CONFERENZA NAZIONALE SUL RUOLO SOCIALE DELLO SPORT ROMA, 11 MAGGIO DOMUS MARIAE APRILE/MAGGIO 2002 SP. IN ABB. POST. ART. 2 COMMA 20/B LEGGE 662/96 FILIALE DI ROMA
€ 1,80
WEB SITE WWW.CSI-NET.IT VIA DELLA CONCILIAZIONE, 1 00153 ROMA
SPORT PER TUTTI AL BIVIO! DALL’ITALIA CHE FA SPORT ALLO SPORT CHE FA L’ITALIA
CALCIO A CINQUE
MANUELA BENELLI PAG. 15
NATI•NEL•CSI
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VERSO TORONTO
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uno sport alla volta
editoriale editoriale
EDITORIALE
A che serve lo sport? A che serve lo sport? Il prossimo 11 maggio, in concomitanza con il congresso nazionale di metà quadriennio, il CSI metterà intorno ad un tavolo rappresentanti del Governo, del Parlamento, della Chiesa, del CONI, delle Regioni e degli altri Enti di promozione per discutere con loro il futuro dello sport di base. L'iniziativa è stata denominata "Conferenza nazionale sul ruolo sociale dello sport". Il motivo è semplice: il CSI ritiene che, prima ancora di discutere di leggi regionali e nazioSoltanto dopo, se nali, di finanziamenti o della suddivisione di si ritiene che le ruoli fra tutti i soggetti funzioni chiamati in causa dalla promozione sportieducative, va, occorra dirimere culturali e sociali un quesito di fondo: dello sport sono quale ruolo sociale si pensa che la pratica importanti, si sportiva debba svolpotrà stabilire da gere all'interno della società italiana? Detto chi e in che in termini ancora più modo esse semplici: a che deve debbano essere servire lo sport in una nazione moderna? svolte. È incontestabile che l'intero sistema sportivo italiano, per cause che è inutile rivangare, sia stato finora asservito agli interessi dello sport di prestazione, con la base deputata soprattutto ad individuare e selezionare i potenziali talenti. Ma siamo pro-
prio sicuri che vincere medaglie e battere record sia ancora oggi il compito principale dello sport? Tra gli interessi generali del Paese cos'è giusto che venga prima: la funzione educativa e di tutela sanitaria dello sport, o quella di dare lustro alla nazione con la partecipazione vittoriosa alle competizioni internazionali? Queste domande è arrivato il tempo di porsele nitidamente, per poi ri spondere con chiarezza e assumersi in tutta coerenza, ad ogni livello, le responsabilità che ne derivano. Soltanto dopo, se si ritiene che le funzioni educative, culturali e sociali dello sport siano importanti, si potrà stabilire da chi e in che modo esse debbano essere svolte. In Italia stiamo correndo un rischio grosso: da un lato c'è lo sport di prestazione, che è in crisi ma è forte della sua centralità; dall'altro sta crescendo, e presto potrebbe diventare maggioritario, lo sport delle palestre e dei fitness club, privo di regole e, soprattutto, privo di contenuti educativi. L'associazionismo sociale di promozione sportiva è preso nel mezzo, e non sarà qualche sgravio fiscale a ridare fiato alle sue decine di mi gliaia di Società sportive. Se quel patrimonio associativo do vesse deperire, o peggio ancora morire, continuare a parlare della funzione educativa, culturale e so ciale dello sport diventerebbe una grottesca barzelletta. Stadium
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STADIUM
INDICE APRILE/MAGGIO 2002
FUORIGIOCO 6 Quelli che il calcio… lo danno alla TV di Alberto Caprotti
VITACSI 10 Che splendida corsa di Felice Alborghetti
47 “È il gioco il cuore sportivo” ARGOMENTI 4 Sport per tutti al bivio! 8 Brilla l'Italia
di Danilo Vico
53 L'acuto di Forlì di Raffaele Fiorini
54 Al boys la coppa Asystel
di Fernando Mascanzoni
14 Gli ideali europei di Filippo Alloatti
18 Il "genio" dell'Arena di Felice Alborghetti
24 Punto e... azzardo! di Filippo Alloatti
35 Doping pong di Tito Della Torre
40 Quando le parole non bastano di Ilaria Podda
44 Verso Toronto di Rita Salerno
48 Portatori di speranza di Daniele Pasquini
49 Appunti allo stadio Andrea De Pascalis
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Stadium aprile maggio 2002
SPORT&SPORT 38 Stile genitoriale di Sandro Gamba
42 Italian flop di Bruno Longhi
43 Parole di sport: Preghiera di Claudio Arrigoni
46 Trame di gioco: Il rigore sbagliato di Darwin Pastorin
51 Per allenamento: I muscoli dorsali di Alfredo Stecchi
58 Almanacco
Stadium
Mensile del Centro Sportivo Italiano DIRETTORE•RESPONSABILE Edio Costantini EDITORE ARANBLU s.r.l. Società Unipersonale del Centro Sportivo Italiano Via della Conciliazione 1 - 00193 Roma
DOSSIER 21 Due circuiti un solo sport di Andrea De Pascalis
RUBRICHE 15 Nati nel CSI: Manuela Benelli di Felice Alborghetti
27 Uno sport alla volta: Calcio a cinque di Giacomo Abate
30 Salute: Aiuto! Mi si è ristretto il calcio di Sergio Cameli
34 Bar sport 40 Per gioco: Effetto boomerang
DIREZIONE REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE Via della Conciliazione, 1 - 00193 Roma Tel. 06.68404590 - Fax 06.688.02940 http://www.csi-net.it e-mail: aranblu@csi-net.it PUBBLICAZIONE ISCRITTA al nº 4987 del Reg. Stampa del Tribunale di Roma del 4/1/1956 PROGETTO GRAFICO ARANBLU s.r.l. REDAZIONE Felice Alborghetti, Alessandro Cappelli, Andrea De Pascalis, Rosita Farinosi. IMPAGINAZIONE Marco Croci, Alberto Greganti, Loretta Pizzinga, Emanuele Serra.
di Giancarlo La Vella
47 I gregari: Timoniere 55 Tuttoleggi
STAMPA SO.GRA.RO. Società Grafica Romana S.p.A. Via Ignazio Pettinengo, 39 - 00159 Roma
57 Libri 61 Agenda 63 Allo specchio di Don Michele Grieco
Spedizione in abbonamento postale Art.2 Comma 20/B legge 662/96 Filiale di Roma Abbonamento annuale euro 18,08 Una copia euro 1,80
64 Il racconto
di Edio Costantini
Periodico associato all’USPI (Unione Stampa Periodica Italiana)
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POLITICA ASSOCIATIVA
SPORT PER TUTTI AL BIVIO!
Sport per tutti al bivio!
Improvvisi segnali di novità sono arrivati alla metà di aprile sul fronte della politica sportiva del Governo in materia di sport sociale ed enti di promozione. Per ora siamo soltanto sul terreno delle intenzioni, dell'annuncio di una disponibilità a lavorare per risolvere certi problemi, e, considerando i precedenti, è difficile dire se siamo in presenza di una svolta autentica o se si tratta di una cortina di fumo alzata per tamponare il malcontento di un settore pur sempre vasto dello sport italiano. In ogni caso, la situazione impone un'attenta riflessione. Al centro delle novità ci sono stati due fatti: • mercoledì 17 aprile il sottosegretario con delega allo sport, on. Mario Pescante, ha incontrato i rappresentanti degli enti di promozione sportiva, incontro da lui voluto per presentare la bozza del disegno di legge governativo sulle società sportive dilettantistiche; • il 19 aprile il ministro Urbani e il sottosegretario Pescante hanno convocato una conferenza stampa per illustrare, ad un anno dall'insediamento del Governo, cosa era stato fatto per lo sport e cosa si pensava di fare successivamente. Il CSI è andato all'incontro del 17 aprile senza farsi troppe illusioni: già sapeva che la legge preparata dal Governo sulle Società sportive non diceva nulla sugli enti di promozione e sullo sport sociale. Rispetto al DDL 769 sulle Società dilettantistiche che nella scorsa legislatura
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Stadium aprile maggio 2002
era stato approvato in commissione da tutte le forze politiche perdendo per strada la parte relativa allo sport per tutti, il testo presentato dall'on. Pescante cassa anche la parte sul riconoscimento degli enti di promozione. Lo stesso Pescante ha ammesso in conferenza stampa che l'articolato di legge sugli enti era ciò che aveva impedito al DDL 769 di essere portato in aula per l'approvazione, e che per evitare il ripetersi di tali problemi si era preferito lasciare che le norme sulle Società dilettantistiche andassero per proprio conto. Il DDL presentato ora dal Governo si articola su tre aspetti: 1) nuova disciplina giuridica delle Società sportive dilettantistiche; 2) disposizioni per agevolare la vita della Società sportiva dilettantistica, soprattutto sul piano tributario; 3) norme per facilitare l'accesso e la gestione dell'impiantistica sportiva. Si tratta di cose molto utili a tutte le Società dilettantistiche, e, dunque, anche a quelle del CSI, ma resta il dubbio che il provvedimento abbia visto la luce soprattutto per rispondere alla richiesta d'aiuto delle Società federali non professionistiche. Tant'è che, in conferenza stampa, Urbani e Pescante hanno incassato in proposito i ringraziamenti del presidente della FIGC, Franco Carraro. Resta dunque inalterato il vuoto normativo che circonda gli enti di promozione e lo stesso sport per tutti quale è previsto dalla "carte europee". Ma proprio su questo punto il sottosegretario, nel corso dell'incontro con gli enti, ha dato segnali di apertura. L'on. Pescante, in sostanza, ha detto che, per risolvere il problema, è necessario anzitutto che gli enti di promozione decidano qual è il loro campo di attività, cosa vogliono essere, qual è il loro sport, e successivamente riflettano se la loro collocazione debba essere all'interno del CONI o in un organismo a parte sotto l'egida e la vigilanza diretta del Ministero competente. Nel primo caso, il Governo si impegnerà a modificare il "decreto Melandri", in modo che gli enti possano stare nel CONI con dignità, e lavorerà affinché il contributo concesso dal CONI agli enti, oggi pari allo 0.95% delle entrate del Foro Italico, arrivi a livelli più adeguati. Nel secondo caso, si varerà una legge per istituire un organismo deputato a raccogliere lo sport per tutti. Ma, e questo Pescante l'ha ribadito chiaramente, è necessario che gli enti di promozione arrivino ad una posizione chiara e comune.
Com'è noto, le due diverse possibilità non sono inedite e, soprattutto, ciascuna presenta le sue incognite. Stare nel CONI, anche con norme diverse dalle attuali, potrebbe significare continuare ad essere mal tollerati o osteggiati: il problema non è di norme, ma di una mentalità del CONI che non sa rinunciare all'idea che lo sport federale sia l'unico legittimo. Inoltre, poiché i soggetti coinvolti nello sport per tutti sono almeno tre (federazioni, enti di promozione e regioni) si dovrebbero fare i conti con le regioni che più volte hanno dichiarato di non voler essere soggette al CONI nei loro compiti di sostegno alla promozione sportiva sul territorio. Stare fuori dal CONI, alle dipendenza del Ministero, significherebbe intaccare la pur necessaria complementarietà delle forze sportive (alcune nel CONI, altre fuori) e, soprattutto, dovere fare i conti con una forte dipendenza dalla politica. Bisogna poi essere consapevoli che scegliere per l'una cosa o per l'altra comporta per le associazioni come il CSI delle "ricadute" strutturali e organizzative. Ad esempio, raccordarsi ad un ente nazionale è un conto, rapportarsi all'insieme delle regioni, ciascuna delle quali è portata ad interessarsi primariamente del proprio territorio, è un altro. In questa cornice va collocato un altro fatto nuovo: la conflittualità esplosa tra Ministero vigilante e CONI dopo l'annuncio che il Governo ha deciso di istituire un Advisor per controllare il Foro Italico.Quella attuale è, in definitiva, una situazione molto fluida, con tanti interessi in gioco e aperta a soluzioni assai diverse. Come si colloca il CSI in questo frangente? Decenni di politica sportiva che non hanno mai condotto al riconoscimento dei diritti dello sport sociale e degli enti di promozione consigliano di non entusiasmarsi per le dichiarazioni di intenti. Lo stralcio dal DDL sulle Società dilettantistiche della parte riguardante gli enti non costituisce un bel segnale, comunque lo giustifichi il sottosegretario Pescante. Il CSI non deve farsi distrarre da dichiarazioni e polemiche, né deve farsi scoraggiare, piuttosto deve assumere un atteggiamento costruttivo, trovare una sua linea e su quella reggersi saldo nei mesi che verranno. La conferenza nazionale sul ruolo sociale dello sport, organizzata l'11 maggio in occasione del congresso nazionale, costituisce una buona occasione per mettere ulteriormente a fuoco i problemi. Chi è e che cosa fa il CSI lo sa molto bene, e non ha bisogno di un convegno nazionale
per ribadire il senso della propria missione storica, che è quella di lavorare per la promozione dello sport (cosa che in Italia ormai fanno in pochi) quale strumento di promozione umana e sociale (cosa che si fa ancora meno). Sarebbe una gran bella cosa, invece, se la conferenza riuscisse a varare una "carta sociale dello sport", precisando almeno cos'è lo sport sociale e cosa non è (specificità), cosa lo sport sociale si impegna a dare alla comunità civile (funzioni), quali soggetti ne hanno la responsabilità (ruoli) e in che modo essi devono operare (criteri). Sui princìpi della "carta" si potrebbe poi ricercare il consenso di tutte le aree della politica, del mondo dello sport, della Chiesa, del Terzo Settore, dei sindacati e di tutte le forze vive della società italiana. Dopo sarebbe molto più facile presentarsi al confronto auspicato dal sottosegretario Pescante, potendo dire: "Questo è il nostro sport, e questo è ciò che chiediamo". Mettendo così il Governo di fronte ad una scelta chiara, nell'impossibilità di dilazionare ancora la soluzione di quei problemi dello sport sociale per i quali l'Italia sta diventando una sconfortante eccezione nel panorama europeo.
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FUORIGIOCO
QUELLI CHE IL CALCIO... LO DANNO ALLA TV di Alberto Caprotti
Quelli che il calcio... lo danno alla TV IL PALLONE CATODICO NON È PIÙ UN BENE DI PRIMA NECESSITÀ. MA PRIMA DI SPEGNERLO...
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Stadium aprile maggio 2002
L'Italia di quelli che "il calcio in tv è un diritto e guai a chi me lo toglie" ovviamente si è scandalizzata quando nei giorni scorsi mamma Rai ha oscurato le esibizioni di Inter e Milan nelle rispettive (e alla fine penose) esibizioni in semifinale Uefa. Quasi che il pallone catodico fosse un bene di prima necessità. Eppure la diretta è saltata e non si sono registrate vittime, né casi di crisi da astinenza acuta. Quelli che invece un rigurgito da overdose lo provano tutte le estati quando sotto l'ombrellone ti propinano in mondovisione anche l'amichevole più scalcinata hanno incassato alzando le spalle, chiedendosi piuttosto perché non fosse sceso in campo Sua divina Emittenza per salvare l'Italia da tal sopruso restituendo il pane al popolo. La ragio-
è sempre al suo posto, nei secoli indistruttibile. Il problema non è di audience ma ovviamente solo di vil denaro. Il nuovo presidente della Rai in proposito è stato finalmente chiaro: "O i prezzi del calcio in tv si abbassano, oppure noi siamo fuori gioco". Trattandosi di svanziche pubbliche, dire basta è un segno di civiltà. Ma spegnere il pallone avrà un senso solo quando la Rai dirà basta anche ai mega ingaggi di Celentano, Enzo Biagi e compagnia cantante: non è più questione di qualità (il nostro
ne è ovvia: Juventus contro Cooperativa dopolavoro ferroviario costa uno scherzo, Feyenoord-Inter tre miliardi di vecchie e rimpiante lire, ma se Galliani dice che "non vedere in tv il calcio di Coppa è un brutto segnale", allora possiamo stare tranquilli: lui i brutti segnali li fabbrica ogni giorno predicando ipocritamente e razzolando peggio, eppure
pallone attuale non può regalarne purtroppo più di quanta ne offra Panariello) ma di decenza. E di programmazione folle, quella che i nostri club calcistici hanno impostato negli ultimi anni, convinti che la cuccagna mediatica non sarebbe mai finita. Impostare due terzi della propria previsione di entrata sui diritti tv è stata una politica del tubo. Ma di catodico rimarrà ben poco. A giorni poi l'Antitrust dovrebbe pronunciar-
si sulla sfiancante questione della fusione tra Tele+ e Stream, mentre il clima politico è sempre più contrario per ovvi motivi alla battaglia spietata tra Rai e Mediaset. Risultato: le società si troveranno presto ad avere
un interlocutore unico per i diritti in chiaro (Rai), uno solo per le Coppe (Mediaset) e uno per il criptato. Cioè zero concorrenza, meno soldi per tutti. E meno pallone in tv. Che sia un male, in assoluto, è tutto da dimostrare. Ma che una situazione del genere porti al collasso non occorre aver vinto il Nobel per l'Economia per capirlo. Tanto sport italiano è già morto, molto finirà per agonizzare. Immolato al calcio che con le sue obese strategie ha preso a pedate tutte le altre discipline, eliminandole dai palinsesti, o spostandole ai margini, nelle reti deboli, negli orari impossibili. Certe teletrasmissioni di basket, di pallavolo, di pallanuoto, per stare agli sport di squadra, sono persino patetiche, sembrano gentili concessioni in modi e soprattutto in tempi che non diano disturbo non solo ai calciofili, ma a tutti gli utenti televisivi. Questi sport, che almeno in certe anse d'Italia ad un certo punto apparivano concorrenziali al calcio, sembrano ormai confinati nelle riserve del tifo, per i loro penultimi (si spera) mohicani. Non esiste più la gra-
duatoria degli sport ricchi e degli sport poveri. C'è dicotomia totale: uno ricco, tutti gli altri poveri. Poveri di presenza televisiva, dunque di sponsor, dunque di tutto: ricchi al massimo per piccoli spazi di tempo come la vela, a patto che sia Coppa America, o l'atletica, ma solo nei ritagli di un'Olimpiade. L'idea di u n a rete tutta per lo s p o r t extracalcistico, ancora coltivata un annetto fa, sembra adesso demenziale. Chi la paga? E, soprattutto, chi la vede? La Rai che con 2,5 milioni di Euro ha comprato i diritti di 26 discipline per confinarli in spazi angusti, piuttosto dovrà presto far pagare al resto dello sport i 78 milioni di Euro spesi per avere il Mondiale di calcio (quasi dieci volte di più rispetto alla Coppa del Mondo precedente). E fatalmente lo farà oscurando tutto il resto. Il Coni da par suo non ha denaro, non ha forza per invertire la rotta. Né ci pare che la nuova visione politica dello sport si preoccupi molto delle discipline che non hanno mercato, men che meno dello sport praticato, in brache di tela, quello che non si vende ma nemmeno ha mai sognato di prostituirsi allo splendore dei teleschermi. Ma se il pallone dei
potenti è diventato così meschino e ricattabile che c'è solo se lo vedi, se una manifestazione, una Coppa, un campionato ha ragione di continuare a seconda delle bizze del mercato mediatico, questo è un problema loro. Almeno fino a quando la bancarotta di vertice non allagherà del tutto anche i piedi del colosso stanco. Nello sfascio generale, in mezzo all'angosciosa preoccupazione della base che annaspa per sopravvivere nell'indifferenza rognosa dei vertici, almeno c'è un motivo d'orgoglio: quello di non aver bisogno di Mosca, di Biscardi e delle dirette per capire di esistere. Non consola certo, ma aiuta a vivere un po' meglio.
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ARGOMENTI
BRILLA L’ITALIA di Fernando Mascanzoni
PARAOLIMPIADI Brilla l’Italia MA I GIOCHI DI SALT LAKE CITY HANNO CONOSCIUTO ANCHE IL PRIMO CASO DI DOPING "Sono molto soddisfatto. Nove medaglie sono un bottino ottimo, che pochi avrebbero preventivato alla vigilia". Le parole di Luca Pancalli, presidente della Federazione Italiana Sport Disabili, non lasciano spazio a repliche. Il bilancio italiano della VIII edizione delle Paraolimpiadi Invernali, che si è disputata a Salt Lake City dal 7 al 16 marzo, è davvero lusinghiero, se pensiamo che la spedizione azzurra è tornata dalle montagne dello Utah con tre medaglie d'oro, tre d'argento e tre di bronzo, ad un argento appena dal risultato di Nagano 1998. Nove medaglie pesanti, perché se è vero che il numero degli atleti partecipanti è stato inferiore a quello di quattro anni prima (416 contro gli oltre 500 del Giappone), il numero delle nazioni presenti è aumentato (36 contro 32) e che gran parte della causa di questa diminuzione degli iscritti alle gare risiede nei criteri selettivi imposti dall'International Paralympic Commettee, l'organismo internazionale che sovraintende all'attività paraolimpica, oltre alla cancellazione delle gare di short track, la corsa sul ghiaccio. E lo spettacolo ne ha guadagnato, visto che le gare sono state con livelli tecnici mai raggiunti prima e risultati agonistici impressionanti. Ma i Giochi di Salt Lake City hanno conosciuto anche il primo caso di doping della storia delle Paraolimpiadi Invernali. Nella rete dei controlli è infatti finito Thomas Oelsner, tedesco, due successi nel nordico, due medaglie d'oro da raccontare ai nipotini. Due vittorie cancellate con un colpo di spugna per la positività a steroidi anabolizzanti e un'innocenza proclamata ad alta voce. Ma la solidarietà dell'intero team tedesco non è bastata per commuovere i
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Stadium aprile maggio 2002
Da sinistra: Florian Planker, Fabrizio Zardini, Christian Lanthaler
giudici che, inflessibili, lo hanno depennato dalle liste d’arrivo e gli hanno anzi comminato due anni di squalifica. Un esempio che dovrebbe servire da deterrente per il futuro. Ha dominato la Germania, che ha chiuso con 17 medaglie d'oro, 1 di argento e 15 di bronzo; alla sue spalle gli Stati Uniti (10, 22, 11) e la Norvegia (10, 3, 6). L'Italia ha chiuso con un onorevole 11° posto e con la consapevolezza di aver dato il massimo in termini di risultati, se si esclude un pizzico (e non solo…) di rammarico per la prova di slalom gigante, dove gli Azzurri hanno lasciato sulla pista di Snowbasin altra polvere di metallo. Quelle di Roland Ruepp (vedi pagina a fianco) sono state le uniche medaglie arrivate dallo sci nordico, mentre nell'alpino sono stati quattro gli azzurri finiti in medaglia. Fabrizio Zardini, atleta cortinese, ha vinto la prova di superG tra i sitting ed un bronzo nella discesa libera.
Due le medaglie d'argento conquistate dall'altoatesino Christian Lanthaler tra gli atleti amputati, nelle prove di discesa libera e superG, completate dal bronzo di Florian Planker, sempre nel superG. Il quarto azzurro a medaglia è stato Gianmaria Dal Maistro, 21enne ipovedente atleta di Schio, secondo nel gigante maschile, ad un passo dal bis nello slalom, dove ha inforcato una porta nella seconda manche, quando il podio sembrava ormai sicuro. Come lui Lanthaler e Zardini nel gigante, con risultati che avrebbero reso addirittura Se ai Giochi Paraolimpici di Sydney 2000, il personaggio era stato Alvise De Vidi, dominatore indiscusso delle corse in carrozzina di atletica dei tetraplegici con 3 medaglie d'oro, l'ultima edizione delle Paraolimpiadi, quelle invernali disputate a Salt Lake City dal 7 al 16 marzo, l'atleta emblema per l'Italia è stato indubbiamente Roland Ruepp, fondista del Gruppo Sportivo Disabili Alto Adige, tornato a casa con due ori ed un bronzo. L'esordio ai Giochi della neve a tre gocce (simbolo dell'International Paralympic Committee e di tutto il movimento paraolimpico e che rappresentano il corpo, la mente e lo spirito dell'uomo), lo fece a Lillehammer, ma fu a Nagano che conquistò, nella 10 km (media distanza), la prima (e l'unica) medaglia paraolimpica. Amante dello sport estremo, in particolare di freeclimbing, deve la sua disabilità proprio alla montagna quando, nel '90, durante una scalata, precipitò dalla parete rocciosa, riportando una lesione midollare che gli ha compromesso l'uso delle gambe, anche se in maniera non totale. Ma - è cosa comune per gli addetti ai lavori - ciò che può accadere al nostro fisico, non cancella per sempre la possibilità di inseguire un sogno o un ideale e, se prima la passione di Roland era stata lo sport e la montagna, questo amore, accompagnato dalla grinta ed al carattere dell'atleta, è rimasto intatto, tanto da portarlo a conquistare i grandi risultati oggetto della nostra cronaca. Nato a Malles, 37 anni da compiere a fine aprile, Salt Lake City è stata per lui il coronamento di tanti anni dediti a sedute estenuanti di allenamento in una disciplina, quella dello sci di fondo, tra le più
esaltante il bottino finale. E peccato che Lanthaler si sia imbattuto nell'australiano Michael Milton, un vero e proprio professionista dello sci, capace di vincere quattro medaglie d'oro in quattro gare. Ma impresa ancora più esaltante è stata quella della norvegese Myklebust, che negli Stati Uniti ha vinto cinque medaglie d'oro, portando il suo bottino personale a 17 medaglie del metallo più pregiato in cinque edizioni dei Giochi. In pratica, non fallisce un primo posto da Lillehammer '94. Grande Paraolimpiade, dunque, e grandi
progetti per un'Italia che, da ora in poi, dovrà pensare all'appuntamento di Torino, tra quattro anni: "I programmi sono stati già avviati - aggiunge Luca Pancalli - e puntano all'allargamento della base agonsitica, con corsi per giovani atleti. Le prime risposte sono state positive, soprattutto tra gli ipovedenti e i ciechi sportivi. Creeremo inoltre una squadra di hockey su ghiaccio in carrozzina. A Salt Lake City ho visto partite spettacolari e per Torino dovremo essere in grado di presentare una Nazionale italiana in grado di ben figurare".
R OLAND R UEPP,
durante le sue imprese, aveva con sé un prezioso portafortuna: aveva portato dall'Italia un disegno di sua figlia Natalie che ritraeva tutta la famiglia composta dalla moglie Rosemarie, dal secondogenito Manuel e naturalmente da papà Roland con le sue stampelle. Lui ci crede fermamente che gli abbia portato bene, forse sottovalutando un poco il suo valore, ma è stato il grande fondista, non l'uomo fortunato, ad aver ragione di quelli che fino alla vigilia di questi giochi era no considerati i mostri sacri di questa disciplina. E se Ruepp ha lasciato l'oro allo svizzero Weber e l'argento al campione europeo in carica Oliver Anthofer nel biathlon è stato solo perché l'unica pecca del fondista di Sluderno è quella di non riuscire a sparare benissimo in gara (perché in allenamento il poligono gli crea meno problemi). Per il resto l'italiano ha stracciato tutti sia nella corta che nella media distanza, 5 km la prima, 10 km la seconda, dove le braccia degli avversari annaspavano nella neve pesante e bagnata della "Trincea del Soldato" (questa la traduzione letterale della località sede delle competizioni) quasi fosse una palude, mentre le spinte dell'alto atesino sembravano provenire da lunghissime leve, arti quasi bionici. Tecnica perfetta, braccia che sfruttavano appieno la spinta, ritmata e potente, bandana rossa stretta intorno alla testa e denti serrati. In ordine cronologico bronzo, oro e ancora oro e l'incoronamento tra i più forti di tutti i tempi. In termini più utilitaristici queste medaglie gli frutteranno 32 milioni (12 l'oro, 10 l'argento, 8 il bronzo, cumulabili) delle vecchie lire cui si aggiungo anche i premi federali.
TRE MEDAGLIE E UN DISEGNO PORTAFORTUNA …
DI ALESSIA FERRI
dure dell'intera gamma sportiva. Il tipo di handicap, la paraplegia incompleta, impone all'azzurro di gareggiare da seduto su un apposito sedile montato sugli sci da fondo, un attrezzo che viene, anche se impropriamente, chiamato slittino. L'unica forza di cui dispone l'atleta è quella delle braccia e l'anello di Salt Lake City presentava delle pendenze assolutamente al limite della sopportabilità per un atleta disabile. "La pista era molto impegnativa - ha dichiarato Ruepp col suo accento tipicamente sudtirolese - le salite tremende, un percorso durissimo. Ma a Soldier Hollow Roland Ruepp,
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VITACSI
CHE SPLENDIDA CORSA di Felice Alborghetti
G.P. di Roma Che splendida corsa!
