Stadium n. 6-7/1955

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Direttore: LUIGI GEDDA

S. I.

In questo numero: Roma 1960 di Aldo Notorio - La Cupola e lo Stadio - Decennio del C.S.I. di n. b. - Valore etico dello sport di Raffaele Simonetta - Sono stato sul K2 di Cirillo Floreanini - Superare la crisi onorando la tecnica di Filippo Musi - Hanno raggiunto la « felicità » Milan. Lanerossi Vicenza e Bari di Enzo Sasso - In archivio il «giro», sulla scena il « tour » di Natale Bertocco - Dopo gli incidenti di Berlino di Decio Lucarini - Piena vitalità dell’atletica italiana di Renato ^ammaro - L’ora « x » del tennis italiano di Augusto Caccia­ no - Ben respirare è un’arte di Sergio Santucci - Appunti del prof, G. La Cava - I campionati del C.S.I.

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GIUGNO-LUGLIO 1955


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ROMA 1960 Quando la sera del 16 giugno scorso, la bandie­ rina olimpica c salita, per la prima colta nella sto­ ria millenaria di Roma, sopra il pennone della Torre Capitolina, i presenti erano visibilmente com­ mossi. Ogni sportivo italiano, anzi ogni italiano ha partecipato a questo entusiasmo senza conoscere la portata dell’avvenimento ma per quell’intuito popolare che agisce ogni qual volta un grande episodio si affaccia all’orizzonte della nostra storia. Il tempo, relativamente breve per l’impegno or­ ganizzativo, maturerà la coscienza sportiva del popolo italiano ancora ferma agli incontri inter­ nazionali del calcio c del ciclismo e digiuna per le più nobili coni petizioni degli altri sport che la più grande assise mondiale sportiva porterà a Roma nel 1960. Uno scudetto, una maglia rosa, una coppa, con tutto il rispetto per chi li conqui­ sta, impallidiscono di fronte ad un titolo olimpico e se questa affermazione è azzardata oggi 1955 in Italia, malati come siamo dj divismo sportivo, sa­ rà capita tra cinque anni per quella inevitabile trasformazione che le Olimpiadi sapranno porre con il loro salutare bagno di dilettantismo sporti­ vo e la frase di Pindaro che domina il salone del C.O.N.I. « Come la luce del sole supera ogni cosa per calore e splendore, così non vi è più nobile vittoria di quella di Olimpia» non sarà più una aulica frase compresa da pochi. A parte queste considerazioni che il tempo convaliderà a noi pia­ ce sottolineare il fatto, da nessuno ricordato, che le Olimpiadi si celebreranno nella Roma di Pie­ tro, centro della cristianità. Cristianesimo e sport si sono incontrati lungo i secoli della loro storia, da quando Paolo, citta­ dino romano, nelle sue lettere, che fanno parte della Sacra Scrittura, ha usato più volte termini sportivi per dare forza alle sue espressioni di inci­ tamento morale alle prime comunità cristiane. Si sono incontrati quando i grandi Santi educatori hanno usato dello sport come sano e positivo mezzo di educazione. La Chiesa non favorisce lo sport soltanto ora che è diventato un fenomeno sociale di largo re­ spiro, l’ha abbracciato sin dal suo nascere, batten­ dosi per la sua sanità e per la sua purezza.

In Italia poi si può affermare che lo sport è nato all’ombra del campanile: i primi calci al pallone furono tirati sui prati di Torino quando un povero prete, don Giovanni Bosco, raccoglieva vicino a sé i ragazzi del popolo, ed eravamo attor­ no al 1870: le prime partite con il classico foot-ball di cuoio furono giocate a Roma dai chierici del Collegio Inglese, come i chierici americani dello ateneo salesiano di Torino importarono il basket ossia la pallacanestro. Da allora, dagli umili campi parrocchiali sono nati fior di campioni che hanno alirnentato squadre di ogni città, di ogni sport, di ogni levatura tecnica senza nulla chiedere ma sempre donando. Non è stato quindi il Centro Sportivo Italiano ad operare l’accostamento tra il cristianesimo e lo sport, perché essi già andavano d’accordo, il CSI ha l’onore di continuarne la gloriosa tradizione con lo stile della Chiesa ai cui principii c ispirato, e cioè lavorando con disinteresse. La Chiesa quando abbraccia con le sue mani materne un’attività umana non lo fa per sfruttarla ma per beneficiarla: così e stato per lo sport. Con un provvidenziale appuntamento cristia­ nesimo e sport si incontreranno a Roma nel 1960 dopo che un Papa si è autodefinito « Papa degli sportivi », ha parlato con ben cinque discorsi sullo sport, ha ricevuto milioni di sportivi di tutte le nazionalità in memorabili udienze, e dopo aver ricevuto l’omaggio di decine di migliaia di gio­ vani atleti cresciuti in un’organizzazione sportiva da Lui voluta e da Lui benedetta. Le Olimpiadi troveranno a Roma l’ambiente preparato per quest’incontro spirituale anche per­ ché Cristianesimo e Olimpiadi hanno in comune l'universalità. Il venire a Roma sarà quindi un pellegrinaggio, un nuovo, moderno pellegrinag­ gio e gli atleti di qualsiasi razza, o nazione, o re­ ligione, sentiranno, come tutti sentono, il grande materno abbraccio della Chiesa, il calore della carità cristiana che come un grande cerchio d’oro circonderà i cinque anelli delle Olimpiadi: i cin­ que continenti riuniti sotto la luce deff Olishanesimo nel nome dello sport. A' g j o. i. Al Ho fotoni» U47l(

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In occasione della inaugurazione dello Stadio Olimpico di Roma, il Santo Padre, ricevendo i massimi dirigenti dello sport italiano, pronunciò un elevatissimo discorso, esaltando i valori spi­ rituali dello sport e sottolineando l’armonia che esiste tra la cupola di San Pietro c lo Stadio. Le toccanti e storiche parole di Pio XII tornano più che mai d’attualità, vive e di una freschezza sorprendente, oggi che Roma e lo sport italiano sono chiamati alla superba responsabilità della organizzazione dei giuochi olimpici del 1960. Ma già nel prossimo ottobre, la grande Piazza del Tempio della Cristianità sarà ineguagliabile anfiteatro di una imponente rassegna giovanile che il Centro Sportivo Italiano realizzerà in oc­ casione del primo decemiio, per rendere devoto, doveroso omaggio al «Papa dello sport ».

...Desideriamo anzitutto congratularci con quanti, superando non lievi difficoltà e dopo lunghe vicende, hanno condotto a termine un’opera ben degna di inserirsi, per le sue di­ mensioni, nella tradizione del grandioso e del bello, proprio della Roma di ogni tempo e che risponde — come ci è stato riferito — alle esi­ genze più moderne di simili costruzioni. Esso è sorto, diremmo quasi,, nel suo ambiente na­ turale, perché la civiltà greco-romana non sapeva quasi mai disegnare e fondare città senza un anfiteatro o un circo o uno stadio, i cui ruderi anche oggi attestano il suo glo­ rioso passaggio per le regioni dell’antico mondo. Lo Stadio Olimpico sembra che compia il volto dell’Urbe, poiché gli edifìci di una città,

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sono in qualche modo l’espressione della sua struttura sociale, ossia del corpo vivo della collettività che la popola. Facilmente si pos­ sono indicare in una città bene ordinata, a somiglianza delle membra nel corpo umano, edifìci che hanno funzioni particolari e di­ verse, ma tutti insieme formano quell’armcnia di svariate attività, gerarchicamente di­ sposte, che deve essere propria di ogni comu­ nità sociale. In questo aspetto il vostro Stadio, espressione della sanità e del vigore fìsico della gioventù armonizza con gii edifìci antichi e moderni rispondenti a vari scopi, e, se cristia­ namente frequentato, non sarà in disaccordo con quella sublime funzione che è prerogativa dell’Urbe, e di cui è simbolo, da tutti com­ preso, la grande cupola di Michelangelo. Auspice di questa armonia tra la Cupola e 10 Stadio, come tra l’anima e il corpo, è altresì 11 doppio ricordo storico che questo ravviva. Il primo è suggerito dal luogo dove esso sorge. /Adagiato, da un lato, sulla verde spalliera del Mente Mario, si distende, dall’altro, sulle rive del vecchio Tevere, in prossimità delle vetuste arcate del Ponte Milvio, ove par che ancora echeggi il grido di vittoria che fu definitivo per il futuro destino di Roma. Là infatti Co­ stantino, ardito condottiero di eserciti e ac­ corto governatore di popoli, non meno che fondatore di pace, piegò e vinse dopo aspra battaglia le forze del paganesimo condotte da Massenzio. La vittoria arrise a chi aveva in­ nalzato sul labaro il segno della Redenzione, il quale da quel giorno rifulse sulle legioni vessillo ed arra dell’universale trionfo di Cri­ sto. Voglia Iddio che i romani, per nascita o per adozione nell’unica fede, non dissipino mai i sommi beni che quel primo ed augurale evento loro elargì. Il secondo richiamo storico, che desideria­ mo notare, è dato dal titolo « Olimpico », col quale è designato il vostro Stadio. Esso ricor­ da, ad onore di coloro che si dedicano alle atti­ vità ginnico-sportive, quel senso di universa­ lità fra differenti popoli, che le famose Olim­ piadi fomentavano, sia pure tenuamente, e che poi, con l’avvento del cristianesimo erede e perfezionatore della civiltà che quei giuochi celebrava, si sviluppò nella verità cristiana dell’unica famiglia umana e nel conseguente dovere della mutua carità fra i popoli, suoi membri. Così anche da questo lato, il vostro Stadio, di cui si arricchisce questa Roma cat-


li HI STADIO tolica, maestra ed attrice di schietto universa­ lismo, qui ritrova il suo clima naturale ed una più alta giustificazione del suo nome. Le nu­ merose bandiere, che da oggi in poi sventole­ ranno affiancate l’ima all’altra sui suoi spalti, sono pertanto la espressione della gloria forse più bella, dello sport, maturata per virtù del cristianesimo in smagliante realtà.

Ricco di storia e di promesse, il vostro Sta­ dio è pronto ad accogliere sul suo verde tap­ peto, voi, esimi atleti nell’ardore delle vostre gare, e sulle sue gradinate le moltitudini an­ siose per ammirare la. perfetta fusione della umana facoltà, che gli esercizi dello sport hanno il pregio di mettere in mostra. Agli uni e agli altri Noi vorremmo ricor­ dare il principio generale che il cristiano è tale dappertutto e che nessuna circostanza deve impedire al buon odore di Cristo di sprigionar­ si dalla sua persona a edificazione di molti, sia che egli si raccolga in preghiera sotto la volta di un tempio, sia che si conceda il sano svago dello sport sotto il cielo di uno stadio; che anzi dalla condotta cristiana l'atleta e lo spetta­ tore possono trarre vantaggio per gli scopi che ambedue si propongono: l’uno il conseguire l’alloro, l’altro l’onesto diletto. A voi, atleti, Noi abbiamo già recentemente indicato nel Nostro discorso al Congresso Scientifico Nazio­ nale dello Sport e dell’Educazione Fisica, in che modo lo spirito cristiano debba animare i vostri esercizi e cimenti, e quali mezzi con­ creti esso vi suggerisca affinché la vostra atti­ vità consegua i suoi fini, mantenga i pregi e bandisca gli abusi. Ed ora la Nostra parola si rivolge anche al pubblico che suole assistere numeroso alle gare ginnico-sportive. Si noti la profonda dif­ ferenza fra gli antichi stadi del paganesimo e quelli delle città cristiane. Un grande pro­ gresso compì già la civiltà latina, allorché per merito del cristianesimo fu abolita dai pub­ blici spettacoli la barbarie dei «« ludi gladia­ tori! » e delle cruente « venationes ». Ma in questo campo la perfezione cristiana vuol sa­ lire sempre più in alto e giungere a quella temperanza, che, mentre eleva la dignità dell’uomo, non impedisce la onesta gioia che si domanda allo Stadio. La moderazione cri­ stiana richiede innanzi tutto che il richiamo dello Stadio stesso non sia di ostacolo all’os­

servanza dei doveri religiosi, specialmente nei giorni festivi. Essa fa sì che l’incitamento sia nobile, il contrasto con gli emuli rispettoso, il risentimento per le alterne delusioni indul­ gente, tollerante e in nessun caso tale da spin­ gere alla violenza. Il tono stesso della voce, che poderosa si innalza da uno Stadio di una città cristiana, deve echeggiare in modo diffe­ rente dall’urlo scomposto di uno Stadio pa­ gano; per dignità e per castigato linguaggio deve essere tale da non contrastare troppo col tono solenne dei cori e delle acclamazioni, che dal medesimo popolo negli stessi stadi salgo­ no verso il cielo in occasione di celebrazioni civili e patrie e di riti religiosi. Mentre pertanto bene auspichiamo all’ope­ ra vostra e Ci apprestiamo a benedire la Ban­ diera del Comitato Olimpico Nazionale Ita­ liano, leviamo la Nostra preghiera all’Altissi­ mo, affinché il nuovo Stadio serva efficace­ mente al miglioramento fisico e morale del popolo e particolarmente della diletta gioven­ tù romana, che ogni qualvolta le moltitudini traboccanti dal suo ampio abbraccio lo tra­ sformeranno in una aiuola fremente di vita, contribuisca a rinsaldare il senso della con­ cordia di cui è l’espressione; e, finalmente e soprattutto, che in ogni circostanza lo Stadio Olimpico non cessi di cantare con le voci della presente e delle future generazioni, la gloria di Dio.

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Manijestazione del decennio del C.S.I. a Torino, in occasione della Pasqua dello Spor­ tivo. In tribuna la celebrazione della Santa Messa Eucaristica, quindi, in campo, una esibizione delle « vecchie glorie »

DECENNIO ilei C.S.I Le celebrazioni del decennio del Centro Sportivo Italiano sono in corso ormai da vari mesi in tutta Italia ma avranno l’episodio cen­ trale, il grande eccezionale avveni­ mento che attirerà l’attenzione del mondo giovanile e sportivo in gene­ re, nell’ottobre prossimo a Roma. E’ qui che lo sport cattolico rag­ giungerà lo « zenith », con una ma­ nifestazione a largo raggio della quale saranno spettatori e protago­ nisti ad un tempo decine di migliaia di atleti della grande organizzazio­ ne polisportiva che ha ereditato le tradizioni della gloriosa Federazio-

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ne delle Associazioni Sportive Cat­ toliche italiane. Per questo eccezionale raduno di atleti, di dirigenti, di amici e colla­ boratori del C.S.I. la cui vitalità è stata espressa da competizioni che le stesse federazioni sportive nazio­ nali del CONI considerano ormai come le vere costruttive « leve » delle singole discipline sportive, è stato studiato un programma che facendo perno sulla manifestazione celebrativa c su una serie di prove anche a carattere internazionale avrà la sua apoteosi con l’eccezio­ nale attestazione di filiale gratitudi-

ne al Papa felicemente regnante neH’anfiteatro naturale del cristia­ nesimo, nella superba Piazza San Pietro, con una originale esibizio­ ne ginnico-atletica da parte dei mi­ gliori atleti del CSI. L'avvenimento appassiona ormai l’intera grande famiglia del CSI ma si può anche aggiungere che ha de­ stato l’interesse vivo di molti orga­ nismi internazionali: enti, federa­ zioni, dirigenti i quali chiedono in­ formazioni e notizie ed esprimono il desiderio di essere anche essi pre­ senti a Roma nelle due storiche giornate dello sport cattolico. La segreteria centrale del CSI sta rispondendo lietissima ad ogni ri­ chiesta di informazione, estendendo il raggio degli inviti. Le adesioni sommano già ad alcune migliaia e certo raggiungeranno presto cifre sbalorditive. A dimostrazione della vitalità dell’organismo che inqua­ dra in Italia ti maggior numero di giovani, ma anche e soprattutto del­ ia spontanea, filiale devozione che lega gli sportivi e non soltanto quelli che militano nelle file delie organizzazioni cattoliche o aderenti a queste, ai Papa che è ben nota l’alta sublime azione del Santo Pa­ dre a favore della gioventù atle­ tica e dello sport in generale. E non v’è dubbio che nel fervore delle di­ scussioni e della cavalleresca batta­ glia diplomatica per l’assegnazione (tei Giuochi Olimpici del 1960 a Ro­ ma proprio la figura di Pio XII ha costituito il motivo dominante al quale i delegati di tutti i Paesi del mondo hanno sentito il dovere, vor­ remmo dire l’obbligo, di inchinarsi riverenti. La manifestazione di ottobre, co­ me giustamente ha fatto osservare il Presidente Generale dell’Azione Cattolica, prof. Luigi Gedda, che dalla fondazione sovraintende an­ che alla vita del C.S.I. del quale è stato magnifico ed instancabile ani­ matore, rappresenta per lo sport cattolico e fors’anche per la Chiesa il primo motivo di allacciamento e di adesione alla imponente rassegna quadriennale olimpica che nell’edi­ zione romana del I960 supererà ogni primato di interesse e di partecipa­ zione numerica, per il fascino che l’Urbe immortale emana nel mon­ do, ma anche per l’attrazione che la capitale della cristianità desta in ogni dove. Ecco perché il Raduno del C.S.Idcll’8 e 9 ottobre non deve essere inteso come avvenimento di fami­ glia, interno delI’Ente che lo pro­ muove, ma manifestazione aperta a tutti coloro che si sentono sporti­ vi e cattolici. n. !>•


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'«SS! flICO IELLD SPOIT La continua evoluzione della vita sociale che è fenomeno precipuo del nostro secolo, ha schiuso ai moderni nuovi orizzonti, nuovi campi del sapere ignorati o quasi dagli studiosi di altri tempi. Uno di questi, se non forse il più importante, è proprio tinel­ lo sportivo. LOrtega y Gasset. grande filosofo castigiìano, ha riten'?•:> infatti che lo sport sia il tema del nostro tempo. 11 crescente sviluppo della attività sportiva e la diffusione assunta spingono a ricercarne i valori etici che hanno plasmato e forgiato lo sport, in maniera tale da porlo accanto alle altre universali attività dello spirito quali l’arte e la scienza. Per etica, nel senso comune, si intende tutto ciò che attiene alla vita spirituale dell’individuo; per etica, nello sport, si intendono i principi morali da cui trae fondamento la funzionalità genuina della vita sportiva: funzionalità, quindi, che non può es­ sere intesa soltanto come tecnica, giacché si riguar­ derebbe ad essa non nella sua completezza bensì in riferimento ad un particolare aspetto, ma che deve essere contemporaneamente concepita come tecnica ed etica in quanto l’una è compenetrata nell’altra, trattandosi di due diverse configurazioni di una me­ desima sostanza. Principi, dunque, che sono non solo una forza mo­ rale, conduttrice e normatrice dell’attività che si esplica, ma anche una sublimazione dell’attività stes­ sa. « Il senso morale — dice il Nicolai — è norma­ lità; il principio etico implica qualcosa di più impe­ gnativo, vuole raggiungere una qualificazione eroica: per i Greci, Sport era eroismo, era educazione al­ l’eroismo ». L’uomo è un soggetto fisio-psichico, ed in tanto la sua psiche può manifestarsi all’esterno in quanto vi sia un organismo funzionante in tutti gli elementi che lo compongono. La conservazione delle energie fìsiche si impone come una necessaria esigenza per quella inscindibile connessione intercorrente nell’uo­ mo fra spirito e materia. A tal fine occorre l’im­ piego di quei mezzi che valgono a mantenere effi­ ciente la funzionalità degli organi fìsici, attività che si risolve in una educazione. Da questa esigenza di educazione deriva il feno­ meno dell’atletismo, in quanto l’uomo non solo mira alla conservazione della funzionalità dei suoi organi, ma tende anche ad un continuo superamento della sua stessa efficienza. Si esaurirebbe in ciò l’atleti­ smo se l’uomo, vivesse da solo e non in un aggre­ gato sociale. Essendo però lo sport una manifesta­ zione delle innumerevoli attività sociali e ponendosi l’atletismo come una esigenza spirituale, cioè come un bisogno di affermare la propria superiorità, è necessario che questo fenomeno si proietti nel mondo

esterno come un mezzo di prova e di confronto: que­ sta proiezione verso il mondo esteriore fa nascere il fenomeno dell’agonismo. Atletismo ed agonismo non sono altro che gli aspetti del bisogno di affer­ mare la propria superiorità fisica in confronto de­ gli altri. La competizione sportiva è, in tal caso, l’occa­ sione più nobile, perché in essa si esteriorizzino le più sane forme di emulazione, che non sono altro che una sublimazione dell’istinto di aggressività. Nel « tema del nostro tempo », l’Ortega y Gasset, sintetizza con moderna visione i valori dell’agonistica ponendoli nella sfera più elevata dell’attività del­ l’uomo. Allo sport, dal filosofo castigliano, è attribuita questa dignità, giacché si tratta di un lavoro gene­ roso, profuso senza controllo di misura, per il go­ dimento che provoca in chi lo pratica in quanto ne vive disinteressatamente lo sforzo, senza riferimento alcuno al guadagno o alla gloria che ne possono de­ rivare. « Si tratta di uno sforzo lussuoso, dice, che si profonde a piene mani senza speranza di ricom­ pensa, come un getto d’intime energie. Da qui di­ scende che la qualità dello sforzo sportivo sia sem­ pre egregia, squisita: non è possibile sottometterla all'unità di peso e di misura che regola l’usuale re­ munerazione del lavoro. Alle opere veramente pre­ gevoli si giunge soltanto a mezzo di questo sforzo antieconomico: la creazione scientifica e artistica, lo eroismo politico e morale, la santità religiosa sono i sublimi risultati dello Sport ». Ne deriva, che inteso nella sua accezione più pura, lo sport non solo ha un valore spirituale altissimo, ma è anche una scuola. La competizione agonistica forgia lo spirito, lo potenzia, cerca di sottomettere gli istinti alla auto­ rità della ragione, e di raggiungere l’ideale forma­ zione di un organismo perfettamente sano, duttile al comando di un’anima volitiva: se il corpo non è sottomesso allo spirito e non è da esso dominato, non solo non dà ciò che potrebbe dare, ma nemmeno con­ sente allo spirito di levarsi in volo verso le sfere ideali più alte. Lo sport è una scuola: è scuola di coraggio, di volontà, di tenacia; insegna a non smarrirsi nella sconfitta, a perseverare nello sforzo; esige obbedien­ za a chi dirige, fedeltà all’ideale; impone lealtà nella gara, lotta disinteressata: infatti ciò che veramente importa non è vincere o perdere ma strenuamente e lealmente combattere per un ideale; scuote l’iner­ zia, accende l’emulazione, trattiene gli istinti cattivi, eccita la generosità verso i vinti. Gli atleti di tutti i tempi, per amore di gloria, han­ no dovuto assoggettarsi alle più ferree discipline, sot­ toporsi a rinunce, per essere pronti, preparati, a

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quelle competizioni, che non si vincono senza sforzo e senza sacrificio. L’atleta, quindi, deve possedere saldi principi morali, capaci di governare sentimenti sani e generosi. Competere vuol dire esprimere per intero la pro­ pria energia, sia con il massimo impegno sia con la massima intelligenza per tentare di vincere: la vit­ toria premierà lo sforzo, esalterà il valore e le altre qualità dell’atleta e della nazione di cui è esponente e testimonierà inoltre il grado di preparazione e di perfezione di tanti altri atleti, rappresentanti di al­ trettante nazioni, che insieme competendo, sotto il segno della lealtà e della correttezza, hanno coopera­ to per quella vittoria. Ciò perché nello spirito dei Giochi Olimpici, massima rassegna dello Sport, aleg­ gia e ribolle il principio che la Vittoria premia in quell’atleta la giovinezza del mondo. Lo sport, infatti, non consiste nella Vittoria, ma nel modo come la vittoria è conseguita. Sta appun­ to in ciò l’eticità dello Sport: non può esistere Sport senza etica: lo Sport, nel quale manca all’atleta che lo esercita la vocazione al sacrificio per il raggiungi­ mento della vittoria, non può essere considerato sport ma noiosa fatica di mestieranti. Mancherebbe il de­ siderio di Vittoria, che è un bisogno tutto morale di elevazione, di sublimazione, che inebria l’indi­ viduo per trasfondersi in entusiasmo, in ammirazio­ ne nella collettività. E’ a tal fine che lo Sport si ri­ solve e corona nello spettacolo. Si desume, quindi, che lo sport ha due tipi di etica: una nasce dal fatto che si esercita ed implica l’acquisto di certi valori; l’altra nasce dal fatto che 10 sport è prova, cioè pubblico agonismo, e fa di conseguenza acquistare altri valori a coloro che. non potendolo professare, si trasfondono quasi nell’atleta. La manifestazione sportiva ha influenza morale sul pubblico che vi assiste; per i protagonisti esso è un fatto educativo, in quanto gli atleti gareggiano per un fine ideale. Per il pubblico che vi assiste è un appagamento dello spirito; dato dal vedere gli atleti con le loro migliori e più complete doti fisiche e morali competere fra loro; quando un atleta dimo­ stra di essere il più forte, il più capace di tanti altri, 11 pubblico si immedesima con l’atleta in questo sfor­ zo, come dice il Gasset, antieconomico e lo segue con trepidazione per la sua volontà di protendere l’animo oltre le normali possibilità fisiche. Assistendo a quelle competizioni che, per la pu­ rezza del loro idealismo, per la severità delle loro selezioni, per l’esigenza del loro impegnativo agoni­ smo, costituiscono le Olimpiadi, non si può non rile­ vare dalla loro inaugurazione al lento estinguersi della fiamma olimpica, il senso di alta spiritualità che le pervade e che trasfigura atleti e folla, con­ cretizzato dallo stesso giuramento: «... ansiosi di disputarli nel vero spirito sportivo per l’onore del nostro paese e la gloria dello sport ». Lo sport, come disse il Pontefice Pio XII, «è un efficace antidoto contro la mollezza e la vita comoda, sveglia il senso dell’ordine ed educa all’esame ed alla padronanza di sé. al disprezzo del pericolo senza mil­ lanteria e pusillanimità. Lo sport non è un fine, ma un mezzo e come tale deve essere e l imanere ordi­ nato al fine, il quale consiste nella formazione perfet­ ta ed equilibrata di tutto l’uomo cui lo sport è di aiuto per l’adempimento pronto e gioioso del dovere sia nella vita del lavoro che in quella della famiglia ». Il progredire della civiltà, la scoperta dei mezzi tecnici sempre più perfetti, la sostituzione della mac­ china all’uomo, sta rendendo la vita sempre più co-

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moda. Queste comodità hanno questo solo risultato: disabituare l’uomo dallo sforzo, con la conseguenza di radicargli il convincimento che l’ideale del vivere consiste nello spendere il meno possibile le proprie energie fìsiche; potremmo parlare di assenza di ideale, di rifiuto del l’ischio, di desiderio di vita facile: se non si cerca di stabilire una certa compensazione, presto o tardi, prima o poi verranno i giorni amari della decadenza e della sconfitta come in Grecia nel II secolo a. C. come a Roma nel III secolo. Questa compensazione può essere data solo dallo sport: il senso agonistico che dello sport è il contras­ segno, la gioia di affermare la propria personalità, l’esigenza di lealtà nei confronti dell’avversario, la bellezza dello spettacolo, che sono i caratteri distin­ tivi della vita sportiva, lasciano una traccia profonda nell’animo dell’atleta e della folla. Lo sport, poi. con le sue manifestazioni interna­ zionali, cerca di attuare quella fusione delle varie nazioni, al di fuori di un ibrido e concettuale inter­ nazionalismo. pei- raggiungere quell’affratellamento dei vari popoli e delle diverse razze che non è altri­ menti e diversamente raggiungibile, infatti uno degli elementi caratteristici delio sport è la sua trascen­ denza dal piano individuale, al piano nazionale e a quello mondiale; l’agonismo elimina le barriere fra i popoli, unisce gli uomini di opposti paesi, di diffe­ renti lingue, di diverse tradizioni. Lo ricordò alla vigilia delia XI Olimpiade il conte Paillet Latour che invitò a meditare la sentenza: « se è vero che il cittadino deve molto alla sua Pa­ tria, ben di più e a più forte ragione deve ciascuna nazione alla quiete e alla salute della Repubblica Universale di cui essa è parte integrante e nella quale sono racchiuse tutte le Patrie». Sotto questo profilo lo sport legittimamente as­ surge ad una elevata e nobile esigenza della vita sociale in quanto costituisce un « modus » con cui si esprime un bisogno collettivo ed inviduale di pro­ gressivo superamento dell’uomo in ogni campo della propria attività, con una meta sola: giungere a rea­ lizzazioni sempre più perfette, sempre più elevate. Ma vi è di più: lo sport nella sua origine, nella sua struttura, nel suo dinamismo, nella sua intima ricchezza, per la caratteristica che lo distingue, per la funzione che adempie, per la universalità che lo permea, ha l’alto merito di cementare i legami spi­ rituali fra i popoli. Nobile fu l’iniziativa del De Couberlin di dare nuovo inizio alle Olimpiadi e più nobile ancora il fine di queste. Mirava il De Coubertin a plasmare l’uma­ nità attraverso lo sport a guisa di una patriarcale fa­ miglia, sì da por fine a qualsiasi competizione di parte. Iniziativa nobile, dicevamo, che, se pur pecca di illusionismo, giacché la pace eterna fra i popoli è un paradosso, è valsa a far conoscere uomini e cose di tutto il mondo, sì che sotto il vessillo sportivo si uniscono e fraternizzano in uno spettacolo stupendo di forza e di cordialità individui di tutti i continenti di tutte le razze, di tutti i colori, di tutte le lingue. Lo sport, quindi, essendo una delle forme espres­ sive dell’uomo ed essendo una attività che partecipa alla universalità dello spirito, ha un’alta funzione ed una delicata missione: la funzione di irrobustire il fisico e di temprare il carattere dell’individuo; la mis­ sione di portare sulle immense vie del mondo il faro luminoso della civiltà, del progresso, della fraternità.

IKaffuele Simoneìt®


re di provata classe internazionale, ha accettato di incontrare Fausto Coppi il 28 giugno in match ad in­ seguimento sulla pista del Velodro­ mo Vigorelli di Milano. L’incontro costituirà il numero di centro di un grande cartellone che la S.I.S. sta allestendo. Verranno pure chiamati all’opera altri velocisti di fama mondiale.

© S. VINCENT Aldo Sommariva si è aggiudicato nella Grande Finale disputata fra i tiratori piazzati nelle classifiche generali delle gare di S. Vincent lo « Stambecco d'Oro ». Accanto ai vincitori delle cinque precedenti edi­ zioni, che si chiamano Bruschetti, Calestani, Joe Dev.ers, Bornaghi e Fina, verrà posto il nome del forte fucile milanese che è giunto alla vittoria dopo un prolungato « bar­ rage » col giovanissimo Carlo Giorgetti di Pavia. ® MESSINA Nella «terza» del campionato in­ dipendenti Rino Benedetti ha còlto un’altra brillante affermazione bat­ tendo in volata il compagno della Leo-Chlorodont Bertoglio e distac­ cando il gruppo di 6'35”. Ecco la classifica attuale: 1. Benedetti p. 28: 2. Zampieri p. 11: 3. Doni p. 9; 4. Bertoglio e Nascimbene p 8; 5. Aureggi, Laudi e Michelon p. 7; 9. Boni e Chiarlone p. 6; 11. Coletto Agostino, Dall’Agata. Negro e Ri­ vola p. 5; 15. Ciapini, Vitali e Zam­ pini p. 4; 18. Patti p. 3; 19. Del Rio. Gianneschi e Pecoraro p. 2 Seguo­ no con un punto: Accordi, Giacchero, Bonini, Mondello. Di Fiore, Ferlenghi, Ferrando. Prisco, Uliana, Pasotti, Coletto Angelo. Assirelli, Pettinati, Guerrini, Franchi, Marcoccia, Massocco. • FIRENZE Duilio Loi si è imposto .a Kamara, il negro della Gujana francese, nel­ l'incontro della serata pugilistica al Motovelodromo delle Cascine. Ka­ mara si è comportato molto bene, particolarmente alla settima ripre­ sa, ma ha dovuto cedere al travol­ gente Loi che si è aggiudicato rin­ contro con un verdetto lungamente applaudito dal pubblico. • LONDRA Il ventunenne Norman Shiel di Liverpool ha conservato il titolo bri­ tannico dell’inseguimento coprendo i 4000 metri in 5’24”5. Shiel, vinci­ tore dello scorso anno, ha battuto Dave Southend di circa cento metri.

