Stadium n. 5/2004

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STADIUM

Via della Conciliazione, 1 - 00193 Roma www.csi-net.it N. 5 - maggio 2004 - 0,80 euro Sp. in abb. post. D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) Art. 1 Comma 1, DCB Roma

LO SPORT AI CITTADINI di Edio Costantini Intervenendo ai primi di maggio a Torino ad un convegno sullo sport, il vicepremier Gianfranco Fini ha annunciato la presentazione di una proposta di legge per modificare l’articolo 32 della Costituzione in modo tale da affermare che la Repubblica riconosce il valore della pratica sportiva e ne favorisce la diffusione. Lo sport italiano ha chiesto inutilmente qualcosa del genere per almeno trent’anni. Non si tratta di una mera questione formale. Si tratta invece di giungere ad una effettiva assunzione di responsabilità dello Stato nei confronti

L’ASSOCIAZIONE CELEBRERÀ IN VATICANO IL 60° DI FONDAZIONE

dello sport, e viceversa. Prima o poi la storia dello sport dell’Italia repubblicana dovrà fare un bilancio dei malintesi e dei ritardi creati dall’ideologia racchiusa nello slogan “lo sport agli sportivi”. Nata per affermare legittimamente l’indipendenza della gestione dello sport dall’ingerenza partitica, quando i partiti tendevano a fagocitare ogni cosa, la pretesa della separazione assoluta dello sport dalla politica ha finito col rappresentare negli anni un doppio alibi: per lo Stato, che così si è sempre sentito legittimato a disinteressarsi

dell’evolversi dello sport, e per lo sport, che di pari passo si è sentito legittimato a non rendere conto ad alcuno del proprio divenire. In una nazione moderna tale separazione non può sussistere: le istituzioni pubbliche sono responsabili dello sviluppo sportivo del Paese tanto quanto il sistema sportivo è responsabile del contributo che riesce a fornire allo sviluppo sociale e culturale del Paese stesso. Fintanto che lo sport e la società prendono strade separate, sarà più “povero” lo sport e sarà più “povera” la società. Il Csi vuole invece uno sport “ricco”: di valori tecnici e

umani, di risorse, di idee, di relazioni e di progetti da mettere al servizio del numero più ampio possibile di persone. Vuole uno sport che sia campo di cittadinanza attiva, che cioè non sia avulso dalla società, ma al contrario vi sia così radicato da essere capace di interpretarne le attese e i bisogni per poi rappresentarli efficacemente, in modo che ne derivino politiche dedicate. Vuole, infine, uno sport che sia seme per rinnovare fiducia e speranza in un contesto sociale che sembra averne smarrito il senso.

INTERVISTA - Il numero uno dello sport italiano si racconta a Stadium

GIOVANNI PAOLO II

GIANNI PETRUCCI,

incontra il Csi

da mediano a presidente

La mattina di sabato 26 giugno Giovanni Paolo II incontrerà il Centro Sportivo Italiano. L’evento avrà luogo nell’Aula Paolo VI, in Vaticano, come parte del programma per la celebrazione del Sessantesimo di fondazione dell’Associazione. La sala Nervi ospiterà l’intera manifestazione del 60° Csi, cui sono stati invitati rappresentanti delle istituzioni, della Chiesa in Italia e del mondo sportivo. L’incontro con il pontefice rappresenterà il momento topico della giornata. Il Centro Sportivo Italiano aveva incontrato papa Wojtyla in precedenza il giorno del Giubileo degli Sportivi, il 29 ottobre 2000, ma allora si era trattato di un’udienza collettiva, concessa ai rappresentanti dell’intero sport mondiale. Il 26 giugno, invece, il pontefice incontrerà esclusivamente la gente del Csi. Si tratta dunque di un’occasione davvero straordinaria, per la quale sono attese delegazioni Csi provenienti da tutta Italia, oltre che i partecipanti alle finali Joy Cup e all’Happening dei Giovani, manifestazioni nazionali che in quello stesso periodo saranno in corso di svolgimento nel Lazio.

PARTONO DUE IMPORTANTI INIZIATIVE DEL CSI

UN CAMPER DI IDEE Sulla scia del successo ottenuto dal lancio dei circoli culturali sportivi in parrocchia, il Csi raddoppia il suo impegno nel volontariato. In concomitanza con il 60° di fondazione e con l’Anno europeo dell’educazione attraverso lo sport, infatti, il Centro Sportivo Italiano si è regalato due importanti progetti: Formazione in Tour e la creazione dei Circoli Culturali Sportivi Studenteschi. La prima è una campagna itinerante che, a partire dal mese di maggio fino a febbraio 2005, toccherà le principali città italiane allo scopo di sensibilizzare parrocchie, scuole e società sportive sulla funzione sociale dell’educazione attraverso lo sport. La seconda, invece, cercherà di creare aggregazioni interamente gestite e formate da studenti, dove a partire dall’attività sportiva, si favoriscano anche attività musicali, teatrali, cineforum, visite museali e giornalismo. Due sono gli slogan che accompagnano la doppia iniziativa: “Metti in gioco il cuore” e “Studente, sportivo, cittadino”.