AI PRATONI DEL VIVARO IN 1500 PER LE FINALI NAZIONALI DI CORSA CAMPESTRE Si susseguono rapidamente le finali nazionali del CSI. In attesa della Joy Cup di giugno, e mentre sono in corso di svolgimento quelle del tennistavolo a Terni, raccontiamo le emozioni della due giorni campestre passata ai Castelli romani, dal 22 al 24 marzo, in occasione del 5° Gran Premio Nazionale di cross. Il sabato siamo ai Pratoni del Vivaro, pochi chilometri da Rocca Priora, a due passi da casa Ceccarelli, là dove nacque Daniela, ora campionessa di sci, fatto un po' insolito a queste latitudini semiappenniniche. La bionda gigantista laziale è impegnata nelle sue gare, ma -seppure a distanza - veste i panni di madrina della manifestazione, augurando a tutti una buona gara, su quei prati, in quei boschi, dove tanto fiato aveva speso anche lei, da piccolina. Il bellissimo centro federale, solitamente adibito ai concorsi ippici, è un pieno d'atleti: nel paesaggio, vasto, sullo sfondo verde che fa bella cornice, tante macchie cromatiche, maglie, tute, e borse. Come uno sfogo di bolle. Come se la natura avesse tanta voglia di corsa da sfogare. Stavolta i purosangue sono di un'altra specialità, e il prato si risparmierà il calpestìo dei ferri, degli zoccoli equini, e sarà pronto invece, e ben adatto, a piegarsi alle centinaia di suole chiodate, che hanno corso fin lì su altri circuiti nelle più diverse regioni italiane. Le emozioni cominciano con la sfilata delle rappresentative; dietro le bandiere di ogni regione si allineano di fronte al palco-premiazioni le migliaia di ragazzi rappresentanti delle società sportive. Sopra, sventolano quattro bandiere significative: il tricolore italiano, quella europea a quindici stel-
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Stadium aprile maggio 2002
CLASSIFICHE INDIVIDUALI
le, quella arancio-blu siglata CSI e quella della pace, che ispira un messaggio comune, letto da un ragazzo e una ragazza insieme. Le note di Mameli ed il successivo discorso di benvenuto del presidente ciessino Edio Costantini sono l'aperitivo al piatto forte della giornata: si comincia a correre.
Q UALCHE
NUMERO
Sono oltre millecinquecento gli assiepati nei pressi della partenza. Atleti, dirigenti e tecnici accompagnatori, per non parlare degli amici e dei genitori al seguito. Dietro i nastri che delimitano il tracciato, chi filma e riprende i passaggi, chi chiama il tempo, tutti incoraggiano ad andare avanti. Quelli che poi si allineano ai nastri di partenza sono un migliaio, suddivisi nelle 18 categorie (maschili e femminili), dagli esordienti, con atleti classe 1991/92, ai ragazzi, cadetti, allievi, juniores, seniores, amatori fino ai veterani, nati nel 1951 e ancor prima. Boom di partecipazioni nelle categorie ragazzi (133) e ragazze (106), cadette (92) e cadetti (103). Le distanze oscillano dai 1.000 metri per i più piccoli, ai 3100 degli allievi, fino ai 5.000 metri per i più... stagionati.
LE
GARE
Soliti rituali prima del via: c'è chi fa stretching in compagnia, chi si riscalda da solo, chi prova uno scatto, o il ritmo del passo. I lacci si stringono, nel rito sempre uguale e ripetuto della conta, e poi lo sparo. Un arcobaleno di colori ad ogni start. Spiccano l'azzurro della ligure Alba Docilia,
i siciliani in giallo, la Trilacum in blu, i piemontesi in bianco, il rosso lombardo-veneto… una geografia multicolore. Si rincorrono i sorrisi come il rapido susseguirsi degli arrivi e delle partenze. Soffia nella valle alle spalle del lago di Albano una fredda tramontana, in certi tratti a favore, ma in altri…. Il tempo è galantuomo - si dice - ma non lo sarà troppo con le signore, le atlete veterane e amatori. Passato mezzogiorno il cielo si fa scuro e, proprio al momento in cui vanno smettendo la tuta, un improvviso acquazzone bagna le concorrenti. Alcune rinunceranno. Al terzo giro però fa capolino il sole che accompagnerà il resto della giornata e si prosegue. Vanno le gambe, soffrono le caviglie, rullano metri cosce e polpacci tesi. L'arrivo col fiato in gola è comune a tutte le gare. I nastri bianchi che segnano il tracciato ondeggiano vorticosamente, come applaudissero e incoraggiassero lo sforzo degli atleti. Giungono al traguardo alla spicciolata, felici per essere arrivati, e non sanno nemmeno dirci in quale posizione. Sono contenti lo stesso per avere partecipato. Ad attenderli all'arrivo non mancano acqua e tè. Come le medaglie, le coppe e le maglie azzurre scudettate pronte per i freschi campioni nazionali.
O RIENTEERING A vivacizzare il Gran Premio di Rocca di Papa c'è stato il primo appuntamento nazionale con l'orienteering. L'abbinamento con la campestre non è casuale: l'orienteering
Nome Esordienti F 1 Agosti Sara 2 Tessaro Gloria 3 Piccin Elena
Società
Comitato
Atl Murano Pol. Dueville N. Atl. S. Giacomo
Venezia Vicenza Treviso
Esordienti M 1 Troncone Ares 2 Spandri Marco 3 Vergazzini Michael
Csc Oltrefersina Csc Cortenova Piani Di Vas
Trento Lecco Udine
Ragazze 1 Scandolara Valentina G.S. G. Biasin 2 Poser Serena N. Atl. S. Giacomo 3 Allegretta Alessandra Atletica Fanfulla
Verona Treviso Lodi
Ragazzi 1 Carradore Alessio 2 Sironi Simone 3 Pangos Bostyan
G.S. G. Biasin G.S. Bernatese G.S. Alpini Udine
Verona Como Udine
Cadette 1 Della Libera Sara 2 Baldessari Cinzia 3 Kosovelj Maateja
N. Atl. S. Giacomo G.S. Trilacum G.S. Alpini Udine
Treviso Trento Udine
Cadetti 1 Marongiu Stefano 2 Trost Mitja 3 Martin Michel
Csc Cortenova G.S. Alpini Udine Atl. Caldogno '93
Lecco Udine Vicenza
Allieve 1 Palladino Laura 2 Zappini Laura 3 Costa Elisa
G.S. Virtus Csc Oltrefersina N. Atl. S. Giacomo
Campobasso
Allievi 1 Simoncelli Daniele Atl. Cast. Monti 2 Nadalini Francesco U.S. 5 Stelle 3 Rosa Marco Csc Cortenova
Trento Treviso
R. Emilia Trento Lecco
Juniores F 1 Barberis Daniela 2 Rebuzzi Manuela 3 Ferrari Lisa
Alba Docilia Savona Cmr Atletica Reggiolo R. Emilia Juv.Vic.Atl.Azzurra Parma
Juniores M 1 Kosovelj Mitja 2 Beati Tommaso 3 Cracco Luca
G.S. Alpini Udine Udine Pol. Atl. Sangiorgese Ascoli Pic. Atl. Valchiampo Vicenza
Seniores F 1 Arici Giovanna 2 Zorzanello Michela 3 Bartoli Rita Seniores M 1 Floriani Yuri 2 Pintarelli Gil 3 Agnini Pierandrea
Pol. Valdagno Vicenza Atl. Caldogno '93 Vicenza Cmr Atletica Reggiolo R. Emilia U.S. Villazzano Csc Oltrefersina Atl. Villorba
Trento Trento Treviso
Amatori A F 1 Perusi Daniela U.S. Intrepida 2 Bassini Mariella B&Rc Cast. D'Adda 3 Marsura Mariangela S.P.A.L. Sernaglia
Verona Lodi Treviso
Amatori A M 1 Calzana Ferruccio 2 Brunetti Roberto 3 Melita Sebastiano
Pol. La Torre B&Rc Cast. D'Adda G.S. Indomita
Bergamo Lodi Messina
Amatori B F 1 Cavalli Giovanna 2 Lanziner Rosanna 3 Lolli Franca
Gsa Corno Marco Italia Lecco S.V. Trodena Trento CSI Bologna Bologna
Amatori B M 1 Mastro Berardino Amatori Atl. Massa Massa Carr. 2 Bellanova Leonardo Atl. Città Bianca Ostuni 3 Maccagnan Lino U.S. Virtus Nemeggio Feltre Veterane 1 Rota Mistica 2 Iandolo Angela 3 Castello Elena
Csc Cortenova Pol. Juve Luras B&Rc Cast. D'adda
Lodi
Veterani 1 Orlandini Roberto 2 Pulga Fausto 3 Puglisi Salvatore
San Pellegrino B&Rc Cast. D'adda U.S. Cesio
Bergamo Lodi Feltre
Lecco Gallura Angl.
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VITACSI
CHE SPLENDIDA CORSA
Classifica a squadre Società Esordienti F 1 U.S. Spera 2 G.S. G. Biasin 3 G.S. Bondo
Comitato Trento Verona Trento
Seniores F 1 S.P.A.L. Sernaglia Treviso 2 G.S.3 Stelle Naut.Bolis Lecco 3 Nuova Atl. S. Giacomo Treviso
Esordienti M 1 U.S. 5 Stelle Trento 2 Nuova Atl. S. Giacomo Treviso 3 G.S. Trilacum Trento
Seniores M 1 Csc Oltrefersina 2 B&Rc Cast. d'Adda 3 Atl. Acquappesa
Trento Lodi Tirrenico
Ragazze 1 U.S. Spera Trento 2 Nuova Atl. S. Giacomo Treviso 3 G.S. G. Biasin Verona
Amatori A M 1 B&Rc Cast. d'Adda 2 A.A.A. Malo 3 G.S. Valgerola
Lodi Vicenza Sondrio
Ragazzi 1 Nuova Atl. S. Giacomo 2 Csi Lumignano 3 G.S. Trilacum Cadette 1 Nuova Atl. S. Giacomo 2 G.S. Virtus 3 U.S. Spera
Amatori B F 1 Csi Casalecchio 2 U.S. Spera 3 Atletica Sintofarm
Bologna Trento R. Emilia
Amatori B M 1 Csi Morbegno 2 Altl. Città Bianca 3 G.S. Virtus
Sondrio Ostuni Campobasso
Veterani 1 B&Rc Cast. d'Adda 2 Atl. Ceriale S.Giorgio 3 G.S. G. Biasin
Lodi Albenga Verona
Treviso Vicenza Trento Treviso Campobasso Trento
Cadetti 1 Nuova Atl. S. Giacomo Treviso 2 G.S. Virtus Campobasso 3 S.P.A.L. Sernaglia Treviso Allieve 1 Nuova Atl. S. Giacomo Treviso 2 U.S. Spera Trento 3 G.S. Virtus Campobasso Allievi 1 Nuova Atl. S. Giacomo Treviso 2 Csc Cortenova Lecco 3 Pol.Montecc.Precalcino Vicenza Juniores F 1 Cmr Atl. Reggiolo 2 Alba Docilia 3 G.S. Virtus
R. Emilia Savona Campobasso
Juniores M 1 G.S. Virtus 2 Csc Cortenova 3 S.A. Valchiese Società
Campobasso Lecco Trento Comitato
Classifica Generale Femminile 1 U.S. Spera Trento 2 Nuova Atl. S. Giacomo Treviso 3 G.S. Virtus Campobasso Classifica Generale Maschile 1 Nuova Atl. S. Giacomo Treviso 2 G.S. Trilacum Trento 3 Csc Cortenova Lecco
Classifica Generale 1 Nuova Atl. S. Giacomo Treviso 2 G.S. Virtus Campobasso 3 U.S. Spera Trento
può rappresentare per le società sportive un naturale e valido complemento all'attività della campestre; é una disciplina in cui l'abilità fisica si mescola assai bene con l'astuzia. Al via oltre un centinaio di ragazzi, qualcuno si ritirerà dopo aver perso (metaforicamente) la bussola. Il più rapido ha impiegato meno di mezz'ora a raggiungere il traguardo, dopo aver scovato le lanterne nell'immenso parco dei Castelli. C'è pure chi ha impiegato un'ora prima di transitare sotto l'arrivo delle premiazioni. Scattano scaglionati di un minuto l'un l'altro: in mano hanno una mappa muta, roccia, albero, ponte compaiono nella legen-
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da. Di corsa vanno verso le lanterne, hanno la bussola ed il punzone per segnare il cartellino. Ride un ragazzo: "Mi sono perso. Ma è andata meglio così. Ho sbagliato strada, sono arrivato fino ad una casa, dove una signora, vedendomi così trafelato, mi ha offerto la colazione". Non è uno scherzo, perché i primi due o tre punti di controllo erano molto difficili, ben nascosti a detta di tutti i partecipanti.
S TAFFETTONE
DELLE REGIONI
Per concludere, la domenica il consueto "Staffettone delle Regioni", prova di staffetta su strada con squadre miste di atleti di diverse categorie, ma di medesima regione, si è svolto nel pieno centro di Frascati, nella bellissima cornice di Villa Torlonia. Anche qui il freddo gelido che aveva caratterizzato la giornata precedente non è mancato. In seguito la pioggia e addirittura qualche fiocco di neve, davvero insolito per queste latitudini, hanno accompagnato le gare della domenica mattina. Quattro le staffette in programma: due delle categorie giovanili raggruppanti atleti dagli esordienti ai cadetti e due delle categorie assoluti che facevano correre insieme atleti dagli allievi
Le voci dei crosser Ferruccio Calzana (Pol. La Torre - Bergamo) "Non ci credo, non ci credo, non ci credo! Ho saltato tante gare durante questa stagione a causa di un'infezione. La gara è stata splendida; mi sono ritrovato subito in testa, quasi senza volerlo. Alla fine ho capito che sarebbe stata gara a due, allora ho cercato di impostare il ritmo. Sull'ultima salita Brunetti mi aveva ripreso e lì ho capito che si giocava di psicologia: non ho voluto farmi staccare, ho allungato, ho rischiato tutto e …. Marcello Roma (Atletica Città Bianca- Ostuni) "Era la mia prima gara nazionale, sono molto soddisfatto per essere arrivato quinto. Proprio un bell'esordio!".
ai veterani. Tutti di nuovo in pista: qui davvero l'importante è partecipare. Tutti per uno, uno per tutti, vola il testimone di mano in mano. Per la cronaca il Triveneto pone il sigillo su quasi tutte le staffette. A tutti si è dato appuntamento per il prossimo anno per la sesta edizione del Gran Premio nazionale di corsa campestre a Paestum con il percorso che si snoderà all'interno della valle dei templi, scenario incantato che lascia presagire ancora una volta grandi emozioni.
Alessandra Allegretta (Atletica Fanfulla) "Soddisfattissima del terzo posto. Bellissima gara; è il primo anno che vi partecipo. Sono felicissima, spero di poter tornare il prossimo anno e puntare magari al primo posto". Sara Della Libera (Nuova Atletica San Giacomo - Treviso) "Contentissima! Era il primo anno e… faticosa. Anche alla fine non pensavo di farcela, perché ero davvero sfinita". Stefanno Marongiu (CSC Cortenova - Lecco) "Un percorso proprio bello. Fatica? Non ne ho fatta neanche troppa… Mi sono allenato parecchio per questa gara e ne è valsa proprio la pena"
Laura Palladino (G. S. Virtus Campobasso) "Una grande emozione. Lo speravo tanto ed é arrivata questa vittoria. Sono proprio felice. Dedico la medaglia al mio allenatore, che comunque mi ha sempre aiutato. La mia è una famiglia di atleti; anche mio fratello vinse 4 anni fa nel CSI e lo scorso anno fu secondo". Andrea Gatti (orienteering - L.S. Ruffini Viterbo) "Ho preferito inizialmente orientarmi col sole. Ho perso parecchio tempo a cercare le prime lanterne… Una era nascosta in una specie di pozzetto, l'altra in un sentiero”. Daniele Simoncelli (Atletica Castelnovo Monti - R. Emilia) "Per la terza volta sono campione d'Italia CSI, ora vorrei emergere anche nel gruppo Fidal. La più bella medaglia? Quella a Boario, tre anni or sono. Lì venivo da una brutta sconfitta e mi ha aiutato molto a credere in me stesso".
Altre voci "Una gara piuttosto impegnativa, con due salite degne di considerazione. Non ho ottenuto un buon risultato, ma mi sono divertito comunque". "Un percorso stupendo, che ripaga di tutto. È difficile trovare prati come questo!" "C'è molta preparazione prima di arrivare ad una finale come questa. Almeno tre mesi li devi impegnare".
Classifica Staffette Giovanili Femminile (esordienti f - ragazze - cadette) 1 Veneto Treviso 6 Treviso Poser Serena 2 Friuli 4 Udine Humar Petra 3 Trentino A3 Trento Ropele Michela
Fantuz Samantha Faleschini Anna Costa Luisa
Alpago Barbara Leban Spela Trentin Alessia
Epis Giovanna Tahirovic Sabina Rigoni Rossella
Della Libera Sara Kosovelj Maateja Baldessari Cinzia
Giovanili Maschili (esordienti m - ragazzi - cadetti) 1 Trentino A Trento Graziola Mattia 2 Veneto A Treviso-Vicenza Calo' C. Alberto 3 Friuli 1 Udine Pangos Bostyan
Graziadei Davide Marostica Michele Vergazzini Michael
Bisesti Mirko Marchioni Matteo Trost Mitja
Caldonazzi Massimo Grotto Andrea Andlovec Edvin
Franzelin Fabian Martin Michel Pasavec Tomsic Kal
Assoluti Femminili (allieve - Juniores f - seniores f - amatori A/B f - veterane) 1 Veneto Treviso 7 Treviso Maset Mara Pollazzon Serena 2 Trentino A3 Trento Zappini Barbara Visentin Sara 3 Emilia R. 10 Reggio E. Bartoli Rita Bari Lorena
Della Libera Maggie Lanziner Rosanna Rinold Linda
Bernasconi Valentina Rosso Anna Rebuzzi Manuela
Costa Elisa Zappini Laura Novelli Nicoletta
Assoluti Maschili (allievi - Juniores m - seniores m - amatori A/B m - veterani) 1 Trentino A2 Trento Pintarelli Gil Chan Chane 2 Veneto A2 Vicenza-Treviso Agnini Pierandrea Cracco Luca 3 Friuli 3 Udine Micoli Victor Kosovelj Edvin
Nadalini Francesco Barbon Francesco Torkar Claudij
Mattuzzi Mirko Cisco Damiano Bertoni Romeo
Floriani Yuri Volpato Marco Kosovelj Mitja
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ARGOMENTI
GLI IDEALI EUROPEI a cura di Filippo Alloatti
FICEP Gli ideali europei VIVIANE REDING, COMMISSARIO EUROPEO PER L'ISTRUZIONE E LA CULTURA, AL 65° CONGRESSO DELLA FICEP In una Bruxelles illuminata da un raggiante sole d'aprile, si è tenuto il 65° congresso della FICEP (Fédération Internazionale Catholique d'Education Physique et Sportive). Venerdì mattina si è svolta la cerimonia di apertura, presso il Palazzo dei Congressi. Tema centrale di questo anno era "L'apporto del mondo dello sport alla realizzazione degli ideali europei". Particolarmente attesa dai più era la relazione del commissario europeo responsabile per l'istruzione e la cultura, Viviane Reding. Il commissario ha posto l'accento sul valore formativo della istruzione in generale e dello sport in particolare dicendosi d'accordo con il politico della Rivoluzione Francese Jean Jacques Danton quando questi afferma che "dopo il pane l'istruzione è il bisogno fondamentale". Si è anche soffermata sul valore aggiunto che ha la pratica sportiva in un istituto scolastico. Le sue parole hanno ricordato come tradizionalmente l'educazione fisica sia stata considerata "un primo approccio allo sport ed è utilissima per educare il corpo". Secondo la Reding questa definizione è riduttiva nella misura in cui trascura le qualità che la pratica sportiva a scuola fornisce per essere, un domani, un cittadino "equlibrato". "L'educazione fisica - prosegue - esclude per definizione il doping, la violenza e la corruzione", piaghe tristemente note del mondo sportivo odierno, "mentre al contrario valorizza un concetto di sport ben lontano da certe esasperazioni
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"L'educazione fisica - prosegue - esclude per definizione il doping, la violenza e la corruzione", piaghe tristemente note del mondo sportivo odierno, "mentre al contrario valorizza un concetto di sport ben lontano da certe esasperazioni nefaste, per il piacere e il benessere di ciascuno."
nefaste, per il piacere e il benessere di ciascuno". Ampiamente apprezzato dai delegati presenti in sala il passaggio nel quale Madame Reding ha parlato del suo "credo" sportivo. Alla base del quale si trovano i valori tradizionali dello sport quali il fair play, l'onestà, il rispetto per gli altri, nei confronti degli avversari e verso gli arbitri. Inutile sottolineare quanto sia importante l'esplicito riconoscimento e il fermo ribadire di questi princìpi da parte di chi ne ha la responsabilità in seno alla Commissione
Europea. A questo proposito il commissario si è impegnato, nel corso dell'anno, a "far passare un messaggio e a promuovere un conseguente progetto". Il messaggio dice che la Commissione non si interessa solamente dello sport quale attività economica che rappresenterebbe soltanto "la punta dell'iceberg, indispensabile ma non universale". Viceversa si rivolge ad uno sport estraneo all'enfasi sulla performance o l'accento sui milioni dei finanziamenti. Quanto al progetto, o meglio ai progetti, questi sono necessari per concretizzare quanto altrimenti rischia di esser percepito come troppo ideale. Tra gli esempi del piano d'azione la signora Reding ha citato: • progetto dello sport a scuola per i valori olimpici Nell'autunno 2001 è stato lanciato in collaborazione con il nuovo presidente del CIO, signor Rogge, un progetto sperimentale per la promozione dei valori dello sport a scuola. L'iniziativa sta avendo luogo presso scuole francesi, italiane e olandesi. E sarà probabilmente estesa in altri paesi membri. • 2004 anno europeo dell'educazione allo sport Nell'ottobre scorso la Commissione ha fatto propria la mia proposta di dedicare all'educazione allo sport l'anno 2004. Allo stato dei fatti si aspetta il pronunciamento del Parlamento europeo e del Consiglio dei ministri.
NATI NEL CSI
MANUELA BENELLI
A volte ritornano. Non è un film, ma é la storia di Manuela Benelli, la più importante giocatrice nella storia della pallavolo italiana, nata e tornata nel CSI, alzatrice della storica Olimpia Teodora Ravenna, vincitrice di undici scudetti consecutivi dall'81 al ‘91. Raccontiamola.
E fu così che un gruppo di giovanissime adolescenti, conosciutesi sotto rete da bambine, si ritrovarono a distanza di molti anni, dopo aver intrapreso strade e carriere più o meno parallele, spinte da due grandi motivazioni: l'amicizia e l'amore per il volley. Nate entrambe in una squadra del CSI. Tra loro c’era Manuela, che oggi allena la "sua" Starfin di Ravenna in serie A1, ma contemporaneamente "alza" palloni su palloni nel Ravenna Volley, campionato CSI, ovviamente. "È bellissimo! Abbiamo avuto la fortuna di ritrovarci tutte, dalla Incerti-Pedrini alla Vitagliano, dalla Ruffini alla Causevic e tutte le amiche di un tempo, e di riformare la stessa squadra di quando eravamo piccole. A quel punto siamo andate a ripescare il nostro mitico allenatore Gianni Gnani, che non allenava più da anni e lo abbiamo coinvolto. Insomma è rinato un bel gruppo!".
Foto di Fabrizio Zani
di Felice Alborghetti
Manuela Benelli Che età avevi, quando vi conosceste? Ho iniziato a 10 anni, e giocavo nel Torrione. Dalla prima divisione fino alla serie B sono stata lì fino ai 17 anni, poi finii in serie A, mentre alcune di loro hanno continuato in altre categorie. L'anno scorso ci siamo ritrovate quasi per scherzo e quest'anno ho chiesto espressamente di non essere tesserata come giocatrice FIPAV in modo di poter disputare con loro il mio campionato. Ci stiamo divertendo un mondo.
Qualche aneddoto? Il nome al quale è legata tutta la mia infanzia è proprio Gianni Gnani, allora ed attuale allenatore. Era il classico allenatore vecchio stampo, faceva tutto lui, un fac-totum della situazione. Ci ha trasmesso lui tutta la passione per la pallavolo. Aneddoti? Ogni trasferta sarebbe un aneddoto da raccontare: con lui ad ogni spostamento si rischiava di rimaner senza benzina… qualche volta siam pure tornate in autostop.
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Foto di Fabrizio Zani
MANUELA BENELLI
Foto di Fabrizio Zani
NATI NEL CSI
Come trovi lo sport CSI? Sono tesserata nel CSI (la sua è la nº 1783, ndr) come lo ero da piccola. A Ravenna il volley é lo sport cittadino per antonomasia, almeno nel femminile, è uno sport molto praticato, con una base ampissima. Di sicuro nel CSI è stato un crescere diverso nei valori dello sport. Il bello di essersi ritrovate è proprio nei ricordi di un tempo, quando la pallavolo era diversa e lo era anche nei valori che adesso paiono scarseggiare. E com'è il volley di oggi? È in crescita sicuramente, con un forte timore che questo boom sia legato troppo al marketing pubblicitario e ad un fattore estetico. C'è molto più professionismo, ci si allena di più, più ore, più nei dettagli. Tra qualche anno, di questo passo, potremmo anche a livello di Nazionale arrivare ai livelli della maschile. Allenerebbe una squadra maschile? Sotto il profilo umano non avrei problemi, anzi mi piacerebbe molto. Avrei magari dei problemi tecnici, poiché, avendo vissuto sempre pallavolo femminile, dovrei approfondire
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le conoscenze tecnico-tattiche del loro gioco. Diverso allenare gli uomini? Credo che sia diverso, non il gesto tecnico, ma il tipo di gioco, da un punto di vista tattico, di preferenze nelle scelte di un fondamentale su un altro. Dovrei capire più a fondo la gestione dei punti, e la metodologia di allenamento. Nell'uomo il gesto atletico trova il suo sbocco nella preponderanza fisica, nella donna ancora no. Ci si sta incamminando verso un potere fisico, ma lì vince ancora di molto la tecnica. Credo che nella pallavolo l'aspetto più spettacolare sia la difesa, dunque più la palla rimane in aria, più ci guadagna lo spettacolo. Fra qualche anno la figura del libero sarà sempre più professionale e specialistica. Da allenatrice, come sono i rapporti con gli allenatori-maschi? Sono due gli aspetti: l'esser donna e l'essere una ex atleta. Credo che alcuni allenatori si sentano minacciati dal fiorire di ex giocatori che finiscono in panchina, sia nel maschile che nel femminile. Ho molti colleghi
«Conosco bene Maurizia Cacciatori, probabilmente è stata presa in questo business, in questa ruota che gira a velocità altissima e ora sportivamente ne paga le conseguenze» che in passato sono stati miei allenatori, ma non è tanto questo la discriminazione quanto il loro pensarci impreparati, senza gavetta, non pronti. Ci giudicano con un frettoloso: "Siete ancora delle atlete". In realtà io spero in tutta la mia carriera futura di non dimenticarmi mai della mia
tere o altro… Sono scelte personali. Due parole sul ruolo di palleggiatrice La migliore dote credo sia quella di conoscere a fondo i propri attaccanti, cioè sapere e capire i momenti dei diversi compagni. La capacità di tenere in mano la squadra, quella di gestire il peso sulle proprie spalle è quel qualcosa in più che differenzia un campione da un buon palleggiatore. Inoltre studiare gli errori degli avversari, capire quelli delle compagne. Ricordo gli ultimi tempi in cui giocavo, con la sicurezza e l'esperienza maturata, parlavo spessissimo con i miei attaccanti. In allenamento chiedevo: Hai sbagliato tu? Ho sbagliato io il tempo? Vieni prima o dopo? Come la
vuoi? In partita dicevo loro che ero sempre io a sbagliare, ben consapevole della verità; dare sicurezza agli attaccanti è fondamentale. Pallavolo sport tipicamente femminile. Perché? È uno sport molto armonioso, molto adatto alla donna, Non c'è contatto fisico. Storicamente uno sport che esalta il fisico femminile. La tua vittoria più bella? Dico sempre che è quella che deve ancora avvenire, la prossima. Il successo più importante è quello che devo ancora raggiungere… …E allora, visto che siete ai play-off è forse il campionato CSI che ti manca? Sì… La prende a ridere.
