bene, ora non perde nemmeno un secondo, per­ chè il ritmo che Frossi ha imposto al Torino, lascia fuori dalla manovra chi non ne segue la velocità. Noi non critichiamo i tatticisti ma li ammiriamo, augurandoci che il loro esempio serva a qualcosa. Noi critichia­ mo gli orecchianti, quegli allenatori, pure della serie A, che copiano qua e là. che non capiscono nulla di tat­ tiche e di accorgimenti tecnici, che co­ noscono alla superficie i loro gioca­ tori. E non comprendiamo alcuni stra­ nieri. che danno insegnamenti sballati, perchè inadatti nel nostro paese, ina­ datti in particolare al temperamento dei calciatori italiani. Un trainar inglese ad esempio, quando giunse nel nostro pae­ se, portò la novità della difesa a zone. Una novità che serve solo ad incassare molti gol. Ma null’altro portò quell’in­ glese, oltre che la solita prosopopea dei mister britannici. Da noi si è equivocato sul termine di tattica, si sono confusi i veri geniali tatticisti con la miriade di gente che copiazza senza una benché minima in­ telligenza. Eppure dovremmo convincer­ ci di dovere molto ai Frossi, ai Piani ed ai Foni, di dover loro quelle poche idee chiare e geniali che ancora aleggia­ no nel nostro mondo calcistico.

Enzo Sasso

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A BUDAPEST NEL 1930

Ricordo di un 5 a 0 I i

Ricorre in questi giorni la noti­ zia, assai favorevolmente accolta dagli sportivi e « tifosi » italiani, del ripristino della Coppa d’Euro­ pa calcistica. Questo evento di per sé molto importante perché suscita nelle « nazionali » dei vari Paesi concor­ renti un altissimo interesse ed una febbrile attività di preparazione per la conquista dell’ambito Tro­ feo, conferisce di colpo al nostro Campionato di Calcio quell’impul­ so e quel motivo maiuscoli che era­ no invece venuti affievolendosi si­ no quasi a mancare, via via che il « Milan », solo in testa alla classifi­ ca, è venuto interponendo tra sé e le altre squadre più dirette inseguitrici una distanza che appare ormai incolmabile. E’ noto che il Regolamento della Coppa d’Europa prevede la parte­ cipazione alla competizione non soltanto della prima ma anche del­ la seconda squadra classificata nel Campionato nazionale interno del­ le diverse Nazioni. L’ultima Coppa d’Europa venne disputata tra le « nazionali » del Belgio, Cecoslovacchia, Francia, Italia, Ungheria e Jugoslavia. Nel nostro caso quindi la lotta per il secondo posto in classifica è diventata — dal punto di vista dei riflessi internazionali — tanto im­ portante quanto quella per il pri­ mo posto. Considerata ormai scontata la vittoria assoluta e clamorosa del Milan, il secondo posto in classifica potrà essere conquistato dal Bolo­ gna come dalla Fiorentina, dalla Roma, dalla Udinese, ecc.; per cui la lotta tra codeste squadre si fa­ rà sempre più serrata ed avvin­ cente. Personalmente ritengo che se la

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Udinese continuerà ad infilare af­ fermazioni su affermazioni ed a fa­ re bottino di punti come si sta ve­ rificando da molte domeniche a questa parte, potremo salutarla a fine stagione come la Squadra li Campione d’Italia 951-955. In questo pronostico forse gioca inconsciamente il mio spirito cam­ panilistico, perché non nascondo che io, veneto di origine, nutro una grande simpatia per i miei corre­ gionali « furlani ». Penso che que­ sto mio sentimento e tutto il mio « tifo » si travaseranno l’anno pros­ simo sul « Lanerossi Vicenza » che é, in serie B, la squadra del mio cuore. Non tutti sanno che l’attuale squadra vicentina altri non è che la pronipote di quel glorioso « Vi­ cenza F-B.C. » di quarantanni fa quando correva l’epoca d’oro della Pro Vercelli, del Casale, del Mode­

na e dello stesso Vicenza. E per­ mettetemi di dire che le mie... pre­ stazioni calcistiche risalgono ap­ punto a quei tempi in cui appena studentello di I Istituto tecnico in­ dossavo orgogliosamente la casac­ ca a righe longitudinali bianca-bleu nella squadra Cadetti del Vicenza F.B.C. Vi fu poi la parentesi della guer­ ra 915-918: poco nel Calcio si fece durante il periodo bellico sino a Caporetto; dopo venne sospesa ogni attività perché tutta la gioventù italiana corse sul Piave e sugli al­ topiani ad arginare l’offensiva au­ striaca, con i risultati che la storia fedelmente riporta. Pei- quanto mi concerne io fui volontario sin dal primo giorno: prima come Capo­ squadra dei Giovani esploratori adibiti ai servizi ausiliari nelle re­ trovie, poi, appena diciassettenne, indossai le stellette e divenni uffi­ ciale. Nel 1919-20 a Roma ripresii a giocare nella famosa « Alba » :sul Campo del Mandinone: il mio ruolo era quello di centro attacco e mez­ z’ala destra. Nel 1921, invece, ri­ chiamato alle armi, benché appena sottotenente fui « capitano » della squadra di calcio vincitrice del tor­ neo divisionale militare di Padova. Ma questi ricordi mi porterebbe­ ro troppo lontano e non è di que­ sto che volevo parlare oggi. Oggi voglio soltanto riferire un

Il « Ho 5 » reduce dalla Crociera aerea nei Balcani del 1930, appena atterrato al/'Aeroporto delPUrbe (gli si fanno incontro le Autorità in folto stuolo, mentre i famigliari del Pilota corrono per primi ad abbracciarlo).


CROCIERA AEREA NEI BALCANI

Slg.

-tir LUCIO S0RGQ4I

PAR AVION Per xia aerea

Hotel Continental

(Albania)

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J Durante hi crociera aerea nei Balcani del 1930, nei tratti Rotna-Tirana e Tirana. itene. vennero trasportati degli speciali aerogrammi autorizzati dalle Poste ita­ liane ed albanesi, di cui ecco qui sopra un facsimile.

citazioni dei soldati, causa l’imper­ fetto funzionamento del motore, ed un altro atterraggio fuori campo nei pressi di Portogruaro durante la tappa Vienna-Venezia, per la rot­ tura della presa esterna d’aria del carburatore. (A questo punto debbo informa­ re il lettore che il pilota del « Ro 5 » era proprio lo scrivente ed il motorista si chiamava Mario Ricciotti, « romano de Roma », che ri­ tengo siti attualmente nel Guate­ mala in qualità di capo-tecnico di quella aviazione). Nel tratto Costantinopoli-Sofia, causa la pioggia (che aveva deter­ minato l’anzidetta irregolarità di funzionamento del motore) e la scarsissima visibilità dovetti tene­ re d’occhio pei- lungo tratto il cor­ so del Maritza per non uscire di rotta. Per decollare dal cortile della ca­ serma di Filippopoli, stante lo spa­ zio limitatissimo e gli ostacoli tutt’intorno, dovetti lasciare a terra il mio motorista che mi raggiunse la stessa sera per ferrovia, con tutti i bagagli, a Sofia. Mi aprii letteral­ mente la strada rullando a pieno motore in mezzo a una moltitudine di soldati ignoranti e curiosi come i pinguini e miracolosamente riu­ scii a staccarmi da terra senza ma­ ciullare od affettare con il disco dell’elica nessun guerriero bul­ garo.

simpatico e memorabile episodio giornale sportivo dell’epoca nel riflettente la Coppa d’Europa del- quale numerosi giornalisti « grandi l’ormai lontanissimo 1930: era la firme » di oggi si sono « fatti le domenica 11 maggio: sul campo di ossa ». Budapest le « nazionali » italiana .La « randonnée » aerea del mi­ ed ungherese erano schierate una nuscolo « Romeo », dal punto di vi­ di fronte all’altra in battaglia ca­ sta navigazione, si svolse regolar­ valleresca ma incandescente. L’ar­ mente e senza eccessive difficoltà bitro aveva da poco emesso il fi­ ed emozioni se si eccettuano un schio d’inizio quando nel cielo del fortunoso atterraggio nel cortile di campo di gioco apparve improvvi­ una caserma di Filippopoli (Bulga­ samente un piccolo aeroplano re­ ria). mentre si svolgevano le esercante i distintivi italiani. Con fe­ stose evoluzioni da bassa quota il velivolo salutava i propri conna­ zionali, quelli impegnati nella par­ tita e quelli, numerosissimi, che vi assistevano. L’apparecchio italianissimo, un « Ro 5 » delle Officine Ferroviarie Meridionali di Napoli, dotato di mo­ tore Fiat A.50, a sette cilindri a stella della potenza di 85 HP, pro­ veniva dalle Capitali dei Balcani essendo partito da Roma pochi giorni prima per un raid di propa­ ganda aeronautica e sportiva. Era­ no state toccate le previste località di tappa secondo l’itinerario pre­ stabilito: Tirana - Atene - Salonicco Istanbul-Sofia - Bucarest e Belgra­ do; ed ora il piccolo « Ro 5 », dopo Budapest, doveva rientrare a Roma passando per Vienna e Venezia. La Crociera aerea nei Balcani Un gruppo di calciatori della squadra militare che vinse a ideata dal sottoscritto, si svolse Torneo regionale (si nota il « capitano » Bertocco, quello di sotto gli auspici di un grande seduti a terra in prima linea).

Padova nel 1921 il centro dei tre atleti

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Per tornare alla nostra grande giornata calcistica in terra magia­ ra ricorderò dunque che 1’11 mag­ gio 1930 a Budapest successe che la formidabile « Azzurra » italiana batté l’Ungheria per 5 goal a 0. A sera nella sede della Legazio­ ne italiana di Budapest ebbe luogo un’indimenticabile festa in onore dei due aviatori italiani arrivati con il « Ro 5 » e dei vittoriosi cal­ ciatori azzurri. La grande « Coppa d’Europa » (che era veramente una grandissi­ ma coppa in cristallo pregiato) passò da una mano all’altra degli intervenuti e tutti vi bevvero lo spumante di numerose bottiglie versate con squisita signorilità dal­ la consorte del nostro ministro ba­ rone Mario Arlotta. Grande allegria ed entusiasmo caratterizzarono il lieto simposio nelle magnifiche sale della Lega­ zione e si inneggiò all’Italia ed alle nostre glorie calcistiche ed aero­ nautiche. Nell’infiammato discorso pronun­ ciato da S. E. Arlotta, in cui al di sopra delle persone singole egli volle innalzare un inno alla nostra Patria, accomunando nel suo alto elogio e compiacimento calciatori e aviatori, trovò posto la seguente frase che provocò un irrefrenabile applauso: « ... questa volta il comandante Bertocco è venuto con un ”Ro 5” e voi, calciatori, avete fatto cinque goal; la prossima volta lo preghe­ remo di venire con un ”Ro 10”-.. ». (Effettivamente esisteva a quel­ l’epoca il « Ro 10 » che era un tri­ motore da trasporto). Il mio augurio di italiano e di sportivo, prima di chiudere queste brevi note, è quello che nella fina­ lissima per la prossima Coppa di Europa si ripeta il risultato positi­ vo di Budapest del 1930; qualsiasi possa essere la località in cui il Torneo avrà il suo epilogo ed an­ che se nessun aeroplano italiano potrà trovarsi quel giorno nel cie­ lo del campo, come auspicio di vit­ toria. Si rinnoveranno così gli antichi fasti del calcio italiano e l’attuale generazione di calciatori sarà in tutto degna ereditiera e depositaria della nostra splendente tradizione calcistica. Giuseppe Bertoeeo

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UNA GRANDE PROVA

Il III “Motogiro di ÌVino Lombardi

La graduale sistemazione della rete stradale e la naturale evoluzione hanno portato nuovi proseliti al motociclismo. Tutti si motorizzano e la realtà di questa affermazione viene confermata dal fatto che è tramontata già l’epoca dello scooter- e delle moto di minima cilindrata tanto è vero che le industrie motoristiche sono tutte alla ricerca di una media cilindrata che va da 200 a 300 cmc. Tenendo presenti questi fattori che hanno fatto progredire non poco l'industria motociclistica donando all’Italia un invidiabile primato di produ­ zione e di perfezione non poteva mancare una manifestazione a largo raggio che accoppiasse motivi tecnico-sportivi a motivi propagandistici. Ecco quindi sorgere due anni fa il Motogiro, una manifestazione che al sorgere sollevò non poche polemiche ma che in due edizioni ha saputo vincere tante per­ plessità da inserirsi solidamente nel calendario motociclistico nazionale. E la bontà dell’iniziativa è confermata dal fatto che anche gli stessi auto­ mobilisti hanno ormai il loro Giro d’Italia. E cosi tutti gli aggettivi coniati dai cronisti sportivi per il Giro Ciclistico sono passati nella terminologia del giro motociclistico che diventa così una autentica cavalcata di eroi lanciati a oltre cento all’ora sulle strade d’Italia Potremmo qui parlare della pericolosità di questa corsa ma le recenti garanzie date dalle autorità del Ministero degli Interni sono tali da esclu­ dere o almeno ridurre al minimo la possibilità di incidenti visto che le strade pur non potendo essere bloccate al normale traffico saranno comun­ que controllate da un rafforzato servizio di ordine pubblico. Ci interessa però dare uno sguardo alla manifestazione dal punto di vista sportivo nel quadro del momento motociclistico. Mentre i bolidi da corsa hanno già effettuato sul magnifico lungomare di Via Caracciolo a Napoli la prima prova del campionato assoluto e mentre l’industria italiana ha confermato la bontà delle sue macchine e della sua scuola conquistando a Monthlery diciotto primati mondiali e migliorandone altri quattro che già deteneva, si preparano i quadri per la terza edizione del Motogiro alla quale sono stati ammessi 431 concorrenti suddivisi in quattro classi: n. 52 per la classe 75 cmc., n. 88 per la classe 100 cmc., n. 114 per la classe 125 cmc. e n. 177 per la classe 175 cmc. Le iscrizioni stesse confermano quanto abbiamo affermato noi all'inizio di queste note: il pubblico si orienta verso la media cilindrata e le case costruttrici, naturalmente, seguono questo evolversi orientando la loro pro­ duzione verso questo gusto del pubblico che si identifica in una effettiva maggiore richiesta. Il quadro dei partecipanti alle gare che i colleghi di « Stadio » hanno approntato con la consueta passione ci conferma infatti che nella classe minore (quella che comprende le moto di cilindrata fino a 75 cmc.) si è registrata una netta diminuzione di adesioni, un potenziamento della classe 100. una buona resistenza della classe 125 e la maggioranza assoluta nella classe 175. Così suddivisi i partecipanti rappresentano il gruppo dei più forti corri­ dori su strada del momento. Trentanove squadre di marca saranno al via il 17 aprile oltre a una novantina di corridori che si presenteranno come isolati pur essendo stati designati da industrie, a una dozzina di squadre di motoclub e a una cinquantina di squadre di associazione Saranno quindi oltre duecentocinquanta i corridori alle dipendenze del­ l’industria. Questa la lusinghiera constatazione alla chiusura delle iscrizioni, n III Motogiro ripropone agli sportivi d’Italia la sua fantastica galoppata nella speranza di assolvere alla sua funzione tecnica, sportiva e propagandi­ stica anche se non manca chi nella vana fobia di arrestare il progresso parla di troppi pericoli sulle strade aperte con pazzi lanciali a velocità fuori dell’ordinario. Ad essi però risponde esaurientemente l’industria con il suo lusinghiero bilancio di costruzioni che equivale a lavoro, pace e sere­ nità in altrettante famiglie.


SONO DI ORO PURO i 'nuovi" del ciclismo? opinioni in

libertà

sui giovani a23 badale HKertoeco

©agl# Swterrogativi di Sanremo... ci L’interrogativo base della 4(i" Milano - Sanremo riguardava i giovani e la corsa ha risposto abbastanza esaurientemente alla importante domanda postale dal­ l'intero mondo degli appassiona­ ti dello sport ciclistico.

I giovani dell’ultima covata, ita­ liani e stranieri, ma specialmen­ te i nostri valgono i grandi no­ mi del ciclismo internazionale? Possono davvero considerarsi degli assi? Oppin e è il caso di gettare anch’essi nel calderone a cuocere ed a maturare? I giovani che ci riguardano da vicino sono, per essere chiari, i due veneti Mosce e Manie in­ clusi con Fornasiero nella « Torpado », Fabbri e Zuccone]!! che « papà » Pavesi ha accettato di formare affiancandoli ai due capintesta della «Legnano» Mi­ nardi cd Albani; Fantini e Michelon affidati alle cure d> Sivocei nella doppia squadra « Atala Lygic »; Emilio Ciolli passato dalle mani del C. T. Proietti a quelle non meno abili di Pieri­ no Bertolazzo caro e generoso

ri toscaiìo Gianneschi. piccolo eroe dell’ultima classicissima

direttore sportivo della «Frejus», dove sono cresciuti a decine i fuori classi del ciclismo italiano, a cominciare da Bartali, Valetti, Bini e Bizzi (ed oggi Coletto e Messina campione del mondo di inseguimento) per chiudere con Chiarlone, Boni e Falaschi ac rettati in quella che può essere definita i'« opera assistenziale del ciclismo », la « Welter » per l'appunto patrocinata da Nando Tagliabile e diretta dal fratello Pierino. A questi si possono an cora aggiungere Ciapini, Cioèchetta e Fcrlenghi. Tutti gli al­ tri anche se giovani hanno al­ meno un paio di stagioni di an zianità, rispetto alle reclute del professionismo. • Ebbene cosa ha detto la « San­ remo » di Derycke?, tanto per darle una paternità. Meritata pa­ ternità, ché il tandem franco­ belga, Derycke - Gauthier, ha ben guadagnato il successo. E sarebbe stata ingiusta beffa se l’ordine di arrivo avesse mutato il volto al finale della corsa. Da

quale ha vissuto per l’appunto per l’azione decisa e possente, dei due esperti campioni d’oltre alpe. Cosa ha detto, ripeto, l’ul­ tima Sanremo?

Poco e tanto se si vuole. Ha convinto come assai diverso sia il comportamento dei corridori sui chilometraggi, come dire? ri­ dotti (tipo Sassari-Cagliari o Milano-Torino) c le altre maggiori prove, quelle sulla distanza ba­ se, tipica delle « classiche », che oscilla per l’appunto tra i 250 ed i 300 chilometri. D’accordo che il grado di forma raggiunto dai reduci della Parigi-Nizza li ha notevolmente agevolati sugli av­ versari. Le corse a tappe sono il tocca­ sana per i corridori di fondo, il rodaggio più indicato per dimo­ strare l’efficienza ed il rendi­ mento degli atleti. Ma ciò non giustifica il comportamento dei nostri maggiori, troppo a lungo rimasti sulla difensiva. Troppo a lungo rimasti al centro del plotone scuotendosi solo quando al comando son balzati nomi al­

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? tisonanti che toccavano la loro suscettibilità. Mi è stato detto da ragazzi sinceri (figure non pro­ prio di primissimo piano) alla sera, dopo la gara, come allorché a Pietra Ligure, Luison Bobct ha cercato di svignarsela dal gruppo, unitamente a Monti, Crespi, Favero, Gaggero ed il giovane scapigliato Emilio Ciolli, per l’appunto Coppi e Magni son passati a condurre alla di­ sperata sino a che non hanno costretto alla resa il campione del mondo. Magnifico grande campione, il Bobct, in possesso di una classe, credetemi, super­ ba. Lo slancio dei nostri miglio­ ri è durato purtuttavia solo po­ chi minuti. Quindi ha rinfode­ rato le unghie rimandando il tutto a migliore occasione.

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• Altrettanto però non hanno fat­ to allorché sono schizzati via come saette prima Derycke con Zucconelli e Gianneschi, quindi Bernard Gauthier. E Magni, Coppi, Maggini, Fornara, Defilippis, Conterno, Albani, Minar­ di e gli altri più anziani insom­ ma, ben conoscevano il valore e lo stile dei due stranieri, cui ho fatto cenno. Un tecnico — di quelli abitua­ ti a punzecchiare ed a centrare c o n crudezza le situazioni — commentava al traguardo, die si spende quando se ne ha da spendere... Il che voleva dire che molti nostri campioni, e più di uno dei « capitani » delle squa­ dre, aveva praticamente esauri­ te le munizioni o quanto meno era a corto di preparazione. Ora se si sono trovati in diffi­ coltà gli anziani, potete ben ca­ pire quale potesse essere il ren­ dimento dei giovani. In preda all’orgasmo, anzitutto, per i molti, i troppi occhi puntati su di essi; quindi dubbiosi di reg­ gere la distanza. In effetti quando Moser è ca­ duto sul « Berta », non vi era più nulla da fare, cosi come spente erano orinai le velleità’ di Chiarlone, in fuga un paio di volte, e di Maule assai meno sciolto e convincente che nella Milano-Torino. Fabbri aveva fat­ to cose egregie tentando un paio di volte prima della caduta, ma ho proprio la sensazione ab­ bia bisogno di arrotondare un po’ il torace prima di affronta­ re le grosse battaglie. E non so se sia il caso di bruciarlo in un Giro d’Italia, già alla sua prima annata professionistica.

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Si osserverà elle il giro d’Italia è il collaudo esemplare degli uo­ mini, (alla pari del Gran Premio ciclomotoristico delle Nazioni che ha raccolto ormai al comple­ to le adesioni che attendeva. Sic­ ché se fosse possibile estendere l’elenco si arriverebbe chissà a (piale numero di partecipanti) anche perché tutti mirano ad es­ sere in forma solo per quelle date. Non è detto però che i corridori debbano assolutamente e unica­ mente essere adatti per le pro­ ve a tappe, e non valga invece la pena di tenerne in serbo qual­ cuno per le gare in linea. Per il campionato del mondo, ad esem­ pio. • Ci si attendeva una corsa velo­ ce, per la ferma ed esplicita in­ tenzione di attaccare da parte di molte squadre. E veloce, in de­ finitiva, la corsa è stata, aven­ do fatto registrare la seconda media migliore di ogni edizione. Pur con il freddo pungente del mattino e le sventagliate di ne­ vischio asciutto in pianura, pri­ ma del Turchino, tra Novi Ligu­ re e Masone. Ma non ha avuto alcunché di elettrizzante, da parte italiana in ispecie, l'ultima Sanremo. II tentativo dei gio­ vani in apertura di corsa (Ferlenghi, Ambrosio e Cabrioli con il volonteroso Seghezzi e l’assai più esperto e importante Impa­ nisi come l’agganciamento di Ciapini, Isotti e Nascimbene, rientrando nelle azioni normali d’una qualunque prova in lineaNé trascendentale è stato 1’« a solo » di Piazza il quale staccan­ do nella discesa su Voltri i com­ pagni di fuga a 130 chilometri dal traguardo ha avuto l’inge­ nuità di credere nel bis della Sassari-Cagliari ed è finito tal­ mente imbambolato, invece, nel­ l’ultimo tratto, da dover discen­ dere a piedi... letteralmente, dal « Berta ». A questi nomi debbo aggiunger­ ne ancora una mezza dozzina: gli unici praticamente che ab­ biano messo il naso alla finestra ed arrischiato due soldi sulle spire sinuose della via Aurelia assai più larga di un tempo, ma egualmente colma di folla, come sempre. Si tratta di Piazza per l’appunto, di Giacchero e Laudi: quest’ultimo più positivo degli altri, ma egualmente cucinato ben bene molto prima ’di San­ remo.