Si fa il segno della croce prima di sedersi a tavola. Va a messa quasi ogni pomeriggio. Senza disdegnare i machiavellismi della politica. Negli anni scolastici 1955-68 ha giocato nei campionati di calcio del Csi. Ruolo, quello di mediano destro. Stadio, il cortile lastricato della Parrocchia del Sacro Cuore, a due passi dalla stazione Termini. Gianni Petrucci, non solo come presidente del Coni, ha pieno titolo per raccontarsi sulle pagine di Stadium. Lo incontriamo a cento giorni dall’Olimpiade di Atene. Guai, però, a chiedergli il pronostico. Petrucci risponde con una formula numerica, slegata dal totomedaglie. Eccola: “Trecento azzurri già si sono qualificati per Atene. Puntiamo a un numero fra 360 e 380, che rappresenterebbero un record, rispetto a Sydney 2000, ad Atlanta 1996, per non parlare di Barcellona 1992. Sia chiaro, tutto ciò, non accettando né ‘wild card’ (ingressi di favore) né ripescaggi. Gli atleti che porteremo saranno tutti in grado di salire sul podio, o comunque di provarci sul serio. Nessuno sarà in gita”. Sono i frutti della politica del risparmio accorto e della preparazione in chiave olimpica. Dove la formula è: sforzi mirati solo per chi è da medaglia. Tre i personaggi-chiave di questa rivoluzione dei risultati con pochi soldi: Petrucci, il capo-delegazione olimpica Lello Pagnozzi e il responsabile della preparazione a cinque cerchi Roberto Fabbricini. Allora negli anni d’oro, prima di Petrucci, al Foro Italico si scialacquava? No, ma si spendeva bene. Come nel vecchio episodio di un presidente federale che dovendo organizzare un campionato europeo in Italia si sentì rispondere, a fronte della sua richiesta di un contributo olimpico di 300 milioni di vecchie lire: “Chiedine 350, perché può capitarti qualche imprevisto organizzativo o legato al clima”. Bei tempi. Persino rispetto alle squadre azzurre mandate in giro per l’Europa in pullmino e a dormire nei motel. Petrucci non fa una piega. Lui la crisi l’ha vissuta in diretta e i soldi dal governo se li è dovuti far dare tessendo rapporti e presentandosi con frequenza a Palazzo Chigi. Dove Petrucci gode di un rifugio sicuro, lo

di Gianni Bondini*

studio del sottosegretario alla Presidenza Gianni Letta. Sui presidenti del Consiglio che Petrucci ha frequentato da numero uno dello sport, racconta: “Massimo D’Alema, Giuliano Amato e Silvio Berlusconi, anche personalmente, sono stati dei buonissimi interlocutori dello sport. Berlusconi, da presidente del Milan e da grande appassionato di calcio, è sicuramente molto attento ai problemi dello sport”. Complimenti a parte, il presidente del Coni deve spesso difendersi dalle invasioni di campo. “Sulla centralità dell’ordinamento sportivo non ho mai fatto un passo indietro”. Come dopo l’estate dei fuochi del ripescaggio del Catania in serie B. Quando Petrucci, Franco Carraro e i sottosegretari Gianni Letta e Mario Pescante portarono a casa il decreto salva-sport (poi convertito in legge), sul percorso obbligato delle controversie sportive, dopo i giudizi federali. Chi comanda nello sport? “Ciascuno ha il proprio ruolo”, risponde laconico Petrucci. Il presidente del Coni ritiene che la cristiana umiltà sia una dote fondamentale, ma non bisogna abusarne. Perché Petrucci, nascosto dal basso profilo, affina la memoria, sui torti subiti, e consolida la tenacia. Specialmente nelle vicende politiche. Come nel caso del “Lodo” che ha preso il nome del presidente del Coni. Per salvare le società in crisi finanziaria e senza mezzi per iscriversi ai campionati. “Un atto dovuto - lo definisce Petrucci - di rispetto verso le città e i tifosi, che non hanno responsabilità nelle follie dei loro presidenti di club. Perché il calcio non può scomparire da una città che fa parte della nostra storia sportiva”, chiarisce Petrucci. Banco di prova quest’estate che si annuncia molto calda, rispetto ai conti in rosso dei club.

Recentemente il Coni ha subìto una grave ferita istituzionale con la cancellazione ‘per legge’ del riconoscimento da parte di Federazioni ed Enti di promozione degli oltre 100 mila club dilettantistici e, ciò che è ancora più grave, dell’inefficacia di qualsiasi riconoscimento del Foro Italico per le società di fitness e quant’altro che volessero accedere alle agevolazioni studiate per le società più modeste del nostro sport di base. Insomma per affari e affarucci si accede alle agevolazioni come per chi fa sport sul serio. Il Coni ha pure identificato il ‘colpevole’ di questa ferita normativa. Secondo Petrucci è il sottosegretario Mario Pescante che, quanto meno, ha sottovalutato la situazione. Difatti, Petrucci ha scritto a Urbani e ha espressamente messo fine “al rapporto col sottosegretario Pescante, che non rappresenta più lo sport italiano”. Brutta, bruttissima vicenda, nella quale è venuta fuori la determinazione di Petrucci, che sembra accomodante ma fino a un certo punto. Qualcuno dice, “ha studiato dai salesiani, ma sembra uscito da uno dei convitti dei gesuiti”. Di quelli che formavano i cardinali alla Mazzarino. Per capirci. Altro grande problema che Petrucci aggira con un dribbling stretto, è quello degli atleti extracomunitari del professionismo sportivo. Atleti non comunitari che erano 1850 nel 2003 e sono 1631

L’Assemblea nazionale di Tabiano Terme propone un tema la cui premessa, Per l’Italia di oggi e di domani, indica chiaramente l’orizzonte di una pratica sportiva non “egoista”, responsabile, che lavora pensando al Paese intero e non solo al proprio orticello. Per tenere il passo di questa ambizione, prima ancora di un’Associazione grande occorre una grande Associazione, così grande che riesca ad essere tale anche nell’agire della più piccola delle sue società sportive. È difficile, ma si può fare.