Foto di Fabrizio Zani
esperienza da giocatrice, anche se ora sono a tutti gli effetti solo allenatrice. Ed i rapporti con le sue giocatrici? Sono single, ma ho dodici ragazze che mi fanno dannare, come avere undici figlie. Dalla mia ho 20 anni di spogliatoio alle spalle, un'esperienza, cioè, che poche allenatrici possono vantare ed in questo senso ho trovato la fiducia delle ragazze che sentono di potersi fidare. Ho dato sempre loro le risposte che io mi sarei voluta sentir dare, perché giocando molte situazioni si capiscono meglio. Non ho trovato alcun problema nella gestione del gruppo, i problemi semmai sono solo sulla tecnica. Sempre più volley nei calendari. Non si rischia di veicolare la pallavolo attraverso mezzi poco sportivi, ma solo per le bellezze fisiche? Bisogna fare bene attenzione. Il boom c'è stato. La cosa che a volte non viene valutata è il punto di vista delle atlete. Esse stesse credo non debbano fare determinate cose, o meglio lavorare cercando di far risaltare la propria personalità d'atleta più che di donna. Un'atleta deve sempre e comunque rapportarsi con il mondo da atleta, poi ci sono atlete più o meno belle, ma questo fuoriesce nella personalità e nel carattere femminile di ognuna. Manuela Di Centa, ad esempio, era conosciuta come atleta forte di uno sport faticoso. Nelle sue vittorie poi è stato esaltato il suo sorriso. Non ha quindi perso la sua femminilità pur essendo un'atleta vincente. Maurizia (Cacciatori ndr) - io la conosco bene - probabilmente è stata presa in questo business, in questa ruota che gira a velocità altissima e ora sportivamente ne paga le conseguenze (il suo sito personale dopo una gara persa in Coppacampioni era pieno d'insulti, messaggi provocatori e cattivi su di lei, secondo i tifosi più concentrata sulle performances cosmetiche che su quelle agonistiche). Alcune atlete invece affrontano le partite pensando al rossetto da met-
Manuela Benelli, al suo posto sotto rete, con la maglia scudettata della Teodora
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ARGOMENTI
IL «GENIO» DELL’ARENA di Felice Alborghetti
Il «genio» dell’Arena Il calcio consuma tutto. Anche le favole. Così il “pandorato” Chievo dopo Natale aveva già perso gusto. Invece, a due settimane dalla conclusione della stagione, questa piccola-grande società, la Cenerentola con gli scarpini, la si chiami pure di quartiere, borgo o frazione, insomma il Chievo sta per entrare nell’Europa che conta, dopo il suo primo leggendario campionato in A. Come non si può provare simpatia per il Chievo, la seconda squadra di tutti? Partiamo dal derby recente. Giulietta e Romeo, Capuleti e Montecchi, Hellas e Chievo. Anche la Verona calcistica ha il suo derby dell'Arena. C'è rivalità nelle due squadre veronesi? Quest'anno è cresciuta molto, anche perché il Chievo s'è imposto a livello nazionale e mondiale. Prima il Chievo era visto come il fratellino minore, adesso, in serie A è normale assistere ad un aumento della rivalità. In percentuale sono meno i tifosi del Chievo, perché il Verona è una squadra che ha una storia… Mi fa piacere però che tanti sportivi che tifavano per il Verona adesso seguano anche il Chievo, e che tanti bambini vengano a vedere le partite: continuando così in futuro possiamo crearci una bella fetta di pubblico. Con la Juve e con la Samp hai già giocato quello della Mole e della Lanterna, rispetto agli altri derby come hai vissuto quello scaligero? Io ho giocato poco più di due anni nell'Hellas e altri tre nel "Ceo", come lo chiamano i nostri tifosi. Per Verona è stato un evento importantissimo, un record con i 41.000
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spettatori presenti al Bentegodi. Certo é aumentata la rivalità tra le tifoserie, perché il Verona vuole mantenere la supremazia cittadina e il Chievo vuole farsi spazio. Penso che per la città di Verona avere due squadre in serie A sia un gran motivo di orgoglio. Al derby comunque c'è stato un clima stupendo, dominato dal gialloblù di entrambe le tifoserie sugli spalti, in uno stadio all'inglese. Ci siamo presi una bella rivincita al ritorno, dopo la bruciante sconfitta dell'andata. Come descriveresti il fenomeno Chievo? Il Chievo anche in B è sempre stata una società ben strutturata, poco conosciuta perché era solo un quartiere di Verona, però constava di buoni giocatori, giovani della "primavera" o di altri che magari venivano da annate sfortunate e che potevano rilanciarsi a Verona. Ha sempre fatto scelte oculate ed è stato premiato con questa bellissima promozione in serie A. Poi nessuno di noi si aspettava un campionato così importante. In realtà aspettavamo di giocarci la salvezza fino alla fine, e avremmo tutti firmato per uno spareggiosalvezza, data l'importanza attribuita a priori a questo obiettivo. Invece oggi... Purtroppo nel girone di ritorno tanti, troppi pareggi, anche l’ultimo con l’Inter; però abbiamo ancora 2 partite per raccogliere il massimo dei punti e a quel punto... Qualche aneddoto su Chievo quartiere. Nessun giocatore abita a Chievo; comunque so che lì sono nati parecchi club. In concomitanza con la promozione in massima serie ne è poi nato uno, "i mussi volanti", in risposta ad uno striscione creato dai tifosi del Verona in precedenza che diceva
Foto di Carlo Giuliani
A 180' DALLA FINE DEL CAMPIONATO LA “CENERENTOLA” CHIEVO VEDE LA CHAMPIONS-LEAGUE. NON È FORSE IL LIETO FINE DI UNA FAVOLA? CE LA RACCONTA EUGENIO CORINI
Eugenio Corini, sei stagioni tinte di gialloblu (di cui le prime due nell’Hellas) saluta i suoi tifosi, che l’hanno ribattezzato «genio».
Specialista nei calci piazzati, va a segno nel primo derby in A al Bentegodi
tamente. Riuscii a malapena a fargli fare l'autografo dopo la partita, e tramite il vecchio massaggiatore del Brescia che aveva contatti in Brasile ebbi la sua maglia del Flamengo, che ancora custodisco come un cimelio. Il calcio brasiliano è sempre stato il mio preferito, mi ha sempre appassionato molto. Amo giocare con il numero 5 perché era quello di Falcao, in assoluto il mio calciatore modello. D'Angelo e D'Anna sono le bandiere del Chievo. Cosa vi hanno raccontato e tramandato di questa squadra? Con D'Angelo, il capitano, c'è un rapporto di affetto e di stima reciproca; mi sono fatto raccontare da lui i passi da gigante fatti dal Chievo. D'Anna invece è arrivato quando era già in serie B. Come è stata presa la prima convocazione
Ciao Eugenio, se non sei in Giappone il CSI ti aspetta in piazza per un'altra "Grande sfida". Quella dal 24 al 26 Maggio.
Foto di Liborio
che se il Chievo fosse andato in A i mussi (il musso è il simbolo del Chievo con sopra Cangrande della Scala) avrebbero volato come a dire che sarebbe avvenuto un miracolo. Ora i mussi voleranno pure in Europa! Due rigori falliti in una stessa gara. Volevi forse battere il record di Martin Palermo, che ne sbagliò tre di fila? Ci mancava solo il terzo. Il mister me lo avrebbe fatto comunque battere, ha dichiarato, ma senz'altro una brutta esperienza, perché già sbagliare un rigore è abbastanza pesante, sbagliarne due è stata proprio una forte emozione negativa… Ti senti, da geometra e playmaker in campo, la responsabilità di far quadrare il bel gioco a tutto campo del Chievo? Non avverto particolare pressione perché è sempre stato il mio ruolo e cerco di farlo con la massima naturalezza, anche se penso che un calciatore deve mettere in campo le proprie qualità sempre a disposizione della squadra. Hai una tecnica particolare nel tirare le punizioni di cui sei grande specialista? Nulla di particolare; ogni giocatore a seconda del tipo di tiro che ha, prende un certo tipo di rincorsa, si sistema in un certo modo, e affina le proprie qualità con l'allenamento. È importante farlo perché poi magari in campo ne nascono dei gol da calci piazzati, da palle inattive. C'è qualche calciatore del passato a cui t'ispiri? Il mio idolo sulle punizioni è sempre stato Zico, secondo me uno dei più bravi a calciare certe traiettorie. Lo vidi in un'amichevole che lui venne a fare con l'Udinese a Brescia, però non l'ho mai incrociato diret-
azzurra di un clivense, Marazzina? Tutti parlano di Baggio. E di Corini coreano? Benissimo per Massimo. Io voglio solo continuare così, senza montarmi la testa: certo, andare ai Mondiali significherebbe un sogno che si realizza. Che storia è, invece, quella della scimmia di peluche? È il nostro portafortuna, ha fatto il suo esordio alla terza giornata di campionato di serie B in casa contro il Treviso. È stata una partita giocata non benissimo da noi e vinta agli ultimi minuti con un pizzico di fortuna. La scimmia era appesa lì quel giorno e da allora non ci ha più mollato e ci ha fatto compagnia in questi due anni straordinari. Non ha un nome specifico, per tutti però è "Trudi". Ha un suo posto nello spogliatoio e io la metto nella borsa per portarla in trasferta. Il nostro massaggiatore Alex, poi, la prende e la fa toccare ad ognuno di noi prima di scendere in campo. I tuoi esordi? Ho cominciato a giocare a 6 anni nell'oratorio "don Bosco", nei tornei provinciali, poi a 10 sono approdato alla "Voluntas" che è la squadra succursale del Brescia calcio, in cui i più bravi a 14 anni vanno alle giovanili del Brescia calcio. Per me che il calcio sia diventato il mio lavoro è un gran motivo di orgoglio perché era il sogno che avevo da bambino.
Festa-Chievo dopo il gol alla Lazio
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DOSSIER
DUE CIRCUITI UN SOLO SPORT di Andrea De Pascalis
Due circuiti un solo sport ATTIVITÁ SPORTIVA ISTITUZIONALE E PROGETTI SPORTIVI SPECIFICI Si fa presto a dire sport, ma che cos'è in fondo lo sport? A questa domanda si è sempre risposto con grande fatica, e nel tempo sono state codificate diverse teorie sull'essenza dello sport, su cosa debba intendersi per sport. Tutti i tentativi di una codificazione unica del termine hanno fatto naufragio di fronte alle tante facce che l'attività sportiva può assumere sotto il profilo tecnico, pedagogico e sociologico. Ed è proprio questa, probabilmente, la principale verità possibile: non esiste lo sport in quanto tale, ma esistono gli sport come insieme di modelli differenti che nascono da bisogni e condizionamenti specifici, sia individuali sia collettivi, che peraltro mutano nel tempo. Il Centro Sportivo Italiano, che è una grande associazione non solo per anzianità e per numeri, ma proprio perché incarna sul territorio tante anime diverse, non può ignorare questa realtà fondamentale, e in particolare non può farlo nel momento in cui mette mano ad un progetto che deve caratterizzare le proprie attività per gli anni a venire sia sul piano culturale sia sportivo. Ma, al tempo stesso, non può ignorare che essere Associazione è differente da essere Federazione: un agglomerato di Società sportive diventa associazione se condivide un ideale forte (la "mission"), e quell'ideale cerca di esprimerlo attraverso un'attività avente uno "stile" unitario; se invece quella mission comune non c'è e si sta insieme unicamente per condividere un regolamento o alcuni servizi, allora si fa Federazione. C'è dunque una duplice esigenza: da un lato il CSI deve esprimere un'attività sportiva unitaria, che nell'insieme identifichi lo "stile" dell'Associazione nel contesto dello sport italiano e in un determinato periodo storico; dall'altro, nella consapevolezza che sempre esisteranno gli sport e non lo sport, deve consentire che ciascuno, Società o Comitato, persegua il modello di sport più rispondente ai bisogni e alle condizioni dell'ambiente in cui si trova ad operare. Si tratta di due esigenze diverse ma non divergenti, da cui fare derivare proposte che, appunto, non siano in concorrenza. Ed è ciò che ha condotto il nuovo progetto culturale sportivo a distinguere tra "attività istituzionali" e "attività per progetti", termini e concetti
che vanno approfonditi nelle loro premesse e nei loro sviluppi per non generare equivoci.
L' ATTIVITÀ
ISTITUZIONALE
Il CSI è un'Associazione che ha sempre amato molto rincorrere la domanda sportiva, cercando formule nuove e inventando modi diversi di fare uno stesso sport. Questa è la sua grande ricchezza, che è bene continui ad essere tale anche nel futuro perché, come abbiamo visto, è la logica sportiva moderna che richiede modelli non cristallizzati. Ma una cosa è la voglia di sperimentare, una cosa è, invece, la necessità di istituzionalizzare, nel senso di coagulare intorno a regole e formule certe, un'attività già collaudata. Regole e formule certe sono le due chiavi di ciò che il progetto cul-
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DOSSIER
DUE CIRCUITI UN SOLO SPORT
turale sportivo del CSI definisce ora "attività istituzionali". Un torneo di calcio a 11 non può che avere le stesse regole di gioco a Treviso come a Catania, quelle stesse regole previste dalle carte federali del calcio, al di fuori delle quali il gioco non può più essere definito calcio ma diventa un'altra cosa. Potrebbero cambiare invece le formule, perché si può giocare una volta alla settimana o una volta al mese, solo in autunno o fino a primavera, in partite a turno secco o andata e ritorno, con classifica a due o a tre punti per vittoria, con tre o con sei sostituzioni. In linea di massima, per il Comitato o la Società sportiva non viene certo a cadere la libertà di scegliersi la formula ritenuta più adeguata alle circostanze. Il progetto pone però alcuni paletti entro i quali ci si può muovere. Ciò fondamentalmente per due diversi ordini di motivi: a) la necessità di innervare le formule più tradizionali con elementi in grado di aggiungere qualcosa in più all'attività sotto il profilo socioeducativo, e di evitare eccessi e "cadute di stile" incompatibili con la "filosofia" del CSI; b) dare quel tanto di uniformità alle attività che non si esauriscono a livello dell'unico torneo locale, ma proseguono confluendo in fasi provinciali, regionali e nazionali; se vi è circuito a più livelli, il circuito non può che svolgersi con criteri il più possibile uniformi in ogni passo del suo progredire. La "istituzionalizzazione" di talune attività, nel significato concreto che il progetto attribuisce a tale termine, non è altro che una risposta a quell'esigenza antica, ribadita anche nel Congresso nazionale di Fiuggi, di razionalizzare, sistematizzare e dotare di continuità una congrua parte dell'attività sportiva. Un po' diversa è la questione rappresentata dall'attività istituzionale per quelle fasce di età dove il CSI non aveva proposte così collaudate e diffuse da essere facilmente mutuabili nel progetto culturale e sportivo. Qui, con l'aiuto di esperti, si è andati decisamente verso l'innovazione, con proposte basate su scelte meditate sotto il profilo fisiologico, pedagogico ed etico, oltre che sportivo.
L' ATTIVITÀ
PER PROGETTI SPECIFICI
Non sono pochi i Comitati e le Società che elaborano progetti di attività sportiva che qualificano l'impegno del CSI sul versante della promozione sociale. Si pensi ai progetti per i carcerati, per gli anziani delle case di riposo, per gli immigrati e così via. Questo tipo di progettazione è nato nel CSI ben prima che a livello europeo, e successivamente italiano, si cominciasse a parlare della promozione sportiva come campo che attraversa fortemente le politiche sociali. Oggi questa è la nuova frontiera dello sport, che affida al cosiddetto "sport per tutti" il compito di contribuire a concretizzare importanti obiettivi pubblici quali la coesione sociale, la tutela sanitaria, la lotta all'esclusione sociale. Una visione dello sport, questa, che trova accoglienza in un numero crescente di legislazioni regionali, e che prima o poi passerà a livello nazionale. Si tratta di un'attività che non potrà mai diventare "istituzionale", essendo basata su situazioni particolari, quasi sempre diverse da luogo e luogo. In questi casi, perciò, il progetto culturale sportivo si astiene da suggerire regole e criteri, piuttosto indica obiettivi, fornisce spunti ed esempi, soprattutto ricorda che l'unico modo di lavorare possibile è quello per progetti. Si tratta di stabilire di volta in volta, in base alle realtà che ci trovia-
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Stadium aprile maggio 2002
Dire che l'attività per progetti specifici si gioca su valori forti, come quelli espressi nel Manifesto del Giubileo del 2000, non significa che l'attività istituzionale possa fare a meno di alimentarsi di quegli stessi valori. Se il calcio, il volley o il basket del CSI provano a prescindere da quei valori, a non… metterli in campo, sarà difficile distinguere il calcio, il volley o il basket del CSI da quello delle rispettive federazioni. Se ciò avvenisse, sarebbe un problema di non poco conto. Il CSI è una di quelle associazioni che sono definite "di identità sociale", nel senso che in esse i soci si riconoscono nel comune riferimento ad una cultura sociale diversa, ad uno stile di vita particolare. In queste associazioni è più forte che in altre il bisogno che l'attività, in ogni suo aspetto, esprima chiaramente la particolare cultura su cui si basa lo stare insieme. Nello specifico del CSI l'identità sociale consiste nel riferimento alla matrice dell'ispirazione cristiana, nel ritenere che lo sport debba essere messo al servizio della persona e della comunità civile, e che nell'attività sportiva debbano esprimersi taluni valori - educativi, sociali e culturali - ritenuti altrettanto rilevanti di quelli tecnici.
IL
mo di fronte e alle esigenze che queste manifestano, quali debbano essere i valori educativi e sociali da perseguire mediante la progettazione sportiva. L'orizzonte di riferimento qui differisce dalle attività istituzionali anche sotto un altro importante aspetto: il perseguimento di obiettivi sportivi è decisamente secondario (ma non irrilevante, sia chiaro) rispetto al valore sociale dell'attività. La funzione dello sport qui mette l'accento su altri versanti che, volendo esemplificare, sono poi incarnati dalle funzioni attribuite alla pratica sportiva nel "Manifesto dello sport" presentato in occasione del Giubileo degli sportivi del 29 ottobre 2000 (vedi riquadro).
LA
DISCRIMINANTE VERA : I VALORI
Nel modo in cui il progetto culturale sportivo distingue, quanto ad attività sportiva dell'Associazione, tra attività istituzionali e attività per progetti specifici si annida qualche rischio che può nascere da una lettura superficiale. Non deve esservi dicotomia tra attività istituzionale e attività per progetti specifici. Dire che una parte dell'attività è istituzionale perché l'Associazione la condivide tutta e da essa trae la propria immagine non significa che l'attività per progetti specifici sia secondaria, che alla prima si debba riservare ogni energia e la seconda possa essere tralasciata. Dire che l'attività a specifica impronta sociale è per progetti non significa dire che l'attività istituzionale non si sviluppi secondo il metodo della progettazione, che è oggi l'unico possibile per conferire una nuova dimensione allo sport.
VOLTO E L ' ANIMA
Per concludere, riprendendo lo slogan del Congresso nazionale del 2000, potremmo dire che le due aree di attività previste dal nuovo progetto culturale sportivo vanno a costituire il volto e l'anima del CSI odierno: l'attività istituzionale è il volto, ciò che tutti vedono e possono toccare con mano, un elemento "fisico" che comunque esprime emozioni e sentimenti; l'attività per progetti è la sua anima, un quid impalpabile senza il quale, però, non ci sarebbe vita, un quid che, allorché si nutre di slanci ideali e di grandi aspirazioni, riesce a diventare specchio e strumento di qualcosa di ancora più grande.
Le funzioni attribuite allo sport nel "Manifesto degli sportivi" Il "Manifesto degli sportivi" presentato a Giovanni Paolo II dal mondo dello sport il 29 ottobre 2000, allo stadio olimpico, attribuiva allo sport le seguenti funzioni: • funzione ludica, per consentire alle persone di sprigionare creatività, gioia, gratuità nella fruizione del tempo libero, sia individuale che collettiva; • funzione culturale, per contribuire ad una più approfondita conoscenza delle persone, del territorio e dell'ambiente naturale; • funzione sanitaria, per concorrere a preservare e migliorare la salute di ogni persona; • funzione educativa, per favorire un'equilibrata formazione individuale e lo sviluppo umano a qualsiasi età; • funzione sociale, per promuovere una società più solidale, lottare contro l'intolleranza, il razzismo e la violenza, operare per l'integrazione degli "esclusi"; • funzione etico-spirituale, per perseguire i valori morali e contribuire allo sviluppo integrale della persona umana; • funzione religiosa, per aiutare, mediante lo sviluppo pieno delle potenzialità della persona, ad apprezzare sempre più la vita, che per i credenti è dono di Dio.
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ARGOMENTI PUNTO E... AZZARDO! di Filippo Alloatti
Punto e... azzardo! SE 147 MILIARDI DI EURO VI SEMBRAN POCHI
"Quando ero un ragazzo mi chiamavano scommettitore. All'aumentare delle dimensioni dei miei affari mi si è conosciuto come speculatore. Adesso mi si chiama banchiere. Ma ho sempre svolto la stessa identica attività" Sir Ernest Cassel, banchiere di Edoardo VII nonché generoso benefattore
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Stadium aprile maggio 2002
Popolo di poeti, santi e navigatori ce lo avevano già detto. Di giocatori lo apprendiamo adesso. Il mercato mondiale del gioco ha raggiunto a fine 2001 la vertiginosa cifra di 128 miliardi di dollari pari a circa 147 miliardi di euro. Se agli Stati Uniti spetta il primato globale dal momento che siedono su una montagna di 42 miliardi di euro noi non siamo da meno. Il mercato italiano ne vale 18 ma siamo quelli che spendono di più per scommesse e lotterie in rapporto al reddito pro capite. I 230 euro pro capite giocati ogni anno in Spagna e i 151 della Gran Bretagna, che pure in questo campo qualcosa da insegnare l'ha, non possono non impallidire se confrontati con i nostrani 271 che ci assicurano il discusso e discutibile primato europeo. L'indecorosa quantità di denaro polverizzata ogni anno offre una esatta e tremendamente sintetica misura di quanto ci si sia ammalati. Ma non è che l'inizio. Dalla fine del 2001, infatti, complice anche l'introduzione del Bingo, solo nel mese di gennaio si è registrato un incremento medio del 25,56%. Per il Lotto siamo addirittura a più 65,62%. Con l'apertura di molte sale Bingo, che consentono di giocare a tutte le ore, è aumentata la pressione psicologica sulle famiglie. Vista la diffusione pare opportuna una sintetica disamina del fenomeno. Nella natura umana è insita una predisposizione quasi atavica a quella malattia che va sotto il nome di azzardo o speculazione. Sui due termini sono stati spesi, malamente, fiumi di inchiostro e parole mischiati ad un discreto numero di corbellerie. Vediamo di chiarire.
"Ci sono due momenti nella vita di un uomo in cui egli non dovrebbe speculare: quando non se lo può permettere e quando invece può". Mark Twain
Quando non sinonimo di speculazione, l'azzardo, inteso come "lo scommettere su un esito incerto", può esserne stretto pa rente. Se poi andiamo ad indagare il grado di parentela scopriamo, libri di testo delle facoltà di Economia e Scienze Statistiche alla mano, che entrambi rientrano nella categoria generale dell'investimento. Questo equivale a dire che tanto puntare denaro in una mano di poker quanto giocare al Bingo sono investimenti, quindi sono "impegnare denaro per ottenere un guadagno". Ma le affinità non si fermano ad una contiguità prettamente terminologica e, quindi, "superficiale". Vanno anche in profondità. Frequentemente con il vocabolo speculazione si sottende un investimento che si presenta ad "alto rischio", che può dare grandi guadagni o cospicue perdite rispetto all'importo impiegato, parimenti con azzardo si
Scommettiamo che...? Tra la figura dello speculatore e quella del giocatore d'azzardo si possono tracciare delle similitudini. Già l'allora presidente della Repubblica Luigi Einaudi si preoccupò di discutere e successivamente emendare l'uso del termine "speculazione" come sinonimo di "azzardo" nella lingua italiana. Nello Scrittorio del Presidente si avverte che "se si usasse la parola speculazione nel senso di operazione fatta da chi, guardando al di là della punta del suo naso, si preoccupa di quel che può accadere nell'avvenire, non vi sarebbe nessun inconveniente nell'usarla. Però siccome l'uso comune è legato a concetti quali "filibustie-
designa un’"azione altamente speculativa". Dal punto di vista logico, della definizione della aspettativa, anche se non mi "azzardo" ad addentrarmici, non c'è differenza tra una scommessa sul prezzo futuro del grare", "brigante in guanti gialli", "frequentatore di locali malfamati" e simili, parrebbe opportuno astenersene nei documenti legislativi". Lo scrittore americano Mark Twain bollò "settembre come un mese particolarmente pericoloso per speculare. Essendo gli altri: agosto, gennaio, luglio, marzo, novembre, dicembre, febbraio, aprile, giugno, maggio, ottobre". Il suo collega russo Fyodor Dostoevsky, incallito giocatore d'azzardo, dispensava, nelle lettere indirizzate alla moglie, pillole di saggezza disvelandole come il segreto per aver successo alla roulette: " [fosse] molto semplice e [consistesse] nel mantenere il self control ad ogni momento del gioco e nel non esaltarsi mai".
no, come ai primordi degli attuali temutissimi financial futures, ed una sul risultato finale di una partita di pallone. L'autentica differenza si rintraccia nel criterio in base al quale si accetta la scommessa; criterio principe per lo speculatore è quello del confronto tra il rendimento atteso e il rischio o probabilità di scostamento dal rendimento atteso; il giocatore d'azzardo accetta invece la scommessa anche se l'aspettativa di guadagno non è tale da compensare il rischio della operazione. Semplificando, lo speculatore è un professionista mentre il giocatore d'azzardo è più casereccio, perlomeno nelle sue scelte. Gli economisti distinguono lo scommettere dallo speculare sulla base del fatto che il primo presuppone la creazione ex-novo di un rischio per il gusto del divertimento, e della sfida, del giocatore, mentre il secondo concerne l'assunzione del per il processo capitalistico inevitabile rischio. In altre parole chi punta su Varenne o sul risultato di Italia vs. Germania crea artificialmente il rischio mentre lo speculatore che
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ARGOMENTI
PUNTO E... AZZARDO!
acquista azioni sul mercato viene coinvolto nel trasferimento di uno già esistente. Quanto alle prospettive per il futuro, se le conclusioni di recenti indagini statistiche condotte sulla diffusione del "morbo del gioco" nel Belpaese sono attendibili c'è di che preoccuparsi; a giocare sono sempre i più poveri: il 56% degli strati sociali medio-bassi, il 47% di quelli più poveri e il 66% dei disoccupati. Al quadro già grave va aggiunta la considerazione che queste ingenti cifre, quando sborsate da persone dal reddito particolarmente basso, potrebbero portare direttamente nelle grinfie degli usurai, come ha di recente denunciato il presidente della Consulta nazionale antiusura, padre Rastrelli. Inoltre, se aumentano le giocate, diminuiscono in modo sinistro le vincite: nel gennaio 2001 con giocate per un totale di 515 milioni di euro le vincite sono state pari a 280 (54,5%) mentre nello stesso periodo del 2002 a fronte di 852,6 milioni di euro spesi le vincite si sono assestate sui 233, pari al 27,3%. A poco vale la consolazione che le entrate del gioco d'azzardo allevierebbero il peso degli interessi sul debito pubblico dal momento che lo Stato incassa il 25% dell'ammontare delle giocate. Il rischio, è proprio il caso di dirlo, è che, come scrive il sociologo Maurizio Fiasco, i legalizzati giochi si trasformino in "una tassa sulla povertà, inversamente proporzionale al reddito".
