N.7/8 LUGLIO/AGOSTO 2003
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SP. IN ABB. POST. ART. 2 COMMA 20/B LEGGE 662/96 FILIALE DI ROMA
“Party con me” L’ESTATE: TEMPO FORTE DI IMPEGNO EDUCATIVO NELLO SPORT UNA JOY CUP A CINQUE STELLE
HAPPENING DEI GIOVANI
UNO SPORT ALLA VOLTA: TRIATHLON
EDITORIALE
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Risvegliare la coscienza politica del CSI ochi se ne sono accorti, ma la riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione, approvata dal Parlamento nel marzo 2001 e confermata da un referendum nell'ottobre successivo, ha aperto nuove ed importanti prospettive all'esercizio della cittadinanza attiva. È stato infatti introdotto il principio della "sussidiarietà circolare", per cui cittadini singoli e associati possono assumere l'iniziativa per lo svolgimento di attività di interesse generale. Il problema è, appunto, che novantanove cittadini su cento non hanno ben chiaro di cosa si tratta, anche se quel referendum di conferma sono andati a votarlo. Per avere efficacia, la nuova norma andrebbe conosciuta, condivisa e applicata. Altrimenti rischia di fare la stessa fine di altre riforme che avrebbero dovuto incoraggiare la partecipazione dei cittadini e sono state altrettanti buchi nell'acqua. Si pensi, tanto per fare un esempio, alla Legge 142/1990 sulle autonomie locali, che apriva interessanti spazi di compartecipazione alla vita degli Enti locali. Non si tratta, tuttavia, solo di un problema di informazione carente. Il distacco tra cittadini e istituzioni si sta radicando in forme di disinteresse rassegnato, di rinuncia per principio a qualsiasi volontà di intervento. C'è troppa stanchezza, troppa sfiducia diffusa perché una nuova norma possa cambiare le cose. Ma che democrazia diventerà mai la nostra, se i cittadini continueranno a rinunciare al diritto di fare i cittadini, di far sentire la propria volontà, oltre che col voto, con tutte quelle iniziative autonome che le leggi consentono? Una "democrazia di qualità" non si costruisce senza una partecipazione vera e diffusa della cittadinanza. Riflettere su questo tema è il modo migliore per cogliere le ragioni autentiche dell'incontro per dirigenti associativi che il CSI ha messo in calendario a Nocera Umbra dal 18 al 23 agosto. Il tema dell'evento, "Risvegliare la coscienza politica del CSI. Guidati dalla dottrina sociale della Chiesa", è chiarissimo. L'Associazione deve reimparare a prendere l'iniziativa, ad essere soggetto di politica territoriale, a fare cittadinanza attiva, ad essere strumento di sussidiarietà circolare, mantenendo come bussola la dottrina sociale della Chiesa, alla luce della quale rinnovare le scelte, le motivazioni, le strategie, i progetti. Insomma, per rinnovare insieme il "cuore" e la "ragione".
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Stadium Luglio/Agosto 2003
INDICE
LUGLIO/AGOSTO 2003
ARGOMENTI
RUBRICHE 22 Comunicazione & leadership
di Alberto Caprotti
di Pino Valenti
di Bruno Pizzul
di Felice Alborghetti
Stadium Mensile del Centro Sportivo Italiano DIRETTORE•RESPONSABILE Edio Costantini
di Danilo Vico
di Sergio Filippini
32 Un fisico bestiale: il triatleta di Felice Alborghetti
di Sergio Cameli
57 Cinque storie per cinque sorelle di Rita Salerno
di Andrea Barbetti
di don Massimiliano Sabbatini
di Antonella Conti
di Claudio Arrigoni
52 Libri
VITACSI
di Alfredo Stecchi
a cura di Francesco Tramaglino
di Felice Alborghetti
di Tito Della Torre
di Edio Costantini
35 La danza della pioggia 36 Lo sport oltre il risultato di Paolo Seghedoni
di Felice Alborghetti
STAMPA SO.GRA.RO. Società Grafica Romana S.p.A.
Periodico associato all’USPI (Unione Stampa Periodica Italiana)
di Leo Leone
Stadium Luglio/Agosto 2003
REDAZIONE Felice Alborghetti, Rosa Massimo, Andrea De Pascalis.
Spedizione in abbonamento postale Art.2 Comma 20/B legge 662/96 Filiale di Roma Abbonamento annuale euro 18,08 Una copia euro 1,80
di Fabio Nardi
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PUBBLICAZIONE ISCRITTA al nº 4987 del Reg. Stampa del Tribunale di Roma del 4/1/1956
IMPAGINAZIONE Gianluca Capponi, Marco Croci, Alberto Greganti, Loretta Pizzinga.
di Lucia Teormino
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PROGETTO GRAFICO ARANBLU s.r.l.
5 Happening dei giovani 8 Una Joy Cup a cinque stelle
EDITORE ARANBLU s.r.l. Società Unipersonale del Centro Sportivo Italiano Via della Conciliazione 1 - 00193 Roma
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FUORIGIOCO
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A L B E R T O
C A P R O T T I
I padroni del caos Comunque finisca la vicenda Catania, si tratta di una delle pagine più vergognose per lo sport italiano... Nessuno, purtroppo, ne uscirà bene: né i Gaucci o i Preziosi, paladini a loro dire della giustizia e al tempo stesso proprietari di più squadre, in palese conflitto, se non di interesse, certamente di logica. Non ne esce bene il CONI che ha "vigilato" dall'alto senza sporcarsi le mani... Ne esce certamente male Franco Carraro, che per coerenza e obiettività non può essere additato come il responsabile unico di tutti i guai del pallone nostrano, ma che molto ha fatto (o non ha fatto) per lasciarlo pensare.
Luciano Gaucci
n ritaglio sbiadito di giornale, ritrovato per caso tra cianfrusaglie assortite e mentine dimenticate in fondo ad un cassetto, può diventare uno strumento splendido per fotografare l'inizio della fine. Il giornale è datato giugno 1978: poche ore prima Giussy Farina aveva vinto l'asta per Paolo Rossi con la Juventus per una cifra attorno ai cinque miliardi di lire. Preistoria, appunto. Franco Carraro presidente della Lega Calcio e con parole cariche d'amarezza si dimise dall'incarico: "Questo mondo non fa per me, io me ne vado...". Da quel giorno sono passati venticinque anni e Carraro, dopo essersi seduto su tutte le poltrone possibili, fra le quali quelle di sindaco di Roma e di Ministro, è diventato il presidente della Federcalcio meno presentabile e più affossabile della storia moderna. Scriviamo queste righe all’indomani dell'incontro tra Petrucci, Galliani e lo stesso Pescante, nel quuale il ministro Urbani e il sottosegretario Pescante, sulla scorta del “Caso Catania”, ad evitare la sconfitta totale dello sport italiano nei confronti della magistratura ordinaria, hanno promesso un decreto legge che impedisca il ripetersi di situazioni analoghe in futuro. Insomma, un sistema fuorilegge nei suoi eccessi e nelle sue movenze, come ha dimostrato di essere quello del pallone, ha bisogno di una legge per salvare il salvabile, dimenticando che per proteggersi dai largheggi di presidenti cavillosi che hanno fatto dell'antisportività la loro prima bandiera aveva armi e mezzi che non ha voluto e saputo utilizzare. Comunque finisca la vicenda, si tratta di una delle pagine più vergognose per lo sport italiano. Di fatto quella che - decreti a parte - ha sancito la fine della sua sbandierata e sempre mal difesa autonomia, consegnata al protagonismo di giudici ordinari eccitati dall'idea di poter riscrivere la storia del calcio e alla perfida insistenza dei padroni di troppi club, incapaci di accettare il verdetto del campo se esiste una norma mal scritta cui aggrapparsi. Nessuno, purtroppo, ne uscirà bene: né i Gaucci o i Preziosi, paladini a loro dire della giustizia e al tempo stesso proprietari di più squadre, in palese conflitto, se non di interesse, certamente di logica. Non ne esce bene il CONI che ha "vigilato" dall'alto senza sporcarsi le mani, intimamente felice di veder sballottata tra un tribunale e l'altro quella Federcalcio debordante che per anni l'ha oscurato. Ora Petrucci ha la forza necessaria per recuperare la centralità perduta e addirittura credenziali più solide per accettare quella probabile candidatura politica nelle file
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Franco Carraro
Gianni Petrucci
Mario Pescante
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dell'Udc dell'amico Casini. Ne esce certamente male Franco Carraro, che per coerenza e obiettività non può essere additato come il responsabile unico di tutti i guai del pallone nostrano, ma che molto ha fatto (o non ha fatto) per lasciarlo pensare. Trent'anni di carriera saltando da una poltrona all'altra e una vita di galleggiamento aureo insensibile alle tempeste tra mille mari, sono troppi per credere che ad affondarlo sia bastata la crociata del giovane rampollo di un presidente che è riuscito a spacciare Gheddafi jr. per un giocatore di calcio. Abbiamo troppa stima per l'abilità politica del presidente della Figc, nonché membro Cio, nonché presidente del Mediocredito Centrale, nonché tante (troppe?) altre cose per pensare che la piccola Catania potesse fargli il solletico. Invece è successo, probabilmente proprio per un eccesso di supponenza, per i ritardi con cui ha affrontato quello che sembrava un semplice incidente di percorso. Giova ricordare le prime parole pronunciate da Carraro quando l'assemblea elettiva lo nominò numero uno del calcio mentre venivano alla luce le cifre disastrose dell'indebitamento del pallone: "Siamo rovinati, ma non c'è da preoccuparsi, e comunque io non posso farci nulla". Come... discorso programmatico non fu strepitoso, ma pochi ci fecero caso. Anche perché all'epoca era in perfetta linea con la filosofia imperante. Mani in alto e un'alzata di spalle: è sempre stata questa la sua potenza, il "lasciar fare" di Nizzoliana memoria che gli assicura voti e consensi dai padroni della pelota, confortati dalla certezza di poter continuare a mascherare i bilanci delle loro società. Ora qualche nodo è arrivato al pettine. Ma Carraro, pur ammettendo pubblicamente la propria responsabilità nella vicenda Catania, questa volta ha pensato bene di non dimettersi. Avrebbe potuto (dovuto?) farlo se non in qualità di reggente di una Federazione annientata nel suo potere decisionale da una giustizia aliena come quella ordinaria, almeno - appunto - in virtù delle sue variegate cariche che presuppongono nel merito un conflitto d'interessi gigantesco. Giova appena ricordare qui ai più distratti che il Napoli (parte in causa) è fortemente indebitato con il Mediocredito Centrale; che il Mediocredito è la "mercant bank" di Capitalia di Cesare Geronzi, vera padrona di mezza serie A e B con le coperture bancarie che offre, Perugia (di Gaucci senior) compreso del quale detiene in pegno il 97,5% delle azioni. Se tutto ciò non basta, sarebbe bastata la logica. Perché se è vero che il caso-Catania e tutto il polverone successivo è nato da un'interpretazione del regolamento, resta drammaticamente grave che le regole dello sport più bello del mondo, in Italia e solo in Italia, possano essere interpretate. Alla faccia dei molti consulenti di cui dispone, la Figc non è stata in grado di riscriverle per tempo. Una su tutte, che in realtà interpretabile non è, ma lacunosa certamente: quella che vieta ai tesserati il ricorso alla magistratura ordinaria per dirimere questioni sportive. La violazione della clausola compromissoria a Gaucci jr. è costata 10 mesi di inibizione, una barzelletta. Svilire nelle conseguenze la norma basilare del sistema e non inasprirle - come mezzo di autodifesa necessaria - sino alla radiazione di club e presidente: questo è stato il primo, madornale errore del calcio. Ma evidentemente occorreva un premio Nobel per pensarci. Carraro non l'ha vinto e nemmeno sfiorato. E queste sono le conseguenze. Per lui e per tutti.
Happening dei ANIMATORI DEL CIRCOLO CULTURALE SPORTIVO IN PARROCCHIA Martedì 2 settembre ore 16.00 - 18.00 Arrivi e sistemazioni ore 21.00 Serata di benvenuto Mercoledì 3 settembre
Gio vani
ore 9.00 Accoglienza della quotidianità (animazione e spiritualità) ore 9.30 Visita al Santuario di San Giuseppe da Copertino e incontro con la comunità francescana ore 11.30 Importanza e significato della pratica delle attività laboratoriali ore 15.30 Laboratori teatrale-gafico-sportivo-animazione ore 21.00 Serata insieme Giovedì 4 settembre ore 9.00 Accoglienza della quotidianità (animazione e spiritualità) ore 9.30 L'animazione in spiaggia ore 15.30 Laboratori teatrale-gafico-sportivo-animazione ore 21.00 Serata spirituale: Pellegrinaggio Loreto-Osimo
PROGRAMMA
Martedì 2 settembre ore 16.00 Arrivi e sistemazioni ore 21.00 Serata di benvenuto Mercoledì 3 settembre ore 9.30 Visita al Santuario di San Giuseppe da Copertino e incontro con la comunità francescana ore 15.30 Attività sportiva: Tornei di calcio a 5, pallavolo, pallacanestro ore 21.00 Serata insieme Giovedì 4 settembre ore 9.30 Beach day ore 15.30 Attività sportiva: Tornei di calcio a 5, pallavolo, pallacanestro, ore 21.00 Serata spirituale: Pellegrinaggio Loreto-Osimo
Venerdì 5 settembre ore 11.00 Visita a Recanati e al Parco letterario leopardiano ore 15.30 Laboratori teatrale-gafico-sportivo-animazione ore 21.00 Tornei e free sport in piazza Sabato 6 settembre ore 9.30 Convegno: "FUNZIONE
SOCIALE ED EDUCATIVA DEGLI
ORATORI E VALORIZZAZIONE DEL LORO RUOLO"
ore 15.30 Laboratori teatrale-gafico-sportivo-animazione ore 21.00 Spettacolo finale e premiazioni Domenica 7 settembre ore 9.30 Celebrazione Eucaristica.
Venerdì 5 settembre ore 11.00 Visita a Recanati e al Parco letterario leopardiano ore 15.30 Attività sportiva: Tornei di calcio a 5, pallavolo, pallacanestro ore 21.00 Tornei e free sport in piazza Sabato 6 settembre ore 9.30 Convegno: "FUNZIONE
SOCIALE ED EDUCATIVA
DEGLI ORATORI E VALORIZZAZIONE DEL LORO RUOLO"
ore 15.30 Finali dei tornei ore 21.00 Spettacolo finale e premiazioni Domenica 7 settembre ore 9.30 Celebrazione Eucaristica 5
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ARGOMENTI
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P I Z Z U L
Ci ha lasciato anche Sandro, voce storica di “tutto il calcio minuto per minuto”. Salutiamolo col suo più celebre incipit.