quest’anno. Un giochetto d’equilibrio, che consente a Petrucci di tenere sotto controllo il calcio, sull’asse dei rapporti con Carraro. Rapporti che permettono al Coni di fissare per il calcio 60 extracomunitari, come per l’anno passato. Semmai, uno nuovo giocatore non comunitario potrà entrare se uno vecchio partirà. Eppure, nella tutela delle nazionali e dei giovani, Petrucci e il Consiglio Nazionale del Coni hanno concesso alla pallavolo di avere gli stessi 180 extracomunitari (numero record) che avevano l’anno passato. Come mai? Petrucci: “Perché il presidente della pallavolo, Carlo Magri, s’è impegnato a rendere obbligatori i vivai delle società”. Ma, questo contingentamento, in ossequio anche alla Legge Bossi-Fini sull’immigrazione, non rischia di diventare un’offesa alla regola cristiana dell’accoglienza? “Da cittadino accolgo chiunque - spiega Petrucci - da dirigente di sport devo tutelare i nostri vivai e la specificità delle nostre nazionali”. Punto e a capo. A proposito di tutele, gli Enti di promozione, come il Centro Sportivo Italiano (Csi), si sentono un po’ sottovalutati. Forse, nella memoria dello sport, non sembra essersi dissolta del tutto l’accusa a certi Enti di “catena di trasmissione della politica”. Certamente non per Enti come Csi e Pgs (i salesiani). Anche perché scissioni e cambiamenti di sigle, nel passato e ai giorni nostri della promozione sportiva, hanno contrassegnato questo mondo. Presidente, lei è più federale o promozionale? Petrucci è ecumenico: “Federazioni ed Enti hanno l’identico ruolo nelle loro aree di competenza. Lo diciamo in ogni documento ed è stato ribadito anche per il riconoscimento delle società dilettantistiche che dovranno aver diritto a sgravi e agevolazioni, secondo la Legge Finanziaria (art. 90) e (si spera) il futuro regolamento. Non ho fatto e non farò mai discriminazioni né sottovalutazioni”. Petrucci non sottovaluta neanche la corsa che farà da solo (salvo candidature estemporanee dell’ultima ora) per la terza (e ultima?) conferma sulla poltrona di presidente del Coni. Appuntamento tra febbraio e marzo 2005, dopo le tornate elettorali federali. Dove se ne vedranno di belle. Sul suo futuro Petrucci tiene chiuse le carte e non commenta la corsa solitaria: “Vedremo”. Semmai i problemi gli verranno dalla composizione della sua prossima Giunta. Dopo che la riforma della riforma Melandri ha riammesso i presidenti di federazione nella Giunta del Coni: “Vedremo”. Concludiamo. Da cattolico e da cittadino qualsiasi qual è la qualità che predilige? Petrucci: “L’umiltà e pure la concretezza. Ricordo con piacere la dichiazione dell’ex giocatore del Napoli Fabio Pecchia, quando si laureò in legge e disse che quella era la sua vittoria più importante”. Non ci potevamo aspettare altro, da quel modesto funzionario del Coni diventato presidente dello stesso Ente che gli pagava lo stipendio. * Capo Redattore de La Gazzetta dello Sport


STADIUM - maggio 2004

ANNO DELL’EDUCAZIONE ATTRAVERSO LO SPORT - Chi l’ha visto?

L’ESEMPIO POSITIVO del Bayern e di Trieste

In un’epoca in cui un ragazzino di Ancona appassionato di calcio conosce meglio la formazione del Real Madrid e del Manchester United rispetto a quella della squadra per cui tifa, forse è normale che la più bella notizia di sport di questi giorni arrivi dall’estero. Il Bayern Monaco nelle scorse settimane ha acquistato una pagina intera di giornale per fare i complimenti al Werder Brema, fresco campione di Germania davanti appunto al Bayern stesso: “Avete meritato lo scudetto diceva il messaggio - auguri e complimenti”. Un raro gesto di fair play che dalle nostre parti nessuno si sognerebbe mai di fare, per giunta a pagamento. Ma siccome piangersi addosso non è esercizio bello né redditizio, spulciando le cronache dell’altro sport - quello sommerso ma vivo, quello che nessuno legge, ma che si fa ogni giorno all’ombra del professionismo esasperante abbiamo trovato anche una perla di casa nostra. Argomento basket, quello sport che alla Domenica Sportiva appare di fretta sui titoli di coda quando è notte inoltrata: ebbene, Trieste retrocede in Legadue e parte dei suoi tifosi organizzano una ‘Festa della Retrocessione’ per non drammatizzare eccessivamente un risultato sportivo, per quanto

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di Alberto Caprotti

negativo. “Tristezza e facce lunghe? Non scherziamo - spiega un portavoce degli ultrà locali -. Siamo a Trieste, dove prendere le cose come vengono e guardare la vita senza fare drammi epocali per tutto è nel Dna della gente”. Scriviamo questo perché qualcuno ci ha detto che il 2004 era, anzi è, o meglio dovrebbe essere l’anno europeo dell’educazione attraverso lo sport. La notizia che - come direbbe Biscardi - se venisse confermata sarebbe clamorosa, in realtà è confermatissima. Solo nelle intenzioni però, non nei fatti dove resta un’indiscrezione clandestina, buona per animare qualche sparuto convegno con la bottiglia di acqua minerale

BORDOCAMPO

sui tavoli e sbadigli in sala. Non ci risulta che il Coni sia andato oltre per onorare un appuntamento del genere, mentre non c’è bisogno di verifiche per dire che lo sport nazionale si sia adeguato nei fatti, continuando la sua opera di progressivo picconamento alle regole di equità, misura e buon esempio, tre concetti semplici che da soli racchiudono l’obiettivo minimo che l’educazione attraverso lo sport dovrebbe significare. Ma ora che si ragiona solo in Euro e che tutto sembra dover essere rapportato ad una dimensione senza confini nazionali, è anche giusto osservare che ben poco è stato fatto anche a livello superiore. Il rapporto sulla dimensione sociale dello sport presentato al Consiglio Europeo a Helsinki e il progetto riguardante le misure antidoping, progetto poi approvato dalla commissione nel dicembre 1999, sono appunto vecchi di cinque anni. Da allora l’attiva presidentessa della Commissione per lo sport e la cultura, Viviane Reding, ha coniato uno slogan accattivante (la cui traduzione è muovi il tuo corpo, allena la tua mente) oltre il quale c’è solo fumo, buoni propositi e il nulla sotto vuoto spinto. Da noi ci si accapiglia sui bilanci societari e i decreti spalma debiti, mentre l’Europa in tema sportivo sembra aver soprattutto a cuore l’osservanza dei criteri che evitino l’indebito aiuto di Stato e garantiscano la concorrenza. Una visione cioè al solito unicamente commerciale del fenomeno sportivo, distante mille chilometri dai fondamenti più importanti sui quali dovrebbe basarsi. Se dunque è lo stesso organismo che lo ha creato a disattendere al proposito fissato di una stagione educativa attraverso l’agonismo, non si capisce bene chi dovrebbe alzare una mano per segnalare l’errore. A meno che, come sempre, tocchi a chi lo sport lo pratica con altri intendimenti. Esercizio doveroso ma arduo in un sistema che tratta a pesci in faccia chi si preoccupa del bene comune ma continuerà a farlo, consapevole che è questa l’unica strada percorribile.