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LA CEI NE PARLA IN UN CONVEGNO SU FAMIGLIA, USURA, E SOVRAINDEBITAMENTO di Rita Salerno Siamo dunque un popolo di giocatori incalliti, capace di impegnarsi tutto e di ricorrere, in alcuni casi, perfino agli usurai. Anche la Chiesa Italiana si è interrogata sui dati di inizio anno così allarmanti in un convegno, il 10 e l’11 aprile alla Domus Mariae, su famiglia, usura, e sovraindebitamento. Si gioca di più, si vince di meno: questo è quanto emerge dalla ricerca commissionata al sociologo Maurizio Fiasco dalla Consulta nazionale antiusura. E i dati gli danno ragione: a fronte di 852,6 milioni di euro spesi, le vincite sono state 232,9. È la Campania (2,5%) la regione con la maggiore propensione al gioco, mentre il Trentino (1,3%) la più virtuosa. Colpa delle sale Bingo più che raddoppiate, del Gratta e vinci, dell'Enalotto. Della voglia, insomma, di assicurarsi un futuro miliardario senza troppa fatica. Sta di fatto che sono soprattutto famiglie numerose già indebitate, disoccupati e abitanti delle periferie degradate a ricorrere al gioco come un passaporto per la speranza. In pratica si tratta di una falsa informazione che il gioco sia sinonimo di occupazione e di socializzazione. "Calcolando diciassette dipendenti per ognuna delle 800 sale Bin-
go previste nel corso dell'anno, sono 13mila i posti di lavoro che si creerebbero e non i 40mila annunciati - sottolinea padre Rastrelli - per non parlare poi del fatto che è il profitto puro e semplice a guidare il gestore dei locali. Nei casinò dei poveri, per guadagnare bisogna far chiudere una partita dopo soli tre minuti. Altro che tombolate". E pensare che c'è chi li chiama "i posti dove il gioco si fa arte"."Solo i videopoker in Italia sono non meno di ottocentomila precisa ancora padre Rastrelli - "è un meccanismo che crea dipendenza. Si instaura una sfida tra la macchina e la persona da cui si esce sconfitti. Perdenti sul piano umano e sociale. Con conseguenze facilmente intuibili come malattie e alienazione dal contesto di riferimento. Oggi è la famiglia il bersaglio privilegiato di questo gioco al massacro". "È cambiato l'obiettivo - chiarisce Fiasco - "Non c'è più il gioco per il giocatore di professione, ma ci sono tante vittime del profitto di pochi". E dal gioco all'indebitamento il passo è breve. La denuncia del segretario della Consulta è circostanziata. Sono almeno 250.000 le famiglie alle prese con debiti di gran lunga superiori alle loro entrate a causa di mutui contratti per la casa, o di giochi e lotterie, o peggio già cadute nella rete degli usurai. L'indagine curata dal sociologo Maurizio Fiasco contribuisce a gettare ombre su una situazione dalle tinte fosche: per l'Adiconsum non sarebbero meno di due milioni i gruppi familiari in uno stato economico precario. In questo contesto, il rischio del ricorso agli strozzini è concreto. Di qui, aggiunge Fiasco, "la necessità di estendere alle famiglie in difficoltà la possibilità di accedere al fondo di solidarietà che oggi, in base alla legge 108 del '96, è previsto solo per coloro che esercitano un'attività imprenditoriale". "Il settore non crea benessere - gli fa eco monsignor Alberto D'Urso presidente della Consulta nazionale antiusura - ma opera una deviazione e sottrae risorse da altri comparti, deprimendo la domanda". Per questo, Rastrelli ha chiesto il 26 febbraio scorso un'audizione al presidente della Commissione Economia e Finanze del Senato, Riccardo Pedrizzi, ed inviato nel dicembre scorso una lettera aperta al Presidente del Consiglio e ai segretari dei partiti di maggioranza. Finora, inutilmente.
UNO SPORT ALLA VOLTA AFFETTUOSAMENTE «CALCETTO» di Giacomo Abate
Affettuosamente CALCIO A CINQUE «calcetto» DUE MILIONI E MEZZO DI ITALIANI SI IMPROVVISANO ALMENO UNA VOLTA LA SETTIMANA GIOCATORI SUI CAMPETTI SINTETICI Il bambino è cresciuto forte e robusto. Ora frequenta l'università. A pieni voti, avrà una brillante carriera. I bimbo di cui si parla in senso allegorico, è il calcio a 5, figlio legittimo di sua "maestà" il calcio e della signora che di nome fa "strada" e di cognome" necessità'". Sì, è proprio così, il calcetto si è sempre giocato in strada o nel campetto dell'oratorio. 3 contro 3, 5 contro 5, 15 contro 15, ma non era mai stato istituzionalizzato, erano altri tempi, era uno dei pochi divertimenti. Ora è necessario continuare a giocare allo sport più bello del mondo, anche se si è in pochi al caldo della palestra, senza sporcarsi, anche se non si è più giovanissimi, come momento di relax e di "scaricamento di tensioni" della giornata ed ecco il" boom "del calcio a 5.
UN
PO ' DI STORIA
Il calcio a 5 non ha delle origini precise, nasce nelle strade per voglia e necessità di coloro che lo praticano. Si hanno notizie dei primi tornei ufficiali, che si svolgevano spesso in spiaggia a piedi nudi, in Brasile intorno al 1920. Nel nord dell'Europa, in particolare in Belgio e in Olanda, durante i rigidi inverni si era soliti giocare tornei indoor a numero ridotto di giocatori. Era il 1950. Negli anni ‘50-‘60, si giocava a calcetto soprattutto a Roma, nel lungotevere, dove si adattavano i campi da tennis per il calcetto. Nel 1961 ci fu il primo torneo, denominato "Coppa Canottieri" di calcio a 5 tra i circoli capitolini più prestigiosi. Nel 1978 fu creata la "federcalcetto " e si fecero due campionati. Nel 1983 la disciplina entra nella FIGC.
Il primo campionato FIGC fu svolto nell'anno 1983/84. Dal 1989 il calcio a 5 ha una sezione autonoma all'interno della FIGC, e da allora si svolgono campionati a livello nazionale e regionale. I mondiali si svolgono dal 1989 ogni 4 anni. In Italia dal 1983 si svolgono campionati nazionali.
IL
CALCETTO ALL ' INTERNO DEL
CSI
La pratica del calcio a 5 all'interno della nostra associazione ha riscontrato una crescita esponenziale di adesione, e, quindi, di attività negli ultimi 5 o 6 anni. In certi comitati si svolgono campionati di calcio a 5 con centinaia di squadre iscritte. C'è molto da lavorare sotto il profilo formativo, sia tecnico che associativo; infatti la maggior parte delle squadre iscritte è formata da gruppi di amici o da ex giocatori o da ex compagni di scuola e l'allenatore tante volte viene "buttato nella mischia" senza nessuna preparazione; oppure tante volte non esiste una società alle spalle formata da dirigenti in grado di dare un’impostazione educativa all'interno della squadra. Però ci sono anche delle società che hanno fatto carriera, come la Furpile Prato, oggi al vertice in serie A e vincitrice della Coppa Italia 2002, ieri (era il 1987) semplicemente Pizzeria E.T. nel campionato ciessino pratese. A livello giovanile non esiste un campionato annuale di calcio a 5, esistono ottimi tornei, come il torneo "Boldrini" del comitato CSI di Modena, cui hanno partecipato quest'anno 72 squadre giovanili di calcetto, ma il calcio a 5 rimane sempre un'alternativa invernale del calcio a 11. Non esiste la specializzazione giovanile al
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UNO SPORT ALLA VOLTA
AFFETTUOSAMENTE «CALCETTO»
calcio a 5, forse occorrerebbe lavorare sulla fascia di età adolescenziale 14-15-16 anni in cui si verifica un'alta percentuale di abbandono del calcio a 11, e così si potrebbero recuperare tanti giovani.
IL
CALCIO A
5
A SCUOLA
Una novità molto importante per i possibili sviluppi è arrivata quest'anno, quando il calcio a 5 è entrato nella scuola. Con un decreto del Ministero della Pubblica Istruzione, la disciplina è diventata infatti attività ufficiale da svolgere durante le ore di educazione fisica, insieme a pallamano, basket, pallavolo, rugby, atletica e tante altre discipline, con la conseguente facoltà di strutturare i giochi sportivi studenteschi interistituto, anche per questa disciplina. Questo è un passo decisivo verso il consolidamento del calcio 5, che potrà così avere uno sviluppo ancora maggiore partendo da quelle fasce di età più interessanti.
C HE
DIFFERENZA C ' È TRA IL CALCIO A
IL CALCIO A
5?
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E
Le differenze più importanti sono: • il minor numero di giocatori; • il terreno di gioco; • le dimensioni della porta; • il regolamento (assenza di fuorigioco, sostituzioni volanti, norme del portiere) Da ciò ne consegue che: • ogni giocatore nell'unità di tempo entra in contatto di palla un maggior numero di volte; • i contrasti sono più numerosi; • l'esecuzione dei gesti tecnici è molto più rapida; • più rapidi i passaggi in situazione offensiva e difensiva; • cambia notevolmente la tattica di gioco (tutti attaccano e tutti difendono); • il punteggio è molto più soggetto a variazione in breve tempo; • il calcio a 5 si può considerare propedeutico del calcio a 11, infatti le qualità tecniche necessarie sono le stesse, eccettuato il gioco aereo.
UN
PO '... DI REGOLAMENTO FA SEMPRE BENE !
È opportuno premettere che il calcio a 5 rispetto al calcio a 11 è molto meno "conservatore" a proposito di regolamento.
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Stadium aprile maggio 2002
Ogni anno, infatti, nel calcio a 5 viene apportata qualche piccola modifica, soprattutto per favorire la spettacolarità del gioco. Pertanto ci limiteremo a fare una "carrellata" sulle norme fondamentali del "calcetto". Terreno di gioco: misura da 32 a 42 metri di lunghezza e da 16 e 22 metri di larghezza, segnato: perimetralmente, da una linea di metà campo, dalle due aree di rigore a semicerchio, dal segno dove si batte il calcio di rigore. Area di rigore: la linea dell'area di rigore dista dalla porta 6 metri, come anche il punto del rigore. Porte: misurano 3 metri di lunghezza per 2 metri di altezza, poste al centro dell'area di rigore. Pallone: il più adatto è il numero 4. Squadre: sono composte da 5 giocatori, uno dei quali gioca in porta e da 6 riserve. I cambi sono "volanti", cioè senza interruzione di gioco, eccetto per il portiere, la cui
sostituzione avviene a gioco fermo, e sono "reversibili", cioè chi esce può rientrare in partita. Scarpe: si usano scarpe da calcetto (con piccoli tacchetti sotto le suole) o scarpe da ginnastica. Calcio di punizione: può essere diretto o indiretto; deve essere eseguito entro 4 secondi, la barriera va posta a 5 metri. Calcio d’angolo: si esegue con i piedi nei tempi stabiliti per la punizione; è valida la rete segnata direttamente da calcio d'angolo. Rimessa laterale: si esegue con il pallone posto sulla linea laterale lì dove è uscito; è effettuata con i piedi nei tempi stabiliti dal regolamento (4 sec.), non è valido segnare una rete direttamente da rimessa laterale. Rimessa dal fondo: viene eseguita obbligatoriamente dal portiere con le mani nei tempi stabiliti dal regolamento (4 sec.). Fuorigioco: non esiste.
LA
TECNICA DI BASE
A) Il livello qualitativo dei fondamentali nel calcio a 5 si valuta: • dalla capacità di eseguire i fondamentali ad un'apprezzabile velocità di spostamento dei giocatori; • dalla velocità di traiettoria della palla che si deve controllare. B) La tecnica corretta ha come obiettivi: • la precisione; • la rapidità; • la potenza. C) La tecnica è soggettiva e si può dire che dipenda: • dalle capacità coordinative sviluppate; • dalle leve di proporzioni diverse; • dalla forza abbinata alla velocità; • dalla mobilità articolare.
A NALISI STRUTTURALE ( FONDAMENTALI )
DEI GESTI TECNICI
A - calciare: • secondo la superficie di contatto palla-piede; • secondo tocco della palla; • secondo lo stato di moto del giocatore. B - ricezione della palla: • stop su palla radente e rotolante;
• stop al volo; • stop di contro balzo. C - guida della palla: • spostamento con la palla; • protezione della palla; • dribbling; • finte; • sbilanciamento dell'avversario. D - contrastare: • frontale; • laterale; • scivolata.
la e con la palla, cioè tutti quei movimenti che occorre provare in allenamento per migliorare la qualità del gioco. Solo migliorando la qualità del gioco si potrà adottare una tattica efficace per ottenere i risultati. Fondamentali di gioco senza palla: smarcamento; cambi di direzione; blocco; taglio; incrocio; passaggio a muro… Fondamentali di gioco con la palla: finte di smarcamento; "vai e taglia"; "vai e apri"; "vai e torna", dribbling; passaggio "a muro" e ritorno…
T ECNICA
S ISTEMI
DEL PORTIERE
Nel calcio a 5 il portiere assume un ruolo determinante nello sviluppo del gioco e, quindi, del risultato. Infatti, rispetto al calcio a 11, dove il portiere esprime le proprie potenzialità in chiave difensiva, nel calcio a 5 anche in fase d'impostazione offensiva la sua azione diventa fondamentale. Ecco perché, quando si parla di tecnica del portiere, ci si riferisce a: • parate: il portiere deve curare in modo particolare le respinte e la "bisettrice", cioè il punto in cui porsi rispetto al pallone; • impostazione: il portiere deve essere tecnicamente bravo anche con i piedi ed avere visione di gioco; • ripartenze: occorre allenare il portiere a recuperare velocemente la palla ed a rilanciare (tipo pallamano, tipo calcio, tipo a terra, tipo con i piedi); • uscite: è importante la posizione corretta del portiere: un avversario contro il portiere (occorre uscire); due avversari contro il portiere (arretrare in porta); due avversari contro un difensore e il portiere (uscire sul portatore o il ricevente).
LA
TATTICA DI GIOCO
Quando parliamo di tattica di gioco ci riferiamo agli schemi e ad alcuni movimenti collettivi preimpostati. Non ci può essere tattica prescindendo dalla visione di gioco, che può essere intesa nelle zone laterali del campo o nella zona centrale del campo. La progressione non è ricevere-osservaredecidere ma osservare-decidere-ricevere la palla. La visione può essere simultanea, di gioco, ragionata, risposta motoria istintiva. Esistono nella dinamica dell'allenamento i fondamentali tattici dei giocatori senza pal-
DI GIOCO E RUOLI
Per sistema di gioco si intende "dislocazione di giocatori in campo con compiti loro assegnati". I sistemi di gioco più usati sono i seguenti: 1-2-1 o a "rombo", con attaccante di ruolo centrale, difensore centrale e due laterali; 2-2 o a "quadrilatero" in cui si predilige la massima occupazione dello spazio a disposizione ed una marcatura a zona più accentuata. Con questo sistema di solito si inserisce un “playmaker” per l'impostazione del gioco. Da questi due sistemi base si sviluppano alcune varianti, tipo il “rombo allungato” e il 3-1. Per finire un accenno ai ruoli che nel calcio a 5 sono, come si può ben capire, molto variabili. Essi sono: • ultimo (o difensore centrale); • punta (o Pivot); • esterni (universali); • portiere.
S ITUAZIONE
DI PALLE INATTIVE E SCHEMI
Si possono sviluppare schemi con palla in gioco, in cui è fondamentale il movimento sincronizzato di tutti i giocatori, portiere compreso. Esistono numerosi schemi da situazione di palle inattive che nascono da: • calcio d'angolo; • rimessa laterale; • calcio di punizione e barriera; • calcio di rigore. In conclusione si può affermare che il grande successo che sta riscontrando il "calcetto" scaturisce soprattutto dalla tipologia del gioco stesso. Infatti, quando uno sport di situazione abbina veloci capovolgimenti di fronte, precisione e velocità di esecuzione, collaborazione e comunicazione, il successo è pressoché assicurato.
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SALUTE
AIUTO! MI SI È RISTRETTO IL CALCIO di Sergio Cameli
Aiuto! Mi si è CALCIO A CINQUE ristretto il calcio Nato come parente povero del calcio, il calcio a 5 ne ha rappresentato per diverso tempo un utile supporto allenativo soprattutto nei periodi di inattività. Tuttavia, negli ultimi venti anni questa disciplina ha avuto un successo clamoroso, tanto che i campi di calcio a 5 si sono moltiplicati a dismisura ed oggi sono moltissimi i praticanti che si dedicano esclusivamente a questa disciplina e non hanno mai calcato un campo di calcio a 11. Per tale motivo oggi il settore calcio a 5 ha una propria identità e dignità rivestendo notevole rilevanza sia per seguito che per importanza delle manifestazioni. Ciò ha destato notevole interesse da parte del mondo scientifico, comportando il passaggio da studi empirici effettutati da tecnici o semplici appassionati, all'introduzione di metologie scientifiche di studio che han-
IL COLESTEROLO Si tratta di una sostanza lipidica prodotta in gran parte dal fegato ma che per una consistente percentuale 20-23% è introdotta con gli alimenti. Esso è essenziale per la costituzione delle membrane delle cellule, per la trasmissione nervosa, per sintetizzare alcuni ormoni e la vitamina D (antirachitica). È famoso nella società moderna perché introdotto in eccesso può accumularsi sulla parete interna delle arterie riducendone il lume. Il colesterolo ha due frazioni principali: l'HDL (buona) che raccoglie il colesterolo depositato sulle pareti arteriose e lo veicola al fegato e l'LDL (meno buona) che invece ne favorisce il deposito all'interno di tali vasi. L'esercizio fisico, soprattutto di resistenza, contribuisce a migliorare la frazione buona del colesterolo. L'ideale sarebbe un'attività di 45 minuti al giorno per 3 volte la settimana ad un’intensità non superiore al 60% di quella massima individuale. Il rapporto tra il colesterolo totale e la frazione HDL
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no permesso effettuare rilievi oggettivi specifici sul praticante il calcio a 5. L'esame degli aspetti fisiologici indicano che si tratta di uno sport di situazione basato fondamentalmente su un esercizio a carattere intermittente con livelli di intensità inferiori al calcio. Tali atleti, infatti, presentano valori di massima potenza aerobica mediamente più bassi dei colleghi calciatori. Peraltro, si osserva che essi presentano una più elevata capacità anaerobica alattacida rispetto a quella lattacida, presumibilmente dovuta alla tipologia e alla qualità degli allenamenti effettuati giornalmente che tendono a prediligere la resistenza molto breve piuttosto che l'endurance. Sembra oramai accertato che un guadagno in termini di potenza aerobica non incrementa in maniera sostanziale la prestazione nel calcio a 5. Al contrario rappresenta un ottimo indicatore di rischio cardiovascolare, più esso è alto, maggiore è il rischio. Citiamo il contenuto in colesterolo di alcuni alimenti di uso più comune (il valore è espresso in mg di colesterolo per 100 grammi di sostanza): Cervello 2000 Fegato di maiale 270 Tacchino 85 Vitello 75 Pollo 90 Mascarpone 1120 Uovo 500 Latte intero 20 Parmigiano 95 Gorgonzola 95 Mozzarella 80 Yoghurt 15 Burro 250 Panna 150 Prosciutto cotto 100 Prosciutto crudo 40 Mortadella 90 Salame 75 Tonno 60
riveste particolare importanza la velocità con la quale vengono effettuati gesti tecnici anche molto complessi e di alto livello qualitativo, in condizioni di disequilibrio o con un avversario a stretto contatto, nonché la
capacità di ripetere continuamente tali azioni. Il perfezionamento neuromuscolare del gesto, associato ad una adeguata coordinazione, sono quindi elementi determinanti
I
TEST FISICI PER GLI ARBITRI DI CALCIO A CINQUE
Dall'inizio del nuovo anno, il CSI nel progetto di revisione dei ruoli arbitrali, ha inserito anche l'applicazione di alcuni test in grado di poter determinare il grado di performance atletica degli arbitri delle varie discipline sportive tra cui gli arbitri del calcio a cinque. Gli arbitri di calcio a cinque sono sottoposti ad una batteria di test composta, oltre alla determinazione del peso e dell'altezza, della valutazione della massa grassa con metodo impedenziometrico, dalle seguenti prove: • il salto in contromovimento o CMJ (counter movment jump) in cui il soggetto in posizione eretta, deve effettuare un salto verso l'alto in direzione verticale, con le mani posizionate lungo i fianchi, dopo aver
di Giovanni Boni
fatto un contromovimento verso il basso, piegando le gambe fino a 90 gradi, cercando di mantenere il busto in posizione eretta. Il test valuta la forza esplosiva espressione del reclutamento delle fibre di tipo rapido; • lo sprint dei 30 metri, indicativo della potenza anaerobica alattacida del soggetto. Per la misurazione si utilizza un cronometro o delle cellule fotoelettriche poste all'inizio e alla fine dalla distanza da percorrere. Il test deve essere eseguito su di una superficie piana, preferibilmente su di una pista d'atletica, deve essere ripetuto almeno tre volte, considerando il tempo migliore nelle tre prove; • prova specifica sui 25 metri, in cui l'atleta da testare deve percorrere una distanza di 50 metri, divisa in due tratti da 25 metri, da percorrere un tratto ad andatura lenta, un tratto ad andatura indietro, un tratto ad andatura laterale ed un tratto effettuando uno sprint in avanti. La prova va ripetuta per cinque volte di seguito, segnando i tempi dei singoli 5 scatti e il tempo totale. Il test valuta quindi la capacità dell'arbitro di effettuare rapide accelerazioni e raggiungere velocità massimali elevate, la capacità di ripetere le prestazioni di velocità e l'efficienza dei meccanismi di recupero ossia la resistenza specifica dell'arbitro. • Il test di Leger, una corsa a navetta sulla distanza dei 20 metri con step successivi di un minuto a velocità crescenti a partire da 8,5 Km/h con incrementi di 0,5 Km/h. È indicativo della stima indiretta del massimo consumo di ossigeno, ossia della massima potenza aerobica del soggetto. Esso termina quando l'arbitro non è più in grado di tenere il ritmo. Il risultato dei test fornirà agli arbitri un valido strumento per verificare il proprio stato di performance e cercare, con l'aiuto del preparatore atletico, di migliorare la propria condizione fisica al fine di poter rendere atleticamente al meglio durante l'incontro di calcio.
che peraltro consentono anche di ridurre il dispendio energetico. Ne consegue la necessità di trovare tra le qualità del giocatore di calcio a 5, anche doti di esplosività ed elasticità muscolare soprattutto a carico
degli arti inferiori e dei glutei. In prevalenza, quindi, troveremo fibre muscolari rapide, quelle di tipo II. Ciò ha lo scopo di facilitare la capacità di mantenere saldo l'equilibiro soprattutto nei cambi di direzione, nel-
le accelerazioni e nelle decelerazioni. Lo stiramento eccentrico di questi muscoli consente a sua volta di immagazzinare una buona quantità di energia elastica che viene restituita durante le fasi successive del gioco determinandone il miglioramento qualitativo. Allenando tali qualità è quindi possibile migliorare il rendimento globale. Dal punto di vista clinico è necessario che chi pratica tale sport sia perfettamente a posto dal punto di vista cardiorespiratorio. Le brusche variazioni emodinamiche dovute ai repentini cambi di frequenza cardiaca e alle sollecitazioni sul muscolo cardiaco e sulla circolazione che si producono durante il gioco, sono potenzialmente in grado di sottoporre tali apparati ad un notevole stress (aritmie, ischemia). È quindi particolarmente importante, soprattutto per gli adulti, sottoporsi ad approfondito check up clinico cardiologico prima di passare dalla scrivania dell'ufficio al campo di calcio a 5. Per quanto riguarda gli infortuni, i più comuni sono le distorsioni della caviglia e del ginocchio. Tali eventi lesivi sono dovuti per lo più ai bruschi cambiamenti di direzione e alle ricadute dai salti con grandi sollecitazioni di queste articolazioni soprattutto in inversione. La prima cosa da fare è non camminare e applicare del ghiaccio per ridurre il gonfiore. È altresì saggio andare al pronto soccorso per sottoporsi ad una visita specialistica e ad una radiografia che escluda danni gravi. Non meno rari sono i danni muscolari soprattutto nelle sere di inverno. Il freddo e l'umidità, a volte associati ad un imperfetto riscaldamento possono provocare contratture, stiramenti e talvolta strappi muscolari. In questi casi è necessario applicare immediatamente ghiaccio e non provare subito a correre di nuovo come se niente fosse. Bisogna infatti ricordare che tale condotta spesso peggiora situazioni magari non gravi ritardandone la guarigione. Buona diagnosi e corretta terapia, nonché pazienza, sono gli elementi per tornare al più presto in campo.
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Nasce la convenzione CSI - TELE2
Il mondo avrà una grande anima TELE2 insieme al CSI nel progetto "Sport for Africa" Giustizia, pace e fratellanza tra tutti i popoli del mondo sono i difficili ma possibili traguardi a cui anche l'ambito sportivo può dare un contributo concreto. Il CSI, in collaborazione con l'Ufficio per la Pastorale del Tempo Libero e Sport della CEI, forte della propria esperienza ed in linea con i valori autentici insiti nello sport, ha avviato da oltre 5 anni dei progetti in Africa per la formazione degli educatori e animatori sportivi e la realizzazione di società sportive. Questa la sfida lanciata nella convinzione che non sia giusto imporre ai paesi in via di sviluppo il modello occidentale dello sport spettacolo. Ai Paesi più poveri, l'occidente ruba bambini e giovani, attraendoli con il miraggio di diventare campioni, ed impone un modello sportivo distorto, che invece di proporsi come motore di aggregazione e di educazione tra i giovani, insegue la ricerca, la selezione e l'addestramento del campione. Quest'anno il paese destinatario dell'intervento è il Camerun ed il progetto consiste nel realizzare piccoli impianti sportivi nei villaggi per favorire la promozione dell'attività sportiva. Solidarietà, quindi, e comunione di intenti tra chi vuole realizzare una vera "civiltà dell'amore", come ci ha invitato a fare il Papa. Un aiuto particolare all'iniziativa verrà da Tele2 che si è impegnata a devolvere un contributo all'iniziativa "Sport for Africa" del CSI per ogni contratto telefonico attivato in convenzione. NON ASPETTARE QUINDI, DIVENTA SUBITO UN CLIENTE TELE2 E ATTIVA LA PRESELEZIONE AUTOMATICA, POTRAI RISPARMIARE SULLA TUA BOLLETTA TELEFONICA E CONTRIBUIRE AL PROGETTO DI SOLIDARIETÀ! Compila il modulo che trovi nella pagina a fianco e spediscilo subito a: TELE2 Italia, Casella Postale 27, 67010 Coppito (AQ). L'attivazione è gratuita! Per ogni informazione puoi chiamare il numero verde:
800 92 1070 Inoltre, chiunque volesse contribuire all'iniziativa potrà farlo mediante versamento sul c/c 111100 aperto presso la Banca Popolare Etica, Cod. ABI 5018, CAB 12100, intestato a Centro Sportivo Italiano, indicando come causale: "Camerun"
BAR SPORT
Prosciutto? No, è il "pesce" di Parma!
I bisogni del tifoso carioca
1 aprile: la società del Parma comunica nel pomeriggio, sul sito internet ufficiale, di avere acquistato Dimitriu Dugu, portiere dell'''Olimpia Satu Mare'', formazione della seconda divisione della Romania. Traditrice però la data del comunicato stampa; viene subito confermato il sospetto: si è trattato di un pesce d'aprile ai tifosi e ai navigatori del Web. Una bella testimonianza di come raramente si possa ancora scherzare con il "dio Pallone".