VIENNA L’incontro su pista fra le rappre­ sentative dilettantistiche d Italia e d’Austria, svoltosi al Velodromo «Prater» si è concluso con la vit­ toria dei pistards azzurri (10-8). Ec­ co il dettaglio: Km. da fermo a cronometro: 1. Faggin (I.) 114 2, 2. Nitsche (A.) l’18”4. Velocita: pn-

ma prova: 1. Brioschi (I.), 2. Reitter (A) 12”8; seconda prova: 1. riz­ zali (I.). 2. Dreixlar 13”. Insegui­ mento Km. 4: 1. Campana (I) 5’20”, 2. Maresch (A.) 5’24”. Inseguimento a squadre: 1. Austria (Wimmer, Maresch. Berte), Schein) 5’03”6; 2. Italia (Campana, Faggin. Moneta, Pizzali) 5’14”. NIZZA In un incontro di pallanuoto svol­ tosi nella città della Costa Azzurra il Nervi ha battuto per 7-4 il Cercle des Nageurs di Nizza. Per la squa­ dra ligure hanno segnato: Cerutti (4), Boero (2) e Tentori. MADRID Bahamontes ha vinto la « Vuelta a Los Portos», Giro dei colli della Provincia di Madrid, davanti a Massip. BUDAPEST Le piscine della capitale ungherese che conta un milione e mezzo di abitanti sono state visitate lo scorso anno da 8.278.247 bagnanti; le spiag­ ge controllate sul Danubio da 3 mi­ lioni 160 641.

o PARIGI Il francese Bellenger. opposto al suo compatriota Gagnard in un in­ contro di velocità al Rarco dei Principi, ha battuto il record del Giro detenuto da Van Vliet col tempo di 27”2 sin dal 1937, stabilendo il nuovo prestigioso tempo di 27”1. Gagnard, da parte sua, ha fatto re­ gistrare 27 ”3.

BRUXELLES Il 58”9 di Van Pottelberghe, nuo­ tato a Monscron il mese scorso, non sarà omologato come record belga perchè una successiva misurazione della piscina ha rivelato avere la vasca una base di 24,95 metri an­ ziché i regolamentari 25. In quella stessa riunione furono nuotati i se­ guenti altri buoni risultati femmi­ nili: 100 dorso: Casteman (Francia) l’19”l; 200 rana: Delport 3’2”4, Derommelaere (Francia) 3’3”. DORTMUND Nel corso di un incontro valido per il titolo europeo dei medio-massimi il tedesco Gerhard Hecht ha bat­ tuto per fuori combattimento alla 13. ripresa il connazionale Willi Hoepner riconquistando il titolo che aveva detenuto e poi perso ad ope­ ra dello stesso avversario. LUSSEMBURGO Il lussemburghese Gillen, inseguito-

PARIGI Jacqueline Auriol, cognata dell’ex rresidente della Repubblica france­ se, ha riconquistato il record fem­ minile di velocità in aereo, raggiun­ gendo i 1144 Km. di media. Tale primato — non riconosciuto ufficial­ mente — le era stato tolto dalla statunitense Jacqueline Cochran che aveva raggiunto la velocità di Km. 1085. BOSTON L’ex campione mondiale dei pesi piuma, Willie Pep, ha battuto per K.O.T. alla quarta ripresa Joey Cam. Sul parere del medico l’arbitro ha sospeso rincontro all’inizio della 4. ripresa avendo Cam l’arcata so­ praccigliare sinistra profondamente aperta. « Non ho voluto approfitta­ re della ferita di Cam — ha dichia­ rato l’ex campione mondiale dopo il combattimento — Cam è un buon pugile ed avrà un brillante avve­ nire. D’altra parte non mi piace vincere in questa maniera». Pep che ha trentatrè anni ha ottenuto la sua 189’ vittoria. MONTREUX Il 20" Congresso della F.I.S.I. nel corso dei lavori svoltisi sotto la Presidenza dell’avv. Hodler ha con­ cluso. dopo aver lungamente esa­ minato il problema di assegnare i Campionati del mondo di sci 1958 alla Finlandia pei- le gare nordiche ed all’Austria per quelle alpine. LONDRA Il famoso « London Trophy » auto­ mobilistico è stato vinto dall’ingle­ se Peter Collins al volante di una Maserati Collins ha vinto la prima prova di 33,36 miglia in 14’2” e la seconda, sulla stessa distanza, in 14’10”. Roly Salvadori. anch’egli al volante di una Maserati, si è ag­ giudicato il secondo posto dietro il vincitore nella prima delle due pro­ ve, mentre è stato costretto al riti­ ro, per noie al motore, nella se­ conda. • LONDRA Day Dower, campione britannico ed europeo dei pesi piuma ha battuto il peso gallo francese Pierre Gress per K.O. alla nona ripresa di un incontro previsto sulla distanza di dieci round. L’incontro non era va­ lido per il titolo.

• MOSCA A Baku il nuotatore sovietico Vladimir Struzanov ha migliorato il primato mondiale dei 400 metri misti — da lui già detenuto con 5’15”4 — nuotando la distanza in 5’9”5.

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di Cirillo Floreanini


Sessanta giorni sopra i 5.000 m. Ho partecipato alla spedizione sul K. 2, e vi parlerò un po’ su questo argomento. Ma non aspettatevi grandi rivelazioni. Forse quello che racconterò vi sarà noto chis­ sà da quanto tempo. Fui convocato con una lettera. Ve l’immaginate? Sa­ pere — data l’importanza della spedizione — che i nomi più illustri dell’alpinismo italiano venivano convocati, e ricevere un bel giorno una certa lettera che... Insomma, per poco non svenivo dalla gioia. Partii per Milano esattamente il 15 dicembre 1953. Eravamo un bel numero all’inizio, scelti su tutta la cor­ chia delle Alpi, ina ben presto il gruppo si cominciò ad assottigliare. Furono le numerosissime visite mediche che operarono la selezione: elettrocardiogrammi, respirazione, poliespansione ai polmoni... Ci tenevano, insomma, sotto continuo controllo. Basti pensare che le prestazioni medi­ che per ciascuno di noi sono state valutate in un valore di 350.000 lire. E’ chiaro che le varie Università da cui venivamo esa­ minati, ci osservavano anche a titolo di studio e quindi la somma che ho detto poco fa. in pratica non fu spesa. Tuttavia quello era il valore delle numerose visite medi­ che. Visite che terminarono soltanto qualche tempo dopo il nostro ritorno in patria, a spedizione conclusa. Perché i dottori vollero rendersi conto di come avessimo potuto raggiungere quote tanto elevate senza respiratori. Infatti si sapeva, dai resoconti delle spedizioni Svizzere ed In­ glesi, che il limite fisiologico erano i 7500 metri, mentre noi li avevamo sorpassati senza danni. Se poi si pensa che i due conquistatori del K 2 raggiunsero la vetta senza re­ spiratori, non si sa cosa pensare degli esperimenti fatti a Torino in camera di decompressione, da cui risultava che ad una quota così elevata un’improvvisa deficienza di os­ sigeno avrebbe potuto procurare anche la morte. Nei tre mesi che ci separavano dall’inizio della spedi­ zione lavorammo sodo, anche perché è certamente poco tre mesi di preparazione per un'avventura così impegna­ tiva. Cominciammo con un primo campeggio di dieci giorni al Cervino per allenarci e affiatarci tra noi. Poi ci fu il campeggio del M. Rosa, vicino alla Ca­ panna Gnifetti, oltre 4.000 mt. Potemmo così sperimenta­ re tutto il materiale che occorreva alla spedizione. Mate­ riale che, all’atto della scalata del K 2, si dimostrò in parte superfluo, ed oggi senz’altro ognuno di noi lascerebbe a casa molta roba e aumenterebbe invece quella più utile. Ma va tenuto conto che noi non avevamo esperienze himalajane a cui riferirci. E d'altra parte si doveva fare relativo conto delle spedizioni inglesi c svizzere, data la loro differenza rispetto a noi del modo di vivere.

E’ vero che il Duca degli Abruzzi aveva battuto la zona del Caracorum, ma nella nostra spedizione non cera nessuno che avesse fatto ascensioni in quei luoghi e non

si sapeva perciò a che cosa si andava incontro. Ed è per questo che le nostre provviste erano di gran lunga su­ periori a quanto indicavano le altre spedizioni. E’ anche vero che il prof. Desio aveva perlustrato la zona della spedizione, ma lo aveva fatto con intenti pret­ tamente scientifici c non aveva provato ad alzarsi sopra i 5 o 6 mila metri. Per tutte queste ragioni fummo molto criticati, specialmente degli inglesi. Il K2 è tecnicamente l’ottomila più difficile. Tuttavia proprio questo era ciò che — diciamo così — ci tranquillizzava: se avessimo fallito, fallivamo su una montagna che era l'ottomila più difficile! Terminati i campeggi, a fine marzo fu spedito per via mare il materiale. Noi partimmo in aereo il 20 aprile: la­ sciammo le nostre case proprio il giorno di Pasqua. Fa­ cemmo scalo a Beyrout, Karaci, e ci fece un certo effetto ritrovarci improvvisamente in un clima e in un ambiente così diverso dal nostro. Ma ci trattenemmo assai poco: fummo trasportati subito sotto le montagne, a Rawalpindi. Da questo punto non esistono più strade verso l’in­ terno. Unico mezzo per raggiungere Skardu (la capitale del Pakistan) è un aereo che fa servizio solo nelle giorna­ te di massima visibilità. Ed è evidente: devono essere su­ perati dei passi che raggiungono i 4500 metri. Per cui, dato il mal tempo che imperversava in quel periodo, dovemmo rimandare la nostra partenza e le spedizioni del materia­ le di una diecina di giorni. Finché salimmo sull’aereo. E fu un viaggio pieno di emozioni e anche di non poche paure: in mezzo a quelle montagne quel povero apparecchio si destreggiava abil­ mente. Ma che batticuore! All’improvviso ti riprendeva quota puntando verticalmente verso il cielo, o si girava tutto su un fianco per non fracassar le ali contro le rocce.

Da Skardu al campo base Arrivammo a Skardu. Una cittadina di 12.000 abitan­ ti. E' la capitale, ma tanta è la miseria che ci si scopre da far sentire un senso di pena. Fino a poco tempo fa non cerano neppure delle strade, ora nc hanno fatta una che va fino aH’aeroporto (15 miglia dalla città). Dato che la zona è al confine col Turkestan, ora un battaglione di sol­ dati presta servizio di vigilanza. Ma fino a qualche tempo fa tutta quella gente viveva nello stato più selvaggio. Il loro cibo più comune (talvolta esclusivo!) è lo « chapaty », un impasto di farina non separata dalla crusca che vien bruciata su delle pietre scaldate al fuoco.

Forse è la denutrizione la causa della scarsa robustezza fisica di quella gente. Certo, non c’è paragone con i Ne­ palesi. Quelli sì che sarebbero stati per noi dei portatori formidabili! Tuttavia dovemmo contentarci di quello che avevamo. E ingaggiammo ben 500 uomini per trasportare le nostre 13 tonnellate di materiale. Ci mettemmo in cammino. Guardammo l’indo, e ci inoltrammo per valli deserte, brulle, con fianchi coperti di morena. Sembrava di camminare in un deserto. E pro­ prio come in un deserto, ogni tanto una piccola oasi: un tratto di terreno pianeggiante che povera gente sfrutta quanto può, costruendo misere casette e coltivando fru­ mento, fave, ceci. E molte albicocche! E squisite, per di più! Si camminava per chilometri e chilometri senza incon-

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Il mesto corteo dogli alpinisti trasporta la salma di Mario Puclioz, verso la cresta ove sarà pietosamente tumulata, [.'eroico sacrifìcio del grande, generoso e sfor­ tunato scalatore valdo­ stano, e stato, per la leggendaria spedizione, l'impegno d'onore a rag­ giungere ad ogni costo la vetta del K2.

trare anima viva, superando gole paurose, dove sembra che la morte stia sempre in agguato. Arrivammo così a 120 km. da Skardu, all’ultimo vil­ laggio che si incontra prima dell'attacco al K 2: Askolc (3000 metri). E' in una bellissima zona, ridente, veramente affascinante. Ma quel che ci fece spalancare gli occhi tu, qualche chi­ lometro più avanti, lo spettacolo imponente delle monta­ gne. Quello che provammo è difficile a dirsi: certo, anche il sentimento di chi torna in famiglia, perché finalmente ritrovammo il nostro ambiente. Ma sentiamo un po’ tutti qualcosa bollirci dentro... Ed eccoci al famoso ghiacciaio Baltoro, uno dei più grandi del mondo. La sua lunghezza è di 63 km. e bisogna risalirlo quasi totalmente. Comincia a quota 3700 metri: al suo imbocco si trova l’ultimo segno di vegetazione (ri­ cordo di aver fotografato gli ultimi alberi proprio a que­ sto punto), poi il più completo squallore. Solo, in una zona, circa a 20 km. dentro il ghiacciaio, si trova un prato, chiamato Urdukass, dove aveva piazzato il campo il Duca degli Abruzzi nel 1909 e dove anche noi ci ac­ campammo per il primo acclimatamento. Ad Askole avevamo reclutato altri portatori e rag­ giunto così il numero di 600. Essi guidati dal Prof. Desio proseguirono con il materiale verso il Campo Base. E fu a questo punto che avvenne il primo guaio. Pre­ metterò che il prof. Desio, prima di iniziare la nostra spedizione, aveva perlustrato in apparecchio la zona del K. 2 ed aveva rilevato che sul Baltoro non c era segno di neve. E d'altra parte attente osservazioni metereologiche dichiaravano che nei 20 anni precedenti mai era capitato che fosse nevicato sul ghiacciaio in quel periodo.

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Ebbene, i nostri portatori trovarono una bianchissima distesa di neve. Ora. se è possibile percorrere il ghiacciaio in condizioni normali (data la presenza di morena scura che permette alla vista di riposare) è una cosa impossibile sopportare il riverbero della luce su una distesa assolutamente bianca. E i nostri portatori erano senza occhiali. Per cui ad un certo punto son crollati quasi tutti e, abbando­ nati i carichi, barcollando (perché non ci vedevano più) son tornati verso Urdukass. Ce li siam visti dinanzi ridotti da far pena: cani minal’un l’altro in file di 5 o 6. E vano tenendosi a braccetto l'un avevano ritrovato la strada a tentoni, cercando le poche tracce lasciate nell'andata.

Fu un lavoraccio curarli. Il dottor Pagani, medico della spedizione, da solo non ce la faceva. Per cui ci mettemmo un po’ tutti a somministrar collirio... E il guaio fu che da 600 portatori rimanemmo con 4(1 o poco più: questi soli riuscimmo a convincere a restare; gli altri tornarono ai loro villaggi. Tentammo allora di reclutare altri uomini, ma non raggiungemmo che il centinaio. E fu appunto con 1 aiuto di questi (avendoli, beninteso, torniti di oc­ chiali scuri) che potemmo far giungere al Campo Base il materiale. (,on 15 giorni di ritardo!... Al Campo Base, in quei giorni, era un tempo splen­ dido. Ricordo che durante il giorno il termometro talvol­ ta segnava al sole i 50 gradi. Di notte, però, si scendeva perfino ai 20 sotto zero. Sbalzi tremendi!

Iniziammo 1 ascensione il 1" giugno. Fissammo il 1" Campo e tacemmo una puntata verso il 2". Cominciam­ mo, insomma, a tracciare la via. Perché — come ho giti detto il K. 2 è l’ottomila più difficile tecnicamente e,


a differenza dell’Everest (non che voglia deprezzare le dif­ ficoltà dell’Everest), qui bisogna arrampicarsi c qualche volta si incontrano delle difficoltà fino al 4° grado supe­ riore. E a quelle quote son notevoli. Attrezzammo tutto lo sperone (dal 1" Campo lino al­ la spalla) stendendo circa 4500 metri di corda. E non si lavorava certo nelle condizioni migliori! Basti pensare che eravamo continuamente bersagliati da bufere, e nel solo mese di giugno avemmo 27 giorni con neve. Tanto che credemmo di trovarci di fronte ad un vero e proprio mon­ sone, sebbene sapevamo che di solito essi vengono alla line di giugno o ai primi di luglio. Ma malgrado quel tempo infame non si mollava e si continuava a salire. Perché due o tre giorni si può restare tappali in tenda, ma poi bisogna uscire, muoversi per non avvilirsi e perder l’appetito. E d’altra parte da lavorare ce n’era. Il solo trasporto dei materiali da un campo all’altro era una fatica imma­ ne. A quelle altezze il più piccolo carico diventa pesan­ tissimo. E’ vero che avevamo ingaggiato portatori di alta quota, della valle dcll’Unza, e secondo quanto dicevano i Pakistani sarebbero stati dello stesso livello degli Sherpa famosi dell’Everest. Ma furono un disastro! Perché, anche se erano robusti, ben piazzati e avrebbero veramente po­ tuto rendere molto, non avevano nessuna voglia di lavo­ rare. Per loro, se una spedizione fallisce, l’anno dopo ne torna un’altra o la stessa, a ritentare. Quindi il. loro aiuto era molto scarso e assai spesso dovevamo incollarci dei carichi superiori a quelli dei portatori, sebbene essi fos­ sero pagati per questo.

Sullo sperone Abruzzi Il 20 giugno arrivammo al 4" Campo. Ma una bufera d’intensità inaudita ci obbligò a retrocedere. E fu questo un gioco che molto spesso ci toccò ripetere: si saliva ai campi superiori con un carico notevole, si attendeva per 4 o 5 giorni tappati in tenda che la bufera finisse, e, infine, per esaurimento di generi alimentari, ci toccava tornare in basso per far di nuovo rifornimento. Finché, proprio il 21 giugno al Campo 2”, avvenne la terribile tragedia. Puchoz stava male. Accusò all’inizio un mal di gola. La mattina si svegliò peggiorato. Pensammo che durante la notte, per poter respirar meglio, dato il fastidio che gli dava la gola, avesse aperto la chiusura lampo. Sta di fatto che quando il dottor Pagani lo visitò, la malattia si svelò quale era veramente, in tutta la sua gravità. Il dottore rimase solo nella tenda col malato: gli applicò l’ossigeno, fece iniezioni... insomma cercò di curar­ lo quanto meglio poteva. Ma eravamo a 6000 metri e non in un ospedale. All’una di notte il povero Puchoz spirò, in quella ten­ da del 2" Campo. Che colpo! Ci sembrò che tutto fosse fi­ nito, che non avevamo più nessuna speranza di riuscire... E per di più la bufera aveva preso una violenza inaudita c fummo costretti a rifugiarci al Campo Base ed abban­ donare la salma del nostro compagno morto. Per 5 giorni rimanemmo chiusi in tenda, perché fuori imperversava una bufera indemoniata ( e va notato che il Campo Base »ra riparatissimo). Ma il nostro pensiero era continuamente lassù, vicino a quella salma esposta a tutti i venti che aspettava una sepoltura. Non si parlava quasi più

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F r Compaguonl, ammirando il panorama immenso clic si domina dal K2, tenta di combattere il gelo clic morde le mani.

neanche tra noi, l’appetito era quasi sparito, eravamo ridotti, dopo quei 5 giorni, a degli stracci. Finche una piccola schiarita ci permise di raggiungere la salma, trasportarla al Campo Base, vegliarla una notte e poi seppellirla. E sulla tomba del nostro povero Mario facemmo una segreta promessa, la promessa di continuare ad ogni costo, per vendicarlo. Ricominciammo così a salire. Al 4° Campo trovammo ancora la bufera, violenta come l’avevamo lasciata. Ma do­ vevamo andare avanti. Per raggiungere il 5° Campo bisognava superare un salto di roccia calcare (il K 2 è tutto di granito) ed era necessario impostare una teleferica per il trasporto dei carichi. Il vento era di una violenza inaudita. Avevamo già pronto il verricello e attendevamo per metterlo in funzione. E finalmente la bufera diminuì di intensità. Tra­ sportammo i materiali, installammo il 5° Campo e attrez­ zammo il 6°. Non usammo il 6" americano perché era troppo basso: il nostro lo piazzammo un centinaio di me­ tri più su.

A proposito dei campi, vorrei dire qualcosa. Non bi­ sogna credere che fossero delle grandi terrazze con chissà quante tende. In genere eran composti di una o due tende. E bisognava preparare il terreno per fissarle. Lo sperone era ripido c la sua pendenza era sui 40 gradi: dovevamo, quindi, costruire dei muretti a valle alti oltre un metro e mezzo, in modo da ricavarvi una piazzola per metter sopra la tenda; ancorarla assai bene per non correre il rischio di vederla strappar via dal vento. Insomma piazzammo anche il 6° campo. E il 19 lu­ glio (uno dei pochissimi giorni di bel tempo che abbia­ mo avuto in tutta la spedizione) riuscimmo a fare un balzo fino sulla spalla e attrezzare con corde fisse tutto il tratto fino al /*’ Campo. /X. questo punto, ormai, le ore del K.2 erano pressoché contate! Ma per arrivare a tanto, che terribili difficoltà dovemmo superare.

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Per esempio: cosa mangiare? A quelle quote non si riesce pili ad ingerire i cibi che si mangiano in pianura. Si è costretti a mangiare spiasi tutto liquido e si beve, si beve (dai 2 ai 3 litri al giorno). E bisogna mangiare perché lo spreco di energie è enorme; c'è poco ossigeno. 1 reso­ conti delle altre spedizioni consigliavano di far uso di molta marmellata: noi non riuscivamo a mangiarne. Met­ tevamo in bocca della cioccolata, ma era un disastro: mancando la salivazione, sembrava di mangiare del fango.

in quei giorni erano capitati lassù alcuni Unza, non tanto con l’intenzione di aiutarci, ma per avere il titolo di « ti­ gre » (come quelli dell Everest) ossia alpinista di altissima quota: è un titolo a cui tengono molto. Riuscimmo a convincerne uno ad incollarsi un respira­ tore. Un altro lo prese Bonatti. All imbrunire i due depo­ sitarono i respiratori sotto il 9" Campo: la notte li sor­ prese obbligandoli ad un terribile bivacco sopra gli 8000 metri!

E si andava da un campo all'altro, carichi di materiale, avanti e indietro. Eravamo ridotti ila far pietà. Tanto che un giorno il don. Pagani ci disse impressionato: « Io come medico della spedizione dovrei ordinare la ritirata, perché così ridotti non siete in grado ili andare avanti ». Ma noi non si voleva mollare. Ormai eravamo arrivati a quel punto e volevamo averla vinta. E continuammo a portar carichi.

Giorno 30. Comincia 1 attacco finale al K. 2. L.acedclli e Compagnoni dormirono in quel giorno al bivacco del 9' Campo. La mattina successiva scesero un po’ più sotto a raccogliere i respiratori portali da Bonatti e daH’Unza e proseguirono verso la vetta. Il tratto da salire non era certamente facile: lì il vento era meno violento (sul versante opposto batteva con più intensità) e la neve si era ammucchiata fresca ed alta oltre un metro. Dovevan battere la neve con la mano, poi pestarla con le ginocchia e finalmente avanzare con i piedi: tutto questo sopra gli 8000 metri e con 20 chili di respiratore sulla schiena; fa­ tiche da morire!

L’assalto linaio Tante volte ci legavamo sulle spalle del materiale e quando si trattava ili alzarci in piedi, dovevamo rimaner per diversi minuti appoggiati alla piccozza per smaltire la fatica, respirando affannosamente. Poi si cominciava a sa­ lire. pochi passi alla volta e lunghi riposi. Si arrivava in vista dei campi superiori in uno stato ili esaurimento tale che sembrava di dover morire sul momento. Ci si trasci­ nava con i gomiti, si cadeva, ci si rialzava, ina non si ab­ bandonava il carico, perché si pensava: potrebbe essere la perdita di questo materiale a compromettere la spedizio­ ne. Così, piangendo (non mi vergogno ili dirlo) e stringen­ do i denti, si continuava. Con questo ritmo di lavoro si giunse così al giorno 28. Avevamo portato i carichi al Campo 8” e continuavamo a portare al 7" le tende, i materassini, i succhi piuma, i viveri, i respiratori. Soprattutto i respiratori.

.Avevamo infatti 250 bombole e 20 respiratori. Ma non riuscimmo a trasportarne che 4 e solo fino al Campo 7": il tempo era pessimo e non ci aveva permesso il trasporto dei respiratori e quindi il loro uso a quote più basse. Deci­ demmo perciò di usarli soltanto nella parte altissima. Tuttavia il problema fu far loro raggiungere il Campo 8". Al 7" eravamo in quattro e nessuno di noi aveva più le forze per affrontare quella fatica.

Con noi c’era Walter Bonatti. Da tre giorni se ne stava rinchiuso in tenda, ridotto uno straccio: non riusciva a mangiare. Finché, ad un certo momento, Compagnoni cercò di scuoterlo con una gran lavata di testa: non si poteva restar lì passivi, bisognava scuotersi, reagire, man­ giare, ritornare giù o andare avanti. Bonatti rimase un giorno in tenda a pensarci su. Avvenne il miracolo. Co­ minciò a metter cibo tra i denti, faticosamente sull’inizio, poi con più sicurezza. Mangiò quasi tutto il giorno. La mattina successiva si svegliò in perfetta forma.

Fio parlato di miracolo: e in realtà non sapemmo come spiegarci questo mutamento. Tuttavia, la volontà di man giare è un fatto ed è forse la salvezza in quei casi. Il gran problema sta nel rimettere in moto lo stomaco. Ad ogni modo, le ottime condizioni di Bonatti furono provvidenziali. Cera da trasportare i respiratori e nessuno di noi era in grado di farlo. E per nostra fortuna proprio

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Avevano da superare un dislivello di 550 metri. I respiratori avevano una durata di dieci ore circa e le dieci ore passarono troppo veloci sì che, tutto ad un tratto, l’os­ sigeno terminò, Dovettero strapparsi la maschera per non soffocare e si ritrovarono in quell'atmosfera rarefatta, po­ vera di ossigeno, dopo aver respirato per delle ore a pieni polmoni. Il colpo fu violento. Sentirono la testa quasi scop­ piare (per l'improvviso aumento di pressione interna). Pia­ no. piano però il respiro si lece regolare e ripresero le for­ ze. Ea cima era ormai vicina e vollero continuare. Ten­ nero sulle spalle i respiratori, troppa fatica avrebbe costato il toglierli. Avevano calcolato di raggiungere la cima in 10 minuti, ed invece impiegarono più di un ora. Ma vinsero, e i respiratori rimasero, quasi a testimoniare l’impresa, sulla cima conquistata. Erano le sei di sera e la bufera si era un po calmata, Anzi ci fu perfino una schiarita. E il tramonto fu magnifico, stupendo. Sulla vetta i due nostri amici riuscirono anche a girare ri il film: impressionarono tre pellicole. Una rimase dentro

la macchina. Alle Alle 11 11 di di notte, notte, dopo dopo varie peripezie, raggiunsero il Campo 8”. Si buttarono dentro la tenda insieme agli altri tre che attendevano e lasciarono il carico fuori. Anche la macchina da presa rimase fuori. Durante la notte ci tu bufera e la neve coprì tutto. Quando si tratto di ritornare credettero di aver la macchina dentro il sacco e partirono. Quel che successe allorché apprendemmo la notizia del la conquista potete immaginarlo. Ricordo il mio incontro con Callotti: ci guardammo un po' e poi stoppammo tutti e due a piangere, come bambini. Eravamo commosst, tutti commossi.

Ecco, ho raccontato con poche K 2. E vorrei finire dicendo che cioè, ognuno di noi ha nella vita , TE- potrebbe ii t da conquistare.