Da Atene alla periferia di Milano...

PARTECIPARE è come vincere Come sarebbe bello vedere i ragazzi gareggiare anche per il gusto di vincere, ma non esclusivamente per vincere. Le Olimpiadi sono alle porte: l’America, l’Australia, la Russia, la Cina faranno la parte del leone nella conquista delle medaglie. I primi piani di televisioni e giornali saranno esclusivamente rivolti ai soliti volti noti. Eppure c’è un esercito di atleti, provenienti da tutto il mondo, per i quali essere convocati per Atene vale già un podio. Perché non riuscire a trasmettere ai nostri ragazzi che il partecipare ad una competizione è riconoscerne le capacità individuali o di squadra? Mi piace qui ricordare quanto ha scritto Marco Binda sulla sua società, che milita in un campionato di calcio dilettantistico, lo scorso 3 maggio, al termine della gara che garantiva la salvezza della squadra (il Crespi di Milano): “Quando il fischio finale dell’arbitro e le notizie da altri campi, ci hanno dato la certezza che l’incredibile

di Jacopo Jametti impresa, la salvezza, fosse riuscita, solo un diluvio come quello abbattutosi quel giorno sul campo da gioco poteva lavare in così poco tempo le preoccupazioni, i timori, la stanchezza di un anno, per lasciare il posto ai festeggiamenti. Qualcuno si potrà chiedere come si può esultare per un obiettivo così misero, come si può lottare una stagione per arrivare sestultimi, come si può essere contenti di non avere vinto niente. È sicuramente una domanda comprensibile di fronte ad una filosofia così poco diffusa, che nasce dalla pura e semplice passione per il gioco, dall’impegno e dall’allegria di ragazzi per i quali il premio partita è una pacca sulle spalle e il compenso di una stagione una cena in compagnia”. In una domenica dove a Milano le macchine hanno invaso il centro per festeggiare il trionfo del Milan, c’è anche chi in periferia, tornando a casa dalla partita, ha festeggiato la salvezza a suon di clacson.

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PAGINA APERTA

Gli articoli e i temi trattati dalle rubriche del nuovo STADIUM vogliono far riflettere i nostri lettori, per questo vi invitiamo a inviare in redazione commenti e osservazioni: stampa@aranblu.it oppure Stadium Via della Conciliazione 1 - 00193 Roma

FUORI DAI DENTI La lunga estate calda

E SE SCOPPIASSE ANCHE IL CHIEVO? FUORI DAI DENTI è una nuova rubrica, volutamente ironica e irriverente, che a partire da questo numero allieterà i lettori di STADIUM. A curarla, sarà un importante giornalista di una nota testata nazionale (il suo pseudonimo è Gambatesa) che da queste colonne cercherà di svelare retroscena e magagne che agitano il mondo dello sport

Nel calcio ci sono cose che non finiscono mai. Come le barzellette su Totti, l’astinenza dell’Inter o lo sciopero dell’italiano parlato da Biscardi. Ma da quando i buchi dei bilanci sono più frequenti di quelli esibiti (ovviamente non sul 740, ma in campo) da Gamarra e Legrottaglie, non finisce nemmeno più il deflagrante sgonfiamento della bolla del gol. Dopo avere oscurato per anni le periferie del pallone e divorato denari lasciando bricioline a chi fa di una partita una questione educativa (non di vita o di morte come invece accade al centro dell’impero), il campionato più bello del mondo ha la faccia del condannato che chiede l’ultimo desiderio. Una sigaretta? No. Una sana spalmata (dei debiti). Un bel contratto Sky. Un assist dal magistrato-tifoso. Quando Adriano Galliani, presidente di Lega, dice: “Prevedo un’altra estate calda”, non sta certo pensando all’anticiclone delle Azzorre. Pensa a quello che è accaduto un anno fa quando il presidente federale Carraro gli ha cambiato sotto il naso una settimana prima del via il format dei campionati (serie B a 24 squadre con promozione della Fiorentina) e la Covisoc (l’organo che controllava i bilanci dei club) è stata decapitata dallo scandalo delle fideiussioni sulle quali procure di mezza Italia stanno ancora indagando. Galliani pensa a quello che deve ancora accadere: la questione dei diritti tv (con le grandi già coperte da milioni di euro) rischia di scatenare l’ennesima offensiva dei piccoli club, ma soprattutto un paradossale scontro politico con uno dei più fedeli amici di Berlusconi (Galliani) che si fa forza di una legge del governo D’Alema sul diritto soggettivo per contrastare un ministro di Berlusconi (Urbani). Uno scenario da manicomio, un clima da tutti contro tutti. E siamo solo all’inizio. Gaucci a ogni sospiro di Carraro è pronto a sventolare in tribunale il suo dossier pieno