• La fuga finale alia quale si è speralo potesse reggere anche Zucconelli (e la volata sarebbe stata più emozionante) è stata dunque runico vero e solo epi­ sodio palpitante della gara. Se si pensa che 70 corridori sono giunti nello spazio di due minu­ ti e mezzo dopo 282 chilometri di corsa a poco meno di quaran­ ta all’ora, si rimane purtuttavia perplessi.

Delie due, come sempre, l’una. () davvero dietro grandi e picco­ li non ne avevan più da spende­ re, data la fase ancora iniziale della stagione, limitandosi a sfruttala' a vicenda le ruote, op­ pure ci sono tanti e tanti ele­ menti che oggi si eguagliano o quanto meno si avvicinano nel rendimento, se non proprio nel­ la classe.

Questa seconda ipotesi mi sem­ bra la più logica. Di certo dei l(>0 partiti almeno una trentina avevano diritto di puntare alla vittoria. Da questo piuttosto ab­ bondante mazzo di favol ili la si­ billa della Sanremo ha estratto tre carte, con esotici nomi stra­ nieri. Appena tamponati, ma nelle posizioni di secondo piano, dal magnifico sorprendente Gianneschi, alto appena la metà dei tre compagni del finale.

Questi i fotogrammi della scon­ fitta italiana nella « classicissi­ ma ». Una sconfitta, se vogliamo, peggiore di quella dello scorso anno- E non vorrei proprio che il gioco si ripetesse. Francesi, belgi, svizzeri son di­ venuti spigliati, spregiudicati nelle corse italiane. Hanno im­ parato come basta attaccare per aver partita vinta con i nostri assi e semiassi i quali stanno a guardarsi e misurano le stille di forza col contagocci!1.

Salvo poi a mostrarsi esosi nelle richieste e nei diritti. Vogliano, di grazia, prenderne nota gli industriali che li man­ tengono ed i direttori die li di­ rigono. Clié, non penso, gli spor­ tivi italiani siano disposti a tol­ lerare nel giro d’Italia ed in al­ tre prove di casa nostra le avvi­ lenti e degradanti pietose sce­ ne dello scorso anno, che hanno portato (ed è questa — ripeto — l’unica e vera ragione) agli ar­ rivi di Napoli, di Aquila e di S. Moritz, oltre che alla crisi fe­ derale.


...agli esclamativi di Reggio Calabria

tori, mandando in frantumi il mosaico. Il terzetto era compo­ sto da Geminiani, Conterno e dall’emiliano Buratti, sfortunato anche domenica come assai spes­ so purtroppo. Ebbene Moser ha attaccato ben sapendo di lancia­ re il guanto di sfida, aperta sfi­ da, a Coppi. 11 « campionissimo » sorpreso per tanto ardire, è ri­ masto lì per lì sulle ruote, quin­ di ha avuto un allungo di quelli che solo Coppi è capace di sfo­ derare quando qualcuno mena degli schiaffi in pieno viso. Rare volte in tant’anni che seguo Coppi ed assisto a corse cicli­ stiche il mio animo di sportivo ha potuto godere uno spettacolo ed una azione così poderosa e stupenda. Coppi, ritto sul telaio, saliva le rampe della « Limina » come solo lui sa salire quando vuole, ed in breve i cento metri che Moser aveva guadagnato nello scatto, piantando in asso il tetragono Astrua, sono svaniti. Uno ad uno. Moser s’è voltato quando Fausto gli era ormai solo ad una ventina di metri ed ha desistito, in quanto ben sapeva di pagarla salata, altrimenti. Coppi non si è limitato infatti a raggiungere il ragazzo della Val di Cembro ma ha cercato di piantarlo in asso, in un tratto di strada franato e quindi più pe­ sante. Non ha insistito tuttavia, pago di potersi agganciare a Ge­ miniani ed a Conterno coi quali ha stretto lega ed ha percorso ancora molti chilometri. Ha ri­ mandato il tentativo sul San­ t’Elia, ma ha avuto il torto di

che per l’appunto l’azione pos­ © Talmente l'aveva scosso la bel­ la vittoria in Calabria, che a sente di Coppi ed Astrua sulle mezzanotte Rino Benedetti mal­ rampe di Sant’Elia aveva co­ grado fosse a letto da tre ore stretto alla resa. non riusciva a prendere sonno. Ed ha chiesto una doppia ca­ c Una corsa stupenda il giro di momilla, che il massaggiatore Reggio Calabria, una corsa che ha dovuto andare a prendere in ha riconciliato tutti con il cicli­ un bar vicino, il servizio di ri­ smo su strada e anche con i suoi storante in albergo essendo già attori, ad otto giorni di distanza. chiuso da un pezzo. Era felice il Una corsa che non ha avuto un ragazzo toscano, felice perché attimo di sosta. E che ha detto dopo la vittoria di due anni ad­ dietro in una tappa del giro e chiarito tanti interrogativi ri­ d’Italia, ad Ancona, non gliene masti in sospeso nella Sanremo. è andata bene una. Dico una. Anzitutto si deve credere nei Malgrado la buona volontà e la giovani, in Moser e Manie in generosità che ha sempre dimo­ particolare, come in Benedetti, strato in corsa. Per due anni ha Conterno, Del Rio, Ferlenghi, fatto il gregario di Minardi e di Boni, Bertoglio e Cassano. Si Albani nella Legnano, senza tante speranze. Raccogliendo so­ tratta di elementi completi sui lo le briciole quando i due ca­ quali tuttavia i due veneti della pitani lo permettevano. Anche « Torpado » si elevano di almeno per questo ha lasciato quest’an­ due buone spanne. Si tratta di no la Legnano, ed ha avuto for­ gente dal fegato sano, che ha tuna, dopo due prove sfocate avuto ed ha l’ardire di attaccare nella Sassari ■ Cagliari e nella gli assi in salita, come in pia­ «Sanremo» dove si è classifi­ nuracato 84°. Devo essere sincero dicendo che quando ho veduto i quattro € E’ stato uno spettacolo vedere Moser scattare come una furia, che hanno dato tono e fisiono­ sganciando dalla ruota Astrua, mia al Giro della Provincia di Kubler, Bartalini, a metà della Reggio (Gaggero, Benedetti. « Làmina », mentre proseguiva in Nencini e Crespi) andarsene di testa la fuga dei quattro che vi forza dal gruppo, che pur stava ho detto e un terzetto s’era già all’erta per i continui razzi che posto all’inseguimento, dando la venivano lanciati a dritta e a sveglia al plotone degli inseguimanca da giovani e da non gio­ vani, dopo Locri (un centinaio di chilometri dalla partenza) proprio non pensavo potessero reggere sino in fondo. Se si fosse chiesto a qualcuno di scommet­ tere poche lire sulla riuscita del tentativo non si sarebbero tro­ vati clienti. Invece, dei quattro, uno ha tenuto, malgrado la rea­ zione viva degli inseguitori tra cui erano nomi altisonanti. E questi è stato proprio il vincito­ re; il ragazzone toscano che mal­ grado la lunga estenuante fuga, le ascese alla Limina ed a San­ t’Elia, lui che pure non è arram­ picatore, ma semmai passista e velocista di vaglia, è riuscito a conservare qualche grammo di potenza per far fuori sull’im­ menso superbo lungomare di Reggio Calabria gli avversari . che lo avevano raggiunto nel fi­ nale. Prima, nella discesa su Ba‘ gnara, Coppi ed Astrua, quindi Rino Benedetti dopo la bella vittoria nella tappa di Ancona del «Giro 1953 ». Conterno, Geminiani e Moser, Da allora egli è tornato al successo il 27 marzo 1955 a Reggio Calabria

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attaccare troppo tardi, quando ormai Benedetti aveva già sca­ valcato la schiena d’asino del passo e s’era tuffato nella stra­ piombante discesa su Bagnata. Avesse tentato prima, avesse voglio dire, potuto raggiungere Benedetti (gli altri avevano ce­ duto. assai prima Crespi, quindi Gaggero e Nencini) almeno un chilometro prima del passo, sa­ rebbe stato sufficiente per fiac­ care la resistenza del massiccio atleta della Leo Clorodont. Ma una volta in discesa ha dato mo­ do di prender fiato alla lepre che fuggiva da tanti chilometri, ed alla quale penso Belloni (di­ rettore sportivo della squadra), aveva certo offerto «qualcosa» di positivo per risvegliare le energie e la volontà che anda­ vano spegnendosi. Né è riuscito il gioco sui sa­ liscendi, lievissimi saliscendi, di Scilla, al tandem Astrua-Coppi. i quali sapendo di venire bru­ ciati in volata dal toscano, cer­ cavano di farlo fuori sorpren­ dendolo con una serie di scatti. Il fallimento di questi colpetti ha finito per convincere i due più anziani corridori a serbare ancora un po’ di forza per l’epi­ sodio conclusivo. Sicché hanno rallentato di quel poco che è.ba­ stato al secondo gruppetto di farsi sotto: Geminiani, Conter­ no, Moser e Monti, ch’erano a poche centinaia di metri. Di questi ultimi quattro solo Monti appena rientrato è stato colto da crampi, proprio come lo scor­ so anno e ancora una volta ha dovuto mollare giungendo solo soletto (ma non terzo come nel ’54) bensì settimoSi vuole che la volata sia stata sbagliata da più d’uno. Da Cop­ pi ad esempio che pare avesse una certa intesa con Geminiani, intesa che non è servita perché l’italo-fnancese era letteralmente sfinito, e Coppi non ha più lo spunto irresistibile di qualche anno addietro in volata.

o Qualche nota di cronaca dovevo pur farvela prima di riassumer­ vi il comportamento dei princi­ pali attori. Quando vi dirò che dei 75 partenti solo 27 sono ar­ rivati in tempo massimo, mi pa­ re si sia detto abbastanza. Né si può parlare di ritiri capricciosi. Neppur per sogno. Piuttosto di gente stroncata letteralmente dalla fatica, per il tracciato di gara severissimo (un superbo tracciato in una cornice di folla

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commovente per entusiasmo <■ disciplina) come si può dire di Magni, di Minardi, di Bauvin e Graf, di Clerici e Defìlippis, tan­ to per citarne qualcuno dei tanti. Del vincitore vi ho già detto. C’è solo da attendere la confer­ ma del suo valore anche se il successo di Reggio Emilia mi dà proprio l’impressione della ron­ dine che fa primavera.

Astrua è pur sempre un cor­ ridore stupendo e generoso, co­ me il suo corregionale Angelo Conterno: gente sana, che non conosce il risparmio delle ener­ gie, che affida alle proprie forze, prima ancora che al caso, il com­ portamento nelle prove. Così Moser e Manie, e il primo più ancora del secondo alquanto sfo­ cato nel finale forse per un in­ seguimento magnifico compiuto con Scudellaro. E’ un tantino pe­ sante per un percorso tanto se­ vero. Quindi Monti ed i giovani di cui ho fatto cenno, e così Gè-

miniani e Kubler sfortunato, ma assai positivo finché è stato in corsa.

o Coppi merita un capitolo a par­ te. E’ stato deciso nell’azione ma non mi è parso ancora nella pie­ nezza della sua forma. Ha ten­ tennato ad attaccare nel timore forse di non reggere sino in fon­ do. Il terreno finale non si pre­ stava ad una soluzione di forza, così come sono andate le fac­ cende. Diverso sarebbe stato il discorso se si fosse deciso prima. Ma è certo che Coppi rappresen­ ta ancora il numero uno del no­ stro ciclismo. E fors’anche del ciclismo internazionale, anche se l’ordine di arrivo del giro delle Fiandre (Bobet, Koblet, Van Steenbergen e Gauthier nell’or­ dine) deve suggerire al nostro campionissimo qualcosa di assai utile per là stagione che si può dire appena iniziata e che pre­ senta davvero tante cose buone e grossi colpi di scena. datale Itertiocci»

COSI' AI TRAGUARDI: a Sanremo 1. GEMINIANI DERYKE (Belgio) che compie il percorso di chi­ lometri 282 in ore 7.3’46” alla media oraria di km. 39.927: 2. Bernard Gauthier (Francia) a una macchina; 3. Jean Bobet (Francia) a dieci metri: •1. Mauro Gianneschi (Italia) s. t.; 5. Fiorenzo Magni (Italia) a 26”; 6. Rik Van Steenbergen (Belgio); 7. Giorgio Albani (Italia); 8. Bauvin Gilbert (Francia); 9. Raphael Geminiani (Francia); 10. Bruno Monti; 11. Louison Bobet; 12. Oreste Conte; 13. Franco Aureggi; 14. Mario Baroni; 15. Wilmer Servadei; 16. Francis Anastasi; 17. a pari merito con il tempo di Magni: Impanis. Frosini. Fantini, Nencini, Pintarelli, Corrieri, Salviatti, Remy, Rollami, Gismondi, Filippi, Astrua, Del Rio, Coletto Angelo, Emilio Ciolli, Minardi, Pellegrini, Chiarlone. Gay, Agostino Coletto, Conterno, Manie. Fornasiero, Krebs, Koblet, Clerici, Van Breenen, Schotte, Barducci, Giacchero, Buratti, Giudici, Moresco, Dottò; 51. Crespi a 40”; 52. Couvreur; 53. Pedroni; 54. Massocco; 55. Volpi; 56. Barbotin; 57. Zucconelli; 58. Fornara; 59. Rossello Vincenzo; 60. Ro­ binson; 61. Ferrando; 62. Negro; 63. Coppi; 64. Assirelli; 65. Sco­ dellare a 1’42”; 66. Boni; 67. Van Den Branden; 68. Defeiter; 69. Pasotti; 70. Rivola.

a Reggio Calabria 1. BENEDETTI RINO (Leo-Clorodont) km. 268 in ore 7.51’. media km. 34,115; 2. Astrua Giancarlo (Atala); 3- Contorno Angelo (Torpado); 4. Moser Aldo (idem); 5. Coppi Fausto (Bianchi); 6. Geminiani Raphael, a 20 metri; 7. Monti Bruno, a 1’56”; 8. Manie Cleto, a 3’47”, 9. Scudellaro Tranquillo: 10. Boni Guido, a 5’31”; 11. Gaggero, a 5’37”; 12. Nencini, a 6’57”; 13. Ferlenghi, a 7’28”; 14. Accordi, a 10’58”; 15. Giudici; 16. Franchi; 17. Bartalini; 18. Buratti; 19. Padovani, a 18’52”. Seguono nell’ordine: Bertoglio, Cassano, Pedroni, Grippa, Patti, Micali, Marchisio.


LE GRANDI COMPETIZIONI A TAPPE

il, 381 fillio limili 14 Maggio 5 Giugno 1955

Per quanto non sia nella mia natura scrivere su argo­ menti che investono l’oggetto della mia attività, questa vol­ ta, senza alcun peso, sono lie­ to di scrivere per « Stadium », cui sono legato da ricordi quanto mai cari non meno che da profonda ammirazione per l’opera educatrice che svolge in seno alla nostra gio­ ventù sportiva.

In certo senso, la gioventù sportiva è per me il problema che più mi preoccupa e mi in­ teressa, e, ad ogni occasione che mi si presenta, cerco di in­ tervenire col modesto peso del­ la mia esperienza onde otte­ nere il riconoscimento delle mie raccomandazioni. Intendo dire che la gioventù sportiva ha bisogno di una coscienza, di una integra coscienza, me-

diante la quale è possibile comprendere la sana spiritua­ lità dell’agone sportivo, nel quale confluiscono, indubbia­ mente, istanze sociali di am­ pia portata. Ora, è necessario creare le condizioni che servo­ no alla formazione della co­ scienza del giovane sportivo, condizioni che devono essere più marcate, laddove il giova­ ne viene più impegnato e per il carattere della manifestazio­ ne e per le esigenze del pub­ blico. E’ per questo che il « Gi­ ro d’Italia » della Gazzetta

LE TAPPE 1“ sabato. 14 maggio: km. 200 MILANO-Torino 2“ domenica, 15 maggio: 248 Torino-Cannes 3’ lunedì, 16 maggio: 115 Cannes-Sanremo 4“ martedì. 17 maggio: 199 Sanremo-Acqui T 5“ mercoledì, 18 maggio: 173 Acqui T.-Genova 6” giovedì, 19 maggio: » 18 A squadre a Genova 7“ venerdì. 20 maggio: » 181 Genova-Viareggio sabato. 21 maggio: Riposo a Viareggio 8' domenica. 22 maggio: 244 Viareggio-Perugia 9“ lunedì, 23 maggio: » 178 Perugia-Roma 10“ martedì, 24 maggio: 240 Circuito di Frascati 11“ mercoledì. 25 maggio 236 Roma-Napoli 12“ giovedì, 26 maggio: 180 Napoli-Scanno 13; venerdì, 27 maggio: 251 Scanno-Ancona 14“ sabato, 28 maggio: » 171 Ancona-Cervia Pin. 15’ domenica, 29 maggio: 48 Cervia-Ravenna (cr.) 16“ lunedì, 30 maggio: 244 Ravenna-Lido di Jes. 17“ martedì. 31 maggio: » 146 Jesolo-Trieste mercoledì. 1° giugno: Riposo a Trieste 18 giovedì. 2 giugno: » 241 Trieste- Cortina 19“ venerdì. 3 giugno: 230 Cortina-Trento 20“ sabato, 4 giugno: 214 Trento-S. Pellegrino 21“ domenica, 5 giugno: 100 S. Pellegr.-MILANO Totale km. 3.857

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dello Sport quest’anno vuole assumere un carattere, direi antitradizionalista. E’ il « Giro dei Giovani ». E’ la manifesta­ zione nella quale i giovani do­ vranno trovarsi a proprio agio, senza timori riverenziali per i grandi. Tutti si può essere grandi se grandi sono le im­ prese che si compiono. Ed ognuno ha il diritto di com­ piere la propria grande impre­ sa con generosità e lealtà. Se dicessi che il Giro contie­ ne delle novità assolute non sarei sincero. Il Giro diventa novità se i corridori che lo cor­ rono gli dànno tale volto. Io mi auguro che il 38" Giro d’Italia possa rimanere nel cuore degli sportivi, come il Giro che ha segnato l’inizio di una nuova epoca del nostro ciclismo.

VI GRAN PREMIO CICLOMOTORISTICO NAZIONI

DELLE

27 Aprile 1 Maggio 1955

Di anno in anno il Gran Premio Ciclomotoristico delle Nazioni sviluppa temi e motivi nuovi assolvendo il suo com­ pito che è quello della propa­ ganda nelle regioni del centrosud, con un avvenimento di spiccato interesse e risonanza internazionale che ha avuto ad ogni edizione un successo crescente. La gara è stata defi­ nita la più moderna corsa del mondo. A questo si è giunti per­ la bontà della formula e per

Vincenzo Torrianl

IL LIBRO D’ORO DEL “GIRO,,

».

f.

Anno

Partiti

Arrivati

1909 1910 1911 1912 1913 1914 1919 1920 1921 1922 1923 1921 1925 1926 1927 1928 1929 1930 1931 1932 1933 1934 1935 1936 1937 1938 1939 1940 1946 1947 1948 1949 1950 1951 1952 1953 1954

127 101 86 54 99 81 63 49 69 75 96 90 126 204 258 208 166 115 109 109 97 105 102 89 93 94 '89 91 79 84 77 102 105 98 112 112 112

49 20 24 26 34 8 15 10 27 15 38 30 39 40 79 124 99 67 65 66 51 52 62 45 41 50 54 47 40 50 41 65 75 75 91 72 67

Percorso Km.

2448 2987,4 3531,4 2736,5 2932 3162 2984 2637 3081,7 3095,5 3188,7 3613 3520,5 3464 3728,8 3044 2920,3 3097,7 3012,8 3235.2 3343,5 3713 3556 3760 3840 3754 3006,4 3574 3236 3843 4161 4090 3978 4147 3961 4035 4337

N. Tappe

8 10 12 8 9 8 10 8 10 10 10 12 12 12 15 12 14 15 12 13 17 17 20 21 23 21 19 20 20 20 19 19 18 20 20 21 22

VINCITORE

Ganna Luigi Gaietti Carlo Gaietti Carlo ATA LA Orinili Carlo Calzolari .Alfonso Girardengo C. Belloni Gaetano Brunero Giovanni Brunero Giovanni Girardengo C. Enrici Giovanni Binda Alfredo Brunero Giovanni Binda Alfredo Binda Alfredo Binda Alfredo Marchisio Luigi Camusso F. l’esenti Antonio Binda Alfredo Guerra Learco Bergamaschi V. Bartali Gino Bartali Gino Caletti Giovanni Caletti Giovanni Coppi Fausto Bartali Gino ('oppi Fausto Magni Fiorenzo Coppi Fausto Koblet Ugo Magni Fiorenzo Coppi Fausto Coppi Fausto Clerici Carlo

Media orar.

27,260 26,113 26,216 27,323 26,379 23,374 26,440 25,659 25.592 25,356 25.895 25,138 26,600 25,113 25.847 26,748 27,292 26,378 29,332 30,604 30,043 30,548 31,363 31,279 31.365 32,272 34,150 33,240 33,948 33,153 33,116 32,566 33,816 34,217 34.560 34,019 33,563

la sentita necessità di una evo­ luzione in campo ciclistico, che appassioni le folle ed assicuri interesse agonistico alle com­ petizioni a tappe. Lo spettacolo di forza, di va­ lentìa e di agonismo offerto dai fuori classe del ciclismo mondiale alle Terme di Caracalla a Roma come sul lungo­ mare di Napoli ha letteral­ mente conquistato la folla im­ mensa presente. Il Gran Premio Ciclomotori­ stico delle Nazioni raggiunge­ rà quest’anno la Puglia e la Lucania. L’edizione 1955 della nostra corsa, si svilupperà attraverso 11 Provincie di quattro Regio­ ni spingendosi n zone che mai hanno ospitato avvenimenti sportivi di così alta risonanza mondiale. L’aver assicurato un quadro di partenti d’eccezione malgrado le molte concomi­ tanze straniere, dimostra ol­ tretutto come i campioni più forsi si sentano attratti verso la prova de « Il Tempo ». che fa spicco anche per la superba sua messa in scena. L’esperienza del passato per quanto riguarda la parte mo­ toristica ha consigliato il ri­ torno al tipo unico di macchi­ na allenatrice allo scopo di porre i concorrenti tutti sullo stesso piano tecnico. Di con­ seguenza la scelta non poteva ancora una volta non toccare alla « Moto Gilera » collabora­ trice impeccabile, la quale più di ogni altra industria italiana ha dimostrato di possedere i requisiti organizzativi ideali per sobbarcarsi il severo com­ pito dei mezzi meccanici. Questa a grandi linee l’edi­ zione 1955. N. II.