«Scusa Ameri, sono Ciotti»
Sandro Ciotti in un suo intervento al IX Congresso nazionale del CSI nel 1968. i ha lasciato anche Sandro Ciotti, si assottiglia inesorabilmente la pattuglia dei grandi radiocronisti storici che hanno segnato un'intera epoca, tracciando le coordinate per una comunicazione sportiva di singolare suggestione. Una generazione che aveva avuto in Niccolò Carosio e Mario Ferretti, trascinanti narratori delle cose del calcio e della bicicletta, i padri ideali ma che aveva saputo al contempo elaborare un linguaggio e un ritmo nuovi, moderni, coinvolgenti. Palestre fondamentali “il Calcio Minuto per Minuto”, irrinunciabile appuntamento domenicale, ma anche gli altri grandi eventi sportivi: guidati dallo studio centrale dal composto e signorile Roberto Bartoluzzi, erano Enrico Ameri e Sandro Ciotti a intervenire dai due stadi principali per raccontare, assieme a uno stuolo di colleghi solo meno famosi non meno bravi, le emozioni legate al pallone; ma attraverso mamma radio ci giungevano i resoconti puntuali di tutti gli altri sport, con le voci di Adone Carapezzi e Nando Martellini da Giro a Tour, Paolo Valenti da atletica e pugilato (memorabile la radiocronaca del primo match mondiale tra Benvenuti e Griffith da New York), Rino Icardi, Alberto Giubilio, Paolo Rosi e tanti altri. Molti di loro hanno vissuto nell'arco della carriera anche esperienze televisive, alcuni hanno lasciato del tutto la radio per la Tv, come Nando Martellini, tutti hanno conservato lo stile, la compostezza espressiva, la capacità descrittiva che solo una lunga milizia radiofonica può regalare. In effetti la televisione, mezzo comunicativo per sé straordinario, ha bisogno di un più ridotto corredo verbale, sono le immagini a parlare, a trasmettere atmo-
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sfere, colori, partecipazione popolare. Troppe parole da parte del telecronista possono risultare addirittura fastidiose, quanto meno inutili. Il radiocronista deve invece saper evocare, solo parlando, l'ambiente, le condizioni atmosferiche, lo stato del terreno di gioco, le trame delle azioni agonistiche. E volete mettere la suggestione del famoso "ventilazione inapprezzabile" di Sandro Ciotti, rispetto alla banale immagine di una bandierina del calcio d'angolo afflosciata? La televisione si è impadronita in modo prepotente della comunicazione sportiva, ma mi pare giusto, proprio nel momento in cui si rende omaggio ad una generazione di grandi radiocronisti del passato, sottolineare come tuttora, attraverso i diffusori della radio, ci giungano voci importanti di professionisti seri e validi: “il Calcio Minuto per Minuto” resta appuntamento di spessore, nonostante la concorrenza del tubo catodico e di una pletora di radio private (queste sì talora sguaiate e partigiane all'accesso). A guidare i colleghi presenti sui vari stadi c'è l'eterno bravissimo Alfredo Provenzali, dai campi agiscono professionisti di comprovato talento, basti ricordare Cucchi e Gentili, ma meriterebbero citazione un po' tutti gli altri. E non solo calcio. Anche perché, ci avete fatto caso? Mamma radio continua ad essere, se non altro per la snellezza operativa del suo essere, molto più puntuale e attenta a tutto lo sport rispetto alla tv, troppo mirata solo sul calcio. I grandi del passato hanno insomma seminato bene, della radio e di bravi radiocronisti non potremmo mai fare a meno.
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Tremila ragazzi hanno invaso la Sicilia per le finali nazionali di fine giugno. Ospitalità, divertimento, turismo ne hanno decretato il successo.
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joycup a cinque stelle
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atania al centro dell'estate sportiva. Se è vero che ogni giorno é stata su tutti i quotidiani per questioni calcistiche, lo è stata ancor di più, specie per il CSI, nella settimana di fine giugno, quando il capoluogo etneo e tutta la Sicilia orientale, da Messina a Siracusa, hanno ospitato per la prima volta le finali nazionali della Joy Cup. E in questo caso non di solo calcio si è parlato. Sono state infatti 7 le discipline che hanno decretato i tricolori CSI in Sicilia. Accanto al calcio a 11 e ai suoi derivati, a 7 ed a 5, hanno sfilato gli altri due più importanti sport di squadra, basket e volley, assieme alla regina atletica leggera ed al nuoto. Oltre lo Stretto sono arrivati tremila atleti, venuti in pullman, aereo, treno, nave da ogni angolo della penisola, in rappresentanza di 18 regioni, 72 comitati, 145 squadre, 215 società sportive facenti capo all'associazione arancio-blu. E la Joy-Cup ancora una volta ha tradotto in gioia quella comune voglia di giocare sui campi, sotto rete, sul tartan, in acqua, e sui parquet assaporata in un gustoso coktail di tiri, sprint, tuffi, colpi, salti, lanci, e schiacciate. Una spremuta
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3.000
Atleti
500 Gare disputate
243 Titoli assegnati
215 Società sportive
190 Volontari
150 Arbitri
145 Squadre
72
Comitati
di giovani sogni, effervescenti, gustose come quelle tipiche locali d'agrumi col selz. Così, sudate quanto i ragazzi in gara, Acireale, Giarre, Bronte, Nicolosi, Viagrande, Caltagirone, Noto, Giardini Naxos hanno vissuto piccoli grandi momenti di sport. Tutte sotto lo sguardo arbitro dell'Etna, magicamente assunto a simbolo di questa manifestazione. Proprio il vulcano fumante somigliava infatti ad un grande naturale tripode, con quel fuoco dentro, acceso e ardente di sportività. Nonostante la nuova formula by night della Joy Cup - quasi tutte le gare di sera, dalle 17 in poi per sfuggire almeno un po' alla calura estiva; ed in alcune circostanze la giornata sui campi si è chiusa a notte fonda - è stata una settimana bollente, caldissima, vissuta con trepidazione, e soprattutto non di solo carattere sportivo. Ogni mattina le centinaia di ragazzi arrivati in Sicilia hanno potuto vivere intensi momenti di riflessione e di spiritualità, potendo poi scegliere un percorso-gita, diverso per ogni giornata. Gli itinerari culturali preferiti sono stati quelli che portavano al barocco di Noto, al mare ed ai due bellissimi teatri greci di Taormina e
Dominio laziale sotto canestro Sotto canestro, a differenza di quanto visto nel calcio, si sono viste partite meno equilibrate. Corazzate quali le Stelle Marine di Ostia, la Tiber Roma, la Fox e l'Ostiglia hanno infatti dominato rispettivamente i gironi allievi, Juniores, Top Junior e Open, vincendo tutte le partite siciliane. Se la squadra del litorale laziale lo ha fatto in maniera netta (a fine torneo impressionante la differenza canestri fatti-subìti di 542-243), un po' meno è toccato alle altre due capitoline vincitrici, ed al quintetto mantovano che in alcune gare hanno per così dire sofferto (+7 su Verona, + 13 su Acireale). È pur vero che dietro alle prime classificate, c'è stata lotta per le piazze d'onore. Così gli allievi della Mongibello Catania, pur con tre vittorie si sono
ritrovati fuori dal podio per differenza canestri, a spese del Sacro Cuore Milano e dell'Alter '82 Torino. Come è successo nell'open tra Collinetta Boccea e Kroda Chievo, con i romani secondi per aver vinto di un punto (match tiratissimo) lo scontro diretto. Lazio dunque protagonista con tre squadre prime su quattro gironi, un secondo ed un terzo posto. Nei vari palazzetti (belli!) di Giarre e del CUS Messina, così come nelle palestre di Giardini Naxos (dov'erano alloggiati i cestisti) Riposto e della Juvara messinese si sono visti buoni schemi e qualche giovane speranza del basket. Semmai ha sorpreso la scelta (di molti coach!) di difendere 40 minuti a zona… in età giovanile ci è parso eccessivo.
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Siracusa, alle pendici dell'Etna. Un po' di relax utilissimo prima di concentrarsi ed immergersi nel pregara. LA CERIMONIA DI APERTURA La fiaccola della Joy Cup, che dà inizio alle finali, è stata accesa la sera di martedì 20 giugno contemporaneamente nelle due piazza Duomo di Siracusa e Catania. Piero D'Alessandro atleta della Mongibello Catania è stato il tedoforo, ultimo frazionista, che davanti alla statua di S.Agata, a due passi da u liotro, l'elefante simbolo della città troneggiante al centro della splendida Piazza Duomo ha acceso il fuoco della "gioia". Un'atleta, un dirigente ed un arbitro poco prima avevano letto a tutti gli atleti presenti dei messaggi simbolici a sottolineare per tutti l'impegno preso dalle rispettive categorie. La sfilata dei ragazzi partita da Piazza Borsellino, ex Villetta Pacilli, chiassosamente raggiungeva l'antistante
piazza costeggiando il Palazzo del Governo. Cerimonia d'apertura festosa - sul palco era Renato Picciolo coordinatore dell'attività sportiva a raccontarla - alla quale hanno partecipato il sindaco catanese, on. Scapagnini, il presidente nazionale del CSI Edio Costantini, quello regionale Santo Gagliano e quello provinciale Franco Lo Presti, che ufficialmente ha aperto le finali. Il primo cittadino etneo ha tenuto a rilevare l'importanza del binomio Catania-sport: "Catania ha fatto dello sport un suo valore aggiunto. Non abbiamo nulla da invidiare alle altre città europee. Abbiamo impianti splendidi, come la piscina olimpionica della Playa, un complesso integrato, che vicino ha uno spazio anche per l'atletica pesante. Ancora il nuovissimo palazzetto del ghiaccio, che poi è multiuso, trasformabile infatti in terreno di basket e pallavolo. Poi 4 palazzetti dello sport, di cui il più grande ha
Brillanti prestazioni, collettive ed individuali nel calcio, nuoto, volley, basket ed atletica. In continua crescita il livello tecnico delle gare.
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12.000 posti. E in virtù di questi importanti spazi sportivi abbiamo ottenuto l'assegnazione dei Giochi Mondiali Militari, dove ospiteremo 3.500 atleti che vengono da oltre 100 paesi, con al seguito 1000 giornalisti e 1000 dirigenti. Le finali del CSI? Lo sport rappresenta positività e lo sforzo che il CSI fa ogni anno muovendo quasi un milione di atleti è davvero encomiabile. Merita il mio plauso ed ho quindi un piacere straordinario ad accogliere i ragazzi del CSI, che credo in Italia rappresenti una rete di possibilità, rivolta al futuro. "L'assessore allo sport catanese ha voluto invece ricordare subito la sua appartenenza al CSI. "Ho giocato a pallavolo nel CSI Misterbianco, in oratorio, fin quando mi son reso conto che non crescevo più e quindi non avrei fatto molto. Comunque il CSI è stata un'esperienza di vita importante che dà la dimensione giusta di cos'è lo sport, quali sono i suoi valori" e,
Pallavolo DOC La Benelli e la Causevic vincono la Joy Cup Trovare Manuela Benelli alle finali nazionali Joy Cup ha sorpreso in molti. Ma la sua e quella della sua squadra è una storia particolare. La Mambo Cafè di Ravenna, la squadra scesa in campo a Catania, guidata dalla forte alzatrice ex Teodora, ha infatti conquistato il diritto a partecipare sul campo, vincendo le fasi provinciali e regionali della Joy Cup. Quel che sorprende è lo spirito con cui la Manu partecipa. "Sono venuta in pullman da Ravenna, 20 ore di viaggio, ma sono abituata a certe trasferte, fanno parte della mia vita". La Manu è un'atleta "nata nel CSI" e spiega: "sono diversi anni che, smessa l'attività agonistica, mi sono ritrovata con le mie vecchie amiche dell'oratorio e come un tempo ci siamo reiscritte al campionato CSI. E i risultati sono sempre venuti. Tra loro c'è anche la Rosica Causevic, altra gloria del volley internazionale. Quest'anno la spinta in più per venire fino in Sicilia ce l'ha data la prematura scomparsa (un mese fa) del nostro grande allenatore Gianni Gnani, il nostro primo allenatore. Siamo qui per lui per dedicargli magari questa Coppa della Gioia, che lui ha sempre dato a noi". Il buon livello tecnico raggiunto dalla pallavolo non è certamente legato solo al nome di una campionessa. Anche se nelle file del Parma una vecchia conoscenza calcistica, il "sindaco" Marco Osio, gioca sempre sotto rete. Si sono fatte apprezzare in questi giorni siciliani molte squadre, tra cui citiamo, per il maschile le due emiliane dello Sporting Club Italia di Modena e della ravarinese Carpi, poi le ragazze della Noventa Treviso prime nelle allieve dell'IUS Arezzo, vincitrici lo scorso anno nelle allieve e presenti (vincendo ancora) quest'anno nelle juniores, con grande simpatia. Ad ogni partita hanno infatti regalato gadget alle avversarie.