zeppo di torti arbitrali, poco importa se il suo Perugia ha economicamente l’acqua alla gola. Almeno lui ha Gheddafi: i 10 minuti di gloria regalati da Cosmi al figlio del ledaer libico nella vittoriosa partita contro la Juventus avevano la sottile sagoma di un bell’assegno in bianco: io ti do qualcosa a te, tu mi copri i buchi a me. E il Perugia sopravviverà. Al prossimo campionato potrebbe riuscire a iscriversi anche il Parma, ma solo perché stando nel pancione del gruppo Parmalat ha ottenuto l’amministrazione controllata e quindi può attendere relativamente tranquillo che da quelle parti transiti qualche anima buona disposta a comprarsi l’ex argenteria dei Tanzi. La stessa attesa che rode Napoli, anche se c’è chi sostiene che l’attuale presidente del Siena De Luca, ex consigliere ai tempi di Maradona, avrebbe già pronto un salvagente per evitare a Naldi di venire sbranato dai pescecani. Ma altri stanno peggio. Sembra impossibile. Ma è così. In fondo, le acrobazie senza rete riescono solo al circo. E il calcio, nonostante le apparenze, non è un circo. Sotto la Lazio ci sono voragini grandi così e non c’è nessuno (nemmeno la banca di turno) disposto a coprirle: non basterebbe neppure vendere Stam, Favalli, Fiore, Corradi e compagnia bella. Il club biancoceleste rischia seriamente il fallimento e potrebbe essere il primo a sperimentare il lodo Petrucci: salvezza del titolo sportivo e retrocessione di una categoria, in questo caso in B. Ma la dimensione di una crisi devastante la si misura salendo nell’industrioso Nord Est e sbirciando nei bilanci della gestione modello del Chievo. Lì pare ci sia un debito Irpef verso lo Stato da fare inorridire anche gli splamatori più incalliti. Il prossimo campionato potrebbe quindi cambiare i connotati in corsa, magari poche ore prima del varo dei calendari (solitamente previsto a fine luglio). Questo rischia davvero di essere l’anno zero, ma forse sarà l’ennesimo anno di disgrazia. Galliani dice che non si ricandiderà alla presidenza di Lega (siamo pronti a scommettere che lo candideranno gli altri presidenti dei top-club). Motivo? “Il conflitto d’interessi”. Considerato che è da 18 anni ai vertici del Milan e che le sue esultanze-ultrà hanno fatto il giro del mondo, scegliete voi dov’è l’errore. Gambatesa


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AVVENIMENTI - Una fiaccola in Terra Santa

DI CORSA VERSO LA PACE Lo sport italiano prova a rompere le barriere che dividono il popolo israeliano da quello palestinese. Unica arma la musica delle scarpe da ginnastica sull’asfalto. La Maratona Gerusalemme - Betlemme, organizzata dal Csi, ha fatto più strada di mille incontri politici di Antonio Mascolo*

ma contro questo nostro tempo fatto di guerre ed egoismi, il tempo scandito dal sangue e dalla morte. Metà dei trenta erano italiani, l’altra metà erano israeliani. Tutti avevano magliette di vari colori (giallo, blu, verde, rosso, bianco) con scritto “Pace” in italiano, israeliano e arabo. Se la pace è un dovere di tutti, noi ci abbiamo messo le nostre menti, le nostre gambe, il nostro sudore. Visto che in questo mondo è vietato ad israeliani e palestinesi correre assieme da Gerusalemme a Betlemme, ci proviamo noi a fare da tramite. Ad unire anziché dividere. A passare disarmati i fili spinati, i cavalli di frisia, i muri e i fucili spianati. La musica delle scarpe da ginnastica sull’asfalto - assieme ad un poco di allegria - è la nostra unica arma. Ci hanno chiamato quelli del Csi, che con la Conferenza episcopale italiana, il Coni e l’Opera Romana Pellegrinaggi, hanno avuto questa piccola grande idea. Una corsa per la pace, qualcosa di piccolo, significativo, ma quasi impossibile visti i continui attentati e i regolamenti di conti che insanguinano la Terra Santa. Qualcuno è stato alle Olimpiadi, altri le hanno solo sognate o guardate in televisione, alcuni sono noti, altri fanno sport ma restano sconosciuti, alcuni sono promesse altri sono ampiamente pensionati, alcuni sono credenti, altri laici. Anche questa è la sfida, portare qui la complessità della normalità. Come una formazione di una squadra di calcio diciamoli i nomi di chi ha corso verso la storia: Argentin, Dalla Fiori, Ottoz, Petrucci, Gennari E., Baruffi, Sitton, Bigi, Gennari L., Luppi, Mascolo, Esposito, Poli, Frattari, Ferracuti, Andreatta (mons.), Ricchetti, Provenzano. La squadra poteva anche essere migliore (tante le defezioni per paura?), ma il gruppo certamente non poteva raggiungere, dal punto di vista umano, una qualità più alta. Abbiamo corso tra due discorsi. Tra due

cerimonie. La prima, alla partenza da Notre Dame in Gerusalemme, la seconda all’arrivo alla basilica della Natività a Betlemme. Poco più di 10 km, un abisso di incomprensioni, morte, drammi. Con gli israeliani che non citano la Palestina, coi palestinesi che non citano Israele. E nonostante questo, noi abbiamo corso con gli israeliani e coi palestinesi. È stata una corsa importante ma non normale. Per gli israeliani è stata una corsa senza arrivo (al check point sono dovuti tornare indietro): da Gerusalemme a... Per i palestinesi è stata una

REPORTAGE FOTOGRAFICO DELLA MARATONA DELLA PACE (A CURA DI LUIGI OTTANI)

*direttore Gazzetta di Modena, ma anche ex rugby, ex atletica ed ex campioncino Csi, ma andiamo nel Medioevo

a Betlemme

Ho visto un monsignore correre per oltre dieci chilometri in braghette corte con alcuni atleti olimpici. Ho visto soldati, armati fino ai denti ai posti di blocco, sorridere, “darti un cinque”, applaudirti. Ho visto per pochi attimi atleti israeliani e palestinesi abbracciarsi lungo una strada di tragedie. Ho visto per un centinaio di metri lo sport pulito dietro una fiaccola e la bandiera olimpica sconfiggere la mala politica, gli odi, le convenzioni internazionali. Ho visto oltre un’ora di corsa, di normalità, in una Terra che dicono Santa, ma che dal settembre 2000 ha contato quattromila morti. No, non era un sogno, era una briciola di pace. Un’impresa senza precedenti, ma si spera con tante altre briciole ed edizioni seguenti. Venerdì 23 aprile, alle 7.30 di un capriccioso mattino di Gerusalemme, una trentina di persone si sono messe a correre, non contro il tempo cronometrico dei minuti e dei secondi,

corsa dei giusti. Noi che l’abbiamo corsa non la dimenticheremo mai, come chi l’ha organizzata e - siamo sicuri - chi l’ha vista in quel capriccioso venerdì tra Gerusalemme e Betlemme, dove uno sciame di magliette colorate, braghette corte e scarpe da running hanno fatto più di mille incontri politici.