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Il: TAPPE

I L

27 APRILE - 1" tappa (km. 212): ROMA (Quadrare), Frascati, Monteporzio, Moniecompatri (T M.). San Cesareo, Valmontone, Colleferro, Fe­ rentino. Prosinone, Ceprano, Cassi­ no. Capua, S. Maria Capua Vetere, CASERTA (circuito della Reggia).

LIBRO

CORRIDORE

NAZIONE

CICLO

D’ORO TEMPO

ALLENATORE

1950 (20-21 aprile, km. 462) 1. Robic Jean Gentili Francia Viscontea De Paoli 2. Coppi Fausto Italia Bianchi Federici 3. Bobct Louison Guerra Francia 1. Van Steenbergen Belgio Girardengo Battesini Agostinelli 5. Logli Nedo Ganna Italia Tipo unico di macchina allenatrice: Lz\MI3RETTA 125 cmc.

28 APRILE - 2" tappa (km. 238): I Settore (km. 109): BENEVENTO (P.za Castello). San Giorgio del San­ ino. Grottaminarda, Ariano Irpino (T.M.) FOGGIA. II Settore (km. 129); FOGGIA. CeTignola, Canosa di Puglia, Barletta, Trani, Bisceglie, Molletta, Giovinazzo. BARI (Circuito della Fiera).

12.22’51” cl 8” 3’17” 4’41” 8’01”

1951 (13-15 aprile, km. 685,8) Latini (ISO) 18.21’03” 1. Kubler Ferdy Svizzera Freyus Sentinelli (ISO a 3’19” 2. De Santi Guido Italia Benotto Agostinelli (ISO) » 5’51" 3. Logli Nedo Italia Ganna Musetti (Lambr.) » 6’05" 4. Bartali Gino Bartali Italia De Angelis (MV) » 6’30” 5. Pontisso Bruno Italia Arbos Macchine alien.: LAMBRETTA 125 cmc - ISO 125 cmc. M.V. 125 cmc.

29 APRILE - 3- tappa (km. 267): I Settore (km. 145): BARI, Modugno, Altamura. Gravina di Puglia, lisina, Tolve, POTENZA.

1952 (17-20 aprile, km. 723) Pellizzari 1. Magni Fiorenzo Italia Ganna 2. Ockers Stan Belgio Girardengo Liberati Gentili 3. Robic Jean Francia Bottecchia 4. Bartali Gino Italia Musetti Bar tali Gambacurta 5- De Santi Guido Italia Benotto Tipo unico di macchina allenatrice: GILERA 150 sport

II Settore (km. 122): POTENZA. Vietri di Potenza, Auletta, Scorzo (T.M ), Eboli, Battipaglia, Pontecagnano, SALERNO (circuito del Lun­ go Mare).

1. 2. 3. 4. 5.

3() APRILE - P tappa (km. 75): SALERNO. Vietri sul Mare, Cava dei Tirreni. Scafati. Pompei, Portici (autostrada), Capodichino, Mostra d’Oltre Mare. NAPOLI (circuito di via Caracciolo).

1953 (22-26 aprile, km. Italia Ganna Girardengo Belgio Italia Arbos Svizzera Guerra Italia Levriere

Magni Fiorenzo Ockers Stan Monti Bruno Koblct Hugo De Santi Guido

19.00’17” a 18” » 1’12” » 4’58” » 7’04”

984,6) Pellizzari Vanderbroek Gentili Battesini Gambacorta

27-04’21” a 30” » 4'21” » 4’38” » 5’32”

Tipo unico di macchina allenatrice: GILERA 150 sport

1" MAGGIO - 5“ tappa (km. 221): I Settore (km. 179): NAPOLI, Mondragone, Scauri, Formia, Itri, Fondi, Terracina, Latina. APRILIA.

1. 2. 3. 4. 5.

II Settore (km. 45): APRILIA, Via Pontina. Decima. Porta S. Sebastia­ no, ROMA (circuito di Caracolla).

1954 ( 29 aprile-2 maggio, km. 880) Monti Bruno Italia Arbos Gentili (Parlila) (Papilla) 26.03’13” Coppi Fausto Bianchi Lorenzetti (Bianchi) a Italia 24” Van Steenbergen ~ Belgi, Girardengo Marcelli (Aer Macchi) » 3’09” Lio Albani Giorgio » 3’49” Italia Legnano Albani (Mi-Vai) Magni Fiorenzo Italia Nivea Pellizzari (Parlila) » 4’13”

Macchine alien.: AER MACCHI PAR ILLA

BIANCHI

MI-VAL -

GILERA

Partenza • 27 Apri/e - Arrivo. / Maggio

ROMA Va/monione

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10° GRAN PREMIO CICLO MOIQRISTICO oeut NAZIONI Prosinone

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Riposo in montagna, sci e giochi, ricetta magica di

fiiibler, Koblet, Clerici, Bobe! e Schàr

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(Dal nostra corrispondente Vico Rigassi)

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GINEVRA, marzo. i

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I Amici c allegri mattacchioni, Hugo Koblet e Ferdi Kubler hanno improvvi­ sate la «banda dei corridori» e se Ferdi soffia nel trombone. Hugo lo aiuta « moralmente ».

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L. Asar ., jc.

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Nelle prime corse di questa stagione ha stupito la eccezio­ nale freschezza del campione del mondo Louison Bobet, co­ me quella di Ferdi Kubler e di Hugo Koblet, anche se il bion­ do talco elvetico sia uscito piut­ tosto malconcio dalla Sei Gior­ ni di Parigi, terminata a tinte giallissime. Il segreto di queste eccezionali condizioni fisiche? Un tenore di vita regolare e so­ vente anche rigide, ma soprat­ tutto lunghe vacanze invernali in montagna, all’aria fine, pu­ ra e pungente dei 1600 metri sul livello del mare. Direte che lo sci è pericoloso ed è vero se per sci si compren­ de solo la discesa, ma avreste dovuto vedere Louison Bobet filar via veloce sulle colline del Giura presso Morez (dove egli trascorre sempre un mesetto) c nei pressi di Arosa, avreste dovuto vedere Hugo Koblet af­ fondare nella neve fresca tra le foreste di pini dei dintorni di Davos con gli snelli sci di fondo ai piedi ed allora avreste capito che lo sci di fondo non presenta nessun pericolo di cadute o fratture, ma che invece serve a meraviglia a sgranchire (e come!) i muscoli delle gambe, delle braccia, delle anche e so­ prattutto ad azionare e ad ossi­ genare i polmoni.

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Ferdi Kiiblcr insegna a Louison Bobet ia tecnica del gioco del «Kegel ». Da sinistra a destra: Carlo Clerici (eoi pullover a ricami) Hugo Koblet, Fritz Schaer (pullover a righe» Rolf Graf nel fondo, Ferdi Kubler, il massaggiatore Brunner, Louison Bobet e sul fondo a destra l’ex campione svizzero di sei Heini Klotz di Arosa.

Nello scorso gennaio febbraio abbiamo incontrato sovente i campioni della strada di Sviz­ zera, del Belgio, di Francia, di Olanda sulle nevi svizzere (il piccolo e biondino olandese Wim Van Est si era portato se­ co la mogliettina in viaggio di­ nozze e la felice coppia su uno slittino faceva piacere a veder­ si) ed abbiamo potuto dedurre dal buon umore di questi atleti ormai trentenni (Bobet e Koblet hanno compiuto in marzo i trent’anni, Fritz Schaer li avrà fra qualche mese, Ferdi Kubler ha, già varcato quota 35, mentre Carlo Clerici e Rolf Graf sono ancora dei pivelli co’ loro 24 e 23 anni) che il loro riposo invernale era un vero be­ nessere. E vederli a divertirsi, non solo sugli sci, ma impegna­ ti a serie tenzoni di hockey su ghiaccio del più strano comico, od in gare di slittini od ancora formando una banda musicale improvvisata o, specie di sera, giocando ai birilli, un gioco ti­ picamente svizzero che ricorda

un po’ quello del curling sul ghiaccio o quello popolare delle bocce. Questo gioco chiamato "Kegel” (con fior di regolamen­ ti, di federazione e di campio­ nati e campioni) si svolge su pi­ ste levigatissime lunghe una dozzina di metri, sulle quali si fa scorrere un birillo che può avere un diametro da 30 a 80 centimetri e pesare dai due ai cinque chili; al termine della .pista sono piazzati nove "omi­ ni” di legno e l’arte consiste nell’abbatterne il maggior nu­ mero possibile con un solo lan­ cio. Quando il giocatore colpi­ sce tutti i nove "omini” di un sci colpo, egli ottiene un pun­ teggio doppio e per il cosidetto "babali” la tradizione vuole che gli avversari paghino da bere. Questo gioco apparentemente facile richiede non solo un no­ tevole sforzo muscolare (delle ginocchia e delle braccia) ma anche un sicuro colpo d’occhio e riflessi immediati. Louison Bobet, che al "Kegel” è stato iniziato ad Arosa, vi ha preso

un tale piacere che ora vuol farsi istallare una pista nel sot­ tosuolo della sua villa a Fontenay presso Parigi. "Quando siamo fuori sulla neve o sul ghiaccio o quando giochiamo, non abbiamo altre preoccupa­ zioni, non parliamo che rara­ mente tra di noi di ciclismo, e ancor mene di rapporti, di sali­ te, di volate, ecc. ed è questo il mezzo migliore per distende­ re i nervi, per riposarsi fisicamente e moralmente” senten­ ziò Louison Bobet, l’iridato quando prese congedo dai suoi amici svizzeri al Carmenna di Arosa. E quel giorno né il cam­ pione del mondo né la sua gen­ tile signora Christiane non pen­ savano che la stagione 1955 dovesse iniziarsi con un clamo­ roso successo di Louison nel terribile Giro delle Fiandre. SPORT EQUESTRI

Dal 30 aprile all’8 maggio il C.H.I.O. di Roma La Federazione Italiana Sport Equestri ha diramato in questi giorni il programma ufficiale del XXIV Concorso Ippico Internazio­ nale Ufficiale che avrà luogo in Piazza di Siena dal 30 aprile all’8 maggio p. v. Il programma giornaliero, che fa seguito agli inviti ufficiali diramati già da tempo alle Federazioni este­ re aderenti alla Federazione Eque­ stre Internazionale. comprende, come per il passato, otto giornate di gare che seguono una opportuna e studiata progressione tecnica at­ traverso le quali si giunge al tradi­ zionale Gran Premio di Roma, pre­ visto per mercoledì 4 maggio, alla massima competizione del Premio delle Nazioni in programma per ve­ nerdì 6 maggio ed al Premio dei Vincitori con il quale, domenica 8 maggio, si concluderà la più impor­ tante competizione equestre della annata. Il programma comprende global­ mente 14 competizioni di massimo rilievo, e prevede quest'anno alcune nuove categorie.

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PREPARAZIONE ATLETICA

RADUNI TECNICI Giovanili a Chiavari

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11 27 dicembre 195-1 resterà forse una tappa sto­ rica nell’evoluzione dell’atletica leggera in Italia perché, con una iniziativa della quale spiegheremo adesso l’importanza, la FI DAL ha istituito a Chia­ vari, la ridente cittadina della invierà ligure, un cen­ tro tecnico di preparazione e di allenamento che ha funzionato ininterrottamente per tre mesi. Già nel mese di dicembre Chiavari aveva accolto i partecipanti al corso per tecnici federali, una ven­ tina di insegnanti di educazione fisica, ed alla fine del mese, come si è detto, si sono dati convegno i migliori giovani rivelatisi nella stagione 1954. La maggioranza di questi giovani proveniva dallo Sport nella Scuola. Si trattava quindi di giovanissimi in gran parte, per i quali la convocazione ad un « col­ legiale » rappresentava un ambito premio ed un no­ tevole incentivo. 1 turni sono durati in media cinque giorni che servivano ai tecnici federali per prendere contatto con i convocati, per informarsi sul loro « curriculum ». sul loro sistema di allenamento e per dare loro le direttive generali di allenamento per i mesi successivi. Nessuno può certo attendersi dei miracoli da que­ sti brevissimi raduni ma non si poteva fare altri­ menti. Sottoporre infatti ad un lungo periodo di alle­ namento collegiale dei giovani quasi tutti studenti o impiegati significava distrarli dalle loro abituali occupazioni e violare quindi quei sani principi dilet­ tantistici ai quali la FI DAL si è sempre attenuta. Si sono alternati alla Direzione dei corsi gli alle­ natori federali con alla testa il Commissario tecnico dott. Oberweger. Accanto a lui il prof. Calcesi e il dott. Bottoncini, insieme al prof. Russo si sono avvi­ cendati coadiuvati da istruttori ed assistenti tecnici che venivano convocati di turno in turno a seconda della specialità nella quale erano più versati. Così ad esempio ci si è avvalsi della competenza specifica di Mario Lanzi per i corsi di mezzofondo e di fondo e di Gianni Caldana per il corso sugli ostacoli. Ma un’altra novità era data dal fatto che, accanto alle giovani speranze, hanno lavorato come dimostratori alcuni ottimi atleti azzurri che usufruivano anche della presenza dei tecnici federali per affinare la loro tecnica e spingere maggiormente la loro prepara­ zione. L’elemento quindi di maggiore interesse di questi corsi, quello che ha spronato di più tutti, tecnici, azzurri e giovani, è stato quel « quid novi » che ha interrotto la monotonia della preparazione inver­ nale che normalmente non è proficua perché man­ cano quell’impegno e quell’incentivo che possano stimolare l’atleta. E quale miglior frutto si poteva avere, per esempio, dai giovani saltatori con l’asta se non quello ottenuto mettendoli a contatto con il primatista italiano Ballotta che è stato il più assiduo

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a Chiavari? 0 per i giavellottisti non è stato un vantaggio poter allenarsi con Ziggiotti e Farina? Non si può in breve riassumere tutto il lavoro che è stato fatto, veramente intenso. Possiamo solo cer­ care di fissare qualche punto più interessante Nel campo della velocità, indubbiamente il geno­ vese Galbiati è emerso tra tutti. 11 giovanissimo allievo del prof. Foraboschi non ha neppure 17 anni ed ha già realizzato due volte un probante 10”8. L’anno scorso in fine di stagione avrebbe fatto parte addirittura della staffetta azzurra se uno stiramento muscolare non lo avesse messo fuori causa. Ma come dimenticare l’udinese Aiello per il quale il dott. Bo­ ttoncini, uno dei più acuti tra i nostri allenatori, ha pronosticato un grande avvenire, o il milanese Maregatti figlio del notissimo sprinter, o il lombardo Pollini classico come pochi? Attendiamo per que­ st’anno la conferma da Galbiati e l’affermazione de­ finitiva degli altri. Ma tra i velocisti si deve ricor­ dare Annoni della Riccardi di Milano, un prodotto del Centro Sportivo Italiano, che, se pure ha par tecipato al corso dei quattrocentisti, si è già affer­ mato nella velocità pura ripetendo facilmente 11”. Difficile è scegliere tra i quattrocentisti l’elemento di maggior classe. Si può tuttavia indicare nel to scano Archilli. allievo di Martelloni, il più redditizio, almeno per ora. A spalla, tanto per adoperare un termine tecnico, gli si può considerare il veneto Serena, le cui gravi imperfezioni stilistiche non gli hanno impedito di emergere tra i giovani della de­ corsa stagione. Fra gli altri bisogna ricordare Can­ tieri della Virtus Lucca che ha un po’ deluso dopo un 49”4 all’inizio della stagione 1954 e Cesolini della Borgo Prati di Roma che ha avuto invece un brillan­ tissimo finale di stagione con notevoli affermazioni ai 2« serie ed agli assoluti. Nel fondo e nel mezzofondo non si è visto gran che se si accettua Porciatti, fiorentino, ancora della Atletica Firenze, che ha sbalordito i tecnici nella scorsa stagione per i suoi progressi culminati nel l'56”8 ottenuto agli assoluti. Negli ostacoli assenti i veneti Monego e Pietribiasi, si è soprattutto fatto notare il duo della Virtus Lucca prodotto dalle pa­ zienti cure del prof. Di Natale: Paoletti negli osta­ coli alti, elemento di buona classe ma ancora im­ maturo e Martini negli ostacoli bassi che è già, se pur giovanissimo, uno dei migliori specialisti ita­ liani. Un capitolo a parte meriterebbe il triestino Svara sul quale Bottoncini ha grandissima fiducia solo che si allenasse seriamente. Né si può trala­ sciare il veneto Scibilia entrato in finale agli asso­ luti nei 110. Nei concorsi il campo non ha messo in luce par­ ticolari individualità. Per fare qualche nome si può ricordare Saccarola del CO1N di Mestre nell’alto e nel lungo, Degoli che a 17 anni ha saltato 1,87 in alto, il pesista Martini (allievo di Calvesi) ed il discobolo Rado (allievo di Bononcini). In questa breve sintesi che abbiamo fatto, non abbiamo naturalmente la pretesa di esserci ricordati di tutti. Può darsi che tra qualche anno gli ultimi della classe siano i primi e viceversa. Accanto a questi giovani hanno lavorato, e lo dobbiamo men­ zionare, molti atleti nazionali; si sono così visti a Chiavari i velocisti D’Asnasch e Sangermano, il quattrocentista Lombardo, i pesisti Meconi e Mon guzzi, Taddia, Ballotta e Chiesa, Ziggiotti e Farina, Pozzebon e Maggioni. Si è tentato quindi per la pri­ ma volta un’armonica fusione tra quantità e qualità.

t. h.


IL CAMPIONATO DI SOCIETÀ’ centro motore della stagione di LUIGI FFRRARIO

.-indie nel .1955 l’attività dell'atletismo nazio­ nale si inizia col campionato di società maschile e femminile, campionato che, negli intendimenti del­ la F .I.D.A.L., dovrebbe servire ad aumentare, i vari nuclei sociali che praticano l’atletica leggera ed a migliorare lo spirito associativo. Ogni anno questo grande torneo nazionale è oggetto di critiche, per­ ché secondo taluni blocca l’attività degli atleti per tutto il periodo iniziale della stagione, secondo altri le diverse riunioni non hanno un contenuto agonistico tale da appassionare il pubblico, mentre la FI DAL ritiene che il campionato stesso sia l’ar­ ma migliore per smuovere società ed atleti proprio all'inizio della stagione. La FI DAL, pur rimanendo fedele al campio­ nato di società ed alla formula che solo un atleta iscritto a disputare non più di tre gare, staffette comprese, può dare vita alla classifica, ha modifi­ cato quest'anno il congegno di disputa, specie nella fase finale, cercando anzitutto di contenere la du­ rata del cani pionato in tre domeniche per le atlete ed in quattro domeniche per gli atleti e chiaman­ do, attraverso la tabella internazionale, i migliori risultati di ciascun atleta a dare vita alla classifi­ ca finale. Toccherà ora alle società atletiche ravvivare il torneo, sia. con una larga partecipazione di società. sia facendo precedere e seguire le riunioni per i campionati, da altre manifestazioni che servano a dare rilievo all’atletismo italiano. Non si tratta di grosse riforme quelle rappor­ tate dalla FIDAL al congegno dello stesso torneo, ma si tratta anzi di modifiche indovinate, per quel­ lo che riguarda la classifica, di un ritorno all’an­ tico, cioè all’applicazione di quel punteggio che esprime in cifre, il valore di un nucleo di atleti. ■ E sono le cifre che misurano sia i progressi sta­ gionali, sia i progressi di anno in anno. Il profon­ do rinnovamento dei campionati è nella graduato­ ria per la classifica finale, per stabilire la quale venne compiuta una grande rivoluzione. Infatti alla finale. non vi parteciperanno più so­ lamente i dodici atleti o le dodici atlete delle so­ cietà in testa alla graduatoria dopo le eliminatorie interregionali, bensì i dodici migliori elementi di ogni specialità, sicché alla finale nazionale arrive­ remo con le dodici migliori staffette, e i dodici

eccellenti corridori, saltatori e laudatori che il campionato avrà espressi. Sarà un doppione del campionato assoluto? Non si può dire nemmeno questo, perché mentre nei campionati assoluti individuali o di staffette, le selezioni avvengono attraverso batterie, semifi­ nali e finali, qui invece, gli atleti e le atlete sono chiamati nelle corse a disputare solamente le bat­ terie, nei lanci ad eseguire soltanto tre lanci, men­ tre nei salti si segue l’abituale norma delle tre prove per ogni misura. L’atleta sarà quindi co­ stretto a fornire il miglior risultato appena scen­ derà in pista ed è questo il vecchio concetto che guidava i campionati, un concetto tecnico che del resto era scomparso solamente nelle ultime edizioni delle finali de! campionato di società. Riforma da seguire dunque questa, specie sul terreno tecnico, ed è una riforma che dovrebbe dare buoni risultati.

