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Impariamo dal giardiniere ad ascoltare i giovani
from Stadium n. 5/2023
by Stadium
RISPETTANDO LA NATURA, LUI SA BENE CHE OGNI SEME HA UN POTENZIALE, PRECISE ESIGENZE E BISOGNI. NON VIOLA LA SUA ORIGINALITÀ, MA SI ADOPERA AFFINCHÉ FIORISCA
Con troppa facilità e, a volte, moralismo si sente ripetere da più parti lo slogan: “I giovani sono il futuro”. Suona un po’ come una deresponsabilizzazione per noi adulti imbrigliati nelle nostre idee, nei nostri progetti e nella nostra mentalità. Ormai logorati da scelte compiute nei tempi passati, fatichiamo a vedere nei giovani, invece, un “presente” a volte scomodo, che scuote e mette in crisi. La voglia di cambiamento, della ricerca del nuovo, della creatività tipica delle nuove generazioni è interpretata, anche nel nostro CSI, come una minaccia.
Guardando i tanti giovani seduti in platea nel recente meeting dei dirigenti, svoltosi a Roma nei giorni 28-29 gennaio, mi sono chiesto se siamo davvero capaci di sintonizzarci sulle loro frequenze. Se vogliamo veramente ascoltarli, noi adulti dobbiamo metterci nell’atteggiamento di chi è consapevole che da loro possiamo imparare qualcosa. Solo così l’ascolto diventa reale. Quando una persona sa che dall’altro può imparare, diventa più attenta nell’ascoltare e chi parla si sente gratificato. Nella storia raccontata da Michele Serra ne “Gli sdraiati”, c’è un momento in cui, quasi per magia, un padre riesce a portarsi dietro il figlio e suo cugino per una vendemmia di Nebbiolo. Sembra che finalmente il figlio segua suo padre, che riconosca il suo insegnamento e la sua testimonianza. Invece no. Anche in questa circostanza, nonostante la bellezza della vendemmia, mentre gli adulti si alzano per lavorare, i due giovani restano a letto fino a tardi. Ma proprio mentre il mondo adulto sentenzia che questi giovani sono molli e incapaci, ci si accorge che i veri “sdraiati” di questa vicenda sono piuttosto gli adulti, incapaci di trasmettere passione ai giovani, di ascoltare i loro interessi e, soprattutto, di lasciarli camminare con fiducia sulla loro strada.
Ci sono due modi, credo, perché questo possa avvenire: seguire la logica del falegname oppure quella del giardiniere.
Il falegname cosa fa? Ha tra le mani un pezzo di legno e in testa l’idea di quello che il pezzo di legno dovrà diventare. Quindi prende martello e scalpello e, con i suoi abili colpi, fa sì che il legno, o il giovane che ha davanti, cresca a immagine e somiglianza delle sue aspettative. Immaginiamo la vita di questo giovane e, a colpi di ordini, rimproveri, regole e pretese, cerchiamo di farlo crescere secondo il nostro modello.
Un’altra modalità è quella del giardiniere. Lui sa bene che ogni seme ha un suo potenziale e anche determinate esigenze e precisi bisogni. Ogni giardiniere sa che un seme di rosa non potrà mai trasformarsi in geranio. Rispetta la natura. Non viola la sua originalità, ma si adopera perché quel seme, in base alle sue caratteristiche, abbia la giusta quantità d’acqua, di luce, di terra e affinchè possa fiorire. Dobbiamo imparare ad ascoltare l’originalità dei giovani di oggi. La loro creatività, con il cambiamento che richiede, potrebbe anche far paura, perché esige di riorganizzarci in maniera differente, lasciando spazio a idee e modi di vivere a cui non avevamo mai pensato. È l’unica strada percorribile se vogliamo crescere come Associazione.

don Alessio Albertini Assistente Ecclesiastico nazionale CSI