DA GERUSALEMME

corsa senza partenza, sono arrivati a Betlemme non da Gerusalemme ma dal… nulla, da un puntino politico chiamato confine militare. Gerusalemme-Betlemme l’abbiamo fatta solo noi diciotto stranieri. Abbiamo corso su queste strade e abbiamo capito quanta strada c’è ancora da fare. Ma sia gli israeliani che i palestinesi ci hanno chiesto di rifare questa corsa, ogni anno, finché non la potranno correre tutta e tutti insieme. Ci hanno anche chiesto di ritrovarsi per una volta a correre, liberi, insieme a noi in Italia. Sono piccole cose che dimostrano che non abbiamo corso invano. Che è stato organizzato un grande evento, non a caso ripreso dai mezzi d’informazione di tutto il mondo. Abbiamo corso tra due città che stavano svegliandosi in un giorno di festa. La “maratona”, in forse fino all’ultimo, non è stata granché pubblicizzata per ragioni di sicurezza. Ma negli occhi degli spettatori, dai balconi, dalle strade, dai negozi, dalle auto, dai bus abbiamo visto la gioia di chi guarda e invidia qualcosa di finalmente normale. Sembravano tutti bambini, sembravamo tutti bambini. Abbiamo corso accompagnati dallo stridere delle sirene della polizia, dalle jeep colme di cineoperatori e fotografi. Accompagnati anche dallo sguardo continuo dei soldati dentro i mirini dei fucili. Abbiamo corso accompagnati da emozioni intense, dalla coscienza di fare qualcosa di utile. Anche le gambe di atleti non noti hanno portato egregiamente nel cuore del conflitto la volontà di pace di milioni di persone e di sportivi. Non è stata una corsa normale, è stato tanto, tanto di più. Altro che doping, lo sport può e deve fare molto di più, miracoli di questo tipo. È forse per questo che, all’arrivo, anche atleti plurimedagliati o con migliaia di maratone e gare sulle caviglie hanno iniziato a piangere come dei bambini. Qualcuno l’ha battezzata la


STADIUM - maggio 2004

POST-IT MILANO DALL’ARENA AL PARCO DEI PRINCIPI È in dirittura di arrivo la Danone Nations Cup, la più grande manifestazione calcistica internazionale per ragazzi tra gli 11 e i 12 anni, organizzata in Italia dal Csi. L’evento porterà una squadra italiana a sfidare le rappresentative di altri 31 Paesi a Parigi dal 2 al 6 settembre. Le finali nazionali si terranno all’Arena di Milano il 23 maggio alla presenza, tra gli altri, del difensore della Juve Ciro Ferrara. All’Arena saranno disponibili anche gonfiabili, spettacoli e giochi interattivi. SPORTILIA ARBITRI ON STAGE Sportilia, il villaggio che sorge sull’appennino tosco emiliano, ha ospitato nel mese di maggio lo Stage nazionale degli arbitri e dei giudici di gara del Centro Sportivo italiano. Al raduno arbitrale, che si è svolto in vista delle prossime finali della Joy Cup, hanno partecipato circa 200 fischietti ambosessi; quelli del calcio a 5, calcio a 7 e ad 11, quelli del basket e del volley ed i giudici dell’atletica leggera e del karate. A ciascuno è stato distribuito un questionario per testare le loro conoscenze tecniche e associative. Una novità riguarda il basket: sarà infatti sperimentata nella prossime finali nazionali come sanzione accessoria l’espulsione temporanea: 3 minuti in panchina prima di poter rientrare in campo. Già nel calcio il cartellino azzurro, per il medesimo provvedimento, ha riscosso un largo consenso. TABIANO TERME IL CSI IN ASSEMBLEA Il Centro Sportivo Italiano si riunisce, dal 21 al 23 maggio presso la sala Congressi del Grande Albergo Astro in Salsomaggiore Terme - Frazione Tabiano Terme (PR), per l’Assemblea elettiva nazionale. A ritrovarsi sono i rappresentanti dei soci dell’Associazione, ovvero le quasi tredicimila società sportive affiliate. All’ordine del giorno, oltre all’elezione del presidente nazionale e del Consiglio Nazionale, anche il rinnovo del Collegio Nazionale dei Revisori dei conti e del Collegio Nazionale dei Probiviri. ROMA CONVENZIONE CSI-AIG Il Csi ha firmato una convenzione triennale, ulteriormente rinnovabile, con l’AIG, Associazione Italiana Ostelli della Gioventù, ente morale che ha per scopo statutario la promozione del turismo giovanile. L’AIG crea, gestisce e controlla in Italia una serie di strutture alberghiere come ostelli e altri centri di tappa e pernottamento. La convenzione apre ai soci del Csi la possibilità di accedere agli ostelli della rete italiana AIG, senza obbligo di tessera AIG, su semplice presentazione della tessera Csi. I soci Csi che comunque volessero entrare in possesso della tessera AIG potranno acquistarla a prezzo scontato, con soli 10 euro. Tale operazione può essere effettuata unicamente presso la sede nazionale dell’AIG, in via Cavour 44, a Roma. Di grande interesse è anche un’altra possibilità offerta dalla convenzione: gruppi organizzati dal Csi possono rivolgersi all’AIG per ottenere, a condizioni molto favorevoli, pacchetti predefiniti per viaggi/ convegni o per iniziative simili. L’AIG si è anche impegnata ad offrire soggiorni-premio presso i propri ostelli ai vincitori di alcune competizioni Csi che saranno individuate in seguito.