Il Maracanà rischia di crollare e la colpa è dell'urina. La sorprendente diagnosi è stata fatta dai tecnici che stanno curando il restauro del leggendario stadio di Rio de Janeiro. Cinquant'anni di bisogni fisiologici espletati nell'angolo dei pilastri portanti hanno compromesso gravemente la stabilità dello stadio più famoso del mondo. Costruito per i Mondiali del 1950, la radicale ristrutturazione in atto ha rivelato che i 53 pilastri che sostengolo lo stadio sono stati erosi internamente dall'urina dei tifosi che hanno sempre preferito accostarsi ai piloni dietro agli spalti piuttosto che usare le maleodoranti toilettes. L'acido urico e l'ammoniaca hanno poco a poco corroso i pilastri, scoprendone e ossidandone l'anima di acciaio. "Non si tratta di mancanza di educazione - ha spiegato Francisco de Carvalho, direttore dello stadio brasiliano - I tifosi, negli ultimi decenni, non hanno avuto altra alternativa. I gabinetti immondi e tutti rotti non sono da molto tempo in grado di essere usati". Quando si dice di un tifo davvero incontinente…
Clonare Varenne? Si può. Ma si deve?
teoria è possibile, basta trovare i soldi per farlo. Ed è una brutta storia, perché se si comincia con il campione a quattro zampe si fa presto a finire con il fuoriclasse a due gambe. Ma anche la clonazione del solo Varenne sarebbe un brutto segnale: componente fondamentale dello sport è sempre stata la sfida, e di lì l'alea, l'incertezza tra chi vince e chi perde. Tra soggetti clonati, perfettamente identici, non ci sarebbe più nemmeno il gusto della sfida. Resterebbe solo il business, il circo allo stato puro. Clonazione e sport è un matrimonio che non s'ha da fare. Sul prossimo numero di Stadium un'intervista a Mons. Sgreccia affronterà l'argomento
Era inevitabile: di fronte alle tante vittorie di Varenne, qualcuno ha incominciato a chiedersi se era possibile clonare l'irresistibile campione del trotto. Gli ambienti scientifici hanno dato l'ok: in
FIP: Niente più nazionali femminili giovanili L'azzurro non va più di moda nel basket giovanile internazionale femminile. Infatti il settore squadre nazionali si vota all'autarchia. Non saranno più mondiali ed europei i suoi obiettivi, ma le selezioni regionali a livello nazionale. Dalla prossima stagione, gli sforzi tecnico-organizzativi e finanziari del settore saranno rivolti a otto regioni italiane pilota che, da ottobre ad aprile, daranno vita anche a un torneo fra loro. Sono il Friuli-Venezia Giulia assieme a Cam-
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pania, Lazio, Toscana, Emilia-Romagna, Piemonte, Lombardia e Veneto. L'idea di concentrare gli sforzi all'interno dei patrii confini è sorta in seno alla commissione per la riforma del basket femminile presieduta dal vicepresidente vicario, Paolo Troncarelli. Voci di corridoio raccontano che in realtà la decisione è stata presa dopo le stranezze riscontrate negli ultimi incontri internazionali, dove le giovani azzurre venivano ripetutamente strabattute da nazionali (anche di seconda fascia) particolarmente ….stimolate.
Agonismo: il nocciolo della sfida! Leggete dove può arrivare l'agonismo senza freni nello sport. Ha attratto una folla numerosa anche quest'anno il campionato nazionale di sputo dei noccioli di oliva nel paesino australiano di Millmerran. Oltre 80 concorrenti hanno tentato di proiettare i noccioli più lontano possibile per battere il record di 11,94 metri, segnato lo scorso anno dal campione Doug Maddocks. Ma è stato ancora lui a vincere in questa sesta edizione, ma con una più modesta distanza di 10,2 metri. I partecipanti si sono preparati per tutta la settimana, provando le diverse tecniche e allenandosi con esercizi di respirazione e di corsa. Obbligatorio mirare dritto per evitare i circa 300 spettatori, rigorosamente muniti di ombrello. Alcuni concorrenti hanno chiesto se era permesso usare lo stesso nocciolo per i tre tiri, ma su questo non ci sono regole, sta a loro. Così sputa, pardon parla, il regolamento.
ARGOMENTI
DOPING PONG di Tito Della Torre
Doping pong
UN ALTRO CONVEGNO IN CUI SI È PALLEGGIATO SULL’ARGOMENTO. SCAMBI DI BATTUTE SENZA CONCLUSIONI VINCENTI Di convegni sul doping se ne sono fatti tanti, e moltissimi altri se ne faranno probabilmente in futuro, ma quello organizzato il 9 aprile a Roma, nella sede del CONI, dalla Gazzetta dello Sport, in collaborazione con il comitato olimpico, prometteva qualcosa di diverso. Il suo titolo infatti, "I giovani, l'etica dello sport, la difesa della salute", finalmente sembrava sposare un approccio al fenomeno doping che spostava l'accento dall'aspetto squisitamente farmaceutico e dall'eterno gioco a "guardia e ladri" tra doping e antidoping, all'aspetto etico, cioè ai valori e non valori che alimentano la corsa alla sostanza proibita. Da questo punto di vista il convegno ha mostrato effettivamente segnali di una possibile svolta nel modo di affrontare il problema. L'intervento più pregnante è venuto da Cesare Romiti, presidente della RCS, società che edita la Gazzetta dello Sport. Romiti ha avuto il coraggio di dire ciò che la gente dello sport dice solo sottovoce: lo sport si trova ad affrontare, ormai anche a livello amatoriale, una delle emergenze più gravi, e al tempo stesso estese, di tutta la sua storia. Il doping sta estendendo la sua pericolosità, dal momento che oggi trova progressiva diffusione nelle fasce più giovani di praticanti, che a volte usano il doping addirittura con il consenso dei familiari. E ancora: "L'esistenza di comprovate relazioni fra alcune gravi patologie e l'assunzione di sostanze dopanti conferma, inoltre, che l'allarme è anche di carattere sanitario. Il fenomeno cioè coinvolge ormai la salute pubblica e richiede interventi di prevenzione
e programmi di formazione". Romiti ha poi dato sostanza alle sue affermazioni citando una ricerca condotta fra diecimila studenti delle medie inferiori (11-13 anni) delle scuole romane, da cui è emerso che 700 di loro assumevano sistematicamente creatina e aminoacidi a catena ramificata per sostenere i loro sforzi atletici. Subito dopo ha snocciolato un altro dato inquietante: i frequentatori di palestre spendono mediamente ogni anno da 500 a 700 euro a testa in anabolizzanti e sostanze stimolanti.
Di fronte a tanto sfacelo, ha detto il presidente della RCS, il compito di dare la caccia al doping travalica le possibilità dello sport e investe le responsabilità della magistratura ordinaria. Importante, per altro verso, quasi un altro passo avanti rispetto a Romiti, l'intervento del sottosegretario all'istruzione e alla ricerca scientifica, Stefano Caldoro. Alla base di tutto, ha detto, c'è uno sport che non riesce a svolgere appieno la sua funzione educativa, e talvolta diventa "disvalore", una "esperienza lacerante in cui prevalgono atteggiamenti non positivi". Occorre inaugurare una sorta di alfabetizzazione culturale dell'attività sportiva, promuovendo informazione sui fenomeni degeneranti dello sport, e creando le condizioni affinché l'attività sportiva giovanile sia potenziata. Ha quindi annunciato l'insediamento di una commissione interministeriale che indichi a chi organizza lo sport (scuola, enti locali, CONI, federazioni, enti di promozione e soggetti privati) "le linee guida e le coordinate di riferimento di una progettualità globale e unitaria, finalizzata ad una azione di promozione, stimolo e sostegno alla pratica di uno sport che si ponga al servizio dell'uomo, che lo guidi e lo segua nella costruzione e nell'affermazione di un'identità personale, per il suo intero percorso di vita". Qualche frase inconsueta si è colta anche nell'intervento di Patrick Schamasch, diretto-
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ARGOMENTI
DOPING PONG
CINQUE DOMANDE SUL DOPING (da “Doping: due o tre cose le devi sapere” - La Gazzetta dello Sport, Ministero della Salute)
Il doping mi farà diventare un campione? A tutti è capitato di pensare, vedendo in azione il campione di uno sport, "gli riesce tutto così facile, posso provarci con successo anch'io". La prova dei fatti è spesso deludente. Lo sport comporta applicazione e spirito di sacrificio. Campioni si può nascere, grazie a mamma e papà geneticamente ben predisposti, ma non si diventa senza rigore e determinazione. E un pizzico di fortuna, utile in ogni occasione della vita. Nello sport primeggia solo chi ha talento e lo esercita allenandosi con razionalità e associando un'alimentazione razionale, ricca di verdura e frutta, povera di zuccheri semplici (quindi senza merendine e senza bibite dolci, quali cole e aranciate), distribuita in tre pasti principali e due spuntini, e con un buon apprto di proteine, derivate in particolare da carni magre (petto di pollo o di tacchino, e pesce, ricco di Omega 3). Secondo gli studi più aggiornati, è bene che le calorie derivino per il 40% dai carboidrati, per il 30% dalla proteine e per un altro 30% dai grassi. Fra questi ultimi, il condimento da preferire è senza dubbio l'olio extravergine di oliva.
qualche vantaggio, ma non è quantificabile negli esiti. Dipende da individuo a individuo; ciascuno risponde in maniera diversa a un trattamento farmacologico; infatti, su alcuni atleti determinate sostanze non producono alcun effetto. E su altri possono invece dare risposte evidenti.
Ricorro al doping per non allenarmi e vincere ugualmente? Purtroppo no, senza allenamento non si ottiene nulla. La quota di miglioramento legata al doping è minima rispetto a quanto occorre per vincere: essa non va oltre il 10%. Parola di chi imbroglia, cioè si è dopato e ha confessato.
Ci sono alternative al doping? Certo che ci sono: l'allenamento e la corretta alimentazione. Opportunamente dosati, l'uno e l'altra, senza eccessi. Gli eccessi non funzionano in alcun ambito, tantomeno nello sport.
Che rischio corro, dopandomi?
In realtà il doping dà - ma non sempre -
I farmaci usati in maniera impropria, cioè per doparsi o per altri trattamenti illeciti, sempre al fine del doping, rappresentano una grave minaccia per la salute, soprattutto futura, di chi pratica una qualsiasi attività sportiva. Ma questo aspetto è poco noto. Per qualcuno parlare di minaccia alla salute significa dire che lo sport fa male. Ma non è assolutamente vero. Gli eccessi (il doping) fanno male a chi fa sport.
re medico del CIO: "Il CIO e la sua commissione medica considerano che la lotta al doping è una questione di prevenzione e di educazione. Quest'ultima dovrebbe iniziare sin da piccoli in stretta collaborazione con le istituzioni che dovrebbero educare i cittadini al rispetto per gli altri e al fair-play....Educazione significa che lo sport non è soltanto agonismo...". Di educazione come strumento fondamentale di lotta al doping ha parlato anche Giovanni Zotta, presidente della commissione per
la vigilanza e il controllo sul doping: "Queste iniziative (leggi e controlli) non sono sufficienti... Infatti la nostra attenzione deve essere rivolta ad un pubblico più vasto, che spesso si alimenta di una 'cultura dello sport' derivante da una visione dello sport stesso che mira unicamente ad ottenere il successo a tutti i costi...". Zotta ha annunciato campagne di informazione nelle scuole. Altri relatori, come Fabio Pigozzi, docente di medicina dello sport e membro della Giunta
Il doping migliora sempre la prestazione? O no?
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CONI, hanno chiamato in causa lo smarrimento etico dello sport, i cui valori sono stati erosi "dagli interessi, dagli egoismi, dal gigantismo e dagli eccessi di ogni tipo...". In definitiva, qualcosa si sta muovendo sul fronte della lotta al doping. Dopo la sentenza della camera di conciliazione del CONI, che indica le pressioni dei media e la logica della vittoria a tutti i costi come concause del doping, si fa strada l'idea che il problema vero stia nel crescente disagio etico dello sport e della società stessa. Ma certamente lavorare sul lato educativo non deve significare mollare la presa sul versante della repressione, a partire dalla legislazione antidoping, che per quanto nuova ha le sue lacune, come ha riconosciuto di recente il sottosegretario allo sport, Mario Pescante. Né è possibile pensarla diversamente dopo il recente pronunciamento della Cassazione, per la quale fornire di nandrolone uno sportivo non è reato se non si dimostra che la vendita è finalizzata ad alterare il risultato di una gara. Il mondo delle palestre, di quei tizi che spendono almeno 500 euro l'anno per anabolizzanti e stimolanti, ha ringraziato commosso.
WWW. SPORT ON LINE
SEI INDIRIZZI UTILI PER NAVIGARE NELL’UNIVERSO SPORTIVO DI INTERNET WWW. SUPERABILE . IT
WWW. MASCALZONELATINO . IT
È nato "SuperAbile", il portale della disabilità. È in rete dal 5 marzo il sito creato dall'Inail in collaborazione con Adnkronos e Espin, che si pone come punto di riferimento dei disabili su Internet. Il sito conta quattro sezioni principali: senza barriere, sport, superabilex e tempo libero. Inoltre le ultimissime su eventi e news, con la possibilità di inserire anche le attività delle proprie società. Non è dedicato ai soli disabili, ma è un portale di notizie per tutti.
WWW. ATLETE . IT
WWW. CORSERA . IT
Non è, come si potrebbe pensare di primo acchito, l'indirizzo web de Il Corriere della sera, bensì quello di un'agenzia di informazione collegata alla compagnia commerciale Corsini Corporate, e in sostanza creatura del giornalista Renato Corsini, accanito oppositore del CONI "ministero dello sport" e del CIO quale "padre" delle olimpiadi malate di gigantismo e affarismo. Tutto ciò si traduce, nell'area delle informazioni sportive del sito, in una voce che spesso fa vera e propria controinformazione di politica sportiva, e talvolta pubblica notizie che in nessun altro organo di informazione, cartaceo o elettronico, è dato trovare. In definitiva, non è male gettarci un'occhiata ogni tanto.
In sigla è ASSIST, l'Associazione Allenatrici degli Sport Femminili. È un sito dalla struttura semplicissima dove si possono trovare dati e notize utili per le atlete di tutti gli sport. Oltre ai regolamenti, agli statuti e all'elenco delle "donne della politica sportiva", importantissima è la possibilità di dialogare direttamente con i consulenti di Assist in ambito legale, fiscale e medico. L'associazione, inoltre, nelle sue sezioni dedicate all'informazione, ha in archivio molti articoli dedicati alle battaglie di Assist e anche semplicemente al mondo dello sport femminile. Inutile ricordare che è possibile associarsi ad Assist direttamente on line. WWW.IUSM.IT
È il sito dell'Istituto Universitario Scienze Motorie di Roma, il moderno erede del vecchio ISEF romano. Oltre a fornire tutte le informazioni necessarie per l'iscrizione e per seguire i corsi nell'anno accademico in corso, il sito offre schede sulle novità librarie del settore e documentazione sul lavoro dei gruppi sperimentali che elaborano nell'Istituto percorsi di ricerca in particolari campi. In questo momento i gruppi sperimentali si occupano di: ritmo e gioco; movimento e creatività; idee in movimento; movimento, emozioni e sviluppo; corporeità ed espressione; movimento e musica.
Naviga a gonfie vele "Mascalzone Latino XII", la barca italiana impegnata nell'ormai prossima avventura della Coppa America 2003. Troverete aggiornamenti in tempo reale sui match-races in corso di svolgimento ad Auckland, test e notizie sul team. Il sito promuove anche un' Area Interattiva, un Forum dove si può apertamente discutere di tattiche e allenamenti o avere informazioni di varia utilità come per chi cerca un imbarco per avventure oltreoceano. Vivace e facile da visitare, il sito de "Il Mascalzone Latino" ha un alto grado di "usabilità". Inoltre, una Galleria ricca di foto dell'equipaggio a bordo. Visitalo!
WWW. TURISMO - SPORT. IT
Come indica chiaramente la sua denominazione, questo sito è fortemente caratterizzato sul versante sport-turismo-ambiente. Realizzato a Perugia, privilegia le informazioni sull'Umbria, ma alla fin fine si trova un po' di tutto. Interessanti le informazioni con cui programmare escursioni e passeggiate in località di alto valore monumentale o paesaggistico. Insomma, dare un'occhiata non guasta.
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PER LA MENTE
STILE GENITORIALE di Sandro Gamba
Campi estivi
Stile genitoriale LE PREMESSE PER UN CORRETTO APPROCCIO ALLO SPORT SONO NELLA FAMIGLIA. I FIGLI VANNO INCORAGGIATI, NON ALLENATI DAI GENITORI.
Finiscono le scuole, inizia l'estate, riprendono i campi estivi. I ragazzi hanno così la possibilità di imparare, praticare, migliorare i fondamentali di uno o più sport al mare o in montagna, in grandi parchi, in caserme o collegi: luoghi dove si possono trovare ampi spazi, impianti sportivi e la possibilità di vitto e alloggio. I gruppi più numerosi sono quelli che comprendono dagli ultimi anni delle scuole elementari alle scuole medie e quello dei liceali.
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La durata dei campi può variare dai 5 giorni alle 2 settimane; i docenti per i più giovani sono istruttori/istruttrici e insegnanti di educazione fisica; per atleti professionisti o di interesse nazionale il campo è condotto da allenatori tra i più famosi e il loro staff. Nei campi "sport-specifici" i partecipanti dedicano tutta la giornata ad un solo sport e le iscrizioni sono a numero chiuso. Troviamo poi i campi multisport dove i ragazzi, senza limiti di partecipazione, pra-
ticano diverse discipline. I campi di "alta specializzazione", solitamente organizzati dalle federazioni, sono rivolti a chi già pratica uno sport a buon livello e intende migliorarsi in un certo ruolo o uno specifico stile di gioco. Infine ci sono i campi per professionisti dove i giocatori vogliono perfezionare particolari movimenti o impararne di nuovi. Nel basket famosi sono i campi di Pete Newell per i "big men", di Bob Knight per la difesa, di Sandro Gamba per le guardie, di Ettore Messina per i fondamentali, di Tonino Zorzi per il tiro. Per i fine settimana (dal venerdì sera alla domenica sera) ci sono i weekend-camps, il cui scopo è di far giocare e divertire i ragazzi nello sport preferito. La maggior parte dei campi per l'età liceale è riservata ai maschi perché il programma giornaliero è molto impegnativo. In altri ragazzi e ragazze svolgono insieme il programma tecnico e giocano a squadre miste. Alcuni sono organizzati unicamente per l'attività femminile. Da anni negli Stati Uniti ragazzi e ragazze giocano insieme a basket, calcio, volley, hockey su ghiaccio fino all'età di diciotto anni nelle competizioni "intramural", cioè che si svolgono all'interno del campus della scuola. In alcuni campus sono presenti campioni famosi. Scendono in campo, parlano, dimostrano, giocano, insegnano. Non solo, vivono a contatto con i ragazzi, che li vedono finalmente da vicino, modelli da imitare. Nella scelta del camps, i genitori si preoccupano di verificare la qualità dell'assistenza sanitaria, osservano la logistica, si informano se "mangeranno a sufficienza". Anche gli aspetti tecnico-educativi sono guardati con
Centro Studi e Formazione in Psicologia dello Sport attenzione: le famiglie non si aspettano solo di delegare, in un ambiente socialmente protetto, guardano ai contenuti. Nella scelta, si documentano e fanno confronti. Decidono tra il campo multisport e quello specifico. Si informano sulla programmazione delle giornate e delle attività formative alternative, preferibilmente in rapporto stretto con la natura. E dalla parte dei ragazzi? Torneranno a casa, con maglietta e cappellino con le scritte del campo, un bagaglio di emozioni e di ricordi, un vissuto di appartenenza, che li fa sentire più grandi e di valore. I genitori non devono essere gelosi del rapporto che si instaura tra istruttore e bambino, sia nei campi che nelle attività dei club: commenti e critiche insensate possono sgretolare la figura-modello che l'allenatore rappresenta, indebolendo la fiducia che il bambino/a ha in lui e rovinando l'amore per la squadra o per i compagni d'allenamento (negli sport individuali). In particolare è importante che i genitori non proteggano eccessivamente i figli dalle critiche che l'allenatore o l'istruttore riserva loro per evitare che il ragazzo/a diventi un "atleta problematico". Neppure debbono confrontare l'abilità, la tecnica e il coraggio dei propri figli con quelle degli altri compagni di squadra, ma essere realistici nel valutarne il talento, il potenziale atletico, la competitività, la capacità di apprendere. Non sopravvalutarli ma consigliarli senza imporsi nella scelta dello sport da praticare. È importante spiegare loro il significato della parola "coraggio". Esistono, infatti, diversi
significati di "coraggio": alcuni sono capaci di buttarsi con il paracadute o praticare lo sci estremo, ma sono poi incapaci di sostenere un combattimento e di sopportare contatti atletici o di affrontare sforzi prolungati nel tempo. Il coraggio aiuta a superare i momenti difficili e di sconforto che tutti gli sport e la vita quotidiana propongono. I figli vanno incoraggiati, non allenati dai genitori. Allenatore e istruttore sono le uniche persone che possono correggere e criticare. Ne hanno la competenza e sanno come comportarsi. Se l'allenatore non possiede quei princìpi educativi che i genitori desiderano, è bene cambiare subito società perché nel tempo l'allenatore diventa un'autorità che può influenzare sensibilmente il comportamento del ragazzo. I giovani atleti devono saper apprezzare la sfida, imparare a non arrendersi, a sopportare fatica e dolore. Si deve, quindi, sviluppare il senso della competizione, non dicendo che vincere è l'unica cosa che conta, ma che devono saper dare tutto nel tentare di vincere. Non devono avere il senso del fallimento, ma devono sentirsi apprezzati con uguale intensità nella vittoria e nella sconfitta, facendo capire che i loro sforzi sono stati apprezzati. Mai disapprovare il loro operato in campo. Se i genitori in passato sono stati atleti con una discreta o modesta carriera, devono cercare di non far rivivere il loro passato sportivo ai propri figli: non devono opprimerli pensando agli errori commessi o alle vittorie ottenute. I giovani devono imparare da soli a destreggiarsi nelle difficoltà che
Il Centro Studi e Formazione in Psicologia dello Sport di Milano è l'unico, in Italia, ad organizzare un Master in grado di fornire una preparazione in ambito sportivo. I contenuti spaziano dall'agonismo di alto livello (gestione di singoli atleti e i gruppisquadra, al coaching e tecniche di mental training) alle tematiche relative allo sviluppo psicologico, al benessere ed alla terapia in ambito sportivo. I responsabili del Master sono Marisa Muzio, docente di psicologia dello sport all'Università Statale di Milano, e Sandro Gamba, ex CT della Nazionale italiana di basket. Per informazioni rivolgersi a: CENTRO STUDI E FORMAZIONE IN PSICOLOGIA DELLO SPORT Via P. Castaldi, 37 - 20124 MILANO Telefono e fax 0039/02/29518836 http://www.psicosport.it E-mail: psicosport@psicosport.it
lo sport continuamente procura loro. Sono le stesse che incontreranno nell'arco della loro vita. Le premesse per un corretto approccio allo sport sono dunque nella famiglia. Nel rapporto con i genitori, i ragazzi si convincono delle proprie capacità e limiti, acquisendo fiducia, motivazione alla pratica sportiva. La filosofia da seguire è quella che privilegia la formazione e il rispetto della personalità a scapito della formazione agonistica. Sono troppi i ragazzi che si avvicinano allo sport per giocare e divertirsi e che invece si trovano improvvisamente a far parte di un vivaio.
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ARGOMENTI
QUANDO LE PAROLE NON BASTANO di Ilaria Podda
Quando le parole non bastano IL VERTICE ONU "FINANZE PER LO SVILUPPO" DI MONTERREY: UN'OCCASIONE MANCATA? Due anni fa, le Nazioni Unite lanciarono un ambizioso programma, con il quale coinvolgere in azioni concrete di lotta alla povertà le organizzazioni che regolano i commerci e i flussi finanziari internazionali, ossia la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale e l'Organizzazione Mondiale del Commercio, a vantaggio dello sviluppo dei paesi poveri. Il progetto fu chiamato Finanze per lo sviluppo e l'obiettivo primario che si proponeva era quello di dimezzare entro 15 anni l'attuale quota di popolazione mondiale (più di un miliardo di persone) che vive con meno di un dollaro al giorno, ridurre di due terzi la mortalità infantile, permettere l'accesso all'istruzione elementare a tutti i bambini, fermare il dilagare dell'Aids nei paesi poveri. Per ottenere questi risultati, l'ONU stimava fosse necessario che i paesi ricchi raddoppiassero gli attuali stanziamenti destinati agli aiuti ai paesi poveri. Necessario, ma non sufficiente. Infatti, non basta destinare fondi a tal fine. È indispensabile che questi siano gestiti in modo che vadano realmente a vantaggio dello sviluppo dei Paesi poveri, mentre spesso non è così, per l'incapacità degli organismi internazionali deputati alla
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gestione dei finanziamenti ai paesi del Terzo Mondo, a causa dei regimi corrotti che governano quei paesi, ma anche per la scarsa disponibilità dei paesi ricchi ad aprire i propri mercati ai prodotti provenienti dal "Sud del mondo". Le Organizzazioni non governative di tutto il mondo, su sollecitazione dell'Onu, si sono subito attivate per ideare strategie che consentissero di affrontare concretamente tutti i nodi problematici ed hanno raccolto il frutto del proprio lavoro in un documento comune, contenente le proposte e le richieste da rivolgere all'Onu e ai Governi del mondo. Quando e dove? Naturalmente a Monterrey, in Messico, dove dal 18 al 22 marzo scorso si è svolto il Vertice mondiale delle Nazioni Unite Finanze per lo sviluppo, un incontro programmato per mettere paesi ricchi e poveri e le organizzazioni che regolano i flussi commerciali e finanziari internazionali intorno ad un tavolo a discutere della mobilitazione di risorse per lo sviluppo dei paesi poveri, delle modalità per indirizzare a tal fine il commercio internazionale, di strategie per affrontare la questione del debito dei paesi poveri e della lotta alla corruzione e al trasferimento illegale dei
fondi privati. L'obiettivo principale, tuttavia, era quello di dare concretezza fattiva al programma dell'Onu Finanze per lo sviluppo, attraverso impegni concreti presi dai Governi dei paesi ricchi per favorire lo sviluppo dei paesi del Terzo e Quarto Mondo e combatterne la povertà. Le cose, però, sono andate in
modo assai diverso. I governi dei 58 stati rappresentati, oltre agli Stati Uniti e all'Unione Europea, hanno inviato delegazioni di altissimo livello (per gli Usa Bush con il Segretario di stato Colin Powell e due ministri, per la UE il Presidente della Commissione Europea, Romano Pro-
di, e Jose Maria Aznar, Presidente di turno del Consiglio Europeo). I leader dei paesi ricchi hanno fatto altisonanti ed impegnative dichiarazioni di intenti: gli Stati Uniti hanno promesso una donazione di 5 miliardi di dollari ai paesi poveri e annunciato un aumento degli
aiuti di 10 miliardi di dollari in tre anni (contemporaneamente, però, aumentavano di 10 miliardi di dollari il bilancio del Pentagono, portandolo a 380 miliardi) e l'Unione Europea, che già devolve agli aiuti lo 0,33 del Pil (Prodotto interno lordo), contro lo 0,1 degli Usa, si è impegnata
ad aumentarli allo 0,39. Le loro parole, tuttavia, come anche le richieste delle ONG, non hanno trovato spazio nel documento finale della Conferenza, che è stato definito "debole" da molti, in quanto manca di precise indicazioni riguardanti tempi, modalità determinate, dati quantitativi relativi agli interventi contro la povertà e per lo sviluppo, e si sa bene quanto sia difficile valutare i risultati, quando non si abbiano a disposizione dei "numeri" ai quali fare riferimento. Questa è stata, tra le altre, la denuncia del presidente venezuelano Chavez, portavoce dei G 77 (il gruppo dei Paesi più
poveri), che si è detto assai deluso dai risultati del Vertice, nel quale, invece, riponeva l'aspettativa, o almeno la speranza, che segnasse un momento decisivo di svolta nelle politiche dei paesi ricchi verso quelli più poveri. Tutto questo accade mentre nel mondo, stando agli ultimi dati disponibili, 1,2 miliardi di persone vivono con meno di 1 dollaro al giorno e 2,8 miliardi con meno di due dollari al giorno, per non toccare i temi della salute, dell'istruzione, della condizione dei bambini… Ancor più grave è il fatto che, nonostante le continue pressioni dell'Onu sui Governi dei paesi ricchi perché incrementino gli aiuti allo sviluppo, oggi si registri persino un'inversione di tendenza rispetto al passato, con un significativo calo dei fondi destinati ai paesi poveri. Il panorama internazionale, segnato dai tragici eventi dell'11 settembre, e dilaniato da drammatici conflitti, primo tra tutti quello esploso in Medio Oriente, dovrebbe spingere i Governanti ad attivarsi immediatamente ed operare concretamente per costruire un mondo più giusto, per realizzare tra i suoi abitanti un'equa distribuzione dei beni della terra, perché siano rispettati sempre e ovunque i diritti e la dignità della persona umana. Ognuno di noi, tuttavia, può impegnarsi in prima persona: informandosi costantemente su quanto accade nel mondo; lasciandosi coinvolgere intimamente dal dramma della povertà, che dilania tante persone; sostenendo e partecipando alle iniziative che si susseguono nella società per sensibilizzare la gente e i governi su questi temi e promuovere interventi e progetti concreti. Tutti devono fare la propria parte: nessuno ha il diritto di chiamarsi fuori.