A CHE JOY CUP GIOCHIAMO? Le voci dei protagonisti Gli attori protagonisti anche in questa Joy Cup siciliana sono sempre gli atleti, il cuore dell'apparato sportivo. Da Piazza Duomo a “La Cucaracha” ne abbiamo incontrati moltissimi. La squadra di volley femminile di Noventa di Piave era decisa a vincere già in partenza. Lo avevano detto, alla sfilata inaugurale, dietro la portabandiera del Veneto Federica, schiacciatrice della squadra, anche la centrale Chiara, Martina e Rachele. Detto e fatto. Ci sono riuscite in pieno. Laura e Veronica alla fine commentano "Potevamo giocar meglio ma è bastato lo stesso". Angela, gioca nel Volley club Pedara di Catania. Padrona di casa, spera che il palazzetto amico darà la carica a lei ed alle compagne. Si fanno sentire anche le tute laziali del nuoto del Canottieri Aniene. Dietro il cartello "Lazio" c'è la piccolina Camilla, interista, brava sia a stile libero sia a delfino. Marianna ama ballare, ma il nuoto le dà molte soddisfazioni, specie a stile libero. Con loro Valeria ci ricorda del suo amichetto Fioravanti (Giacomo), stesso cognome del campione, in forza comunque alla loro società. Lo incontrano spesso assieme a Brembilla e scambiano parole. "Danno entrambi molti consigli a tutte noi, specie alle raniste". Il giorno seguente facciamo un salto a bordo vasca. "Un'acqua che scivola benissimo". Dichiara Massimo Bucconi del Carpi nuoto. "Ci alleniamo due ore al giorno, sono dieci anni che vado in acqua; prima di tutto siamo qui per stare insieme se poi arriva il risultato bene, altrimenti va bene lo stesso". In rappresentanza della Campania acquatica ci sono le squadre di Caserta, Salerno e quella di Napoli, meglio di Pozzuoli. Come vanno i ragazzi? "Si reggono a galla… scherza l'allenatore del Pozzuoli -. Devo dire ottimamente per quello che s'allenano, cioè per le ristrette possibilità di utilizzare gli impianti comunali, tre ore a settimana, a volte due…". La speranza per i ragazzi partenopei pare riposta nel miele, unico "doping" visto a bordo vasca. Ne mangiano tutti a iosa. Alessandro Sarcinelli si preoccupa delle "capriole", cioè le virate, ma per sua fortuna alla Playa nella piscina da 50 metri non si deve virare. Cremona, Bergamo e Brescia insieme sotto l'unica bandiera della Piscina Andreana, del Comitato di Bergamo, ma al confine tra 3 province. C'è perfino chi si presenta con l'avveniristica tuta-body alla Thorpe, quella che limita l'attrito in acqua. “Costa sulle 600 mila lire, questa, mi aiuta a scivolare in acqua”, commenta dopo una velocissma batteria lo "squaletto" Angelo Sciacca della Ge. Se. Catania, frazionista nei 50 sl e nei 50 delfino. Cristina Trotta di Udine, sul campo di atletica racconta le 24 ore di viaggio in pullman per esserci. “Stare insieme, divertirsi e …vincere” il significato della sua Joy Cup. Dalla Sardegna, per l'Atletica Terralba Airone di Oristano, arriva la 15enne Carla Farina, 4 anni passati sui campi di atletica "dovrei essere entrata in finale nei 60 metri e questa è una gran bella soddisfazione, poi vedremo - racconta a fine batteria - “Mi alleno due ore tre volte a settimana. Belle le mie scarpe vero? Sono quelle di Marion Jones” sorride la moretta isolana. C'è lì vicino un gruppetto di atleti della US Mongibello catanese che scherza a bordo pista. "Noi non ci alleniamo, siamo favoriti per arrivare ultimi…". Poi viene fuori Gabriele Condorelli, vincitore lo scorso anno negli 80 m. "Devo prepararmi per
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proseguendo, poi "Va sostenuto dunque il CSI perché vedere giovani che si ritrovano nell'associazionismo ed in uno sport non esasperato ci dà la forza di credere ancora in uno sport pulito". Le parole di Costantini hanno colpito il cuore dei presenti: "Grazie a tutti! Il cuore dello sport è la gara. Dalla gara nascono gli incontri e dalla gara nascono le amicizie. La parola fondamentale è poi il rispetto delle regole, delle persone, della vita, dello sport. A tutti e a ciascuno di voi buona gara". IL CONVEGNO Sabato mattina, oltre alle ultime gare di finale, nell'Aula Magna del CUS Catania si è svolto il convegno “Sport di vertice e sport di base: quali percorsi convergenti”, moderato dal vicepresidente nazionale del CSI, Massimo Achini, al quale sono intervenuti mons. Carlo Mazza (CEI), il presidente del CONI regionale Piero Fagone e quello del CONI provinciale Marco Mannisi, oltre a Edio Costantini e a Santo Gagliano. Ad aprire i lavori è stato il consigliere nazionale CSI Salvo Russo, che ha voluto mettere in risalto come proprio la Joy Cup, manifestazione dello sport di base, riesca a coniugare il momento sportivo con l'incontro e la festa. La speranza di vivere in maniera diversa lo sport, recuperandone il senso dei valori, etici, formativi, culturali. Fagone poi ha ribadito che "la scelta comune è quella della pratica sportiva, sia agonistica, sia dell'attività motoria. C'è sempre richiesta di attività motoria, cresce anche in Sicilia la domanda di sport. È uno dei bisogni primari”. Citando un quadro di Guttuso "Spes contra spem" ha voluto lanciare un messaggio di speranza anche per il CONI ed i suoi grandi travagli. "La Sicilia è stata la prima regione a dotarsi di un’autolegislazione sportiva - ha poi proseguito e da diversi anni abbiamo istituito master e stages per permettere ai giovani un futuro sportivo anche nel marketing, nell'impiantistica ed in vari ambienti sportivi.
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DALL'ATLETICA UN SALTO… DI QUALITÀ Grand'atletica si è vista al camposcuola "Picanello" di Catania, teatro di gara di tutte le gare della Joy Cup. In particolare nel salto in alto splendida performance del veronese Diego Apolloni. Il sedicenne in forza all'Atletica Valpolicella è volato facile oltre i due metri, sfiorando di poco i 2,04 e quei 2,06 gli erano valsi la miglior prestazione italiana nella categoria allievi. Un salto di qualità per l'atletica del CSI, confermato da un altro buon risultato: i 14 metri raggiunti nel peso da Andrea Rizzo dell'Atletica Ravello (MI), di appena 13 anni. Al di là di queste performances individuali, e di qualche tempo interessante fatto registrare negli sprint, sul tartan catanese, sono state giornate intensissime, un succedersi di batterie e finali, premiazioni, con molti atleti impegnati su più fronti nella pista rossa ed un succedersi di maglie scudettate arancio-blu. Interessanti le gare della velocità e del mezzofondo, un po' meno i lanci ed i salti. Discrete anche le staffette conclusive del sabato. La commissione tecnica di atletica dice che nel CSI si può fare ancora meglio. Basterà dunque puntare sulla grande passione per questo sport, cui questi ragazzi dedicano gran parte del loro tempo. E sui loro sogni: Marion Jones, o Maurice Green sono inarrivabili, ma si può sempre imparare per provare e tentare di stargli dietro.
"La speranza non è un sogno, ma un modo di costruire il futuro" gli 80 m e la 4x100. Spero di farcela". Sul tartan avviciniamo due atleti dell'Alba Docilia ligure: Andrea Bazzano, 7 anni nel CSI "Faccio gare anche nella FIDAL ma qui mi diverto di più, c'è meno pressione" e Pierfrancesco Tobia "Provo per divertimento anche il giavellotto, ma sono un velocista prettamente; 100 e 200 le mie distanze. Qui è comunque una festa. Davvero una bella esperienza". Linda Cavallo, Maela Solfizi, Annalisa Siviglia, Tatiana Latrofa sono le simpaticissime frecce del Team Pugliavventura, con Mimmo Resta presentatosi come allenatore, accompagnatore, autista che alla fine in gara ha conquistato l'oro nei 100 metri seniores. Poco più in là troviamo poi gli atleti dell'Atletica Padania, società della Lega Nord affiliata al CSI. "Abbiamo creato una squadra che potesse competere a livello regionale e provinciale nei campionati CSI - spiega Carlo De Gaudio, responsabile organizzativo di Sport Padania - È una rappresentativa padana, gli atleti vengono da Bergamo, Varese, Lodi, Milano, Lecco. Nel 2001 abbiamo cominciato a fare gare nel CSI. Qui abbiamo trovato grande integrazione, a parte le solite battute, tipo “ecco qua i padani”."Risultati elettorali qui alla Joy Cup? Abbiamo avuto un oro nel salto in alto amatori A di un ragazzo che promuoveremo a sindaco di Lodi…". Con Elisa Laffi e Michela Marzolini da Sasso Marconi, si parla di alimentazione. "Non mangio niente, questa è la mia dieta -scherza la prima- punto tutto sul gelato alla panna". Dopo la finale Raggiungiamo la squadra vincitrice del calcio a 11 open: il Mastromarco Pistoia. Andrea Ancillotti racconta in un toscano doc leggermente svociato dopo i festeggiamenti: “Eravamo fiduciosi, non abbiam mai perso qua e soprattutto da settembre ne abbiam perduta una soltanto. E poi il nostro segreto è che ci vogliamo tutti bene. Sul pullman non abbiamo fetseggiato per rispetto degli avversari, poi siamo andati al mare, per un bagno tutti vestiti”. Sulla partita: “Il primo tempo ci han messo sotto, poi grinta ed esperienza ci han permesso di pareggiare. L'arbitro? Molto competente”. Carlo Lavecchia è il portiere dei toscani. Muratore di professione è stato “miracoloso” in un intervento su un colpo di testa ravvicinato nel primo quarto d'ora di gara. Un balzo felino, d'istinto e le parate ai rigori che han portato la Joy Cup a Pistoia. “È successo che non abbiam mollato
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Mannisi, sempre riallacciandosi al discorso della speranza ha detto: “La speranza non è un sogno, ma un modo di costruire il futuro”. E ancora: “Occorre un ponte tra i due sistemi di sport, recuperando quel principio di solidarietà tra vertice e base, fatto di esperienze e di volontariato”. Mons. Mazza della Cei ha detto chiaramente. “Pensiamo al Giubileo, dove abbiamo cercato di far capire che non esiste questa separatezza tra i due mondi. Il problema di oggi è invece che siamo alla deriva commerciale. Lo sport è diventato una “cosa”, e come tale viene usato e manipolato”. Costantini in ultimo ha parlato di politica sportiva “occorre risvegliare le coscienze. In Italia manca una vera e propria cultura sportiva”. Ed ha lanciato un appuntamento. “Ripartiamo dalla Sicilia, reincontriamoci, formuliamo insieme proposte educative per formare il nuovo capitale umano del domani”. LA CUCARACHA Febbrile, un classico per il sabato CLAMOROSO AL CIBALI: VINCE IL MASTROMARCO PISTOIA Nel calcio a 11 erano 19 le squadre, suddivise per categorie a darsi battaglia. Ottimi alcuni impianti su cui si è giocato, molti campi in erba come quello della Masca Lucia a Massa Annunziata, quello a Viagrande all'interno del Villaggio Madonna degli Ulivi, quello della Cittadella Universitaria (CUS Catania) per finire al Cibali, lo stadio principale catanese, dove si è disputata la finale. Altri terreni, come quello di Aci S.Antonio, risentivano ancora delle recenti quanto improvvise eruzioni dell'Etna, presentando una fitta coltre di polvere lavica, fastidiosa per i ventidue in campo. Gli incontri sono apparsi assai avvincenti ed equilibrati: sono state poche le squadre che hanno fatto l'en-plein di vittorie. Diversi i pareggi con conseguenti calci di rigore. Da segnalare, a conferma di quel ruolo di precursore che spesso il CSI ha giocato in passato, la possibilità di chiamare due time-out per tempo sul rettangolo di gioco. Se ne è fatto largo uso in particolari momenti, spesso per distendere gli animi un po' surriscaldati, non solo dalle altissime temperature registrate in questi sei giorni in Sicilia. Ottima la categoria arbitrale. Real Venezia, Fortuna 74 Pesaro e Jolly Sport Modena sono apparse squadre collaudate, ben organizzate in campo. Il miglior gioco è stato però quello espresso dal Club dei Masi di Salerno, ricco di geometrie con discrete individualità. Nonostante la pesante sconfitta in apertura 5-1 contro Modena all'esordio, la squadra salernitana ha saputo reagire, centrando ancora una volta la finale. Al Cibali, si è però dovuta arrendere al Mastromarco Pistoia, squadra sorniona, che non molla mai, difficile da battere. Gioca un calcio magari più compassato, poco spettacolare, ma di grande redditività. Lo testimoniano i risultati dei toscani, che dopo essersi qualificati nell'interregionale sempre di misura (10 contro Frosinone e Aluchis), anche in Sicilia alla fine hanno vinto una sola partita, quella d'esordio e nelle altre tre gare hanno sempre pareggiato , vincendo ai rigori anche la finale. Il primo tempo tutto in favore dei campani lasciava presagire, specie dopo il vantaggio ed una ghiotta palla-gol ben sventata dal portiere pistoiese, una vittoria dei Masi. Ma ecco sul finale del secondo tempo, il rocambolesco gol del pareggio siglato da Tommasi in mischia. Da lì nessuna emozione, se non quella tipo Champions League della roulette dei rigori. Più freddi ed anche più abituati ai penalty i toscani; meritatamente sono loro i campioni d'Italia ad alzare la Joy Cup.
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sera, l'attesa per le premiazioni della Joy Cup tenutesi presso la discoteca "La Cucaracha" nella zona catanese di Playa. Prima dei premi la celebrazione eucaristica. Entusiasta mons. Salvatore Gristina, arcivescovo metropolita di Catania, felice di celebrare la S. Messa di fronte ad una così vasta assemblea giovanile. Dall'altare, insieme a mons. Mazza, mons. Peri e al consulente regionale don Gaetano Zito, ha rivolto un saluto caloroso alle centinaia di atleti presenti. Poi nei vari palchi, suddivisi per specialità, ecco le coppe, i trofei ricordo, le maglie e le medaglie tanto ambite. Grande soddisfazione hanno mostrato i ragazzi che hanno poi sfogato in pista, ballando anche sulla spiaggia, la loro esuberanza. Accanto a molti sorrisi qualche lacrima di chi deve lasciarsi. Ormai la Joy Cup è finita; il viavai di aerei sopra la testa, chi atterra e chi decolla, meglio non poteva chiudere l'immagine del viaggio e della ripartenza. Dall'isola della gioia è tutto.
fino alla fine e poi ai rigori siamo imbattibili”. Siamo alla Cucaracha per le premiazioni. Ecco le ragazze trevigiane della pallavolo San Gaetano sconfitte dalla Benelli & co. Una sconfitta onorevole. “Per noi è stata una vittoria averle trovate di fronte ed aver giocato alla pari. È comunque uno stimolo in più e non un rammarico incontrare gente simile”. La centrale Raffaella Covarini si è opposta a muro spesso alla bordate dell'altra ex stella Causevic. Ha la voce bassissima: “È stato difficile giocarci contro ma abbiamo imparato tanto”. Francesca Ruzza, gioca in banda: “ci siamo fatte prendere dall'emozione il primo set, poi le abbiam schiacciate nel secondo. Da lì molto equilibrio, fino al tie-break, dove ha prevalso la loro esperienza. Vinceremo il prossimo anno”. Sara è l'allenatrice della Calamandranese, della provincia di Asti. “Esperienza bella e faticosa. La squadra sono state bravissime”. Della squadra Marika è la prima a venirci incontro, gioca ala. “Esperienza fantastica!”. Alessia Morabito bissa “Giochiamo insieme da due anni. Un'esperienza positiva, pur nella sconfitta. Abbiamo fatto molta amicizia anche con le avversarie. Il quarto posto per noi è un bel risultato e ci siamo divertite moltissimo. Sono le prime finali che facciamo”. Sonia e Matilde, della Pentacom, intonano un coro di incoraggiamento, nonostante la sconfitta. Sara Iaccarino centrale del CSI Piscinola: “Speravamo di vincere un po' di più”. Serena De Simone: “Diciamolo pure…siamo venute più in vacanza!”. Armando Mariano, capitano della S. Espedito: “Bellissimo gioco da parte di tutte le squadre, bell'atmosfera”. Sulla spiaggia de la Cucaracha la festa più rumorosa è per il GS Immacolata primi nei Top Junior di calcio a 5. Saltano sul coro “Siamo noi i campioni dell'Italia siamo noi” i baresi Marco e Gaetano: “Eravamo la squadra meno attrezzata a livello di stile, né una maglietta uguale, né un pantaloncino”. Abbiamo puntato sui piedi buoni ed ora siamo campioni d'Italia. Poveri ma forti; viva Giovinazzo! Finale bollente, da 40 gradi. Da 2-0 abbiam pareggiato 2-2 e poi vittoria ai rigori. Quello decisivo lo ha realizzato il più piccolo della squadra, poi impazzito di gioia. “Non ero affatto sicuro di segnarlo, sono andato con molta paura sul dischetto, poi un dirigente con una battuta mi ha fatto ridere e in quel momento ero sicuro di segnarlo ed ora siamo campioni”. Il mister invece sottolinea la bella rivincita sui campioni in carica del Siracusa che ci avevano battuto un anno fa a Cesenatico. “Vorrei applaudire l'altra squadra perché ha messo a nostra disposizione lo spumante che si erano portati loro per festeggiare. Un bel gesto di sportività e di fair play”. C'è acnora Anna Teotino del Priamar Savona calcio a 5. Lei è stata la capocannoniere del torneo femminile. Dice: “Ci siamo divertite moltissimo, anche col secondo posto”. Palla ai cestisti. Giorgio delle Stelle Marine di Ostia. “Che dire le abbiam vinte tutte. Meglio non poteva andare”. Bologna è finita terza, dietro Roma e Torino. Stefano spiega: “Avevamo età diverse ed abbiamo giocato poco assieme. Esperienza indimenticabile, posti veramente belli, escursioni tipo Taormina da sogno, mare spettacolare, terzo posto, ma questa medaglia di bronzo è come un oro”. “Eravamo punto a punto e ci siamo innervositi nell'unica partita che potevamo vincere”.
