STADIUM
Via della Conciliazione, 1 - 00193 Roma www.csi-net.it N. 5 - maggio 2004 - 0,80 euro Sp. in abb. post. D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) Art. 1 Comma 1, DCB Roma
LO SPORT AI CITTADINI di Edio Costantini Intervenendo ai primi di maggio a Torino ad un convegno sullo sport, il vicepremier Gianfranco Fini ha annunciato la presentazione di una proposta di legge per modificare l’articolo 32 della Costituzione in modo tale da affermare che la Repubblica riconosce il valore della pratica sportiva e ne favorisce la diffusione. Lo sport italiano ha chiesto inutilmente qualcosa del genere per almeno trent’anni. Non si tratta di una mera questione formale. Si tratta invece di giungere ad una effettiva assunzione di responsabilità dello Stato nei confronti
L’ASSOCIAZIONE CELEBRERÀ IN VATICANO IL 60° DI FONDAZIONE
dello sport, e viceversa. Prima o poi la storia dello sport dell’Italia repubblicana dovrà fare un bilancio dei malintesi e dei ritardi creati dall’ideologia racchiusa nello slogan “lo sport agli sportivi”. Nata per affermare legittimamente l’indipendenza della gestione dello sport dall’ingerenza partitica, quando i partiti tendevano a fagocitare ogni cosa, la pretesa della separazione assoluta dello sport dalla politica ha finito col rappresentare negli anni un doppio alibi: per lo Stato, che così si è sempre sentito legittimato a disinteressarsi
dell’evolversi dello sport, e per lo sport, che di pari passo si è sentito legittimato a non rendere conto ad alcuno del proprio divenire. In una nazione moderna tale separazione non può sussistere: le istituzioni pubbliche sono responsabili dello sviluppo sportivo del Paese tanto quanto il sistema sportivo è responsabile del contributo che riesce a fornire allo sviluppo sociale e culturale del Paese stesso. Fintanto che lo sport e la società prendono strade separate, sarà più “povero” lo sport e sarà più “povera” la società. Il Csi vuole invece uno sport “ricco”: di valori tecnici e
umani, di risorse, di idee, di relazioni e di progetti da mettere al servizio del numero più ampio possibile di persone. Vuole uno sport che sia campo di cittadinanza attiva, che cioè non sia avulso dalla società, ma al contrario vi sia così radicato da essere capace di interpretarne le attese e i bisogni per poi rappresentarli efficacemente, in modo che ne derivino politiche dedicate. Vuole, infine, uno sport che sia seme per rinnovare fiducia e speranza in un contesto sociale che sembra averne smarrito il senso.
INTERVISTA - Il numero uno dello sport italiano si racconta a Stadium
GIOVANNI PAOLO II
GIANNI PETRUCCI,
incontra il Csi
da mediano a presidente
La mattina di sabato 26 giugno Giovanni Paolo II incontrerà il Centro Sportivo Italiano. L’evento avrà luogo nell’Aula Paolo VI, in Vaticano, come parte del programma per la celebrazione del Sessantesimo di fondazione dell’Associazione. La sala Nervi ospiterà l’intera manifestazione del 60° Csi, cui sono stati invitati rappresentanti delle istituzioni, della Chiesa in Italia e del mondo sportivo. L’incontro con il pontefice rappresenterà il momento topico della giornata. Il Centro Sportivo Italiano aveva incontrato papa Wojtyla in precedenza il giorno del Giubileo degli Sportivi, il 29 ottobre 2000, ma allora si era trattato di un’udienza collettiva, concessa ai rappresentanti dell’intero sport mondiale. Il 26 giugno, invece, il pontefice incontrerà esclusivamente la gente del Csi. Si tratta dunque di un’occasione davvero straordinaria, per la quale sono attese delegazioni Csi provenienti da tutta Italia, oltre che i partecipanti alle finali Joy Cup e all’Happening dei Giovani, manifestazioni nazionali che in quello stesso periodo saranno in corso di svolgimento nel Lazio.
PARTONO DUE IMPORTANTI INIZIATIVE DEL CSI
UN CAMPER DI IDEE Sulla scia del successo ottenuto dal lancio dei circoli culturali sportivi in parrocchia, il Csi raddoppia il suo impegno nel volontariato. In concomitanza con il 60° di fondazione e con l’Anno europeo dell’educazione attraverso lo sport, infatti, il Centro Sportivo Italiano si è regalato due importanti progetti: Formazione in Tour e la creazione dei Circoli Culturali Sportivi Studenteschi. La prima è una campagna itinerante che, a partire dal mese di maggio fino a febbraio 2005, toccherà le principali città italiane allo scopo di sensibilizzare parrocchie, scuole e società sportive sulla funzione sociale dell’educazione attraverso lo sport. La seconda, invece, cercherà di creare aggregazioni interamente gestite e formate da studenti, dove a partire dall’attività sportiva, si favoriscano anche attività musicali, teatrali, cineforum, visite museali e giornalismo. Due sono gli slogan che accompagnano la doppia iniziativa: “Metti in gioco il cuore” e “Studente, sportivo, cittadino”.