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SPICCHI DI PALLONE
CALCI? ...ALL’ANGOLO di Bruno Longhi
Italian flop È IL TERZO ANNO CONSECUTIVO CHE NESSUN CLUB ITALIANO RAGGIUNGE UNA FINALE EUROPEA. COSA STA SUCCEDENDO AL NOSTRO CALCIO? Doveva essere la stagione della riabilitazione, quella del ritorno al glorioso passato, quel passato nemmeno tanto lontano che ci aveva visti padroni assoluti in Europa con i nostri club. Invece niente, nemmeno le briciole ci rimangono. Estromessi con impressionante puntualità ad ogni nuovo round della Champion's League - Parma ai preliminari, Lazio dopo la prima fase, Juventus alla penultima giornata della seconda, Roma all'ultima - avevamo creduto che una tra Inter e Milan potesse regalarci almeno il più piccolo alloro continentale. Nulla da fare. Tedeschi ed Olandesi ci hanno fatto fuori, non perché più forti in assoluto, ma perché più bravi ad interpretare con spietato pragmatismo e con grande intelligenza strategica le gare dell'andata. E allora ci ritroviamo ancora una volta con le gomme a terra, con le nostre ambizioni frustrate, con la nostra superiorità presunta, con il nostro bilancio tremendamente in rosso, e in tutti i sensi. È paradossale il nostro calcio. Più sono aumentati i fatturati del marketing, più sono diventati massicci gli investimenti delle varie pay-tv, più sono lievitati gli stipendi di allenatori e giocatori, più siamo diventati scarsi in Europa. I motivi? Trapattoni e Lippi sono concordi nel pensare che il nostro campionato ci succhia tutte quelle energie psico-fisiche che gli altri tornei esteri non tolgono alle loro rappresentanti. Adriano Galliani la pensa più o meno come Lippi e il Trap ma aggiunge, con grande perentorietà, che gli arbitri ci danno contro perché all'Uefa il calcio italiano non conta più niente. Capello addirittura tira in ballo la componente doping ricordando i tanti casi di giocatori stranieri risultati positivi ai controlli antidoping effettuati nel nostro campionato. Claudio Ranieri punta invece il dito dritto, dritto verso la nostra sbagliata mentalità con cui ci avviciniamo alle partite. Condizionati dalla paura di sbagliare, dal terrore di perdere, dal timore delle critiche. E qui entra in gioco la stampa che anziché enfatizzare le buone prestazioni, il
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bel gioco, il coraggio, privilegia da sempre il risultato con tutto quel che ne consegue: dirigenti condizionati dai giornali, allenatori condizionati dai dirigenti, giocatori condizionati dagli allenatori. Non importa come, ma si deve vincere. Anzi, per l'esattezza, soprattutto non si deve perdere. Siamo dei nani, in Europa. Dei comprimari che vivono di ricordi e di speranze. Ben diverso è ciò che accade all'estero. Chi, come il sottoscritto, ha avuto la fortuna di essere a Madrid in occasione della gara di ritorno dei quarti di finale di Champion's League tra Real e Bayern, ha provato l'immenso piacere di vivere un prepartita insolito, una partita entusiasmante, un post partita di grande solidarietà da parte dei vincitori e di grande onestà da parte dei vinti. Diceva il segretario generale del Real qualche ora prima dell'inizio della partita commentando quella che sarebbe stata la formazione della sua squadra con i vari Zidane, Raul, Figo, Solari, Morientes: "quante volte la gente di tutta Europa che ama il calcio può avere la gioia di poter ammirare una squadra del genere? Una, forse due volte all'anno. E noi, al di là di come poi andrà la partita, dobbiamo essere orgoglio-
si di quello che stiamo tentando di fare per tutto il movimento calcistico internazionale". E poi in campo ecco la "valanga bianca" come aveva vaticinato Roberto Carlos. Gioco, spettacolo e gol. E poi a fine gara l'onesta ammissione degli sconfitti sulla superiorità delle "merengues". "Sono stati più bravi, nulla da eccepire" - concordava con il sottoscritto il vecchio amico Kalle Rummenigge, attuale vice presidente del Bayern. "Abbiamo meritato di vincere perché abbiamo attaccato dal primo al novantesimo minuto" - gongolava poi l'ex juventino Zinedine Zidane. Già, Zizou. Vederlo in campo con quella maglia bianca, con quel pallone che non si staccava mai da quel suo piede destro, alimentava una certa nostalgia. Perché privare il nostro calcio del più bravo di tutti, del pallone d'oro, del campione d'Europa e del mondo? "No, non c'era nulla da fare - confessa Zizou - a Torino sono stato benissimo ma volevo cambiare. Passare da un calcio che è fortissimo sul piano tattico e difensivo ad un altro più votato all'attacco, più spettacolare, più divertente per chi sta in campo e per chi sta fuori." Come dargli torto, come contestare queste inconfutabili verità. Nel nostro calcio oramai regna la confusione. Anziché puntare sui "crack" come facevamo una volta, ampliamo le rose comprando giocatorelli futuribili, quelli cioè che adesso sono abbastanza buoni ma che in futuro potrebbero esplodere. E invece ciò non accade. Perché questi non hanno tempo di pari passo al tempo che manca agli allenatori, ai quali si chiede tutto e subito. Il fatto grave é che, inoltre, le casse delle società (quasi tutte) sono sempre più vuote e anziché il numero delle coppe in bacheca, aumentano i debiti. E allora diamoci tutti quanti una regolata, una ridimensionata. E quando torneremo nelle coppe europee ricordiamoci semplicemente di non essere più quelli che eravamo convinti di essere. Chissà mai che ripartendo dal basso si possa finalmente ritornare in alto.
PAROLE DI SPORT
PREGHIERA di Claudio Arrigoni
Preghiera Preghiera Anche gli atleti nel loro "piccolo" pregano. C'è chi lo fa prima di entrare in campo, chi prima di tuffarsi in piscina, chi sul quadrato di un ring e chi sull'anello di una pista d'atletica. Sono istanti brevissimi, lampi di tempo nei quali il pensiero, molto spesso più che una preghiera vera e propria, si volge verso l'Alto in cerca di aiuto, di un sostegno psicologico e morale per affrontare nel migliore dei modi l'incertezza della gara. Molti poi tradiscono questa tensione verso l'Assoluto, o verso un'imponderabile presenza sovrannaturale, associando a quel fugace pensiero anche il gesto rapido della mano nella simbologia della croce, oppure chinando appena il capo o congiungendo le mani in segno di devozione. Semplice gesto scaramantico o sincero atto di umiltà? Retaggio di una lontana educazione religiosa o matura adesione a princìpi morali consolidati nel tempo? Difficile trovare una risposta a simili dubbi, ma una cosa è certa: esiste la preghiera dell'atleta, così come esiste la preghiera dell'alunno prima di un esame, di un paziente prima di dell'intervento chirurgico, di una donna gravida prima di partorire. Semmai c'è da stupirsi, favorevolmente s'intende, che questi gesti, questi momenti di intimo raccoglimento, come appunto la preghiera dell'atleta, siano sempre più frequenti anche nello sport professionistico così tanto condizionato da ritualità e cerimoniali più marcatamente "pagani" (imposti soprattutto dal cosiddetto business economico) che rischiano di strangolare alla radice la lealtà e la purezza dello spirito sportivo. Come non meravigliarsi invece di fronte alla crociata che il centrocampista rossonero, Demetrio Albertini, ha indetto contro la bestemmia riprendendo chiunque nello spogliatoio si lasci andare a inutili imprecazioni? O alla devozione di Beppe Signori per padre Pio dopo essere uscito salvo
Anche gli atleti nel loro "piccolo" pregano. Semplice gesto scaramantico o sincero atto di umiltà? da un terribile incidente stradale? O alla fede del difensore milanista Antonio Chamot che poco tempo fa si è presentato al ritiro di Milanello regalando addirittura a tutti i presenti una copia della Bibbia e spiegando ai giornalisti che la sera trascorre meno ore davanti alla tv e più tempo a pregare? E ancora. Il centrocampista interista Sergio Conceicao, quando ancora era alle prese con un insistente dolore al ginocchio, è andato dal presidente Moratti e gli ha chiesto di ridurgli lo stipendio perché si stava curando al di fuori dei canali istituzionali della società, in una parola si curava, lui portoghese, pregando la Madonna di Fatima. Il portiere del Torino Luca Bucci alla domanda se i calciatori fra allenamenti, sponsor, incontri vari avessero ancora tempo da dedicare ad altro, rispose con stupore: "Ma non scherziamo... Ci mancherebbe che non trovassi il tempo per dedicarmi al Signore. Porto
sempre con me la Bibbia e prego ogni giorno". Una condotta esemplare per una crescita interiore, anche se talvolta il ricorso alla preghiera fa storcere il naso alla scienza medica. Come è accaduto quando il manager di Baggio ha dichiarato che il calciatore si era ripreso dall'incidente dello scorso 21 ottobre (distorsione di secondo grado al ginocchio sinistro) grazie unicamente alla sua fede buddista che l'ha portato a pregare anche per 10 ore al giorno. Forse una forzatura, ma anche la conferma che la preghiera nello sport è diventata un fenomeno diffuso e ha superato ormai quella barriera di pudore o vergogna da cui per lungo tempo è stata circondata. Lo testimoniano anche le crescenti adesioni agli "atleti di Cristo", un'associazione di sportivi nata nel 1981 che riunisce nel mondo oltre 6.000 atleti, professionisti e dilettanti provenienti da diverse confessioni cristiane, con l'intento di diffondere attraverso lo sport il messaggio del Vangelo di Gesù. La preghiera, quindi, come strumento per ritrovare dentro di sé quella forza morale e spirituale che nessuna seduta d'allenamento ti potrà mai dare e che nel mistero della fede può anche farti vincere come atleta, sicuramente come uomo. Per sottolineare però quanti ostacoli e difficoltà incontri l'uomo, e quindi lo sportivo, che si accinge a pregare, già sant'Agostino nelle sue Confessioni ebbe a scrivere alcune illuminanti e profetiche parole: "Anche la paglia sotto le mie ginocchia grida per distrarmi dalla preghiera". Ecco, vorrei chiudere con un auspicio rivolto a tutti i protagonisti dello sport, e cioè che l'erba sotto i piedi dei calciatori, il tartan sotto quelli del velocista, il parquet del cestista e il ring sotto i piedi del pugile non gridino mai abbastanza per distrarli dalla preghiera, qualunque essa sia e a qualunque Dio sia indirizzata.
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ARGOMENTI
VERSO TORONTO di Rita Salerno
GMG Verso Toronto SI RIPARTE DA PIAZZA SAN PIETRO Da Tor Vergata a Toronto passando per Piazza S. Pietro. Le sentinelle del mattino che non si rassegnano ad un mondo dominato da fame, guerre e povertà, si sono ritrovate tutte insieme nel giovedì prima delle Palme con il Papa. Un raduno che ormai è un appuntamento fisso per migliaia di ragazzi romani che si stringono intorno a Giovanni Paolo II per "riflettere in vista della Giornata mondiale della Gioventù sul messaggio a loro indirizzato". "Voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo" è stato il fil rouge di questo incontro che ha avuto il sapore di una festa e lo spessore di una catechesi. La frase, tratta dal Vangelo di Matteo, è uno stimolo ad essere missionari di Cristo in ogni angolo del pianeta. Testimoni di fede capaci di riempire Piazza
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San Pietro per vivere quella che è considerata un'anticipazione, sia pure a dimensione locale, dei momenti intensi ed emozionanti dell'imminente giornata canadese. Una consuetudine, dunque, da vivere in chiave vocazionale. "Aiutare i giovani a capire che si è sale della terra e luce del mondo vivendo quella chiamata che Dio propone a tutti" - precisa monsignor Mauro Parmeggiani direttore del servizio diocesano di pastorale giovanile che ha lavorato all'evento trasmesso in diretta da Rai Uno "Tutti siamo chiamati ad accogliere questo specifico invito che Dio ci rivolge". Una festa ed una catechesi al tempo stesso che ha coinvolto tanti artisti. Nomi di richiamo nel panorama musicale che per una volta si sono esibiti non con le hit in vet-
La consegna del Vangelo alla quale i giovani della piazza hanno aderito con gioia. "Anche questo è un modo per interrogarsi sulla propria scelta di vita nella società e nel mondo", sottolinea Mons. Parmeggiani. Ragazzi e ragazze che non si rassegnano alle violenze quotidiane che ci sfiorano e che ci passano accanto. ta alle classifiche ma con le melodie più consone alle sentinelle del mattino. Da Alexia a Raf, da Antonella Ruggiero alla rivelazione di Sanremo Anna Tatangelo, il coro della diocesi di Roma diretto da monsignor
Marco Frisina: tanti momenti di spettacolo per portare sulle ali della musica l'annuncio di Cristo nel nuovo millennio. Per invocare la pace e per non disperdere quella promessa fatta diciotto anni fa in occasione della prima Giornata mondiale della Gioventù. Dalle testimonianze in note a quelle parlate, anzi raccontate con sincerità ed emozione in diretta dai protagonisti e proprio per questo più vere di tanti sermoni. Sono quelle di due ragazzi canadesi, terra che ospiterà la prossima gmg, che hanno perduto il padre negli attentati terroristici di New York dell'undici settembre scorso. Sono le storie di una vocazione giovane ma già matura e consapevole come quella di una giovane suora, appena ventiquattrenne, e di un seminarista. Sono le esperienze forti e quotidiane di una coppia romana avanti con gli anni e dei loro due figli. O di una coppia di fidanzati in procinto di sposarsi. Quelle non meno affascinanti di un missionario in partenza per le Filippine: pochi anni sulle spalle ma tanta voglia di stare insieme a popoli a lui sconosciuti nel nome di Gesù. Racconti di vite banali ma non troppo. Giovani e adulti accomunati dalla fede in Cristo e dalla volontà di impegnarsi in nome di un ideale alto, che nel nuovo secolo non si prestano ad essere strumenti di violenza e distru-
zione. Capaci di difendere la pace, anche a costo di pagare di persona se necessario. “Da cosa nasce cosa” - aggiunge monsignor Parmeggiani che conosce bene per aver sperimentato di persona l'emozione della GMG dalla prima all'ultima edizione “Dai progetti di vita cristiana dei genitori sono scaturite altre proposte di fede”. Tre ore intense, centottanta minuti per regalare luce e sapore ai gesti quotidiani e alle parole di tutti i giorni. Una vocazione che richiede impegno ma che non deve far paura. Da realizzare sia in famiglia sia nel chiuso di un convento. Il segreto di tutto questo? La consegna del Vangelo alla quale i giovani della piazza hanno aderito con gioia. "Anche questo è un modo per interrogarsi sulla propria scelta di vita nella società e nel mondo", sottolinea il direttore della pastorale giovanile della diocesi di Roma. Ragazzi e ragazze che non si rassegnano alle violenze quotidiane che ci sfiorano e che ci passano accanto. In grado di difendere la vita in ogni momento del suo sviluppo terreno, di sfruttare ogni più piccola energia del proprio essere per rendere questa terra sempre più abitabile per tutti. Un'ulteriore dimostrazione, se mai se ne sentisse il bisogno, del rapporto speciale, intenso, fatto di battute indimenticabili, intriso di abbracci calorosi, venato di momenti emozionanti come emozionanti sono state le ore vissute da non meno di trentamila giovanissimi della capitale giovedì 21 marzo scorso in Piazza San Pietro. Una festa della fede resa possibile dal contributo di tanti volontari che hanno diffuso in tutte le parrocchie della diocesi i volantini dell'iniziativa, che hanno girato e battuto in lungo e largo le strade e le piazze romane per farla conoscere. E che la città, culla della cristianità ha saputo ancora una volta ricambiare di affetto e di amore sincero. Una festa culminata nell'incontro con Giovanni Paolo II che ha raggiunto la piazza poco dopo le 18.00. Al Papa venuto da un paese lontano si sono rivolti due giovani romani, Giampaolo e Viviana, per esprimere i dubbi, le paure e le incertezze di un'età alle prese con il mondo e desiderosi di trovare senza troppa fatica il proprio cammino lastricato e privo di ostacoli. Una generazione che piace, e tanto, a Papa Wojtyla perché capace di pronunciare un sì. Di guardare oltre le difficoltà di tutti i giorni per vivere una vocazione esigente ma senza incertezze.
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TRAME DI GIOCO
IL RIGORE SBAGLIATO di Darwin Pastorin
Il rigore
sbagliato
Tempi supplementari - partite vinte e perse. Così si intitola il nuovissimo libro di Darwin Pastorin, denso di calcio e intriso di memorie familiari, storiche, e letterarie. Stadium nelle sue trame di gioco ne ospita oggi il capitolo a lui più caro. Ricordo la strada / di pietre e polvere, / la chiesa in fondo alla via / e i miei amici / di tutte le razze inseguire sogni e aquiloni / nell'ebbrezza di un futuro / da modellare così lontano come le città / dei nostri genitori / ricostruite nelle lacrime / e nei dolori, / nel posacenere con l'Arena / e nella cantilena del dialetto / a rompere la solitudine / del portoghese. E noi bambini / correvamo dietro / nuvole e sortilegi e quel pallone, / quel pallone leggero, / scandiva il nostro tempo dall'affacciarsi del giorno / alla vertigine della notte.
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Io sarò un' ala destra, / la più forte ala destra / dell'universo come quel campione / dalle gambe storte / e dal soprannome buffo, / quel campione che dicevano / allegria della gente / e a ogni suo gol / un povero cantava, / un povero sperava, / un povero stringeva i pugni / e diceva: anche noi vinceremo. / Sì, sarò un'ala destra / maglia verde come la speranza, / un'illusione, un vuoto a rendere, / verde come il mare di Santos, / onde adulte, onde caparbie / e quel lungo viaggiare / per trovare una risposta: / dove l'Italia, cos'è l'Italia? / E il Brasile diventava / nell'ozioso navigare / una memoria, una scheggia di nostalgia, / un eco in lontananza. Italia anni sessanta / del boom economico / scandito dai cronometri / dei cottimisti / altro che ottimisti! / Lotte operaie, lotte sindacali, / il sangue di Dallas / e delle Pantere Nere, il sangue del Vietnam, / che roba
Contessa. / Volavano alti / i lacrimogeni / e i cross / di Helmut Haller / per la testa / di Roberto Bettega / mentre Anastasi / illustrava la sua terra / e il suo cielo, / Pelé Bianco lo chiamavano. / E io volevo diventare come lui, / e correre nel vento, / e correre nel tempo, / alzare le braccia (non per un controllo / dei documenti, / studia ragazzo, / studia e non pensare, / la politica lasciala / ai grandi). Sì, alzare le braccia / dopo una rete al volo, / una discesa in dribbling, / dopo aver scartato il portiere. / Sentivo di potercela fare, / hai talento, giudicavano, / prima di quel rigore sbagliato / di quell'errore che mi lasciò solo, / in quel deserto di sguardi / e di rimproveri. / Non si può sbagliare / un rigore a quindici anni, / non quel giorno della finale, / con lei in tribuna, / con lei che ti ha baciato, / con lei che ti ha lasciato. / Anche Anastasi ha sbagliato / un calcio di rigore / ripetevo quella notte senza fine, / con quel portiere / a occupare l'incubo / a rovesciare i pensieri./ Scriverò di queste e altre storie, / scriverò che anche un rigore / provoca dolore, / segna un destino, /rompe, frantuma, capovolge./ Scriverò di un ragazzo /che il 12 dicembre 1969 / diventò adulto / perché quelle bombe / cancellarono la sua giovinezza, /cancellarono la sua innocenza. / Racconterò a mio figlio / di città che avevano prati, / spazi aperti, sospiri e tenerezze. / Gli dirò di suo padre / di quando urlò per la prima volta / "libertà e tolleranza", / di quando sbagliò un rigore / per la semplice fretta di esultare. / Il calcio, figlio mio, / è come la vita, / che ti scivola tra le mani / per l'ansia di possederla. E dopo il calcio di rigore / ti resta soltanto / un senso di smarrimento, / la voglia di tornare indietro e dimenticare.
VITACSI
«È IL GIOCO IL CUORE SPORTIVO» di Danilo Vico
«È il gioco il cuore sportivo» LA TRADIZIONALE PASQUA DELLO SPORTIVO CELEBRATA A NAPOLI DAL CARDINALE MICHELE GIORDANO Un ramoscello di ulivo, un cavallo che corre. Questi i simboli della Pasqua dello Sportivo, celebrata il 7 aprile a Napoli nella Gymnasium ai Cavalli di Bronzo. Gremitissime le tribune della palestra Partenope, con la polisportiva omonima (50 anni di attività da festeggiare) organizzatrice insieme al Centro Sportivo Italiano di Napoli dell'evento sport-spirituale. Un palazzetto dello spirito, una palestra di fede potremmo sostenere, parafrasando quanto disse Mons. Crescenzio Sepe in Sala Nervi durante il Giubileo degli Sportivi. Stavolta sul parquet han "giocato" i numerosi officianti la Messa. Intorno all'altare eretto in mezzo al campo, la presenza degli atleti e delle società partenopee, oltre a quella di numerose autorità cittadine, chiamati a raccolta dal cardinale Michele Giordano. L'arcivescovo di Napoli, che ha celebrato la Pasqua dello Sportivo, nell'omelia ha manifestato la sua felicità nel trovarsi tra centinaia di praticanti l'attività sportiva ed ha centrato il suo intervento sui rischi che oggi lo sport affronta, quando perde di vista la sua originale componente ludica, fondamentale poiché "il gioco e il divertimento liberano dalla costrizione del tempo e del bisogno"... "L'insidia che mina in radice il tempo libero - ha ammonito il cardinale - proviene dal cuore dell'uomo, da dove scaturisce il male che ostacola il vivere. Così, nell'atto stesso della pratica sportiva, a volte anche del gioco, torna a dominare quella costrizione che ci rende schiavi". Nella pratica agonistica talvolta il gioco viene snaturato dalla cultura della prestazione, invece di restare sfera di libertà, di gratuità. La responsabilità non è solo dello
sport, ma dei criteri che guidano la nostra società: "Nonostante l'ampliarsi della disponibilità di tempo libero, l'homo faber ingloba sempre di più e quasi soffoca l'homo ludens. Un'umanità privata della fantasia e della gioia, della festosità del gioco, si immesiri e tende inesorabilmente all'autodistruzione". Bisogna perciò individuare quali sono nello sport "le dinamiche perverse che i meccanismi di profitto e di violazione della persona mettono in atto", per incidere su di esse. Solo proponendo la pratica sportiva "secondo gli ideali di un autentico umanesimo e, ancor più, di una convinta adesione ai valori del vangelo, è possibile colpire alla radice questo virus insidiosissimo che
ditrugge lo sport dall'interno". “Bisognerebbe vagliare - ha concluso il cardinale - se lo sport professionistico, asservito al mercato e allo spettacolo, è ancora capace di gioia e di festa, o se non sia indispensabile rivedere, con autentica profezia, il quadro di valori cui esso fa riferimento e si ispira". In ultimo, per fronteggiare il malcostume non esiste modo migliore che raccontare storie di sport autentico dove fuoriesca la gioia di gareggiare. Ecco allora il campione olimpico Davide Tizzano che legge il passo conclusivo della preghiera dello sportivo "Scenda la tua luce, o Signore, ovunque c'è un'atleta che combatte nel più sano agonismo per l'ebbrezza della vittoria".
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ARGOMENTI PORTATORI DI SPERANZA di Daniele Pasquini
CONSEGNATE IN PALESTINA LE LAMPADE DELLA PACE BENEDETTE DAL PAPA. L'EMOZIONE DI TROVARSI DI FRONTE AD ARAFAT.
Portatori di speranza
Nell'ultima settimana di marzo antecedente la Pasqua, ho avuto la possibilità di partecipare ad un viaggio storico quanto mai unico. Come membro della delegazione ufficiale della Conferenza Episcopale Italiana, insieme ad altri venti giovani provenienti da tutta Italia, sono stato in Terra Santa. Un viaggio che ha avuto una triplice valenza: la visita ufficiale, il pellegrinaggio e infine un'esperienza di gruppo. Il nostro scopo era quello di consegnare la lampada della Pace di Assisi, che il Papa aveva benedetto durante l'incontro del 24 gennaio scorso con i capi delle religioni di
tutto il mondo, alle autorità israeliane, palestinesi e ai rappresentanti della Chiesa Cattolica in Terra Santa. Abbiamo avuto così la possibilità di incontrare e discutere con il leader dell'OLP Arafat, la
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parlamentare palestinese Hanan Ashrawi, il rappresentante del Ministero degli Esteri Israeliano per i rapporti con le religioni Gadi Golan, il Custode dei luoghi santi Battistelli, il Nunzio Apostolico Sambi e il Patriarca di Terra Santa Sabbah. Questi incontri, oltre naturalmente alle forti emozioni, ci hanno lasciato anche la consapevolezza della complessità e complicatezza della situazione in Medio Oriente, offrendoci numerosi spunti per la comprensione e la riflessione. Accanto alle visite ufficiali abbiamo avuto la possibilità di fare anche un pellegrinaggio ai luoghi santi, visitando il Santo Sepolcro, il Getsemani, la Basilica della Natività di Betlemme, Nazareth, Emmaus, il lago di Tiberiade e numerosi altri posti evangelici e biblici. Era la prima volta che molti di noi si trovavano in Palestina e l'emozione di vedere concretamente i luoghi raccontati nei Vangeli è stata una immensa esperienza spirituale: ora i racconti degli evangelisti non appaiono più come sospesi in un tempo lontano, ma appaiono calati fortemente nei paesaggi, nei sapori e nei colori mediorientali. Infine, accanto a tutto questo, abbiamo vissuto forti momenti di gruppo, condividendo emozioni, tensioni, riflessioni, preghiere. Abbiamo incontrato giovani delle comunità cristiane, siamo stati ospitati a cena in famiglie arabe, abbiamo visitato la comunità "Oasi di Pace Neve Shalom", ci siamo ricavati momenti di confronto sia personali sia di gruppo. In particolare ricordo l'incontro con suor
Carla, una religiosa di Betlemme, che una sera, raccontandoci la sua esperienza ci ha cambiato il modo di vedere il conflitto tra arabi ed israeliani. Siamo rimasti sconvolti dal fatto che lei e le sue consorelle di Betlemme di fatto non facevano niente di "utile" per la gente. Noi siamo abituati a pensare ai nostri missionari che si fanno in quattro per aiutare i più poveri, che costruiscono scuole, che fanno giocare i bambini. Ebbene, la comunità di suor Carla non faceva nulla di tutto questo: il loro compito era semplicemente quello di stare in mezzo alla gente. Mi ricordo ancora chiaramente la domanda di uno di noi, Paolo, che insistentemente chiedeva loro cosa facessero, non riuscendo a capacitarsi che davvero non facessero altro che stare in mezzo alla gente, quando in quelle terre c'era tanto e tanto da fare. Suor Carla allora ci ha risposto che loro portano in mezzo alla gente la speranza. È proprio il loro esserci anche quando potrebbero andarsene e tornare in Italia ed esserci come testimoni di pace, di fiducia e di speranza la vera grandezza del loro servizio. È stato proprio in quel momento che ho capito qual era il vero significato del nostro viaggio, delle lampade di Assisi e da dove cominciare in modo semplice e quotidiano per aiutare quelle terre: essere instancabili portatori di speranza.
ARGOMENTI APPUNTI ALLO STADIO di Andrea De Pascalis
Appunti allo stadio "Appunti allo Stadio": è il titolo di una mostra dedicata al calcio che ha soggiornato brevemente a Roma prima di partire alla volta dell'estremo Oriente, quale apporto culturale italiano ai Mondiali del 2002. Nelle sale del Palazzo delle Esposizioni della Capitale, sono state raccolte settantadue opere di artisti italiani, in massima parte quadri, creati tra il 1920 e i giorni nostri. Prestigiosissime le firme apposte sulle tele e sui bronzi: da Mafai a Carrà, da Guttuso a Schifano. Cosicché l'evento alla fine si è offerto, oltre che come panoramica di quasi un secolo di arte italiana dedicata al nostro sport più popolare, come occasione per verificare quale immagine di sé il calcio ha proiettato su una élite intellettuale, formata certamente da persone - gli artisti - di grande sensi-
bilità culturale ma lontane dai frastuoni nazionalpopolari che da sempre o quasi circondano il calcio. E infatti, il Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri, on. Mario Baccini, nella prefazione al curatissimo catalogo della Mostra scrive: "Appunti allo Stadio costituisce un evento unico e prezioso che intende testimoniare come l'Arte italiana, quale espressione sempre attenta alla evoluzione dei gusti della società, dei desideri, dei suoi miti e delle sue frustrazioni, abbia registrato fin dall'inizio del-
la grande epopea calcistica italiana, databile dagli inizi degli anni '20, gli effetti del fenomeno sull'immaginario collettivo".