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Claudia Venturelli e Christian Armadori sono stati due tra i 5 vincitori del concorso cronista CSI, in collaborazione col quotidiano Avvenire, che hanno raggiunto l'isola sicula per raccontare frammenti di Joy Cup. Claudia e Christian, due ragazzi del CSI, si sono rivelati due belle certezze. Al ritorno hanno scritto a Stadium la "loro" Joy Cup. Pubblichiamo per ciascuno una delle loro cronache quotidiane.
INTERVISTA A MANUELA BENELLI di Claudia Venturelli Classe 1963 ed una vita dedicata alla pallavolo, giocata e non. Questa è Manuela Benelli che si racconta in una chiacchierata prima della partita con la sua Ravenna. Le chiedo cosa l'ha spinta a tornare a giocare; lei ride, chissà quante volte glielo avranno chiesto, poi racconta:«Principalmente è stata la voglia di fare ancora pallavolo a 360° e dove ricominciare se non con il mio primo gruppo? Con loro infatti ho iniziato a giocare e muovere i primi passi nelle palestre e con loro sono arrivata a giocare fino in B2. Per vari motivi, poi, ci siamo divise e io sono approdata in serie A». Già e dopo anni di brillante carriera nella massima serie e in Nazionale, Manù ha iniziato ad allenare. A questo punto le chiedo se non ha mai pensato di allenare anche questa squadra; lei abbassa lo sguardo, come per nascondere gli occhi lucidi, poi mi racconta che un mese prima è venuto a mancare il loro allenatore. «Per noi è molto difficile essere qui in Sicilia senza di lui, ma questo ritrovo è anche un modo per decidere cosa fare nel prossimo futuro». E proprio riguardo a ciò mi anticipa che l'anno prossimo allenerà ancora a Roma. Palleggiatrice da una vita le chiedo se ha mai pensato di cambiare ruolo. Ancora un sorriso poi scherzando: «È meglio se continuo a fare quello! Comunque in questa squadra ci sono già due palleggiatrici quindi a volte mi capita di fare la schiacciatrice». Dato che vi conoscete da così tanto tempo fanno ancora bene, alla squadra, questi "ritiri"? «Sicuramente. Stare insieme è sempre molto importante, anche per un gruppo come il nostro che si conosce da una vita». Ma com'è Manu Benelli in questa squadra? Si limita a fare la giocatrice o qualche volta copre il ruolo di allenatrice? «Cerco di fare solo la giocatrice, ogni tanto però qualche consiglio mi scappa, ma devo ammettere che l'ho sempre fatto, anche prima di giocare in A». La sua Ravenna è prima nel campionato Open CSI, ora alla Joy Cup, sempre a caccia di risultati, ma quali sono le vere aspettative di questa squadra? «Vincere» risponde sorridendo. «Nelle prime due partita abbiamo ottenuto due risultati positivi ora si punta alla terza e decisiva partita contro una squadra molto valida: il Treviso». Anni di partite, palestre, viaggi, ritiri cosa cerca ancora una ex giocatrice di serie A dopo tutti i traguardi che ha raggiunto? «Semplicemente giocare, giocare, giocare. Ci siamo ritrovate dopo 20 anni, dopo matrimoni, figli e vite molto diverse con un unico obiettivo: giocare insieme». Che effetto ti ha fatto tornare a giocare? Ride:«Il giorno dopo non riuscivo più ad alzarmi!» Cosa pensano di te e della tua squadra a Ravenna? «Per Ravenna siamo diventate un mito. La gente ci segue e ci vuole bene e questo fa molto piacere». E chi non seguirebbe una come lei? Anch'io mi permetto di chiederle un consiglio: cosa è più importante insegnare ai bambini? Stare insieme o la pallavolo vera e propria? «Indubbiamente lo stare insieme e fare i tre tocchi. È un modo per insegnare loro a rispettare il ruolo degli altri; quando poi crescono gli si insegna la pallavolo vera». Conclude la nostra chiacchierata con il suo solito sorriso che gratifica chi la sta ad ascoltare! Vai Manu continua così perché fa bene alla pallavolo vedere persone come te!
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LA FASE FINALE DEL CALCIO A 5 di Christian Amadori SIRACUSA - Sono appena scoccate le 18 quando al “Centro Sportivo Epipoli” di Siracusa prende avvio la fase finale della Joy Cup valevole per il calcio a 5. È una giornata tremendamente calda quella che la città di Archimede regala ai tanti atleti convenuti. La concentrazione delle squadre è però ai massimi livelli, ci si prepara nei pochi angoli ombreggiati e si attende con trepidazione il calcio d'inizio. Ad inaugurare la competizione open, come consuetudine, è la formazione che si è fregiata lo scorso anno del titolo nazionale. Arrivano da Mola di Bari i campioni uscenti, si chiamano Juventus Club e come i bianconeri recano al petto il fregio tricolore del loro passato trionfo. A sfidarli c'è il Marconi di Matera. Gli avversari non paiono per nulla intimoriti dal blasone del quintetto pugliese. In campo però non c'è partita e, come da pronostico, sono i campioni di Bari ad imporre la loro marcata supremazia. Finisce infatti con un sonoro 10 a 3. Sugli spalti, in attesa che arrivi il proprio turno siedono le altre squadre impegnate nel corso della la giornata. A fare da spettatori interessati la rappresentativa del Bar Canarino di Martinsicuro: meditano una rivincita sportiva, visto che fu proprio lo Juve Club ad estrometterli nella passata edizione. Arrivano dalla provincia di Teramo. La loro passione calcistica è però orientata per i bianco-azzurri del Pescara. Nel quintetto abruzzese figura il cugino del calciatore Di Fabio (già a Messina). Non sono tuttavia gli unici ad annoverare importanti perentele. Nel Boville Ernica (Fr), tanto per fare un esempio, c'è il figlio di quel Musa che negli anni '70 vestì la maglia del Bologna. È il classico esempio di passione tramandata: anche il fratello ha giocato a football, vantando un paio di apparizioni in panchina nel Verona di Bagnoli che vinse lo scudetto. La rappresentativa ciociara è espressione di un paese di 1500 anime che conta ben 3 squadre di calcio affiliate al CSI. Sempre a proposito di parentele importanti non si scherza nemmeno tra le fila del Mammut Club di Modena. Nella formazione che porta il nome del circolo sportivo di proprietà di Caliendo, ex procuratore di Baggio e Trezeguet, c'è il figlio di quel Galli che cura gli interessi contrattuali dei vari Asta, Bombardini e Torricelli. I giocatori, tutti uniti dalla passione per i canarini giallo-blu della città emiliana, hanno raccontato di infuocate riunioni che periodicamente Caliendo teneva al Mammut Club, oggetto del contendere, manco a dirlo, la storica rivalità tra il procuratore che fu del "codino" ed il gruppo Gea che fa capo alla famiglia Moggi. L'Associazione cattolica Proxima, che è giunta a Siracusa dalla campana Sessa Aurunca (CE), vanta invece un'amicizia con Fava il bomber della Triestina che si è piazzato al secondo posto tra i cannonieri della serie B. L'attaccante, quando torna nel paese natale non disdegna mai una partitella con i suoi compagni d'infanzia. Al “Centro Sportivo Epipoli”, che si struttura su 3 campi paralleli di erba sintetica permettendo quindi gare concomitanti, ci sono anche compagini
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IN PISCINA, NUOTO DI QUANTITÀ E QUALITÀ Bellissimi gli impianti del nuoto. Le vasche della bellissima piscina olimpionica di La Playa a Catania, e della piscina comunale di Caltagirone hanno bagnato gli oltre 350 costumi ciessini e cuffie che che si sono presentati ai blocchi di partenza delle finali nazionali. A bordo vasca appare evidente l'età media molto bassa dei partecipanti. Due terzi dei nuotatori non raggiungono i 15 anni, un chiaro segnale di come il CSI miri alla crescita sportiva giovanile sin dalle età più piccole. Rispetto allo scorso anno si è alzata molto la qualità, specie nelle categorie dagli juniores ai seniores: in acqua abbiamo visto raggiungere tempi da campionato italiano, da ragazzi preparatissimi. Angelo Sciacca (delfino e dorso) della Ge. Se. Catania ed Alberto Rota (stile e delfino) della Carpi Nuoto hanno impressionato più di tutti nell'individuale. Le loro società sono quelle che hanno messo in mostra i mgliori talenti. Nelle staffette 4x50 a stile e 4x50 mista hanno prevalso le squadre capitoline. Tiber Nuoto, CSI Roma Est e Canottieri Aniene hanno centrato il podio nelle categorie esordienti, ragazzi e juniores. Al di là della gara la settimana siciliana è stata per molti ragazzini un'esperienza di vita indimenticabile. Si trattava infatti della prima trasferta di gruppo, del primo confronto con avversari non conosciuti. Ed è stata apprezzatissima la possibilità "turistica" di farsi un bagno anche al mare, di visitare Taormina e l'Etna. Ed anche tutto ciò è stata una bella vittoria.
C'È RONALDINHA NEL CALCIO A 5 Le finali del calcio a 5 e del calcio a 7 si sono svolte nella zona di Siracusa, ed in quella di Noto, perla del barocco ed hanno coinvolto complessivamente 51 squadre. Più squadre, più qualità, più agonismo in due discipline sempre in continua espansione (il calcio a 7 molto praticato a nord). Il livello di gioco visto è assai buono. Quaranta gli arbitri del CSI giunti alle pendici dell'Etna per fischiare nella Joy Cup, freschi reduci dallo stage nazionale CSI tenutosi a Sportilia. I tre bellissimi sintetici campetti di Epipoli e quello a 7 dell'Ellenika hanno ospitato il maggior numero di gare di questa Joy Cup. Su campi di gioco adiacenti, con gare in concomitanza, la formula a girone ha inevitabilmente portato a tentativi di combines. Ma, nell'Open maschile, errori di calcolo (e di mira in certi rigori!) nella classifica avulsa han permesso comunque alle squadre più meritevoli di accedere alle finali. Avvincente la sfida finale nel calcio a 5 femminile tra Savona ed Imola, con l'attaccante savonese impressionante nella sua spiccata vena realizzativa. Ed in questa Joy Cup non è passata inosservata la Ronaldinha CSI, così almeno chiamavano tutte la biondina del Wal-cor Cremona, tanto brava quanto sola nella sua squadra.
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esclusivamente femminili a darsi battaglia. Una di queste - la parrocchia Ganzirri di Messina- aveva dovuto rinunciare all'edizione 2002 per problemi legati allo studio di molte sue atlete. Anche oggi alcune giocatrici sono rimaste a casa poiché impegnate con la fatica della maturità. Le altre pur se in formazione rimaneggiata, hanno voluto comunque essere dell'appuntamento. Tifano tutte per i giallorossi dello stretto, hanno eletto il centrocampista Campolo come loro idolo e tra di scopriamo esserci la cugina di Salvatore Bagni. La palma di squadra più esuberante in questa prima giornata di Joy Cup spetta tuttavia alle ragazze della Primar di Savona. Alla mia prima domanda eccoti Sara che se ne esce con un improbabile “Non compriamo niente”. Anche Tatiana non è da meno quando, interrogata su eventuali parentele importanti, afferma con un pizzico di superbia:«Nessuna di noi, tranne me che sono la sorella di Del Piero!». Le sue compagne di squadra esplodono in una risata generale. La partita che le attende sta però per cominciare. «Un po' di serietà» ammonisce il mister. Le atlete tornano allora alla massima concentrazione e io vado via, inutile continuare a bombardarle di domande quando il primo verdetto è già stato sancito: la loro partita della simpatia l'hanno infatti già vinta in partenza.
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V I TAC S I
D I
T I T O
D E L L A
T O R R E
Che goal il Weelchair CSI! Gli incontri siciliani, che si sono disputati al Pala Spedini, struttura adiacente lo Stadio "Cibali" di Catania, hanno visto affrontarsi le squadre dei Blue Devils Napoli, campioni d'Italia, dei Red Cobra di Palermo, degli Star Trek di Trapani e di una selezione mista composta da atleti delle tre squadre partecipanti. Lo sforzo organizzativo del CSI, anche nel reperire una accogliente sistemazione alberghiera idonea ad ospitare atleti disabili, è stato premiato dal grande impegno messo in campo dalle squadre e dal buon livello tecnico degli incontri disputati, nonostante il gran caldo di fine giugno. Hanno portato il saluto alle squadre presenti alla Manifestazione, il presidente del CSI Edio Costantini e mons. Carlo Mazza, della CEI, ai quali il "poeta" dei Red Cobra, Walter Valenti, ha fatto dono di una copia della sua raccolta di poesie "A Ruota Libera".
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Nel primo incontro si sono affrontati i Red Cobra e la selezione composta in gran parte da atleti dei Blue Devils. Risultato finale di 11 a 0 per la squadra di Palermo, che ha visto il primo gol dell'esordiente Bartolomeo Inserra. Nell'altro incontro, i Blue Devils hanno prevalso con il punteggio di 9 a 1 nei confronti degli Star Trek, al loro 1° anno di attività. Anche in questo incontro nonostante il netto divario tra gli esperti napoletani e gli esordienti trapanesi, la partita è stata ugualmente gradevole per qualche interessante azione di gioco. Eccoci alla "finalina" di consolazione, gli Star Trek conquistano un meritato 3° posto ai danni della Selezione mista, grazie anche ai gol degli attaccanti Dina Lo Bue, unica atleta donna che ha partecipato alla manifestazione. Per la selezione mista ha realizzato il gol della "bandiera" l'ottimo Edoardo Esposito di Napoli.
Da Lignano a Catania fa festa il weelchair-hockey targato CSI. Due quadrangolari hanno ridato soddisfazione ad alcune squadre, dopo una stagione assai travagliata.
Attesissima, la finale valevole per l'assegnazione della Joy Cup 2003 di Wheelchair Hockey la ormai tradizionale sfida Blue Devils vs Red Cobra ha inizio alle 17,30. Le due squadre agli "ordini" dei rispettivi allenatori: il "vulcanico" Salvatore Leonardo ed il "flemmatico" Mauro Maniscalco, schierano le loro migliori formazioni disponibili, sotto la direzione degli arbitri del CSI: Daniele Perini, Riccardo Armellini e Claudio De Zotti, la prima volta per un arbitro in carrozzina. La cronaca dell'incontro vede sempre in vantaggio la squadra dei Red Cobra, anche se mancanti del loro funambolico "straniero" Mustafà, con i Blue Devils che rispondono colpo su colpo ai gol di Giovanni D'Aiuto. Il 1° tempo, molto combattuto, si chiude con il risultato di 3 a 2 per i Reds. La ripresa ha inizio con il nuovo pareggio dei napoletani con Tommaso Liccardo, nonostante un prodigioso intervento del portiere dei Reds, Walter Valenti, che si è reso autore di numerose belle parate. Il pareggio dura poco grazie a Giovanni, che validamente assistito dai propri compagni di squadra, Roberto Pisanu, Davide Cannata e Pietro D'Aiuto, segna con un gran tiro che si infila in diagonale alle spalle del pur bravo portiere del Napoli, Roberto Sensoli. Nuovo pareggio del solito Tommaso Liccardo per i napoletani al 10', anch'esso ben assistito dai compagni di squadra Giuseppe Marchese, Antonio Ferrara e Vincenzo Perfetto.