Si fa il segno della croce prima di sedersi a tavola. Va a messa quasi ogni pomeriggio. Senza disdegnare i machiavellismi della politica. Negli anni scolastici 1955-68 ha giocato nei campionati di calcio del Csi. Ruolo, quello di mediano destro. Stadio, il cortile lastricato della Parrocchia del Sacro Cuore, a due passi dalla stazione Termini. Gianni Petrucci, non solo come presidente del Coni, ha pieno titolo per raccontarsi sulle pagine di Stadium. Lo incontriamo a cento giorni dall’Olimpiade di Atene. Guai, però, a chiedergli il pronostico. Petrucci risponde con una formula numerica, slegata dal totomedaglie. Eccola: “Trecento azzurri già si sono qualificati per Atene. Puntiamo a un numero fra 360 e 380, che rappresenterebbero un record, rispetto a Sydney 2000, ad Atlanta 1996, per non parlare di Barcellona 1992. Sia chiaro, tutto ciò, non accettando né ‘wild card’ (ingressi di favore) né ripescaggi. Gli atleti che porteremo saranno tutti in grado di salire sul podio, o comunque di provarci sul serio. Nessuno sarà in gita”. Sono i frutti della politica del risparmio accorto e della preparazione in chiave olimpica. Dove la formula è: sforzi mirati solo per chi è da medaglia. Tre i personaggi-chiave di questa rivoluzione dei risultati con pochi soldi: Petrucci, il capo-delegazione olimpica Lello Pagnozzi e il responsabile della preparazione a cinque cerchi Roberto Fabbricini. Allora negli anni d’oro, prima di Petrucci, al Foro Italico si scialacquava? No, ma si spendeva bene. Come nel vecchio episodio di un presidente federale che dovendo organizzare un campionato europeo in Italia si sentì rispondere, a fronte della sua richiesta di un contributo olimpico di 300 milioni di vecchie lire: “Chiedine 350, perché può capitarti qualche imprevisto organizzativo o legato al clima”. Bei tempi. Persino rispetto alle squadre azzurre mandate in giro per l’Europa in pullmino e a dormire nei motel. Petrucci non fa una piega. Lui la crisi l’ha vissuta in diretta e i soldi dal governo se li è dovuti far dare tessendo rapporti e presentandosi con frequenza a Palazzo Chigi. Dove Petrucci gode di un rifugio sicuro, lo
di Gianni Bondini*
studio del sottosegretario alla Presidenza Gianni Letta. Sui presidenti del Consiglio che Petrucci ha frequentato da numero uno dello sport, racconta: “Massimo D’Alema, Giuliano Amato e Silvio Berlusconi, anche personalmente, sono stati dei buonissimi interlocutori dello sport. Berlusconi, da presidente del Milan e da grande appassionato di calcio, è sicuramente molto attento ai problemi dello sport”. Complimenti a parte, il presidente del Coni deve spesso difendersi dalle invasioni di campo. “Sulla centralità dell’ordinamento sportivo non ho mai fatto un passo indietro”. Come dopo l’estate dei fuochi del ripescaggio del Catania in serie B. Quando Petrucci, Franco Carraro e i sottosegretari Gianni Letta e Mario Pescante portarono a casa il decreto salva-sport (poi convertito in legge), sul percorso obbligato delle controversie sportive, dopo i giudizi federali. Chi comanda nello sport? “Ciascuno ha il proprio ruolo”, risponde laconico Petrucci. Il presidente del Coni ritiene che la cristiana umiltà sia una dote fondamentale, ma non bisogna abusarne. Perché Petrucci, nascosto dal basso profilo, affina la memoria, sui torti subiti, e consolida la tenacia. Specialmente nelle vicende politiche. Come nel caso del “Lodo” che ha preso il nome del presidente del Coni. Per salvare le società in crisi finanziaria e senza mezzi per iscriversi ai campionati. “Un atto dovuto - lo definisce Petrucci - di rispetto verso le città e i tifosi, che non hanno responsabilità nelle follie dei loro presidenti di club. Perché il calcio non può scomparire da una città che fa parte della nostra storia sportiva”, chiarisce Petrucci. Banco di prova quest’estate che si annuncia molto calda, rispetto ai conti in rosso dei club.