Nelle opere degli anni Venti l'attenzione degli artisti è tutta puntata sul calcio come espressione atletica, come fatto tecnico che si esalta in taluni gesti tecnici: la parata del portiere, la rovesciata, il contrasto tra attaccante e difensore, il tiro verso la rete. Lo stile è spesso quello dettato dai princìpi del futurismo. Opere belle da vedere, artisticamente importanti, ma nelle quali manca tutto il retroterra che in quegli anni sta facendo importante il fenomeno calcistico. Unica eccezione, l'olio Piccoli calciatori, che ci mostra due fanciulli, probabilmente due rampolli di famiglie "bene", in tenuta di gioco e con la sfera di cuoio tra le mani. Gli anni Trenta continuano a mostrare lo stesso genere di opere: cambia lo stile, che diventa "littorio", come in Calciatori di Giuseppe Montanari, ma il soggetto è sempre quello: il calciatore in azione, estrapolato da qualsiasi contesto. In alto: Mario Moschi: Calciatore, 1974 A fianco: Dino Boschi: Grande pala laica, 1971
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ARGOMENTI
APPUNTI ALLO STADIO
Da sinistra a destra: Dino Boschi: Osservanti, 1967 Giuseppe Montanari: Calciatori, 1930 Carlo Carrà: Partita di calcio, 1934 In basso: Stefano Borelli: Il calciatore,1935
Ed è strano, perché il periodo è quello della nazionale di Pozzo e dei due titoli mondiali, ma l'Arte non sembra accorgersene. Una piccola ma significativa eccezione è Folla sportiva di Antonio Traverso, datata 1933, opera che finalmente volge le spalle al campo e guarda verso gli spalti. Ad interessare l'artista è la folla dello stadio: una folla composita, che unisce signore con cappellino e veletta e uomini in giacca e cravatta, con tanto di feltro in testa, a popolani scamiciati; le classi sociali si mischiano nello stadio, dove tutti diventano anonima folla urlante, con le facce distorte dall'eccitazione dello spettacolo. Per uscire nuovamente dall'ovvietà del calciatore in campo come soggetto unico dell'opera d'arte bisogna attendere a lungo, fare un grande salto fino al 1967. Di quell'anno è il dipinto Osservanti di Dino Boschi: anch'esso volta le spalle al campo e guarda quasi in lontananza i gradoni di uno stadio, peraltro semivuoti. Gli spettatori sono figure indistinguibili, confuse, perché la vera protagonista della tela è la grande rete in primo piano, sorretta da due sbarre di ferro anch'esse evidenti. Siamo alla vigilia del '68, gli ultras ancora
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non sono un fenomeno sociale, ma l'artista ha già colto la separazione che ormai divide lo spettacolo dai suoi fruitori. Che Dino Boschi sia più attento ai "segni" sociali del calcio che ai suoi fatti tecnici lo dimostra un'altra enorme tela, Grande pala laica, del 1971. La pala, come si sa, è la composizione dipinta che si pone sugli altari. Con quel titolo Boschi probabilmente ha inteso evidenziare polemicamente la trasformazione del calcio in evento sacrale della domenica. Ed anche in quest'opera è evidente la rete in primo piano: forse è la rete di una porta, ma comunque esprime il concetto della partita come fatto "ingabbiato", lontano da quei gradoni semivuoti che anche qui si vedono sullo sfondo. La folla dello
stadio, scamiciata e urlante, è la protagonista di due tele di Renato Guttuso, entrambe del 1965. Per trovare un'opera davvero anomala, che esprime critica piuttosto che celebrazione, bisogna aspettare il 1987, data in cui Valeriano Tornabuoni crea Pallamonumento 2, dove il pallone è messo sul basamento di un monumento al posto della figura umana. Siamo ormai nell'epoca del calcio quale spettacolo centrale nella vita della nazione, ed ai suoi fasti si è eretto, appunto, un monumento nella considerazione popolare e mediatica. La mostra che consegniamo ai mondiali della Corea è tutta qui. Alla resa dei conti ci si accorge che l'Arte nulla o quasi ha colto, nell'arco di ottant'anni, dell'evoluzione del calcio da divertimento di periferia ad evento planetario. E questa mancanza di attenzione probabilmente è essa stessa un segno, la prova ulteriore del fatto che nell'Italia del XX secolo lo sport, quello praticato in prima persona così come quello cui si assiste, non è mai riuscito a trasformarsi realmente in cultura.
PER ALLENAMENTO
I MUSCOLI DORSALI di Alfredo Stecchi
dorsali
I muscoli dorsali Studi e ricerche hanno evidenziato che 7-8 persone su dieci presentano problemi di vario tipo a carico della spina dorsale e che i soggetti sedentari sono sempre i più colpiti. Una schiena dotata di un sistema muscolare ben equilibrato, forte quanto basta e razionalmente elastico è il presupposto essenziale, congiuntamente all'allenamento della parete addominale, per il benessere della nostra colonna vertebrale. Dedichiamoci allora all'allenamento dei dorsali sia per praticare sport agonistico, sia per fare della blanda attività fisica finalizzata a vivere con più funzionalità e minori fastidi la nostra vita quotidiana. C ENNI
ANATOMICI
La potente e complessa muscolatura del dorso viene analizzata sempre in base alle varie inserzioni e alle numerose funzioni che si differenziano sensibilmente tra loro: l'aspetto che accomuna tutti questi muscoli è dato comunque dalla loro posizione visto che sono tutti localizzati sulla parte posteriore del tronco.Volendo rendere sintetica e facilmente comprensibile tutta la configurazione anatomica, possiamo suddividere l'intero sistema in due parti: • muscoli dorsali profondi; • muscoli dorsali superficiali.
fig. 1
M USCOLI
DORSALI PROFONDI
I muscoli dorsali profondi risultano di grande importanza per la stabilità della colonna vertebrale dato che con la loro azione impediscono sia un'iperestensione che un'iperflessione del tronco. fig. 3 Il loro allenamento è però subordinato alle condizioni della colonna vertebrale. Ad esempio, in presenza di una iperlordosi lombare un loro ulteriore accorciamento comporterebbe un peggioramento del problema, per cui sarà indispensabile sottoporre questa fig. 2 muscolatura a costanti e specifici allungamenti (fig. 7) con-
temporaneamente ad un efficace rafforzamento della parete addominale. Nel caso invece non si dovessero eviden-
fig. 4
ziare problemi legati alla colonna, l'allenamento di questi muscoli risulterà assolutamente indispensabile a patto che vengano sollecitati con graduali intensità cominciando da esercizi semplici ed accessibili come quelli raffigurati nelle fig. 1-2. In una fase successiva si potrà passare a movimenti più intensi come quelli delle fig. 3-4 dove si dovrà prestare attenzione a non
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PER ALLENAMENTO
I MUSCOLI DORSALI
fare superare al tronco la linea parallela al suolo.
I
MUSCOLI DORSALI SUPERFICIALI
I muscoli dorsali superficiali sono rappresentati dal trapezio, dal gran dorsale, dal piccolo e grande romboide, dall'elevatore della scapola e dal dentato posteriore superiore e inferiore. L'esercizio sicuramente più conosciuto per questi muscoli è quello delle trazioni alla sbarra (fig. fig. 5 5), movimento in cui il gran dorsale esplica la sua maggiore funzione; questa esecuzione è da considerarsi un’ottima prova di efficienza fisica generale oltre a non presentare elementi di rischio traumatici. In questo esercizio viene messo in evidenza il rapporto peso-forza del soggetto che lo esegue, da cui se ne deduce facilmente che le persone con un peso corporeo elevato (soprattutto degli arti inferiori) avranno sempre maggiori difficoltà. Ai soggetti con diversi chili di sovrappeso si suggerisce quindi di non intestardirsi esclusivamente con il movimento ma di cercare contemporaneamente di perdere qualche strato di grasso corporeo in eccesso. Nelle fasi iniziali, quando il numero di ripetizioni delle trazioni non supera le due tre unità e lo sconforto potrebbe prendere il sopravvento, bisognerà insistere e lavorare su ogni ripetizione senza cedere con troppa facilità: la ripetizione in più che non siamo riusciti a fare oggi sicuramente riusciremo a farla dopo qualche allenamento e così via, fino a quando non saremo capaci di tirarci su 1012 volte per 4 serie.
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Per facilitarsi il compito potrà risultare utile l'aiuto di un compagno durante la fase della trazione. In questo contesto si inserisce il discorso sulla Lat Machine (fig. 6), attrezzatura ormai presente in qualsiasi centro sportivo che è nata su imitazione dell'azione motoria delle trazioni alla sbarra differenziandosi nella postura dato che bisogna lavorare seduti con gli arti inferiori bloccati. La Lat Machine oltre ad essere adoperata come sistema propedeutico per le trazioni può essere utile semplicemente per allenare in modo proficuo i muscoli del dorso. Nei suoi vari modi di utilizzo si suggeriscono sempre quelli che prevedono il movimento davanti al viso, tralasciando quelli che terminano dietro la nuca per rischi di traumatismi a carico delle articolazioni delle spalle. fig. 6
O RGANIZZAZIONE
DEGLI
ALLENAMENTI
Per ottenere degli ottimi risultati, due allenamenti alla settimana saranno più che sufficienti: è necessario ricordare, infatti, che a degli intensi e proficui allenamenti devono seguire dei periodi di appropriato recupero perché è proprio durante queste fasi
che l'organismo si adatta e si rigenera per affrontare successivamente carichi e difficoltà maggiori.
fig. 7
Nell'ambito di un razionale allenamento dei dorsali, trova un ruolo da protagonista la fase dedicata all'allungamento (fig. 7; fig. 8) di tutti i muscoli che hanno lavorato: le catene cinetiche della schiena, infatti, trovandosi in stretto rapporto con la colonna vertebrale, dovranno sempre evidenziare un alto grado di elasticità e mobilità.
fig. 8
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L’ACUTO DI FORLÍ di Raffaele Fiorini
L’acuto di FORLÍ NEL CAPOLUOGO ROMAGNOLO IL VILLAGGIO DELLO SPORT FA GIOCARE LA CITTÀ INTERA Si è svolto a Forlì dal 5 al 7 aprile il Villaggio dello Sport, un immenso parco polisportivo allestito nella centralissima Piazza Saffi. Da un lato il Municipio e sul versante opposto la romanica Basilica di San Mercuriale sono stati per due giorni le tribune, collegamento ideale tra la città e lo sport, spettatrici di una manifestazione voluta dalla Commissione Pastorale Giovanile della diocesi di Forlì-Bertinoro, la quale, attraverso la Consulta diocesana dello Sport, ha organizzato questa ricca fine settimana. Tema conduttore "l'incontro", inizialmente fra le varie componenti del mondo sportivo cattolico, e, successivamente, con le istituzioni e con i giovani. Venerdì 5 ha aperto una tavola rotonda dal tema "A che gioco giochiamo? Sport e vita cristiana", condotta sapientemente dal giornalista sportivo Marino Bartoletti. Relatori della serata sono stati Don Libero Gardelli, incaricato diocesano dell'Ufficio Pastorale per lo Sport e Tempo Libero; Don Giovanni Granelli membro della consulta diocesana; Giovanni Bucci assessore allo sport
di Forlì, Gilberto Miccoli Favoni vice presidente del CONI provinciale; Alfio Cucchi, preside di una tra le scuole medie più grandi del forlivese e Walter Neri, medico e atleta amatoriale. Ore 6.30 di sabato: comincia l'avventura. Decine di volontari si apprestano a montare l'attrezzatura e i campi da gioco e poche ore dopo la centralissima Piazza A. Saffi si ritrova vestita a sport. Ore 10.30: si parte con i giovani delle scuole medie e superiori del forlivese. Tema della mattinata era infatti "l'incontro con e fra i giovani della scuola", mentre nel pomeriggio era "l'incontro con e fra i giovani delle parrocchie". In piazza sono scesi il calcio a
5 e a 3, la pallavolo a 3vs3, la pallacanestro e il tennistavolo; nel contempo si susseguivano esibizioni sportive di arti marziali, yoga, scherma, spinnig e scherma medievale in costume d'epoca. Nella prima giornata il carattere ludico era accentuato da una gestione dei punti gioco, esibizione co-
me una grande fiera dove le varie squadre sceglievano di volta in volta a cosa e con chi cimentarsi. Alla fine di questa giornata sportiva veniva cosi premiata dal vicesindaco Antonio Branca la squadra non prima per risultati ma per partecipazione: la parrocchia di S.Paolo. Poi la Messa in San Mercuriale è stata celebrata da Mons. Vincenzo Zarri, Vescovo della Diocesi di Forlì-Bertinoro, che nella sua omelia ha ricordato quanto sia importante la funzione umanizzante dello sport mediante la forza del Vangelo, per uno sport sempre più al servizio dell'uomo e della sua crescita integrale. La serata si è poi conclusa con un bel concerto di due gruppi parrocchiali giovanili, gli "Estremi rimedi", gli "Acekid" e di un ragazzo bravissimo "Francesco Mirra" che ha alternato proprie canzoni con quelle di noti cantautori italiani. Domenica spazio ai tornei sportivi e a varie esibizioni, tra cui quella dell'associazione "il raggio di sole" che gestisce un servizio di ippoterapia, attività equestre con finalità riabilitative per persone con disagi sociali, fisici o mentali che è riuscita a portare i cavalli in piazza e a metterli a disposizione dei giovani che volevano provare questa attività. Altro momento importante è stata l'esibizione dell'associazione "Incontro Senza Barriere" che, con ragazzi diversamente abili, ha regalato ai presenti una danza e uno spettacolo di pattinaggio, riscuotendo un enorme successo e un vissuto carico di emozioni. Nota di colore: presenti numerosi extracomunitari, assistiti dalla Caritas locale, che hanno partecipato ai vari tornei ed il momento-donna alle ore 17.00 con tutte le squadre femminili sui campi. Infine le premiazioni (causa pioggia) sotto i bei portici della piazza, effettuate dal Vescovo della Diocesi Mons. Vincenzo Zarri che ha salutato i partecipanti, e dal Sindaco del Comune di Forlì Franco Rusticali.
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AL BOYS LA COPPA ASYSTEL di Felice Alborghetti
Al Boys la coppa
ASYSTEL POSITIVO IL GEMELLAGGIO CSI-VOLLEY MILANO Un gran successo ha riscosso il gemellaggio tra CSI e Asystel Milano, felicissimo esempio di come, a volte, il mondo dei "pro" sa stringere la mano a quello "dilettanti" in un progetto che ha avvicinato lo sport di vertice a quello di base. Dal mese di febbraio fino a fine marzo, infatti, l'intera rosa della compagine milanese di volley (serie A1) è scesa in campo al fianco delle meno famose società ciessine (vedi box) per dar vita ad un torneo, la Coppa Asystel 2002, che ha visto impegnate le ragazze juniores, allenate da coach un pò speciali. Così dal 21 gennaio scorso, data del primo appuntamento disputato sul campo dello IOL Stadium, in panchina delle otto formazioni CSI abbiamo scoperto il fortissimo opposto argentino Marcos Milinkovic, assieme al palleggiatore Barbaro. Poi una sfida tra centrali con le squadre capitanate da Cozzi ed Held; Bonati contro Tedeschi.
Ad ogni squadra è stato gemellato un campione Asystel, una sorta di allenatore virtuale… ma non troppo, visto che direttamente dalla panchina, ha seguito tutte le fasi della Coppa, coadiuvando il "vero" allenatore. Per una volta erano anche loro a girare consigli tecnico-tattici alle atlete, apparse divertite ed incredule per la piacevole novità. «Mi sono divertito molto - commenta Lorenzo Tedeschi 33enne martello milanese e per l'occasione coach dell'Altopiano Seveso - per noi è un po' riscoprire una pallavolo diversa, quella dei nostri esordi. È uno scambio. In fondo significa divertirsi con le ragazze, incitarle, incoraggiarle. Gli allenatori ci sono, sono quelli delle rispettive squadre. Noi li affianchiamo, adottiamo una squadra. È bello stare lì in mezzo. Mi è piaciuto vedere il classico saluto tra le squadre molto grintoso, appassionato, diverso dal nostro ormai compassato e un po' freddo: le mie gridavano a gran voce "Nefertari" inneggiando alla loro bellezza e bravuLE SQUADRE CSI COINVOLTE
Le ragazze del Boys festeggiano la vittoria
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Copreno Altopiano Cesano Volley Rodano Boys S. Giorgio Limbiate S. Rita Cerrese
ra. Ho anche visto lacrime - prosegue Lorenzo - per un punto sbagliato e ho detto a quell'adolescente che è giusto sbagliare, perché dagli errori s'impara e si cresce. C'è tantissimo entusiasmo, ragazze gasatissime che in queste gare vincono il loro scudetto». La Coppa Asystel appassiona dunque oltre alle ragazzine i campioni del volley. È motivo di vanto nei loro discorsi. Ci scherzano sopra. Le squadre CSI le sentono ormai un po' loro. «Io voglio la mia squadra! - Ribatte Tedeschi -. Nel primo incontro infatti ho sostituito un mio compagno ed abbiamo perso. Ora voglio conoscere le mie ragazze. Gioco contro Milinkovic e voglio avere un'altra possibilità. Ci tengo». E il talento argentino, da nove anni in Italia fa muro: «La mia squadra (Boys, ndr) è molto forte e mi ha sorpreso. Sono ragazze molto brave per la loro età. Nelle partite hanno dimostrato ottimi fondamentali in ricezione ed in generale in difesa. Nelle fasi di volo, non essendo ancora del tutto sviluppate, devono e possono ancora migliorare». Per la cronaca, in finale si sono trovati di fronte proprio il Boys (sostenuto da Roberto Cazzaniga - Milinkovich ha dato forfait per altri impegni) - ed il Rodano. Onore al Boys per aver battuto 2-1 la squadra avversaria, dopo un incontro giocato da entrambe le formazioni punto su punto. Comunque un bel divertimento questa Coppa Asystel!
TUTTOLEGGI a cura di Francesco Tramaglino
LAVORARE CON GLI ENTI PUBBLICI? UN'OPPORTUNITÁ DA NON TRASCURARE MA ATTENZIONE A CLAUSOLE E CONDIZIONI Se si potesse stilare un ideale curriculum vitae dei comitati CSI e di molte società sportive ad essi affiliate si scoprirebbe che la collaborazione con gli enti pubblici - ministeri, comuni, istituti scolastici e simili - è una costante pressoché comune all'attività delle nostre strutture ed un segno profondo del grande contributo che esse danno alla vita pubblica, sociale e istituzionale del Paese. Una piccola statistica, redatta dall'Ufficio Problemi Giuridici e Fiscali sulla base degli interventi di consulenza richiesti, dimostra, tuttavia, che in molti casi questa collaborazione costa ai nostri organi decentrati e a molte associazioni affiliate ben più di quanto non renda in termini strettamente economici. Perché ciò accade? Perché nonostante il grande patrimonio culturale, formativo e pedagogico che il CSI riversa su queste iniziative, con evidente beneficio per gli enti e le collettività territoriali, ci si ritrova, sovente, a fare i conti con bilanci a saldo negativo? La risposta, probabilmente, alligna in ragioni di ordine sociale e culturale ma - ed è quello che più conta dal nostro punto di vista - si presenta sotto forma di postille e clausole di tipo giuridico e fiscale contro le quali si ci può difendere, con successo. Innanzitutto occorre distinguere il caso in cui l'ente pubblico contribuisce ai costi di un evento organizzato in proprio dal comitato o dalla società sportiva - fattispecie che sostanzia una figura di patrocinio - dal caso in cui l'ente affida alle nostre strutture lo svolgimento di un'attività di propria perti-
nenza, quasi sempre di contenuto sportivosociale, che si concreta, sotto il profilo giuridico, nella sottoscrizione di un vero e proprio appalto di servizi. Nel primo caso l'ente sportivo si limita esclusivamente a rendicontare all'ente pubblico la lista dei costi sostenuti a causa dell'iniziativa ed eventualmente quella dei proventi di modo che quest'ultimo possa finanziare una certa percentuale delle spese o del disavanzo. Nonostante l'estrema semplicità della procedura è accaduto, tuttavia, che qualche Comune abbia preteso la fattura per questi contributi nonché l'applicazione della ritenuta IRPEG 4% prevista dall'art.28 del DPR 600/1973. Orbene, se il contributo è stato corrisposto a fronte dello svolgimento di un'attività istituzionale del comitato, quale è l'attività sportiva, ma anche quella ludicoricreativa o formativa, nessuna imposta è
dovuta, sia essa diretta (IRPEG, IRAP) o indiretta (IVA), né sussistono obblighi di fatturazione. Tali oneri ed adempimenti diventeranno cogenti solo nell'ipotesi in cui il contributo sia stato diretto al finanziamento di un evento di natura commerciale, quale potrebbe essere nel caso in cui gli altri proventi dell'attività siano pervenuti, in modo consistente, da sponsorizzazioni, ingressi di terzi non tesserati, vendite di beni e servizi durante la manifestazione, ecc., come abbondantemente chiarito dalle risoluzioni ministeriali 11/606 del 1989 e 11/803 del 1990. Nell'altro caso, poi - quello in cui l'ente pubblico affida al comitato o alla società sportiva l'organizzazione di un'attività propria dell'ente pubblico medesimo - occorre verificare se l'attività appaltata ha carattere sociale o meno. Infatti, mentre nella prima ipotesi la natura socialmente utile dell'evento (es. gestione palestra comunale a vantaggio dei cittadini disabili o in condizioni di disagio, marginalità, ecc.) fa sì che il compenso per l'attività svolta sia escluso dalle imposte dirette (ai sensi del comma 2-bis lett. b art. 108 TUIR) e, a determinate condizioni, anche da IVA, nel secondo caso (es. servizio di gestione di una palestra ad uso indiscriminato da parte di tutti gli utenti) le imposte sono dovute e anche la fatturazio-
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TUTTOLEGGI
ne (a meno che non si tratti di attività puramente occasionale e, pertanto, esclusa da IVA ma comunque soggetta ad IRPEG). Pertanto, in caso di convenzioni aventi ad oggetto lo svolgimento di attività socialmente utili occorre ricordare (e far presente anche alle amministrazioni degli enti pubblici) che non va applicata alcuna ritenuta IRPEG e che la fattura (con relativa IVA al 20%) è dovuta solo se il compenso supera i costi diretti sostenuti dal comitato o dalla società sportiva per la realizzazione dell'evento stesso e se tali attività sono svolte in modo continuativo e professionale (altrimenti si ricade nel caso di attività occasionali per le quali, come noto l'IVA non è applicabile). In ogni caso non va dimenticato che l'IVA è
un costo che, nella fattispecie, deve essere sostenuto dall'ente pubblico e non da quello sportivo: nelle convenzioni, quindi, bisogna pattuire che il contributo o corrispettivo per lo svolgimento dell'attività in oggetto è da intendersi netto da IVA, la quale andrà, quindi, aggiunta separatamente al prezzo e non inclusa in esso. Attraverso questa subdola astuzia capita sovente che molti enti pubblici corrispondano alle nostre strutture compensi inferiori ai costi sostenuti. Ciò accade, ad esempio, quando l'ente pubblico si limita a reintegrare le spese vive derivanti dall'attività appaltata (e a pretendere pervicacemente la fattura!!!) cosicché, dopo lo scorporo dell'IVA l'associazione si rende conto che, a fronte di tanti sacrifici e
DOMANDE & RISPOSTE Un comitato CSI che abbia proceduto ad ammortizzare un bene durevole in un solo esercizio come può rilevare contabilmente la presenza di detto bene anche nei bilanci successivi? L'ammortamento di un bene durevole in un unico esercizio consiste nell'attribuire al fondo di ammortamento del medesimo (nello stato patrimoniale) una quota di ammortamento pari all'intero valore del bene (coefficiente del 100%). In tal modo avremo che nel bilancio di esercizio compariranno sia il valore del bene tra le immobilizzazioni sia il suo intero ammortamento tra i fondi. Il valore netto, pertanto, sarà zero, in quanto, come precisato nel quesito, la scelta è stata quella di imputare l'intero costo d'acquisto in un unico esercizio. A meno che non si venda il bene o questo non vada perito il suo valore resterà iscritto tra le immobilizzazioni (e il suo ammortamento nel relativo fondo) anche negli esercizi successivi. In questo modo si ottiene il risultato di far figurare nello stato patrimoniale un bene di proprietà dell'associazione anche se esso è stato completamente ammortizzato sotto il profilo economico. È un modo questo, anche per far combaciare i dati dello stato patrimoniale con quelli dell'inventario ove compaiono, come noto, anche i beni già ammortizzati negli esercizi precedenti.
A quali condizioni il rendiconto di una società sportiva può essere redatto in termini esclusivamente economici (a sole entrate e
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buoni propositi, è finita anche in rosso! Lo spazio limitato di questa rubrica non ci consente di addentrarci oltre in una tematica che presenta numerose e ulteriori sfaccettature di ordine giuridico e fiscale. Ma se una parte degli enti pubblici si avvalgono dei loro nutriti uffici amministrativi per volgere a proprio vantaggio le clausole delle convenzioni sottoscritte con le nostre strutture, ci piace ricordare che da tempo, oramai, anche il CSI si è dotato di un ufficio attrezzato per affrancarsi da simili indebiti capestri. E allora, prima di firmare, sottoponeteci le vostre convenzioni, affinché il sovrappiù che donate alla collettività sia il frutto di un dono autentico e sincero e non il risultato di una postilla disseminata in carte polverose.
uscite)? Le condizioni, in verità, sono molto stringenti. Per potere fare a meno dell'indicazione dei valori patrimoniali e finanziari (ossia dello stato patrimoniale) è necessario, infatti, che detti valori non esistano il che è possibile solo se la società sportiva, alla chiusura di ogni esercizio, risulta priva di debiti e di crediti, oltre che di immobilizzazioni e relativi fondi di ammortamento, e di giacenze di cassa e banca. In caso contrario la redazione del rendiconto richiede l'indicazione di questi valori separatamente da quelli espressi nel conto economico (che accoglie, infatti, solo le entrate e le uscite dell'esercizio e il relativo saldo), adempimento che viene svolto, di norma, attraverso la redazione dello stato patrimoniale o, nei casi più semplici, attraverso un prospetto in cui vengono elencati i saldi finali dei conti debiti, crediti, cassa e banca.
Le quote associative e i corrispettivi dell'attività istituzionale concorrono alla formazione della base imponibile IRAP di una società sportiva con sola attività istituzionale? Assolutamente no. Il D. Lgs 466/1997, istitutivo dell'imposta regionale sull'attività produttive prevede, infatti, che la base imponibile degli enti non commerciali esercenti esclusivamente attività istituzionale (purché in regola con lo statuto) si componga della somma di stipendi e salari lordi per lavoro dipendente e per lavoro ad esso assimilato (quindi anche le collaborazioni coordinate e continuative), degli importi per collaborazioni occasionali (escluse quelle sportive di cui alla legge 342/2000) e dei relativi oneri sociali a carico dell'associazione datrice di lavoro. Né le quote associative, né i corrispettivi per l'attività istituzionale rientrano in tale computo e neanche l'eventuale avanzo di gestione.
LIBRI
La notte sarà chiara come il giorno C. Mazza, Ed. San Paolo, Milano, 2002, pp. 128 ( 7,75) Un testo di spiritualità sul senso dell'avventura umana. Le "salvezze" fittizie proposte dal mondo, la ricerca dell'essenziale e la riscoperta dell'unica proposta forte e luminosa, vengono presentate al lettore come un percorso armonico di riflessione quotidiana, molto vicino alla sensibilità dell'uomo moderno e profondamente ancorato al testo biblico. La proposta forte, che non delude, resta quella di Gesù Cristo, unico Salvatore del mondo. Nella notte dei giorni Lui permane la Luce. Allora anche la notte sarà chiara come il giorno e ogni paura svanirà con la parola di speranza che è Gesù: "Coraggio, sono io, non temete" (Mc 6, 50). Sulla scia di questa parola e nel silenzio meditativo, l'Autore intende favorire la riscoperta dell'essenziale della vita cristiana vissuta nella quotidianità. Un libro di spiritualità contemporanea adatto a tutti, per un cammino di ricerca personale.