EVENTI - Sta per comporsi la griglia di partenza delle finali nazionali dei Campionati Csi in programma a giugno nel Lazio

È TEMPO DI JOY CUP Il 30 aprile si sono concluse le fasi locali degli sport di squadra della Joy Cup 2004, il circuito di attività che costituisce il nerbo della proposta sportiva del Centro Sportivo Italiano in quanto ad essa fanno riferimento gran parte delle quasi tredicimila società sportive dell’Associazione. Joy Cup significa calcio a 5, a 7 e a 11, pallacanestro e pallavolo come sport di squadra; ginnastica artistica, ritmica e aerobica, danza sportiva, judo e karate, mountain bike e nuoto per gli sport individuali, per i quali le fasi locali sono ancora in via di svolgimento. Già fioccano le prime statistiche, e al Csi non nascondono la soddisfazione: “I numeri spiega Renato Picciolo, coordinatore nazionale dell’attività sportiva - danno ragione ancora una volta alla formula Joy Cup, ci dicono infatti che siamo andati oltre le previsioni. Ai campionati locali delle cinque discipline di squadra hanno partecipato 9686 formazioni. Globalmente, considerando che ogni campionato era imperniato su tornei diversi per categorie di età differenti, sono stati organizzati 633 campionati, ciascuno dei quali composto da più giornate di gara, poiché si giocava con la formula a gironi”. A scorrere i nomi delle quasi diecimila squadre si capisce come la Joy Cup coaguli le realtà più diverse, ma il clima sia poco isterico e molto rilassato: ed ecco lo Spartak Muffa, i Frati Grigi, i Salsicciotti, gli Ematocrito, la Polisportiva Rovinata, il Pollo Storico, le

Pance Grosse e perfino un “Da Pino si risparmia” che chissà se è frutto di una sponsorizzazione casereccia. Regina di questa prima fase della Joy Cup di squadra è stata la pallavolo, con 2673 squadre partecipanti, seguita a ruota dal calcio a 5 con 2645. Più distaccati sul piano dei numeri il calcio a 11, con 1896 squadre, il calcio a 7 con 1900 e la pallacanestro con 572. Se si fa un distinguo regione per regione, la palma della partecipazione spetta alla Lombardia, che ha messo in campo 2933 squadre, seguita dall’Emilia Romagna con 1762 e dal Piemonte con 1324. Ma la macchina organizzativa del Csi non si è fermata nemmeno per un attimo. Ora tocca alle fasi regionali ed interregionali di primo e di secondo livello. Di che si tratta lo spiega il coordinatore Picciolo: “Il punto di arrivo della Joy Cup è costituito dalle finali nazionali, che quest’anno si disputeranno a giugno, con formula decentrata in più località del Lazio. Per arrivare in finale, le squadre che hanno prevalso nelle fasi locali devono superare l’ostacolo delle fasi intermedie, ovvero regionali e interregionali. Quelle di secondo livello consentono di accedere alle finali nazionali, mentre quelle di primo livello esprimono squadre che quel diritto devono conquistarselo con un’ulteriore fase di qualificazione.

IL CSI A LORETO di Andrea De Pascalis

Con questo sistema, considerato nel suo complesso, la maggior parte delle squadre resta in attività dall’autunno alla soglia dell’estate”. Proprio per consentire una mole di attività maggiore e più prolungata nel tempo, quest’anno la gestione delle fasi intermedie prevedeva la possibilità di accorpamenti tra regioni limitrofe. “Si è voluto creare - spiega ancora Picciolo un modello di cooperazione solidale tra regioni, soprattutto guardando a quelle regioni che a livello locale hanno visto schierare un numero ridotto di squadre, e dunque hanno dato vita a campionati locali più ‘snelli’. Grazie a questa modifica, ora anche i comitati piccoli o in difficoltà hanno potuto programmare un circuito di attività di buon spessore. Se davvero vogliamo far presa sui ragazzi, non possiamo lasciare buchi di attività significativi. I ragazzi si fa tanta fatica ad andarli a cercare per portarli allo sport, ma si fa presto a perderli per strada se gli concedi una pausa di troppo”. Le fasi intermedie di primo livello si concluderanno il 23 maggio, quelle di secondo livello il 7 giugno. E si può scommettere che sarà sfida leale ma sostenuta, perché quest’anno il traguardo di riferimento saranno finali nazionali specialissime, visto che esse coincideranno con i festeggiamenti per il sessantesimo di fondazione del Csi, per i quali sono previste grandi cose.

ROMA - La marcia dedicata alle vittime di Nassirya segna la prima importante tappa di un possibile percorso di interazione tra lo sport militare e quello di base

DECAMILIA APRE IL DIALOGO tra Csi ed esercito Era dedicata alla memoria dei militari italiani caduti a Nassirya la prima edizione di Decamilia, la maratona organizzata dallo Stato Maggiore dell’Esercito, che lo scorso 2 maggio ha attraversato le strade di Roma, dal Pincio a Piazza del Popolo. Un itinerario che parla latino, visto che ha toccato alcuni dei luoghi monumentali più importanti dell’antica Roma, sviluppandosi sulla distanza delle dieci miglia romane (14,870 dei nostri chilometri). Di qui il nome Decamilia. Cospicua anche la presenza di atleti del Csi, che ha tra l’altro contribuito all’organizzazione e alla perfetta riuscita dell’evento. Una collaborazione, questa, che va considerata un primo frutto di quel dialogo che da qualche tempo si è aperto tra il Csi e l’Esercito, per definire possibili interazioni. La transizione al modello professionale delle Forze Armate ha determinato, tra i suoi effetti,

anche la fine dello sport militare basato sui giovani coscritti. Di qui la ricerca di strade nuove per lo sport militare, strade che nella logica di un Esercito più aperto verso la società, possono anche passare attraverso la collaborazione con un’associazione come il Csi, ben organizzata su tutto il territorio nazionale. I potenziali campi di sinergia sono tanti: dalla partecipazione di squadre dell’Esercito ai campionati dell’Associazione, all’apertura dei servizi di formazione Csi agli istruttori militari, dalla cooperazione nella gestione degli impianti sportivi militari all’organizzazione congiunta di grandi eventi promozionali. Ipotesi, per ora. E intanto c’è Decamilia, che nasce con quella dedica ai caduti di Nassirya che non è solo un tributo della memoria. Il ricavato della manifestazione, infatti, sarà devoluto alle famiglie dei militari caduti nell’attentato in Iraq.