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Superare la crisi onorando la tecnica

In materia di calcio non siamo conformisti: abbiamo le nostre idee e le abbiamo sostenute in ogni occasione, pur sapendo che, così facen­ do, avremmo perso la simpatia dei capi, susci­ tato il risentimento di alcuni allenatori e gua­ dagnato il titolo, secondo alcuni infamante, di gente vecchia e antiquata. Ingrata la posizione di chi va contro cor­ rente; ma appunto andando in senso inverso agli altri abbiamo avuto )a possibilità di guar­ dare con maggiore attenzione nelle cose calci­ stiche senza lasciarci distrarre dalle eccessive incensature dei turiferari. Bene, di fronte al disastro di Torino possia­ mo parlare senza timore di cadere in contrad­ dizione con noi stessi. Chi ha avuto la pazienza di seguirci fin qui ricorderà che, pur sottoli­ neando con profonda soddisfazione il rinnovato spirito agonistico di cui avevano fatto sfoggio gii azzurri nei vittoriosi incontri con l’Argentina, il Belgio e la Germania, non mancammo di rilevare che a quei brillanti successi non si poteva dare che un puro valore episodico. Qualcuno vorrà chiederci come mai non ci lasciammo travolgere dalla generale euforia di quei momenti che avevano l’apparenza di una nostra prepotente riscossa. La risposta è sem­ plice: perché una crisi non può essere superata senza che prima siano eliminate le cause che l’hanno determinata. Ora, a parer nostro, il calcio italiano non ha ancora eliminato dal suo organismo le tossine che l’awelenano. Queste tossine si chiamano: prevalenza del gioco distruttivo e difensivo, ten­ denza a non far giocare mentre ci si dovrebbe preoccupare di far gioco, eccessiva importanza data ad alcuni fattori secondari del gioco a de­ trimento della tecnica singola e collettiva, im­ precisione nei lanci e nei tiri dovuta al nostro gioco approssimativo, eccessivo dispendio di

energie da parte dei giocatori chiamati ad as­ solvere compiti estremamente pesanti a causa di continui spostamenti, annebbiamenti della personalità del giocatore divenuto un numero, e infine invasione di tattiche anch’esse premi­ nentemente difensive. Questi veleni sono penetrati nell’organismo del calcio italiano in questo dopoguerra ed han­ no coinciso con l’adozione del sistema. Che si tratti di coincidenza fortuita nessuno può so- ’ stenerlo a cuor leggero: questo così detto gioco moderno accolto a braccia aperte dai nostri tecnici — che fra l’altro lo hanno realizzato in molte diverse maniere e mai in quella giusta — ha provocato con le sue innovazioni formali e sostanziali la distruzione delle solide fondamenta su cui poggiava il grande edificio del calcio italiano. In sostanza con l’avvento del sistema i tec­ nici di casa nostra, sospinti dal loro giovanile entusiasmo, hanno avuto il torto di ripu­ diare il passato per iniziare ex novo la realizza­ zione di un moderno edificio. A questo orientamento non sono rimasti estranei alcuni fattori di ordine morale e psi­ cologico che si riverbereranno poi anche sullo spirito dei nostri giocatori: vogliamo riferirci alla disfatta militare del nostro Paese che causò una generale diffidenza e ostilità verso tutto ciò che sapeva di tradizionale, verso tut­ to ciò che aveva radici nel passato. Questo clima di rinnovamento a ogni costo e di auto lesionismo facilitò indubbiamente il compito diremo « rivoluzionario » dei nostri al­ lenatori i quali accordarono la loro preferenza a quel tipo di gioco importato dall’estero che più tardi metterà a nudo le sue numerose ma­ gagne e che, oltre tutto, non si addiceva alle caratteristiche del nostro giocatore. Importato il sistema, iniziò irnmediatamen-

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■ te la fase che chiameremo delle interpretazioni di quel tipo di gioco. Quella fase è ancora in pieno sviluppo: pei* non farla troppo lunga e per non tediare i nostri lettori diremo che il sistema si è rivelato difficile da insegnare e al­ trettanto difficile da assimilare. Vero è che questo tipo di gioco a mano a mano che esso veniva applicato ha posto in evidenza numerose deficienze per cui ciascun allenatore si è creduto in dovere di correggerne i difetti ricorrendo ad accorgimenti tattici di­ versi: così ad esempio si è pensato di affidare a un’ala il compito di un terzino per dare la possibilità ad un titolare di tale ruolo, sollevato da obblighi di marcatura della sua ala. di spaziare in difesa e di farla da terzino libero. Così ad un certo punto è stato avvertito il bisogno di ridare alla squadra acefala una testa ragionante. Fra l’imperversare del gioco di­ struttivo è venuto fuori, a poco a poco, l’uomo che costruisce, l’uomo che dà il via alle azioni e quest’uomo è stato preso fra i mediani o fra gli interni; questo compito, una volta, era as­ solto principalmente dal centro mediano, oggi terzino centrale. Ancora: si è compreso che la zona del cen­ tro campo deve essere accuratamente control­ lata perché lì nascono le azioni e perché le azio­ ni stesse possono, sul nascere, più facilmente essere bloccate e spezzate. Questo controllo una volta era assolto dalla linea mediana che attac­ cava e si difendeva a seconda delle necessità con l’aiuto degli interni; oggi il controllo della zona è affidata al quadrilatero che, guarda caso, proprio nella zona centrale dello schiera­ mento denota le sue maggiori debolezze. Sintomatico è inoltre il fatto che le squadre sì sono allungate sul terreno di gioco nella illu­ soria speranza di « fare prima » con l’adczione del gioco verticale e mentre le difese si sono rafforzate, gli attacchi simultaneamente han­ no ridotto i loro effettivi. Questa è una delle più smaccate contraddizioni del nostro sistema il quale ha abbandonato lo schieramento mas­ siccio del metodo per coprire più terreno, per fare più presto e per tenere sotto sorveglianza stretta tutta la squadra avversaria, portiere escluso. Da quanto sopra deriva che le squadre si sono sparpagliate sul terreno e le azioni si sono frazionate. Difficile è manovrare e diffìcile è anche difendersi: siamo in. pieno caos, in un guazzabuglio di idee tattiche, di gioco collet­ tivo inefficiente, di gioco « negativo », di spet­ tacoli troppo spesso mancati e di folle scon­ tente. Lo si è « udito » anche a Torino e molti han­ no arricciato il naso scandalizzati pei* i fischi del pubblico rivolti ai nostri giocatori surclas­ sati dai giocatori jugoslavi. Si è parlato di pub­ blico ineducato, di inciviltà, di non saper per­ dere. Gli eccessi sono sempre da deprecarsi ed

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anche la folla che gremiva lo Stadio Comunale di Torino ha ecceduto nel manifestare il suo disappunto per la brutta prova degli azzurri; ma non sarà inopportuno richiamare i censori ad una più ampia visione della realtà: non bi­ sogna dimenticare che il pubblico di Torino (e ogni altro pubblico italiano si sarebbe com­ portato allo stesso modo) ha perduto la pazien­ za: da troppo tempo attende che l’opera dei dirigenti e dei tecnici ponga la parola fine ad una crisi che ci relega nella graduatoria dei valori mondiali in un posto che ci umilia ri­ spetto al nostro passato e, diciamolo pure, alle nostre possibilità. Perché la nostra non è crisi di giocatori, ma crisi di orientamento: noi dobbiamo tornare ad onorare la tecnica che è l’essenza del gioco, la base indistruttibile e insostituibile del calcio: noi debbiamo volere, innanzi tutto, giocatori che abbiano una grande dimestichezza con la palla, che la sappiano trattare, che la sappiano giocare: dobbiamo tornare alle cose semplici, alla precisione, all’ordine che è sinonimo di chiarezza di idee e di compiti. Su questa base elementare dobbiamo dare forma e sostanza a un gioco costruttivo, tenendo nel dovuto conto quelle che sono le caratteristiche, le tendenze dei nostri giocatori. Se questo verrà realizzato, il nostro gioco di domani si riallaccerà automaticamente alla no­ stra magnifica tradizione; e questo ci porterà inevitabilmente alla adozione di un gioco co­ mune a tutte le nostre squadre che oggi par­ lano diverse ed orribili favelle. Tecnica, costruzione, personalità, lingua co­ mune: ecco la strada che potrà portarci oltre la crisi in zona di splendente ripresa: oggi come oggi il nostro calcio è molto simile ad un corpo di ballo perfetto per requisiti fisici ma purtroppo non sa ballare. Filippo >8uzj

Don NICOLA PAVONI Dottore in Sacro Teologia Si è laureato in questi giorni in Sacra Teolo­ gia, il reverendissimo Don Nicola Pavoni, Assi­ stente Centrale del Centro Sportivo Italiano. Il dinamico sacerdote e dirigente ha svolto una tesi originale, ma quanto mai appropriata alla sua funzione: «Lo sport nel pensiero di Pio XII ». Relatore è stato Padre De Andrea. Al valente c tanto caro Don Nicola giunga, con le felicitazioni vivissime per il brillante risultato, l'augurio affettuoso della intera famigliti del ( cn’ tro Sportivo Italiano che così amorevolmente lo

segue, apprezzando l’instancabile sua opera.


TRE SQUADR E CHE FANNO SUL SERIO

Hanno raggiunto la <•*felicità99

Milan, Ijanerossi Vicenza e Bari Sembra mi destino che il Milan deliba conquistare gli scudetti... soffrendo. Ricordate le tragedie ne­ gli spogliatoi di San Siro allorché anni fa la Lazio batté i rossoneri e prima del tripudio si dovette at­ tendere il responso della partita di Torino dov’era impegnata l'Inter? Ricordate le sofferenze, i manti, gli svenimenti di giocatori e dirigenti milanisti? Ile. quest’anno almeno si è finito in bellezza, ma quanto su­ dore freddo è colato dalle fronti dei sostenitori del diavolo, ad un cer­ to punto del campionato, quando il Milan sembrava preda di unti tremenda ed insuperabile crisi, una crisi atroce che Riceva vacillare il meraviglioso sogno dello scudetto. Eppure il Milan ce l'ha fatta. Ila dovuto lottare contro una squadra come l’Udinese. che s'è comportata tanto bene da sollevare l'ammira­ zione di tutti gli sportivi, è stato costretto a superare delle scabrose situazioni extra calcistiche, ma alla line il vecchio diavolo s'è laureato campione d’Italia, ha fatto mara­ meo tigli inseguitori, ha chiuso in bellezza il campionato segnando in due partite la bazzegola di 1-1 gol senza subirne nessuno, imponendo 10 spunto fantastico del suo canno­ niere Nordahl, lo svedese che al­ lorché si scatena, diventa un peri­ colo per qualsiasi difesa, anche la più avveduta. In fondo è giusto che lo scudetto l abbia vinto il Milan. La rossone­ ra è stata infatti tutto sommato la compagine più regolare delle 18. Ne volete una prova? Essa ha iniziato 11 campionato prima in classifica e mai ha perduto la posizione di pre­ minenza. mai. nemmeno quando le inseguitrici sembravano la doves­ sero raggiungere e travolgere. Spe­ cie nella prima parte del torneo il Milan ha dato spettacolo, grazie alla vena spettacolare di due atleti di spicco: Liedholm e Schiaffino. Lo svedese nel ruolo di mediano era magnifico: costituiva una inegua­ gliabile fonte di gioco a metà cam­ po e le azioni milaniste partivano quasi tutte dall’infallibile piede di

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// Milan superando ostacoli il ugni genere e ben due crisi. è riuscito a vincere lo scudetto. Presentiamo la squadra rossonera in una formazione tipo

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Il Lanerossi I icenza ha vinto da lontano il campionato di serie B. La stagione prossima lo vedremo quindi alle prese con i grossi calibri del nostro calcio

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spetti su alcune sue vittorie. Sem­ brava dopo la sconfitta di Udine che per il Milan fosse finita, ed in­ vece la squadra, nel frattempo affi­ data al bravo Puricelli, riuscì a su­ perare la burrasca. Tutti, giocatori, dirigenti e tifosi, si strinsero intor­ no al sodalizio di Andrea Rizzoli ed alla fine il vecchio, glorioso Mi­ lan è riuscito a conquistare l’ago­ gnato scudetto tricolore. E se si deve dar atto all’udinese di un campionato meraviglioso, ciò nono­ stante è giusto riconoscere che tra tutte le 18 squadre di serie A, il Milan è stata la più degna a fre­ giarsi dell’ambito rettangolino tri­ colore.

* In maniera chiara ed inequivo­ cabile il Lanerossi ha vinto il cam­ pionato di serie B. Non c’è stato mai il benché minimo dubbio sul­ la sua vittoria. Campatelli s’era prefissa la mèta della serie A e la mèta è stata raggiunta dopo una serie di prodezze che hanno attira­ to sulla squadra laniera la simpatia di tutti gli sportivi italiani. Aldo Ecco Adriano Zecca, dei punti di Campatelli, ora all’Inter, è un alle­ forza del Bari, che giocherà da settem­ natore serio e coscienzioso. Aveva bre in B con la speranza, chissà. di dare promesso al presidente Gavazzi di la scalata al massimo campionato fare grandi cose e subito si mise all’opera, cercando di pescare quei tre o quattro giocatola necessari, per rinforzare la compagine veneta. 11 Lanerossi infatti sin dalle pri­ Liddas. Schiaffino era il regista, un regista pieno di talento, abituato in me battute mostrò di avere inten­ campo a non strafare, ma a toc- zioni bellicose. Entusiasmava in chettare quel poco necessario per special modo la sua difesa, una di­ risolvere le situazioni più ingarbu­ fesa imperniata su Sentimenti IV, un portiere ultra trentenne e che gliate. Ma se questi erano i due auten­ sembrava aver scoperto il filtro tici punti di forza, anche gli altri dell’eterna giovinezza. In questa di­ reparti giravano alla perfezione. fesa anche Giaroli faceva miracoli, Accusava, è vero, qualche battuta sicché per gli avversari divenne un a vuoto la difesa, ma sino a che vero problema battere il sempre l’attacco andava a gonfie vele, nes­ bravo « Cochi ». Il Lanerossi, basa­ suno fece troppo caso alle lacune to su una così granitica difesa, in­ difensive. Invece furono proprio filò una serie prodigiosa di risultati quelle lacune che crearono dei positivi. E se l’attacco spesso la­ grattacapi a Guttman, il quale tra sciava a desiderare dal punto di l’altro s’era creata in seno alla vista della pericolosità, in fondo squadra una posizione di evidente nessuno ci badava, perché alla squa­ disagio. Fatto sta che calato Lie- dra di Campatelli bastava anche un dholm e divenuto guardingo Schiaf­ solo striminzito gol, per portare a fino (il quale cominciava a fare co­ casa la preziosa vittoria. noscenza con i nostri difensori ed Si può dire che la compagine la­ anche con i nostri arbitri), tutta niera mai ha avuto tentennamenti l'impalcatura cominciò a fai' senti­ o crisi, il che è incredibile per una re i suoi cigolìi, a volte paurosi. capolista. Ha avuto certo pure il Fu la prima crisi del Milan, in Lanerossi le sue partite sfortunate, seguito superata anche ed in spe­ ma sempre ha saputo riprendersi, cial modo per l’assoluta incapacità grazie ad un carattere che ha de­ da parte degli inseguitori ad ap­ stato l’ammirazione di tutti gli spor­ profittarne. Ma non doveva essere tivi che hanno avuto occasione di l’ultima crisi. Ed infatti sul finale ammirare Giaroli e compagni. Ed ricominciarono i guai per la socie­ anche a Vicenza si sono lasciati da tà rossonera, guai aggravati dai so- parte risentimenti e polemiche, per

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incoraggiare la squadra biancoros­ sa, alle prese con la più impegna­ tiva scalata della sua storia. Non a torto abbiamo parlato di risentimenti. Ai vecchi sportivi in­ fatti la fusione del Vicenza con il Lanerossi non era andata giù. Il progetto era stato approvato, ma loro, sportivi con i capelli grigi, ave­ vano lasciato l’Assemblea sdegnati e non c’era stato verso di ridurli alla ragione. C’è voluto il Laneros­ si Vicenza pi-imo in classifica per farli rinsavire, c’è voluto il mirag­ gio di raggiungere la serie A per far tornare la passione a quei vec­ chi sportivi, sicché oggi tutta Vi­ cenza è stretta intorno alla squadra che la stagione prossima sarà gui­ data non più da Campatelli (ed è stata una gravissima perdita) ma da Guttman, il trainer che malgra­ do l’episodio milanista, è pur sem­ pre tra i nostri migliori tecnici. Del resto il prossimo campionato di serie A sarà trionfale per il Veneto. Lanerossi, Udinese Padova Triestina: un quartetto che saprà, e come, farsi rispettare.

* * * Ricordate quanti fiumi d’inchio­ stro vennero versati negli anni scorsi per descrivere il dramma del­ la Bari? Era il calvario di una squa­ dra che scendeva nella scala dei valori nazionali, come spinta da una forza irresistibile. Dalla serie A alla B, dalla B alla C, dalla C alla quarta serie. Si continuò a parlare ancora per un pò della Bari, poi la perdemmo di vista e la lasciammo alle prese con le squadrette provin­ ciali, con folle non sempre ben di­ sposte, con giocatori che allorché si trattava di incontrare i biancorossi raddoppiavano il loro ardore, si sca­ tenavano per conquistare una vit­ toria di prestigio, Fu sul punto di crollare la Bari, e solo in virtù di un vero miracolo riuscì a tenersi a galla. Dovette superare ostacoli d’ogni genere, prima di essere ammessa a disputare le finali di quarta serie. Vi riuscì alfine e ciò, come si ricor­ derà, accadde la stagione scorsa. Si tornò a parlare nuovamente della Bari, della passione dei suoi tifosi, del suo passato, del suo futuro. E la Bari pur tra ansie indicibili (chi non ha presente la drammatica par­ tita di Roma tra Bari e Prato, pa­ reggiata dai pugliesi proprio all’ul-


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timo minuto) sì assicurò il diritto di disputare il campionato di se­ rie C. Serie C! Un primo passo era rag­ giunto. non molto, d’accordo, per una squadra che ha respirato per anni l’aria del massimo campionato, ma pur qualcosa che lasciava bene sperare pei- l’avvenire. La Bari in­ fatti seppe prepararsi nel migliore dei modi al nuovo salto. Terminati i festeggiamenti si pensò a trovare i fondi per affrontare con successo la serie C. Intorno alla squadra si creò un clima di entusiasmo come forse mai si era verificato nella sto­ ria della società biancorossa. Tut­ ti volevano vedere di nuovo in alto la squadra del cuore, tutti gli spor­ tivi non solo baresi ma pugliesi, perché si comprendeva il significa­ to che avrebbe assunto una nuo­ va immediata promozione della compagine di San Nicola, promozio­ ne importantissima che avrebbe co­ stituito il penultimo gradino prima di arrivare alla meta agognata, va­ le a dire il gran ritorno in A.

Ora che la meta della B è stata raggiunta, si può ben affermare che di rado impresa calcistica fu segui­ ta con maggiore simpatia dagli spor­ tivi italiani. Ha fatto sensazione lo esempio di questa squadra precipi­ tata in pochi anni fino in quarta serie, che con una impennata po­ derosa in altrettanti pochi anni ri­ sale la china ed afferma il suo di­ ritto a tornare tra le elette. Per questo non appena la Bari si fu piazzata ai primi posti della clas­ sifica di serie C, la gran maggioran­ za degli sportivi italiani si trovò in­ consciamente a tifare per i bianco­ rossi.

Così la Bari tra l’entusiasmo di un’intera regione ha costruito il suo campionato capolavoro. Ed ora rag­ giunta la promozione, all’ombra di • San Nicola non ci si culla sugli al­ lori. E già si è iniziata la campa­ gna acquisti. Al riguardo si dice che i dirigenti biancorossi abbiano stanziato ben 120 milioni e si fanno dei grossi nomi. La Bari insomma non si accontenta della B. Essa vuol realizzare l’impresa di arrivare in tre anni dalla quarta serie al mas­ simo campionato. L’accompagnano gli auguri cordiali degli sportivi italiani.

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Sulla linea Bologna-Ancona ab­ biamo incontrato il biondo Rimi­ nucci retour de Budapest: ottima occasione per poter parlare dei re­ centi Campionati Europei di Pallacanestro nei quali l’Italia si è così brillantemente distinta. Il pesarese ha risposto alle nostre domande con precisione e con con­ vinzione. Innanzi tutto la soddisfa­ zione generale nel clan azzurro, malgrado la notizia, venuta chissà da dove, che diceva della insoddi­ sfazione del pubblico italiano per i risultati della nazionale italiana. Innanzi tutto gli abbiamo chiesto le impressioni sulla squadra più forte. — Secondo me — ci ha risposto — senza dubbio la Cecoslovacchia, non tanto per il gravoso punteggio subito, quanto per la forza della sua difesa e se non fosse stata per la buccia jugoslava, i Cecoslovacchi avrebbero vinto meritatamente il campionato. — E le altre squadre? — Beh. posso parlare di quelle che abbiamo incontrato e di qual­ cuna vista all’opera negli altri gi­ roni. Con la Russia abbiamo avuto paura di vincere e comunque non è la Russia degli anni scorsi; l’Ungheria è senza dubbio forte ed ha vinto il titolo perché ha avuto una resa costante; con la Polonia abbiamo avuto sfortuna per l’arbi­ traggio, mentre la Bulgaria, altra bella squadra, in condizioni nor­ mali potremmo batterla. La Francia ha deluso completamente perché Busnel non ha avuto il coraggio di rinnovare, come ha fatto l’Italia,

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lo schieramento, immettendo dei giovani. Avevamo un po’ di paura della Turchia che si è dimostrata molto più forte del previsto. — Che cosa pensi della squadra italiana? — I nomi sono noti, abbiamo ri­ sentito tutti della stanchezza e della lunghezza del torneo c gente come Zorzi, Alesini, Canna e Calebotta. ci sarebbero stati di straordinario aiuto per un quarto posto. In ogni modo una rivelazione si è dimostra­ to Sardagna, come pure Cappelletti e Nesti, che si può dire erano al loro esordio. Ottimi tutti gli altri che si sono molto impegnati; siamo stati sfortunati anche con l’infortunio capitato a Cambini. — Insomma avete imparato qual­ cosa? A questo punto Riminucci ha avuto uno scatto di vera protesta. — Penso invece che gli altri hanno imparato qualcosa da noi! — Sarebbe a dire? — Sarebbe a dire che l’Italia è stata l’unica squadra a praticare i più svariati tipi di giuochi, dalla zona al pressing e non è stato ra­ ro il caso di vedere gli allenatori delle altre squadre chiedere consigli al nostro Me Gregor. — E le accoglienze e l’organiz­ zazione? — Magnifiche entrambe. Dopo la Ungheria, siamo stati la nazione più acclamata, sia durante le gare sia nella sfilata finale. L’organizza­ zione non ha offerto critiche o la­ cune di un certo rilievo. — Per concludere, le tue impres­ sioni generali? — Penso che la pallacanestro ita­ liana sia avviata ormai di nuovo verso le posizioni di privilegio che aveva fino a pochi anni fa; ma con questa differenza : che oggi si può contare su un vasto numero di gio­ vani. che giuocano come noi se non meglio di noi scelti per questo cam­ pionato, e che solo impegni perso­ nali o di lavoro non hanno consen­ tito di utilizzare — E di te che impressione hanno avuto? — Niente di straordinario, ho fat­ to del mio meglio ed ho reso come gli altri. Pur non volendo togliere il merito a nessuno, possiamo dirvi, amici lettori, che il biondo Riminucci, da quanto abbiamo appreso da altre autorevoli fonti, è stato giudicato tra ì migliori cinque giuocatori as­ soluti del Campionato Europeo.

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Enzo Sasso

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/X. Trento non si poteva pensare davvero che il giro finisse come è finito con qualcosa di insoddisfatto,in gola, per via di quella maglia rosa volata dalle spalle ossute di Nencini a quelle egualmente scarne di Magni, per uno di quei tali colpi imponderabili che sconvolgono i piani e si abbattono per lo più sui giovani. Segno anche questo del destino che non vuole ancora alla ribalta gli attori nuovi del nostro ciclismo.

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Il « leone delle Fiandre-», come è stato chiamato Fiorenzo Magni anni addietro quando infilò tre vittorie consecutive nel Giro delle Fiandre, in piena azione, con Coppi a ruota. E' questa la fuga famosa che ha dato al campione d’Italia la vittoria nel giro ed a Coppi il secondo posto. I due giun­ geranno a San Pellegrino con largo vantaggio sugli inse­ guitori e sullo sfortunatissimo Nencini

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sulla stana iriom' dì datale Bertoceo

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In tondo l'intero giro ha vissuto sul confronto ora diretto ora indiretto tra giovani e anziani, tra assi, ed aspiranti al titolo, tra le speranze forgiate negli ultimi anni con lavoro minuzioso e certosino da chi ha l’inca­ rico di addestrare i giovani nell'arte del correre in bici­ cletta e di portarli alla maglia azzurra prima ancora che a quella chiassosa di questa o quella casa industriale: di formarli corridori ed uomini ad un tempo prima di lan­ ciarli nel grande e difficile e talvolta ingrato mondo del professionismo. Dove non di rado il gioco degli interessi e della pubblicità — diffusa ormai poiché è essa stessa industria — sovrasta e travolge gli ideali, i valori morali. In questa lotta tra Li generazione di ieri e quella di oggi si sono avute vicende e fortune alterne, ma si può dire che le parti si siano pressoché eguagliate ed abbiano meritato entrambi il riconoscimento e la passione della folla che mai come quest’anno ha gremito le strade del giro, in un ininterrotto corridoio di quattromila e passa chilometri. Di certo il giro ha assolto la sua mirabile funzione di tener desta la fiamma di uno sport popolarissimo che è ancora dimostrazione di forza, di sacrificio di volontà e che ha radici e tradizioni profonde le quali non sarà facile alla travolgente e irrefrenabile motorizzazione sra­ dicare.

* # # Venturi giorni di gara, ventitré di competizione effet­ tiva, ché anche le due striminzite giornate di riposo, incastrate tra le tappe e tanto attese, a Viareggio ed a Trieste fanno parte della corsa, indispensabili come sono per il lavoro di messa a punto degli obiettivi, dei piani per tirare almeno il fiato. Che fosse il giro della media-record ci si è accorti già alla quarta tappa, anche se il finale, giocoforza, non è stato incandescente, fatta eccezione per la tappa-tra­ bocchetto, la Trento-San Pellegrino, per buona parte do­ vuta al caso oltre che alla vitalità eccezionale, allo scate­ nato desiderio di rivincita e di conquista del distintivo d’onore da parte di Fiorenzo Magni: più che mai leone. Per contro occorre aggiungere che la media-record è stata anche facilitata nella seconda parte della corsa dalle sod­ disfacenti condizioni atmosferiche, voglio dire dalla as­ senza del caldo, che è il peggior nemico dei ciclisti, mentre non si sono avute che rare spruzzate di pioggia, piutto­ sto gradite. La mente di chi ha avuto l’avventura di vivere anche questa edizione, non ha bisogno di essere sollecitata dallo spoglio delle gazzette c dei « ciclostilati » per ricordare i ventun fotogrammi della corsa che ha avuto giornate luminose ma che ha mancato forse di vere e proprie im­ pennate di passione per la linearità, pur sollecita e viva, con cui è trascorsa.


La classifica in fondo è stata determinata da soli quat­ tro episodi: la tappa a cronometro di Genova che è co­ stata forse a Coppi la vittoria assoluta sommando Firnpresa compiuta dal « campionissimo » nella 1 renio San Pellegrino ma della quale artefice è stato Fiorenzo Ma­ gni, il circuito dei Castelli romani che ha messo a fuoco, oltretutto, le probabilità italiane per i « mondiali » del prossimo agosto, la tappa di Scanno con le montagne del­ l’Abruzzo assai addolcile rispetto al passato dal rullo com­ pressore c dal benefico scorrevole asfalto; e infine dalla sentenza del cronometro a conclusione dei cinquanta chi­ lometri individuali da Cervia a Ravenna.

* * * Rifacciamoli comunque insieme questi quattromila chi­ lometri cercando di riassumerli a fotogrammi: la fanta­ siosa partenza da Milano, la velocissima rincorsa e il colpo finale alle porte di Torino che hanno dato a Guido Mes­ sina la prima maglia rosa; la galoppata alpina del « Braus» che ha visto protagonisti Bruno Monti e Wagtmans c la vittoria con relativo primato in classifica di Fiorenzo Ma­ gni sulla deliziosa « promenade » di Cannes davanti alla selva dei più famosi re del tabacco o del lucido da scarpe. La crisi di Defilippis e la sua pronta sbalorditiva ripresa, a 43,300 all’ora da Cannes a San Remo per la stupenda panoramica della costa azzurra e della riviera dei fiori, sicché il duello tra giovani ed anziani si chiudeva dopo le prime tre riprese pressocché in parità. Ad Acqui Alessandro Fantini, recluta e enfant terrible del giro presenta il suo biglietto da visita bruciando Be­ nedetti e Gismondi con i quali aveva un certo conto in sospeso del Gran premio ciclomotoristico delle Nazioni, la nostra popolare corsa del sud che lo ha rivelato consenten­ do la sua partecipazione al « giro ». Quindi la tormentata Acqui-Genova, la grande prova e la tragica beffa finale sul lungomare della Superba di Guido Boni per via di quell’ultimo chilometro fatto almeno di 2500 metri... E nel giorno delFAscensione la grande parata delle squadre e la conferma della formazione più possente del « giro » quella della Torpado (che doveva poi essere tartassata da mille disavventure che hanno colpito via via Maule, Contcrno, Moser c infine Defilippis il cui finale di giro correndo le ultime quattro tappe con 39 di febbre è stato letteralmente eroico al solo scopo di guadagnare per se c per i compagni almeno il primato delle tappe volanti) Vuota la Genova Viareggio vinta da Giovannino Corrie­ ri per un soffio su Magni e più vuota ancora l’intermi­ nabile cd estenuante Viareggio Perugia che Benedetti ha fatto sua e sul cui arrivo in salita Monti ha rosicchiato tre dei nove secondi che lo separavano dalla maglia rosa. Ma dieci atleti erano ancora chiusi nel fazzoletto della classifica generale nello spazio di un minuto appena.

Verso Roma si fa avanti Koblet dopo una serrata fuga di Fornata, Fabbri e Martino che Magni ha sventato, sca­ tenato com’era ogni qual volta un giovane tentava umi­ liarlo. Ma nel finale giallo, tre dei quattro che sono in lieve vantaggio: Koblet, Bottella e Agostino Coletto fini­ scono a terra e Nencini vince con una dozzina di se­ condi sul gruppo che Coppi batte con una lunga vo­ lata sulla pista rossa dello stadio Olimpico. L’indimenti-

Gastone ÌX'encini appiedato sulla infernale strada di « Ca Rossa» vede allontanarsi conte furie scatenate Coppi e Magni e con essi svanire la sua grande impresa nel giro 1955

cabile generosa e sfortunata prodezza di De Grott a Fra­ scati il crollo dell’olandese, la vittoria di Ruiz, Monti in maglia rosa nel delirio della sua gente. Albano ci saluta in partenza per Napoli in una apoteosi di rosa come mai i souveurs del ciclismo avevano veduto.

L'insipida tappa di Napoli vinta da Zucconelli con scapigliata azione di una pattuglia di giovani davanti a Piazza, Fantini, Favero e Falaschi, altro non è se non il trampolino della Napoli Scanno per le montagne dello Abruzzo. La disdetta che imperversa contro Monti appie­ dato due volte ed in ritardo cozza contro il formidabile attacco di Nencini, Geminiani, Astrua e Defilippis e la più severa reazione di Coppi Magni al comando degli inse­ guitori. Sul traguardo del delizioso centro abruzzese tra i due litiganti Astrua e Geminiani, vince, a tavolino, Nen­ cini, ma il francese di Romagna è la nuova maglia rosa e la terra saldamente sino a Ravenna, dopo i successi par­ ziali di Albani ad Ancona e Minardi a Cervia, spezzando su San Marino il primo attacco di Nencini. Il tempo la­ vora tuttavia per il toscano. Lavora il cronometro contro il quale Fornata si batte superbamente dominando i pas­ sisti del giro e Coppi, c Magni e Defilippis e Koblet ter­ minano dietro di lui che stroncando gli avversari con­ sente al suo « gregario », a Nencini, di indossare final­ mente il prestigioso simbolo del numero uno del giro. Quindi la quiete dopo la tempesta, per Jesolo (se­ conda volatona vinta da Benedetti su Corrieri) per Trieste

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In « maglia rosa » Bruno Monti, protagonista meritevolis­ simo della prima metà della grande corsa italiana a tappe, passeggia stdle assolate strade della bonifica pontina. Il giorno dopo, in Abruzzo, l’attende l’amaro calice della sfortuna, alla quale invano tenterà di opporsi

Aldo Moser. la recluta più attesa e più commentata del giro 1955. Ha corso in sordina e non solo per il timore delle discese, ma forse per non incorrere anche lui nelle ire dei « due vecchi ». che hanno fatto pagare ben caro l’ardi­ mento ai giovani, specie a Monti e ÌNencini

inondata di tricolore e come sempre commovente per il cuore della sua gente e Fantini brucia Nascimbenc nella volata, in curva sulle spire della strada che sale a San Giusto in un tripudio di bandiere e di applausi. Le montagne son là avvolte nella nuvolaglia che an­ nuncia la tempesta.

l’inseguimento, lo schianto dopo aver tanto osato e tanto meritato. Avanti il tandem più famoso che mai ciclismo abbia veduto divora chilometri guadagnando minuti ma dietro l’inseguimento manca di libra. Solo Nencini quando pas­ sa a condurre ha tale potenza ancora da sganciare di ruota gli altri. Fosse rimasto con i due 99 probabilità su 100 non lo avrebbero piantato. Ma la sorte ha ormai deciso, Fiorenzo Magni vincerà, ed anch’egli ben meritatamente il suo terzo giro d’Italia, e gli applausi, i fiori, gli onori a Milano saranno anzi tutti per lui. Questo, in sintesi filmata, il 38” giro. Il percorso del quale è apparso forse meno duro di tanti altri, ma ha avuto un inizio violento che verso la fine più d’uno ha accusato.