« » Il campionato di società maschile si inizierà il 7 maggio e si chiuderà il 19 giugno e le quattro fasi delle quali si compone cadranno nelle date se­ guenti: 7-8 maggio, fase provinciale; 21-22 maggio, fase regionale; 4-5 giugno, fase interregionale; 1819 giugno - fase nazionale. La fase provinciale vuole avere, scopo reclutativo e le riunioni, distribuite in due giornate, am­ metteranno un numero infinito di atleti, mentre alla fase regionale ogni società non potrà iscrivere che due atleti per gara ed in tal modo si avrà una prima selezione dei valori. Queste due selezioni avranno luogo sullo stesso numero di gare e mentre da tutto il torneo viene esclusa la marcia dei dieci chilometri, che prima era in programma, nella fase provinciale e regionale il mezzofondo avrà solo la corsa dei 1500 metri e nella fase interregionale e nazionale accanto ai 1500 metri figureranno anche gli 800 metri. Però nella prima delle fasi, gli 800 metri individuali verranno sostituiti dalla staffetta 3 X 800 metri. Lo scopo di questa unificazione del mezzofondo nella gara dei 1500 metri durante le due prime fasi reclutative, è evidente: si tratta di riunire il mag­ gior numero di mezzofondisti e di offrire alle so­ cietà la possibilità di schierare tutti, i loro mezzo­ fondisti, lasciando poi la scelta della specialità

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<800 o 1500 metri} alla fase critica del torneo, cioè alle prove interregionali eri alla finale. Quando le società avranno disputato le fasi pro­ vinciale e regionale, passeranno a quelle interregio­ nale e nazionale che avranno programma completo. Il passaggio da una fase all'altra avverrà nel modo setolante: stabilito che alla fase provinciale potran­ no partecipare tutte le società della provincia con un numero infinito di atleta e di atleti, si ha che dalla fase provinciale saranno ammesse a (pialla re­ gionale tutte le società che avranno totalizzato un minimo di 4500 punti di tabella su dodici gare delle diciannove del programma. Naturalmente nella fase regionale le società potranno schierare due atleti per gara. Al termine della riunione regionale verrà sta­

bilita una graduatoria sempre con la tabella inter-

Il formidabile quartetto della « Gallaratese ;> che ha siglato l’ultima vittoria nel « Campionato di Società »

nazionale e tenendo come base il miglior risultato di ogni prova di ogni atleta-società, così come del resto si sarà fatto nella fase provinciale e regionale, ma (pii le gare valide saranno 16 su 19. La Federa­ zione, in possesso del punteggio, stabilirà una gra­ duatoria delle società e. le prime sessanta verranno ammesse a disputare le quattro semifinali interre­ gionali. Tali semifinali daranno luogo ad una clas­ sifica di dodici società e di dodici atleti per gara, che verranno chiamati a disputare la finale nazio­ nale dove la prima verrà classificata, sempre con la tabella con il punteggio internazionale. Da questo sistema di graduatoria è facile argui­ re che non solo si va assottigliando il numero dei partecipanti per avere nella fase nazionale gli elei-

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ti, ma si va aumentando il numero delle gare vale­ voli per la classifica obbligando così le società a completare man mano i loro quadri e ad affinare pii atleti stessi. Sarà proclamata squadra cani pione, la più completa in tutte le specialità dell'atletica leggera. L'esclusione della marcia ha provocato più di una lagnanza, ma in fin dei conti la marcia potrà avere tutti i benefici che desidera se le società di tali specializzati si cureranno di dare vita ad un numero intenso di manifestazioni, che sostitui­ ranno così le prove incluse nel campionato che si svolgevano su pista. Vedremo a fine d'anno come avrà funzionato questo congegno per il (piale il regolamento stabi­ lisce le varie norme per disputare le diverse gare, che non si distaccano dalle solite norme tecniche. Aggiungeremo invece che il program ma delle fasi provinciale e regionale è il seguente : corse piane, m. 100, 200. 400. 500. 1.500. 5.000 e 10.000: corse ostacoli, in. 110 c in. 400: salti in allo, in lungo, triplo c con l’asta: lanci del peso, disco, giavellotto e martello: staffette 1 X '00. 1 X 100. 3 X 800. Nelle fasi intei regionale e nazionale è aggiunta la corsa individuale dei m. 800 ed è soppressa la staffetta 3 X800.

Esaminiamo ora il coni'egno dei cani piova l i fem­ minili chi' si basano però su un unico program ma di gare, vale a dire sulle corse piane, m. 100. 200 e 800: sulla corsa ostacoli ni. 80: sui salti in allo e in lungo: sui lanci del peso, del disco e del giavellot­ to: sulla staffetta 4 V 100. Qui si incomincia dalla fase regionali', !5 mag­ gio. alla (piale le società possono partecipare con un numero illimitato di atlete in ogni gara indi­ viduale e con una sola staffetta, ma ogni atleta non può prendere parte a più di due gare. Naturalmen­ te agli effetti della classifica vale sempre il miglior atleta ed anche (pii servirà la tabella internazio­ nale. In base ai risultati ottenuti dalle società nella fase regionale verrà stabilita una classifica nazio­ nale per scegliere le migliori 36 società da dividere in tre raggruppamenti e alla fase interregionale (29 maggio) ogni società per partecipare dovrà aver totalizzato almeno 4.000 punti di tabella. Terminata la fase interregionale, a cura della Segreteria nazionale sarà compilata per ognuna delle dieci specialità componenti il program ma tec­ nico, una graduatoria delle atlete e le prime dodici individualiste così come le prime dodici staffette, prenderanno parte alla finale dove sarà classificata prima la società che avrà ottenuto, con le atlete ammesse, il miglior punteggio. Come si vede anche nel settore femminile si ri­ calcano le norme del campionato maschile, ma co­ munque il rivoluzionamento applicato nella clas­ sifica delle due finali potrebbe generare qualche sorpresa. Luigi Ferrarlo


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UBIMI MI 11 (ISIJIIIB IMI del Doti. Edoardo Giiglielmino (da «Medicina Sportiva» organo della F. I. M. S.)

Dallo «slang» dei fanlini. la parola doping, in­ lesa coine stimolazione illecita dei cavalli nelle corse, è passata al gergo degli sportivi e degli atleti. Per designare l’uso di eccitanti fatto dagli atleti prima della competizione, non sapremmo davvero (piale parola della nostra lingua possa efficacemente essere sinonimo di doping. Vi è chi propone « drogaggio»; accettiamo que­ sta denominazione solo in parte: io dirci piuttosto «stimolazione». Vi può essere stimolazione [dop­ ing} senza droga, e drogaggio senza stimolo alcuno. Ma. si domanda La Cava, cosa è questo doping? Demole lo definisce il procedimento di stimolazio­ ne sleale utilizzato dagli atleti. Vi è però una evi­ dente difficoltà quando si voglia stabilire se un ri­ fornimento in gara sia sleale o no. Challey Beri intende per doping l’uso di sostanze o pratiche sti­ molanti, che esagerano momentaneamente il rendi­ mento di un individuo durante l’allenamento, op­ pure prima o durante la gara. Accettando questo concetto, osserva La Cava, anche il massaggio pri­ ma della gara sarebbe doping... Il regolamento della l.A.A.F. (International \mateurs Atletic Federatimi) considera doping tut­ ti gli stimolanti di uso non comune ed ergogenetici. Questa definizione si presta a facile critica. La caf­ feina sotto forma di medicamento, è indubbiamente di uso comune, c costituisce tuttavia doping. E come si fa a stabilire che una sostanza au­ menta il rendimento oltre il normale? 11 fatto di aumentare il rendimento, non è che la normale ri­ sposta dell’organismo all’uso di uno stimolante. Ciò premesso. La Cava ritiene che con la parola doping debba intendersi l’uso di sostanze eccitanti ergogenet ielle, non alimentari, allo scopo di aumen­ tare il proprio rendimento in gara. Secondo questo concetto è doping l’iniezione rii caffeina mentre non lo è una tazza di caffè o una zolla di zucchero. Pur tenendo presente che diffìcilmente defini­ bile è, specie in tal campo, il confine tra il lecito e l’illecito, di fronte alla diffusione, divenuta ormai pressoché consuetudine, dell’uso di stimolanti par­ ticolarmente in gara, si tratta a mio parere di chia­ rire quali sostanze possano indicarsi come « ille­ cite » e come tali da vietarsi in modo categorico, non trascurando la giustificazione di un provvedi­

mento, che limita in sostanza la libertà di una « preparazione » fisica, che potrebbe prospettarsi (piale intangibile diritto individuale. L’Alberti caldeggia la proscrizione dell’impiego di tutto ciò che può provocare una eccitazione arti­ ficiale. comportante un vero c proprio danno diret­ to per intossicazione.

Le famose "bombe u Quali sono, pertanto, le sostanze usate coinè doping? Ne ricorderemo fra le tante, come cenno storico, quelle che nel passato costituivano la clas­ sica «bomba» cara ai managers : per lo più si trattava di un miscuglio innocuo contenente uova, caffè, estratto di noce di cola. Ricordiamo fra le sostanze doping: caffeina, noce di cola, alcool, benzidrina, cocaina, stricnina, atropina, digitalina, sparteina. veratrina, ese-rina. joimbina, morfina e oppiacei, canfora e succedanei, lobelina, efedrina, adrenalina, etere etilico, barbiturici, bromuri, talu­ ni concentrati di cereali, fosfati, cloruro di sodio, vitamine, ormoni, inalazioni di ossigeno e, diffusis­ sima. la B-fenil-isopropilamina (simpaniina). L’Alberti fa una acuta disamina di questi mezzi di drogaggio, alcuni dei quali sono o privi di virtù roborative, o ineflìcenti. o addirittura ipocinotici (bromuri, barbiturici). In realtà di tutte queste sostanze, l’unica ad agire veramente in senso ipercinetico, e in breve /asso di tempo, è la cosiddetta simpaniina. Come impedire la somministrazione? L’esame a sorpresa delle bevande somministrate agli atleti pri­ ma o durante la gara non dà, in genere, buoni risultati, oltre ad essere di difficile attuazione. Anche l’esame clinico sull’atleta dopo la gara presenta notevoli difficoltà diagnostiche. Anche quando vi sia uno stato tossico da droga, il quadro clinico dello strapazzo acuto (facies ansiosa, occhi incavati, naso affilato, pallore bluastro delle mucose e delle estremità, specialmente unghie, sudori fred­ di, midriasi, polso piccolo, frequenti sintomi di ec­ citazione psichica, fino al disorientamento di luogo e di persona) ha tali affinità con il precedente, da rendere quanto mai arduo il giudizio del medico. Per quanto concerne invece le ricerche di am­ bulatorio. vi è un ampio margine di certezza. Ri­

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cerche di Harris. Searle, Ivj nel 1947 hanno di­ mostrato che la B-fenil-isopropilamina, sommini­ strata in dosi giornaliere di 3 mg., viene eliminata con le urine, nella escrezione giornaliera e in quan­ tità costante, nella percentuale del 45,6% della dose ingerita. lacobsen e Gad già nel 1940 avevano trovato che il 15.60'/ di simpainina ingerita ricompare nelle urine senza aver subito trasformazione e che ciò può verificarsi talvolta tre giorni dopo l’inge­ stione. Essi hanno potuto anche dimostrare che la simpamina non si accumula nell’organismo : con la somministrazione di 5 mg., per la durata di un mese, essa veniva eliminata giornalmente con va­ lore costante. Anche Beyer c collaboratori, nello stesso anno, avevano dimostrato che la simpainina. somministrata per os, viene completamente assor­ bita nel tratto digestivo e che circa il 50% di essa appare indecomposta nelle urine nelle prime 48 ore dairingeslione. 'l’ale ritardo di comparsa nelle urine è possibile sia dovuto ad un primo arresto che la sostanza subisce a livello del fegato; ivi essa subisce una parziale deaminazione ad opera delle aminoossidasi e i prodotti di tale processo sono ancora fioco noti. Ma una parte della sostanza sor­ passa la barriera epatica mantenendo la sua iden­ tità clinica fino a venire eliminata come tale attra­ verso le urine (Bayer e Morrison. Snyder e Colei.

Difficili ricerche Il La Cava adotta il sistema di Beyer e Stricnercopulando la B-isopropilamina con il cloruro di nitrobenzendiazonio, di fresco preparato, ed estraen­ do dopo alcalinizzazione con sodio idrato, il pro­ dotto della copulazione, di colore rosso, con alcool butilico normale. Dalle ricerche pertanto risulta non esservi prova di laboratorio che permetta di determinare con cer­ tezza, immediatamente dopo la fine di una gara, l’awcnuta ingestione di simpainina da parte di un concorrente; tale prova può essere ottenuta soltanto a distanza di 48 ore, mediante un esame delle urine da eseguirsi in un laboratorio. Inconveniente non lieve, quest’ultimo, sia per gli effetti legali sul­ l’atleta drogato, sia per (filanto concerne l’omolo­ gazione della gara. Sembra quindi evidente che sia doping l’eccita­ zione artificiale non fisiologica c vi sarebbe da di­ scutere sulla vera utilità pratica del drogaggio, ma non vogliamo sconfinare nella clinica. Vi è un altro metodo di doping, di cui ultima­ mente si è fatto un gran parlare: l’ossigenazione forzata, il cui uso però è dimostrato possa riuscire di una notevole utilità in soggetti affaticati per un rapido ricupero, in vista di una nuova prestazione, mentre l’uso preventivo è anzi da sconsigliarsi, per­ ché non solo risulta di scarsa utilità, ma non del tutto scevro da pericoli. Infatti.Paul Bert ha dimostrato che l’O2 ha una azione diretta sul sistema nervoso, consistente in

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una aumentata eccitabilità centrale e periferica che può provocare, se esasperata, uno stato convulsivo. D’altra parte Lorraine Smith ha messo in evi­ denza che la somministrazione prolungata di ossi­ geno può portare a una irritazione dell’epitelio alveolare, con complicazioni parenchimali nel pol­ mone. Fra i vari metodi conosciuti per aumentare l’intensità di ossigeno circolante, ricordiamo quello della iniezione sottocutanea (scarsamente usato per il fastidio che esso provoca al paziente). 11 metodo più semplice è quello della respirazione in ma­ schera a circuito chiuso (che si applica davanti alla bocca e alle narici) oppure quello in tenda di ossi­ geno che può essere usato da più persone, ma che richiede un maggiore consumo di gas. Praticamente dobbiamo ritenere che la sommi­ nistrazione di ossigeno riesca di qualche utilità sol­ tanto nel caso di individui affaticati eccessivamente in cui il «debito di ossigeno» (che è riconoscibile attraverso il colorito bluastro delle estremità, delle unghie, delle labbra, ed è associato spesse a stasi venosa periferica) è più facilmente pagabile, ed in un tempo più breve, somministrando all’atleta ossi­ geno sotto pressione. Il Nicloux raccomanda l’ossigcno-tcrapia a! fini di una rapida eliminazione dei veleni delia fatica in circolo (vedi intossicazione da ossido di carbo­ nio). Pertanto il doping-ossigenazione agirebbe in senso curativo e non preventivamente per cui cesse­ rebbe di essere doping. Alcuni sostengono che l’ossigeno-lerapia antiagone sfrutti l’effetto euforico dell’O2, di breve durata però, e di scarsa importanza per il rendi­ mento atletico. Ma una indicazione elettiva dell’os­ sigenazione degli atleti vi è, è cioè l’uso nell’inter­ vallo fra una prova atletica e l’altra quando queste siano di una certa intensità (partita di calcio). Mi pare ci si debba soffermare su una caratteri­ stica particolare del doping: quella, cioè di agire in un lasso di tempo breve.

Il drogaggio è àuto le sionismo Le cosiddette medicazioni fisiologiche nella sin­ drome da fatica degli atleti, di cui diffusamente parlano Ronchi e Novi, agiscono nel tempo a lungo e stabilmente. La liceità del doping (allorquando il significato di doping è drogaggio) non è ammessa, di fatto, da nessun autore. In primis è un tenta­ tivo di frode, un procedimento sleale di aulostimolo: poi interferiscono ragioni di indole clinica (la tossicità di certi doping è nota). L’uso di droghe stimolanti il sistema nervoso solo apparentemente aumenta il rendimento musco­ lare; tali sostanze infatti provocano per stimolazio­ ne nervosa il consumo rapido, fino all’esaurimento delle riserve energetiche del muscolo. Esse inoltre, e specialmente le simpaticomimetiche sopprimono le sensazioni premonitorie della fatica (e cioè il campanello di allarme con il quale la natura ci avverte che oltre quel limite non si può andare senza pericolo) ma non sopprimono la fatica in se


stessa e le tossine che essa produce. Si aggiunga poi che l’uso abituale degli stimolanti (continua La Cava) porta per il noto fenomeno dell’assuefazione ad aumentare progressivamente la dose del farma­ co con, talvolta, conseguenze letali. Quindi a vie­ tare il doping (io dirci a non consigliare neppure il tentativo di doping) concorrono molti molivi me­ dico legali, clinici c anche sportivi, in quanto adot­ tare il drogaggio significa per l’atleta rinunciare alla propria personalità di agonista disinteressato per fare dello sport un mezzo di affermazione a qualsiasi costo. Il medico legale più facilmente può essere chia­ mato a giudicare degli effetti tossici o addirittura letali ili un doping, piuttosto che della validità di un successo di un atleta sospetto drogato. I drogali comunque difficilmente vincono: questo può servire di norma generica. Molti doping hanno radici nella tradizione c nella superstizione. Converrà passare in rapida di­ samina alcuni di questi crgogenctici o intesi tali. L’alcool, sempre sconsigliabile, lo è specialmen­ te quando ci si dedichi ad una attività muscolare che esiga riflessi rapidi e ben coordinati. L’etere, consumato per lo più sotto forma di goccio d’Offman, non è diffuso fra gli sportivi. L’Alberti giu­ dica inoffensivi i flaconi di sali, particolarmente usati dai pugili fra un round e l’altro; contengono una soluzione di ammoniaca e del carbonato di ammonio, per lo più in combinazione con sali eterei. Influiscono sul sistema nervoso centrale per eccitazione della pituitaria, agendo come «ti­ molanti. Non sperderemo troppe parole su un pericoloso alcaloide, la cocaina, che. tuttavia, agisce efficace­ mente sulla sensazione fatica e, per questo motivo, può migliorare il rendimento muscolare durante gii sforzi di lunga durata. Ma, abbiamo già detto, la abolizione del campanello di allarme della fatica e la elevata tossicità dell’alcaloide bastano a squa­ lificare l’uso di questa droga. La coramina, il cardiazol. il vcritol, il sinipatol, la caffeina, i canforici riducono il senso di fatica, con azione euforica, in casi di intensa prestazione fisica, ma nulla indica che le condizioni a normale equilibrio dell’atleta si riscontrino migliorate. Per le vitamine si è raccomandato l’uso del­ l’acido ascorbico e dell’aneurina; se in giusto do­ saggio (sono stati descritti dei danni da ipervitaminosi) possono avere un'azione roborativa generale, senza avere una azione tipica dinamico specifica. Ciò vale per gli ormoni, che agiscono troppo nel tempo per potersi considerare doping, secondo il nostro concetto. Tuttavia in un caso si può giustifi­ carne l’uso; nell’atletismo femminile conviene tal­ volta provvedere alla sospensione delle mestruazio­ ni o almeno a ritardarle dopo la gara. Alte dosi di progesterone sembra rispondano bene allo scopo. Nel tripode atletico, sforzo-rendimento-fatica, il doping ideale sarebbe quello che potesse agire alle­ viando lo sforzo, aumentando il rendimento e spo­ stando il più possibile la soglia di affaticamento

muscolare. A conti fatti, la conoscenza esatta del doping ha una notevole influenza quando il perito sia chiamato a giudicare ed accertare i rapporti causali relativi agli infortuni sportivi mortali, o anche alla morte improvvisa da sport di cui diffu­ samente parla il Macaggi, trattando dei problemi medico legali dello sport. L’abuso di doping potreblrc essere inquadrato, nei casi estremi, fra le manifestazioni criminose dell’attività sportiva, e la repressione del doping potrebbe essere contemplata nel capitolo della pre­ venzione del delitto sportivo. Concludendo, ribadiamo la nostra affermazione secondo la quale doping è la stimolazione di un atleta, in gara o prima della gara, lecita o illecita, a seconda della sostanza che si adopera, ma che ab­ bia la caratteristica di agire illic et immediate. E’ un modo questo di considerare un po’ vastamente il doping, tanto che si potrebbe pensare che anche l’urlo della folla incitante l’atleta possa essere dop­ ing. Per evitare dubbi, precisiamo che la sostanza doping deve essere nell’atleta introdotta diretta­ mente e quindi agire nell’organismo : che si tratti di sostanza alimentare o no. mi pare abbia poca importanza, e quindi qui non concordiamo con La Cava. L’importante è invece che la stimolazione av­ venga con mezzo lecito, con sostanza non tossica, non stupefacente, non ledente, alfine, la persona­ lità psicofisica dell’atleta. Fra tutti i doping proposti il più idoneo mi pare tuttora quello dell’ossigenazione forzata, a fa­ tica muscolare iniziata. Ed è appunto di questo argomento che converrebbe occuparci. Essa infatti pare risponda subito (non è quindi una medicazio­ ne fisiologica): allevierebbe lo sforzo, migliorando il rendimento, spostando la soglia dell’avvertimento della fatica.

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25 anni 180 vittorie: I canottieri "Moto Guzzi

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l.e vittorie dal ’2I) al ’54

Col titolo di « 25 anni della Canottieri Moto Guzzi » è uscito di recente edizione un bellissimo albo d’oro ad iniziativa del Gruppo Sportivo Moto Guzzi Canottieri. Esso vuol essere il «Curriculum vitae » di venticinque anni di attività dei vogatori lariani e vuol contribuire... « a far conoscere lo sport del remo nella sua vera natura, nel suo spirito e continuare la lotta per la difesa e l’aggiudicazione di nuovi allori in campo nazio­ nale, europei e olimpionici ». Nel 1929, giovani della Moto Guzzi impugnano 1 remi per affer­ marsi, dopo un solo anno di vita, con la prima vittoria in jole lariana a 4 vogatori di punta con timoniere. E’ inutile dire che da allora gli armi di Mandello passarono di vittoria in vittoria. Ben 180 allori hanno potuto cogliere in soli cinque lustri. Ecco i titoli di maggiore importanza: primi nel 1931 in jole di mare a quattro vogatori e primi a Piacenza in fuori scalmo (sin­ golo); primi nel 1932 a Stresa nel Campionato Italiano Junores (sin­ golo); primi nel 1938 a Lugano (quattro senza) e prima partecipa­ zione in gara internazionale; primi nel 1939 a Pallanza nel Campio­ nato Italiano Seniores (quattro senza tim.) e nel due senza timoniere. Poi, una serie di successi, dai Campionati Europei 1947 di Lucerna ai Campionati Europei di Amsterdam 1954. Il libro d’oro della Canottieri Moto Guzzi che fa sfilare in una accurata rassegna i successi conseguiti: la vittoria più fulgida delle «Olimpiadi 1948 » a Henley dei quattro senza timoniere (Faggi-lnvernizzi-Moioli-Merille); primi nel 19-19 ad Amsterdam nei Campionati Europei (quattro senza tim.); primi nel 1950 a Milano nei Campio­ nati d’Europa (quattro senza) ed infine ad Amsterdam nel 1954 (quat­ tro senza). Così sfila la storia sportiva della Canottieri Moto Guzzi. Altri sports hanno creato a Mandello nella grande organizzazione industriale: dalla pesca sportiva al calcio, dalle bocce all’escursioni­ smo, dalla caccia all’atletica leggera, dal tiro a volo allo sci, dal club della moto alle gare di scopone, dal nuoto al ciclismo, e quasi tutti gli sports insomma. « Mens sana in corpore sano ». La Moto Guzzi anche nello sport è una grande famiglia: è questo il segreto di tante vittorie del pas­ sato e di tante speranze per l’avvenire. (Da L’albo d’oro Moto Guzzi). Con l’innumerevole ben disposta e spiegata esposizione, vedute di fotografie delle migliori affermazioni, trofei, coppe e medaglie; storia espressiva di un venticinquennio, in campo agonistico, di sacri­ fici compensati da così ambiti allori allo sport italiano. Vittorie dovute in maggior parte al famoso « quattro senza » com­ posto da Moioli, Monile, Faggi e Invernizzi, ai quali, nel corso di recenti festeggiamenti, sono state consegnate le insegne di Cavalieri al Merito della Repubblica, onorificenza recentemente conferita dal Presidente della Repubblica per la vittoria alle Olimpiadi di Henley nel 1948. E’ stata pure assegnata alla Canottieri Moto Guzzi la Coppa Massaioli per la più significativa vittoria conseguita durante l’anno 1954. Il quattro senza, infatti, fu l’unico armo italiano vincitore ai Campio­ nati Europei di Amsterdam ad opera di Moioli, Zucchi. Carri e Cantoni. E. I».