Pathos finale alle stelle in un clima rovente, non solo per il caldo asfisiante. A 5' minuti dalla fine un altro gol dei Reds sembra chiudere definitivamente l'incontro, anche perché subito dopo i Blue Devils falliscono un rigore grazie anche alla grande parata di Walter, ma a 20 secondi dalla fine una palla malamente persa da Giovanni consente ai diavoli napoletani e alla classe di Tommaso di fissare il risultato finale sul 5 a 5, malgrado un clamoroso palo colpito dai giallorossi siciliani sulla sirena finale che ha fatto sussultare i Reds e tutto il pubblico presente, che ha applaudito a lungo. La sequenza dei rigori, una vera e propria roulette, registra i gol di Vincenzo e Tommaso per i Blue Devils e di Pietro e Giovanni per i Reds. Si prosegue ad oltranza fino all'errore di una delle due squadre. Sul dischetto non va stavolta Tommaso Liccardo, freddissimo nella realizzazione nella prima serie. Si ripresenta invece dei 5 metri Vincenzo, che stavolta tira alto. Il rigore decisivo viene realizzato da Giovanni che, freddamente annichilisce il portiere avversario, regalando alla propria squadra il 1° successo in un torneo nazionale. La premiazione delle squadre partecipanti è avvenuta nell'ambito della Festa conclusiva della Joy Cup 2003 alla Cucaracha. Il trofeo Joy Cup 2003 di wheelchair hockey, consegnato da Renato Picciolo - coordinatore dell' attività aportiva del CSI - viene finalmente "sollevato" dagli atleti dei Red Cobra Sicilia. Arrivederci alla prossima edizione della Joy Cup.
In Friuli sugli spalti c'erano il Presidente della UILDM, E. Lombardi, il Vice-Presidente E. Marcheschi, oltre al consigliere della U.I.L.D.M., Claudio De Zotti e tutti gli spettatori presenti si sono resi conto della realtà consolidata dell'hockey, che non ha solo una valenza sportiva-agonistica ma anche soprattutto di socializzazione e di favorire i rapporti umani. Targhe ricordo donate alla sezione di Venezia per ricordare R. Bressanello, alla Direzione Nazionale che ha promosso la manifestazione e al papà di Manuel Serra, ragazzo che ha lasciato un bellissimo ricordo, per la sua gioia di vivere. Combattutissima la finale vinta dai Red Cobra per 10 a 8 su i Blue Devils, campioni d'Italia in carica, in campo con la formazione titolare quasi al completo. Fra i Red Cobra hanno trovato spazio il "gioiellino" dei Magic di Torino, Francesco Prima, l'esordiente Lorenzo Giuntinelli di Pisa, che ha giocato da portiere anche senza T-stick, e le giovani promesse dell'hockey di Torino Andrea Zedda e Matteo oltrea Luca, Vito Antonio ecc. Partita bella ed emozionante fino alla fine. Che dire? Tutto OK. Grazie per queste splendide giornate all'insegna dello sport per tutti, che hanno messo in risalto i veri valori della pratica sportiva che oltre ad essere agonismo è anche amicizia, solidarietà, insomma sportterapia. Arrivederci al prossimo anno per il secondo memorial "Roberto Bressanello", con l'augurio che il wheelchair hockey torni ad essere uno sport a misura dei disabili portatori di gravi disabilità ed in modo particolare per le persone affette da distrofia muscolare, con più serenità e certezze di regole semplici ed efficaci.
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MARKETING
DI
PINO
V ALENTI
&
*
Comunicazione lea
dership
Comunicazione interna: LA SQUADRA. In un'epoca come quella attuale in cui c'è un surplus di informazioni a tutti i livelli e attraverso tutti i tipi di tecnologia, riuscire a comunicare diventa paradossalmente sempre più raro e difficile. La chiave del processo comunicativo risiede, nella maggior parte dei casi, nella capacità di mettersi al livello di chi ascolta con un atteggiamento corretto. L'allenatore può comunicare solo concetti di natura tecnica e tattica, che devono essere poi assimilati dai giocatori, perciò richiedono la padronanza di una corretta metodologia d'insegnamento da parte del coach. Oppure può fornire dei dettami comportamentali attraverso un'istruzione tecnica. Ad esempio, "passiamo la palla ai pivot" significa "coinvolgiamo i pivot nel gioco" ovverosia "dimostriamo loro che abbiamo fiducia tecnica" e "diamo una dimostrazione di disponibilità". Il trasferimento dei concetti può essere raggiunto dall'allenatore attraverso una serie di modalità comunicative diverse: - Le parole - Il silenzio - Le espressioni 22
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- I gesti - Le azioni Le parole possono essere dette, ma anche scritte affinché i giocatori le abbiano sotto gli occhi in modo concreto e percepiscano così l'importanza e il peso che ad esse devono essere attribuiti; il coach si affida allo strumento più usato e comune e, proprio per questo, più difficile da usare con efficacia nel tempo. Anche il silenzio può esprimere un atteggiamento che può essere, a seconda dei casi, critico nei confronti, ad esempio, di una situazione o di un comportamento che non meritano interventi di diversa natura, oppure tollerante, riguardo magari ad un errore, tecnico o di diverso genere, verso il quale non si ritiene opportuno manifestare una presa di posizione esplicita, fiduciosi che il "responsabile" cercherà di porvi rimedio e si impegnerà a non ripeterlo in futuro. Le espressioni e i gesti fanno parte di quel linguaggio del corpo che da sempre, per chi lo sa interpretare, rappresenta una via privilegiata per la conoscenza dei pensieri e delle emozioni delle persone, e può essere usato per trasmettere, senza le sovrastrutture e le conseguenti
ambiguità interpretative della modalità verbale, dei messaggi che vengono captati dagli interlocutori a livello quasi istintivo. La ripetitività di certe azioni, come ad esempio la consegna delle maglie ai giocatori o l'"huddle" (raggrupparsi), rischia di togliere valore e trasformare in routine comportamenti significativi che, proprio per questo, devono sempre essere utilizzati da chi guida per comunicare ed enfatizzare concetti importanti come il senso di appartenenza al gruppo e l'identità della squadra. Il vero leader deve capire e accettare che, come in tutti i settori in cui il lavoro consiste nel prendere decisioni, è impossibile che il consenso sia unanime e proprio da questa consapevolezza nasce l'esigenza di approfondire e migliorare le tecniche e gli strumenti che posso consentire un processo di comunicazione più efficace ed adatto alle esigenze e alle caratteristiche dei membri del team.
Comunicazione esterna: IL PUBBLICO E I MASS-MEDIA Il consenso, i rapporti con l'ambiente esterno richiedono da una parte la sensibilità di riuscire a coinvolgere persone estranee alla squadra in modo che il loro appoggio sia di aiuto alla squadra stessa, dall'altra l'assoluta necessità di proteggere i delicati meccanismi che regolano la vita e il lavoro di un gruppo da interferenze esterne, che ne possano compromettere l'armonia interna e deviarne la concentrazione su elementi di secondaria importanza. Tutto il lavoro di comunicazione esterna sia di chi guida il gruppo sia di chi ne fa parte deve sempre tenere presente l'obiettivo fondamentale di agevolare le dinamiche relazionali interne e impedire che turbative legate a fattori esterni possano aumentare la pressione. Anche i genitori-tifosi, che rappresentano la parte dell'ambiente esterno più vicina alla squadra, vanno "educati" a questo senso di com-
prensione e rispetto verso il lavoro di un gruppo che sta concentrando i suoi sforzi nel raggiungimento degli obiettivi che si è prefissato. Il vero leader non deve temere di esporsi in prima persona e mettere in gioco una parte del proprio consenso personale, quando si rende conto che dall'esterno arrivano segnali che minacciano la serenità del team e rischiano di compromettere il lavoro del gruppo. Allo stesso modo, i rapporti con i mass-media in generale e con la stampa in particolare, devono essere improntati alla non divulgazione di quei processi che, come visto prima, caratterizzano la comunicazione interna. *professore di "Marketing e metodologia della comunicazione sportiva" e di "Organizzazione degli Organismi sportivi" presso la Facoltà di Scienze Motorie e Sportive dell'Università degli Studi di Bologna.
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Dal 10 giugno al 18 luglio al parco acquatico di via Airaghi gran successo dell'iniziativa targata CSI e FOM. Il 4 luglio grande la festa per l'arrivo dell'arcivescovo Dionigi Tettamanzi.
MILANO SI TUFFA
in D I
L U C I A
acqua landia
T E O R M I N O
Un'estate davvero particolare per i ragazzi degli oratori della Diocesi Milanese che hanno partecipato a Stadium Aqualandia. Oltre 60.000 le presenze nel grande parco acquatico di via Airaghi (Milano) dove, gli animatori CSI e FOM hanno organizzato davvero di tutto. Il piatto forte sono state, ovviamente, le numerose piscine e gli scivoli che caratterizzano la struttura. Per l'occasione, tuttavia, Aquatica si è attrezzata con campi e impianti sportivi tali da consentire lo svolgimento di numerosi tornei e attività ludiche. Ma cosa hanno fatto le migliaia di ragazzi a Stadium Aqualandia. È presto detto. L'arrivo era previsto intorno alle
9.30 (talvolta in doppio turno quando gli iscritti superavano le tremila unità al giorno) e l'accoglienza, curata nei particolari, era gestita dagli animatori FOM e CSI: canti, balli e giochi di gruppo improntati al tema dell'oratorio estivo diocesano “Party con me” che intendeva proporre il tema della missionarietà sulle orme di S. Paolo. Poi via per nuove avventure grazie alle numerose iniziative organizzate nell'arco della giornata: tanta animazione nell'Area Baby (con baby dance, racconti animati, giochi, laboratori di creatività e superludoteca per i più piccoli), nell'Area Piscina (con acquagym e giochi in acqua) e nell'Area Dance
Party con me le parole del card. Tettamanzi all'oratorio estivo Carissimi, in questi giorni i nostri Oratori si vestiranno a festa e sprigioneranno immense e preziose energie di vita. Le decine e centinaia di ragazzi, adolescenti e giovani che riempiranno con la loro vivacità lieta e incontenibile i cortili, i campi, le aule, le cappelle dei nostri più di mille Oratori saranno gli indiscussi protagonisti di questa festa, che si prolungherà per più settimane. Anzi, loro stessi sono la festa! Lo sono con i giochi, i canti, le urla, i lavori, i compiti, i momenti di riflessione, la preghiera. Sì, perché l'Oratorio estivo, che sta per iniziare, rappresenta tutto questo. Lo so: questa grande festa comporta non poco impegno da parte di tutti. Penso, con particolare stima e gratitudine, ai sacerdoti giovani, ma anche ai diversi parroci non più giovani che, con le religiose, i responsabili e gli educatori, staranno con i ragazzi e saranno per loro una presenza amica e autorevole. La vostra, carissimi, è una fatica benedetta! Voi per primi ne siete persuasi, perché ben sapete quanto è preziosa la singolare esperienza di ogni Oratorio estivo. Di questa convinzione io stesso mi faccio interprete e portavoce. Desidero, dunque, ribadire che l'Oratorio estivo deve essere decisamente incoraggiato e sostenuto da parte di tutti poiché, nella scia di una costante e invidiabile tradizione della nostra Diocesi, costituisce un'importante e valida occasione: - per i ragazzi che lo frequentano giorno dopo giorno: vi sperimentano un significativo momento di crescita umana e cristiana, nella gioia e nella condivisione; - per gli adolescenti e i giovani che lo animano: è per loro una ricca e fortunata palestra di esercizio della responsabilità, nel segno del servizio gratuito e generoso;
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(aerodance, giochi musicali e balli di gruppo). Ma c'era di più, ovvero tornei sportivi di calcetto, calcio saponato, basket 3 c. 3, pallavolo, olimpiadi sull'acqua e il calcio balilla; simpatica anche l'iniziativa promossa in collaborazione con Circuito Marconi, denominata "Diventa giornalista e D.J." Ma non è finito. Intorno alle 17.00 i ragazzi ospiti di Stadium Aqualandia si davano appuntamento sotto il palco dell'area spettacoli per il grande gioco finale che coinvolgeva anche i responsabili dei singoli oratori, al termini le premiazioni dei tornei e dei gruppi
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presenti. Un successo tutto in salita, dunque, per Stadium-Aqualandia che da quattro anni è diventato un appuntamento fisso sia per gli oratori sia per tutti i bambini e ragazzi della nostra città e della provincia. Un successo registrato attraverso i numeri che testimoniano il gradimento che iniziative di questo genere raccolgono negli oratori e tra i giovanissimi, un successo dovuto alla professionalità dimostrata dagli animatori e dai responsabile che hanno saputo mettere in moto una macchina organizzativa a dir poco complessa. Si chiude, dunque, la quarta edizione di Sta-
per le famiglie, che vi trovano un ambiente sereno e propositivo per i loro figli, nell'ottica di una felice alleanza e collaborazione educativa; per l'intera comunità parrocchiale, che esprime così la sua innata ed insopprimibile passione educativa per tutti i suoi figli più piccoli e la realizza all'insegna di quella distesa familiarità che in altri periodi dell'anno risulta più difficile; per la stessa società civile: l'offerta educativa dell'Oratorio - che, per dirla con san Giovanni Bosco, intende formare “bravi cristiani e onesti cittadini” - costituisce per se stessa un valido contributo al bene comune e, come tale, va attuata nello stile della collaborazione e riconosciuta con adeguati sostegni.