La tappa della Mauria e di Cortina, il capitombolo e le forature di Monti verso Lorenzago, gli allunghi di Gelabert e Nascimbene, la vittoria di Contorno, la prima stazione del calvario di Defilippis. Gli assi guardano dalle finestre degli alberghi le stupende erode dolomitiche pron­ te per la grossa battaglia. Ma battaglia non ci sarà, de­ lude Coppi, tentenna Moser, crolla Monti ed a Trento giungono in dodici dietro il nizzardo Jean Dotto vero pro­ tagonista della tappa alpina, in fuga vittoriosa per ot­ tanta chilometri: se si vuole la più coraggiosa ed ardita fuga del giro. Sicché anche dopo le Dolomiti Nencini era maglia rosa con 43” su Geminiani, 1’29” su Magni, 1’42” su Coppi, 3’11” su Agostino Coletto, 3’53” su Mo­ ser. Tutto finito? Sì, almeno stando alla logica, tutto fi­ nito! Taluni colleghi fanno le valigie, tornano a Milano! Quindi la Trento San Pellegrino, la tappa della beffa e del dramma, storia recente che tutti ricordano: il tentativo scatenato da Magni sulla carrareccia che pre­ cede la Ca Rossa, l’inseguimento pronto e deciso di Nen­ cini, Coppi e Pezzi, la foratura di quest’ultimo, il volo dei tre protagonisti, la tragedia del toscano, la foratura,

• * * Fiorenzo Magni ha vinto meritatamente che è giusto • egli abbia approfittato della sfortuna degli altri per far valere se stesso, la sua volontà, il suo ardire, la sua po­ tenza, il suo cuore che che ii giovani giovani non riusciranno mai ad eguagliare e che non trova confronti neppure nella sto­ ria passata. Magni non è un arrampicatore: è solo un for­ midabile passista, uomo di fondo, ma il più spregiudicato tra i discesisti. La sua vittoria l’ha costruita con la pietra di Cannes, con la tappa a cronometro a squadre e indi-

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viduale con la spettacolosa discesa dal « Rolle » che gli ha consentito di piombare prima di Fiera di Primiero e della Gollera, sui primi, su Coppi, su Moser, su Nencini c Fornata. Così come accadde quando tolse a Bolzano il primato a Van Steenbergen Magni può dire d’aver vinto il giro in discesa, quasi a smentir, o almeno a contrap­ porsi, alla tradizione ed alla tecnica le quali pretendono che il giro si vinca in salita. Dopo tutto ciò chi può dire che egli abbia rubato alcunché ad alcuno? La fortuna aiuta gli audaci e nessuno più di Magni ha rischiato ed è stato audace in questo giro.

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Quindi Fausto Coppi. Un giro sfocato e incerto è stato il suo. Coppi ha sofferto c penato. Ha digrignato più volte i denti, ha inarcuato la schiena, ha provato fitte di dolore c di spasimo. Forse avrebbe potuto e dovuto osare di più, tentare di più, ma la volontà è collegata allo spirito e lo spirito è solo forza interiore che fonde e si plasma con la fiducia e la serenità, e non mi pare che Coppi abbia og­ gi abbondanza dell’una e dell’altra. Per di più ha trentasei anni e se vogliamo a trentasei anni i corridori del pas­ sato avevano giti smesso di correre e lo stesso Bartali non concludeva più di lui. Che non bisogna davvero dimenti­ care lo spettacoloso trittico di vittorie sul finire della sta­ gione scorsa c l’ultimo suo giro della Campania. E in quanto a pensare ad una controffensiva in extremis nel­ l’ultima tappa neanche a parlarne dopo il patto d’unità d’azione stipulato con Magni a Trento. Ed è la volta di Gastone Nencini. In tanti giri vissuti, mai atleta mi ha commosso e toccato come il toscano per la forza scapigliata del suo carattere, per la generosità dimostrata. Ha vinto due tappe, a Roma ed a Scanno, ma ha mostrato cento volte almeno la sua audacia e la sua generosa azione. Ne si dimentichi che ha vinto il Gran Premio della montagna dominando proprio laddove si pensava dovesse crollare. Perché non dire che il vero vincitore c non soltanto morale del 38° Giro è lui, Gastone Nencini? Raffaele Geminiani è terminato al quarto posto, dopo essere stato maglia rosa e costantemente sulla scia di questa. Il sua capolavoro è la tappa di Scanno, ma ha do­ vuto assai più difendersi che attaccare, a San Marino, nella tappa a cronometro c sulle Dolomiti in ispecie. E’ stato senz’altro il migliore degli stranieri, ed ha sostituito per molti aspetti Koblet, la grossa delusione del giro, anche se ha voluto rimediare in extremis con la volatona di Milano riuscendo a bruciare sul traguardo del Vigorelli Fiorenzo Magni. Mentre sono piaciuti gii spa­ gnoli per il loro spirito intraprendente; in particolare Bottella che ha chiuso in crescendo e /Xgostino Coletto, che ha portato i colori della Frejus con vero onore ed ha avuto il suo colpo di fortuna nella Ancona-Cervia recuperando una decina di minuti preziosi; ma non si finisce al quinto posto in un giro d’Italia se non si ha della classe e delle doti di recupero formidabili. E da Cervia a Milano Co­ letto si è sempre mantenuto nell’orbita dei migliori. La Frejus ha del resto la soddisfazione di conquistare a To­ rino la prima maglia rosa del giro. Ben lo meritano En­ rico ed Eraldo Flalpi ed- il caro Pierino Bertolazzo. Finalmente tocca ad Aldo Moser, verso il quale non tutti hanno avuto il rispetto e la considerazione che merita. E’ stato di gran lunga il più regolare ed il mi­ gliore degli esordienti, così come Monti è stato ancora

una volta il più tenace ed aggressivo della nuova genera­ zione vestendo ben meritatamente la maglia rosa in due tappe. I trentini han forse elevato il loro reuccio sul tro­ no degli eroi dello sport un tantino in anticipo, ma Moser è molto vicino al vertice. La sua classe è elevata il suo temperamento combattivo e pronto, le sue doti fisiche notevoli. Deve solo acquistare un po’ di esperienza. Non ha mai vinto perche è stato troppo tallonato così come non è riuscita farla franca una sola volta a Monti, ma i gio­ vani ci sono c tra non molto faranno sentire la loro voce. Occorre aver fiducia in essi. Si era tanto sperato e occorre dire che non hanno deluso nel giro. Ed è in fondo questo il risultato positivo più confortante.

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*

« Quel che non t'aspetti » può essere il titolo di una brillante commedia ma può anche reggere la testata di questa edizione del vecchio giro ciclistico del Piemonte tirato a quasi trentasei di media, dalla partenza all’ar­ rivo, attraverso una serie di fotogrammi che hanno scom­ bussolato il giudizio dei tecnici, orientato, per il. Giro di Francia come per il campionato del mondo, su altri nomi. Ma ciò che più conta un Giro del Piemonte capace di riportare a galla l’interesse della classica, alla quale tutti si pensava dover dare, alla vigilia, ed a ragione, un volto

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« / ipazza » Minardi, nuovo leader della classifica per la maglia tricolore dopo il riuscitissimo e brillantissimo col­ paccio del «Giro del Piemonte ». Il generoso atleta di Solarolo ha sfidato gli « assi » in campo aperto ed ha vinto con quasi un quarto d’ora di vantaggio

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definitivo per la prepotente azione di Coppi c di Magni dominatori nelle prime due delle cinque prove. Senonché, è proprio vero che la virtù siede nel bel mezzo, ad equi­ librare ogni eccesso. Ed il mezzo del campionato era per l’appunto costituito da questo giro del Piemonte allestito non so dirvi con quanto amore, passione c competenza dagli amici della Società Incremento Motovelodromo To­ rinese, costituita senza alcun miraggio o scopo finanzia­ rio, bensì con la sola intenzione di onorare la memoria di Luigi Bertolino e vedere se può essere fatto ancora un po’ di bene al ciclismo nostro ed ai giovani ciclisti in particolare. E mi pare che i traguardi siano stati centralissimi, con abilità dagli organizzatori e con altret­ tanta scaltrezza, potenza e tenacia anche dai comprimari del ciclismo i quali avvertono ormai la necessità di rim­ piazzare gli ultimi due grandi capaci senza dubbio ancora di cose belle, ma non sempre in possesso del puntiglio e della volontà necessarie per reagire alla durezza di una prova tormentata dal caldo impossibile e ancora alla sca­ pigliata azione di chi vuole a forza ereditare la loro fama. Fatto sta che la corsa, il giro del Piemonte, ha avuto protagonisti diversi da quelli che il grosso pubblico pen­ sava. E poiché, more solito, il pronostico i titoli e le fotografie, come le riprese cinematografiche e televisive della vigilia calcavano le stesse inquadrature e gli slogans abituali, occorre proprio dire che Coppi e Magni. Nencini e Moser, Coletto e Fornata — i migliori insomma del giro — hanno deluso, veramente deluso, senza giustifi­ cazione e senza attenuanti. Meglio essere schietti tanto per togliere illusioni di sorte a chi pensasse davvero che Minardi, Conterno e Grosso, abbiano soffiata una afferma­ zione maiuscola ai grandi assi, più per l’apatia e la non­ curanza di quest’ultimi che per la loro volontà. E aggiun­ gere ancora, che Minardi è stato un colosso e di gran lunga il migliore atleta in gara, dominandola da cima a fondo e imponendosi per classe, autorità e potenza per buoni due terzi, sino ad apparire indomito gladiatore negli ultimi estenuanti cento chilometri.

L’altimetria del tracciato che le gazzette sportive han­ no pubblicato poteva essere paragonato ad un vecchio petùrie sdentato. Un continuo saliscendi, su e giù per le valli dell’ astigiano e del monferrato, con un’ aria di piombo, irrespirabile. Un percorso severo per campioni completi, per cui al tirar delle somme debbo dire che i 36 di media per sette ora e mezza di corsa sono già una impresa eroica. Minardi aveva bisogno di questa vittoria, non tanto per il. fatto di scavalcare d’un colpo Coppi e Magni nella graduatoria, sicché saranno brillantissime le ultime due prove (il circuito dell’Appennino in settem­ bre a Pontedecimo) e la Coppa Bernocchi a Legnano (a cronometro individuale il 2 ottobre) quanto per riacqui­ stare fiducia in se stesso e nei suoi mezzi dopo la sfocata prova nel Giro d’Italia. Come è servita l’affermazione a Conterno, tetragono e generoso, mentre dal bizzarro Grosso c’è da attendersi tutte le prodezze, forte e inesauribile, ma anche in pos­ sesso di una classe indiscutibile se a dieci giorni di di­ stanza è stato capace di ribadire il successo pieno del giro del Veneto. Dopo i tre sono piaciuti, e come, alcuni giovani: Massocco, anzitutto, al quale Minardi deve mol­ tissimo per la dedizione dimostrata e per l’efficace aiuto che gli ha dato trovando infine ancora la forza di giun-

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gere quarto, ma solo, al traguardo. Quindi Virgilio Giusti, un ragazzo toscano della provincia di Pisa, al suo primo anno di professionismo, per concludere con il laziale Rezzi — fisicamente a posto e scaltro in corsa — con Pellegrini, lo sfortunato Boni e Ferrando, già collau­ dati del resto alla pari con Pettinati, Sartini e Padovan che sono stati con il terzetto dei primi e con Albani il gruppo dei protagonisti della gara. Una bella appassionante gara che ha brillantemente chiuso la prima parte della stagione fornendo al commis­ sario tecnico preziose informazioni circa la composizione della squadra italiana per i « mondiali ». Meno forse per il « tour » per il quale la formazione mosaico della squa­ dra italiana non convince molto. Monti, Astrua e For­ nata sono tre uomini di valore, ma forse solo quest’ulti­ mo per la continuità della sua azione c per la sua abi­ tuale cronometrica regolarità nelle corse a tappe può es­ sere ritenuto in grado di competere con i formidabili campioni franco-belgi — gli svizzeri tolto Koblct volon­ tariamente sono fuori causa — ma in particolare con Bobet al quale brucia l’ultima sconfitta allo sprint nel campionato francese su strada ad opera di Darrigade. Comunque ai «cadetti» azzurri che stanno affrontan­ do la fascinosa ma tremenda avventura del «Tour 1955 » un affettuoso e caldissimo « in bocca al lupo ». E chissà davvero che non crepi il lupo.

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ALDO MOSER ovvero: il complesso della discesa Aldo Moser è nato il 7 febbraio del 1934. A 17 anni, nell’ormai lontano 1951, chiedeva di essere tesserato per la Unione Sportiva « Montecorona » di Palù di Giovo, suo paese natale a circa 20 km. da Trento. Don Gino Broccardo e maggiormente suo fratello Vittorio, ex corridore e appassionato della bicicletta, l’avevano «scoperto». Entrambi pensavano di farne un buon corridore che avrebbe dato belle soddisfazioni agli appassionati di­ rigenti dell’U. S. Aurora di Trento. Ma c’era la Montecorcna e per quell’anno i dirigenti di Palù di Giovo non mollarono Moser. Disputò le prime corse da « allievo » e ben presto, nelle gare organizzate dal C.S.I. di Trento, si mise in luce con numerose affermazioni. Passato « dilettante » cambiava Unione Sportiva e finalmente Don Gino e Vittorio Broc­ ca rdo lo ebbero tra i corridori « aurorini ». Avevano per la durata della stagione precedente seguito Moser con affetto e simpatia, presto ricambiata, tanto che il legame di amicizia divenuto ben saldo diede i primi frutti. I consigli del fratello di Don Gino nella stagione del '52 diedero i loro risultati positivi e ben presto Moser, grazie alle doti di scalatore che gli sono come una se­ conda natura, si impose anche nella categoria « dilet­ tanti ». II 1953 segna l’inizio dell’ascesa del giovanissimo cor­ ridore in campo nazionale. Infatti, dopo aver dominato


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Questo è il primo documento dell'attività ciclistica di Aldo Moser. la tessera di «allievo» nelle file del Centro Spor­ tivo Italiano dove il giovane campione trentino Ila fatto il suo «rodaggio» prima di giungere nel difficile inondo degli «assi» del pedale

in ogni gara dall’inizio di stagione, venne inviato ai cam­ pionati nazionali del CSI a Reggio Emilia dove si laureò brillantemente «Campione Nazionale del C.S.I. ». Durante quella corsa era stato il « sorvegliato spe­ ciale » della rappresentativa bergamasca che aveva la punta di diamante nel giovanissimo Galimberti, affian­ cato dagli altri corridori del Comitato lombardo. Essi erano a conoscenza delle prodezze del montanaro e lo tenevano d’occhio per impedire un qualsiasi colpo di ma­ no, anzi nel primo tratto della corsa si scatenarono tanto da giungere ai piedi della dura salita che da Vezzano con­ duce a Marola con 5’ di vantaggio Su quelle dure rampe la logica selezione aveva sgranato il gruppetto dei fuggi­ tivi e Moser, con un’azione limpida e sicura e quel che conta senza «forzare», riprese uno ad uno i fuggitivi. Al termine della salita acciuffò anche Galimberti, più duro degli altri, ma questi nella successiva discesa ri­ tornava sulla ruota del « trentino » e lo superava. A 16 km. dall’arrivo Moser fu nuovamente su Galimberti e questa volta per piantarlo definitivamente con un allun­ go formidabile: sigla concessa ai soli campioni, o me­ glio ai formidabili passisti. Al traguardo il bergamasco era distanziato di ben 3 minuti. Di successo in successo, passato nelle file dell’U.V.1., si giunse alla tanto discussa prova di Solingen. Comun­ que siano andate le cose, fatto si è che la chiara presta­ zione di Moser alla « Ruota d’Oro » significò il definitivo

lancio del giovane corridore, realmente il migliore del­ l’ultima « covata ». Passato « indipendente » al Giro di Lombardia si è permesso il lusso di staccare Coppi sul Ghisallo. e dopo le polemiche tra Atala e Torpado, fini per rimanere nella squadra di Bergamaschi con le carte in regola. Milano-Torino. Giro della Campania, sono le prime severe tappe della carriera professionistica di Moser. In vista del « Giro d’Italia » si è parlato molto di Moser, a proposito ed a sproposito. Molte esagerazioni sul suo conto, numerose montature giornalistiche hanno fatto puntare immediatamente gli occhi sul giovane chia­ mato prematuramente nientemeno che il successore di Gino Bartali. Nell’atmosfera arroventata del « Giro '55 » sono stati formulati giudizi affrettati che da un giorno all’altro ve­ nivano rovesciati nella sostanza e nella forma con una facilità impressionante. Da un eccessivo ottimismo al più nero pessimismo, dai più lusinghieri commenti alle cri­ tiche aspre e tavclta acide. Pur contando parecchi episodi interessanti la vita ci­ clistica di Moser. non a caso abbiamo scelto quello dei Campionati del CSI. In tale manifestazione il trentino dimostrò le sue possibilità ancora da sviluppare — come d'altronde ancora oggi giustamente si può dire — ma soprattutto la « sua personalità » umana, che suscetti­ bile di perfezionamento, inciderà su ogni avvenimento e risultato anche in avvenire. Una « personalità » in fun­ zione sportiva, d’accordo, motivo di tante polemiche più o meno accettabili. E’ ormai di comune dominio che Moser, certamente fortissimo scalatore, sia debole in discesa. Non perché non abbia padronanza della bicicletta da un punto di vista strettamente fisico e meccanico, ma per fatto psi­ chico: vero e proprio «complesso» della discesa. Forse la causa è questa: 10 giorni prima di partire per il Cam­ pionato Dilettanti del C.S.I. nel 1952. nel corso di una gara regionale, in una pericolosa discesa, in curva all’im­ provviso una moto gli sbarrò la strada. Un urto violento, uno sbalzo acrobatico, svenimento del giovane corridore... e la bianca corsia dell’ospedale di Trento. Niente di rotto, soltanto qualche escoriazione. Ma quella caduta Moser la ricorda — particolarmente in discesa — e pare lo freni. - Moser supererà col tempo anche questa debolezza: è un giovane forte, sano, semplice e. quel che conta, sa vo­ lere. Riuscirà infine certamente a battere anche tale complesso, anche questa prevenzione.. con sé stesso. Un ritratto negativo, quello che abbiamo fatto di Moser? Assolutamente. Con tutta franchezza riteniamo invece di aver messo a fuoco la debolezza principale del corridore. Dopo il « Giro » Moser è stato considerato corridore dallo splendido avvenire, in possesso di grandi qualità. Superato il « complesso » della discesa entrerà a far parte certamente degli eletti del ciclismo. Nei giorni scorsi un giovanissimo ammiratore ha scritto in Redazione chiedendo l’inidirizzo del « suo pu­ pillo ». L’ho raccontato a Moser in occasione del suo de­ butto al Velodromo Appio. Ci ha riso sopra soddisfatto e divertito di essere già « pupillo » di un ammiratore do­ dicenne. Sono i ragazzi che fanno entrare il « tifo » nelle famiglie. Sono proprio i ragazzi che creano, con la loro fervida fantasia, gli idoli, gli eroi. E Moser è già qualcosa di tutto ciò per i ragazzi ita­ liani se gli hanno dedicato nell’ultimo « Giro » tanti me­ tri quadrati di cartonf e chili di calce per le scritte sullo asfalto.

Germano Uarlgelli

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■ì OSSERVATORIO PUGILISTICO

Dopo oli incidenti verificatisi a Berlino: il ritiro della squadra azzurra, campanello d’allarme per Melbourne

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ile cronache sportive hanno rife­ Le nostre pedine più valide, nel­ rito ampiamente sullo svolgimento la grande partita che impegnava dei Campionati d’Europa Dilettanti per nove giorni il fior fiore del pu­ 1955 svoltisi dal 27 maggio al 5 giu­ gilato dilettantistico europeo, era­ gno a Berlino, sui risultati finali no costituite dal peso mosca Bur­ che hanno registrato (su dieci cate­ nirli, dal welter pesante Scisciani gorie di peso dal « mosca » al « mas­ e dal mediomassimo Panunzi; va­ simo ») tre vittorie per la Germania lidi « atouts » tutti gli altri, che in­ Ovest, tre per la Polonia, due per fatti si sono fatti grande onore, la Bussia, due per l’Inghilterra, e dal sorprendente Bavaglia allo sfor­ infine sul sensazionalè ritiro della tunato Pappalardo fino al peso mas­ squadra nazionale italiana, conse- simo Sozzano che — possiamo dire guenza dell’iniquo verdetto emes­ contro la maggioranza delle pre­ so ai danni del nostro peso welter visioni — aveva superato d’impeto pesante Franco Scisciani di Civita­ il pi-imo durissimo scoglio costitui­ to dallo jugoslavo Krismanic, cin­ vecchia. Premettiamo, anzi tutto, che ogni que volte campione nazionale e incontro di pugilato — specie attra­ compreso fra i pronosticati al suc­ verso le fasi di un torneo dove, in­ cesso finale. Orbene, Burruni ci ve­ contro per incontro, è rigorosamen­ niva tolto di gara al primo incon­ te cl’obbligo indicare un vincitore tro, dinanzi al pari peso inglese e un vinto — comporta la possibi­ Lloyd e con un verdetto quanto lità di verdetti discutibili che lascia­ meno discutibile, riconosciuto tale no scontenti i fautori dell’una o dalla maggioranza dei tecnici pre­ dell’altra parte in lizza; ma a tut­ senti. to c’è un limite, una misura, ed il Bisogna avere vissuto ed essere fatto che a competizioni come quel­ stati protagonisti di vicende del ge­ la dei Campionati d’Europa siano nere per comprendere l’amarezza chiamati ad officiare soltanto ed che riempie l’anima di uno sporti­ esclusivamente arbitri - giudici di vo il quale, al momento, fuori del­ qualifica « internazionali » e ricono­ la propria Patria, è anche e sopra­ sciuti tali non solo dalle rispettive tutto un italiano che vede andarse-Federazioni ma dall’AI.B.A. (Ama- ne una particella delle proprie spe­ teurs International Boxing Associa- ranze, dei propri calcoli, del pro­ tion), costituisce — o dovrebbe co­ prio entusiasmo.’ Con la sconfitta, stituire — già di per sé una garan­ diciamo pure immeritata, di Burru­ zia assoluta di capacità tecniche e ni, i pugili italiani rimasti in gara di maturità sportiva. si riducevano a sei; ma superavano La nostra squadra era entrata in le rispettive prove Pappalardo, Ba­ lizza con soli sette atleti, mancan­ vaglia, Scisciani, Panunzi e Sozza­ do — per ragioni varie — dei rap­ no mentre veniva eliminato il peso presentanti delle categorie pesi gal­ piuma Freschi. Il peso medio massi­ lo, welters, medi, quindi già un han­ mo Panunzi aveva eliminato il po­ dicap notevolissimo, ove si pensi lacco Gzelak, secondo classificato ___ . , che le compagini più agguerrite, e , nell’ultima edizione dei Campionati nei confronti delle quali la squadra Europei del 1953 (questo Torneo ha azzurra doveva difendere le proprie svolgimento biennale). posizioni e il proprio prestigio, pre­ Con un altro vigoroso slancio, Ba­ sentavano uno schieramento com­ vaglia si portava nelle semifinali e pleto per tutte le categorie di peso. per giungere a questo allettante tra­ pLrt

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guardo entravano pure in lizza Sci­ sciani, Panunzi e Bozzano mentre anche il peso leggero Pappalardo usciva di gara ad opera dell’egizia­ no Moustafà. Ed eccoci al fattaccio. Scisciani aveva per avversario il russo Dschareryan al quale dava su­ bito battaglia fin quasi a travolger­ lo nel corso della prima ripresa; e il ritmo veniva pressoché mantenu­ to nei due assalti successivi, sino al gong finale e la vittoria procla­ mata dalla giuria composta dall’ar­ bitro tedesco e dai giudici scozzese, bulgaro, inglese e norvegese. Gli ottomila spettatori presenti, già in battimani per l’avvincente contesa, intensificavano i loro applausi e tutto sembrava essersi concluso nel modo sportivamente più degno, al­ lorquando veniva annunciato il sov­ vertimento del verdetto (per un er­ rore di lettura dei cartellini, si è detto) e la conseguente proclama­ zione di Dschareryan vincitore. Quegli stessi ottomila spettatori generavano allora un finimondo, uno spettatore italiano si lanciava, fuori di sé, fra le corde del ring contro l'arbitro; Scisciani, i nostri ragazzi a bordo ring e l’allenatore federale restavano letteralmente esterrefatti. Ma non c’era che fare. Questo secondo verdetto passava alla storia, bollato comunque dalla infocata critica degli stessi giornali locali e dal fatto che due membri della giuria venivano addirittura esonerati dalle loro funzioni per or dine della apposita Commissione di controllo dell’AlBA. I crismi del misfatto sportivo, dunque, si può ben dire che vi sia­ no stati tutti: dalla riprovazione popolare alla sanzione delle autori­ tà; e se può discutersi il gesto che ha sanzionato il ritiro della squadra azzurra dalla competizione, la mas­ sima comprensione si deve pure avere per il risentimento ma sopra­ tutto per il collasso morale di tutta la compagine italiana. Su questo punto, del resto, si è pronunciata la stessa Federazione Pugilistica Italiana la quale ha emesso, al ri­ guardo dei fatti, un comunicato uf­ ficiale che, nei passi essenziali, suo­ na così: « Gli organi della stampa interna­ zionale, in ispecie di quella berli­ nese, hanno vivamente deplorato il verdetto che ha privato della vitto­ ria il pugile Scisciani e che risulta palesemente ingiusto. Tuttavia la determinazione di abbandonare le gare devesi considerare, secondo gli elementi acquisiti, non tanto co­ me protesta contro reiterate ingiu­ stizie della Giuria, ma, essenzial­ mente, come una misura imposta


Vacanze sulle strade d’Italia All’inizio di ogni estate, è risaputo, si pone per ogni dirigente responsabile di. un qualsiasi circolo giovanile, il problema della dispersione dei soci e dei simpatizzanti, le cui. tracce, smarrite sotto il sole d’agosto, diffìcilmente si rintracciano poi allo inizio dell’autunno. Ci sembra quindi che il problema si scinda e richieda due soluzioni: — organizzare chi va in vacanza :

— organizzare chi rimane in associazione. Alla soluzione dell'uno e dell'altro problema il Centro Turistico Giovanile desidera portare un suo contributo che è frutto dell’esperienza, della sua organizzazione e del suo desiderio di porsi al servizio di. tutta la gioventù.

ESTATE col CENTRO TURISTICO GIOVANILE

PROBLEMA DI CHI PARTE La scelta di chi va in. vacanza è meno difficol­ tosa. Infatti il C.T.G. presenta diverse possibilità: Case per ferie, dove singolarmente o in gruppo i giovani possono trascorrere gioiosamente il loro periodo di ferie: Accantonamenti: questi sono a disposizio­ ne di gruppi di associazione che decidono di trascorrere, le vacanze insieme. L’assistente, il pre­ sidente stesso, potrà dirigere l’accampamento. La associazione dovrà pensare al mangiare, alle atti­ vità, ecc. Insamma è la vita dell’associazione tra­ sportata in vacanza. Meravigliosa possibilità uni­ tiva! Alberghi aderenti al C.T.G. Chi desidera passare le vacanze più comodamente, magari con la famiglia, potrà far cadere la scelta su un albergo di località turistica che dia assoluta, garanzia mo­ rale, igienico trattamento e che ai tesserati al C.T.G. fa anche uno sconto. Campeggio. Da consigliarsi a tutti i gruppi e a tutte le associazioni. Appena è possibile, rassocia­ zione, pur facendo ogni possibile sacrificio, lo or­ ganizzi. Nessun mezzo è così potente per stabilire negli animi di tutti i presupposti per un anno fe­ condo di vita di associazione! Turismo nomade. E’ il turismo di coloro che avendo pochi giorni di vacanze, desiderano in bi­ cicletta, in autostop o in motoscooter, seguire un itinerario da un punto di vista storico, artistico', turistico. Meglio andare in gruppo. 1 posti tappa del C.T.G. potranno favorire l'al­ loggio a L. 100 per notte. Il turismo nomade è il grande mezzo di arricchimento spirituale e cultu­ rale.

PER CHI RIMANE Per chi rimane a casa, in paese, in associazione, allora il C.T.G. potrà offrire molte, altre possibilità

specialmente le gite eli fine settimana che dovranno essere organizzate il sabato pomeriggio e la dome­ nica; iniziativa che offre notevoli possibilità di scelta in ogni settore. Ma poi gite in bicicletta, in micromotore, con­ corsi vari, corali alpine, ecc. daranno lo spunto per feconde e svariate attività che riempiranno Pestate.

DUE MILIONI DI PREMI II C.T.G. inquadrerà le varie attività estive con quattro concorsi di cui riportiamo i regolamenti a parte ed ai quali sono invitati a partecipare tutti i giovani e tutte le associazioni. Il fascicolo « Estate col C.T.G. » che tutti po­ tranno richiedere in Presidenza Nazionale inviando L. 150, anche in francobolli, riporterà tutti i parti' colori delle varie attività estive. Duecentodieci pa­ gine dense di notizie, dati e direttive costituiscono un indispensabile V ademecum delle associazioni in estate. Ricordiamo anche che il tesseramento al C.T.G. offre notevoli vantaggi di sconti ed agevolazioni. Tale tesseramento si potrà realizzare o costituen­ do un gruppo del C.T.G. in associazione, seguendo le direttive che si trovano riportate sul fascicolo: « Il C.T.G. die cos’è » che viene inviato gratuita­ mente a chi lo richiede in Presidenza Nazionale, o iscrivendosi nel gruppo già esistente presso il Co­ mitato Zonale della Diocesi.

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Pensione completa: L. 1.000 giugnosettembre; L. 1.100 luglio-agosto. Rivolgersi a: M. Luigia Palmina Pagnini - Castellucchio (Mantova). ZIANO DI FIEMME - Villa Simonetta per giovani e famiglie - m. 1.000 in Val di Flemme (Trento) - Pensione completa: L. 1.200 nella bassa stagio­ ne; L. 1.300 nell’alta stagione. Rivolgersi a: Adriano Calzolari - Via Pozzi, 6 - Fabbrico (Reggio Emilia); dal 16 giugno direttamente alla Casa.

SAPPADA - Casa ai Monti per ragazzi e giovani - m. 1250 (Udine) - Pen­ sione completa: L. 1.200. Rivolgersi a: sig. Luigi Modena - Via Treppo. 3 - Udine.

UGOVIZZA - Villaggio alpino te Cocco per giovani - m. Pensione completa L. 1.200 160 in camere. Rivolgersi a : Luigi Modena Via Treppo, 3 - Udine.

di Mon­ 1.200 - Posti:

CASE MARINE

ALBISOLA MARINA - Casa • Seghezzi » per ragazzi e giovani, nella Ri­ viera di Ponente (Savona» - Pensio­ ne completa: L. 1.000 giornaliere. Rivolgersi a : Giunta Diocesana di A. C. - Via Paleocapa. 4 - Bergamo. I POSTI TAPPA PER IL TURISMO NOMADE

ITALIA SETTENTRIONALE

Bardonecchia - Bassano del Grap­ pa - Bologna - Bolzano - Bressanone (Bolzano) - Brunice (Bolzano) - Ca­ stelfranco Veneto (Treviso) - Chia­ vari (Genova) - Feltre (Belluno) Genova - Latisana (Udine) - Malcesine sul Garda (Verona) - Merano (Bolzano) - Modena - Parma - Pa­ dova - Predazzo (Trento) - Raven-

na - Riesutta (Udine) - Sappada (Belluno) - Torino - Udine - Vene­ zia - Vicenza - Villamarina Di Ce­ senatico (Forlì). ITALIA CENTRALE Arezzo - Borghetto sul Trasimeno (Tuoro di Perugia) - Castel Gandolfo (Roma) - Fiesole (Firenze) - Luc­ ca - Marina di S. Vito (Chieti) - Pescasseroli (L’Aquila) - Pisa - Pistoia - Portoferraio (Elba - Livorno) - Ro­ ma - Santa Maria degli Angeli (As­ sisi) - Sansepolcro (Arezzo) - Siena - Subiaco (Roma) - Terni.

ITALIA MERIDIONALE Acireale (Catania) - Capri (Napoli) Fago del Soldato (Cosenza) - Filicudi (Messina) - Marina di Belvedere (Cosenza) - Palermo - Ravello (Sa­ lerno) - S. Cristoforo d’Ispani (Sapri - Salerno) - Siracusa - Vico Equense (Napoli).

- C.T.G.

