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Papa Francesco e gli “sportisti”
from Stadium n. 5/2023
by Stadium
Il CSI celebra i dieci anni di pontificato di Papa Bergoglio, vero leader e capitano della sua squadra
di Felice Alborghetti
Come avesse realizzato un punto, trasformato una meta, marcato un gol, segnato un tiro libero. Papa Francesco è stato per il CSI un importante compagno di squadra. Da vero leader e capitano del Centro Sportivo Italiano, ha fatto molto di più di quanto avrebbe fatto un semplice campione. Ha infatti fornito numerosi assist, ogni qualvolta in udienza si è intrattenuto in dialogo con gli sportivi, indicando la “tattica”, la “rotta”, la “meta” e spronando tutti a dare il meglio di sé, parlando sempre degli aspetti fondamentali dello sport alla luce della fede. Indimenticabili per il CSI quei dodici minuti di time out, il 7 giugno 2014, nel giorno del 70° anniversario della nascita dell’Associazione, quando il pontefice spronò così la gente del CSI: «Da capitano vi sprono a non chiudervi in difesa, ma a venire in attacco, a giocare insieme la nostra partita che è quella del Vangelo». Stadium, in occasione della ricorrenza, il 13 marzo del 2023, dei dieci anni trascorsi al soglio di Pietro, ha voluto festeggiare l’argentino Vescovo di Roma attraverso i valori messi in campo nelle parole di alcuni suoi celebri discorsi alle Federazioni o agli esponenti dello sport italiano.
Se nella vita non hai fatto canestro, non hai perso per sempre
«Vorrei dire una cosa proprio pensando alla pallacanestro. Il vostro è uno sport che eleva verso il cielo perché, come disse un ex giocatore famoso, è uno sport che guarda in alto, verso il canestro e, perciò, è una vera e propria sfida per tutti coloro che sono abituati a vivere con lo sguardo sempre rivolto a terra. Vorrei che questo fosse per voi anche un nobile compito: promuovere il gioco sano tra i bambini e i ragazzi, aiutare i giovani a guardare in alto, a non arrendersi mai, a scoprire che la vita è un cammino fatto di sconfitte e di vittorie, ma che l’importante è non perdere la voglia di “giocarsi la partita”. E aiutarli a capire che, quando nella vita “non hai fatto canestro”, non hai perso per sempre. Puoi sempre scendere in campo nuovamente, puoi ancora fare squadra con gli altri e puoi tentare un altro tiro».
La lealtà del rugby e la corsa verso la meta
«Il rugby è uno sport molto simpatico, e vi dico perché lo vedo così: perché è uno sport duro, c’è molto scontro fisico ma non c’è violenza, c’è grande lealtà, grande rispetto. Giocare a rugby è faticoso, non è una passeggiata! E questo penso che sia utile anche a temprare il carattere, la forza di volontà.
Un altro aspetto che risalta è l’equilibrio tra il gruppo e l’individuo.
Ci sono le famose “mischie”, che a volte fanno impressione! Le due squadre si affrontano, due gruppi compatti, che spingono insieme uno contro l’altro e si bilanciano. E poi ci sono le azioni individuali, le corse agili verso la “meta”. Ecco, nel rugby si corre verso la “meta”! Questa parola così bella, così importante, ci fa pensare alla vita, perché tutta la nostra vita tende a una meta; e questa ricerca è faticosa, richiede lotta, impegno, ma l’importante è non correre da soli! Per arrivare bisogna correre insieme, e la palla viene passata di mano in mano, e si avanza insieme, finché si arriva alla meta. E allora si festeggia!»
I fondamentali del volley: «C’è sempre qualcuno da servire»
«Vorrei dunque incoraggiarvi a proseguire nel cammino intrapreso, proponendo alcune indicazioni che traggo dalle azioni fondamentali del vostro sport.
Innanzitutto, la battuta, che è il primo colpo che dà il via al gioco. Nella partita, così come nella vita di ogni giorno, occorre prendere l’iniziativa, assumersi la responsabilità, coinvolgersi...