Per tutti questi motivi, sono certo che ogni parrocchia - singolarmente o nell'ambito delle unità pastorali - continuerà a vivere il tempo estivo non come tempo di "vacanza", libero da impegni e da proposte, ma come un "tempo forte" di straordinario e articolato impegno educativo. Con l'Oratorio estivo, infatti, le nostre comunità presentano una vasta gamma di iniziative, che chiede di essere convintamente valorizzata, continuamente vivificata e cordialmente apprezzata. Penso ai periodi di vacanza comunitaria in tenda o in case montane o marine, alle settimane di formazione, ad esperienze di servizio e di carità, a momenti di intensa spiritualità e ad altre attività che la nostra costante prassi educativa conosce e promuove. Quest'anno - seguendo la proposta della pastorale diocesana per i ragazzi, gli adolescenti e l'Oratorio e della FOM, che l'hanno formulata insieme con gli organismi delle altre Diocesi di Lombardia - l'Oratorio estivo si presenta come un indovinato preludio al percorso pastorale sul tema della missionarietà, nel quale impegnerò la nostra Diocesi lungo il prossimo triennio. Con lo slogan “Party con me”, l'at-
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dium con un bilancio tutto positivo, che ci regala l'entusiasmo per pensare già all'estate 2004. Il cardinale di Milano S.E. Dionigi Tettamanzi ospite speciale a Stadium Sportlandia Grande festa venerdì 4 luglio a Stadium-Aqualandia per l'arrivo del Cardinale Dionigi Tettamanzi. Oltre tremila ragazzi hanno atteso con trepidazione l'Arcivescovo sotto il tendone utilizzato per l'accoglienza nella grande struttura di via Airaghi. Un saluto in grande stile che ha visto l'ingresso trionfale del nostro Cardinale accompagnato da canti e grida festanti. Le parole e l'attenzione del pastore di Milano erano rivolte alle centinaia di ragazzi raccolti sotto la tenso struttura. A loro l'Arcivescovo ha spiegato quanto sia importante il gioco, la capacità di stare insieme condividendo esperienze di vita significative. "Sono contento di essere qui con voi - ha esordito il Cardinale -
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vi auguro una gioia più grande e più rumorosa del vostro battimani dove l'acqua più consolante non è quella di questo parco, ma quella che proviene da Gesù". Tanti applausi e grande dimostrazione di affetto è stata testimoniata dai ragazzi degli Oratori della Diocesi, parte dei quali erano stati raccolti all'interno di un'area adiacente poiché il tendone all'ingresso non riusciva ad ospitarli tutti. Al Cardinale i ragazzi hanno regalato un timone e un cappello da ammiraglio, segno della fiducia che in Lui ripongono e del ruolo di riferimento e guida che a Lui viene riconosciuto. Con grande disponibilità e simpatia l'Arcivescovo ha poi visitato l'intero impianto acquatico fermandosi presso tutti i punti gioco e salutando uno per uno gli animatori del CSI. Davvero una bella esperienza che i nostri ragazzi e, in particolare, i giovani degli oratori ricorderanno a lungo.
tenzione sarà indirizzata alla figura di san Paolo e ai suoi viaggi missionari. E così quanti vivranno l'esperienza oratoriana saranno aiutati a vedere la propria vita come impegno quotidiano di annuncio della Parola di Dio, vivificato dalla gioia vera che viene dal Signore. L'Oratorio sarà una "festa del Vangelo" per tutti, una festa cioè animata dalla testimonianza della "buona e lieta notizia", che è Gesù, il solo che sa infondere nella vita pienezza di umanità, di gioia e di senso. Conto davvero sulla generosità e sull'impegno di tutti affinché questo decisivo messaggio raggiunga il cuore e trasformi la vita di tanti ragazzi e, in qualcuno di loro, faccia sorgere anche il desiderio di dedicare tutta la propria esistenza al Signore e al suo Vangelo, nella vita sacerdotale, religiosa o missionaria. In particolare, voglio esprimere apertamente la mia fiducia nei tanti adolescenti che collaboreranno quali “animatori” del prossimo Oratorio estivo. Alcuni giorni fa ne ho incontrato un numero davvero sbalorditivo, in una serata di grande festa e di non meno intensa riflessione e preghiera. A loro ho consegnato - in segno di stima, vicinanza e sostegno - il "Decalogo" dell'animatore dell'Oratorio. Seguendolo e mettendolo in pratica - accompagnati, incoraggiati e orientati dalla sapiente guida degli educatori, dei preti e delle religiose -, sono certo che essi per primi potranno crescere nello stile di una vita santa, da veri cristiani, e che così contribuiranno davvero a "fare bello" ogni nostro Oratorio. Buon Oratorio estivo a tutti! Mentre vi rivolgo questo augurio, nell'attesa di poterne visitare almeno qualcuno, sogno che in ogni nostro Oratorio si possa rivivere il miracolo della Pentecoste. È quanto accadrà se, con il vento e il fuoco dello Spirito Santo, le diversità - di età, di linguaggi espressivi e, non di rado, anche di paese di provenienza - sapranno armonizzarsi in una condivisione di vita e in una comunione che faranno sentire tutti a casa propria e spingeranno ad aprire le porte perché l'amicizia di cui l'Oratorio trabocca possa contagiare anche chi sta fuori dall'Oratorio.
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Il portiere della prima Lazio-scudetto ci a pre la “porta” dei duoi ricordi: da don Cherubino a Maestrelli, citando S. Agostino.
nati nel
Felice
Pulici D I
“M
ai avrei pensato di ritrovarmi con la Lazio, che è la mia vita, di fronte al mio punto di partenza, cioè il CSI. Anch'io infatti ho cominciato a giocare nel CSI. Era il 1955, avevo 10 anni e giocavo nell'Albiatese, la squadra dell'oratorio di Albiate, il paese confinante con Sorigo Brianza, dove sono nato. Ricordo anche il nome del parroco, era don Cherubino". Felice Pulici, portiere dello scudetto laziale del 197374, ed oggi apprezzato dirigente della società biancoceleste, ha voluto rivelare le sue origini ciessine durante la presentazione dell'accordo tra CSI e Polisportiva Lazio. Lasciandosi poi andare ad un breve e nostalgico amarcord: "Si giocava a 7, ho tante foto e ricordi di quella squadra. Vincemmo le finali provinciali a Milano, dopo avere superato i vari turni nelle fasi locali. Ricordo addirittura il punteggio; dopo un 2-2 raggiunto in extremis, andammo ai rigori e lì vincemmo. Durante le qualificazioni si giocava con le porte piccole, quando arrivammo alla finale ci trovammo, pur giocando in 7, a gareggiare con le porte a 11. C'era un entusiasmo straordinario, una correttezza estrema, anche se pur di poter vincere si dava l'anima. Due erano le competizioni che contavano: le Olimpiadi del Vittorioso e le finali CSI. Non si poteva mancare. Per noi ragazzi era un momento di grande formazione. Quei valori poi, anche crescendo, non li cambi mai. È per questo che trovo straordinario l'accordo tra Lazio e CSI.
Quali sono i suoi ricordi del CSI? Ricordo il gran senso di aggregazione che ci legava
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eppoi la cosa che mi piaceva di più era poter disputare un torneo vero con le trasferte e con la classifica. Qualcuno pensa che sia diseducativo per i bambini partecipare a competizioni vere, ma io non sono d'accordo perché sono i bambini stessi che cercano il confronto e vogliono la classifica. Lo sport insegna una cosa fondamentale secondo me e cioè che è fatto di vittorie e sconfitte, ma da quest'ultima c'è sempre la possibilità di rialzarsi e andare a vincere. Il rispetto dell'avversario è sempre presente. Nell'esaltazione della vittoria non devo mai arrivare ad umiliare il mio avversario. Devo gioire della mia vittoria, ma in modo composto.Ultimamente però vedo tante manifestazioni di gioia, a volte anche eccessive, ma scarso rispetto dell'avversario. Ci racconta un aneddoto o un ricordo particolare, magari di una trasferta con la squadra del CSI? Le trasferte le facevamo in bicicletta poiché giocavamo nei paesi vicini, sia all'andata sia al ritorno, sospinti dall'entusiasmo di andare a giocare fuori. Eravamo un gran bel gruppo, molto uniti. Anche qui aggiungo: non si vince mai per caso. Si vince perché c'è un gruppo, la voglia di fare bene, la capacità e molto contribuisce anche l'allenatore che deve formare il gruppo. Cos'era l'oratorio? L'oratorio era il luogo in cui potevi fare sport, era un ambiente sano in cui crescevi e ti accorgevi di crescere giorno dopo giorno. Si giocava a calcio perché
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Lei è sempre stato un giocatore schivo, un portiere molto corretto anche nelle dichiarazioni e molto costante nel rendimento. È nel suo carattere comportarsi così oppure oggi farebbe magari scelte diverse? Beh sì. Me lo hanno insegnato. Io credo nel rispetto dell'avversario, non mi piacciono le lunghe dichiarazioni in prima persona perché è un contesto collettivo in cui è il gruppo che conta.
foto: La Verde
era il divertimento più semplice ma non era l'unica attività che svolgevi, anzi dovevi inserirti in un mare di attività, come ad esempio il catechismo ed il calcio ne era l'ultima. Cosa giustissima, un modo di inculcare un'educazione allo sport. Il suo ruolo di portiere nasce lì? Sono nato portiere e morirò portiere. Non ho mai giocato in nessun altro ruolo. Mi piaceva andare a terra, sporcarmi. Più che Zoff, i miei miti erano il portiere milanista Ghezzi ed il brasiliano Gilmar, un amore tramandato dai giornali, perché allora erano poche le possibilità di vedere all'opera i campioni verdeoro. Avevo ben impressa quella foto di Gilmar con la scritta Brazil e lo scudetto. Beh, posso dire che avrò scucito decine di federe dei miei cuscini per copiare quella scritta e quello stemma e cucirmela addosso. Immaginerete la gioia di mia madre a trovare poi i buchi sul cuscino. E la sua carriera come si è avviata? Ho giocato nella squadra di seconda divisione, la Junior Vis di Sonigo, per un anno nella prima squadra e poi sono andato a Lecco, che a quel tempo era in sere A. Qui ho fatto tutta la trafila delle giovanili per poi approdare al Novara in C1 con cui sono stato promosso in B. E dopo due anni sono venuto a Roma. Circondato da molto scetticismo per la storia del 5 a 2, patito proprio all'Olimpico contro la Lazio. L'impatto come è stato? Nei miei confronti c'era un tifo silente, ma dopo le prime tre giornate, soprattutto dopo l'1 a 1 in casa della Juve, tutto il pubblico ha iniziato a sostenerci in tutto e per tutto. La squadra poteva fare qualsiasi cosa: il tifo era tutto per lei.
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Il calcio di un tempo era forse più a misura d'uomo? Era certamente un calcio "sentimentale", diverso che ti permetteva un rapporto molto più vicino sia con la tifoseria sia con la città e la dirigenza. All'arrivo in una città nuova non contavano le tue doti tecniche, ma era importante stabilire anzitutto un feeling con i tifosi. Era quello che ti rendeva amato ai loro occhi. Ora il calcio è business e il rapporto tra giocatore e squadra è un rapporto di lavoro incentrato al profitto. Anche se devo ammettere che faccio fatica a pensare che non esistano più le bandiere. A proposito di rapporti umani, due parole sullo stile Maestrelli? Quando lo conobbi a Milano, la prima cosa che mi disse è "accompagnami in centro che devo comprarmi una cintura nuova". Capii subito che era un padre, di una grande famiglia. Maestrelli era un fine psicologo, coccolava Chinaglia, con me parlava poco. Bastava uno sguardo. In questo senso, noi eravamo unitissimi la domenica, nonostante in settimana non facessimo vita comune, anzi spesso in allenamento arrivavamo alle mani, ma lui era bravo a farci sentire gruppo prima e durante la partita. Dopo il suo discorso a fine pranzo della domenica si istaurava un clima tale da esser certi che la vittoria non poteva scapparci.
foto: La Verde
Pulici, un esempio d'uomo oltre che di calciatore. A 40 anni, fuori dal calcio, si iscrive all'università e si laurea in giurisprudenza. Complimenti. Sì, è vero. Dicevo a tutti di essere un "romanista", dato che discussi una tesi sul diritto romano… Devo dire che quella Lazio scudettata era tutta una squadra di grandi uomini. Basta poi vedere la carriera di Martini, un ragazzo che ha meritato fiducia sia come pilota sia come onorevole, o anche di Wilson o Chinaglia, che fece fortuna in America. Uomini veri, insomma. Ci parli invece, da dirigente di quel suo progetto per i giovanissimi delle scuole calcio della Lazio? L'ho voluto fortemente, memore dei tempi dell'oratorio, dove non si perdeva tempo ed i ragazzi non rischiavano di perdersi. Il progetto partito nel 1995 aveva 350 bambini ora ce ne sono circa 700. Ora siamo in procinto di aprire una scuola anche a Formello per seguire i ragazzi dalla mattina alla sera. Domanda obbligatoria sulla tecnica del portiere: c'è qualche segreto da reclamizzare? Non esistono misteri in questo ruolo. Posso dire che è mutato moltissimo col tempo. Una volta il portiere serviva per alleggerire l'azione, ora è tutto troppo rapido e bisogna saper giocare bene con i piedi per essere davvero grandi numeri 1. Un segreto posso dirlo: sui rigori non credo sia giusto pensare di buttarsi preventivamente da un lato; un calciatore bravo ci mette un secondo a piazzarla dall'altra parte. Quindi star fermi, intuire la traiettoria e poi far presto ad andar giù a prenderla… E poi ho un segreto, tutto mio (tira fuori da un cassetto Le Confessioni di Sant'Agostino).
foto: La Verde
Quale? Io e questo viviamo insieme. Questo libro è il mio Vangelo. Lo conosco a memoria. È stupendo, ha dei passi sublimi che rileggo spesso. È una guida di grande spiritualità. C'è bisogno di fede, anche nello sport. Quando si sta in campo, davanti a 80-100 mila spettatori, a volte c'è da aver paura, e bisogna avere una luce, un qualcosa, un riferimento importante su cui far forza. Questa sua “religiosità” non è mai venuta fuori prima, mi sembra? Ai più attenti non è sfuggito che i miei figli si chiamano Raffaella, Gabriele e Michela, con i nomi dei tre arcangeli. Ma ti diro di più, a testimonianza di un episodio calcistico dove accaddero cose "strane" o meglio "inspiegabili" se non in senso di fede. Dunque vinciamo un derby 1-0 con gol di Giordano, dove io, obiettivamente feci interventi veramente "miracolosi", di cui non seppi darmi una giustificazione tecnica (un buon piazzamento ecc.) come altre volte. Ero convinto che Maestrelli (malato) fosse allo stadio. Era a casa invece. Beh, a fine partita, io, che non avevo mai dedicato una vittoria a nessuno, nemmeno nel giorno dello scudetto, data di nascita di mio figlio Gabriele, sentii il bisogno, una spinta che mi portò ai microfoni e dedicare la vittoria a Tommaso Maestrelli. Quella stessa domenica sera un malore peggiorò il suo stato, morì il giovedì. Sua moglie mi raccontò in seguito che, tra gli ultimissimi ricordi di Tommaso, ci sono quegli occhi che guardano la radio, e poi, dopo le mie parole, il pianto.
foto: La Verde
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U N O S P O R TA L L A V O LTA
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thlon Tria
Tre sport in uno. Perché non provarlo?