FAGO DEL SOLDATO - Casa « Gio­ ventù » per ragazzi e giovani - me­ tri 1.550 nella Slla Grande (Cosenza). Pensione completa: L. 650-800 a se­ conda del periodo. Rivolgersi a: Sig. Luigi Bellizzi C.T.G , Via Roma, 20 - Cosenza. PUNTATO DI ARNI - Rifugio «La Quiete » per ragazzi e giovani - me­ tri 1.100 nell'Appennino Tosco-Emi­ liano (comune di Stazzena, prov. di Lucca) - Pensione completa: nel pe­ riodo estivo: L. 800-900; invernale: L. 1.200-1.300. Rivolgersi a: C.T.G., Via Alberico II P. T. - Massa.

GLI ACCANTONAMENTI RISERVATI AI GRUPPI

8-9 Ottobre tutti a Roma IL PROGRAMMA DI MASSIMA SABATO 8 OTTOBRE Campionati Nazionali di Atletica Leggera del C.S.L (Stadio delle Terme di Caracolla)

Criterium giovanile delle Nazioni : (Italia, Francia, Belgio, Olanda. Svizzera, Spagna) 1" prova: Gara su strada km. 100.

Riunione Ciclistica su pista (Velodromo Appio). Incontro di Calcio Rappresentative del C.S.L nord-sud (Velodromo Appio).

Gara ciclistica nazionale su strada del C.S.L

Tali vengono consegnati completa mente attrezzati a gruppi turistici i quali provvedono personalmente al vit­ to e alla disciplina. Esse sono aperte da giugno a settembre e la tariffa gior­ naliera è di L. 150 a persona.

Celebrazione del Decennio del Centro Sportivo Italiano (al Colos­ seo), fiaccolata e Santa Messa.

ALLEGHE: m. 1000 nell'Alto Agordino (Belluno). Posti n. 25.

DOMENICA 9 OTTOBRE

SERDES DI S. VITO CADORE: me­ tri 1050. Posti n. 22.

NOTTE

MATTINA

VINIGO DI CADORE: m. 1000 (Bel­ luno). Posti n. 15.

Sfilata delle Rappresentative dal Colosseo a Piazza San Pietro. 11 Corteo sarà in apertura per specialità sportive con atleti nelle singole divise sportive, in chiusura per regioni.

ARABBA: m: 1620 (Belluno). Posti n. 25 in accantonamento.

UDIENZA DI S. S. PIO XII IN PIAZZA SAN PIETRO.

SAPPADA: m. 1250 (Belluno). Posti n. 40 in camere. Rivolgersi a: Don Giuseppe Spanio AGGAM - S. Luca, 4040 - Venezia.

PESARIIS: m. 750, posti n. 30. SAPPADA : Accontonamento « Ai Mon­ ti * - m. 1250. Posti n. 40, Rivolgersi a : Luigi Modena Via Treppo, 3 - Udine.

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POMERIGGIO Manifestazione finale. Criterium giovanile delle Nazioni: 2* prova: australiana a squadre a cronometro; 3' prova: indi­ viduale dietro motori.-

Gare per Rappresentative del C.S.L


dal morale dei pugili ancora in gara, ormai completamente sfiduciati, e perciò in condizioni di minorata ef­ ficienza agonistica. « E’ d’altra parte ben comprensi­ bile la reazione di carattere psicolo­ gico e morale provocata dalla in­ giustizia subita e dalla comprovata incompetenza di taluni membri del­ la giuria, successivamente esonera­ ti dalla Commissione Arbitri dell’A.I.B.A. « La inaspettata revoca della vit­ toria già assegnata al pugile Scisciani e la clamorosa reazione del pubblico presente alle gare, hanno inoltre determinato una giustifica­ ta crisi emotiva che deve essere ap­ prezzata nel suo giusto valore. «La Presidenza della F.P.I. ritie­ ne tuttavia di dover esprimere il suo rincrescimento per l’accaduto, considerando che la decisione del­ l’allenatore federale di ritirare la Squadra dalla competizione avreb­ be dovuto essere comunque evitata, avuto anche riguardo alle prove di efficienza tecnica fornite dai nostri pugili, alcuni dei quali erano proba­ bilmente in grado di cogliere altri ambiti successi ». Non è peraltro possibile chiude­ re le pagine della storia sportiva sui fatti di Berlino, considerandoli come avvenimento a sé stante. Lo sport italiano è alla vigilia delle Olimpiadi ed è legittimo che esso esiga massime garanzie perchè in­ degnità del genere non abbiano più a ripetersi. Un atleta che affronta un cimen­ to sportivo porta in sé e con sé una somma incalcolabile di sacrifìci, di rinuncie, di aspirazioni e di virile orgoglio. E la sua Nazione ne è partecipe. Non è possibile, e non può ammettersi quindi, che la "in­ capacità — o, peggio, la prevenzio­ ne — di qualche uomo non all’al­ tezza del compito (e non sarebbe trita retorica dire addirittura del­ la «missione») affidatogli, rischi di distruggere tutto, progetti e ideali. E’ umano, perciò, oltre che do­ veroso, l’appello che noi rivolgiamo alle autorità sportive italiane e del mondo perché la questione venga affrontata con coraggio e fermezza, perché insomma siano garantiti e rispettati i nobili principi! che — al di là di ogni barriera nazionale o politica — governano lo sport e le competizioni sportive. Diversamente i Giuochi di Olimpia non sa­ ranno innalzati più a festa della gioventù universale, ma a semplici festini di gruppi coalizzati all’om­ bra di una bandiera di cui sono inappellabilmente indegni.

COICCUI EUROPEO! Dopo essersi inchinato al verdetto dell'arbitro che lo dichiarava sconfitto e non più campione europeo dei pesi massimi. Heinz Neuhaus ha detto : «Spero che il nuovo campione d'Europa voglia concedermi la rivincita a Dortmund ». Più tardi, avvicinalo mentre gli erano dattorno connazionali e giornalisti, l'ex campione ha detto con molta calma e senso di fatalismo che a il pugilato è un giuoco in cui si vince e si perde». E alla domanda, un po' ovvia se si vuole, ma comunque tentatrice: «Vi è dispiaciuto di aver perduto questa volta?». Heinz ha risposto senza ostentare sorpresa: «Certo, soprattutto mi spiacc di aver cre­ duto che Cavicchi fosse meno bravo di quanto in effetti è. Mi ero fatto la con­ vinzione che si trattasse soltanto di un giovanotto forte e ambizioso. Cavicchi in­ vece conosce il pugilato come pochi altri pesi massimi in Europa, picchia fortis­ simo, tanto che ho capito subito che bisognava tenere gli occhi bene aperti e verso tutti e due i pugni. Non saprei dire infatti se: è più pericoloso nel destro o nel si fermerà qui il vostro camsinistro, nei colpi al corpo o al viso. Credo non i pione ». Il suo procuratore e il suo allenatore, quest’ultimo ex-campione d’Europa dei pesi medi. Besselman, sono concordi nel ritenere che Neuhaus ha reso meno di quanto non abbia fatto in altre occasioni e si dichiarano certi che le cose cambieranno nel prossimo incontro di rivincita. Rivincita che è stata annunciata conclusa per il 4 set­ tembre a Dortmund, con una borsa per Cavicchi di 50.000 marchi, vale a dire sette milioni e mezzo di lire italiane. Una bella cifra le il titolo non sarà in palio). In ogni caso non ci dispiacerebbe affatto se Cavicchi, prima del 4 settembre dispu­ tasse un paio d'incontri intermedi, nello spirito di colui che conosce oggi, meglio ili ieri, le proprie possibilità. Per la verità, anche a parere nostro Neuhaus non è stato in tutto e per tutto all’altezza della sua meritata fama; tuttavia ed anche a voler ammettere che abbia veramente preso il match un po' alla leggera, bisogna subito aggiungere che l’attacco iniziale di Cavicchi, la chiara dimostrazione che egli conosce la boxe meglio dello stesso Neuhaus e quella mazzata che lo ha quasi sollevato da terra, debbono avere costretto Vevidentemente nervoso campione a rivedere i suoi piani tattici ed a com­ portarsi in relazione agli effettivi rischi che stava correndo. Comunque la sua scon­ fitta è stata chiara e netta; e su questo tutti si sono trovati d'accordo, in tutte le lingue. Ora si parla di Don Cockel. ed i più fanatici arrivano già col pensiero a R ocky Marciano. Andiamoci piano... Noi siamo fra coloro che credevamo e crediamo più ancora oggi, naturalmente, in Cavicchi : ma siamo anche fra coloro che non fanno mistero della circostanza che il neo campione d’Europa deve ancora completare il suo bagaglio tecnico e tattico. E crediamo anche che i primi ad essere convinti di ciò siano proprio Cavicchi ed il suo valente procuratore Alfredo Venturi che ha [atto di un fascio di muscoli un campione. Per Venturi, Cavicchi ed il suo successo costituiscono la grande meritata « rivin­ cita » che da anni egli insegue. Già guida di campioni, Venturi ha avuto il suo periodo di ombra che coincide col declino dei Manca, dei Jannilli, dei ì' alentini, per non ritornare all'epoca d'oro dei suoi valorosi fratelli Enrico e Vit­ torio. Ha saputo stare però al suo nuovo posto, come seppe stare in quello rii titolare della «.scuderia dinamite» e come saprà certamente stare in quello odierno dove lo pone il successo di Bologna. Quando prese sotto le sue cure il gigante di Pieve di Cento, oggi ufficial­ mente. il primo peso massimo d’Europa, incassò in silenzio i motteggi e gli scet­ ticismi dei più sulle possibilità di quel « pennellane » che aveva da poco vinto il trofeo «Grande Campione» svoltosi a Roma. Eppure quella vittoria, nella sua dizione reclamistica, sembra oggi un presagio. «Grande. Campione». Chissà che queste due parole non possano, fra breve, essere ripetute senza metterle più fra virgolette? !... Venturi fu il primo ad avere fiducia ed oggi raccoglie i frutti della sua fede e della sua abilità. Abilità lodata a piena voce da lutti, coloro che hanno visto Cavicchi in azione domenica scorsa, tanto è apparso loro trasformato l'atleta appena dalPultimo incontro sostenuto prima della trasferta romana. Ed a questo punto lasciateci dire che Cavicchi dovrebbe fare del tutto per ripetere il soggiorno presso il suo manager onde eliminare quelle scorie che affiorano ancora nel suo repertorio tecnico e tattico.

lìccio Kaiearini

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Gilera, tuttofare: su strada e circuito Quanto dicemmo nel nostro ulti­ mo articolo sul predominio netto ed indiscusso delle moto e dell'in­ dustria italiana ha trovato logica e soddisfacente conferma nei risultati delle competizioni di questo mese. Basta guardare l’ordine d'arrivo di tutte le gare svoltesi in Europa per convincersi che C industria motori­ stica nazionale, per il settore delle moto, ha conquistato risultati di prestigio ed affermazioni tali da non poter essere più in discussione. una questione di superiorità, da qualun­ que « pulpito > essa ci venga fatta.

Cominciamo dalla Milano-Taranto per finire alle gare per il campio­ nato del mondo. Ovunque vittorie italiane, anche se in sella agli sfrecdanti bolidi della Gilera, della Guzzi e della MV notiamo con rumnimico che ci sono corridori stranieri. Nella classicissima di gran fondo, la Mille Miglia motociclistica, il re­ cord di Giordano Aldrighetti che resisteva da diciassette anni non ha retto all’assalto di Bruno Francisci che sui 1400 chilometri della Mi­ lano-Taranto ha fatto registrare la portentosa media di km. 126,233 ora­ ri, compiendo il percorso in ore 11.5’26”. La Gilera che già deteneva il nastro azzurro della classica ha as:giunto così un altro prestigioso ti­ tolo alla sua ininterrotta collana di vittoria e di affermazioni. Un mese particolarmente felice questo per la Gilera. Un mese che ha visto le macchine di Arcore dominare in tutte le classiche europee ed aggiun­ gere una vittoria che mancava nel libro d’oro della Gilera: il successo assoluto nella gara da mezzo litro nel Tourist l'rophy con la sua gui­ da numero uno, l’inglese Geoffrey Duke, che ha demolito il record della corsa facendo registrare una media di km, 175.600 dopo aver cor­ so il giro più veloce alla media di km. 160,880. Il successo dell’industria italiana sul difficilissimo circuito dell'isola di Man è stato completato dalle vit­ torie di classe conquistate dalla MV con U binali (unico centauro italiano vittorioso) nella classe 125 e con Bill Lomas nella classe 250 (con una macchina da 175 maggio-

rata) e dalla Guzzi, che con lo stesso Lomas ha centrato il suo decimo successo a Douglas. Un trionfo senza precedenti per le macchine italiane dato che mai si era verificato che le • macchine inglesi fossero rimaste assenti dal­ l'elenco di quelle vincenti ». 1 ri­ sultati dell’isola di Man avranno ripercussioni di non lieve entità anche nel settore delle esportazioni. A questa amara conclusione è giun­ to il Manchester Guardian, autore­ vole quotidiano londinese, che ha ribadito che « responsabili degli uf­ fici di esportazione dell’industria motociclistica inglese hanno tutte le ragioni per dolersi dei risultati di questa settimana di corse nell'isola di Man ». I commenti inglesi dicono a suf­ ficienza quanto sia stata importante la vittoria, anzi il trionfo, dell’indu­ stria italiana all’isola di Man. Ma torniamo alla Milano-Taranto che merita di essere attentamente esa­ minata per i risultati che ha fatto registrare. II crollo del record assoluto, la terza vittoria di Francisci ( unico corridore ad aver raggiunto tale pri­ mato personale), il ritorno alla vit­ toria della Gilera che non vinceva dal 1939 (successo di Pilla), l’affer­ mazione delle 500 dopo che l’anno scorso la vittoria assoluta contro ogni pronostico era finita a Venturi su Mondial 175 competizione, la for­ midabile tenuta della 175 Morini di Preta secondo assoluto a 115.790 di media: sono altrettanti motivi di successo della Milano - Taranto che si è svolta sotto l’accorta regìa del­ la stessa Federazione Motociclistica. Ae ha fatta di strada questa ma­ nifestazione dal 1919 quando sul percorso Milano-Napoli, E. Girardi su Garelli 350 vinse alla media di poco più di 38 km, all’ora (per la precisione 38.296) ! Quanto fascino in questa manifestazione che parte di notte dal Naviglio per unire in un abbraccio ideale tutti gli appas­ sionati dello sport motociclistico d’Italia sino a trovare la sua degna apoteosi nella città bintare all’estre­ mo lembo della penisola. Sono ormai passati all’albo d'oro della corsa i vincitori di categoria: Marcelli • Dobelli (Norton sidecar), Larquier (Laverda), Degli Antoni

Bruno Francisci, serio e ineguaglia­ bile centauro romano, ha vinto per il terzo anno consecutivo, questa volta in sella alla stupenda « Gi­ lera 4 cilindri », la Milano-Taranto, facendo crollare il record apparte­ nente, dal lontano 1939, al compian­ to Giordano Aldrighetti su ”Gilera”

i Ducati). Maoggi ( Ducati), Fenocchio (Gilera), Rinateli (Moto Ri), Pre­ ta (Marini), oltre naturalmente Francisci vittorioso nella categoria macchine libere. Ma vale le cena di rievocare gli aspetti più interessanti di questa corsa che sono rappresen­ tati dalle affermazioni di Francisci e di Preta. Quest’ultimo ha addirittura sba­ lordito: la sua Mondial 175 è stata superata solo dalla Gilera 500 di Francisci. Dietro di lui sono termi­ nate anche le macchine della mas­ sima cilindrata quali le Gilera di I aldinoci e di Fenocchio e le mac­ chine della categoria quarto di li­ tro appartenenti alla Moto Ri che pure ha vantato brillantissima pre­ stazione sia individuale che collet­ tiva di squadra. L’affermazione del­ la macchina pesarese ha rinverdito il successo delle macchine della cilindrata inferiore e senza il ma­ gnifico exploit di Francisci Preta oggi figurerebbe nell’albo dei vin­ citori a fianco di Venturi. Francisci ha fatto corsa a sé. La sua vittoria non è stata mai in di-

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scussione. La perizia del pilota ac­ coppiata al i endimento superlativo di una macchina perfetta hanno compiuto il prodigio della frenetica galoppata da Milano a Taranto in poco più di undici oro. Il centauro romano dopo aver confermato la sua adattabilità ad ogni genere di corse ha ribadito la possibilità delle Gi­ lera quattro cilindri che dopo aver dominalo in lutti i più importanti Gran Premi su tutte le piste e i circuiti <T Europa, è andata a vin­ cere anche la più lunga e dura pro­ va su strada. Portare alla vittoria in una gara aperta una macchina desti­ nata e collaudata per le corse su circuiti è impresa di gran conto sia per il pilota che per il mezzo mec­ canico che rende possibile l’impresa stessa.

Francisci ha dominato il mezzo meccanico che del resto ha risposto senza accusare nessuna battuta a vuoto. Una macchina speciale da corsa ha insomma superato il col­ laudo dello sforzo continuato per 1100 km. dopo aver dominato nelle prove di velocità sui circuiti. Da notare infatti a questo riguardo che T Appennino è stato superato due volle anche se non nella parte più dura visto che l’edizione di. questo anno ha abbandonato il percorso classico con i passaggi della liuticosa e della Futa senza dubbio più difficoltosi. E qui si inserisce la po­ lemica sulla media assoluta in quan­ to gli amanti delle statistiche danno ancora molto valore al record di Aldrighetti conquistato proprio con i transiti sulla Futa e sulla Haticosa. transiti questi compensati nelF ulti­ ma edizione dai più facili Passi della Scheggia e della Somma. L’affermazione di una macchina « gran prix » che ha retto anche a sollecitazioni di tipo diverso da quelle che si affrontano in un cir­ cuito è il motivo dominante della vittoria di Francisci nella MilanoTaranto. Ma come non dare giusto rilievo alla possente affermazione della Ducati che ha vinto nelle clas­ si 100 e 125; della Morirli per me­ rito del proprio capofila Preta. au­ tentico eroe della corsa; delle Bian­ chi con il secondo posto di Perfetti; ed infine delle prodigiose piccole Laverda. Sono stati questi gli artefici del successo tecnico, sportivo e propa­ gandistico della Milano-1 aranto. Ma la classica di Gran Fondo altro non rappresenta che una tappa, un epi­ sodio brillantissimo. dell’annata d’oro del motociclismo italiano. Il tempo occorrente per passare agli atti i protagonisti della MilanoTaranto ed ecco che le moto italiane tornano ad essere imbattibili sui circuiti mondiali. Ad Adenau, per il Gran Premio di Germania, su. quel circuito del Nurburgring che. viene additato giustamente come uno dei. più veloci e dei più severi

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ecco una nuova prestigiosa affermazione dell’industria italiana con le vittorie di classe delle Gilera. delle Guzzi e delle ME. Il G. P. di Germania era valevole quale quarta prova del campionato mondiale ed è valso per consolidare la posizione di preminenza delle nostre industrie nelle rispettive clas­ si. Duke ha ribadito la sua imbat­ tibilità in sella alla Gilera 500, Lomas ha rinverdito la superiorità del­ la Guzzi 350 confermando il risul­ tato del Tourisl Trophy, Fattuale egemonia della casa di Mondello La­ rio in questa categoria e Ubbidii vincendo la classe 125 si è oltretutto avviato a riconquistare quel titolo mondiale che già fu suo. Quando a questa probante serie di risultati si aggiunge che la Guzzi si avviava ad un nuovo successo di categoria nel­ le « quarto di litro », quando Lo-

mas è stato fermato (e sarebbe stato un nuovo « en plein » così come si era registralo alPlsola di Man) ecco giustificato quanto abbiamo detto all'inizio e cioè che le moto italiane sono oggi imbattibili e denotano su strada e sui circuiti una superiorità che non lutò esser messa nemmeno in discussione. Un solo velo su questo <_ splendente ■ l:____ ..t:...... . momento del motociclismo italiano: la morte di Lattanzi. Montevecchio e Camilletti: tre lutti che hanno abbrunalo il vessillo della MilanoTaranto, tre perdite molto sentite dal nostro motociclismo. Lo sport abbassa le sue bandiere riverente alla memoria dei caduti e dedica le sue affermazioni tecnico-sportive a chi ha offerto la propria vita in olocausto al mito della velocità.

Nino Lombardi

I PIÙ BUONI CI LASCIANO

Pippo Wasta testimone di Cristo iieli’apostolato e nella sofferenza Pippo Nasta non è più fra noi : quella morte che da più di tre anni era stata ripetutamente respinta, ha avuto alfine ragione del suo mar­ toriato corpo, ma non della sua flui­ da e santa anima. E se è riuscita a strapparlo agli affetti dei suoi fa­ miliari e di quanti nella grande fa­ miglia della GIAC e del CSI lo amarono, non riuscirà a farne scom­ parire il caro ricordo e l’edificante esempio, che già fanno di lui una delle più belle e delle più pure fi­ gure di cui possa adornarsi la gio­ ventù palermitana ed italiana. Erano circa le ore 22 del giorno che la Chiesa ha consacrato alla festività del « Corpus Domini » e i giovani cattolici avevano sfilato in processione con l’animo rivolto al loro caro presidente diocesano che sapevano già in agonia; l’Eminentissimo Cardinale Arcivescovo da pochi minuti aveva impartito la be­ nedizione Eucaristica e papale alla immensa folla, particolarmente ap­ plicandola agli ammalati che i pre­ senti portavano nella mente e nel cuore; in un letto, da alcuni mesi arena di martirio corporale Pippo Nasta, fino all’ultimo, sereno, smise di pregare con quanti l’assistevano e misticamente con i suoi giovani al seguito del trionfante Gran Re; il suo fiato diventò sempre più fievole, le sue guance sempre più pallide, e un grande silenzio scese su quella stanza e nell’animo di una madre, di alcuni parenti e di alcuni giova­ ni, che da anni gli erano stati as­ sidui collaboratori: si era fermato

il grande cuore del presidente dio­ cesano della Gioventù Italiana di Azione Cattolica, del presidente pro­ vinciale del C.S.I. Certamente pochissimi giovani hanno ricevuto alla loro morte tan­ ti sinceri riconoscimenti e tanti spontanei onori quanti ne sono stati tributati al carissimo scomparso. Pippo Nasta per trentadue anni era vissuto nell’umiltà dei figli di San Francesco e nel più silenzioso e con­ creto lavoro materiale ed apostoli­ co; dedito alla famiglia, da molti anni senza il capo, dedito alla gran­ de famiglia della GIAC che fin da aspirante lo aveva visto crescere e formarsi nel suo seno, pur essendo da alcuni anni continuamente tor­ mentato dalla leucemia che sempre più, terribile e crudele, rodeva il suo corpo, un giorno forte, sottoponen­ dolo ad inauditi dolori, sempre sop­ portati con edificante serenità: sa­ bato scorso egli ha ricevuto il degno riconoscimento umano per il lavoro compiuto e l’esempio dato.

S. Em. il signor Cardinale Rufiìni, l’on. Restivo, l’on. Alessi, il Prefetto Jannoni. il sindaco Scaduto, la pre­ sidenza nazionale del Centro Spor­ tivo Italiano nella persona dello stesso prof. Gedda, la presidenza centrale della GIAC, i Centri dioce­ sani della Sicilia, un grande numero di organizzazioni sportive ed apo­ stoliche hanno fatto pervenire alla famiglia ed alla GIAC di Palermo commoventi telegrammi, attestanti il loro accorato dolore.


PEDAN&Ofe1

DOPO LA SPLENDIDA FINALE DI

BOLOGNA E LE ULTIME PRODEZZE

Piena vitalità del l’atletica italiana Nel bilancio della finale dei campionati di Società fa spicco il nuovo limite conquistato da Meconi nel getto del peso, ma molli sono stali gli atleti che hanno fornito eccellenti prestazioni. Nella villoria femminile sul Belgio e progresso nel salto in allo maschile. Due nuovi primati italiani, nove primati sta­ gionali crollati e (piatirò prestazioni personali, determinanti, migliorale, costituiscono il bilancio degli ultimi quindici giorni dell'atletica maschile italiana. In bilancio eccezionale, al (piale vanno aggiunte le eccellenti prove delle ragazze culmi­ nati’ con un nuovo primato nazionale ed alcuni limiti stagionali di spiccato rilievo. Tutto ciò a dimostrazione dell'attuale efficien­ za dell'atletica leggera. Primati nazionali non se ne trovano ad ogni angolo di strada. 1 detentori, voglio dirne i nomi, che appaiono ancora oggi nel nostro libro d'oro sono la sintesi di decenni di attività, il frutto di tanta passione e di abilità espressa nel corso dei tempi da questo o quel cam­ pione. Basta dare un'occhiata al prezioso albo della nostra atletica, senza spingersi alle chime­ re... internazionali, per constatare, comi’ e quanto sia difficile superare talune distanze, migliorare limiti stabiliti via via dai Beccali, dai Lanzi, dai Bevilacqua, dai Mariani, dai Maffei, e persino da­ gli Altimani. Per ultimo dai Consolini, Taddia. Profeti, gente questa che è ancora prepotentemen­ te sulla scena, in virtù di una passione che non ha fine, di una classe elevata.

Tre primati nazionali in quindici giorni e ciò che più conta stabiliti da uomini e da ragazze che possono sperare di rimanere ancora sulla scena per degli anni, costituiscono motivo di orgoglio per qualsiasi organizzazione nazionale. Sotto questo segno di piena fiducia, di atmo­ sfera olimpica che non sembra sia soltanto gene­ rata dalla euforia del momento, hanno gareggiato a Bologna i nostri migliori elementi nel vasto arco del programma olimpico di atletica leggera. Il Segretario Generale del C.O.N.I. dott. Zauli arrivato di proposito da Parigi ed accolto alla sta­ zione di Bologna da centinaia di Dirigenti del movimento atletico e sportivo deve essersi accorto proprio di questo: della buona volontà che ani­ ma tutti i collaboratori ed i praticanti delle di­ scipline atletiche come dell'orgoglio di ciascuno di poter essere in qualche modo partecipe del grande onore concesso all'Italia con la organizza­ zione delle Olimpiadi del I960. La dimostrazione ben meritata, toccata al Presidente della FIDAI, a Bologna e a distanza di qualche ora allo stesso

Presidente del C.O.l\'.I. avv. Onesti, all aeroporto di Piani pino, vuole essere per l'appunto la sintesi di una gioia sprigionatasi iniprovvisa in ogni do­ ve d'Italia al grande annuncio. L’atmosfera... olimpica e la vicinanza ormai degli incontri internazionali maschili e femminili, hanno fruttato come ho detto a Bologna dei ri­ sultati di prim'ordine. E' molto probabile die la formula del Campionato di Società venga ancora ritoccata rispetto al passato. Si studi cioè di ag­ giungere all'assicurato successo tecnico, all impe­ gno che scaturisce naturale da parte degli, atleti obbligati a dare il massimo di sé stessi, ancora qualcosa che appaghi i diritti dello spettacolo in sé e (piindi del confronto diretto. Al riguardo, più d'uno a Bologna ha espresso l'opinione e il desiderio di estendere la finale na­ zionale del Cam pionato di Società (che in tal mo­ do verrebbe ad essere una rassegna completissima, quasi capace di sostituire gli stessi «Assoluti»} alle migliori diciotto prestazioni in semifinale del Campionato collettivo. Le società non correreb­ bero il rischio di veder lasciati fuori elementi di primo piano per scarti minimi, mentre si allar­ gherebbe la cerchia dei sodalizi ammessi e quindi la possibilità di estendere in altre zone il seme pro­ fìcuo e rigoglioso di una propaganda positiva. Ché avere un solo proprio rappresentante in una finale nazionale costituisce per qualsiasi società motivo di orgoglio e di sprone.

Ed ora in breve il consuntivo. Chiesa nell'asta e la Passio nel lungo, avellano già dato nelle ultime settimane i nuovi limiti na­ zionali rispettivamente con ni. 4,30 e ni. 5,74. Il terzo limite nazionale assoluto migliorato è quel­ lo di Silvano Meconi, simpatico e buon autista fiorentino giunto da non molto all'atletica leg­ gera. bruciando tuttavia le tappe, alla pari di Monguzzi, nella dura specialità del peso. Meconi ha scaraventato l'attrezzo a ni. 15.82 dimostrando però di avere tutti i requisiti per poter giungere almeno, e assai presto, ai sedici metri. Ma solo bisogna gareggiare con elementi più forti, meglio se all estero, e di essere ben guidato. I nuovi primati stagionali, stabiliti a Bologna sono quelli di Taddia nel martello con ni. __ 56,67: di Lombardo sui 200 con 21 ”6 e nei 400 metri 48”

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netti — avrebbe potuto fare assai di più se non avesse avuto nelle gambe il recen t issi ino sforzo della finale dei 100, una specialità dove annaspa alquanto — nato com’è per la velocità prol ungala e più avanti forse per il mezzo fondo. Primatisti stagionai i si sono anche rivelati Gehni, simpatico universitario di Pavia sugli 800 metri piani in l’55”4: il sempre formidabile e pure così modesto Adolfo Consolini, che con 54,65 nel lancio del disco, ha dimostrato le sue ottime condizioni fisiche prima di scendere in gara a Mo­ sca (con lui compirà la lunga trasferta anche. Taddia\, Meconi, naturalmente, con il limite che gli ha dato il tauro di primatista; Scavo, il tanto atteso atleta di V elicivi rivelatosi appena lo scorso anno nei Campionati Siudenteschi con 3’58”6 sui 1500, senza tuttavia aver potuto dare il massimo per il ritmo piuttosto lento nella parte centrale della prova: la spettacolosa staffetta 4x400 della Coin. di Mestre (Serena, Pancera, Monego e Bettella} con 3’21 ”2, mentre l'appassionato ed inesau­ ribile Bernes oltre a vincere la gara del salto in alto con ni. 1,80 ha voluto eguagliare il primato stagionale di 1,85. Infine quattro atleti hanno migliorato i propri limiti stagionali vincendo le rispel live prove: Ulivelli. nel lungo con 7,39 (e sarebbe andato assai più lontano senza lo stiramento che lo ha costret­ to all’abbandono), Bonaiuto nel giavellotto (ed ha appena 17 anni) con ni. 62,15: il quarletto dell'Etrnria, di. Prato (Mengoni, Cordella, Gori e. Panerò} con 42” netti sfiorando il limite della Ric­ cardi (41”9).

Si è detto de! successo collettivo della Pirelli davanti al G. S. Fiat di Torino, alle Fiamme Gial­ le di Roma e alla Virtus Lucca, società, col laudate e ben mature, ma molto c’è da dire e con orgoglio della sezione atletica dell’A. S. Roma che al suo esordio, in pochi mesi, ha saputo raggiungere il quinto posto assoluto nella graduatoria generale su trecento sodalizi. I giallorossi hanno gareggiato con spettacoloso spirito di bandiera, coni movendo in alcune prestazioni.

* * * Gli ultimi risultati nazionali ed internazionali ci hanno recato graditissime conferme. Le nostre ragazze hanno superato dominando ad Anversa la nazionale belga, vincendo tutte le prove e ciò che più conta stabilendo una serie di limiti stagionali di notevole valore: la Paternoster ha vinto tre gare: disco, alto e peso, ma assai di più hanno fatto la Leone e la Greppi. La velocista torinese ha eguagliato il suo primato sui 100 con 11’9, senza essere impegnata mentre la Greppi ha egua­ gliato il primato nazionale su,tg/z 80 ostacoli detemito dalla Testoni, dal 1938, con 11”2. Le Azzurre hanno vinto sul Belgio per 73 a 34. Altre conferme sono giunte da Torino e ri­ guardano i saltatori. Roveraro, non ancora ven­ tenne ha saltato unitamente a Dogali 1,93 (fallen­ do di poco Z’1,96), mentre Martini e Carnevali con stile hanno superato agevolmente /T,86. Le nuove « leve » cominciano sul serio ad im­ porsi, come era nei voti di tutti. Xnber

Veramente eccellenti i nuovi comprimari di Renato Tammaro 11 treno stava per lasciare Bologna. Da uno scompartimento di terza classe si levavano gli ul­ timi euforici evviva dei neo-campioni della Pi­ relli. Così si chiudeva una delle più belle finali del campionato atletico di società, che per due serrate giornate aveva sciorinato sulla pista c sulle pedane del massiccio stadio bolognese una serie di risultati veramente soddisfacenti.