IL CSI OMAGGIA SANTA CATERINA DA SIENA Il Csi è stato prescelto dall’Arcivescovo Metropolita di Siena, Colle Val d’Elsa e Montalcino, quale ente offerente l’Olio Votivo a Santa Caterina, Patrona d’Italia. Il 2 maggio scorso, nella domenica immediatamente successiva alla ricorrenza di Santa Caterina, nel capoluogo senese si celebravano, infatti, i 75 anni dalla proclamazione della santa senese a Patrona d’Italia. Alle ore 10 è stato il presidente nazionale Csi Edio Costantini ad offrire l’ampolla con l’olio votivo contenuto in una lanterna in bronzo realizzata per l’occasione su disegno dell’artista senese Chiara Tambani, dove erano rappresentati il logo del Csi e l’immagine di Santa Caterina. La cerimonia si è tenuta presso il Portico dei Comuni all’interno del Santuario cateriniano. Nel pomeriggio, in Piazza del Campo, solenne Benedizione all’Italia, alla presenza del popolo senese, delle contrade e di rappresentanze delle Forze Armate, delle associazioni di volontariato, degli sportivi (ampia l’adesione delle società sportive senesi dalla Polisportiva Mens Sana al Siena calcio, dalla Virtus alla Costone Pallacanestro, ma soprattutto una forte e visibile presenza di atleti Csi in tuta e bandiere arancio-blu). A chiudere, sempre in Piazza del Campo, apprezzatissima l’esibizione di ginnasti e ginnaste del Csi in un saggio di artistica e ritmica.

INSIEME PER EDUCARE

di Felice Alborghetti

APPUNTAMENTI 30 MAGGIO - 2 GIUGNO (LIGNANO SABBIADORO) 5° Trofeo Polisportivo Giovanile

12-13 GIUGNO (VERONA) 3° Campionato Nazionale di ciclismo su strada, in circuito e cronoscalata Le finali delle gare in linea verranno disputate sui 60 chilometri per le categorie junior e master 8, 50 chilometri per le categorie donne, allievi ed esordienti. La cronoscalata verrà disputata su un percorso di 8,15 chilometri. 22-27 GIUGNO (LAZIO) Finali Nazionali Joy Cup: volley e basket, calcio a 11, calcio a 5 e a 7 3° Happening dei giovani 24-27 GIUGNO (LAZIO) Gran premi nazionali: nuoto, judo, karate, ginnastica artistica, aerobica e ritmica, danza sportiva 15-18 LUGLIO (VERONA) Campionati europei Ficep: calcio, pallacanestro e nuoto

AI LETTORI STADIUM apre le porte... della redazione ai suoi lettori. Perché a fare il giornale siate anche voi, inviateci commenti, foto, notizie, consigli, ma anche critiche che possano contribuire ad arricchire il dibattito politico-sportivo condotto dal Csi sulle pagina della nostra rivista. Inviate il materiale a: stampa@aranblu.it

con l’Azione Cattolica

Ci sarà anche il Centro Sportivo Italiano a Loreto, dall’1 al 5 settembre, per la grande festa pellegrinaggio che l’Azione Cattolica Italiana ha in programma nella cittadina marchigiana come tappa qualificante del proprio cammino di rinnovamento. Ad annunciarlo è stato il presidente del Csi, Edio Costantini, che ha addotto due diversi ordini di motivi a sostegno della partecipazione dell’Associazione: uno di carattere per così dire storico, l’altro legato alle esigenze del tempo presente. Il 2004 è infatti per il Centro Sportivo Italiano l’anno del sessantesimo di fondazione, ricorrenza che impone un processo di riflessione sulle radici dell’Associazione. Nessuno nel Csi dimentica che essa nacque nel giugno 1944 come opera dell’Azione Cattolica e che continuò ad essere una “costola viva” della progenitrice fino a quasi tutti gli anni Sessanta, quando le due realtà differenziarono le loro strade in considerazione delle mutate condizioni di una società italiana che si faceva sempre più complessa. Anche se la differenziazione non fu mai vera separazione, con numerosi dirigenti passati, sia al centro sia in periferia, dal Csi all’AC e viceversa. Più complesse le motivazioni di attualità. Negli ultimi anni il Csi si è fortemente impegnato nel reclutamento e nella formazione per ravvivare il servizio dei laici nelle Chiese locali, nello sport, ma non solo. In questo si riscontra una forte identità di missione con i nuovi traguardi che l’Azione Cattolica si è posti, e di cui il pellegrinaggio a Loreto è una manifestazione visibile. La frontiera che accomuna Csi e AC è dunque quella della formazione di laici impegnati, che possano mettersi al servizio dei piani pastorali delle parrocchie, in particolare per ciò che riguarda i giovani. Il presidente del Csi è chiaro su questo punto: “Ci anima l’idea di affrontare due esigenze impellenti tra i giovani: la mancanza di speranza e la perdita di significato della vita. Per riuscirci occorre ravvivare, rendere più effervescente l’opera delle parrocchie grazie all’opera di laici motivati e ben preparati al mestiere di educare. Da soli non si va da nessuna parte. La collaborazione tra Csi e Azione Cattolica deve tornare ad essere una ricchezza sia per la comunità eccelsiale sia per la società italiana”.

DAL CAMPETTO ALLE OLIMPIADI

PAPERINI con la tuta griffata Paperone ha girato le spalle allo sport, anzi no. Se le difficoltà economiche legate all’azienda Italia hanno ridimensionato l’attività di tutte le fede-razioni sportive sono passati gli anni spenderecci nei quali le delegazioni azzurre ai vari livelli, Olimpiadi su tutti, si portavano appresso con pochissimi atleti, un codazzo di tirapiedi, mogli, presidenti e segretari, tutto un circo inspiegabile di Vip a spese del Coni -, inspiegabilmente l’austerity non ha riguardato i costi di accesso allo sport di base. Se le società sportive ci mettono del loro, per un corso di calcio per un bambino di sei anni si spendono dai 300 ai 600 euro l’anno, disponendo poi di preparatori, che di preparazione ne hanno ben poca, è ancor più da condannare la moda che spinge le famiglie ad autentici sacrifici pur di mettere ai piedi del loro “piccolo campione” scarpe tassativamente firmate, magliette, calzoncini e tute adatte più per sfilate di moda che per momenti di divertimento sui campi sportivi. È vero, la pubblicità è l’anima del commercio, ma per attrezzature che non durano neppure una stagione, vista la crescita di questi ragazzi, spendere il classico patrimonio non solo è contro il buon senso, ma è diseducativo verso i ragazzi. Almeno nello sport, aboliamo le “caste”, abituiamo i ragazzi all’indispensabile. Pierfranco Redaelli


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