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.Jole lariana a 1 vogat. 3 vitt. Jole lariana a 4 vogat. 11 » Singolo 25 » Jole di mare a 2 vogat. 1 » Jole di mare a 4 vogat. 41 » I » Jole di mare a 8 vogai. Due senza timoniere IO » Quattro senza timon. 47 » 28 Quattro con timon. Otto di punta con tim. IO » Olimpiadi 1 vitt. Campionati Europei 4 » 25 » Campionati Italiani Campionati Provinciali 6 » Regate Internazionali 23 » Regate Nazionali 30 » Interzona 1-1 » Zona 47 » Totale

180 viti.

PESCA SPORTIVA

Per lo Fiero Internazionale deilo Pesco od Ancona I rappresentanti dell'Ente Autonomo della Fiera di Ancona hanno concordato in questi giorni con i dirigenti della Federazione della Federazione della Pesca Sportivq le linee generali delle manifestazioni che verranno indette ed organizza­ te dalla stessa Federazione in coin­ cidenza con la Fiera della Pesca e cioè: — 17/24 luglio: «Cento chilome­ tri di nuoto pinnato v — grande staffetta sul percorso Rimini-Anco­ na, a tappe; gara ad inviti riservata a squadre di Circoli, Enti, FF.AA., che svolgono attività subacquee; — 17 luglio: «Grande raduno nazionale auto-motociclìstico del pescatore sportivo » — manifesta­ zione indetta in collaborazione con la Federazione Italiana Pesca Spor­ tiva e le Federazioni motoristiche interessate, sotto gli auspici dell’En­ te Autonomo Fiera di Ancona.


r SPECCHI DELL'ANIMO UMANO j

Scegli un colore «li Sergio

Sa aa f ucci

e rivelerai il tuo carattere

Allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, possiamo affermare con certezza che esiste un si­ curo rapporto tra psiche e colore, allo stesso modo che esiste un altrettanto sicuro rapporto di vibra­ zioni tra colore e suono. Sempre si è parlato di asso­ ciazione colore-psiche né è mancato chi a questo elemento fondamentale, a questa luce che contrad­ distingue la materia ha attribuito anche un valore terapeutico. Già tra i popoli primitivi gli stregoni portavano abiti di particolare colore a seconda delle epidemie, o imponevano al malato di portarli se voleva guarire.

Il valore cromatico Nell’Xl secolo Avicenna, il cui Canone di Medi­ cina fece « testo » per oltre 500 anni in Oriente e Occidente, parlava e sosteneva l’effetto curativo di certi colori. In fondo anche oggi nelle stesse cre­ denze e superstizioni popolari a ciascun colore è attribuito un valore e un potere. Tra i valori: il bianco uguale a pace, serenità, purezza; il giallo segno di passione selvaggia, di odio; il rosso, amore ardente, passione. Tra i poteri quest’ultimo colore, insieme con il giallo, assurge a funzioni antimalefi­ che; e così via. Inoltre, presso i popoli di razza bianca, il celeste viene usato per i neonati di sesso maschile ed il rosa per quelli di sesso femminile. Presso tutti i popoli, eccezion fatta per quelli di razza gialla, che usano il bianco, il colore nero è segno di lutto. In Inghilterra si evita di vestire i ragazzi con tessuti di colore verde in quanto si pensa che il verde « porti sventura ». Il verde è segno di declino, in Inghilterra. Tale rapporto tra colore e psiche è ben riflesso, inoltre, nella lingua dei vari popoli laddove si è so­ liti nominare un colore per richiamare un senti­ mento, uno stato d’animo. Un esempio per tutti: il grigio carcere... La natura stessa, col variare dei suoi colori a seconda delle stagioni e dei luoghi, contribuisce alla stabilizzazione di un rapporto tra colore e stato di animo, così che si potrebbe azzardare l’ipotesi che se l’inverno si rivestisse degli smaglianti colori della primavera, pur considerando l’inclemenza del tempo,

il suo arrivo ci innoverebbe a letizia. Ricordo altresì delle curiose esperienze eseguite sui cibi: l’appetito dei commensali cessava allorché il brodo, per effetto di luci colorate, diveniva di color rosso, l’insalata si tingeva di azzurro, ecc. Data quindi per certa resistenza di un rapporto diretto psiche-colore, sarà lecito sottolineare il fat­ to che il colore può essere considerato ed usato sia in funzione terapeutica (cromoterapia) che in fun­ zione di « test », in quanto nel primo caso l’uso di un determinato colore può causare un determinato effetto sulla psiche umana, nel secondo caso la scelta di un determinato colore può denotare alcu­ ni aspetti fondamentali della psiche. Che la visione del colore agisca con effetti co­ stanti e precisi sul sistema nervoso degli uomini e degli animali, è stato appurato e dimostrato da di­ versi studiosi, tanto che al giorno d’oggi, dovunque, facendo frutto delle acquisizioni scientifiche sul co­ lore, si può ben parlare di un suo uso terapeutico le cui applicazioni vanno dagli ospedali alle scuole, alle industrie, alla casa, alla pubblicità ecc. Recentemente l’Ing. americano Howard Ketchman ha rilevato che in una fabbrica ove l’aria era condizionata, gli operai si lamentavano di aver fred­ do, quantunque la temperatura raggiungesse i 20 centigradi. Allorché le mura che erano bleu-verde fu­ rono ridipinte in rosa corallo caldo, le lamentele finirono. Il rosso sembra così esaltare anche le com­ bustioni interne. Ed ancora in un altro stabilimento gli operai che sollevavano delle casse di metallo di colore nero, si lamentavano di avere male alle reni. Dopo una sosta il capo reparto fece dipingere tutte le casse in verde chiaro. Il giorno dopo, molti degli operai trovavano le nuove casse molto più leggere delle altre. Comunque i tecnici del colore ammettono che dal lato rosso dello spettro i colori sono caldi e to­ nici, e che dal lato bleu essi sono freddi e atonici.

Del resto, questi fatti relativi alle illusioni ed alle suggestioni dei colori non sono cose nuove.

Allo stesso modo appare evidente come l’uomo, lasciando deliberatamente da parte gli altri esseri viventi, che però potrebbero fornirci altrettanti va-

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lidi esempi, sia portato a esercitare un particolare criterio di scelta nei confronti del colore. Tenuta in debita considerazione il trionfo stagio­ nale di determinati colori di stoffa, nel campo della moda, si pensi alla scelta tutta personale del colore destinato a caratterizzare in modo inconfondibile l’abbigliamento di ciascuno. Ognuno di noi, in fin dei conti, fa giostrare i capricci della moda intorno al colore che ha scelto secondo il suo temperamento.

Esperimenti scientifici Nell’uomo esiste evidentemente il criterio di scel­ ta del colore nelle sue svariate soluzioni motivate quasi con certezza dalla necessità « personale » di accordare, intonare i caratteri salienti della propria psiche, all’elemento considerato. Ne deriva quindi che il colore può essere utilizzato per la creazione di « tests » nella valutazione del carattere dell’istinto professionale del giovane. Già da qualche anno, a Roma è stata sperimen­ tata l’applicazione del colore come « test » psicolo­ gico. Qui, l’uso del colore nell’indagine della « psicologià dell’individuo » (carattere secondo Boven) è stato studiato da un gruppo di ricercatori su bam­ bini sordastri, con difetti della parola. Il metodo era rivolto all’esame di un solo sog­ getto di volta in volta ed implica il possesso di ma feriale adatto (filo di nylon, cassettine di legno naturale contenenti ciascuna perline colorate di faggio. I colori siano i fondamentali nella prima prova, per gli anni 5). Per applicare il metodo è necessario eseguire l’esame in ambiente adatto: si­ lenzioso e spoglio quanto possibile di mobilio o oggetti che potrebbero richiamare l’attenzione del fanciullo, non troppo caldo né troppo freddo; illu­ minato preferibilmente di luce naturale, ma non in modo eccessivo, perché il fanciullo non abbia né ti­ mori, né eccitazioni, ma possa rimanere a proprio agio e in serenità di spirito.

Un esame rivelatore Come del resto nell’applicazione di qualsiasi altro « test » psicologico, anche in questo il bambino si deve trovare nelle migliori condizioni psichiche e nel migliore stato di salute. Un soggetto febbricitan­ te, o durante alcune ore meno felici della giornata come ad esempio subito dopo o prima dei pasti agi­ sce male alle prove. L’esaminatore deve cercare, an­ che con l’aspetto e a volte con la voce (molto rara­ mente) di ispirare solamente fiducia senza far sen­ tire il peso della vigilanza. Deve innanzitutto chia­ rire al soggetto che egli dovrà cercare di eseguire il compito richiesto quanto più « liberamente » po­ trà; senza che la fretta vada a scapito della prova. Occorre invitare « dolcemente » il fanciullo a pre­ stare attenzione a quanto gli sarà spiegato; quindi si potrà dare il « via » facendo l’atto di chi stia infi­ lando un filo in una cruna d’ago. In una parola si richiede così al soggetto la manifestazione del suo criterio di scelta di colore. Il bambino si proverà ad infilare circa 20-25 per­ line colorate nel filo di nylon (50 cm.) secondo il suo gusto. L’accoppiamento, il ripetersi di questo accoppiamento dei vari colori denota, senza dubbio, alcuni lati del carattere dell’esaminato. Per cui una certa predisposizione ad un lavoro invece che ad un altro. Per facilitare l’interpretazione delle prove, è stata fatta, in questi ultimi tempi, materia di studio, sia dal punto di vista psicologico, sia dal punto di vista prettamente fisico, la semplificazione della sca­ la cromatica. Cioè, stabiliti i colori base, riprodurli con speciale tecnica su cartoncino o altro materiale. I colori saranno messi a coppie (otto colori) in mo­ do tale che il fanciullo o il giovane che sia (questa prova è più adatta per i ragazzi di dieci anni) rapi­ damente possa manifestare la sua scelta. Certamen­ te il compito assunto da questo esiguo numero di « esploratori del colore » è alquanto arduo e delica­ to. Pertanto dai risultati che finora sembra siano riu­ sciti a perseguire (grazie alla loro costanza) si ha ben da sperare! Sergio Santucci

LUCI NUOVE SU IGIENE E SPORT Sport - Record o misura di se?

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L’agitarsi a lungo di quesiti si­ mezzo educativo della persona milari è sintomo chiaro di progno­ umana di per sé e agente in un si felice: parliamo sempre di sport! gruppo. In parole povere la vecchia can­ Sono ancora in molti, purtroppo, zone: lo sport, insomma dev’essere a considerare lo sport un gioco, un record, gara o altro, ovvero princi­ giuoco di per sé. palmente educazione di sé e tante Lo sport, non sarà mai abbastan­ altre belle cose? za insistere, per rispondere al suo Molti amici mi hanno scritto do­ fine non può essere agonismo, mandando, grosso modo, la stessa scommessa. Lo sport, si potrà dire, cosa. è misura! Esso esige la prestazione Non in questa sede, per mancan­ completa da parte di colui cui è za di spazio, si potrà stendere tutta dato coltivarlo e che a sua volta la difesa dello sport soltanto come estrinseca una capacità reale. Chi

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ha la possibilità naturale di dedi­ carsi allo sport si deve prefìggere il compito di superare delle diffi­ coltà che esigono una dedizione completa di se stesso: si autoeduca spiritualmente, nel senso che la prestazione stessa l’obbliga a vin­ cere certe debolezze interiori, come l’abbattimento, il timore, ecc. Questo è lo sport! Poi, in campo, quando cioè vengono messi in li­ nea a gareggiare gli elementi me­ glio preparati si avrà lo spettacolo, l’armonia, la gara degli uomini mi­ gliori non già delle squadre mi­ gliori. La considerazione di questa se­ conda probabilità ci porta allo stu­ dio di un vasto problema quale è il «tifo per lo sport». Il che na­ turalmente non ha niente a che ve­ dere con lo sport; sbaglio nel quale tutt’oggi moltissimi incorrono. Sesa


MONDO

CESTISTICO

'SIRI LIBERI A Roma, nel prossimo aprile, a poca distanza dal fa­ moso congresso-terremoto, si avrà il congresso ordinario

della FIP. Prima rii deciderne l’eflettuaziotie ci sono stati i fau­ tori del prò e del contro: necessario, dicevano i primi; inutile e superfluo, asserivano i secondi. Ora si farà e molti si aspettano altre sorprese, se non addirittura golosi colpi di scena. Sbaglieremo, ma. trattandosi di dover bocciare una re­ lazione. per passare poi alle nuove elezioni, il nostro pen­ siero si orienta verso il "nulla di fatto”. Ci sono state — durante questo breve regno scuciano — troppe novità e troppa carne al fuoco perché lutto, adesso, possa essere giudicato con occhio malevolo. Spesso l'odio sconfina nel­ l'amore più sviscerato ; sempre sotto il segno della falli­ bilità, abbiamo la sensazione che i vari attacchi che già si meditano da parte della periferia, finiranno, come si dice a Napoli. ”a tarallucci e vino” e il "vulimmece bene” sarà la chiusura fidale. Non. che filerà tutto liscio, no... anche perché qualche avvisaglia in superficie già si avverte. Nessuno ci leva dalla mente, ad esempio, che il Comm. Mainino, in uno con Rotti, Fulvo, Ziccardi e magari Maifredi e Castelli, farà fronte unico e passerà al contrattacco. Comunque, staremo a vedere. Intanto di una cosa è necessario prendere atto: il Ceriviglio Direttivo, pur non avendo avuto modo di riunirsi frequentemente, ha dato il via. in compenso, a diverse no­ vità. Innanzitutto quella più clamorosa: il legamento inde­ terminato del giocatore alla propria società. Questo non ha fatto piacere alle Società con la esse maiuscola, perché si son viste sbarrare la strada degli acquisti presso le So­ cietà minori; molti ingaggi "in pectore” sono andati al­ l’uria all'ultimo momento quando tutto sembrava concluso. Ha fatto piacere, invece, alle società che desiderano difen­ dere il proprio patrimonio di atleti in crescita e rendi­ mento.

Altra novità di rilievo è stato il riordinamento dei Campionati. Anche qui contiasti e applausi, anzi applausi contrastati. Restringere e limitare la massa delle attuali società cestistiche non ci sembra un errore. Se le categorie saranno costituite da poche squadre nessuno potrà negare che anche i migliori elementi verranno condensati e da­ ranno vita a un ristretto numero di compagini, miglio­ rando indubbiamente il livello tecnico generaleSi prenda l'attuale Serie C: 127 squadre, se non sbagliamo... Non sono troppe, per la terza categoria nazio­ nale? Non si cade nell'evidente danno di decentrare ecces­ sivamente quei pochi giocatori dì un certo rendimento? Da notare, al riguardo, il recente tentativo, da parte dell’USIP, di lasciare ancora a 12 il numero delle squadre in serie A (futura serie «Foiiore o I Serie). Diciamo tenta­ tivo in quanto il Consiglio non ha accolto la proposta. Questi, ed altri motivi costituiranno il clou centrale del­ le polemiche che si accenderanno intorno al seggio presi­ denziale il 24 e 25 aprile p. v.

Sia pure a distanza considerevole, oggi la pallacanestro viene dopo il calcio come sport di squadra: velocità, in­ telligenza, fiato, agilità sono doti che suscitano sempre interesse ed entusiasmo.

Qualsiasi saranno le conclusioni, fin d'ora desidereremino che ogni bega personale, ogni attacco inutile e pperd itempo, fazioso e superfluo, ci venisse risparmiato. Di n-‘ su­ percritici — criticare per criticare, per missione e per principio — la pallacanestro è già satura; vorremmo che le obbiezioni fossero costruttive (qui sta il difficile) e non deleterie, constatato che i relativi patrocinatori non sanno fare altro. Se, ad esempio, il dott. La Forgia non è soddi­ sfatto — come sembra — nemmeno questa volta, dica bre­ vemente le sue opinioni (e possibilmente senza mostrarci ogni argomento come un caso patologico di natura cancerosa o tubercolare — cioè prcssocché inguaribile» e disastrato). Non si limiti a dire: questo, quest'altro e• <,quesl'altro ancora è fatto male. Aggiunga, se ne è capace, ”bisoSarà algnava fare questo, quest'altro e quest'altro ancora”’. S loro facile isolare errori e cose buone, in piena serenità soprattutto.

Immancabile un terzo argomento: quello delle presta­ zioni della nostra nazionale. La situazione europea è nota: ungheresi, francesi, jugoslavi, spagnoli, belgi, da una parte, sembrano ossi troppo duri per qualsiasi nostra nazionale (giovanile, anziana o di mezza età); svizzeri, greci, alba-

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lì continuo miglioramento individua­ le e collettivo porta nuove tattiche, nuovi problemi offensivi e, di conse­ guenza. nuovi ritrovati per difendersi sempre meglio e con maggiore effi­ cacia.

Data la severità delle regole tecni­ che. nel controllo dell'avversario, il gioco tende a diventare maggiormente arioso, aggressivo, penetrante; di qui la presenza di punteggi elevati che in­ dicano un’eccellente preparazione in­ dividuale e che consente un’alta per­ centuale di tiri realizzati su quelli tentati.

Il basket è anche spettacolo, specie quando, alle doti naturali e intrinse­ che, si aggiungono preziosismi e vir­ tuosismi che raggiungono il duplice scopo di realizzare e mandare il pub­ blico in visibilio

itesi, monegaschi provocano le note considerazioni di tutti: "Hello sforzo!...''. L'innesto di Paratore e Me Gregor ha sollevato già po­ lemiche; inutile prenderle in considerazione fin quando non si vedranno gli effetti di questa novità. Si tratterà di vedere se Paratore e Me Gregor sapranno capire quali tipi di pesce si potranno pescare nel nostro mare: tutto sta nel tenersi lontano dai... granchi. Comunque, già due scogli sono stati superati: facilmen­ te contro la Svizzera, meno facilmente contro la Jugoslavia. Circa quest'ultima partita, ucci possiamo non essere d’accordo con la criticai.: prestazione individuale buona (non ottima, grazie alla emozione), prestazione di squadra mediocre. Siamo stati sempre tenaci sostenitori dei giovani e ab­ biamo sempre asserito che la nostra nazionale ha bisogno di una radicale trasformazione. Si sta saggiando progressivomente il terreno, invece ili buttarsi a -apofitto, e questo è un bene. Forse Italia-Francia darà un'altra schiarita ai nostri orizzonti, forse un'immissione in massa di giovani potrà essere un bene o si dimostrerà prematuro, ma la nostra situazione non potrà essere legata né al prossimo risultato positivo — e magari insoddisfacente — né a uno negativo. La materia c’è: la classe, veramente tale, di Riniinucci, la calma e ^equilibrio di Canna, l'intelligenza di gioco di Asteo. la tenacia e la combattività ili Lucev e di Posar, le possibilità, di Calebotla <e Costanzo, il rendimento di Alesini Gamba e Zorzi nonr /tossono essere messe in di­ scussione. Siamo convinti che finalmente siamo sulla striala buona: tutto sta nel saper attendere. » s

La C.T.F.! Giii, la Commissione Tecnica Federale! Continuando nelle , nostre impressioni, questa volta possiamo dire che l etile tecnico della F.l.P ha dato la sensazione di voler stringere i freni sia sotto l’aspetto tecnico che discipli­ nare. Ogni Cigni referto viene letto nelle righe rìeho e qualche volta

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anche fra le righe. Morale: punizioni, multe, reclami re­ spinti (molti) e accettati (pochi).

Siccome la pallacanestro è uno sport giovane e so­ prattutto ha mostrato dei progressi bruschi, ci si accorge oggi che tutti i regolamenti organici, tecnici, statuti, ecc. si dimostrano superati e insufficienti a fronteggiare i troppo numerosi casi tecnici o — come si dice — elegantemente giuridici che settimanalmente si riversano sui tavoli della CTF e, spesso, della C.A.DI. Le conseguenze sono facil­ mente immaginabili : entrambi gli enti, un /to' appellandosi alla logica (!) e un po' a quel minimo di regolamentazione (?) esistente, legiferano e accade spesso che la buona vo­ lontà non basti per evitare solenni "papere". Recentemente la sullodata CTF ne ha prese un paio di— stazza veramente considerevole. Noi possiamo anche capire che "errare humanum est" e non è sulla percentuale degli errori che saremmo tentati di istituire il totocanestro domenicale delle "gaffe” della CTF (considerato che il CONI non è disposto ad inserire qualche gara di basket nella schedina milionaria), no! Ri­ petiamo: prendiamo atto della buona volontà dell'Ente Tecnico della FIP, ma quello che non possiamo ammet­ tere è che ancora non si sia riconosciuta l’urgente necessità di far prezioso tesoro dei grossi e dei piccoli... casi che si presentano, e provvedere, quietili, ad arricchire gli anemici nostri regolamenti i quali minacciano di fare la romantica fine della nota Signora delle Camelie. Noi italiani siamo polemici per natura, tradizione, di­ scendenza. nascita, crescita e allevamento ; perdiamo inter­ minabili ore a discutere, su sofismi e questioni di lana caprina che ci vengono graziosamente forniti proprio dalla eccessiva, esagerata sobrietà dei nostri regolamenti. Non sarebbe meglio sprecare meno parole "dopo" e stamparne qualcuna di più "prima"? Molti casi possono essere risolti rifacendosi al passato ma non c’è un caso che sin identico a un altro e abbiamo l’impressione di trovarci dinanzi al vuoto pneumatico o as­ soluto. Vogliamo metterci qualcosa in questo vuoto?