La nostra mente era ancora là, fissa sulla rossa terra, sui tabelloni dei risultati, sui visi affaticati degli atleti, sull’entusiasmo del pubblico. Tante erano state le gare e le emozioni che avevano su­ scitato. Ma una cosa soprattutto aveva confortato chi fermamente crede nell’avvenire dell’atletica leggera italiana: il baldo comportamento dei gio­ vani che, per nulla intimoriti dalla presenza dei più noti campioni nazionali, si sono battuti con ardore. Forse il vero significato di questa finale è stato proprio l’evolversi delle ultime leve atle­ tiche, l’affermazione dei prodotti usciti da quelle manifestazioni propagandistiche a largo respiro

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che sono i campionati studenteschi, i campionati del C.S.I., il Gran Premio dei Giovani, ere. di esa­ Ma cerchiamo di riordinare le idee, e zìi minare brevemente le varie gare. Lasciamo da parte gli « azzurri », i campioni già affermali, an­ che se diversi di questi sono tuttora assai giovani, anche se alcuni provengono essi stessi da quelle manifestazioni a cui si accennava sopra. E’ il caso di D’Asnasch, Bravi, Colatore e vari altri. Occu­ piamoci invece esclusivamente dei prodotti piti recenti, di coloro che saranno gli « azzurri » di domani. La prima citazione spetta di diritto alla gio­ vane coppia di pesisti che, per la prima volta ha relegato l’anziano campione c primatista nazio­ nale Angiolone Profeti al terzo posto in una gara tra Linciatori di peso italiani. Alludiamo a .Aleconi ed a Monguzzi, il primo dei quali ha fornito il risultato pili brillante dell’intera riunione mi­ gliorando il primato italiano di ben 40 centime­ tri. Mcconi e Monguzzi non sono ancora mai stati


in Nazionale, ma è certo che si avviano a formare una coppia fissa che fra qualche anno potrebbe fare invidia alla pili classica coppia dell’atletica italiana: Consolini-Tosi. Perché i 15,82 di Meconi ed i 15.24 di Monguzzi non rappresentano ancora il massimo delle loro possibilità. Anzi si può dire che per loro Bologna è stato il punto di partenza per ancor più concrete prodezze. Basta sapere aspettare, con pazienza c fiducia. Un’altra coppia che ha felicemente sorpreso, anche se i risultati raggiunti sono ancora assai lontani dal limite italiano, è quella dei mezzofon­ disti Scavo cd Ambii, affermatisi nei 1500 metri in tempi ben inferiori ai fatidici 4 minuti. Gio­ vanni Scavo, di Vellctri, è un ragazzo potente c tenace, che da qualche tempo rappresenta una delle promesse più vere dell’atletica laziale. Ed ha tutte le qualità per farsi strada. Ambii invece è meno dotato fisicamente, ma straordinariamente combattivo. Lo ricordiamo giovanissimo vincere a Cagliari i campionati del C.S.J. dei 5000 metri in 16’15” circa, letteralmente trascinato dall’incita­ mento dei suoi conterranei. Perché Ambii è un pic­ colo ragazzo sardo, con tutte le positive qualità di questa gente isolana. Giovanissimo, nato nel 1938, è pure Raffaele Bonaiuto. che in assenza dei due « azzurri » Farimi e Ziggiotti, si è preso il lusso di vincere il giavellotto con 62,15. E bello è notare come que­ sta tecnica specialità, una volta veramente «tallii» per noi italiani vada invece portandosi su limiti sempre pili degni. Anche i 400 ostacoli si vanno rimpolpando di specialisti di valore. Diversi nostri giovani quat­ trocentisti hanno capito che con un po’ di appli­ cazione e molto allenamento si possono raggiun­ gere risultati brillanti sugli ostacoli. Ecco quindi Franzoso, Gioielli, Bertuelli, Mallei, tutti giovani già tra i 55” cd i 56” c suscettibili di migliora­ menti, specie quando avranno reso più fluido il passaggio dell’ostacolo. Per restare nelle gare ad ostacoli, dei più gio­ vani, è da citare Massardi, che, dopo il probante collaudo di Thonon dove ha ottenuto 15” netti, si è confermato il più promettente specialista italiano, vincendo in 15”]. II passaggio della bar­ riera da parte di Massardi è piacevole c assai com­ posto; forse abbisogna solo di una maggiore ve­ locità di base, per portarsi su tempi di valore in­ ternazionale. Negli ostacoli alti, ancora da no­ tare Shernadori, il robusto romano che ha porta­ to il suo primato a 15”5. Nelle gare di scatto, che a tutta prima sem­ brerebbero le più facili, poche invece le novità importanti, tanto che il quattrocentista Lombardo ha dominalo la scena. De Murtas è ancora molto giovane, anche se già da alcuni anni è consi­ derato una promessa: da lui si attende la confer­ ma del 10”6 ottenuto in terra francese. Sui 200, agile c bene impostalo, è Arnioni, che quest’anno è già sceso a 10”9 e 22”!. Se passiamo alle gare di fondo le novità poi sono ancora minori, limi-

Beppone Tosi sta per chiudere la luminosa carriera. Ma sarà di certo, per i giovani, capace, affettuoso maestro, come è stato impareggiabile atleta e superbo alfiere azzurro in tanti confronti internazionali

landosi al solo bresciano Gandini, che dopo aver ottenuto un brillante 15’6”4 sui 5000 metri in maggio, sembra un po’ affaticato dalla molta atti­ vità. Gandini. minuto e gracile in apparenza, ha comunque tutti stupito quando batté nel tempo anzidetto il quotato Lavelli, vincitore a Bologna di entrambe le gare di fondo. E avrà modo, l’al­ lievo di Calvesi, di riprendersi e di potenziarsi. Il fiorentino Archilli, dalla elestica, armonica falcata, è il più giovane della bella schiera di quattrocentisti, tutti sotto i 50”, presentatasi alla finale bolognese. Ed ha ottenuto un 49”! pieno di promesse. Nel salto in lungo prodezze di gio­ vani già affermatisi. Con divelli e Bravi anche Canattieri, Colatore e l’esperto Druetto oltre i 7 metri: fatto unico in Italia. Martello, asta e triplo sono specialità che ri­ chiedono anni ed anni di specializzazione: nes­ sun « nuovo » tra i primissimi, perciò. Ma il mar­ chigiano Bagnini (14,45 nel triplo all’inizio della stagione) era assente. Delusione invece nel salto in alto, dove gli 1,80 abbondano, ma 1’1.90 — fermo Roveraro — è ancora lontano. Belle infine le staffette, con risultati di ri­ lievo e combattute sino al limite estremo. E que­ sto dell’ardore combattivo è una positiva qualità delle ultimissime leve della nostra ascendente atletica. -

lionato Tammaro

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L

I DRA X DEL TENNIS ITALIANO Il progresso porta all’interessa­ mento: da quest’ultimo, per arriva­ re alle lodi e agli osanna il passo è breve. Il tennis italiano che in quest’ultimo scorcio di tempo ave­ va fatto dubitare di avere perduto gran parte della sua forza ascen­ sionale e temere quindi per il suo futuro, improvvisamente e grazie ad un rapido quanto improvviso colpo di reni si è ridestato e ci ha regalato ottimi risultati e rimarche­ voli soddisfazioni. Non si può accertare con esattez­ za l’inizio di una vera e propria era di « ricostruzione » — forse fin dal 1953, forse solo dall’anno scor­ so, — comunque i progressi sono e saranno evidenti. La Federazione Tennis si è assestata ed ha dato prova di buona capacità e di per­ fetta intesa in ogni settore — da questa tranquilla situazione interna non può naturalmente derivare che un diretto giovamento per lo sport tennistico che si vede effica­ cemente spinto verso quei tanto auspicati traguardi ai quali più volte giunse e più volte dimostrò di ben meritare. Poteva forse sembrare un mirag­ gio ritornare così celermente su quelle posizioni, ed è per questo

che tanto più gradite sono le vitto­ rie e i trionfi dei nostri atleti. Il rinnovato entusiasmo pei- il tennis da parte dei giovani — la cura par­ ticolare che segue il rinnovamento dei quadri con l’immissione di nuo­ ve forze — la serietà e la passione riscontrate nei Centri di Addestra­ mento — il tutto non rappresenta che l’inizio di un profìcuo e merite­ vole lavoro. Il vivaio italiano è di gran lunga fortissimo. Dalla « leva » all’addestrumento, per finire fìnire al « perfezionamento » e quindi al « lancio ». è un lavoro in serie che, malgrado la scarsità di campi e di praticanti (il confronto con altre nazioni è significativo in merito e valorizza ancor di più i nostri successi) porta ogni anno alla ribalta nomi nuovi in grado di inserirsi fra le migliori racchette nazionali e internazionali. La Coppa Davis è sempre stata un luminoso miraggio, un presti­ gioso richiamo al quale ogni nazio­ ne tennisticamente evoluta rispon­ de dedicandogli il meglio di sé attra­ verso maggiori sacrifici e migliori attenzioni — in essa si vuol vedere il termometro che segni l’esatta mi­ sura del valore dei singoli e del complesso.

Ili Gli allievi del Centro di Addestramento Tennis, .durante il saggio al Foro Italico, ascoltano la parola del dott. Giorgio De Stefani, Presidente della Federazione Inter­ nazionale Tennis, Membro del C.I.O. ed anche ex grandissimo campione.

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E' recente l’ultimo risultato nei quarti di finale della Zona Europea: Italia batte Danimarca 5-0. Dopo il « cappotto » di Monaco, ecco segui­ re quello di Copenaghen, tanto più gradito e clamoroso in quanto ve­ ramente inaspettato, almeno nella misura. Fu vera gloria? Ai miracoli riesce difficile credere di punto in bianco specie a coloro i quali, facili adulatori di ogni pro­ dezza, ma poco amanti degli studi che ricercano le cause di una de­ cadenza o di un progresso, stanno ora ritornando precipitosamente sui propri pa’ssi ripassando le cro­ nache e i risultati di quest’ultimo periodo per aggiornarsi e dare una ragione alla loro incredulità. Quando, dopo gli Internazionali ilei Foro Italico, alcuni critici stra­ nieri ci dissero che avevamo più di un campione di classe internazio­ nale. le loro affermazioni caddero nel vuoto — bene quindi ha fatto la FIT a dare pieno affidamento e la giusta considerazione ai nostri quattro moschettieri i quali hanno fornito eccezionali conferme. E il miracolo è avvenuto. Una forte squadra dotata di due forti singolaristi e di un ottimo dop­ pio: questo ci ha confermato Cope­ naghen. e ciò ci sia efficace iniezione di fiducia e di serenità in vista del prossimo traguardo: Birmingham. Dove invece vorremmo che l’ec­ cesso di ottimismo non ci offuschi la vista né ci annebbi le idee è nel « caso » Merlo. Non sappiamo bene le origini e le cause della simpatia che proviamo per il « virtuosissi­ mo » ed è in virtù di ciò che non ci stancheremo mai di invitarlo ad un maggior controllo sulla sua lo­ gorante ed estenuante attività che lo vede correre di qua e là su tutti i campi d’Europa. Due parole su Pietrangeli il quale ha sostituito Cardini nell’ultimo singolare che lo ha visto opposto a Jorgen Ulrich dal quale è diviso da una fiera rivalità. E’ stato un incontro nettamente dominato dal nostro rappresentante. Nulla di nuovo che già non sia stato più volte ripetuto, sul nostro numero uno Cardini — è stata la conferma delle doti da giuocatore estroso ed intelligente con in più la dimostrazione di una maggiore avvedutezza e controllo della sua attività. In quanto a Sirola l’elogio più schietto è quello di aver com­ pletato più che degnamente il quar­ tetto azzurro. I campionati italiani di seconda categoria si sono conclusi con risul-


Per finire, un vivo ringraziamen­ to alla FIT che ci ha dato la pos­ sibilità di assistere al « Saggio » del Centro di Addestramento al Foro Italico. Il CONI, istituendo tali Centri, sapeva bene di andare incontro a gravi problemi tecnici, organizza­ tivi e finanziari — maggior ricom­ pensa non poteva venirgliene dopo che gli applausi sinceri e non di convenienza, l’entusiasmo e le pro­ dezze dei giovanissimi in erba, hanno punteggiato una giornata veramente significativa. E il cam­ po centrale del Foro, usualmente dedicato ai grandi campioni per i grandi incontri, è stato ben fiero di tenere a battesimo la prima uscita di questi «ragazzini» del tennis, tanto fiero da sembrare più luminoso e accogliente di sempre!

* * *

p-' Una visione panoramica dello esibizioni di «voice al muro » degli allievi del Centro di Addestramento

tati e indicazioni soddisfacenti an­ che se era impossibile pretendere un alto indice di gioco data la posta in palio (troppo spesso però i no­ stri giovani antepongono l’essenza del semplice e crudo risultato alla sostanza di un giuoco tecnicamente pregevole!), malgrado ciò è vera­ mente confortevole il constatare di avere dei rincalzi veramente in gamba sui quali fare affidamento per il futuro. Michele Pirro — con il suo «tris» di vittorie ha confermato di essere una certezza — Bonetti — ha dato del filo da torcere al vincitore asso­ luto meritando applausi ed elogi incondizionati — Barioni — un giuocatore al quale manca la rego­ larità per essere la « bestia nera » di tutti — Alberto Parri — più a suo agio nei doppi che nel singolo — Bonaiti — il quale sembra tra­ scurare un po’ troppo la prepara­ zione atletica — per finire a Mo­ relli e Mattei, i due giovanissimi che pur raggiungendo successi for­ se insperati (specie il primo) han­ no deluso per il repertorio piutto­ sto povero messo in mostra. In campo femminile, una vera rivelazione la Bassi che, dopo aver eliminato la testa di serie N. .1 nella persona della Bozzano, ha ceduto forse troppo nettamente nella fi­ nale — comunque ottima presta­ zione la sua che fa bene sperare per il suo avvenire. 11 titolo femminile è andato me­ ritatamente alla Frigerio (in cop-

pia con Pirro M. ha vinto anche il misto fornendo una prova su­ perlativa) mentre una grossa de­ lusione l’ha procurata la signora Sozzano — buone anche le esibi­ zioni della Gambro e della Brajda mentre una citazione merita anche il doppio misto dei juniores di San Remo, Beltrame-Scalabrini.

Bene: nel momento più burra­ scoso e ricco di polemiche, il Ten­ nis risponde alle critiche e ai vari interrogativi a suon di risultati fa­ vorevoli e vittorie eclatanti — al­ lori colti a spese di « assi » quali Drobnj, Morea, Trabert e Seixas — trionfo degli azzurri in terra stra­ niera — sono quanto di più atteso e ghiotto si potesse pretendere da un piatto fino ad oggi considerato sciocco e senza attrattive di gola. L’ora X del Tennis italiano è scoccata ! Aiidusto Caccinmann.

Coppa Davis, Zona europea Finlandia Austria

Egitto Turchia Germania Irlanda Sud-Africa Norvegia

Monaco Argentina Svizzera Olanda

Jugoslavia Cile

Portogallo Cecoslovacchia

Inghilterra ( Austria )

5-0

(Inghilterra 1 ) 4a Inghilterra |

India ( Egitto \ 4-1

^India

Italia \ Germania

^Italia 5-0

\

4-1

Danimarca )Sud-Africa )

|j

! Cile 5-0 Ungheria

1

Italia 5-0

I

5-0

\

(Danimarca 3-2

4-1

? Argentina ’ 3-2 Francia ? Svizzera ’ 3-2 Svezia

3-2

(Francia j 3-2

1

/ Svezia /

3-2

(Svezia

j

5-0

(Cile

i 4_1

Cecoslovacchia (Belgio 5-0 < 5-0 Belgio )

Cile 3-2

I

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Il TAI-IITIISHl, conosciuto conio «Ilovesciata in avanti con sbnrrainentop secondo la termino* logia tecnica italiana, consiste nel portare l’avversario in equi­ librio su una sola gamba, (■'attaccante opera con una forte trazione di braccia per costringere l’avversario a spo­ stare il peso del suo corpo in avanti e sulla gamba, intuendo tale assunzione di posizione, durante la trazione l’attaccan­ te esegue mezzo giro a sinistra spostando il piede sinistro in avanti e lanciando il peso del suo corpo in quella direzione. Immediatamente dopo sposta il piede destro che incrocia quello dell’avversario. ìl’el mo­ vimento di rotazione del corpo, la trazione delle braccia si ac­ centua e non lascia tempo al­ l’avversario di recuperare una posizione di equilibrio, azione ostacolata inoltre dallo sbar­ ramento effettuato con la gam­ ba. Seguendo la naturale ten­ denza del corpo ad andare in avanti, l’attaccante costringo l’avversario alla caduta.

Esecuzione e spiegazione del maestro Emilio Scollo di Milano

Per i_giapponesi è quasi un esercizio spirituale

...cosi lo studente Ilo spiegò il judo al bidello volante»

1

«

Ancora oggi al mio paese, negli istituti scola­ stici, viene raccontata la storia «lei « Bidello vo­ lante ». Per la cronaca questi era, ed è, un’istitu­ zione scolastica, enorme ed energico individuo, terrore degli studenti.

Si era ai tempi d’Africa ed è quindi facilmente comprensibile, come al bidello sia venuto alle labbra spontaneamente il nome di Negus da ap­ pioppare ad uno strano e minuscolo studentino, fa­ moso per le sue idee stravaganti, fra le quali non ultima quella di rimanere appollaiato tutta la notte su di un albero nutrendo l’intenzione, per la verità poi soddisfatta, di arrivare a scuola con una volpe viva. Il ragazzetto era timido timido. Completo di cappotto e scarpe stentava ad arrivare sui trentacinque chili. Ma quando si sentì piombare addosso 34

la sferzata di quello sprezzante (allora) sopranno­ me, fece assistere a qualcosa di incredibile, Dopo un breve agitarsi di braccia c di gamhe, si vide il bidello sorvolare a volo radente la prima fila di banchi per rovinare sopra la seconda. Alla classe ammutolita e stupefatta, il ragazzetto disse, calmo a ino' di piegazione: judo, lotta giapponese. Da quel giorno, il mio amico, divenuto in se­ divcntò una curiosità guito esimio professionista diventò

cittadina. Nel frattempo era era anche cresciuto in peso ed in altezza. Ora era alto circa un metro c mezzo c pesava quarantatre chili scarsi. Sotto al mento una esigua barbetta cercava disperatamente di dare un’aria imponente al complesso. Eravamo nel 1945. La guerra finita da poco, et


aveva lasciato in eredità tra i residuati vari, anche una ghenga di bulli attaccabrighe c pericolosi che spadroneggiavano nella zona.

Che non scherzassero lo dimostrò un giorno il loro capo, un’elemento di circa un quintale distri­ buito su una lunghezza di due metri, quando, avendogli l'autorità sequestrato un carico di merce di contrabbando, mitra alla mano si presentò al locale comandante c se lo fece restituire.

Un giorno i due metri del capobullo, incontrarotto c fermarono il metro e mezzo e la barbetta del mio amico. Questi molto diplomaticamente, cercò di scan­ tonare senza dar spettacolo. Ma l’altro allungò una delle sue manacce dicendo: — Stai scappando « Negus » ? Poi invece di attendere la risposta, si staccò da terra, piroettò per aria e si spiaccicò sul selciato, In tutto era durato pochi secondi. ma il mio amico aveva per la seconda volta messo la trau­ quii! a e pacifica cittadina, di fronte ad mi mistero più grande di essa: il judo, la lotta giapponese. 4t-

*

*

Oggi per la verità, anche lassù, sono rimasti in pochi coloro che influenzati da un buon numero di films ambientati nell’Estremo Oriente, conti­ nuano a considerare il judo frutto di qualche dia­ bolica setta orientale.

.Nei judoista ogni azione deve costituire un ri­ flesso. Ma ciò nonostante la mente deve sempre seguire, sorreggere l’azione del corpo essendo ap­ punto basato il metodo sulla perfetta collabora­ zione tra la mente e il corpo allo scopo di ottenere il massimo effetto col minimo sforzo. Il vantaggio principale derivante dalla pratica del judo, è il raggiungimento di un perfetto equi­ librio psico-fisico che si ripercuote benevolmente in tutte le attività anche non sportive del prati­ cante.

* Il judo italiano, dopo la paralisi bellica si pre­ sentò alla ribalta della rinascente vita sportiva ita­ liana animato da serie intenzioni. Sotto la guida del maestro C. Oletti, pioniere del judo in Italia, un gruppo di entusiasti esperti, diede ben presto vita a quello che doveva poi di­ venire il Gruppo Autonomo Judo in seno alla Fe­ derazione Italiana Atletica Pesante. Da allora sino ad oggi molto è stato fatto, almeno dal punto di vista propagandistico. Il numero dei praticanti è sempre andato au­ mentando in modo veramente impressionante.

Ma sono molti di più quelli che ancora non sanno esattamente distinguere tra lotta giapponese e lotta libera americana. Nelle menti dei più que­ ste due lotte si confondono e si fondono per dare come risultante l’idea del massacro. Il maestro Bruno Stradella, di Milano ha vo­ luto aiutarci nel tentativo di spiegare qual’è la dif­ ferenza basilare, sostanziale, tra questi due sistemi.

Il principio che fa del judo uno sport diverso non solo dalla lotta libera ma anche da tutti gli altri sport di combattimento, è quello « della non resistenza ». Nel judo non si oppone forza alla forza ina intelligenza, tecnica, morbidezza di movimenti alla potenza d’urto dcH’attaccante. La lotta libera è stata ideata da uomini erculei, eccezionali, dotati di forza straordinaria, allo scopo di sfruttare questa loro potenza per demolire più facilmente l’avversario.

Il judo invece è nato dal desiderio, dal bi­ sogno di uomini piccoli e deboli di difendersi dal­ l’aggressione dei più forti, sfruttandone la loro stessa forza.

La pratici:a del judo rende il corpo flessibile, dona una muscolatura morbida paragonabile a quella dei felini. Inoltre l’abitudine di attendere c calcolare l’azione e l'intensità dell’azione avversaria fino all’ultimo istante, conduce ad una calma cd ad una immediatezza di riflessi eccezionali.

Magnifica e perfetta presa, sintesi di agilità e destrezza

35


lo scambio di tecnici, selezioni accurate e soprat­ tutto maggiori contatti agonistici internazionali. Bisognerebbe adattare il nostro regolamento tecnico a quello internazionale al fine di evitare ai nostri atleti almeno lo svantaggio di combattere in un modo a cui non sono abituati.

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Indispensabile sarebbe creare corsi speciali allo scopo di migliorare la tecnica dei migliori sfrut­ tandone e valorizzandone le loro possibilità.

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Con pili interessamento per questi problemi c forse con meno montature di stampa, mi si per­ doni la sincerità, che altro non fanno con le solite altisonanti frasi, che mistificare la verità, c se pur col lodevole intento di popolarizzare il judo, collaborano invece a ritardarne la soluzione dei gravi problemi, sicuramente anche l’Italia potrà aspi­ rare di raggiungere un suo valore internazionale che ci compensi degli, sforzi veramente notevoli che stiamo compiendo. Quando riusciremo ad ottenere all’estero bril­ lanti risultati, avremo sicuramente reso un grande servigio alla diffusione di questo sport, ben mag­ giore di quanto non ottengano i solili soliti articoli con­ formisti c retorici a cui siamo ormai ben abituati. Questo, abbiamo dello, il parere del delegato re;gionale lombardo della Federazione.

'_____________ I

Terzo, sincronizzato esercizio elei maestro Scotto, a dimo­

strazione della

vitalità atletica del judo, ma ai giovani in specie

adatto

a

tutti

Quantitativamente quindi il successo ha arriso a questo sport. Ma in campo internazionale le nostre rappre­ sentative hanno subito sempre cocenti sconfitte. Qual’é la causa di ciò? Anche su questo argomen­

to, il maestro Stradella ha tenuto ad esprimerci il suo punto di vista.

La stima di cui gode l’Ilalia in campo inter­ nazionale, è molto alla per ciò che riguarda la classe dirigente.

Ed infatti la Presidenza dell’Unione Europea Judo, è tutt'ora affidata all’Italia. Ma dal punto di vista atletico, le cose sono molto differenti. L’Italia non ha atleti di classe internazionale. Ci sono voluti parecchi campionati prima di convincerci di questa triste realtà. Fa male ammet­ terlo, ma è meno dannoso che continuare ad illu­ derci. Questa situazione, sia ben chiaro, non è impu­ tabile neppure minimamente agli atleti che sem­ pre hanno dato tutto quanto potevano per la di­ fesa dei nostri colori.

Per migliorare la situazione sarebbe necessario

36

Secondo alcuni esperti giapponesi, ci furono c ci sono dei maestri giapponesi capaci di tramortire l’avversario a distanza soltanto lanciando un grido basato sugli ultrasuoni e chiamato Kiai.

Per sostenere questa tesi un famoso maestro francese si dichiarò disposto ad entrare in una gabbia di bestie feroci, completamente disarmato, e di essere capace di mantenerle a distanza me­ diante appunto questi « gridi speciali ». Contrariamente alle generali previsioni non In divorato. Le belve dopo aver minacciosamente rug­ gito, si rintanarono in un angolo ammutolendo. -::■

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Per i giapponesi il judo non è solo uno sport. Esso è soprattutto un esercizio spirituale. E parte integrale dei loro melodi di meditazione. Per essi non è solo questione di vincere o di perdere. Le palestre laggiù si chiamano « dojo » o « luogo dove si studia la via ». Là dentro l’atmosfera è mistica, è proibito par­ lare. Ciò naturalmente non toglie che ogni tanto qualche figlio del Sol Levante, si dimentichi del

lato mistico e filosofico della questione, per impar­ tire agli occidentali lezioni tali da togliere il fiato e da far girar la testa. E non solo metaforicamente. Dopodiché vaiti a fidare dei filosofi !

Franco Garbacelo


1

« ni ENZA BEN RESPIRARE E' UN’ARTE Appena tre persone su dieci sanno ben re­ spirare - Respirare bene vuoi dire espirare.

<11 Sergio Nnnt lice S

Non è soltanto per chi pratichi dello sport che la respirazione, diviene cosa importantissima. Per tutti ~i dovrebbe raccomandare un’ottima

respirazione, come, almeno, qua e là si inneggia a specialità gastronomiche o bibite risanatrici.

Si, infatti l’alimentazione aerea non è meno importante di quella solida o liquida che sia: anzi la prima è indispensabile che sia completa perché si possa verificare bene la seconda. Un’ottima re­ spirazione, infatti, un maggior scambio di ossigeno con l’ambiente permette all’organismo di meglio funzionare. E’ a lutti nolo. poi. sempre parlando ancora a difesa dell’alimenlazione aerea, come senza di questa si possa resistere a mala pena qual­ che minuto e senza quella solida per alcune

settimane. Eppure anche per la respirazione si è soliti applicare la legge del necessario e dell’indispen­

sabile come per la fisiologia dell'alimento solido. Il che avviene nel “0% dei casi. Invece per l’ali'niento aereo superfluo.

dovrebbe

dominare

la

legge

del

Un noto biologo parlando del respiro scriveva : « Viverc bisogna da gran signori la vita piena ». Il respirare bene è senza dubbio un’arte. Evidentemente per acquisirla occorre conoscernc il meccanismo.

L’organismo è alimentato da ossigeno di cui una parte di provenienza aerea e l'altra alimen­ tare. ovvero ossigeno metabolico cioè quello con­

getto è indubbiamente opera eletta per eccellenza. Infatti sembra che i tessuti, l’intimità stessa dei protoplasma cellulari, abbiano proprio bisogno di questo ossigeno genuino. La seconda parte d’ossi­ geno. venuto fuori dalla scomposizione delle so­

alimentari, quindi di ordine residuale, sembra abbia la funzione di neutralizzare e eliminare le sostanze tossiche, quelle di rifiuto accumulate nell’organismo sotto forma di acqua o

stanze

di acido carbonico. Ebbene, ecco la grande funzione dell’ossigeno.

.Mentre il primo ossigeno, quello contenuto nel­ l’aria a funzione squisitamente nutritiva, impe­ gna l’atto della inspirazione, il secondo, a fun­ zione eliminatoria, occupa il secondo atto della respirazione : l’espirazione.

1

Immettere ciò che nutre ed espellere quanto è nocivo sono due atti della stessa importanza. Ebbene, mentre tutti sanno inspirare a pieni pol­ moni. come comunemente si dice, ben pochi sanno espirare, afflosciarsi così che in nessun punto del territorio polmonare si formino luoghi di rista­ gno rifugio di tossine. La respirazione dovrà essere sì. ampia e pro­

fonda ma è importante che sia completa. Decisa­ mente ben respirare vuol dire ben espirare. Forse il fatto che non si sappia espirare molto è da attribuire alla poca importanza che si dà al

!

muscolo che controlla la respirazione: il diaI ramina. Fin dai tempi delle prime classi ele­

tenuto nelle molecole dei grassi, degli idrati di carbonio, ecc. Il primo, ossigeno di prima mano, captato nei polmoni dai globuli rossi è traspor­

mentari. per maggior chiarezza, ci venne inse­ gnato che questo muscolo stava a dividere il corpo umano in due parli: la superiore aerea e l’infe­ riore liquida. Oggi, a distanza di tempo, dovrem­

talo a lutti i tessuti indistintamente dove ne opera processi costruitivi. L’opera di questo primo ossi-

se. come spesso avviene regoliamo i movimenti

mo concludere che non siamo andati tanto in là

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quelli

infastidendo

tendono l'ossigeno. Il che non avviene durante

così i polmoni. A questo riguardo sarebbe ne­ cessario che ognuno giornalmente praticasse de­ gli esercizi capaci di armonizzare, educare il fì­

il giorno in quanto la vita vegetale occupata nel­ l’assimilazione attraverso i meravigliosi filtri clo­ rofilliani sollecitati dai raggi solari preleva l’acido carbonico e restituisce l’ossigeno prelevato nella notte. Giorno - notte quasi fosse per le piante una lunga inspirazione ed espirazione. Ecco come

rici

diaframma a

del corpo

sico ai movimenti «lei diaframma.

ARIA SAIA, li RE E IL SALUBRE Tutte le arie di per sé sono eguali dal punto di vista, diremo così organico. Ma poiché una maggiore importanza respiratoria essa assume se

più carica di ossigeno rispetto alla quantità di acido carbonico, evidentemente la sua attitudine funzionale è in stretto rapporto al quantitativo di questi due elementi.

A tutti è ben noto che l'aria viziala è malsana, in quanto prevale il quantitativo di acido carbo­ nico sull’ossigeno. Ma pochi, pochissimi si rendo­ no conto della variazioni stagionali c «piindi del­ la carica carbonica dell’aria atmosferica, durante particolari ore. con tutte le conseguenze prevedi­ bili sulla funzione respiratoria. Durante la notte l’uomo e le piante si con-

l’aria si fa pura accanto alle foreste durante il giorno e specialmente nelle ultime ore del vespc-

ro quando tutta l’opera della clorofilla è più in­ tensa perché azionata da una maggiore quantità di raggi infrarossi. Senza dubbio è questa l’ora degli esercizi sportivi per i giovani come per i più anziani è l’ora della passeggiata dietro le «mura» del paese.