"Morire per vincere" Barrie Houlihan, Ed. Sapere 2000 14,46 "Dying to win", "Morire per vincere" è il titolo di un saggio dedicato al fenomeno doping, opera di Barrie Houlihan, professore di Politica dello sport all'università di Loughborough,
che fu pubblicato direttamente dal Consiglio d'Europa nel 1999. Dal titolo di quel libro, e da alcuni dei suoi assunti, Stadium trasse ispirazione, un paio di anni fa, per un "dossier" sul doping. È dunque con soddisfazione particolare che segnaliamo l'uscita di una versione italiana e la raccomandiamo caldamente ai nostri lettori. Scordatevi tabelle, elenchi di sostanze, discussioni infinite su quale sostanza è doping e quale non lo è, su quali sono le soglie accettabili delle tracce metaboliche di questo o quello nell'analisi delle urine. Qui si va al cuore del problema, alle valenze e alle ragioni del doping nello sport moderno. Ad essere chiamato in causa è il crescente degrado etico dello sport nel XX secolo, insieme alla cultura del risultato ad ogni costo. E si mostra come questa trasformazione sia avvenuta nell'indifferenza, non si se colpevole o colposa, delle istituzioni sportive. Anche il CIO viene messo sotto accusa, per gli atteggiamenti superficiali ed i ritardi con cui inizialmente reagì al problema, salvo poi, nel momento in cui lo sport olimpico divenne un affare multimiliardario, condurre una battaglia di superficie che mai, però, ha voluto chiamare in causa le ragioni radicali del doping. Insomma, un libro su cui riflettere. Si veda, ad esempio, il capitolo dove si esamina il rapporto tra il fenomeno sportivo del doping e il fenomeno sociale della droga, concludendo che l'uno e l'altro sono le due facce della stessa medaglia: l'incapacità di soffrire nella lotta quotidiana.
Massacro alla catena. Rivelazioni su trent'anni di imbrogli Voet Willy, Bradipolibri 2002, 160 pp, 14,50 Ancora un libro sul doping, ma questa volta la visuale è quella di chi vive, o meglio ha vissuto, dall'altro lato della barricata, dalla parte, cioè, di chi i trucchi e le alchimie del doping ha contribuito ad inventarle. L'autore infatti è Willy Voet, uomo chiave dello scandalo al Tour '98, e per un trentennio circa massaggiatore e "stregone" di parecchie formazioni ciclistiche. Per chi non lo ricordasse, la sua carriera di "prestigiatore" della bici finì l'8 luglio 1998, quando, alla vigilia della partenza del Tour, fu arrestato alla frontiera franco-belga con il portabagagli carico di doping. Uscito di galera, eccolo scrivere il libro. Che forse non è figlio del pentimento, come sostiene l'autore, quanto della voglia di sfruttare commercialmente il suo caso. Comunque sia, Voet non esita a spiattellare trucchi e trucchetti, a fare nomi, a chiarire episodi. Emerge un quadro del ciclismo quale piccola grande jungla frequentata da maneggioni che ne sanno una più del diavolo. I laboratori chimici e gli Einstein del doping qui non si vedono, protagonisti sono i "tramiti", coloro che il doping dei laboratori se lo ritrovano in mano e devono architettare come somministrarlo e, soprattutto, come non farsi cogliere sul fatto. E davanti a qualche trucchetto di Voet, figlio vero dell'arte di arrangiarsi, ci si può anche sorprendere con la voglia di sorridere.
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DAY ARBITRO: CSI ED EMERGENCY PRO-AFGHANISTAN
Arbitri di pace sono stati nella settimana tra l'8 e il 14 aprile gli oltre 5000 fischietti del CSI. Dopo il positivo esordio della scorsa stagione (circa 60 milioni di lire raccolti per la realizzazione di un ospedale in Sierra Leone) è tornata infatti l'edizione 2002 del Day-Arbitro, un'intera settimana in cui tutti i direttori e i giudici di gara e i loro collaboratori, hanno rinun-
ciato alle diarie (tra i 15 e i 20 euro il compenso base, escludendo il chilometraggio variabile) per devolverli ad Emergency (recente la proposta di candidarla al Nobel per la pace). Quest'anno la collaborazione tra il CSI e l'associazione umanitaria, guidata dal chirurgo Gino Strada e impegnata da anni nell'assistenza medica alle popolazioni civili colpite dai conflitti, prosegue con un obiettivo ancor più ambizioso: aiutare i bambini dell'Afghanistan. Per il momento il contributo è destinato unicamente a supportare le attività ospedaliere per chi opera nel territorio afghano, ma si stanno valutando anche le condizioni (tempi e luoghi) per realizzare un progetto di solidarietà finalizzato a realizzare nella zona di Kabul un centro sportivo per i bambini. Una causa nobile, dunque, quella cui sono chiamate le giacchette nere ciessine ed alla quale sono arrivate risposte affermative già da molti comitati.
AEROBICA CARPIGIANA La sesta edizione della "Aerobic & Funk Team Festival" ha visto in campo, domenica 25 marzo, tre categorie, under 18, under 13, senior più due non in gara: "baby" (nati tra il 1992 e il 1996) e "festival" riservata a squadre composte da un minimo di 6 fino a un massimo di 15 atleti. Ogni formazione si è esibita in una routine della durata di poco superiore ai due minuti. La manifestazione carpigiana ha scolpito la nuova consapevolezza creatasi attorno al concetto di ginnastica nell'universo ciessino, quale valido supporto a molte altre discipline, quali appunto l'aerobica e il funk. A questo proposito vale forse la pena di ricordare
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che la ginnastica del CSI non si pone come obiettivo quello di forgiare fisici statuari, quanto quello di accogliere ragazzi per regalare loro la gioia della pratica sportiva. Quasi 300 atleti, meglio sarebbe dire atlete, vista la composizione a spiccata maggioranza femminile, con un nutrito drappello in rappresentanza della città
ospitante, diversi sodalizi da Modena e una società ciascuna per Reggio Emilia e Legnano. Il "Città di Carpi", importante momento di verifica e preparazione delle palestre emiliane in vista degli incombenti appuntamenti regionali, ha conservato anche in questa edizione il suo tipico carattere di festa.
OZIERI: 75 ATLETI INSIEME A DON CIOTTI Un esito scontato, ma non per questo meno ingiusto. Nel recente incontrodibattito, che ha richiamato oltre 600 persone al palazzetto dello sport di Punta Idda, tutta l'attenzione mediatica è stata dedicata all'intervento di don Luigi Ciotti e delle altre autorità religiose e del volontariato che hanno illustrato gli obiettivi della manifestazione. In tale contesto ben poco spazio è stato concesso ai 75 atleti che hanno animato la parte iniziale della serata, intrattenendo piacevolmente il folto pubblico. L'iniziativa voluta e organizzata dal centro zonale del Centro Sportivo Italiano di Ozieri ha visto l'esibizione delle ragazze dell'associazione sportiva Fitness Time di Rina Fadda, i ragazzi del Taeknow-do del maestro Vacca, la banda musicale cittadina, il centro Fitness con il King Boxing, la scuola di ballo latino-americano di Cristina e Marco e dei piccoli atleti dell' associazione Karate Logudoro del maestro Angioi. Un abbinamento, come ha spiegato nell'intervento di presentazione Franco Oggiana, perfettamente in linea con la manifestazione centrale. Gli sport e le discipline praticati nell' occasione sono attività agonistiche considerate "minori", ma che in realtà minori non sono. "Si tratta - ha detto Oggiana - di sport che il fine settimana non tengono incollati al video milioni di telespettatori e per i quali non si spendono cifre esorbitanti, ma che comunque appassionano giovani e meno giovani. Ecco allora il matrimonio tra CSI e Libera, stesso DNA e grande affinità di natura etica ed educativa. Comune è il piacere di fare più che di parlare di queste cose".
SASSO MARCONI: UN WEEK END FRA ORIENTEERING E PODISMO
VICENZA: NOZZE D'ARGENTO PER L'AURORA '76:
Week end di sport nella natura quello trascorso tra il 23 e il 24 marzo a Sasso Marconi. A Borgonuovo, il sabato, si è infatti svolta la seconda edizione di “Borgonuovo orienteering”, corsa open di orientamento promozionale sulle colline di Moglio, incantevole angolo della cintura sassese sconosciuto ai più e ricco di tutta la suggestiva attrazione ambientale di altri tempi. Domenica 24, invece, dalla piazza dei Martiri di Sasso Marconi ha preso il via la camminata non competitiva “Sopra e sotto i ponti”. Il tracciato ha toccato i luoghi più caratteristici e i sentieri che qualificano l'offerta ambientale di Sasso Marconi: monte Mario e il parco dei Prati di Mugnano.
Ha superato i 25 anni di esistenza la polisportiva Aurora '76 di Camisano Vicentino. Domenica 10 marzo al Palasport erano presenti più di 800 persone per celebrare l'evento assieme ai soci fondatori. Tra questi molti dei circa 500 tesserati che praticano diverse attività sportive, sia nel CSI sia nelle federazioni del Coni. Si va dall'attività di prima fascia alle arti marziali, basket, bocce, ciclismo, ginnastica artistica, volley, tennistavolo e, naturalmente, il calcio con la formazione dei dilettanti saldamente in vetta al proprio girone nel campionato CSI. Ed è stata proprio la società sportiva del calcio, nata nel dopoguerra, a dare il nome alla polisportiva sviluppatasi dalla fusione negli anni '70 delle attività maschili e femminili del CSI col calcio e della FARI con la pallavolo. Il 25esimo anniversario prevedeva diversi momenti tra cui la grande convention domenicale al Palasport con le premiazioni di dirigenti e atleti. Tra gli altri eventi da segnalare il torneo provinciale di tennistavolo, l'incontro di calcio con i detenuti giocato il 27 febbraio, e una importante manifestazione di ginnastica artistica. Ci saranno anche una serie di partite amichevoli tra cui nella pallavolo l'incontro delle allieve di Camisano con le pari età del Pieve '98. "Oltre alla ginnastica artistica, sta crescendo anche un bel gruppo che pratica la mountaion bike - afferma Giovanni Perazzolo, presidente dal 1993 della società sportiva - Non solo: abbiamo interpellato anche la commissione provinciale del CSI che si occupa di sport ed handicap e presto riusciremo a coinvolgere nelle nostre attività anche ragazzi e ragazze che ora sono lontani da noi". Perazzolo, sottolinea come la polisportiva porti vantaggi a tutti i gruppi che organizzano le singole discipline. "L'unione fa la forza - afferma - e soprattutto il risultato finale non è semplicemente la somma tra le diverse attività, ma qualcosa di più. "Se i ragazzini da un anno all'altro cambiano sport non ci interessa molto - continua Perazzolo - è importante però che i singoli crescano e si formino. Inoltre il nostro grande coinvolgimento sociale è finito anche nell'esperienza scolastica. Da 5 anni a Camisano riusciamo a entrare nelle classi nell'ora di ginnastica come rappresentanti (qualificati) del CSI e a lavorare assieme agli insegnanti con i ragazzi".
PASQUA DELLO SPORTIVO A GALATINA Davvero insolita la sede della "Pasqua dello sportivo" organizzata dai comitati CSI di Lecce e Terra d'Otranto. L'appuntamento si è avuto il 14 aprile all'aeroporto militare "Fortunato Cesari" di Galatina, nell'entroterra salentino. In una bella giornata di sole, presenti oltre 700 atleti, quanto mai denso era il programma: torneo di pallavolo, torneo di calcio a 5, prove di Giocasport (calcio 3x3, minivolley, minibasket, caccia alla coda e altri giochi), atletica, scherma,
aerobica. All'interno del programma erano previste anche le finali provinciali Joy Cup di Lecce, la finale del 2° torneo "Azzurro 2002" di calcio a 5 dell'Aeronautica militare ed un incontro di calcio a 5 tra due rappresentative di non vedenti della sezione salentina dell'Unione Ciechi. A celebrare la Messa in serata è stato il vescovo di Terra d'Otranto.
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SAVONA: 20° MEETING DELL'AMICIZIA La polisportiva Alba Docilia e la società "L'Universale Alba Docilia", in collaborazione con la FIDAL e il CSI, hanno organizzano domenica 7 aprile la ventesima edizione del Meeting dell'amicizia, quest'anno ospitata sul campo di atletica di Massa Albinola Superiore, in provincia di Savona. In pista si sono succedute le specialità dei salti in lungo, in alto e con l'asta. Ancora lancio del giavellotto e del disco, riservato solo alle cadette, ed il miglio di marcia. Circa 300 atleti hanno onorato la manifestazione savonese. L'occasione ha fornito la possibilità per intitolare ufficialmente il campo di atletica alla memoria del compianto presidente dell'Alba Docilia Franco Tazzina.
MARCIA NAZIONALE "GIRO DEL PORTO" Il gruppo sportivo Bersaglieri sezione del Tigullio e l'ABC CSI Chiavari hanno organizzato domenica 14 aprile sul lungomare di Chiavari, la marcia non competitiva "Giro del porto". Rivolta ad un'ampia fascia sociale, la manifestazione si era ripromessa di far conoscere e valorizzare in periodo primaverile le bellezze naturali del golfo del Tigullio. I premi sono andati ai 10 gruppi più numerosi e ai bersaglieri che hanno effettuato il percorso con il cappello piumato. Tre i percorsi previsti: da 3.5 a 14, passando per 7 chilometri.
VILLAGGIO DELLO SPORT EXPO-LEVANTE BARI Dal 16 al 24 marzo Bari ha ospitato all'interno della Fiera del Levante una intensa settimana di sport. Sul piazzale 52 si faceva notare lo spazio del CSI, che aveva allestito campi da basket, volley e calcetto. Oltre 15.000 le adesioni ai vari tornei, nonostante il brutto tempo incombente nei giorni di maggior afflusso del fine-settimana; la no-stop - si poteva infatti giocare dalla mattina alla sera - ha visto una larga partecipazione delle scuole nelle ore mattutine e delle società sportive in quelle pomeridiane.
ALLA SCOPERTA DELLA COLLINA MORENICA "LA SERRA" Domenica 7 aprile Biella ha festeggiato il proprio appuntamento con l'orienteering. Dopo essersi ritrovati alle 13:30 a Piazza Municipio Mongrando, si è partiti un'ora più tardi dal campo sportivo Sala-Biellese a-
diacente alla chiesa di S.Rocco. La corsa ad orientamento intitolata "alla scoperta della collina morenica la serra" ospitava in cabina di regia, oltre naturalmente al comitato CSI biellese, anche il corpo volontari AIB Piemonte e il
Gruppo Sportivo La Vetta di Mongrando. Bussola alla mano, la gara era aperta a tutti e ha coinvolto entusiasti bambini, ragazzi, adulti e gruppi di famiglie su percorsi di gara per tutte le età e capacità.
2ª "IBLEA PER LA LOTTA AL DOPING" A RAGUSA Dal 24 febbraio fino al 3 marzo si è svolta a Ragusa la seconda settimana iblea per la lotta al doping. All'opera numerosi comitati provinciali di federazioni sportive e enti di promozione schierati in prima linea contro la mai doma piaga sportiva. Perno dell'intera manifestazione è stata la "Ragusa Cup International", gara internazionale di mountain
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bike tra le caratteristiche stradine attorno al circondario di Ragusa Ibla e la Vallata di S. Domenica. Ma parlare della sola gara di MTB sarebbe riduttivo. A cornice di quest'ultima vi
erano infatti gare podistiche amatoriali, tornei di calcetto e volley, tanto maschile quanto femminile, un mini torneo di hockey a cinque e uno promozionale di tennistavolo. Il comitato CSI di Ragusa ha aderito con entusiasmo e ha partecipato attivamente alla organizzazione della podistica cittadina di 8 km e ai tornei di calcetto e volley femminili.
VALTOURNANCHE: GRAN PRIX NEVE 2002 Domenica 24 marzo, complice anche un tempo clemente, circa un centinaio di sciatori hanno inforcato le racchette sulle accattivanti piste de La Thuile. Dopo le prime due tappe a Pila e la terza prova sul Monginevro, il circuito piemontese e valdostano è così entrato nel vivo del Gran prix. Gran finale in Valtournanche il 14 aprile. Colà un tempo infelice ha costretto gli atleti a circa sessanta "reduci" divisi in 8 categorie maschili e femminili a contendersi in pista lo slalom gigante, su un tracciato di 30 porte. A seguire si sono avute le premiazioni per il GP nella sua classifica finale.
AGENDA
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MAGGIO 2002
Cava de' Tirreni XXVIII Scetajorde Merate (Lc) 3º trofeo regionale di Karate
>>> 3/5 Acqui Terme
Festa regionale Giocasport
5
>>>
Castel Goffredo (MN) Finale interzonale Trofeo Lombardia tennistavolo Battipaglia (SA) 2ª tappa Campionato nazionale di ciclismo amatoriale a tappe
4/5 11
17 18/19 19 24/26 25/28
>>> 26
Napoli 3º Caracciolo Gold Run 2002
Roma - Domus Mariae Conferenza nazionale e Congresso nazionale Mantova Gioca in città Savona Trofeo calcio a 7 femminile "Città di Sassello" Campagnano (RM) 3ª tappa Campionato nazionale di ciclismo amatoriale a tappe Verona 7ª Grande Sfida Modena - Piazza Grande Villaggio dello Sport Calcinato (BS) 4ª tappa Campionato nazionale di ciclismo amatoriale a tappe
27ª "Scetajorde" Cava dei Tirreni La tradizionale stracittadina di 4 km lungo Cava viene riconpresa questo anno nel contenitore "Estate CSI". Il primo maggio, dopo la corsa, aprirà ufficialmente il Villaggio dello Sport, con il Giocasport e il calcetto e, novità 2002, anche la scherma. Oltre un migliaio i partecipanti attesi, soprattutto giovani delle scuole del circondario.
"Gioca in città" Mantova L'attività motoria ritorna nelle scuole elementari. Dopo le prime due giornate dello sport tutte dedicate agli alunni di prima, seconda e terza elementare svoltesi lo scorso 15 marzo e 15 aprile si riparte venerdì 17 maggio a Mantova. Lo scopo è di rendere più completa l'attività motoria nella scuola elementare diffondendo nel contempo una maggior consapevolezza del valore dell'attività sportiva tra i giovanissimi. Si passerà dalle semplici attività motorie e ludiche, per i ragazzi di prima elementare, per arrivare ad insegnamenti più tecnici e specifici. I ragazzi di seconda e terza elementare infatti dovranno cimentarsi nella pratica dei gesti e degli esercizi di base dell'atletica leggera e dei principali giochi di squadra: minibasket, salto, corsa, scatti e attività di lancio. Il tutto tenendo sempre presente gli aspetti interdisciplinari che l'educazione fisica comporta. Ad ospitare il 'Gioca in città' saranno le strutture della palestra Boni, del palasport e del campo scuola.
Maratonine CSI-Unione Italiana Ciechi Il CSI, per diffondere la pratica sportiva fra i minorati della vista, realizza in collaborazione con l'Unione Italiana Ciechi, una "maratonina","passeggiata", "camminata" o come la vorrete intendere, estremamente semplice e finanziariamente non onerosa. Per dare ai non vedenti un ruolo attivo all'interno della società attraverso la pratica sportiva, si organizzeranno a livello di comitati ciessini locali delle maratonine il 18 e, dove non si terranno elezioni amministrative, il 25 maggio. Sono 24 i comitati ciessini che hanno già aderito. L'iniziativa va inquadrata nella campagna promozionale lanciata dalla UIC con lo slogan: "corriamo insieme verso una mèta comune: vivere meglio nella nostra città. La cecità non ci impedisce di conoscerne i problemi !".
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AGENDA
GIUGNO 2002
7 Marina Romea (Ravenna)
24ª "Due giorni Mare"
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9 Parma
Parco Santuario Madonna della Spina
14/16 Sarcedo (Vicenza)
2° campionato nazionale di mountain bike
24ª "Due giorni Mare" Marina Romea Venerdì 7 giugno alle 14:30 riparte nel Villaggio del Sole di Marina Romea, presso Ravenna, la Due giorni mare, manifestazione di pallavolo, calcio a 5 e racchettoni. Attese circa 1200 persone in rappresentanza di comitati sparsi un po’ su tutta Italia, da Roma al Trentino passando per Pisa e Torino. Il torneo di beach volley 6 contro 6 sul 9 per 9 avrà luogo al Lido di Ravenna
15/16 Verbania
"24 ore per un’ora"
26° Campionato italiano gioco della Morra Parma Mentre sabato 8 e domenica 9 nella Basilica Godano di Parma andrà in onda la "Festa dello Sport parmense", a 25 anni dalla felice invenzione, l'associazione sportiva CSI Aridici di Gramignazzo di Sissa, propone sempre nel parmense il campionato italiano di gioco della Morra. Campionato "proibito" ma che non porta dritto in prigione. Presenze da gran parte del nord-Italia con bergamaschi e bresciani in "pole position". L'appuntamento si consumerà nell'incantevole scenario naturale del Parco Santuario della Madonna della Spina.
2ª edizione "Su e giù per i Monti Sibillini"
20/30 Cesenatico
Finali Joy Cup
>>>>> 23 Montemonaco - Arcuata del Tronto (AP) 2ª edizione "Su e giù per i Monti Sibillini"
28/30 Crema
Finali Olimpiadi cremasca
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Per la valorizzazione del patrimonio boschivo dell'Appennino umbro- marchigiano e il conseguente incremento dei flussi turistici nel "Piceno" torna a correre il vispissimo 76enne podista Mario Ferracuti che ha all'attivo oltre 100.000 chilometri a piedi in maratone, supermaratone, corse a tappe in Italia e all'estero, da New York a Mosca passando per Berlino, Praga e Helsinki. La corsa sui Monti Sibillini parte dalla città di Montemonaco e, sviluppandosi su un percorso di 150 chilometri, si conclude ai piedi del massiccio Monte Vettore.
ALLO SPECCHIO di don Michele Grieco
La dimensione ecclesiale del CSI si attualizza nel riferimento costante all'esperienza viva della Chiesa italiana La dimensione ecclesiale del CSI e la condivisione dell'impegno pastorale attraverso l'attività sportiva rappresentano obiettivi prioritari o qualificanti dell'azione dell'associazione nella realtà territoriale. Dimensione ecclesiale significa in primo luogo relazione, accoglienza, primarietà della persona, solidarietà della persona, solidarietà, attenzione verso l'altro, spirito di servizio, comunità che si apre verso il sociale. Nel progetto culturale sportivo del CSI sono indicati i princìpi ispiratori e i valori di riferimento che rappresentano una sfida rispetto alla cultura dominante: egoismo, individualismo, protagonismo eccessivo, violenza, mercificazione e consumismo dello sport. L'associazione sportiva del CSI vuole evitare i rischi della chiusura per rispondere attraverso lo sport ai bisogni di promozione integrale della persona e, in particolare, alle esigenze esistenziali delle giovani generazioni. Ci sono parole che spesso, oggi, vengono banalizzate, falsate o derise: dignità della persona, impegno, coraggio di vivere, onestà, confronto, servizio per gli altri… L'ispirazione del CSI nella pluralità della sua azione nel territorio, nella promozione di una cultura sportiva, nella promozione di variegati servizi sportivi non è "agnostica", ma
"profondamente animata dall'ispirazione cristiana". Rispetto a una visione sempre più materialistica dell'esistenza e alla perdita del senso di Dio nella storia degli uomini, il CSI propone, in alternativa, un progetto associativo che pone al centro della nostra vita e dello stesso fare sport, la presenza di Dio e l'essenza del messaggio evangelico. Tuttavia l'orientamento cristiano non è un obbligo, né imposizione ma una proposta a breve, medio e lungo termine che accompagna, come un viatico, l'attività sportiva offrendo collaborazione, aiuto, capacità di riflessione, esemplarità, scoperta di sé e degli altri, atteggiamenti consapevoli e partecipativi. Indubbiamente il proliferare di palestre, di associazionismi sportivi di ogni genere con miraggi economici e mediatici ha inciso negativamente sulle associazioni di volontariato sportivo che si proponevano fini ludici e formativi coerenti con un progetto culturale di fondo. Oggi occorre invertire la rotta, credere che il progetto sportivo educativo del CSI possa "abitare" presso le parrocchie e gli oratori. Le sfide dell'attuale realtà culturale e sociale richiedono che l'associazione sportiva del CSI abbia una forte presenza sul territorio, catalizzando l'attenzione delle
famiglie sempre più sensibili verso lo sport, facendo emergere i segni della propria identità, coerenza, legalità, trasparenza, responsabilità e lo stile inconfondibile della testimonianza. D'altra parte formazione umana e spirituale si compenetrano e, per questo, richiedono validi educatori, competenti nelle attività sportive, ma soprattutto comunicativi, capaci di empatia e di relazioni interpersonali. È indubbia la necessità di dare più consistenza e visibilità alle attività sportive del CSI nel territorio perché non restino "anonime o neutre" ma coinvolgano la comunità e il territorio. Occorre, inoltre, che l'associazione sappia far cogliere alle famiglie la valenza e l'inscindibile nesso tra sport e formazione. L'aggregazione fra le persone, è sicuramente un'esperienza di senso che influisce per tutta la vita, al tempo libero, al sano divertimento, alla partecipazione. Educare alla condivisione, alla legalità e alla solidarietà, educare alla trascendenza rappresenta un itinerario progettuale condivisibile e significativo soprattutto per le giovani generazioni.
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IL RACCONTO
DIMMI, QUAL È IL SEGRETO DEL TUO CORAGGIO? di Edio Costantini
Dimmi, qual è il segreto del tuo coraggio?
Abbiamo bisogno di essere incoraggiati, non solo bastonati. Abbiamo bisogno di essere confortati, non solo criticati, accusati, biasimati, "sermoneggiati"... Abbiamo bisogno di essere pacificati, rasserenati, e non solo colpevolizzati.
Ogni tanto mi soffermo a rileggere le lettere, e-mail e SMS, che mi arrivano dalle tantissime persone che incontro girando l'Italia per conto dell'Associazione. Ci sono parole di speranza, racconti di vere fatiche vissute sul campo, esperienze di lotta e di sacrificio. Ci sono anche addii, difficoltà, pianti, critiche e rinunce. E c'è chi, ogni tanto, si cala nei panni del consigliere personale e si butta alla carica mettendomi in guardia: "Attento a chi ti loda davanti e poi dietro... ". "Guardati le spalle". "In circolazione ci sono tanti avvoltoi... stanno dalla tua parte perché ci guadagnano, ma se le cose vanno male vedrai...". Insomma, in quei messaggi c'è di tutto. Ci sono parole di amicizia, di sofferenza, di speranza. Ci sono parole pacificatrici, rasserenanti, che riscaldano il cuore: e ci sono parole dure che raccontano di tradimenti, di lotta, di fatti che fanno male. Parole avventate e parole riflessive, parole di collera e parole di perdono. In fondo, in questa varietà di stati d'animo e di comportamenti si riflette il volto composito del CSI. Ogni persona che ne fa parte ha i suoi buoni motivi per "esserci" e per spendere il suo tempo libero a suo modo, con la propria specificità. Non solo. Chi non vive dal di dentro una storia di volontariato come la nostra, fatta di grandi fatiche ma anche di grandi gioie, può pensare che siamo tutti "matti". Ma è proprio questa ricchezza di volti, di esperienze, di fatiche, di passioni e di amicizie che ci aiuta a dare più senso alla nostra vita. Come non restarne sconvolti? E poi, è quasi miracoloso come tensioni e conflitti alla fine si annacquano, perdono sostanza nel momento in cui occorre rimboccarsi le maniche. Qualè il segreto di questo "mettersi al servizio"? "La bontà", mi rispose una volta un vecchio amico. Ma la bontà è una parola troppo generica. Bisogna restituire alla bontà il suo valore genuino e che si misura con la croce. "Il buon pastore è colui che mette la vita per le sue pecore", dice il Vangelo. Se la mia bontà non è diretta a dare questa testimonianza, non sono più un buon pastore - dice don Mazzolari - ma un mercenario. Non ci sono vie di mezzo: o si è buoni pastori o mercenari. Abbiamo bisogno di essere incoraggiati, non solo bastonati. Abbiamo bisogno di essere confortati, non solo criticati, accusati, biasimati, "sermoneggiati"... Abbiamo bisogno di essere pacificati, rasserenati, e non solo colpevolizzati. Un buon pastore dovrebbe essere soprattutto in grado di "dare cuore" alle sue pecore. Ritengo infatti che ciascuno di noi debba "dare cuore" per costruire delle belle esperienze di amicizia, perché solo sulle grandi amicizie si possono costruire le grandi cose. E mi risuonano dentro le stupende parole di Isaia: "Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti. Dite agli smarriti di cuore: Coraggio! Non temete! ...".
edio.costantini@csi-net.it
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