CHE COS’È IL TRIATHLON? Il Triathlon nasce da una scommessa fra tre amici americani, un nuotatore, un ciclista e un podista, che decisero di sfidarsi l'un l'altro nelle tre discipline con una gara senza soluzione di continuità, ovvero senza che vi fosse interruzione fra il nuoto, il ciclismo e la corsa... Alla fine degli anni '70 si svolgeva così il primo Ironman delle Hawaii: una gara da 3800 m di nuoto, 180 km in bici e 42,195 km (distanza della maratona) di corsa. Dopo di allora il Triathlon è cresciuto in maniera esponenziale, diventando lo sport con il tasso di crescita di praticanti più alto al mondo. Lo si pratica in tutti i continenti sia a livello agonistico che amatoriale. Ovviamente le distanze più popolari non sono quelle del leggendario Ironman, che comunque continua ad essere organizzato ogni anno alle Hawaii come in moltissimi altri paesi, anche europei. Caratteristica comune di ogni gara è la "zona cambio" o "di transizione", dove i concorrenti depositano bici e scarpe da corsa prima di iniziare la frazione a nuoto (a proposito, prima che sia dato il via occorre memorizzare bene la propria disposizione, dato che in mezzo a 400 bici e appena usciti dall'acqua non è sempre detto che si riesca a trovare la propria postazione!) che permette di attuare tutte le operazioni necessarie al cambio tra le tre discipline. La zona cambio diventa il luogo dove gli spettatori possono assistere all'evolversi della gara, misurando i distacchi fra i partecipanti. Solitamente la frazione del nuoto si svolge in acque libere (mare, lago, fiume, bacino idrico, canale ecc.), ma può capitare che per mancanza di spazio avvenga in piscina (capita quasi sempre nelle gare su distanza sprint, mai su distanza olimpica o superiore). Gli atleti vengono suddivisi in batterie (di circa 100-150 elementi) le quali sono fatte partire in linea (tutti assieme, su un fronte di qualche decina di metri) e a distanza di 3-5 minuti. Il percorso di nuoto deve essere ben delimitato da boe, e devono essere sempre presenti assistenti-giudici in grado di aiutare atleti in difficoltà o penalizzare chi si comporta scorrettamente. Una volta usciti dall'acqua si 30
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foto: Diego Caruso
Tr a l e g g e n d a e storia vera...
foto: Diego Caruso
va nella zona cambio dove si è attesi dalla bike, dal numero di gara, casco ecc. e si copre un percorso anch'esso controllato dai giudici di gara e da personale posizionato agli incroci o svincoli; la maggior parte delle gare, infatti, (a parte mondiali ed europei) non è chiusa al traffico e si deve quindi rispettare il codice stradale (pena la squalifica). Durante il tragitto ci sono zone spugnaggio dove bere e rinfrescarsi con spugne ben intrise di acqua fresca. Terminato il percorso ciclistico si passa nuovamente nella zona cambio per infilarsi le scarpette e sgranchire le gambe correndo fino al traguardo per la gioia di tutti gli atleti. Nel percorso podistico è ancora più importante considerare lo spugnaggio dato che all'ultima frazione si arriva molto affaticati; se infatti nel percorso di bici non sempre si possono trovare zone di spugnaggio, nel percorso podistico troverete sempre 2-3 punti di ristoro che permettono a tutti gli atleti di abbassare la propria temperatura ed evitare così brutte sorprese.
foto: Diego Caruso
Il triathlon è uno sport giovane, appena maggiorenne visto che nasce nel 1977 da una scommessa tra un gruppo di amici su di una spiaggia di Honolulu, alle Hawaii. Il suddetto gruppetto discuteva a proposito della gara più dura dal punto di vista della resistenza: se fosse la Waikiki rough water swim di 3,8 km a nuoto, se fosse la 112 mile (180 km) bike race around Oahu, o the Honolulu Marathon di corsa di km 42,195. Il comandante della marina John Collins suggerì di combinare le tre prove in un’unica gara. Tutti risero, ma quel giorno era nato il triathlon, ed era nata la gara che ha fatto la leggenda di questo sport, l'Ironman delle Hawaii. Alla prima edizione parteciparono in 14; uno dei concorrenti comprò la sua bici il giorno prima della gara, un altro si fermò per una pausa ristoratrice da Mc Donald, e il primo vincitore fu Gordon Haller. Da quel primo triathlon le cose sono cambiate molto: doverosamente, possiamo affermare che l'avvicinamento o l'"ideazione" di questo sport, al di là delle leggende e storie, avviene in un contesto culturale che vede l'uomo moderno e quindi, anche lo sportivo di oggi, sempre più proiettato verso la conoscenza e la pratica di più cose, di più specialità, uno spiccato gusto e capacità di approfondimento assolutamente eclettici. Nell'ultimo ventennio, sono moltiplicati il numero dei praticanti, il numero di squadre, il numero di gare e di Paesi che lo promuovono, così come si sono diversificate le distanze rendendo questo sport accessibile a tutti - ossia, uno sport per tutti, di assoluto valore "salutistico" e propedeutico, oltre che altamente spettacolare ed aggregante. Una lenta ma costante evoluzione che ha permesso che infine si approdasse all'inserimento del triathlon nei programmi olimpici di Sidney 2000 prima Olimpiade che ha "battezzato" l'esordio del triathlon - che è stato approvato durante la sessione del CIO tenutasi nel settembre 1994 a Parigi, proprio in occasione del centenario dello stesso CIO.
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UN FISICO BESTIALE:
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Il triathlon può essere considerato con giusto merito lo sport di resistenza per eccellenza. Esso peraltro identifica l'attività motoria più praticata da sempre dall'uomo e che più si avvicina all'ideale dal punto di vista fisiologico. Tuttavia triathlon è sinonimo di fatica, non a caso chi lo pratica è soprannominato "superman". Nel mondo è molto popolare e ha molto seguito per la possibilità di essere praticato all'aria aperta con un impegno dell'apparato locomotore pressocché completo e con indiscutibili benefici sia fisici sia di ordine psicologico. L'allenamento per il triathlon, sport a disciplina multipla (nuoto, ciclismo, corsa) può in un primo momento risultare difficoltoso e dispendioso ed in effetti lo è se l'atleta si pone come obiettivo il raggiungimento di risultati di alto livello. Tuttavia per chi voglia praticarlo soltanto a fini ludici, esso può risultare ricco di stimoli e l'atleta non correrà il rischio di incorrere nella monotonia della pratica di un solo sport. Gli sport del triathlon sono ciclici e tutti a carattere aerobico. L'incremento della potenza aerobica, come sappiamo, richiede un allenamento prolungato e i suoi effetti persistono a lungo. Lo sviluppo della resistenza risulta tuttavia più efficace se complementato dalla velocità. In pratica questa tipologia di atleta impara a muoversi a velocità sempre più alte, cercando di utilizzare il più a lungo possibile il metabolismo aerobico. Attraverso lo studio di adatti carichi di lavoro che spingono progressivamente l'organismo verso l'attivazione del metabolismo anaerobico lattacido, vengono migliorate le capacità di resistenza dell'organismo. In tale contesto è fondamentale la conoscenza della soglia anaerobica che rappresenta il momento in cui l'acido lattico comincia ad accumularsi, nonché il limite oggettivo da superare e che indica quali sono i miglioramenti cui l'atleta va incontro. Il mezzo più affidabile su cui lavorare per l'atleta è la frequenza cardiaca che può essere rilevata durante lo sforzo con dei cardiofrequenzimetri e che rappresenta il metodo più affidabile per valutare il lavoro effettuato. Il miglioramento della potenza aerobica nei praticanti il triathlon determina una serie di tipici adatta32
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menti sia sui muscoli, sia sull'apparato cardiocircolatorio e respiratorio. I principali sono la trasformazione delle fibre muscolari in fibre lente ossidative, l'ingrandimento del cuore per effettuare meglio i grossi lavori di volume, il rallentamento della frequenza cardiaca a riposo con miglioramento della contrattilità, l'ingrandimento del letto vasale e capillare periferico muscolare, il miglioramento dell'estrazione di ossigeno da parte dei muscoli, nonché l'incremento della ventilazione polmonare. Tutti questi meccanismi hanno lo scopo di portare più ossigeno a livello muscolare al fine di migliorare il metabolismo energetico aerobico. Durante una gara di triathlon vengono spese più di 2500 calorie, per cui è intuitivo come l'organismo abbia bisogno di carburante per sopperire alle perdite di glicogeno e grassi. La necessità di dispersione termica determina, in uno sforzo di questo genere, anche una notevole perdita di liquidi e sali minerali che possono limitare la prestazione e rappresentare un rischio per la salute se non vengono adeguatamente ripristinati. Anche senza contatto fisico, esiste una traumatologia del triathlon che non va sottovalutata. In particolare quella da sovraccarico soprattutto nella corsa. Gli infortuni riguardano principalmente la corsa praticata anche su terreni sconnessi con possibilità di patologie infiammatorie del piede, tendinopatie d'Achille e del tibiale, disturbi della colonna vertebrale e microfratture da stress provocate da forze di compressione eccessive e da fattori metabolici. Oltre alla corsa, da non trascurare anche per quanto riguarda nuoto e ciclismo la patologia muscolare. L'allenamento intenso favorisce l'insorgenza della fatica e del dolore muscolare. Tale condizione predispone a danni più o meno importanti se non c'è un adeguato periodo di riposo e la soglia di allenamento supera la capacità di recupero. In questi casi vi possono intervenire anche fattori biomeccanici, in particolare alterazioni della coordinazione neuromuscolare e squilibri meccanici che vanno sempre corretti e che devono rappresentare il primo elemento preventivo.
CUORE D’ATLETA DI GIOVANNI BONI
Il cuore dei maratoneti, sciatori di fondo, ciclisti e nuotatori di grandi distanze, nel tempo va incontro a delle modificazioni fisiologiche che lo rendono diverso dal cuore dei soggetti sedentari o di atleti che praticano altre discipline di potenza come il sollevamento pesi: è il cuore d'atleta. Allenandosi con costanza nel tempo le cavità del cuore tendono ad aumentare così come il diametro dei grandi vasi, le pareti aumentano lievemente di spessore cosicché aumenta la capacità di pompare maggiori quantità di sangue in tutto l'organismo. L'aumento delle dimensioni riguarda tutte e quattro le cavità cardiache ed il risultato della combinazione tra ipertrofia e dilatazione può essere evidenziato tramite l'elettrocardiogramma e l'ecocardiogramma. In genere la pressione arteriosa a riposo è normale o lievemente diminuita. Un cuore normale riesce ad espellere a riposo 5 litri di sangue a minuto, mentre sotto sforzo la quantità di sangue può arrivare a 20 litri a minuto. Sapendo che la quantità di sangue espulsa in minuto (gettata cardiaca) è data dal prodotto del sangue espulso con un battito (gettata pulsatoria) per la frequenza cardiaca, in un soggetto allenato la gettata cardiaca può raggiungere valori di circa 30 litri a minuto a causa di un aumento della gettata pulsatoria. In condizioni di riposo la frequenza cardiaca nel soggetto allenato, invece, tende a diminuire, e in alcuni casi raggiunge valori di 30 battiti a minuto (bradicardia), per un aumento del tono vagale, ossia del sistema nervoso che controlla i visceri in opposizione al sistema simpatico, con contemporanea riduzione del tono simpatico stesso. Durante lo sforzo fisico la frequenza cardiaca tende ad aumentare di meno rispetto a quella di un soggetto sedentario. Mentre si compie uno sforzo fisico in sequenza si assiste dapprima ad una riduzione del tono vagale che permette alla frequenza cardiaca di aumentare gradualmente in proporzione allo sforzo richiesto, successivamente aumenta il tono simpatico che facilita ulteriormente l'aumento della frequenza cardiaca e la capacità del cuore di contrarsi con dilatazione dei ventricoli per garantire una gettata cardiaca adeguata alle aumentate richieste. Nell'atleta ben allenato aumenta anche il numero dei capillari sanguigni muscolari e la capacità del muscolo di estrarre ossigeno dal sangue che può essere doppia o tripla rispetto ad un soggetto sedentario, contribuendo così ad una migliore efficienza di tutto l'apparato cardiovascolare. 33
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e si gioca! A Jesi in Piazza della Repubblica bel colpo del Ping Pong Day 2003
Immerso nella favolosa cornice di piazza della Repubblica, di fronte allo stupendo teatro Pergolesi, venerdì 27 giugno si è svolto il 1° Ping Pong Day CSI promosso e organizzato dal comitato di Ancona centro zonale di Jesi. Inserita nel programma estivo ufficiale cittadino, la manifestazione ha permesso agli organizzatori di promuovere questa disciplina che sta suscitando sempre maggiore interesse, riuscendo a coinvolgere un centinaio di persone di tutte le età provenienti da tutta la provincia. Con la sola iscrizione simbolica di 1 euro, si entrava in gioco in piazza dove erano sistemati 8 tavoli a disposizione per chi voleva cimentarsi sia nella competizione - attraverso due tornei, uno di doppio (nel tardo pomeriggio) e uno di singolo (in serata) - sia nel gioco libero. Tre le categorie in gara: Prime racchette (nati dal 1989 al 1992), Ragazzi (dal 1985 al 1988) e Adulti (dal 1984 in su), per un totale di 60 persone coinvolte nei due tornei. I restanti hanno usufruito semplicemente di alcuni tavoli lasciati liberi appositamente per il gioco senza schemi. Per la categoria Prime Racchette e Ragazzi i titoli sono andati a due giovani di Senigallia, noto centro pongistico nazionale, patria dell'attuale ct della nazionale italiana maschile Massimo Costantini; per la categoria Adulti, invece, il fabrianese Luca Dorsini ha dovuto sudare un po' in finale prima di avere la meglio su Claudio Moscè, atleta jesino, fortemente acclamato dagli spettatori presenti. La commissione tecnica tennistavolo provinciale, formata da Nicola Falappa, Andrea Carbonari e dal coordinatore tecnico provinciale Cristiano Taviani, si dichiara estremamente soddisfatta della riuscita della manifestazione e punta al coinvolgimento di nuovi gruppi parrocchiali e alla ripresa delle attività a settembre quando ripartirà, ancora più avvincente e combattuta, la 3ª edizione del campionato provinciale a squadre. La dimensione estremamente semplice, ma comunque competitiva, di questa disciplina - commenta Taviani,- ci permette, e ci permetterà, di formulare una proposta alla portata di tutti gli spazi parrocchia34
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li e dei circoli, coinvolgendo realtà anche poco inclini alla pratica sportiva classica (calcio, pallavolo) ma comunque affascinati dalla competizione sana e piacevole di un'attività non troppo impegnativa, capace di far incontrare le persone attorno ad un tavolo almeno una volta alla settimana. Dunque i presupposti per una stagione interessante e intensa ci sono tutti. In ogni caso arrivederci alla edizione 2004 del Ping Pong Day CSI!
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danza della piog gia D I
F A B I O
la grandissima festa dei ballerini CSI. Tremila persone: un pieno di gente a ritmo di musica!