La notte avanzata, se non prevedesse la nai tura, porrebbe l’uomo ad una lotta impari coni la flora per la conquista dell’ossigeno. Infatti la na­ tura dispone per l’uonio il sonno. E’ questo un grande amico la cui funzione diventa così sempre più salutare, specialmente se si vive in campagna.

La posta di “Sesti » « Per ogni attività produttiva, per ogni lavoro esiste un’attività sportiva specifica a fine terapeu­ tico, educativo?» (Fornari Ma rio - Alessandria). Un’attività sportiva appropriata ad un dato lavoro è un problema di va­ ste proporzioni che tecnici, medici, psicologi, sociologi vanno man mano studiando inserito nel quadro dell’im­ piego del tempo libero. Non sarà, per ciò azzardalo in un molto prossimo do­ mani dire che esiste un’attività spor­ tiva per il muratore così come per l’impiegato. Quanto ora viene fatto è ancora molto su un piano di studio.

« Mare o montagna in estate? » (R. Antonioni - Torino). Scorrendo le pagine di dieci riviste illustrate almeno sei riportano articoli: « Mare o montagna? ».

A mio parere credo, innanzitutto, che chi domanda non spera altro che di ricevere la risposta che confermi la decisione già presa. In genere il periodo di tempo delle tanto attese vacanze a malapena è ca­

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pace rii contenere cure climatiche qua­ li il mare o la collina. A prescindere, poi. dalla spesa non sempre alla por­ tata di tutte le tasche. Comunque, di per se. l’aria di mare ha indicazioni molto vaste ma abbastanza precise: lin­ fatismi; inappetenze; contro indicazio­ ni altrettanto severe: ipertiroidismo, morbo di Basedow, malattie renali ecc. Per quanto riguarda la collina si può concludere che è un ottimo posto di riposo, che sia però condita da passeg­ giate. e da una vita molto igienica. Cosa ottima sarebbe, a nostro parere, alternare l’uno e l’altra. Comunque soltanto un medico, ed il medico che conosce ed incontra l’infelice Amleto sarà in grado di giudicare.

« ('he ne pensa dei succhi di frut­ ta? » (A. Venturi - Messina). Specialmente durante l’estate, se pre­ si nel pomeriggio, sono ottimi disse i ­ tanti. Inoltre non va dimenticato il lo­ ro contenuto vitaminico ad azione nu­ tritiva c costruttiva dei tessuti per l’organismo tenuto sotto pressione dal solleone. E’ chiaro che specie la lavo­ razione. la trasformazione delle frutta

Serjfio ®M!Bi!iaeei

in succhi qualità.

è

in

rapporto

alla

loro

« ...Insomma, vorrei conoscere, una buona volta, quale sia lo sport più completo... (Angelo D’Antoni - Roma). Lo sport più completo, cioè che riead armonizzare contemporanea­ sce mente i movimenti di tutti i fasci mu­ scolari è senza dubbio il nuoto. Sarà opportuno aggiungere che le sue va­ rietà differiscono l’una dall’altra dal punto di vista della fatica, consumo di calorie.

«

...Vorrei sapere quale sia l’attività sportiva più adatta a quelle co­ muni forme di sfiducia in se stes­ si » (A. Rossi • Roma).

Tutte le attività sportive in genere, per questa specie di malattia, diremmo così, non trovano che rare controindi­

cazioni. Pur tuttavia l’alpinismo è tra le atti­ vità sportive che offrono maggiore pos­ sibilità di misurare le proprie capa­ cità. Infatti nell’ascensione ci si pre­ figge il compito di superare difficoltà che esigono una dedizione completa di se stessi. L’alpinismo offre la migliore possibilità di autoeduearsi in quanto la prestazione stessa obbliga il soggetto che la pratica a vincere eventuali de­

bolezze interiori. Sena


niedicino^.^Appunti del Prof. LA CAVA fattività sportiva, razionalmente con­ dotta, non può riuscire dannosa. Ma attenti agli eccessi!! Possono i giovani praticare l’agonismo sportivo senza danno’ Ecco l’interrogativo che spesso si pongono genitori e maestri e a cui deve rispondere il medico sportivo. La patologia sportiva studia infatti i fenomeni mor­ bosi, di natura medica o traumatica, che possono conse­ guire ad una attività sportiva condotta irrazionalmente Tale definizione non è una contraddizione in termini: come esiste una patologia da eccessivo dosaggio di medi­ camenti o da errata indicazione, come esiste una patolo già della cicatrizzazione, che pure è fenomeno riparatore e benefico, così può esistere ed esiste la patologia di una attività che nella sua vera essenza dovrebbe essere sol­ tanto educativa e benefica. . Gli esercizi sportivi in un organismo sano, eseguiti in ambiente naturale favorevole (sole, aria, acqua) costitui­ scono infatti un fattore sostanziale per la conservazione dello stato di salute e in molti casi un efficace metodo terapeutico: ma l’agonismo richiede spesso all’organismo un dispendio di energie che supera talvolta la soglia fisio­ logica per cadere nella fatica e nello strapazzo, fenomeno essenzialmente patologico. Tale stato di cose può sortire effetti ancora più dan­ nosi quando l’attività sportiva sia condotta irrazional­ mente o empiricamente, con la inosservanza delle oppor­ tune norme di igiene sportiva, dettate da leggi biologiche fondamentali. L’allenamento e cioè il processo di rodaggio per cui l’organismo viene portato gradualmente e fisiologicamente ad un rendimento enormente superiore a quello di partenza, è spesso condotto in modo irrazionale. L’iperallenamento che ne deriva (e cioè lo strapazzo cronico da sport) costituisce una delle più frequenti cause di ma­ lattie da sport, reversibile è vero, ma pur sempre da inquadrare nel campo della patologia. Esso è provocato da un eccessivo dosaggio giornaliero di allenamento op­ pure da prestazioni agonistiche troppo ravvicinate; la di­ minuzione del peso, Io stato di eccitazione psichica, i disturbi dell’apparato digerente, l’abbassamento della pres­ sione massima con aumento della minima, lo scarso ren­ dimento agonistico sono sintomi che indicano chiara­ mente un bilancio organico difettoso in cui le spese ener­ getiche superano le entrate. Adattamenti anatomici-funzionali - Stati limite; Se il fenomeno patologico dello strapazzo può essere evitato, imprimendo all’allenamento un indirizzo che si basi sulle fondamentali leggi della fisiologia, non altrettanto può dirsi di tutti quei fenomeni che costituiscono le modifica­ zioni permanenti, esito di un’attività sportiva agonistica condotta intensamente e prolungata nel tempo, come av­ viene in alcuni professionisti dello sport. Ad ogni mag­ giore richiesta di lavoro, i vari organi rispondono infatti con modificazioni non solo funzionali, ma anche, se la richiesta è intensa e prolungata, anatomiche. Come il mu­ scolo, con le ripetute contrazioni, raggiunge un certo grado di ipertrofia, altrettanto deve verificarsi nel cuore, chiamato ad un intenso lavoro idraulico; nel polmone, per una più ampia ventilazione; nel fegato, impegnato in una continua azione detossic.inte sui veleni della fa-

tica; e nel rene, che deve sobbarcarsi ad una intensa attività eliminatoria di prodotti di rifiuto. In tal senso le modificazioni organiche da sport sono da considerarsi nel complesso dei fenomeni di adatta­ mento. secondo i concetti espressi da Selye; il significato di tali modificazioni non è dunque quello di un reperto patologico, bensì di un reperto fisiologico specifico. In ef­ fetti. compito fondamentale della medicina sportiva è quello di stabilire con esattezza sull’atleta i confini fra condizione fisiologica cioè ìiormale e stato patologico e cioè di malattia-, e di stato patologico si potrà parlare solo quando il reperto indica non un’alterazione anato­ mica ma un'alterata risposta funzionale dell’organo; in altri termini, e per spiegarci con un esempio, non è l’au­ mento di volume del cuore che deve preoccupare bensì un suo irregolare funzionamento documentabile con le prove da sforzo-e relettrocardiogramma; è evidente in tal caso che la funzione cardiaca è deficitaria per eccesso di lavoro sportivo, attuale o pregresso. Non si dimentichi tuttavia che, nell’atleta allenato, il livello dei valori nor­ mali si sposta gradatamente verso reperti che nei soggetti sedentari sono considerati come nettamente patologici: tipica la bradicardia o polso lento che in alcuni atleti raggiunge le 40-50 pulsazioni al minuto e che nel soggetto sedentario sarebbe indice di grave malattia cardiaca, men­ tre nell’atleta dimostrano un’ottima preparazione agoni­ stica.

La riabilitazione dei minorati fisici me­ diante esercizio sportivo. (Comunicazione alla 1“ Conferenza nazionale per la ria­ bilitazione del fanciullo minorato fisico - 15-21 V 1955)

La possibilità di riabilitazione dei minorati fisici me­ diante l’esercizio dello sport deve essere considerata sotto un duplice aspetto, l’uno strettamente fisico, l’altro di na­ tura morale. Per quanto riguarda l’aspetto puramente somatico oc­ corre dire che molte idee sono cambiate in questi ultimi anni rispetto al giudizio di idoneità alle attività sportive da parte di soggetti fisicamente minorati Tale evoluzione di idee potrebbe essere condensata in un motto: lo sport è utile non solo per i forti, ma anche'per i deboli. In effetti si riscontra in molti paesi, compreso il nostro, la tendenza ad escludere dall’esercizio fisico-sportivo i sog­ getti fisicamente deficitari, mentre sono proprio questi i più bisognosi di attività sportiva, beninteso controllata, la quale acquista pertanto netto valore terapeutico. Del resto la possibilità da parte di soggetti minorati di raggiungere alti livelli agonistici è dimostrata dalle eccezionali prestazioni di atleti minorati: esempi ne' ab­ biamo molti, anche in Italia. Il problema va anche considerato sotto l’aspetto piu specifico, è cioè quello della selezione del tipo di sport più adatto per la singola minorazione. E’ evidente che in que­ sta selezione attitudinale vera c propria devono essere seguiti gli stessi principi della « occupational therapy » e cioè quegli sports che impegnano particolarmente i settori più deficitari. Ma il problema va anche e soprattutto sotto l’aspetto ps.co-terapeutico. Quello che distingue la terapia sportiva dalla terapia lavorativa è l'agonismo; nella terapia spor­ tiva il soggetto è impegnato a superare il compagno e questo spirito di emulazione, beninteso controllato nei giusti limiti, può portare il soggetto minorato a fornire prestazioni superiori a quelle conseguite con la semplice terapia lavorativa (la quale ha tuttavia il vantaggio di offrire al soggetto un mestiere} ma in ogni caso assai mi­ gliore che con la semplice ginnastica correttiva, la cui monotonia di esecuzione porta facilmente a stanchezza ed esauribilità Ultimo e non meno importante effetto della terapia sportiva è quello psicologico. La possibilità che si offre al minoiato fisico di una vittoria proprio nell’agone fìsico costituisce il migliore antidoto per il complesso di infe­ riorità che. specie nei soggetti psicologicamente intro­ flessi, rappiesenta un vero ostacolo verso ogni sociale attività.

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-,\1lo HI SPLENDIDA ASCESA E’ nostra convinzione che il rinnovamento di programmi e di metodi posto alla base dell’educa­ zione fisica nell’ottobre 1950, ha poi tato con quella rapidità di successo che è la caratteristica delle ini­ ziative indovinate e aderenti alla verità dei bisogni della vita moderna, a tutta un’attività giovanile e ad un fervore di opere realizzate e da realizzare, che nessuno ormai può sostenere la tesi avversa alla riforma e sottovalutare i risultati veramente sor­ prendenti ottenuti in soli cinque anni di esperienza. I campionati d’istituto e provinciali di corsa cam­ pestre e di atletica leggera conclusisi recentemente in tutti e 92 i Provveditorati agli Studi d’Italia, stanno a testimoniare ancora una volta, per la quan­ tità e la qualità dei partecipanti, quanto piacevole sia ai giovani cimentarsi in cavalleresche e disci­ plinate competizioni all’aperto e come sia penetrato nella coscienza degli educatori l’evolversi e lo svi­ luppo della nostra disciplina verso forme più li­ bere e spontanee, capaci di offrire agli alunni la possibilità di esprimere per intero la loro persona­ lità psico-fisica. Programma dunque non ispirantesi ad un’attività meccanica e diremo quasi rassegnata e passiva, ma ad una accettazione della vocazione propria dei giovani nella luce di nuove esperienze e di nuovi principii, che aprono il nostro cuore alla speranza di un avvenire sempre più luminoso e fecondo. Come è stato giustamente detto, lo sport è il lievito della vita fisica e morale dei popoli. E la Scuola italiana, in stretta e cordiale collaborazione con il C.O.N.I., ha saputo tempestivamente e con felice intuito, innestare al vecchio, ma pur glorioso tronco della ginnastica tradizionale, la pratica spor­ tiva, risolvendo in modo felice il preteso dualismo fra educazione fisica e sport, fra pedagogia e tec­ nica, fra palestre e campi all’aperto. Per molto tempo si credette che fra le due teorie non vi fosse possibilità di comprensione. Oggi è facile capire che fra ginnastica e sport non c’é luogo a contrasti. Se è vero che lo scopo superiore della educazione fi­ sica è, come si sa, di guidare ed aiutare lo sviluppo fisico, morfologico e funzionale dell’individuo fino al raggiungimento della sua completa formazione, si può dedurre che soltanto lo sport che nasce, come l’arte, da un bisogno istintivo del giovane, consente l'occasione e il modo di dimostrare l’efficacia di tale insegnamento. Esso è infatti il coronamento della educazione fisica. Abbiamo parlato di sport in senso generico, ma meglio sarebbe stato parlare di atletica leggera, poiché è di tale disciplina che i giovani si avval­ gono nelle loro esercitazioni scolastiche, sia per pre­ pararsi alle prove di Brevetto che a quelle di Grup­ po Sportivo. Ma mentre queste ultime hanno carat­ tere facoltativo e quindi impegnano solo una parte degli alunni scelti fra «quelli meglio dotati, le prove

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previste per il conseguimento dei Brevetti di edu cazione fisica, interessano tutta la massa dei gio­ vani d’ambo i sessi. E quindi, a parere nostro, i Brevetti costituiscono la parte essenziale della ri­ forma e, come ha ben detto il doti. Zauli al recente Congresso Nazionale della F.l.D.A.L. di Pescara, essi « sono alla radice della formazione fisica e men­ tale dei giovani ». Ginnastica e atletica leggera. Tale è il binomio su cui si impernia tutto il programma dei Brevetti di E. F. da cinque anni a questa parte. Esercizi ginnico-atletici per gli alunni ed alunne iscritti alle prime cincin,e classi di scuola media (scheda di orientamento atletico e certificato di valutazione fi­ sica), il classico triatlon (salto, lancio e corsa) per i giovani delle ultime tre classi di studio (brevetto atletico). Ecco l’itinerario formativo, opportuna­ mente distribuito nel corso degli studi, che viene offerto agli studenti medi, mediante l’esecuzione di esercizi semplici, agili e composti, razionalmente dosati a seconda dell’età e del sesso degli allievi, atti a valutarne le capacità fisico-organiche e psichiche nel periodo più delicato della crescenza. E’ tutta una massa di giovani, maschi e femmine, che viene a beneficiare di questa gioiosa e preziosa attività rivelatasi, nel severo quadro delle esigenze dello studio e dell’educazione, originale e gioconda, perché aderente ai quei principi della « scuola attiva » che informano il pensiero pedagogico contemporaneo. La realtà delle cifre porrà meglio in evidenza il profitto tratto dai giovani in quattro anni di in­ tensa attività, di preparazione ai Brevetti, svolta sotto la premurosa e autorevole direzione dei capi

A Melbourne alle olimpiadi del 1956 sarà consegnata agli atleti vincitori ed ai capi delegazione, questa medaglia in oro argento e bronzo, dovuta all arte dell ungherese Andar Meszaros, che vive in Australia. La medaglia raf­ figura da una parte un alfiere della bandiera olimpica circondato dal motto: « Citius altius et fortius ». Sul re­ tro lo stemma della città organizzatrice sormontato da cinque cerchi raffiguranti i cinque continenti.


TI d’istituto e la sapiente ed appassionata guida degli insegnanti di educazione fisica.

Anno scolastico 1950-51:

alunni esaminati: n. 128.889, idonei n. 113.913 (l’attività si limitò ai soli maschi). Anno scolastico 1951-52:

alunni esaminati: n. 118.169, idonei n. 133.527; alunne esaminate: n. 90.104, idonee n. 81.022. Anno scolastico 1952-53:

alunni esaminati: n. 206.119, idonei n. 184.550: alunne esaminate: n. 134.243, idonee n. 117.864. Anno scolastico 1953-5-1: alunni alunne Totale quattro

esaminati: n. 230.542, idonei n. 209.396; esaminate: n. 147.413, idonee n. 134.523. degli alunni ed alunne esaminati nei anni. n. 1.081.479, idonei n. 974.795.

Chiediamo scusa se siamo entrati nel mondo arido dei numeri ma quando si toccano certi ver­ tici, non si può fare a meno di far parlare le cifre die sono, è vero aride in apparenza, ma hanno una eloquenza che supera la effimera consistenza delle parole. E con i numeri non si può scherzare: nu­ meri controllati e controllabili, che rappresentano un sempre maggiore interesse, una sempre più cre­ scente attrazione degli alunni verso le discipline fisico-educative. Molti ragazzi che ai primi anni non hanno sentito alcun stimolo verso i « Brevetti di E. F. », successivamente, per emulazione o per mag­ gior coscienza della prova, o per incitamento di in­ segnanti e di genitori, hanno affrontato, con lar­ ghissima precentuale positiva, il semplice, piacevole e benefico cimento. Bilancio florido dunque, nel quale risalta evi­ dente la funzione formativa del nuovo indirizzo sportivo posto alla base della educazione fisica e operante nella sede naturale dell’educazione, la Scuola, come mezzo di potenziamento del carattere e della volontà, e di richiamo dei giovani sulle for­ me dell’esercizio fìsico, perché è attraverso lo sport e l’interesse suscitato dalla competizione che è pos­ sibile fermare la loro attenzione all’attività ginnicoeducativa, per trasferirla poi nel campo culturale e morale. In questo fervore di emulazione e di fermento giovanile, è stato possibile promuovere anche l’in­ teresse di docenti di altre discipline alle attività fisico-sportive studentesche. Infatti professori di let­ tere o di matematica, di scienze o d’arte, consape­ voli dell’utilità formativa dei « Brevetti », hanno di buon grado accettato l’incarico di far parte delle giurie preposte al rilascio dei singoli attestati. Tale simpatico e spontaneo avvicinamento degli organi di governo della scuola alla vita fisica dei giovani studenti è stato quanto mai utile, gradito e prezio­ so. Centinaia, miglaia di insegnanti negli anni scor­ si e ancor più quest’anno, hanno dato il loro valido contributo ed aiuto, sia in seno ai Gruppi Sportivi, sia quali Giudici nelle commissioni dei « Brevetti >

che come membri dei Comitati Organizzatori dei campionati d’istituto e provinciali, trasferendosi con moto spontaneo dalla cattedra alla palestra o al campo sportivo. decorsi ee soprattutto 11 Ministero negli anni decorsi maggiormente questa quest’anno, per rafforzare maggiormente come avviene in unità d’intenti e di opere, così come molte scuolestraniere, ha sollecitato agli organi centrali della F.I.D.A.I,. la possibilità di istituire ed organizzare appositi Corsi per Giudici di gara da riservare esclusivamente agli insegnanti di materie culturali, onde consentire loro di assolvere con maggiore conoscenza dei problemi tecnici i compiti direttivi ed organizzativi loro affidati. C’invito è stato accolto con entusiasmo, tanto che numerosis­ simi insegnanti e persino Presidi hanno conseguito la qualifica ili Giudice.-Nel 1951 ben 615 furono i professori di discipline diverse dall’educazione fi­ sica che conseguirono la qualifica di Giudice e Cro­ nometrista, ma quest’anno si prevede che tale nu­ mero salirà notevolmente tanto da farci sperare che un giorno non lontano la Scuola potrà provvedere con i propri quadri all’organizzazione delle compe­ tizioni sportive, così come avviene nelle nazioni più progredite.

Tale felice e simpatico connubio se da un lato giova all’educazione fìsica, in quanto ne riconosce tutta l’importanza, dall’altro offre agli insegnanti delle altre discipline la possibilità di conoscere i giovani fuori dei banchi e fuori dell’aula, per quel giudizio complessivo sulla personalità e sull’intelli­ genza che ogni maestro deve formarsi intorno ai singoli elementi della classe a lui affidata.

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Potenziando così le forze fisiche e morali della gioventù studiosa, la Scuola può dire con orgoglio di assolvere integralmente il proprio mandato.

Ettore Cariieroli

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Là MEDAGLIA D’ORO del Ministero della Pubblica Istruzione concessa al CONI per alta benemerenza

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11 Ministero della Pubblica Istruzione ha co­ municato al CONI che il Presidente della Re­ pubblica ha firmato il decreto per la conces­ sione del più alto segno di benemerenza con­ cesso allo stesso CONI per la collaborazione data allo sviluppo dell’educazione fìsica e spor­ tiva nelle scuole italiane. La medaglia d'oro della P. 1. viene così a premiare, su dì un elevato piano inorai»', l’in­ tensa attività che il massimo Ente sportivo na­ zionale ha offerto per lunghi anni alle orga­ nizzazioni scolastiche, per contribuire ad una sempre migliore educazione fisica e morale del­ la gioventù italiana.

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LA CACCIA SUBACQUEA

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può essere intesa come uno sport? /<« cernia è laggiù su un fon­ dale di 15 metri. Bisogna fare attenzione: immergersi silen­ ziosamente. senza sciacquio, piombare sulla preda come un uccello rapace e spararle nel fianco. Lei ha però già scorto il suo aggressore e si volge a guardarlo pianeggiando in po­ sizione verticale. Poi, quando il cacciatore s’avvicina, si spo­ rta più verso il fondo, Bisogna scendere di altri tre metri. Non basta; la cernia si sposta su un fondale ancora più basso. An­ cora uno sforzo! Dolgono le orecchie, duole la radice del naso. Poi un dolore acuto al­ l'orecchio. Addio timpano. Il senso ilei l’orientameli lo è per­ so. Nuoti verso il fondo e credi di andare in superficie. Poi la­ sci che il tuo corpo risalga da solo, àia non arriva mai. Le forze scemano, àia ecco final­ mente la superfìcie. Salvi! Purtroppo molti subacquei, anche dei più noti, possono raccontare un fatto del gene­ re. Hanno spinto la resistenza del loro corpo oltre i limiti do­ vuti. La caccia subacquea è un’attività che va presa con grano salis se non si vuole an­ dare incontro a inconvenienti gravissimi. Bisogna considera­ re che il corpo del subacqueo è costretto ad un’apnea pro­ lungata durante la quale com­ pie un lavoro. Ora il fatto stes­ so di rimanere un periodo sen-

za respirare porta inconvenienti non indifferenti alle cellule del nostro organismo e specie a quelle che per il loro meta­ bolismo hanno la necessità di una grande quantità d'ossige­ no. Prima fra tutti ad essere infirmate sono le cellule del si­ stema nervoso centrale e peri­ ferico. Con conseguenze che è facile immaginare, come quel­ le dell’indebolimento delle fa­ coltà mentali e della perdita della memoria. Fra i subac­ quei si narra come un vanto il caso di alcuni che si son ri­ trovali in istato di sonnambu­ lismo a girare su una spiaggia fra i bagnanti meravigliati. Oltre al sistema nervoso al­ tro ad essere colpito è il si­ stema cardio-vascolare, cuore e vasi, con il pericolo di parali­ si. cosa che si è già verificala più volte. All’apnea si aggiun­ gono le inspirazioni forzate prima dell’immersione che provocano a lungo andare uno sfiancamento degli alveoli portati do i n e vii ab Uni e n t e o<l un enfisema polmonare. La pressione a cui è sogget­ to l’organismo a dieci-quindici metri di profondità non è poi da tralasciarsi perché preme in modo eccessivo sull’organo delicatissimo dell’udito e su quello non meno delicato del­ l'olfatto. Per farci un'idea della pres­ sione a cui il nostro corpo è

Il « sub » nel vasto mondo sottomarino avanza lentamente gustando l’ineguagliabile bellezza del continente sommerso

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L’accurata preparazione alla spedizione è compiuta. I « sub » ascoltano l’invito fascinoso dell’avvincente pesca, c s’avviano ... soggetto a quella profondità basti pensare che a 10 metri c’è la pressione di un’atmosfe­ ra. ciò che equivale al peso di 1 kg. su ogni cmq. della no­ stra superficie cor porca. Il pe­ scatore subacqueo si trattiene dei lunghi periodi, dalle 2 alle 3 ore seni pi e in acqua, ed in tutto questo tempo il corpo cede calore all'acqua che è più fredda.

II quadro che ho presentato è però tanto grave se si pensa alla grande adattabilità ilei nostro organismo, basti pensare ai climi più nocivi a cui l’uomo s'è adattato. Se la caccia subacquea ve­ nisse praticata con raziocinio, con graduale allenamento po­ trebbe non solo non danneg­ giare. ma anzi portare un gio­ vamento; ed è in questo senso, potenziando cioè l’energia cor­ porea, che può essere intesa conte uno sport. Ed ecco come dovrebbe essere praticata, in­ nanzi tutto il subequeo al mo­ mento di immergersi deve es­ sere nel meglio delle sue con­ dizioni fìsiche, riposato, non essersi esaurito nel viaggio o in baccanali con gli amici du­ rante la notte. Cosa che spes­ so succede nelle gite dal saba­ to alla domenica in località lontane dal luogo di residenza. non

Esso dovrà sottoporsi ad un graduale allenamento, sia co­ me tempo di permanenza in acqua, sia come profondità da raggiungere, e soprattutto non spingere mai oltre un certo li­ mite le proprie forze. Vedrà così che questo limite diverrà sempre più ampio e che pre­ sto sarà in grado di far cose che nemmeno si sarebbe so­ gnato. Il soggiorno in acqua non dovrà superare le due ore con-

secutive e dovrà essere fatto nelle, ore calde per non per­ dere eccessive calorie. E qui dirò che non è vero che alla mattina presto non si trova più pesce del pomeriggio ; vero è invece che verso le 17-18, quan­ do cioè l’acqua, avendo accu­ mulato per tutta la giornata il calore del sole, è più calda, allora il pesce esce dalle tane in cerca di cibo, l i sarà in­ fatti raro vedere pesci man­ giare nelle ore del mezzo­ giorno. Risalilo, un bagno di sole, un adeguato ed abbondante pa­ sto a base di sostanze a forte contenuto energetico, come fa­ rinacei e zuccheri insieme ad altri prodotti vitaminici e pro­ teici come la verdura e la car­ ne specie quella di pesce che contiene circa il 20% di pro­ teine ed un elevato contenuto vitaminico (vitamina A e Dì. Consigliabile un razionale consumo di alcoolici che svi­ luppano calore in tempo rela­ tivamente breve. Ho visto il campione subacqueo 'Zecca portarsi dietro in barca un fiasco ili vino! Dopo una buona dormita, per altre due ore potrete ri­ tornare in acqua. Se poi alla pesca subacquea e ad una vita così razionale aggiungerete la vita sotto la tenda, questo sta­ re sempre all’aria sarà certo di giovamento. E’ in quest’ordine di idee che la caccia subacquea va in­ tesa come uno sport, anzi co­ me il più nobile degli sport perché abbina la vita a contat­ to con la natura ad un inte­ resse per il mondo subacqueo, che porta sempre, per insieme di contributi modesti ad una maggiore conoscenza di que­ sto sesto continente. Sergio Touinsliil


HANNO ENTUSIASMATO I TRIESTINI E . . . SODDISFATTO I TECNICI !

MATURI 1 “CESTISTI 99

D E L C. S. 1 di GiousnmsÉ Scóinez de Tèrmi

Scherzi fotografici: rincontro Zandonai-Don Bosco di cat. B sembra si sia svolto addirittura con dei virtuosismi: grazie al fotografo gli atleti sembra giochino su degli strani scalini, e sono invece su una levigatissima pedana

L’esordio ili Trieste nel settore della organizzazione dei Campionati del CSI non poteva aver luogo in modo miglio­ re; innanzi tutto per l'accuratezza e l’impegno messi nell’espletamento del­ l’incarico. cosa che ha lasciato tutti più che soddisfatti e poi tenuto conto che la città giuliana viene ritenuta la culla del cestismo italiano, l’esordio del CSI Trieste non poteva avere migliore viati­ co se non attraverso un campionato di pallacanestro. Un doveroso grazie va quindi ai com­ ponenti il C. P. da Tamaro a Cotterle, da Gilardi ad Alberti, Scarazzato, Uo­ vo. ere. Ringraziamenti tanto più meri­ tori in quanto i più hanno ignorato qua­ li difficoltà di carattere organizzativo, logistico, tecnico si son dovute supera­ re nel giro di pochi giorni. Con queste premesse, constatare che la l'II edizione dei Campionati è stata la più riuscita, tecnicamente parlando, sembra essere la conclusione più logica possibile. Ma andiamo per ordine. Fin dalle fasi interregionali si era av­ vertito un odor... di polvere nell’aria; polvere di natura agonistica e tecnica perché, cominciando dal nord, mentre Trieste e Cremona si davano battaglia, vincendone una ciascuna, 6 Giocatori 6 della Orfani di Guerra di lìrescia la spuntavano, sia pure con la complicità

del Regolamento, ai danni di Padova si presentavano alle finali. Nel 2" concentramento le battaglie non furono meno furibonde ed ecco ve­ nire fuori Correggio e il solito cliente: Pesaro (Zandonai e l'ictoria Renelli). Sorpresa a Roma: spezzata la tradi­ zione della triplice vittoria delle squa­ dre romane; Roma nella Cat. A. ancora Roma nella Cat. lì {ma quanta fatica, eh. Ferrerò?} ecco Cagliari nella C... Maretta nel sud: a riva approdavano Catania. Cosenza (che sta tesaurizzando una tradizione) e Palermo. Si presentava così lo schieramento fi­ nale e restava solo la difficoltà di sta­ bilire un calendario che, presumibilmen­ te, fornisse la vincente solo nell'ultima giornata... Ma sì! In questo la C.T.N.. oltre ad avere un fiuto straordinario, è sempre accompagnata da una fortuna... sfacciata: se pensa nero, esce... bianco (e magari grigio), se suppone 10 si può giurare sul 9 o sulFll. Dopo calcoli tri­ gonometrici, radici quadrate e studi geo­ grafici, dopo aver compulsato l'orario ferroviario, la C.T.N. preferiva prende­ re un aperitivo e andare a cena. Malgrado tutto, questa volta le cose non andavano male: nella Cat. A si pen­ sava ad una finale Roma-Cremona ma la Clessidra di Roma (questi orologi an­ tichi non dònno molta fiducia) arrivava al traguardo della prima gara (Correg-

gio) con un certo ritardo... Addio finale! Nel pomeriggio quindi, con la vittoria di Cremona su Correggio, la Cat. A non aveva più niente da dire. Restava, è ve­ ro. ancora Roma-Cremona ma. da come erano andate le cose, non si pensava che l'orologeria romana si mettesse addirit­ tura a correre. Se. però, il risultato con­ fermava il pronostico, sia pure per po­ chi punti, non così l’andamento tecnico che appariva di un livello veramente eccezionale, specie nei confronti delle gare precedenti. Qui tocca parlare del Catania ed il discorso dovrà essere ripetuto per la l.: Cat. lì e soprattutto per la Cat. C. Il sud (e non ce se ne voglia} è ancora indietro rispetto al nord ma mentre nel passato3 si trattava di un rapporto, supponiamo, di 3 a 10, oggi esso è passato a 7 a~~ 10 in quanto l’attuale differenza noni è più nell'apprendistato individuale e collettivo < ma è quasi tut­ to nel gioco di squadra, avendo il sud denunciato quasi una parificazione col nord nei fondamentali individuali. Non siamo piu di fronte, quindi, a presta­ zioni sciatte e a gare del tutto squili­ brate e scoraggianti ma. viceversa, di fronte ad una solida base comune. Al sud manca ancora il perfezionamento, il ricamo. la sicurezza e l'esperienza del nord; ma la base, l’impostazione esatta e singola non è affatto inferiore.