Giovanni Gònion de Teriin


UNA STAGIONE NERVOSA E POLEMICA

Luci e ombre del Tennis Italiano La stagione tennistica, una stagio­ ne nervosa, ricca di « casi », ripicche e polemiche, prolungatasi con l'appen­ dice dell'attività invernale, si è chiusa con la sconfitta subita ad opera della Danimarca nella finale della Coppa del Re. dopo che le nette vittorie colte a spese della Germania e della Norve­ gia avevano autorizzato rosee spe­ ranze. Nel mentre quindi i nostri maggiori atleti, reduci dall'aver peregrinato senza soste e riposo alcuno sui campi coperti impegnati nei vari Tornei stra­ nieri, affilano le armi per l’inizio della stagione all’aperto, è d'uopo una ra­ pida scorsa sull’annata sportiva tra­ scorsa facendo il punto là dove il no­ stro particolare interesse supera di gran lunga le vicende e le gesta del singolo o il particolare di un episodio. Le belle e molteplici prove dei nostri giovati!, nonostante ostacoli e difficoltà di una stagione non propriamente adatta, costituiscono prova concreta de­ gna di influire sull’avvenire tennistico nazionale — intendiamoci, la bontà di tali successi non deve illuderci tanto più che non possiamo arrivare alla conclusione di avere scoperto dei fuo­ ri classe — ma visti e considerati i buoni risultati malgrado tutto, si deve concludere che tale affermazione di giovani deve essere considerata vera prova di valore. Le giovani forze vanno quindi impo­ nendosi — esse hanno superato il pri­ mo esame di speranze ma per entrare al secondo e più difficoltoso esame di conferme — necessita ora seguirle, in­ coraggiarle. affiancarle, renderle forti moralmente e spiritualmente tenendo­ le lontane da quel nocivo male della «.presunzione» e del «divismo». Il di­ lettantismo puro si va, purtroppo, as­ sottigliando sempre di più — esso è «preziosità» iti possesso di pochi ma. se predicato, potrà esserlo di tutti i nostri giovani. Una vittoria sportiva ha, sul piano morale, una risonanza maggiore di una battaglia vinta — ecco perché è bello ritrovare semplicità, passione e schiet­ tezza nei nostri giovani atleti, ecco per­ ché è umanamente comprensibile il commuoversi e l’esaltarsi per l'impresa sportiva vittoriosa o no, perché non im­ porta vincere quando si è lottato sino in fondo. Ci

Se nel settore maschile si nota una leggera, sia pur faticosa ripresa, in quello femminile si stenta ancora pa-

vecchio — il livello del nostro gioco è poi ancora tecnicamente arretrato ma molto si è già fatto e molto si farà an­ cora. Non si può certo parlare di raffronti con i migliori del mondo ma gli sforzi della F.I.T., encomiabili anche se non completamente esenti da critiche, stan­ no dando i primi frutti. Occorre ora che i buoni propositi dimostrati non finiscano nel nulla ma si traducano in pratica — è certo un lavoro duro e di urgente attuazione quello che la C.T. si apvresta ad affrontare nella corrente stagione e ad essa vada la nostra sim­ patia e il nostro augurio affinché da un miglioramento tecnico, fisico-morale della gioventù tennistica, lo sport del­ la racchetta ritorni nel tempo ai non lontani onori. E' risultato evidente a tutti che i campionati assoluti di quest'anno, se hanno soddisfatto in parte per alcuni risultati e per le conferme di qualche giovane, hanno pur messo in evidenza gravi difetti di preparazione e di istru­ zione fisica. Agli atleti quindi un invito ad una maggiore disciplina sportiva, il che vuol dire sacrificio, volontà e studio; ai di­ rigenti l’imperativo di seguirli e affian­ carli con zelo e passione. t>

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Nell'anno decorso l'attività nazionale e internazionale (specie tra rappresen­ tative giovanili) è stata intensa e raf­ fermarsi del gioco sia nel gusto del pubblico che nelle simpatie dei gio­ vani si è dimostrata iti aumento. Per quante riguarda la storia agonistica dell'anno, il 1954 ha detto che nuovo sangue è iti grado di correre nelle ane­ miche vene dei ranghi maschili e fem­ minili (un po' meno in quest'ultimi). Tenuto presente delle difficoltà dei giovani, ancora immaturi anche se tec­ nicamente a posto, possiamo essere soddisfatti nel complesso anche se i risultati conseguiti considerati effettivi indici inconfutabili di progresso, non sono stati raggiunti almeno nelle pro­ porzioni sperate. Iniziatasi in ritardo con il Torneo di Sanremo disputato nel mese di aprile, la stagione tennistica decorsa non po­ teva presentarsi sotto migliori auspici alimentando quelle speranze che poi. per una contrarietà o l’altra, non han­ no avuto conferma. Esordio trionfale di Gardini vittorioso sul forte Morea, della Lazzarino e del duo Fachini-Pietrangeli reduci dai trionfi della Costa Azzurra: dì grande importanza la vit-

toria della coppia dei cadetti destinata allora ad ereditare la successione di un duo famoso in via di smobilitazione, della coppia « regina » del tennis ita­ liano. la più forte d'Europa negli ulti­ mi anni. Il prosieguo della stagione, tra i cappotti dispensati alla Spagna (5-0), alla Francia (13-0), alla Germania (6 a 0) con la sola contropartita di quello subito in Davis dalla Svezia, ha visto poi la triste parentesi della squalifica di Gardini e Merle con relativo atto di forza della F.I.T. E cosa hanno detto i Campionati assoluti? Gli inconvenienti del sistema attual­ mente in vigore del « girone all’italia­ no ». dovrebbero ormai convincere per un ritorno all'antico perché, se esso è auspicabile nelle gare a squadra, non 10 è altrettanto nell’individuale. A parte questa parentesi, i Campio­ nati 1954 ci hanno confermato che Gar­ dini è ancora il nostro più forte singo­ larista, che Merlo, pur con i suoi alti e bassi dovuti alla tanta attività che svolge, veramente esagerata per il suo fisico, è capace sempre di imprese sor­ prendenti, che Pietrangeli si conferma 11 migliore delle ultime leve e. in coppia con Fachini o con Sirola, formerà il doppio destinato alla Davis 1955. A breve distanza dai tre migliori ecco ag­ giungersi il lungo Sirola, alterno nel rendimento ma temibile per il suo mi­ cidiale servizio e Fachini il quale non riesce ancora a rendere quanto da lui ci si aspettava. In campo femminile, confermatasi ancora una volta la migliore Silvana Lazzarino. segue a breve distanza la Migliori e poi via via la Manfredi (re­ cente la sua vittoria al Torneo di Men­ tane), la Ramorino (troppe peregrina­ zioni però nei vari settori sportivi!) e la Vignali la quale potrà rendere di più allorquando saprà dare consistenza al suo ancor fragile giuoco. Passando ai giovani, alla ribalta i tre neo-promossi in 1“ categoria: lacobini, il romano reduce da un'annata ricca di meravigliose e superlative prestazioni; il non più giovanissimo Guercilena, modello ed esempio di serietà, passione e volontà e la giovane Peri­ coli, unica nota lieta in campo femmi­ nile. Una rapida scorsa tra i « primavera « ed ecco i nomi di Enrico Maggi, Miche­ le Pirro (forte doppista), Ferruccio Bonetti. Umberto Mattei, Roberto Va­ lerio, G. Morelli ed altri ancora di cui ci sfugge il nome.

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È le classifiche nazionali? Non et sembra di rimarcare « stonature » di una certa importanza; per di più non siamo di quei critici accreditati del Tennis europeo i quali riescono quasi sempre a trovare un ago nel pagliaio di una qualsiasi classifica se non im­ peccabile, per lo meno senza sviste no­ tevoli. Concludendo, non affronteremo neon che un eventuale confronto con il pas­ sato: abbiamo uomini nuovi con idee e concezioni migliori di giuoco. Non lasciamo quindi alle spalle soltanto rimpianti e nostalgie perché il materia­ le buono non manca e. siamo certi, i vecchi cari e indimenticabili « sena­ tori » potranno contare tra breve su de­ gni sostituti. Compilando questa breve sintesi della situazione del tennis italiano all’alba della nuova stagione, ci sentiamo in dovere di rivolgere un plauso alla C.T. della F.I.T. la quale, individuato negli impianti il maggior problema da risol­ vere, sta dando inizio a quella campa­ gna economica là dove il superfluo può essere eliminato per far posto al sor­ gere e al miglioramento di campi nei grandi e piccoli centri ■ e, non ultimo, un impulso alla creazione di campi co­ perti per l’attività invernale. Come pure vorremmo che il grido di allarme per la rinuncia di Cortina e Venezia all’organizzazione dei loro Tor­ nei per l'anno in corso, altro non sia che un falso allarme e ciò perché il tennis nazionale ha bisogno della com­ pattezza, comprensione, collaborazione di tutti. Dirigenti, atleti, organizzatori e appassionati per continuare la sua ascesa in quella strada già di per se stessa impervia e irta di ostacoli.

Non vogliamo sfondare una porta già aperta perché da più parti e da vario tempo, è stato già indicato e in­ dividuato nella deficiente, quando non totalmente assente, preparazione ginnico-atletica dei nostri maggiori e mi­ nori atleti, uno degli ostacoli a quello atteso e rapido rialzarsi del livello tec­ nico dello sport nazionale. Il tennis non rappresenta la famo­ sa (e in questo caso gradita) eccezio­ ne alla regola, e siamo certi che tra le molte iniziative e orientamenti che la F.I.T. si propone in un vasto e oneroso lavoro da svolgere nel corrente anno, terrà un posto preminente quella di pretendere dai suoi atleti e dai loro di­ rigenti, una maggiore osservanza ai propri doveri, magari affiancandoli e controllandoli con nuovi indirizzi e su nuove basi. Malgrado le buone cose registrate nel decorso anno, il livello tecnico del ten­ nis nazionale è ancora basso anche se a ciò concorre quel periodo di ambien­ tazione e assimilazione delle moderne teorie e dei nuovi metodi; la ragione è meno nella qualità dei nostri tennisti che nella loro palese riluttanza ad ac­ cettare la disciplina dello sport la cui legge è sacrificio, volontà, studio.

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Che ai campionati e ai tornei si badi più ai risultati che alla sostanza del giuoco, e ormai un latto ben cataro a tutti, ma a peggiorare ancor piu la situazione e la aepiorevole mancanza ai preparazione fisico-atietica. su questo argomento siamo daccordo su cui in­ dica nella palestra e in un duro ma necessario lavoro ginnico, il rimedio effcace. Il tennis si va tramutando in uno sport pesante e faticoso e chi lo pratica, prima di essere un buon tecni­ co, deve divenire un ottimo atleta, fi­ sicamente sano e atleticamente per­ fetto. Nel tennis moderno, per lo meno al punto in cui ci troviamo attualmente, non c’è altra via. Dato per concesso che sul piano tecnico non si possono ottenere subito grandi risultati per le note ragioni, si dovrà lavorare sul mi­ glioramento del tenore atletico dei gio­ catori elevando, al massimo consentito, quello standard attualmente insuffi­ ciente. A tale proposito viene spontanea la domanda ai nostri migliori tennisti: se invece di aver peregrinato e giuocato ininterrottamente tutto l'anno, si fossero dedicati alla palestra e sottopo­ sti ad un appropriato regime di ginna­ stica, il loro fisico e di conseguenza la loro attività futura, non ne avrebbe tratto sensibile giovamento? Migliorare il fisico per avere un su­ periore rendimento, perché un giocato­ re fisicamente a posto potrà maggior­ mente mettere in luce le sue doti tec­ niche o supplirle quando esse scarseg­ giano o siano modeste; curare quindi gli allenamenti, dosare gli sforzi e con­ trollare il fisico seguendo un sano re­ gime di vita e di alimentazione. E da ciò viene spontaneo dire che. di pari passo con la preparazione gin­ nico-atletica, anzi immediatamente pre­ cedente ad essa, dovrà rendersi neces­ sario il ritorno ad un controllo medi­ co più continuo e severo perché è da esso che gli allenatori trarranno il mi­ gliore consìglio e il più esatto indirizzo del loro programma di lavoro. Ovvio dire che le nostre osservazio­ ni vogliono in special modo attirare la attenzione dei giovanissimi e dei loro istruttori richiamandoli ad una mag­ giore riflessione e attenzione su quelli che sono i loro « primi passi » come adolescenti dello sport; una strada soagliata fin dall’inizio potrebbe com­ promettere definitivamente anni di sa­ crificio e di lavoro, gettare all'aria il castello di speranze costruito pazientemente giorno per giorno. Pochi sono, al momento attuale, i no­ stri tennisti che hanno nel compasso delle gambe la velocità di giuoco, che reggono allo sforzo della lotta quando questa lo richieda, che abbiano uno stile razionale e piacente. Vi è deficien­ za di una sana educazione fisica e per­ tanto ci si illude di poter far bene alle scuole superiori senza aver conseguito l’abilitazione alle scuole elementari. Auguriamoci che questo problema venga finalmente risolto, e presto la massa dei giovani avviati al tennis e agli altri settori sportivi si centupliche­ rà perché finalmente lo sport non sarà

più considerato una specializzazione pe­ ricolosa oltreché trascurabile, ma un utile complemento all'educazione intel­ lettuale.

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Passiamo ad altro. L'evoluzione dello sport ed t progressi raggiunti, hanno determinato una nuova situazione in riferimento al dilettantismo puro il quale si va assottigliando sempre di più anche in quelle discipline sportive dove non esiste un vero e proprio pro­ fessionismo. E qui entriamo nel campo della « moralizzazione » dello sport, un problema talmente delicato e fonda­ mentale, forse quello che più d’ogni al­ tro ha provocato la crisi dello sport italiano. Sta bene squalifiche, multe o sospen­ sioni te il tennis ci ha offerto di re­ cente un saggio di ciò), sono sì prov­ vedimenti apprezzabili, ma forse non l’ideale per modificare quella mentalità commerciale che si è andata creando nello sport. Solo iniziando dai giovani e appassionando i giovani a quelle for­ me ricreative che li appassionano alla bellezza e purezza del gesto atletico, fanno amare ed apprezzare i sacrifici, infondono volontà e ambizione, fanno gareggiare e vincere per i propri colori, con la semplice soddisfazione di un ti­ tolo o di una medaglia. Chiudiamo queste brevi note non pri­ ma di esserci soffermati sulla classe arbitrale ché, salvo rare eccezioni, la­ scia alquanto a desiderare e nei sin­ goli e nella funzionalità di organizza­ zione. Non siamo per i monumenti ai be­ nemeriti dello sport, ma non siamo neppure tra gli aspri e cattivi critici di questi « cirenei ». Abbiamo sempre avu­ to la massima comprensione per i com­ piti delicati e complessi che gli arbitri dì qualsiasi settore sono chiamati ad assolvere: il loro mestiere è difficile, l’intemperanza dei giocatori e delle fol­ le lo rende ancor più difficile, la critica è spietata, purtuttavia non possiamo esimerci dal far notare alla Federtennis che un maggior controllo e appro­ priati provvedimenti vanno rivolti ver­ so questo settore di vitale importanza. Si intende che le nostre osservazioni, fermo restando quanto di buono affer­ mato all'inizio di queste note circa il buon lavoro svolto dalla F.I.T. nell'an­ no decorso e i buoni intendimenti per un futuro sempre migliore, non voglio­ no essere delle critiche a chicchessia ma solo l'espressione del nostro pensie­ ro. quale primo passo per una fattiva partecipazione alla vita del tennis na­ zionale; e vorremmo che da ogni parte, lasciate in un canto beghe e ripicche, critiche e rimproveri, ci si avvìi verso una reciproca comprensione affrontan­ do il comune lavoro con quella sere­ nità e compattezza che sarà la nostra maggior forza. E basterebbe tanto poco! Una nazione di sportivi non può es­ sere che una nazione di sani e i gio­ vani atleti ci guardano, seguono il no­ stro esempio e apprezzano la nostra opera di educatori. A. Cuceluniuuo


in SEI IIAIIOD PM SIRIA GIDVIffl’ Confortevole la eco della superba rassegna del C.S.I. a Bardonecchia

La stagione sciistica di vigilia olimpionica aveva in primo piano un tema da sviluppare e risolvere, quello dei giovani discesisti che debbono sostituire ormai gli anziani; in particolare il grande Zeno Co­ lò, bruciato dalle prevenzioni di puritani, fuori luogo e fuori tempo ormai, che dirigono la Federa­ zione Internazionale dello Sci, preoccupati forse di non farsi rimbeccare, a loro volta, dal grande C.I.O.. Sta di fatto tuttavia che mentre dà scandalo una modesta prestazione di Colò quale maestro e accom­ pagnatore, e suscita addirittura il finimondo una blandissima forma pubblicitaria, nessuno pensa ad occuparsi e mettere il naso in talune faccende di Paesi dove si fa è vero del professionismo ma solo perché lo Stato pensa a tutti e a tutto: a mantenere cioè come nababbi, pur nella serratissima disciplina orientale o caucasica, gli elementi qualificati in altrettanto severe ed amplissime selezioni. Ma tant’è ed è inutile recriminare. La Russia che ha ben compreso il valore propagandistico dello sport, e se ne serve per ragioni politiche, parte­ cipando laddove ritiene di poter affermare i propri campioni o, comunque, dove questi hanno solo gran­ dissime possibilità, ha ormai compreso il lato debole della struttura sportiva internazionale nelle sue ra­ mificazioni burocratiche ed agisce per proprio con­ to, noncurante delle obbiezioni o delle osservazioni che possono essere fatte al suo dilettantismo più o meno ortodosso. Noi che abbiamo assai minori pos­ sibilità di reclutamento, specie nel settore dello sci, anche perché la stagione invernale è rapidissima, battiamo invece il naso, sacrificando per la gloria dell’ideale o, forse meglio per la mentalità superata dei Soloni del CIO. le uniche nostre forze dispo­ nibili in questa o quella disciplina sportiva. Zeno Colò segue infatti a ruota Carlo Fassi costretto an­ ch’egli a saltare il fosso dopo aver dato tante soddi­ sfazioni al pattinaggio artistico italiano, conquistan­ do un titolo continentale. Dicevo all’inizio come il problema base della sta­ gione invernale sia stato — e non può dirsi risolto — quello del discesismo. In quanto i risultati nelle specialità nordiche, più specificatamente nel fondo. — non essendo possibile parlare ancora di risultati nelle prove di salto — danno una certa garanzia di riuscita e di mantenimento di quel primato Cen­ tro-Europeo che è l’unico traguardo possibile per gli italiani.

Federico de Florian in una parentesi della sua intensa attività agonistica è stato ospite di Bardonecchia. Accet­ tando l’invito dei Dirigenti del CSI, il grandissimo atleta italiano, vincitore quest’anno dei tre titoli nazionali di «fondo», ha parlato ai giovani atleti studenti e del CSI. così seduto, tranquillo, sulla staccionata del palchetto della direzione delle gare. Egli ha rivolto ai giovani il suo incitamento, rivelando il suo metodo di preparazione, che è sintesi di passione, di sacrificio, di volontà

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Per l’eccezionale grado di forma e di rendimento di Federico De Florian atleta di gran classe, tenace, volenteroso, metodico, capace di infilare pur a di­ stanza i tre maggiori titoli della specialità: sui 15. sui 30 e sui 50 chilometri. Quest’ultimo risultato è stato raggiunto pochi giorni addietro sulle nevi dell’Aprica, con tale superiorità sugli altri da non per­ mettere confronti di sorta. E ciò anche se gli al­ lievi della Scuola Alpina di Moena, le esuberanti e ben qualificate « Fiamme d’Oro », hanno dimostrato una potenza collettiva superiore. E’ proprio alla Scuola di Moena che si deve lo slancio ed il contri­ buto maggiore delle formazioni azzurre per le prove internazionali di fondo. Altrettanto soddisfacenti le prestazioni delle « fondiste » mentre discesisti e discesiste hanno al­ ternato a prove maiuscole esibizioni, se non proprio scadenti, certo tali da lasciare dubbi sulla continuità di rendimento. A cominciare dalla stessa Giuliana Minuzzo per concludere con le più instabili e di­ scontinue Marchelli. In campo maschile le prodezze di Alberti a Cortina ed al Sestriere non hanno avuto grande conferma nella seconda parte della stagione e in particolare al Kandahar, che costituisce l’avve­ nimento di centro della stagione sciistica e che ha visto incontrastati i successi degli austriaci domi­ natori anche nella più recente « 3 Tre ». Concludendo questa prima parte, diciamo così « federale », si può dire che buone speranze esistono per i fondisti e le fondiste mentre il buio regna sovrano in campo discesistico come in quello del salto. Meglio non sognare. Tutto ciò che si potrà rac­ cogliere è in più del preventivo. Per buona fortuna molte forze nuove battono al­ le porte nazionali. Voglio dire che i raduni giova­ nili: Criterium Studentesco della Neve, Campionati Juniores e Campionati del Centro Sportivo Italiano, uniche manifestazioni che possono dirsi vere « leve» hanno presentato elementi qualificati di notevole in­ teresse e capacità stilistiche. Stanno spuntando ec­ cellenti fondisti, dalla scuola ormai tradizionale di Asiago come da quella di Bormio e della Valtellina. Ma molto si sta facendo anche nel discesismo ed è ancora il Centro Sportivo Italiano ad offrire le energie nuove che, se curate, potranno tra non molto sostituire le « speranze mancate ». Val la pe­ na, anche in questa sede, ritornare infatti sui ri­ sultati della superba manifestazione realizzata dal C.S.I. sulle nevi di Bardonecchia a metà febbraio, an­ che perché i risultati stessi sono stati confermati nei successivi Campionati Juniores. Questo fervore di reclutamento e di avviamento alle discipline scii­ stiche da parte della grande Organizzazione poli­ sportiva giovanile è anche espresso dalle prestazio­ ni confortevoli ed entusiasmanti dei « bocia » dei Campanili Alpini. Veder gareggiare questi ragazzi, organizzati anch’essi ormai, dignitosi nei costumi da gara con un materiale che comincia ad essere buo­ no, entusiasma davvero. E debbo dirvi che qualcuno è già pronto a reggere il confronto con i grandi.

VISIONI DELLA GRANDE RASSEGNA GIOVANILE DEL CS.I. A BARDONECCHIA Dall’alto in basso: 1) Il terzetto trentino (Guadagni™. De Francesco e De Giampietro), vincitore della staffetta dei * Campanili» ■ 2) Partono i « fondisti» del campio­ nato del CSI. Starter: Generoso Dattilo - 3. Dopo la fatica la premiazione: i primi tre classificati dello slalom gi­ gante dei « Campanili » : Chiocchetti, Tacconis e Cantalamessa - 4) La <c staffetta» degli asiaghesi: Stella, Rigoiiì e Pesavento. torna in albergo dopo la splendida vittoria nella gara collettiva.