Recentemente il Coni ha subìto una grave ferita istituzionale con la cancellazione ‘per legge’ del riconoscimento da parte di Federazioni ed Enti di promozione degli oltre 100 mila club dilettantistici e, ciò che è ancora più grave, dell’inefficacia di qualsiasi riconoscimento del Foro Italico per le società di fitness e quant’altro che volessero accedere alle agevolazioni studiate per le società più modeste del nostro sport di base. Insomma per affari e affarucci si accede alle agevolazioni come per chi fa sport sul serio. Il Coni ha pure identificato il ‘colpevole’ di questa ferita normativa. Secondo Petrucci è il sottosegretario Mario Pescante che, quanto meno, ha sottovalutato la situazione. Difatti, Petrucci ha scritto a Urbani e ha espressamente messo fine “al rapporto col sottosegretario Pescante, che non rappresenta più lo sport italiano”. Brutta, bruttissima vicenda, nella quale è venuta fuori la determinazione di Petrucci, che sembra accomodante ma fino a un certo punto. Qualcuno dice, “ha studiato dai salesiani, ma sembra uscito da uno dei convitti dei gesuiti”. Di quelli che formavano i cardinali alla Mazzarino. Per capirci. Altro grande problema che Petrucci aggira con un dribbling stretto, è quello degli atleti extracomunitari del professionismo sportivo. Atleti non comunitari che erano 1850 nel 2003 e sono 1631
L’Assemblea nazionale di Tabiano Terme propone un tema la cui premessa, Per l’Italia di oggi e di domani, indica chiaramente l’orizzonte di una pratica sportiva non “egoista”, responsabile, che lavora pensando al Paese intero e non solo al proprio orticello. Per tenere il passo di questa ambizione, prima ancora di un’Associazione grande occorre una grande Associazione, così grande che riesca ad essere tale anche nell’agire della più piccola delle sue società sportive. È difficile, ma si può fare.
quest’anno. Un giochetto d’equilibrio, che consente a Petrucci di tenere sotto controllo il calcio, sull’asse dei rapporti con Carraro. Rapporti che permettono al Coni di fissare per il calcio 60 extracomunitari, come per l’anno passato. Semmai, uno nuovo giocatore non comunitario potrà entrare se uno vecchio partirà. Eppure, nella tutela delle nazionali e dei giovani, Petrucci e il Consiglio Nazionale del Coni hanno concesso alla pallavolo di avere gli stessi 180 extracomunitari (numero record) che avevano l’anno passato. Come mai? Petrucci: “Perché il presidente della pallavolo, Carlo Magri, s’è impegnato a rendere obbligatori i vivai delle società”. Ma, questo contingentamento, in ossequio anche alla Legge Bossi-Fini sull’immigrazione, non rischia di diventare un’offesa alla regola cristiana dell’accoglienza? “Da cittadino accolgo chiunque - spiega Petrucci - da dirigente di sport devo tutelare i nostri vivai e la specificità delle nostre nazionali”. Punto e a capo. A proposito di tutele, gli Enti di promozione, come il Centro Sportivo Italiano (Csi), si sentono un po’ sottovalutati. Forse, nella memoria dello sport, non sembra essersi dissolta del tutto l’accusa a certi Enti di “catena di trasmissione della politica”. Certamente non per Enti come Csi e Pgs (i salesiani). Anche perché scissioni e cambiamenti di sigle, nel passato e ai giorni nostri della promozione sportiva, hanno contrassegnato questo mondo. Presidente, lei è più federale o promozionale? Petrucci è ecumenico: “Federazioni ed Enti hanno l’identico ruolo nelle loro aree di competenza. Lo diciamo in ogni documento ed è stato ribadito anche per il riconoscimento delle società dilettantistiche che dovranno aver diritto a sgravi e agevolazioni, secondo la Legge Finanziaria (art. 90) e (si spera) il futuro regolamento. Non ho fatto e non farò mai discriminazioni né sottovalutazioni”. Petrucci non sottovaluta neanche la corsa che farà da solo (salvo candidature estemporanee dell’ultima ora) per la terza (e ultima?) conferma sulla poltrona di presidente del Coni. Appuntamento tra febbraio e marzo 2005, dopo le tornate elettorali federali. Dove se ne vedranno di belle. Sul suo futuro Petrucci tiene chiuse le carte e non commenta la corsa solitaria: “Vedremo”. Semmai i problemi gli verranno dalla composizione della sua prossima Giunta. Dopo che la riforma della riforma Melandri ha riammesso i presidenti di federazione nella Giunta del Coni: “Vedremo”. Concludiamo. Da cattolico e da cittadino qualsiasi qual è la qualità che predilige? Petrucci: “L’umiltà e pure la concretezza. Ricordo con piacere la dichiazione dell’ex giocatore del Napoli Fabio Pecchia, quando si laureò in legge e disse che quella era la sua vittoria più importante”. Non ci potevamo aspettare altro, da quel modesto funzionario del Coni diventato presidente dello stesso Ente che gli pagava lo stipendio. * Capo Redattore de La Gazzetta dello Sport