Alla battuta corrisponde la ricezione. Come bisogna essere pronti a ricevere la palla per indirizzarla in una determinata area, così è importante essere disponibili ad accogliere suggerimenti e ad ascoltare, con umiltà e pazienza... C’è poi l’alzata, il passaggio verso il compagno o la compagna che ha il compito di finalizzare l’azione. Non si è mai soli, c’è sempre qualcuno da servire. Non esiste solo la dimensione individuale, ma si è parte di un gruppo: ognuno è chiamato a dare il proprio contributo perché si possa vincere insieme. Decisiva è certamente l’azione di attacco, che consente di fare punti e di costruire la vittoria. Per opporsi all’attacco, si fa il muro. Questa parola ci fa pensare ai muri presenti in diversi luoghi del mondo, segno di divisione e di chiusura, dell’incapacità degli uomini di dialogare, della presunzione di chi pensa che ci si può salvare da soli. Invece, nella pallavolo, quando si fa muro, si salta in alto per affrontare la schiacciata avversaria: questo gesto ci aiuta a pensare la parola in un’accezione positiva. Saltare in alto significa distaccarsi da terra, dalla materialità e dunque da tutte quelle logiche di business che intaccano lo spirito sportivo. I soldi e il successo non devono mai far venir meno la componente di gioco, di divertimento. E per questo mi raccomando tanto: non lasciare mai la dimensione amatoriale dello sport. Lo sport o è amatoriale o non è sport. Questo va custodito bene, perché con questo voi custodite anche il vostro cuore».
Il Papa al CSI. Sport: scuola di regole e di incontro
Lo sport «è una grande scuola, a condizione che lo si viva nel controllo di sé e nel rispetto dell’altro».
Insegna infatti il rispetto delle regole e promuove la cultura dell’incontro. Se vissuto in quest’ottica, esso diventa uno «strumento per promuovere l’accoglienza, la salute, l’occupazione, le pari opportunità, la salvaguardia dell’ambiente, la tutela dell’infanzia e dell’adolescenza, la coesione e l’integrazione sociale... Possiate essere sempre grati a chi vi educa e vi accompagna, agli allenatori, agli educatori, ai genitori e alle vostre famiglie. Possiate essere portatori di speranza in tutti gli ambienti nei quali vi trovate a vivere; e state sempre vicino a chi tra voi è più debole a causa di una disabilità, in modo che partecipi alle varie attività insieme agli altri e non si senta mai escluso. Possiate anche accompagnare, con la vostra amicizia e il sostegno fattivo, quanti fra voi si dedicano ai progetti di volontariato sportivo internazionale, che state realizzando in diversi Paesi e rappresentano un segno prezioso per il nostro tempo».
La capacità ludica aiuta la dimensione spirituale
«Lo sport ci può aiutare, perché ci insegna che con la pazienza, con l’esercizio, con la creatività e la perseveranza si può migliorare, si possono raggiungere traguardi che sembravano impensabili.
E questo avviene attraverso una dimensione che sta al di sotto di tutte le altre e le anima tutte: la dimensione spirituale. Non mi riferisco a quella psicologica, che pure è decisiva, ma proprio a quella spirituale, cioè alla nostra relazione con il senso del vivere, del nostro essere e delle nostre relazioni. E la capacità ludica aiuta questa dimensione spirituale. Al centro dell’essere umano c’è un cuore, non in senso fisico, ma simbolico, un cuore che sa ricevere e dare amore».
PADRONI E NON SCHIAVI DEI NOSTRI LIMITI
«Una grande lezione dello sport, che ci aiuta ad affrontare anche la fatica quotidiana dello studio e del lavoro come pure le relazioni con gli altri, è che ci si può divertire solo in un quadro di regole ben precise. Infatti, se in una gara qualcuno si rifiutasse di rispettare la regola del fuorigioco, o partisse prima del “via”, o in uno slalom saltasse qualche bandierina, non ci sarebbe più competizione, ma solo prestazioni individuali e disordinate. Al contrario, quando affrontate una gara, voi imparate che le regole sono essenziali per vivere insieme; che la felicità non la si trova nella sregolatezza, ma nel perseguire con fedeltà i propri obiettivi; e imparate anche che non ci si sente più liberi quando non si hanno limiti, ma quando, coi propri limiti, si dà il massimo. Dobbiamo essere padroni dei nostri limiti e non schiavi dei nostri limiti».
Dall’Udienza ai Membri del Centro Sportivo Italiano in occasione del 75° Anniversario di Fondazione (11 maggio 2019)