Sarà tuttavia bene non precipitare. L’arte mag­ giore dei dirigenti deve essere proprio (inolia di saper portare progressivamente itila maturità i ra­ gazzi, senza perderli per istrada, senza pregiudicare il loro sviluppo fisico e atletico, senza montar le giovani teste in sogni inutili, in dannose euforie. Desidero comunque ricordare qualcuno dei molti che ho visto gareggiare sui campi di Bardonecchia. battuti per tre giorni da una tormenta che staffilava e arrossava i volti. 'fra i giovani fondisti anzitutto il quindicenne Serafino Bianchi, simpatico e semplice garzone di muratore delle Alte Valli bergamasche, quindi il ter­ zetto di Trento, vide a dire della Val di Flemme e della Val di Fassa: Guadagnini. De Giampietro e De Francesco, come il più piccolo Eugenio Marti­ nelli di Bormio e Pier Luigi Rossi di Pontedilegno. I trentini hanno dominato indisturbati nei « Cam­ panili Alpini :■ nelle due discese ma mentre nello « speciale non hanno avuto contrasti, per l’ecces­ siva precipitazione dei torinesi, nel «gigante» han dovuto accettare l’inserimento nei primi posti della graduatoria dei piemontesi. Delibo ora farvi i nomi. I trentini si chiamano Francesco De Florian. Mario Chiocci1.ietti, Gino Lunelli e Pietro; i piemontesi sono Silvio Tacconis. Piero Chiantelassa. Vincenzo Salvadoez. Pier Luigi Cavargnia. II Criterium Studentesco ha ricalcato i risultati del passato. Dominio incontrastato dei gardenesi del­ la Scuola d’Arte di Ortisei: Stefer, Demetz e Rabauder. tallonati dai valtellinesi Spechcnauser e Gambi­ rasi, dall’asiaghese Magnabosco nel fondo e ancora da Alberto Quadrio di Bormio, e dai bolzanini Hornof. Gartner; Senoner, nelle disceseAlberto Quadrio è stato senza dubbio ancora una volta il numero uno della imponente rassegna gio­ vanile di Bardonecchia vincendo i due titoli tra gli studenti ed un terzo nei campionati del C.S.I. Prati­ camente ha fatto suo anche il quarto titolo, nello slalom speciale del CSI. segnando in apertura di pi­ sta il miglior tempo. Ufficialmente vi ha però rinun­ ciato a favore del trentino Giorgio Lunelli. Nei Campionati Jttniores Quadrio ha confermato le sue eccezionali doti intascando altri due titoli, sic­ ché al suo attivo egli ha totalizzato quest’anno cin­ tine vittorie assolute oltre ad una serie di afferma­ zioni che hanno attirata su di lui l’attenzione dei tecnici federali. Non fosse altro che per questi risultati, l’opera di penetrazione assidua, di concreto lavoro tecnico e morale, il Centro Sportivo Italiano può dirsi il col­ laboratore principale della F.I.S.L, titolo che può vantare anche nei confronti di tante altre discipline agonistiche.

,V. B.

VISIONI DELLA GRANDE RASSEGNA GIOVANILE DEL CS.I. A BARDONECCHIA Dall’alto in basso: 1) Il prof. D'Arconte Capo Servizio Speciale di Educazione Fisica e Sportiva del Ministero della P. I. consegna al Coordinatore per VEducazione Fi­ sica del Provveditorato di Sondrio, il premio di rappre­ sentanza per la gare di discesa del Criterium Studente­ sco - 2) Con Vincenzo Demetez (indimenticata gloria dello sci azzurro) ed il Coordinatore di Bolzano, i gardenesi dominatori nelle prove studentesche di fondo - 3) Gino Seghi, fratello di Celina, allenatore federale di discesa, con Alberto Quadrio e Carlo Hornoff, i migliori nello « slalom speciale » - 4) Il Vice Presidente del CSI Aldo Notarlo consegna al Sindaco di Bardonecchia comm. Amprimo una targa quale riconoscimento e ringraziamento della squisita ospitalità offerta alla bella rassegna del CSI.

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A commento dei campionati europei di nuoto si è scritto giustamente che la cosa più interessante, dal punto di vista tecnico, è stata la grande affer­ mazione del « delfino ». Affermazione, aggiungiamo noi. nel senso più assoluto della parola, qualora si consideri che nella finale femminile dei m. 100 a farfalla, oltre a vedere il 1., 2., 5. e 6. posto occupato da « delfino ». la tedesca Langenau, vincitrice della prova col tempo di l’lG”6 abbassava il record n.co­ diale della specialità. Nella finale dei m. 200 maschili, troviamo quattro «delfini» piazzati al 1., 2.. -1. e 6. posto; inoltre il vincitore della prova, l’ungherese Tumpek. detiene il record mondiale dei 100 m. col significativo tem­ po di l’02"3. Se è vero che anche nel nuoto, come in altre specialità sportive, ciò che conta sono i tempi e i posti ottenuti, i risultati di Torino, per quanto si riferisce al « delfino », non hanno bisogno di com­ menti per richiamare l’attenzione — specialmente dei nostri tecnici — su questa nuotata purtroppo ancora da noi poco conosciuta. Attendevamo questi campionati europei con una certa impazienza anche per vedere questa novità nel campo della farfalla. A Torino abbiamo osservato molto da vicino il «delfino»; abbiamo chiesto schia­ rimenti e delucidazioni a Tumpek. quasi sempre ac­ cigliato e alquanto riservato; abbiamo parlato a lungo con il tedesco Masel; con l’ungherese Fejer e con l’allenatore polacco Kleminska, padre della quin­ dicenne Alieja, 6“ classicatasi nella finale dei m. 100; inoltre abbiamo ripreso cinematograficamente la farfalla-delfino e vari esercizi in acqua di Fejer, di Masel e della biondissima Kleminska. Ora, avvalendoci di tutti questi elementi Inten­ diamo illustrare questa nuotata, che altro non è se non una variante della farfalla. La nuotata a « delfino » che, per quanto riguarda le braccia, ha il medesimo movimento della farfalla, consiste in una azione ondulatoria subacquea sul piano verticale (movimento alto e basso e viceversa) delle gambe unite con piegamento al ginocchio. Vi è in questo movimento una certa rassomiglianza con la battuta del crawl; differisce però da questo in quanto nel « delfino » gambe e braccia, seppure con ritmo diverso, si muovono appaiati, mentre nel crawl, come è noto, effettuano il movimento al­ ternato. ORIGINI DEL « DELFINO » Il colpo di gambe a « delfino », fu esperimentato per la prima volta nel 1935 dall’americano .Jack Sieg. studente dell’università di Jowa. In seguito David Armbruster lo adattò alla farfalla intuendo la neces­ sità di abbinare, al nuovo movimento delle braccia per fuori più veloce e potente, un colpo di gambe

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meno lento e più vigoroso. In Europa, nel 19-16 il russo Meskhov nuotò i 100 m. a farfalla in 1’05” quando ancora il record del mondo era fermo a l’07”3. utilizzando un colpo di gambe irregolare che altro non era se non il « delfino ». Una nuova nuotata dunque era nata; doveva però vivere clandestinamente non potendo essere usata in competizioni; il regolamento non ammetteva il suo impiego: quando era praticata in gara la squa­ lifica era certa. Nel 1950 il magiaro Fejer, secondo ai recenti campionati di Torino, passando dal crawl alla farfalla, incominciò a praticare il « delfino »; non solamente ottenne subito dei buoni risultati ma di­ venne il maestro di Tumpek; infatti è stato Fejer ad insegnare, all’attuale campione di Europa questo nuovo impiego delle gambe. Il «delfino», rivelatosi immediatamente più ve­ loce della farfalla, non poteva non trovare terreno favorevole in Ungheria, il Paese dove il nuoto ha sempre prodotto campioni di fama internazionale. Fejer e Tumpek però, partecipando a gare con la nuova notata erano inesorabilmente squalificati. Fu solamente nel ’52 che questa nuotata ebbe l’atto di nascita ufficiale; infatti il congresso della F.I.N.A. svoltosi in quell’anno ad Helsinki, nel decidere la separazione della rana classica dalla farfalla, con Kart. 57 ammise il movimento simultaneo delle gam­ be verso l’alto e verso il basso.

TECNICA DEL MOVIMENTO La velocità che si ottiene con il calcio a « delfino » è superiore a quella ottenuta con la battuta del crawl. In proposito ci consta che in America, posti a confronto in una gara di m. 50 con sole gambe 3 nuotatori della medesima forza nelle rispettive spe­ cialità — « delfino », « dorso » e « crawl » — risultò vincitore quello che praticò il « delfino ». Con ciò non si vuole certamente affermare che questa nuo­ tata sia più veloce del crawl. E’ evidente che razio­ ne contemporanea delle braccia nella farfalla non può competere con il movimento alternato delle braccia a crawl. Infatti, mentre nel primo esiste una fase (ricupero) in cui le braccia non effettuano un lavoro utile ai fini della produzione, nel secondo — crawl — vi è sempre, per l’alternarsi del movi­ mento delle braccia, una fase positiva. L’azione delle bambe nel delfino fa avanzare il corpo avvalendosi dei medesimi principi di propul­ sione che vengono applicati nella battuta del crawl; si noti però che gambe e tronco effettuano il mo­ vimento sott’acqua basso-alto e viceversa, avendo il perno del movimento situato sulla colonna verte­ brale molto vicino alle spalle; nel crawl invece l’asse del movimento si trova nell’articolazione della coscia. La spinta in avanti del corpo si ottiene quando gli arti inferiori dalla posizione di ginocchia pie­ gate ed unite (fig. 1) assumono la posizione di gambe tese (fig. 2). I piedi, in estensione sul prolunga­ mento delle gambe, nell’azione in basso agiscono con una certa mobilità come se avessero delle pinne; quando ritornano verso l’alto (fig. 3) al punto supe­ riore della battuta eseguono un movimento — visi­ bile per lo spostamento d’acqua prodotto — simile ad una frustata. Anche questa nuotata, come il crawl, il dorso e la rana dev’essere improntata al ritmo e alla coor­ dinazione dei movimenti; l’azione delle gambe, na­ turalmente in armonia con il lavoro delle braccia, dev’essere continua nell’effetto propulsivo, in modo


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<la ridurre per quanto possibile i punti morti; mo­ menti questi negativi agli effetti della propulsione. La coordinazione alternata dei movimenti delle gambe e delle braccia, la loro intensità e durata di lavoro, in relazione alla velocità ed alla distanza, rappresentano il ritmo. Per quanto la velocità raggiunta in questa nuo­ tata lasci prevedere che presto si scenderà sotto il minuto nei 100 metri, il « delfino » è ancora in fase di evoluzione. Non si può quindi affermare — pur avendo delle indicazioni — quale sia il miglior rap­ porto di « battute » e « passate » fra gambe e brac­ cia, in relazione alla costituzione fisica ed alla di­ stanza da percorrere. A Torino pur prevalendo il « delfino » di Tumpek e Fejer a tre colpi di bambe per ogni bracciata, ab­ biamo visto anche nuotare con uno o due colpi per ogni bracciata. Convinti però che inizialmente ai fini di un apprendimento, il miglior ritmo sia quello a due colpi di gambe, diamo a completamento di quanto esposto, una serie di disegni che illustrano la « debbiata doppia ». Non ci fermiamo specificatamente sulla respira­ zione in quanto abbiamo già detto che essa avviene come nella farfalla; essendo però nel « delfino » la posizione del corpo un poco più in basso, questo è necessario che venga portato in avanti e sollevato per poter inspirare. Ciò avviene quando le gambe eseguono il movimento alto-basso e le braccia ini­ ziano la spinta in avanti (fase tra fig. 5 e fig. 6): spinta che serve anche a mantenere la forma di impulso nel nostro corpo. Questi gli aspetti fondamentali della farfalla-del­ fino. Non abbiamo la pretesa di aver dato sull’argo­ mento spiegazioni esaurienti; il tema prettamente tecnico richiederebbe ben altra trattazione. Nostra intenzione è stata semplicemente di richiamare l’at­ tenzione di quanti si interessano di nuoto agoni­ stico, su di una specialità natatoria da noi ancora non praticata e pressoché ignorata. Patrignani Washington

Fig. 1 - Le gambe, con le ginocchia piegate eoi unite, hanno terminato il movimento verso l’alto ed iniziano la battuta verso il basso. Le braccia, nella seconda fase del ricupero sono in posizione di appoggio; appoggio che facilita lo scivolamento del corpo in avanti. Fig. 2 - Le gambe completato il movimento verso il basso determinano con la loro azione una reazione ai fianchi verso alto-avanti. Le braccia sempre in fase di appog­ gio, ma più basse si avvicinano al punto di presa. Fig. 3 - Mentre le braccia, già al punto-presa, iniziano il lavoro di propulsione le gambe ritornando verso l'alto completano il primo ciclo di lavoro. Fig. 4 - Le gambe ritornano in basso per effettuare il se­ condo calcio, mentre le braccia sono in piena azione propulsiva. Fig. 5 - Spinta finale delle gambe verso il basso; anche le braccia hanno terminato la passata, trovandosi già in fase dì ricupero. La pressione esercitata sull’acqua dalle gambe e dalle braccia determina una spinta del corpo in avanti. Fig. 6 - Le braccia escono dall’acqua per il ricupero; è questo il momento in cui il nuotatore inspira. Le gambe iniziano il ritorno verso l’alto. Fig. 7 - Siamo alla fine del secondo calcio; le gambe hanno terminato la corsa verso l’alto, mentre le brac­ cia ritornano completamente in avanti assumendo la posizione della fig. 1.

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OLIMPIA CORTINA D’AMPEZZO Il Capo dello Stato all'aper­ tura dei "giuochi,,. Si è riunita Roma, sotto la presi­ denza deli'avv. Giulio Onesti, la Giun­ ta Esecutiva del C.O.N.I., che in aper1’ ------atto dei risultura di■’ lavori ha preso lati del Congresso, tcnuto dall'Unione Velocipedistica Italiana a Pescara il 13 marzo 1955. In base alle disposizioni di Legge, il comm. Adriano Raduni ha ri­ messo il suo mandato di Vice-Presi­ dente del CONI, prendendo congedo dalla Giunta stessa che lo ha vivamen­ te ringrazialo per l’opera svolta con passione e competenza durante lunghi anni di lavoro. NeH’occasionc la Giunta ha preso at­ to anche delle dimissioni del dott. Gior­ gio Rastelli, ringraziandolo a sua volta per la lunga ed efficace collaborazione dedicala ai problemi dello sport ita­ liano. Successivamente la Giunta ha iniziato lo svolgimento dell’ordine del giorno con i problemi olimpici, approvando il programma concertato con le Autorità internazionali per le riunioni ufficiali del C.I.O. che avranno luogo a Corti­ na d’Ampezzo dal 22 al 25 gennaio 1956. In tale occasione, oltre alla riunione dell’Esecutivo, avrà luogo la 51’ Ses­ sione del Comitato Olimpico Interna­ zionale. che sarà solennemente inaugu­ rata dal Capo dello Stato. Dopo l’esame di numerosi provvedi­ menti riguardanti l’organizzazione dei VII Giovili Olimpici Invernali, la Giun­ ta si è a lungo intrattenuta sulle que­ stioni riguardanti la candidatura di Ro­ ma 1960. i cui documenti sono stati ufficialmente presentati alla Cancelleria di Losanna il 28 febbraio 1955 da una apposita delegazione. Infine sono state prese disposizioni nei riguardi della partecipazione azzurra ai Giochi di Cortina, specie per quan­ to riguarda l’hockey su ghiaccio, sul quale hanno lungamente riferito il Pre­ sidente della Federazione Comm.Remo Vigorclli cd il Vice-Presidente dottore Giannantonio Zopegni. In tema di problemi organizzativi, la Giunta ha deliberalo di orientare l'at­ tività del Pentathlon Moderno verso una sempre più stretta collaborazione con le Autorità militari e si è poi intrattenuta a lungo in un esame della situazione interna della Federazione Italiana di Atletica Pesante. Quindi la Giunta hn preso alto del­ l’approvazione avvenuta alla Camera della nuova Legge concernente i! Toto­ calcio, Legge intesa a definire in forma

stabile la situazione finanziaria dello sport italiano. Inoltre ha esaminato i problemi con­ cernenti la meccanizzazione delle gio­ cate, giunta ormai alla fase di una prossima realizzazione.

1 lavori hanno avuto termine con una delibera riguardante la costruzione di un palazzetto dello sport da realizzarsi di concerto con il Comune di Roma, e con altri minori provvedimenti di or­ dinaria amministrazione.

83 nazioni invitate In data 1° gennaio 1955, il Comitato organizzativo trasmise agli 83 Comitati Olimpici nazionali l’invito ufficiale a

partecipare ai \ 11 Giochi Olimpici In­ vernali 1956 di Cortina d’Ampezzo.

Fino questo momento i seguenti Co­ mitati hanno risposto con adesione af­ fermativa: Argentina. Austria, Belgio, Canadà, Cina «Pechino). Danimarca, Finlandia. Francia, Germania. Grecia. Inghilterra, Iran. Islanda, Italia, Liech­ tenstein. Lussemburgo, Monaco, Norve­ gia, Olanda. Svizzera, Stati Uniti d'A­ merica. Hanno risposto con riserva i Comitali di: Sarre • Sud Africa. I seguenti Comitati hanno risposto ne­ gativamente perché nei rispettivi Paesi gli sport invernali non sono praticati: Indonesia. Irlanda. Messico. Tailandia. Turchia. Venezuela-

MELBOURNE Le trasmissioni radio Una commissione di esperti si sta oc­ cupando della istallazione degli impian­ ti radio per le Olimpiadi di Melbourne. Finora ventitré Paesi, cioè Birmania, Ca­ nadà. Danimarca. Finlandia. Francia, Grecia, Ungheria. Islanda, India. Italia, Giappone. Corea. Malesia. Nuova Ze­ landa. Norvegia, Romania, Africa del Sud. Svezia. Turchia, Regno Unito. Stali Uniti. Germania Occidentale e Repub­ blica Democratica Popolare Cinese, han­ no deciso di inviare un complesso di sessantasei radio-rcportcrs ai Giochi Olimpici 1956. Tutti gli impianti radio saranno rag­ gruppati nello Stadio Principale, il Cricket Ground di Melbourne, da dove verranno radio diffuse le notizie prove­ nienti dallo Stadio stesso e dagli altri luoghi dove si svolgeranno i Giochi.

Registratori magnetici saranno a di­ sposizione dei reporters stranieri. Si pre­ vede qualche ritardo, causato dalla dif­ ferenza tra l’ora australiana e quella di altri Paesi. Presentemente e fino al prossimo me­ se di marzo la Radio Nazionale Au­ straliana, in comunicazione con l'Euro­ pa, trasmette ogni ultimo mereoledì del mese, sulla lunghezza d’onda di in. 31.32. chilocicli 9,58; alle ore 7.50 (ora di Greenwich) un programma dedicato alle olimpiadi 1956. Notizie più dettagliate, concernenti la lunghezza d’onda, le 'ore

di trasmissione ed i Paesi con etti sarà possibile comunicare, verranno dirama­ te in seguito.

Si mangerà così Nella preparazione della lista delle vivande per gli atleti che prende­ ranno parte alle Olimpiadi di Melbour­ ne. si cercherà soprattutto di adattare i diversi cibi alle abitudini delle varie Nazioni; un apposito Comitato è stato incaricato di occuparsi delle liste che saranno sottoposte all’approvazione dei Paesi partecipanti. Una gran quantità di derrate sarà a disposizione degli atleti: ad esempio, per dare un’idea della varietà dei « me­ nù». soltanto per la prima colazione saranno serviti, a seconda dei gusti: tè, caffè, cacao, latte, succo di frutta, zup­ pa d’avena e di grano, lardo, uova, car­ ne, prosciutto, miele, marmellata, mi­ nestra, formaggio e dieci qualità di pa­ ne. Chi Io riterrà opportuno potrà por­ tarsi cibi propri e anche un cuoco o assaggiatore.

Per facilitare la distribuzione dei pa­ sti le squadre saranno raggruppate a seconda delle loro abitudini: vi sarà un gruppo dell’estremo, medio e vicino Oriente; uno israelita, anglo-americano, latino americano, ed un gruppo della Europa centrale e dell'Europa orienta­ le. Tutti i gruppi nazionali avranno cucine e refettori separati. I pasti saranno serviti nei refettori e

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nel ristorante del Villaggio dalle 7 del mattino alle 10 di sera. Al Villaggio arriveranno giornalmente 1000 litri ili latte, due tonnellate di carne, più di tre tonnellate di legumi e altre derrate alimentari. Le vivande saranno colte, in cucine sterilizzate, su fornelli a gas. Gli atleti potranno pro­ curarsi al Villaggio vino e birra, ma non liquori forti. L'acqua corrente, cal­ da e fredda, sarà in ogni casa del Villaggio. grazie ad un cavo diretto pro­ veniente dalla montagna, che fornisce a Melbourne una delle più pure acque del mondo.

La corsa ciclistica su strada La corsa ciclistica su strada, inclusa nel programma olimpionico di Melbourne — verrà disputata il 7 dicembre 1956. La gara di km. 190,300 si svolgerà <11 un circuito di km. 17,300, che dovrà essere ripetuto undici volte. La strada asfaltata larga 5 o 6 metri, attraversa un piccolo paese a nord-est di Mel­ bourne. La linea di partenza e di arrivo si trova nel mezzo di un rettilineo di­ stante circa 1 km. e 500 dalla stazione di Broadmeadows, sobborgo che si tro­ va a 17 km. da Melbourne. Il percorso, misto, comprende chilo­ metri 6.437 in piano, km. 5,229 in sa­ lita e km. 5,634 in leggera discesa. Le altitudini variano dai 167 ai 76 metri. Lungo la strada saranno istallati al­ cuni posti di rifornimento. Sul traguar­ do saranno situate delle tribune provvi­ sorie per i giornalisti, i radiocronisti ed il pubblico.

33 Nazioni nel Pugilato L’Associazione Internazionale Boxe Amateur si è dichiarata soddisfatta dei preparativi per l’organizzazione dei 200 incontri di pugilato, con la partecipa­ zione di 220 atleti, rappresentanti 33 Nazioni alle Olimpiadi di Melbourne. Le eliminatorie avranno inizio il 23 novembre, mentre le finali si effettue­ ranno la sera del 1" dicembre. Nel corso delle precedenti Olimpiadi gli incontri di boxe venivano disputati su due ring contemporaneamente. Nel 1956, invece, accogliendo la richiesta avanzata dall’A-I.B.A.^ le gare si svol­ geranno su un solo ring. Gli atleti si alleneranno nelle mi­ gliori palestre «iella città e prenderanno alloggio al Villaggio Olimpico, dove si peseranno nei giorni di gara alle 10 del mattino. I concorrenti si presenteranno una sola volta al giorno al peso uffi­ ciale. Un concorrente che non avesse inizialmente il peso richiesto, potrà iscriversi alla categoria supcriore, a patto che il suo Paese abbia un posto vacante in detta categoria. Il numero massimo di iscritti per Na­ zione è di 10 come le categorie di peso. La lista generale delle categorie dovrà essere inviata, dalle Nazioni concorren­ ti al Comitato Organizzatore entro il 10 ottobre 1956, c quella dei concorrenti entro 1’8 novembre 1956. Tutti gli in­ contri si disputeranno al Melbourne Sie­

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di uni, in un sobborgo ad ovest delia ritta, a circa 13 km. da! Villaggio Olim­ pico. La capienza del Melbourne Stadium è di 7500 posti.

Il numero degli ufficiali Il Coloitalo Olimpico Internazionale ha deciso di limitare il ninnerò degli uf­ ficiali che accompagneranno le squadre, secondo il seguente schema approssima­ tivo: non più di 3 ufficiali per le squa­ dre di 1(1 atleti o meno. 7 per le squadre dagli 11 ai 25 atleti, 11 per le squadre dai 26 ai 60. 20 per le squadre dai 61 ai 100. 27 per le squadre dai 101 ai 150, 33 per le squadre dai 151 ai 200, 45 per le squadre dai 201 ai 300. ed il 15% per le squadre che superano i 301 atleti. Le squadre meno numerose potranno avere 3 ufficiali, questi però non do­ vranno essere in nessun caso più nume­ rosi degli atleti. 1 ragazzi di scuderia, guardiani di canotti e massaggiatori, non sono compresi nella categoria «ufficiali». Non sono compresi nella stessa catego­ ria i giudici, gli arbitri, e i cronome­ tristi designati dalle Federazioni Inter­ nazionali.