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L

da Roma ad opera di Trieste è stata tutta nell assoluta mancanza di direzione I Ferrerò giungeva da Roma solo per as­ sistere agli ultimi minuti di gara) e tec­ nicamente non ci sentiamo di mettere su un gradino più basso, sia pure piccolo, i rossi pesaresi nei confronti dei muletti giuliani. Roma ha bisogno troppo di una guida esterna, mentre la Croce Azzurra di Cosenza, fra le tre sipiadre del sud. ci è sembrata la più amalgamala. E' composta ila ragazzetti in gamba, forse un [to' troppo individualisti ( cero Cro­ no?...) ma, al solito, è fornita di una volontà, di una passione e di una tena­ cia veramente grandi. E qui calza an­ cora meglio il discorso già fatto per Ca­ tania: vedere questi ragazzi tirare in so­ spensione e in sottomano, incrociare e velare è un progresso innegabile. .Ve ri­ parleremo tra un paio d’anni. Ci piacerebbe veder giocare, ad esem­ pio. una formazione ('he comprendesse, i seguenti elementi : Chiaraiulini. Silve­ strelli E.. Silvestrelli R.. Depangher ( Zandonai), Umuri. I itrani. Monti. Pri­ mitivo ( Don Roseo). Marino: zi, Moterzanini (Stella Azzurra). Manilla e Crono (Croce Azzurrai.

LA CATEGORIA FEDERATI Perfetto palleggio di Monti del « Don Bosco ■> grazie al quale riesce a sfuggire il marcamento di Silvestrelli

Abbiamo visto nel Catania ragazzi be­ ne impostati, atleticamente solidi, discre­ tamente preparati. Insufficiente, però, rim postazione tattica.

LA CATEGORIA B Un proverbio dice: «Se il naso di Cleopatra fosse stato storto, oggi il mon­ do non sarebbe così»... Tutto bene nel­ la prima giornata, giuste le previsioni : vittoria di Trieste e Pesaro rispettiva­ mente su Roma (mortificata ingiusta­ mente da 25 punti di distacco) e su Co­ senza. Nemmeno il tempo di congratu­ larci con i soliti tecnici del calendario della C.T.N. ed ecco il terremoto o na­ so di Cleopatra che dir si voglia: nel pomeriggio, mentre Trieste dava la re­ plica a Cosenza, Ferrerò, dalla panchi­ na. batteva, tramite la Stella Azzurra, i colossi dello Zandonai di Pesaro. Ad­ dio anche qui al pronostico e, quindi alla gara finale! Ma fino a un certo pun­ to. L'indomani Trieste-Pesaro risultava la più bella partita dei Campionati. In vantaggio nel primo tempo e per buo­ na parte del secondo, Pesaro era sul punto di costringere la C. T. in campo a fare dell'alta matematica onde asse­ gnare il titolo per differenza cesti. Ma i < muli » triestini dissentivano... legger­ mente e, sia pure negli ultimi istanti, finivano per aggiudicarsi il maritatissi­ mo titolo battendo per 9 punti uno Zan­ donai maiuscolo e mai rassegnato. Ancora di più, ancora una volta, la preferenza dimostrata per i giovanissi­ mi è stata giustificata. La disfatta subita

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Che Pesaro avesse la vittoria in tasca, lo si era visto fin dalle interregionali. Praticamente — data la formula — la squadra comprendeva quattro ottimi Juniores e il resto era formato da buonis­ simi elementi del solo CSI. Non è solo negli uomini, nella loro preparazione in­ dividuale. il segreto dei successi di Fa­ va: è il tipo di gioco! Innanzi tutto i pesaresi preferiscono giocare aperto tendono a chi segna di più, cioè a chi sbaglia meno. Si veda Pesaro-Rrescia (91-64); la prima cifra impressiona, tua anche la seconda non scherza! Il lutto dipende dal gioco volante, veloce, (piasi tutto generato dal contropiede e dal suc­ cessivo. immediato controllo dell'avver­ sario fin dalla sua metà campo. Se esso passa, pazienza; altrimenti c’è subito chi trasforma in un ulteriore cesto l’er­ rore avversario : giocare col Pesaro sullo slancio, in velocità, vuol dire fare pro­ prio il suo gioco. Le tre squadre che si sono classifi­ cate dopo meritano ciascuna un cenno particolare. L’Esperia di Cagliari è giunta a Trieste con fiammanti tute; forse a loro va la palma dei più eleganti e dei gio­ vani maggiormente pieni di sussiego. Li capitanava il « grande » Siddi e capim­ mo sùbito quanta importanza i sardi des­ sero alla finale dove, dal lontano 1950 ( Roma), non erano più riusciti ad en­ trare. Questa volta alla C.T.N. andò bene! Era ora! Finale fra Pesaro e Cagliari. E così fu! Vittoria della prima, ma la resistenza e. le possibilità della squadra isolana tramontarono solo negli ultimi dieci minuti. Bella squadra; veramente! E fu simpatica cosa vedere l’offerta di un ricordo da parte della vincente alla sconfitta. Nota in campo federale (Serie B, C. eccetera). LEsperia ha trovato modo per farsi notare anche nel CSI; ma ha ca-

pilo che bisognava impegnarsi duro per arrivare alle finali. Al terzo posto il CO.NA. di Palermo e al quarto il Brescia. Parlando dell’in­ contro diretto tra i collegiali siculi e : 6 bresciani 6 assolviamo pienamente il compito. Ma bisogna fare una premes­ sa: non si sa bene per quale motivo (o forse lo si intuisce?) i ragazzi lom­ bardi hanno partecipato a tutto le fasi del Campionato solo con sei atleti: an­ zi diremmo con cinque perché tali ri­ manevano fino alla fine se qualcuno non usciva per cinque falli. Che fiato! Dunque. Palermo-Brescia: da una par­ te un bombardiere : Di Patti (ancora grezzo, duro, angoloso, poco agile ma con un tiro da media distanza veramen­ te buono); dall'altra, ini ere, cinque ra­ gazzi (diremmo meglio tre) che aveva­ no rubato il segreto della loro resisten­ za alle pompe aspiranti dei pozzi. (Blasulla specialmente non sbagliava che va­ rani ente). i liimo minuto: Rrescia avanti di due. punti e cinque giocatori in campo; Fa­ lerno. malgrado i cambi, ridotto in quattro elementi grazie alla falcidi- dei personali. Ma l'ingenuità gioca un brill­ te scherzo ai bresciani. Invece di tenere ia palla e? poggiare sull'uomo libero, continua a giostrare in velocità. Palermo si mal lipiiica. recupera le palla, segna. vince. Peccato! E lo diciamo senza voler to­ gliere un solo grammo di merito olla bella impresa del Palermo. Fra due no­ vizi ci doveva essere un vincitore e un vinto; Palermo ha vinto proprio quan­ do è venuto a trovarsi in difficoltà dan­ do prora di forza di volontà, carattere, ostinatezza, fiducia; Rrescia ha perduto per ingenuità. Palermo è composta di elementi volenterosi, discretamente di­ rozzati. ma poco amalgamati ; degli ele­ menti bresciani possiamo dire di cono­ scere si o no la voce dell’accom pugna­ tore; ragazzi silenziosi, mai un rimpro­ vero al compagno, mai una recrimina­ zione. si trovavano uno con l’altro con un gioco un po' semplice, primitivo ma redditizio.

CONCLUSIONE Forse mai nessuna manifestazione a 12 squadre ha potuto fruire della colla­ borazione di ben 14 arbitri. Malgrado l’incandescenza delle partite, prozie al­ l'impeccabile comportamento dei gioca­ tori. gli arbitri hanno avuto facilitato il compito e non si è lamentato il mi­ nimo incidente. Dagli «internazionali» Cenni e Andri. ai « nazionali » Piccoli, Luglini. Desco, Germani, ere. tutti gli incontri — diretti in. doppio — hanno ampiamente soddisfatto. Di fronte al dilagare del gioco, al suo miglioramento, forse non sarebbe ma­ le, nel futuro, potersi orientare verso tempi di 20’ con recupero. La C.T.N. è già da qualche anno che desidererebbe applicare tale formula ma è chiaro che se la cosa può applicarsi facilmente in sede di fasi regionali, interregionali e nazionali non può, viceversa, essere adottata fin dalla fase provinciale dove l’attuale carenza di segnapunti e crono­ metristi è ancora abbastanza pronun­ ciata.


'1 Come già /letto all'inizio, la manije Unzione di Trieste è stata la più bel­ la. la più appassionante, la più gene­ rosa di risultati agonistici e soprattutto tecnici. Siamo sempre dell'idea che attraverso la quantità si ottiene la qua­ lità e pertanto il miglioramento notato è anche merito delle -116 squadre che si sono ailineate alla partenza dei Campionati fin dal lontano gennaio, da Alessandria a Messina, da Trieste a Palermo, da Hrcscia a Lecce, a Catania, a Catanzaro, a Ilari. Con queste conclusioni, non è azzar­ dato pensare che il prossimo anno sa­ rà apportatore di ulteriori soddisfazio­ ni che questo sport indiscutibilmente merita. (9n. tóme/ «le l'erùn GARA DI TIRI LIBERI Individuale

% 1. Giubili ( Clessidra - Roma) . 2. Radi » \ ic. Benelli - Pesaro) . 3. Marehionetli (Vie. Benelli Pesaro» ...................... 4. Vitraui ( Don Bosco - Trieste) 5. Silvcstrclli R. Zandonai -PePesaro» 6. Sottile (CO. NA. - Palermo); Crillocco (Esperia - Cagliari); Blasulta (Orfani Guerra • Bre­ scia) 9. Di Patti (CO.NA.- Palermo» Co10. Maraffa (Croce Azzurra senza) ..................... Di Squadra 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12.

Vie. Benelli • Pesaro) . Don Bosco -Trieste . CO. NA. - Palermo . . . Clessidra - Roma . . . Croce Azzurra - Cosenza Esperia - Cagliari . . . Orfani di Guerra - Breseia Zandonai - Pesaro . . . Gilbertina - Cremona Stella Azzurra - Roma CSI Correggio - Correggio CSI Catania - Catania .

70 69,2 69 66 61

Massima segnatura individuale in gara: Chiarandini (Zandonai (Zandonai - Pesaro) 37

PRESTAZIONI ARBITRALI CENNI di Trieste . . . GERMANI di Milano . PICCOLI di Ferrara . . LUCIANI di Monfalcone MAZZAROLI di Trieste BENCI di Trieste . . DESCO di Trieste . . GERUZZI di Trieste . ANDRI di Trieste . . DELIA di Trieste . . . BRUSCHINA di Trieste PETTARINI di Trieste . ORLANDINI di Trieste DEL NEGRO di Trieste

N. gare . . 5 . . 4 . . 4 . . 3 . . 3 . . 3 . . 3 . . 3 . . 2 . . 2 . . 1 . . 1 .

.

]

.

.

1

RISULTATI E CLASSIFICHE

58.8

%

CLASSIFICA TIRATORI

69 60

59 58 58

70-38 42-35 46-37 57-47 64-31 53-12

Cremona - Catania Reggio E.-Roma Roma - Catania Cremona - Reggio E. Reggio E. - Catania Cremona - Roma

Cremona Reggio E. Roma Catania

3 3 3 3

3 2 1 0

I) 0 0 0

0 1 2 3

180 153 123 106

127 123 132 180

Trieste Roma Pesaro Cosenza

3 3 3 3

3 2 1 0

0 0 0 0

6 6 2 0

65-40 73-12 69-12 49-33 69-60 69-38 0 1 2 3

180 158 166 122

127 136 160 211

6 4 2 0

Cat. C

56 56

55

Punteggi complessivi : Massimo 155 (Pesaro-Breseia - C: 91-64) Minimo 77 (Reggio E.-Roma - A: 42-35)

Media punteggi a partita: 93 (Cat. A.), 108 (Cat B.) Ili (Cai. C)

Cagliari - Brescia Pesaro - Palermo Pesaro - Brescia Cagliari - Palermo Palermo - Brescia Pesaro - Cagliari Pesaro Cagliari Palermo Breseia

3 3 3 3

3 2 1 0

0 0 0 0

55-52 76-27 91-64 59- 43 52-18 60- 13

0 1 2 3

227 157 122 164

134 155 183 198

Gli errori arbitrali: Il colpevole* è fra noi. Barilari: Clandestino a Trieste. Il doppio arbitraggio: Le due tigri. Borghi: L’eterno vagabondo. Gonicz al volante: Il terrore corre sull’autostrada. Documenti dubbi: L’arte di arran­ giarsi. Cenni, il didattico: Scuola elemen­ tare. Garcea, Clemente e Marchesi: Le strabilianti imprese di Pluto, Pip­ po e Paperino. *

58

57

La Commissione Tecnica Nazionaie: li grande flagello. Allenatori e arbitri: L’amore che ci incatena. Le quarte classificate: Pietà per chi cade. Le sospensioni chieste da Ferrerò: Operazione mistero. Rimborso alle squadre: Operazione dollari. Marchesi tenta di dormire: Opera­ zione notte.

* * *

Cat. B

Trieste - Roma Pesaro • Cosenza Trieste - Cosenza Roma - Pesaro Trieste - Pesaro Roma - Cosenza

TIRI PERSONALI

Quando si nasce disgraziati: Pa­ squale (Nome) Clemente (Cogno­ me) è un componente della C.T.N. di pallacanestro. Pare sia stato denunciato per fal­ se generalità: a Cremona, per la fa­ se interregionale, è stato sempre chiamato signor Leone (nemmeno parente di quello della Metro); a Trieste, signor Fedele (se ne è compiaciuta la giovane sposa e l’in­ nocente pargolo).

Cat. A

63.6 61

. 61,2 . 60.2 . 58.8 . 55.3 . 50 . 49,5 . 18.8 . 16.3 . 13.6 . 41.6 . 41 . 33

1. Di Patti (CO. NA. • Palermo) 2. Vitrani (Don Bosco - Trieste.) Cor3. Codeluppi (Correggio reggio) . . 4. Chiarandini (Zandonai Pcsaro) CoGrano (Croce Azzurra senza ............................ B 1 a s u t t a (Orfani Guerra • Brescia) ....................................... 7. Malcrzanini (Stella Azzurra Roma) . . 8. Marchionetti (Vie. Benelli Pesaro) . . Grassi (Ju. Vi. - Cremona) 10. Marinozzi (Stella Azzurra Roma).......................................

Differenze: Massimo 49 punti ( Pcsaro-Palcrmo - C: 76-27) Minimo 3 punti (Cagliari-Brescia - C: 55-52)»

6 4 2 0

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sjc

Nelle sue scorribande post-gare per la città di San Giusto, il duo Germani-Piccoli ha constatato come sia completamente falsa la diceria che'le «mule» tirino calci.

* *

*

Marchesi e la pesca: Giona e la balena. La squadra di Brescia: 1 miei sei forzati. Citriniti: Un sudista nel nord. Il Commissario di campo: G. 2 Ser­ vizio Segreto. Le tute di Cagliari: La divisa piace alle signore. Il titolo ritorna a Cremona: Me li mangio vivi. La Commissione Tecnica in Cam­ po: La fortezza dei tiranni. 11 segnapunti: Per chi suona la campana.

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k

In margine ai campionati eli Pallavolo di Napoli l’enso che da ogni Finale Nazionale del CJS.l. si debba sempre poter trarre elementi educativi e formativi che effet­ tivamente dimostrino che lo sport è pa­ lestra non solo per il fisico ma anche per lo spirilo. Infatti attraverso il sano agonismo sportivo, attraverso lo sport, il carattere dell'individuo riceve una jortisiima impronta cd è facile immagina­ re quali effetti deleteri o positivi pos­ sono proiettarsi sugli atleti a seconda dei postulati, degli intendimenti con i quali viene concepito e praticato lo sport. lai finale dei Cam pionati ili pallavo­ lo. svoltasi quest’anno nell'incantevole Napoli, calda ed ospitale, ha già avuto il suo breve commento tecnico: sono sta­ ti elogiati i vincitori, si è parlato delle altre squadre in bene od in... meno be­ ne. si è già parlato dei magnifici atleti che hanno generosamente profuse le lo­ ro migliori energie per difendere i pre­ stigiosi colori sociali; insomma la cro­ naca più o meno tecnica è già stata fatta. Ma, come dicevo all’inizio di questo mio breve commento, saremmo falliti nella nostra missione educativa se da una così, riuscita manifestazione non fossimo stati capaci di trarre qualche ele­ mento edificante.

Sul campo del Molosiglio, sotto un sole implacabile, si stanno disputando gli incontri del girone eliminatorio e dai risultati sembra che alla fine delle gare tre squadre possano venirsi a trovare a pari punti, con il conseguente pericolo di una serie di spareggi. Mi si avvicina il simpaticissimo allenatore della bella squadra di Gorizia ed in tono preoccu­ pato mi fa presente questa eventualità ; tranquillo, conscio dei valori in gara, gli rispondo sinteticamente: «Abbi fede». Questa frase in un primo momento scherzosamente detta, può invece, a gare ultimate, sintetizzare tutto lo svolgimen­ to del Campionato Juniores. In essa si racchiude il dramma intimo vissuto da sei atleti e dal loro allena­ tore. Vinto agevolmente il girone elimi­ natorio, la F. Filai si afferma anche nel girone finale per la compostezza della squadra, per l’abilità dei suoi atleti, e si affaccia prepotentemente alla ribalta del titolo. Siamo all’ultimo incontro, il decisivo, e sino allora la squadra « ave­ va avuto fede > ! Fra lo scudetto e loro si erge un solo ostacolo, la forte squa­ dra di Brescia, decisa fermamente a cu­

ciré sulle magliette un nuovo setidetto. 1 giuliani, sorretti da una fede incrol­ labile nelle loro possibilità. finiziano spavaldamente e si aggiudicano il prìmo set. Inizia il secondo set, fra l’entusiasmo indescrivibile del numeroso ed appassio­ nato pubblico presente, e i giuliani reg­ gono benissimo all'infernale ritmo di gara imposto dagli «agrari» di Remelìdio; sembra quasi che il loro magni­ fico sogno possa realizzarsi, essendo riu­ sciti a rimontare un sensibile svantaggio iniziale. Le due squadre sono sul dodici l>ari. le volontà degli atleti sono tese al­ lo spasimo per raggiungere la mèta, ma ad un certo momento la fede nella vit­ toria che aveva sorretto mirabilmente sino a quel momento i goriziani vacil­ lò: essi ebbero paura di vincere! Sem­ bra un controsenso, ma per noi che nel­ lo sport viviamo, è invece realtà. Essi che avevano quasi raggiunto il traguar­ do ebbero paura; la loro saldezza mo­ rale si sbriciolò sotto i colpi martel­ lanti dei baldi ragazzi di Don Borierà e persero, onorevolmente però, il set per 12 a 15. Agli occhi dei profani, al­ l’occhio del pubblico e dei superficiali osservatori, il minimo scarto di punti, poteva ancora far porre in discussione l’aggiudicazione del titolo, poteva an-

coro accreditare ai goriziani possibilità di vittoria. A me invece, che avevo in­ tensamente vissuto il dramma intimo di questi giovani, che avevo compreso la tremenda tempesta che aveva agitato e che agitava i loro animi, già attana­ gliati da un irragionevole sconforto, quei tre punti significarono un Campio­ nato. Il terzo set mi dette ragione (in­ fatti terminò 15-1 a favore del Monsi­ gnori) ma ero stato troppo facile pro­ feta!

In quello scontro di volontà fra due squadre fortemente volitive aveva vin­ to quella più forte dei bresciani; ai quali, oltre che la valentia tecnica, bi­ sogna riconoscere questa ni oravigl i osa forza morale che ha permesso loro di « recuperare » al momento opportuno, quando tutto seni b ra va defili divamente compromesso. Ne dò loro volentieri atto additando­ li ad esempio per questa loro preclara qualità, congratidandonii nel contempo col di nani ivo Don Burlerà, loro appassio­ nato direttore, per essere riuscito ad in­ fondergliela. Sella sport, ma principalmente nella vita, sia essa sociale o spirituale, la fede deve essere la molla fortissima che spin­ ge le nostre azioni, e maggiormente es­ sa sarà forte, tanto più sarà coronata da successo la nostra esistenza.

Ai giovani giuliani ed al loro bravis­ simo allenatore rivolgo il mio pensiero affettuoso per la bella prova fornita, au­ gurando loro un luminoso avvenire ripe­ tendo : « Abbi fede » ! Filippo l>ra<fotto

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I• Le due squadre dell’istituto Bonsicjnori di Remedello (Brescia) e dell’Arsenal di Parma schierate sullo spettacolare campo partenopeo prima dell’incontro decisivo 'della finale nazionale di pallavolo vinta ancora una volta dai bresciani


Nuove frecce della "bici // concentrate a Pescantina Pescantina, grazioso paesino del veronese, è stato messo sossopra per il Campionato nazionale di ci­ clismo su pista e la Leva velocità esordienti del Centro Sportivo Ita­ liano. Sull’anello di cemento si sono data battaglia pei- le tre categorie i giovani scapigliati rappresentanti i Comitati provinciali del CSI più evoluti nel settore, dando vita ad una serie di competizioni veramen­ te interessanti ed impegnative. I ri­ sultati tecnici ottenuti sono degni di rilievo e la magnifica imposta­ zione di taluni atleti ha dato modo di ammirare, du.nte il succedersi di scatenati caroselli, una compo­ stezza armonica di movimenti. Il complesso dei partecipanti me­ rita il vivo elogio per combattività e disciplina. Nelle gare, riservate ai dilettanti, km. da fermo a cronometro ed inse­ guimento, Tessaro Sergio della U. S. Ausonia di Pescantina è stato lo spavaldo protagonista che si è imposto, grazie alla forza poderosa della pedalata, all’attenzione del pubblico e dei tecnici. Il magnifico Tessaro ha impiegato nel km. da fermo il tempo rispettabile di l’14”6 • correndo alla media di km. 48,257, mentre nell’inseguimento è riuscito a piegare l’indomito Rigamonti Egi­ dio alfiere della squadra bergama­ sca, con il tempo di 5’19”6 alla me­ dia di km. 45,05.

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Ciro d'onore per Mario Grandi dell’U. S. Oratorio di Ghedi (Brescia) campione di velocità allievi con il se­ condo classificato, Viscardi di Bergamo

Nelle gare di velocità, tra gli esordienti, si è particolarmente di­ stinto D’Acida Enrico di Bergamo che nella prova finale ha bruciato con uno sprint irresistibile l’antago­ nista Martinetti Romeo di Padova, che aveva fatto registrare nei quar­ ti di finale un bel 13”3, con 13”6. Tra gli allievi, il bresciano Gran­ di Mario ha soffialo al bergamasco Viscardi Carlo la vittoria battendo­ lo nettamente, in entrambe le pro­ ve finali, con 13”1 nella prima pro­ va e 13” netti nella seconda. Nella gara di velocità riservata ai dilettanti la rappresentativa di Ber gamo schierava Martinetti. Semi­ nati, Pezzetta e Villa. Un quartetto di ragazzi che hanno la pedalata fluida e stanno in bicicletta ad arte. C'è stata battaglia tra di loro. Già nelle semifinali Martinetti e Semi­ nati avevano fatto registrare en­ trambi un 12”8, confermando il tem­ po impiegato nei quarti di finale. Nelle prove conclusive l’ha spun­ tata Martinetti Luigi dell’U.S. Boltiere di Bergamo, facendo registra­ re 12”9 e 12”9. Il rendimento co­ stante dell’atleta bergamasco è ve­ ramente il risultato di una impo­ stazione studiata, come di una pas­ sione fervida per la pista che ha dato la bella meritata affermazione. A conclusione delle due giornate di gare il suono delle campane di Pescantina ha portato una sugge­ stiva nota durante la premiazione. S. E. Mons. Giovati Battista Ur­ bani — giunto improvviso ma gra­ ditissimo — ha rivolto il plauso e l’incoraggiamento cordiale per la magnifica attività del CSI, sottoli­ neando come nell’amosfera ideale che avvolge le competizioni del CSI trovi pratica attuazione il principio dello spirito dominatore della ma­ teria, dell’anima vivificatrice del corpo. Visioni dei riuscitissimi campionati na­ zionali su pista del CS.l.. a Pescantina. dall’alto, Mons. Urbani Vescovo di Verona. m Assistente generale dell'ACl graditissimo ospite, rivolge ai corridori del CS.l. il suo elogio per le belle pre­ stazioni — Sergio Tessaro dell'L’. S. Ausonia di Pescantina. dominatore del­ la riunione e vincitore di due titoli-. Km. da fermo e inseguimento, in piena azione — Vestizione della maglia di campione a Martinetti dell'U. S. Boltiere di Bergamo, primo nella < veloci­ tà dilettanti » — Apoteosi di Tessaro

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Si è conclusa domenica 3 luglio a Reggio Calabria la rassegna calcistica del Centro Sportivo Italiano. Il Cam­ pionato Nazionale Ragazzi ha avuto il suo epilogo in una cornice di pubblico entusiasta che ha apprezzato il note­ vole livello tecnico dei nostri giovani calciatori. Prima di esaminare sinteticamente il valore delle squadre partecipanti, sen’ tiaino il dovere di rivolgere il più vivo plauso al Comitato Provinciale ili Reg­ gio Calabria che ha organizzato im­ peccabilmente. anche nei minimi detta­ gli, le finali calcistiche ilei nostro cam­ pionato. Il Ghedi di Brescia si è laureato Campione d'Italia, vittoria indubbia­ mente meritata perché raggiunta dopo asperrime lotte con le dirette avver­ sarie. La Gioiose di Reggio Calabria, la Karalis di Cagliari c la Juventus di Pontedera, si sono dimostrate degne an­ tagoniste della vincitrice. L’affermare che l’equilibrio ha fatto spicco in Reg­ gio Calabria è una constatazione di fat­ to che va ad onorare tutte le parteci­ panti. Se la vittoria avesse voluto cingere con il suo prezioso lauro la Gioiese, il Cagliari od il Pontedera. non potrem­ mo affermare in sede di commento che la vittoria non sarebbe stata meritata. Il giuoco del calcio è innanzitutto fascinoso perché si basa sull’impreve­ dibile, sull’incertezza, ed anche quando i pronostici sembra che abbiano le più solide fondamenta, saltano in aria come castelli di carta. Figurarsi nelle finali nazionali del C.S.I. dove la parità dei valori in campo è stata sovrana, dove il lancio della monetina ha deciso una finalista, dove i tempi supplemen­ tari sono stati necessari per la pro­ nuncia del verdetto tricolore, dove lo spazio di pochi centimetri nei tiri in rete poteva dare alla classifica un volto diverso. Ma il campo emana i suoi verdetti ed essi non possono sentenziare che tutte le squadre siano vincitrici. Accet­ tiamo con letizia il risultato che deve esprimere una viva lode alle finaliste i di cui giuocatori hanno dato ogni energia per il conseguimento di un ro­ seo risultato. Abbiamo veduto pian­ gere, a fine gara, i ragazzi di Ponte­ dera e della Gioiese. un pianto di ama­ rezza. ma una vivida testimonianza di elevatissimo spirito sportivo e di amo­ re verso i colori della loro casacca. Una disamina delle squadre? Il tem­ po c lo spazio tiranni non ci consen­ tono di soffermarci per esprimere il nostro giudizio, lo faremo in seguito, comunque possiamo affermare che la squadra che ha maggiormente impres­ sionato, non per quello che ha fatto in campo, ma per quello che avrebbe po­ tuto fare, è indubbiamente il Ghedi di Brescia, che emerge per la sua difesa dove eccelle il terzino sinistro Buonfiglio, forse eccessivamente deciso; la prima linea è di modesta levatura pur avendo nel centravanti Filipponi un elemento di grandi possibilità e l’ala sinistraa se non fosse eccessivamente in­ — dividuale.

Direttore responsabile: LUIGI GEDDA

Le finali di Calcio ragazzi a Reggio Calabria

Il Ghetti Campione Italiano

// Ghedi. subito dopo la vittoria, con i fervorosi dirigenti. La Gioiese fa perno sul giovane por­ tiere Pinto, una autentica quanto ful­ gida promessa e nettamente superiore ai colleglli delle altre squadre, il cen­ tro-mediano. elemento di indubbio valo­ re tecnico, è fisicamente modesto, abba­ stanza buoni gli altri compagni della difesa e della mediana, assolutamente insufficiente la linea d’attacco, in modo particolare in area di rigore e precisa­ mente nel momento di concludere. La Karalis. la meno quotata in sede di previsioni, ha il suo punto forte nel­ la mediana, nel mentre nella linea di attacco, emerge l’ala sinistra Mirtillo, giuocatore con tanto di grinta e di aggressività malgrado che la statura sia di proporzioni eccessivamente modeste. Il Pontedera, la squadra della delu­ sione, ha vissuto il suo grande dramma nelle semifinali del sabato dove il sor­ teggio ha voluto la sua sconfitta. Giu­ dichiamo il Pontedera nella gara con la Gioiese, quando ancora sussisteva il miraggio della vittoria finale, è una bella squadra i di cui giuocatori pos­ seggono un superiore controllo della palla, ma che si perdono in inutili quanto dannosi virtuosismi, particolar­ mente in prima linea, gettando in sof­ fitta la semplicità e la rapidità che sono i requisiti indispensabili per un buon rendimento di qualsiasi compagine. In­ fine i giuocatori toscani hanno abusato in un giuoco alto quanto mai incon­ cludente, potevano laurearsi campioni e sono finiti all’ultimo posto, malgrado l’encomiabile senso agonistico dimo­

c/c Postale - Roma 1/10266 '

stralo nella gara di semifinale. Concludendo: in Reggio Calabria si sono svolte le finali più belle da quando il Centro Sportivo svolge la sua atti­ vità. Malgrado la durezza del campo, il caldo asfissiante, tutti i giuocatori hanno dimostrato come si debbono di­ fendere i colori della propria bandiera sociale. Un bravo a tutti, elogio coton­ sibile ai dirigenti, « agli en organizzatori che ricorderemo noi prossimi numeri cd infine agli arbitri dove è emerso il bravo Familiari di Messina; buoni anPratesi di che Maiorana di Messina Reggio Calabria. Gli amici reggini saranno ricordati con riconoscenza, poiché hanno onorato il Centro Sportivo Italiano; vada per il momento un grazie particolare all’avvo­ cato Smorto e all’assistente Don Paolo.

Generoso Dattilo Trascriviamo i risultati delle finali: Semifinali: 1. U. S. Gioiose b. Porifedera per sorteggio; 2. Poi. Oratoria Ghedi (Brescia) b. Karalis 2-0. Finali: 1. Poi. Oratorio Ghedi (Bre­ scia) b. U. S. Gioiose (dopo i tempi supplementari) 1-0; 2. U. S. Karalis di Cagliari b. Pontedera 1-0. CLASSIFICA Brescia 1. Poi. Oratorio Ghedi (Campione Italiano) 2. U. S. Gioiese di Gioia Tauro • (Reg­ gio Calabria) 3. U. S. Karalis di Cagliari 4. U. S. Juventus di Pontedera

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