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palazzetto

dello sport

a Roma La Giunta del C.O.N.I. nella sua riu­ nione del 20 febbraio dello scorso an­ no deliberava la costruzione in Roma di un Palazzetto dello Sport nella zona di Viale Tiziano. Piazza Apollodoro, qua­ le impianto sussidiario per le Olimpiadi. Il Comune di Roma per difficoltà re­ lative alla disponibilità del terreno non poteva mettere a disposizione l’area ri­ chiesta dal C.O.N.I. c, pertanto, il pro­ getto non poteva passare alla fase ese­ cutiva. Attualmente sembra che le difficoltà siano per essere superate anche per il senso di sportività e comprensione che anima il Sindaco di Roma per l’attua­ zione di un’opera che sarà di enorme utilità per gli sport più poveri. Il C.O.N.I.. attraverso il suo Centro Studi Impianti Sportivi, ha pertanto, ela­ borato il progetto ed ha confermato al Comune l’impegno di sostenere l’onere della costruzione alla sola condizione che l’area venga messa a disposizione in tempo utile affinché, con l’inverno del 1956, l’opera possa essere inaugu­ rata. Il nuovo impianto che integrerebbe il grande Palazzo dello Sport che. con il Velodromo, sorgerà a cura del C.O-N.I. nella zona dell’E.U.R.. pur essendo di tipo economico è in grado di soddisfare tutte le esigenze di estetica e di piena efficienza sportiva. L’impianto in ossatura portante in ce­ mento armato con copertura a cupola in elementi prefabbricali, ha un diame­ tro interno di 60 m. ed esterno di in. 72 ed una capienza massima di 5000 spet­ tatori; può essere utilizzato per i se­ guenti sport: pugilato, pallacanestro, pallavolo, hockey e pattinaggio artisti­ co e a rotelle, ginnastica, schema, lotta eccetera.

ULTIMISSIME

DEL

C. S. I.

Il Bergamasco Luigi (>onti campione di corsa campestre ROVERETO, aprile A conclusione delle centinaia di prove locali organizzate dai Comi­ tati provinciali & zonali del CSI, che hanno mobilitato nel corso della stagione invernale un complesso di atleti valutabile attorno ai 10 000, sono convenuti a Rovereto circa 160 atleti rappresentanti di ogni Pro­ vincia per disputare la finale nazio­ nale del Campionato di Corsa cam­ pestre del CSI, organizzata dall’U.S. Quercia di Rovereto. E’ stato un notevole successo or­ ganizzativo e spettacolare. L’entu­ siasmo della folla, convenuta su) percorso dei 4.200 metri, per inci­ tare i concorrenti che hanno dato vita ad ima interessante competi­ zione; come pure lo spirito agoni­ stico dei partecipanti (partiti in 153. sono arrivati al traguardo ben 1401), ne sono la migliore conferma. Ecco l’ordine di arrivo: 1. Coìiti Luigi, U.S. Pro Victoria di Calolziocorte (Bergamo), in 14’31’; 2. Mazzei Franco, U.S. Neocastrum (Catanzaro) a 18”; 3. Sag­ gini Massimo, U.S. Olimpia di Vi­ terbo a 20”; 4 Fabbris Rolando, U.S. Veloces. Vercelli a 22”; 5. Ro­ garsela Silvestro, U.S. CSI Libertas di Lodi a 28”; 6. Caggiano Alfonso, U.S.O.. Napoli a 30”.

poni di Cremona (singolo) e Celata (doppio) campioni di Tennis da Tavolo VERONA, aprile I finalisti del Campionato di Ten­ nis da tavolo, com’è logico, hanno dovuto superare una serie notevo­ lissima di incontri prima di essere ammessi alla eliminatoria nazionale dalla quale sono usciti i campioni del CSI per il 1955. Essi sono: Fioni Enrico dell’U.S. Sfondrati di Cremona (singolo) che ha trovato in Brandoli Mario di Bo­ logna un avversario dotato di nu­ meri veramente interessanti ed ha dovuto sudare le classiche sette ca­ mice per avere la meglio; e la cop­ pia Celata-Petrelli della U.S Guido Negri di Roma — vincitrice anche della scorsa edizione — che dopo un inizio scialbo nel quale subiva la netta superiorità del duo GeraciBernasconi della U.S. Villa Filippi­ na di Palermo, ha rimontato lo svantaggio aggiudicandosi la vittoria Diamo le classifiche: Singolo: 1. Fioni Enrico, U.S. Sfondrati, Cremona; 2. Brandoli Mario, U.S. Fortitudo. Bologna; 3. Ammarinato Vittori. U. S. Convitto Nazionale, Palermo. Doppio: 1. Celata-Petrelli. US. G. Negri, Roma; 2. Geraci-Berna­ sconi, U.S. Villa Filippina. Palermo: 3. Dotto-Castorina, U.S. Folgore. Treviso.


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COPIO

POT E N Z1A M E N T( ) DELLA CATEGORIA JUNIORES DI PALLACANESTRO Nel quadro del nuovo ordina­ mento dei campionati che il Con­ siglio Direttivo varò il 4 luglio del­ lo scorso anno, durante la riunio­ ne tenutasi sul Colle della Guardia a Bologna, s’inserisce il potenzia­ mento della categoria « juniores » il cui campionato sino allora si era articolato su tre fasi all’ultima delle quali partecipavano le otto squadre vincenti gli accoppiamenti di semifinale (seconda fase) in se­ de unica effettuando gare secondo uno schema di eliminazione diret­ ta in tre giorni consecutivi di com­ petizioni. Il 4 luglio dello scorso anno il C. D. dedicò, pertanto, una parti­ colare attenzione all’ambito della attività minorile, consapevole che soltanto attraverso il potenziamen­ to, lo sviluppo ed il controllo diret­ to di questo importante e basilare settore dell’attività cestistica è pos­ sibile realizzare quei risultati tec­ nici ed agonistici che rappresenta­ no indubbiamente le mète princi­ pali della Federazione L’iniziativa non poteva, d’altro canto, prescin­ dere dalla funzionalità stessa del­ la « nazionale » alla quale i più meritevoli devono giungere attra­ verso una seria e capillare prepa­ razione. Di conseguenza, il D. C. stabilì che sin dall’annata 1954-55 il campionato juniores sarebbe ter­ minato con la fase regionale. A conclusione di questa i Comitati Regionali provvederanno a formare con gli atleti a disposizione che abbiano, naturalmente, partecipato al campionato juniores. una rap­ presentativa regionale. Fu fissato, infine, che le rappresentative ju­ niores delle varie regioni effettue­ ranno tre concentramenti così sta­ biliti: dal 1. al 3 aprile, concentra­ mento di sei rappresentative regio­ nali dell’Italia Meridionale; dall’8 al 10 aprile, concentramento di sei rappresentative regionali dell'Italia Centrale; dal 15 al 17 aprile, con­ centramento di sei rappresentative dell’Italia Settentrionale. Al termine di questi concentra­ menti saranno prescelti venti atleti i quali verranno riuniti per un al­ lenamento collegiale dalla durata di otto giorni (24 aprile-1. mag­ gio), in una sede da stabilire. Questo programma si sta attuali-

do regolarmente in tutta Italia e mentre la Federazione farà cono­ scere quanto prima le sedi dei tre concentramenti ed i nominativi completi delle rappresentative che vi parteciperanno, vengono resi noti i nomi degli allenatori prepo­ sti alle cure delle rappresentative stesse: Abruzzo: Tullio Sorgi; Ca­ labria: Salvatore Zappalà: Emilia: Dino Fontana; Lombardia Lombardia:: Mario Borrekka; Marche: Luigi Patrizi: Piemonte: Alessandro Pellegrini; Sardegna : Paolo Pirastu; Sicilia occidentale: Giuseppe Campo: Si­ cilia orientale: Antonio Genitori; Toscana: Otello Formigli; Umbria: Otello Venturi; Veneto: Enrico Garbosi: Venezia Giulia: Sergio Lenghi; Puglie: Antonio Tamborrino. LE DATE DEI CAMPIONATI DI PALLAVOLO Secondo i programmi tracciati dalla C.E.T.A.P., r campionati di pallavolo avranno inizio nelle se­ guenti date: Serie A Maschile «girone unico « - Girone di andata: inizio 3 aprile, termine 15 maggio - Girone di ri­ torno: inizio 4 settembre, termine 16 ottobre Serie B Maschile (5 gironi elimi­ natori seguiti da prove finali) Inizio 17 aprile, termine 22 maggio. Divisione Nazionale Femminile (3 gironi eliminatori seguiti da prove finali) - Inizio 17 aprile, ter­ mine 22 maggio. EUROPEI MONDIALI DI BASEBALL La Federazione Europea di Base­ ball ha stabilito che il II Campio­ nato d'Europa di baseball sarà di­ sputato a Barcellona, dal 7 al 10 luglio 1955. Al Campionato parte­ ciperanno cinque nazioni: Italia. Spagna. Belgio. Germania e Fran­ cia. Le prime quattro disputarono lo scorso anno ad Anversa il Pri­ mo Campionato Europeo, vinto dal­ la squadra italiana. Quest’anno gli Azzurri avranno l’impegnativo compito di difendere il titolo del massimo prestigio, anche perchè la squadra campione d’Europa per il 1955 dovrà recarsi a Milwaukee, ne­ gli Stati Uniti, per la disputa del Campionato Mondiale, in program­ ma dal 21 al 28 settembre 1955. Alla massima competizione mon-

diale parteciperanno le seguenti rappresentative: Canadà. Columbia, Giappone. Haway, Messico, Porto Rico. Stati Uniti, Europa, quest’ultima rappresentata. come si è detto, dalla iquadra vincitrice del Campionato europeo 1955. DISCORSO SULLA SPAGNA La Presidenza della Federazione Europea di Baseball ha inviato una disposizione a tutte le Nazioni che parteciperanno ai Campionati Eu­ ropei di Barcellona specificando che l’unico documento di identità valido per riconoscere i giocatori sarà il passaporto. Ciò è stato fat­ to allo scopo di vietare agli spa­ gnoli di mettere nella loro squa­ dra i giocatori portoricani e cubani che si trovano in Spagna per fre­ quentare l’università di Madrid e che sono fra i migliori giocato­ ri professionisti di baseball del mondo. Con questi giocatori in squadra la Spagna ha vinto due incontri amichevoli con l’Italia, ma ai Campionati Europei del 1954. svol­ tisi in Belgio, la Spagna, avendo dovuto schierare in squadra tutti giocatori spagnoli, si è classificata dopo l’Italia. Ora, approfittando della circostanza che i Campionati Europei del 1955 si svolgeranno a Barcellona dal 7 al 14 luglio p. v.. la Federazione spagnola vorrebbe far giocare elementi del Centro e Sud America falsando così lo sco­ po ed i risultati del Campionato Europeo che la F.E.B e l’Italia so stengono invece che si debba svol­ gere secondo le norme internazio­ nali e secondo i principii di lealtà e di correttezza sportiva. La Federazione Europea e la Fe­ derazione Italiana di Baseball do­ vranno ora imporsi così come fece la F.I.F.A., vietando all'ungherese Rubala di far parte della nazionale spagnola partecipante ai Campio­ nati del Mondo di calcio. Non è escluso che, se gli spagnoli non recederanno dal loro punto di vista, la Spagna possa essere esclu­ sa dal Campionato Europeo. VIAGGIO IN AMERICA DI TAVONI E RIZZO Sono partiti alla volta di Wash­ ington i giocatori Franco Tavoni del CUS Bologna e Angelo Rizzo della S.S. Lazio. I due si tratterranno negli Stati Uniti per un periodo di due mesi ospiti dei «Washington Senators». Nel corso di una conferenzastampa il Principe Borghese. Pre­ sidente della FIPAB e della Fede­ razione Europea di Baseball, ha il­ lustrato stamane gli scopi dell’ini­ ziativa. Nei due mesi di permanen­ za negli Stati Uniti. Rizzo e Ta­ voni avranno modo di migliorare notevolmente la loro tecnica e sa­ ranno altresì in grado, al loro ri­ torno. di offrire utili indicazioni

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alle Società Italiane circa il gioco ed i sistemi praticati nella patria del baseball. Il Prìncipe Borghese ha altresì rivolto un vivo ringraziamento al signor McKnight, dell’Ambasciata americana, grazie al cui interessa­ mento è stato possibile realizzare l'importante iniziativa. Nel 1953 e nel 1954 erano stati ospiti negli Stati Uniti altri due giocatori italiani, rispettivamente Glorioso e Lachi, ambedue lanciatori. Quest'anno la scelta della Fe­ derazione è stata subordinata alla prossima attività della Squadra Italiana, ed è così che è stato de­ ciso di inviare in America per un periodo di allenamento, un ricevi­ tore ed un interbase, rispettivamen­ te Rizzo e Tavoni. i quali quasi cer­ tamente ricopriranno questi ruoli nella Nazionale italiana. Franco Tavoni ed Angelo Rizzo vantano infatti rispettivamente 5 e 4 pre­ senze nei cinque incontri interna­ zionali fino a oggi disputati dalla Squadra Azzurra. UN ELOGIO DELLA GIUNTA DEL C.ON.I. ALLA PALLABASE

La Giunta Esecutiva del CONI, che ha esaminato l’attività delle Federazioni Sportive Nazionali nel­ l’anno 1954. ha espresso il più vi­ vo elogio della Federazione Pallabase per i risultati conseguiti nel­ la passata stagione agonistica. Il principe Steno Borghese. Pre­ sidente della F.I.PA.B., ne ha rice­ vuta comunicazione ufficiale tra­ mite una lettera del Presidente del CONI nella quale l'avv. Onesti ri­ volge altresì un particolare augurio alla Federazione Pallabase per l’at­ tività futura in campo nazionale ed internazionale.

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DATE DEL CALENDARIO FEDERALE 1955 DI ATLETI­ CA LEGGERA

La Presidenza della FIDAL, in attuazione alle delibere prese dal Consiglio Direttivo nella sua ultima riunione in Roma, ha rese note le date del Calendario Federale per l’anno 1955 Le sedi di svolgimento delle va­ rie manifestazioni verranno comu­ nicate in seguito. 3 aprile: Apertu­ ra stagione agonistica su pista e su strada: 29 aprile-1 viaggio: Cam­ pionati universitari maschili; 5 maggio: Campionati studenteschi; 7-8 viaggio: Campionato Società Maschile (fase provinciale); 15 maggio ; Campionato Società Fem­ minile (fase regionale); 21-22 mag­ gio: Campionato Società Maschile (fase regionale); 29 maggio: Cam­ pionato Società Femminile (semifi­ nali); 4-5 giugno: Campionato SO­ Direttore responsabile : LUIGI GEDDA

cietà Maschile (semifinali): 12 giu­ gno: Campionato Società Femmi­ nile); 18-19 giugno: Campionato Società Maschile (finale); 25 giu­ gno: Partecipazione a meeting al­ l’estero; 25-26 giugno: Campionati Femminili III Serie: 3 luglio: Belgio-Italia femminile; 9-10 luglio: Triangolari maschili III Serie: 10 luglio: Grecia-Italia maschile; 2225 luglio: Giochi del Mediterraneo (maschili); 23-24 luglio: «Crite­ rium » Nazionale III Serie maschi­ le; 31 luglio: Francia-Italia (gio­ vani). maschile; 7-14 agosto: Gio­ chi Internazionali Universitari: 20 agosto: Ungheria-Italia femminile: 10-11 settembre: Campionato Na­ zionale decatlon e 3000 siepi II Se­ rie; 11 settembre: Svizzera-Italia femminile; 17-18 settembre: Cam­ pionati maschili. II Serie: 17-18 settembre: Campionati femminili II Serie; 30 settembre - 2 ottobre: Campionati d’Italia Assoluti ma­ schili: 1 - 2 ottobre : Campionati d’Italia assoluti femminili: 8-9 ot­ tobre: Campionati d’Italia assoluti decatlon e 3000 siepi: 9 ottobre: Italia-Francia-Austria femminile: 15-16 ottobre: Germania-Italia ma­ schile: 22-23 ottobre: Campionato d'Italia assoluto pentathlon fem­ minile; 22-23 ottobre: Gran Pre­ mio delle Regioni (maschile); 30 ottobre: «Criterium» Studente­ schi: 4 novembre: Finali Gran Premio dei Giovani; 13 novembre: Meeting Internazionale in Italia: 20 novembre: Egitto-Italia maschi­ le: 27 novembre: Chiusura attività su pista e su strada.

IL CAMPIONATO PODISTICO DI SOCIETÀ’ 1955 DI ATLETICA LEGGERA

La Presidenza della FIDAL, in base al mandato conferitole dal Consiglio Direttivo, ha così fissato ' l’elenco delle gare valevoli per il Campionato Podistico di Società di Corsa 1955 e Campionato Podistico di Società di Marcia 1955: Corsa : Campionato podìstico 24 aprile (Roma): Vili G. P. San Giuseppe, Km. 15 (org. Poi. ACLIATAC); 8 maggio (Palermo): Ter­ zo G. P. Libertas, Km. 15 (organizz. C. S. Libertas Palermo); 12 giugno (Pisa): Campionato d’Italia maratonina corsa, Km. 20 (org ENAL Provinciale Pisa); 28 agosto (Oltrona al Lago): Corsa su strada chi­ lometri 20-(org. G. S. Oltronese); 11 settembre (Napoli): Campionato d’Italia maratona. Km. 42.195 (or­ ganizz. C. S. Libertas Napoli).

Campionato podistico - Marcia: 25 aprile (Castellanza: IV Giro di Castellanza. Km. 20 (org. U. S. Castellanzese); 29 maggio (Foggia): Marcia su strada Km. 15 (orga­ nizz U. S. Foggia); 6 giugno (Bat­

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taglia Terme): Marcia su strada. Km. 25 (org. U. S. Galileo - Con­ dor); 17 luglio (Genova): Campio­ nato d’Italia maratonina, marcia Km. 20 (org. A.A.A. Genova); 31 luglio (Pescara): Marcia su strada, Km. 30 (org. Unione Aterno Spor­ tiva); 28 agosto (Nuoro): Coppa Gennargentu. Km. 15 (org. Polisp. Gennargentu); 11 settembre (Spo leto): II Spoleto-Fonti Clitunno e ritorno. Km 30 (org. Atletica Spo­ leto): 9 ottobre (Ponte S. Pietro): Campionato d'Italia, Km. 50 mar­ cia su strada (org. ENAL Az. Legler). I regolamenti verranno pubblica­ ti sul Bollettino Federale « Atletica » e verranno inviati a tutte le Società affiliate nell’anno 1955.

GUIDO FIGONE PARTECIPERÀ’ EUROPA ALLA COPPA 1)1 GINNASTICA

L’11 aprile prossimo si svolgerà per la prima volta a Francoforte la « Coppa Europa » gara individuale maschile di ginnastica artistica. Alla competizione, organizzata dalla Federazione internazionale, prenderanno parte i migliori espo­ nenti dell’attrezzistica europea. Su designazione del Direttore Tecnico Nazionale cav. Corrias al­ la Coppa Europea è stato iscritto il campione italiano Guido Figone. LE DECISIONI DEL COMITATO ESECUTIVO DELLA F.I.M.S.

Come già annunciato, si è riu­ nito a Londra il Comitato Esecu­ tivo della Federation International Medecine Sportive, che ha discusso importanti argomenti. Tra l'altro sono state esaminate le domande di ammissione nel con­ sesso internazionale delle Federa­ zioni Medico Sportive del Cile. Ca­ nada, Norvegia, Saar e Ungheria. Sono stati anche esaminati i rap­ porti con il C.I.O. e le modalità al­ la partecipazione al Congresso del C.I.O , che si terrà a Parigi il 10 giugno p. v. E' stato anche stabi­ lito di tenere riunioni scientifiche a Cortina d’Ampezzo, Barcellona e a Melbourne. La relazione del Segretario Ge­ nerale della F.I.M.S. è stata appro­ vata all'unanimità. Il Comitato Esecutivo ha demandato l’incarico al Presidente della Federazione In­ ternazionale ed al Segretario di presentare alla prossima riunione delle Federazioni Sportive Interna­ zionali la mozione per la formazio­ ne di Commissioni Mediche pres­ so le Federazioni stesse. Il prossimo Congresso della F.I.M.S. si terrà nel maggio 1956 in Svizzera

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Cre.ata jper rispondere alle peculiari csi11 ’’intenso i ii 1 mi ti’fiflìr»n attuale, nifimli» noi» genze dell traffico per jj IIIrisiilo a largo raggio, per lo sportivo esigente, la nuova « Gilera 300» compendia la esperiènza conseguita nella costruzione del­ la piccola 150 e quella conseguita nella co­ struzione dei pluricilindrici da corsa. Si è cercato di ottenere in questo veicolo una buona armonia nelle prestazioni ed in modo particolare, più che una velocità mas­ sima eccessivamente elevata, ci si è pre­ occupati di avere forte ripresa, stabilità per­ fetta, peso ridotto, doti queste che conferi­ scono al veicolo tutto quanto è richiesto dal­ le attuali condizioni di circolazione, dove la prontezza nel sorpasso è sicurezza per il conducente, c dove la forte ripresa c la buona manutenzione sono gli elementi base per ottenere forti velocità medie di per­ corso. A queste doti si aggiungano il comfort, una eccezionale silenziosità di marcia, la tradizionale eleganza ed il basso costo di esercizio dovuto sia al consumo di poco su­ periore a quello di una motoleggera, sia alla semplicità di manutenzione consentita dalle pratiche soluzioni adottate. Si domanderà perché è stata scelta una ci­ lindrata di 300 cc. Lia risposta è semplice. Premesso che non esiste alcuna ragione per conformarsi alle cilindrate tradizionali, il motivo di tale scel­ ta è duplice: in primo luogo si è voluto otte­ nere un motore di potenza intermedia per rendere più graduale il passaggio dell'uten­ te abituato ai motoveicoli di piccola cilin­ drata e per mantenere bassi i consumi; in secondo luogo si è perseguito un criterio di unificazione dei principali particolari co­ struttivi con quelli della motoleggera 150, sia per usufruire di soluzioni già largamen­ te sperimentate, sia per contenere i costi di produzione e quindi il prezzo di vendita entro limiti che consentano di interessare la più vasta sfera di utenti. Questa nuova bicilindrica 300, accanto alla ormai popolarissima 150, rappresenta quan­ to di più moderno esiste in campo motoci­ clistico internazionale, e per le sue partico­ lari caratteristiche è destinata ad un sicuro successo.

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