N A R D I
anza bagnata, danza fortunata, passateci la battuta, per descrivere la due giorni dance cavese. O, rimanendo in tema verrebbe da dire "la quiete dopo la tempesta", come sottotitolo al film andato in scena, ricco di colori e di calore nel centro storico della danza CSI. Danza, ovvero quando l'arte incontra lo sport: movimenti sinuosi e leggiadri, con il corpo che segue a tempo il ritmo scandito dalla musica. Fatto sta che a Cava de' Tirreni, dove la danza è la seconda disciplina più praticata dagli atleti ciessini, si balla in gruppo per dipingere un sogno: quello di emergere in un'Italia dominata dal calcio. La "splendida" manifestazione nazionale di danza sportiva, organizzata dal CSI cavese con il patrocinio del Comune e della provincia di Salerno, si è svolta il 14 e 15 giugno, presso lo stadio Comunale "S. Lamberti", sotto gli occhi ammaliati di circa tremila persone, accorse in massa ad assistere all'evento. Il cielo, come anticipato, ha fortemente minacciato con pioggia e lampi la perfetta riuscita di questa giornata senza però fare i conti con l'efficiente organizzazione del CSI che ha saputo svolgere con fiducia ed entusiasmo un lavoro encomiabile. L'acquazzone improvviso ha infatti ritardato l'inizio della manifestazione lasciando tracce evidenti sui 150 metri quadri di parquet allestiti per l'occasione. No problem! Show must go on! Le ventitre scuole di danza partecipanti, provenienti in maggior numero dalla Campania ma anche da Torino con la Labor, per un numero complessivo di 573 atleti, si sono avvicendate in circa tre ore in pista, esibendo con estrema bravura il sincronismo e la fantasia del "ballo latino". Il Latin Dance (questo il nome nel gergo
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A Cava de' Tirreni
tecnico) ha visto impegnati come apripista i giovanissimi della scuola media Giovanni XXIII, a sottolineare la bella collaborazione con le scuole medie che da sempre rientra negli scopi fondamentali del Centro Sportivo Italiano. E di seguito tutte le categorie hanno dato vita a quel gran turbinio di braccia e gambe, mosse simultaneamente come ad emulare le traiettorie tipiche dei ballerini latino americani. Guardando lo spettacolo ho pensato che solo la geometria poteva paragonarsi a tanta precisione, quando due linee infinite si spostano lungo un asse di simmetria perfetta. "L'importanza di questa manifestazione - afferma il consigliere nazionale di Cava de' Tirreni, Pasquale Scarlino - non è che il successo di una disciplina che nel CSI campano è ormai divenuta una bellissima realtà sportiva. La presenza di un così numeroso pubblico dimostra ancor di più l'affetto crescente per la danza. Speriamo che presto questo sport diventi per tutti i Comitati un nuovo punto d'intesa per creare una nuova e importante manifestazione del CSI, a livello agonistico". Anche gli altri invitati sono sembrati compiaciuti dalla riuscita di questo evento e hanno mostrato sorrisi di vera soddisfazione. Oltre alle autorità del CSI erano presenti anche il presidente della provincia Alfonso Andria, l'assessore Santorillo e il consigliere delegato allo sport Carmine Adinolfi. Temporale a parte, è stata una pioggia di emozioni, nel clima di lealtà profuso dal CSI e da una disciplina che non crea veleni o risse ma solo voglia di muoversi come piume che si dondolano al vento, portando con sé i vecchi profumi latini.
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V I TAC S I
D I
P A O L O
S E G H E D O N I
Lo
sport oltre il
risultato Da quanti anni guida il Comitato? Cosa ha trovato in eredità e com'è oggi lo stato di salute del CSI Modena? Come e cosa è cambiato il CSI locale in questi anni? Sono stato eletto nel 1997 e sono in chiusura del secondo mandato. Ho sostituito Giorgio Gollini ed in eredità ho trovato un Comitato dinamico con tante persone che hanno fatto la storia del CSI modenese che mi hanno aiutato nella strada. Ora è un po' cambiata la mentalità, vogliamo andare oltre l'attività 'classica', verso un'attività sportiva meno codificata per aprire le porte del CSI a tanti giovani che saranno, domani, i nuovi dirigenti dell'associazione. Un occhio di riguardo lo abbiamo avuto nei confronti degli sport emergenti, ad esempio il calcio a 5. Può elencare i progetti su cui avete investito maggiormente, in termini di risorse economiche e di lavoro? Il cambio della sede, con lo spostamento allo stadio, ci ha dato maggiore visibilità e un migliore accesso da parte degli operatori. E poi abbiamo investito molto sulla formazione a 360°, dai dirigenti agli allenatori ed agli operatori in 36
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genere. Ora dovremmo impegnarci anche sui genitori che si avvicinano alle società sportive. Un altro progetto importante è stato quello legato all'informatizzazione (anche con corsi per operatori e col nuovo sito www.csimodena.it). Inoltre il progetto "Abitare la parrocchia" ed in prospettiva un'animazione sistematica degli oratori, grazie anche all'apertura di un proficuo rapporto col Centro di Pastorale Giovanile. Da ultimo una grande attenzione alla comunicazione, con proposte di 'book' di vario genere, legate a manifestazioni o per promuovere la formazione, oltre al comunicato di 4 pagine settimanali sul quotidiano La Nuova Gazzetta di Modena. Qual è attualmente il polso dell'attività sportiva CSI nella provincia? Qual è la politica attuale del Comitato per promuovere l'attività sportiva del CSI? Avete fatto azioni/progetti di rilancio? In che modo? Con quali strategie? L'attività è in crescita, specie nel calcio a 5 e nel volley, i problemi maggiori sono nella fascia di età dai 14 ai 18 anni. Vogliamo, come detto, uscire dall'attività codificata e promuovere il CSI, anche attraverso un ottimo rapporto con la scuola. Basti pensare a Stadium, al
È un Comita to in salute quello di Modena. Per la prima volta si è tocca to il numero di 17mila tessera ti, le società sono 350 in crescita esponenziale. Il presidente del Comita to di Modena è Stefano Prampolini, viene da una società parrocchiale (la Maritain della parrocchia della Madonnina a Modena), ha un passa to da sportivo nel CSI che rinverdisce tuttora, ad esempio con qualche gara di nuoto.
Modena: un momento del Villa ggio dello sport 2003
Giubileo degli Sportivi e al Villaggio dello Sport, che negli ultimi due anni ha fatto conoscere il CSI nella città. L'obiettivo è promuovere uno sport che vada oltre il risultato. Quali sono le iniziative peculiari e caratterizzanti il Comitato modenese? Del Villaggio abbiamo già detto, la risposta è ottima e riusciamo anche a combinare l'attività sportiva con progetti di solidarietà, anche in altre occasioni (penso alla rassegna di danza pro-terremotati dello scorso Natale o al Torneo di calcio a 5 giovanile Boldrini). Poi abbiamo lo storico Torneo della Montagna giunto alla quarantesima edizione e rilanciato negli ultimi anni, mentre i rapporti con le società di vertice e con gli allenatori sono ottimi, basti pensare che Lorenzetti, il tecnico della Kerakoll volley, è nato sportivamente nel CSI, o che De Biasi, l'allenatore del Modena calcio, è stato quest'anno il testimonial del Villaggio dello Sport, appena conclusosi.
volontari e le commissioni vivono sul volontariato, mentre in segreteria abbiamo 4 persone tra dipendenti e collaboratori stipendiati. La disponibilità dei giovani, comunque, è buona, l'importante è responsabilizzarli e accoglierli, solo dando loro fiducia si possono avere volontari motivati. A grandi linee e in percentuale, com'è ripartito il bilancio del Comitato nelle sue voci principali? Ci reggiamo sull'attività sportiva organizzata, e problemi economici non ce ne sono. Abbiamo fatto un investimento notevole sulla sede, ma al termine del mio mandato il costo sarà stato ammortizzato. Gli eventi organizzati, invece, non pesano sul bilancio del Comitato, anzi riusciamo anche a fare solidarietà.
Come sono i rapporti con gli enti locali, con il CONI, con la Scuola e con le altre associazioni sportive locali? Avete convenzioni? I rapporti con gli enti locali sono ottimi, sia Provincia sia Comune di Modena sono vicini al CSI e alle sue finalità; molto buono anche il rapporto con la scuola e con gli altri enti di promozione, oltre che con la diocesi (voglio ricordare la nascita della Consulta diocesana sullo sport). Con il CONI sono rapporti istituzionali. Come impianti gestiamo una palestra, utilizzata soprattutto per il calcio a 5. Come affrontate il problema dell'impiantistica necessaria all'attività? A Modena gli impianti sono di buon livello, anche se i campi di calcio a 5 coperti non sono ancora abbastanza, ma c'è in atto una riconversione da tennis a calcio a 5. Quali sono gli obiettivi strategici del Comitato per il prossimo biennio? Fra qualche mese ci sarà l'elezione del nuovo presidente e del nuovo Consiglio, quindi è difficile dare linee. Di certo uno sforzo ancora maggiore andrà fatto sulla formazione.
Su quali risorse umane può contare il Comitato per il suo funzionamento, in rapporto alla mole delle attività? Si fa affidamento solo sul volontariato o anche su prestazioni professionali? È difficile coinvolgere volontari? La mole di lavoro è notevole, basti pensare ai 110 arbitri di calcio e calcio a 5 e ai 50 di pallavolo. Nel Villaggio abbiamo coinvolto 150 37
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Campionati
internazionali FICEP D I
F E L I C E
A L B O R G H E T T I
20 piazzamenti sul podio! Gli azzurri del CSI si sono ben comporta ti a gli Europei di judo ginnastica e tennista volo. Grande Sabrina Bontempi che ci regala il primo oro sui ta voli del pingpong. Paolo Zampieri conquista 7 meda glie nella ginnastica!
ioggia di medaglie per il CSI a Linz, il centro austriaco dove, dal 16 al 20 luglio si sono svolti i campionati Europei della FICEP, la federazione europea dello sport cattolico. 80 gli atleti azzurri in gara, in rappresentanza della nutrita delegazione ciessina, capeggiata da Lamberto Menozzi. Judo, ginnastica e tennistavolo, le tre discipline in programma hanno portato in Italia ben 20 medaglie, nove sul collo dei kimono, 12 sui body dei ginnasti ed una sola preziosissima dalle racchette. Quest'ultima, l'oro individuale della bravissima camuna Sabrina Bontempi, nella categoria juniores è stata forse la più emozionante poiché inattesa. È la prima volta che il ping-pong CSI conquista un alloro così pregiato ai Giochi FICEP. Il cammino di Sabrina è stato entusiasmante; ha infatti eliminato al primo turno la testa di serie n° 1 del tabellone, qualificandosi turno dopo turno fino alla finale. Contro la tedesca - la gara era per regolamento al meglio dei 7 set (non i canonici 5) Bontempi era sotto 2-0 ed in pochi speravano ancora nell'oro. Lei sì, coriacea, combattiva punto su punto, sempre molto concentrata, forse la sua virtù più trasparente. Alla fine 4-2 per l'Italia, gioia da impazzire per quest'atleta che veramente merita quanto ha ottenuto. Rimanendo sui tavoli del bellissimo e pulitissimo impianto austriaco hanno ben figurato i seniores maschili, nell'individuale tutti han superato almento un turno. Qualche problema di adattamento ai tavoli e soprattutto l'impari strapotere degli austriaci, alcuni dei quali figurano nei primi 50 posti del rankling mondiale, hanno negato ai nostri colori altre soddisfazioni. Sul tatami si è passati dai 4 podi dell'ultimo Europeo
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di Torino alle nove medaglie, 7 nelle gare individuali, un oro, tre argenti e tre bronzi e 2 bronzi nella gara a squadre (maschile e femminile). Sul gradino più alto del podio nei 48 kg femminile è salita la bergamasca Roberta May, splendida nei suoi combattimenti. La piazza d'onore è invece toccata a Marina Pietrangeli (57 kg), Claudia Guiatti (78 kg) e Domenico Forioso (100 kg). Andrea Rapetti (73 kg), Marco Silistrini (90 kg) e Marco Bonfrisco (+100 kg) portano a casa un bel terzo posto. La squadra azzurra, era composta per tre quarti da ragazzi sotti i 20 anni, e pur soffrendo d'inesperienza si è fatta apprezzare per l'alto livello tecnico, per la grande coesione dimostrata dagli atleti nei momenti salienti, e per l'arbitraggio (il forlivese Stefano Rossi ed il sardo Paolo Marras) che le sono valse l'applauso della commissione tecnica francese e tedesca. Sotto la spinta dei maestri Paolo Checchi per il maschile e Paola Di Luigi per il femminile, grande anche la prova a squadre dove abbiamo conquistato due significativi bronzi. Dodici le medaglie nella ginnastica, due del metallo più pregiato, sei argenti e quattro bronzi. In una palestra davvero invidiabile, dotata di attrezzi ottimi ed estremante funzionale, si è distinto per gli azzurri soprattutto Paolo Zampieri che, nei 6 attrezzi previsti dell'individuale (corpo libero, volteggio, sbarra, parallele, anelli e cavallo con maniglie), ha racimolato un gruzzolo di 5 argenti ed un bronzo (nelle parallele), portandosi a casa un altro bronzo nella classifica finale individuale e l'argento a squadre. Tommaso Precania (8,45 alla sbarra) e Alessio Balsemin (7,95 alle parallele) lo hanno superato regalandoci l'oro nell'individuale e quest'ultimo anche il bronzo nel cavallo con maniglie. Medaglie al femminile nella trave con l'argento di Gisella Agudo (8,1 il punteggio ottenuto) e Valentina Paglione (8,05). A squadre ottimo il secondo posto dei maschi, staccati di un punto e mezzo dai tedeschi assoluti dominatori della specialità. Presenti oltre un migliaio di atleti, tra i francesi della FSCF, e i cechi e gli
LE NOSTRE SQUADRE La squadra femminile vincitrice della medaglia di bronzo è composta da: May Roberta 48 kg Vasile Elena 52 kg Pietrangeli Marina 57 kg Dosi Clio 63 kg Paoletti Ilenia 70 kg Dal Ponte Tamara 70 kg Guiatti Claudia 78 kg Cannata Maria Elena + 78 kg La squadra maschile vincitrice della medaglia di bronzo è composta da: Liverani Alex 60 kg Pilia Andrea 60 kg Rusignuolo Roberto 66 kg Rapetti Andrea 73 kg Aldini Andrea 81 kg Calafati Gabriele 81 kg Forioso Domenico 90 kg Ferrante Mauro 100 kg Avanzo Davide 100 kg Bonfrisco Marco +100 kg
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slovacchi della OREL e della OROL, i tedeschi DJK, i padroni di casa della Sportunion, i vicini svizzeri della SKTSV, e infine belgi ed olandesi sotto le rispettive bandiere del KKSFV e della NKS: tutte sigle che traducono in senso pratico l'equivalente di quello che fa da noi il Centro Sportivo Italiano. A dare il benvenuto e ad aprire l'edizione 2003 è stato il presidente della FICEP, il francese Clement Schertzinger, che ha salutato ed incoraggiato non solo gli atleti in gara ma anche i ragazzi d'Europa che hanno dato vita al Campus FICEP. Suggestiva cerimonia conclusiva, con tanto di luci colorate a rendere più emozionante il contesto. Nel finale della quale il bandierone FICEP è stato consegnato dalla delegazione austriaca nelle mani di una ginnasta azzurra, poi passato a Lamberto Menozzi. Il testimone passa infatti all'Italia: i Ficep-Games 2004 si svolgeranno tra un anno dal 18 al 22 luglio a S.Pellegrino Terme, in provincia di Bergamo, quando scenderanno in campo gli atleti del calcio, del basket e del nuoto.
Il "camp time" della FICEP: un'esperienza da vivere di Daniele Pasquini Contemporaneamente agli Europei si è svolto a Linz anche il campo giovani FICEP. La delegazione italiana che ha partecipato era composta da 21 atleti, 14 maschi e 7 ragazze provenienti dai comitati di Roma, Rieti, Lucca, Siena e Ariano Irpino, e 3 accompagnatori. Anche quest'anno il campo giovani si è rivelata un'esperienza stupenda per i ragazzi che vi hanno preso parte. Già all'arrivo si è subito capito che sarebbero stati dei giorni "diversi" dal resto del mondo… Infatti, non appena entrati nella sportschule dove si dormiva, mangiava, giocava, dove insomma abbiamo vissuto per dieci giorni, la responsabile del campo ci ha accolto chiedendoci di sistemare i nostri orologi secondo il "camp time", cioè secondo il fuso orario del campo FICEP (2 ore dopo). Le attività svolte sono state numerose, divertenti e non meno "originali" del nuovo fuso orario: i più coraggiosi e spericolati si sono potuti cimentare nella scalata, in una lezione di snakeboard (simile allo skateboard ma molto più snodato!) o in una partita a football americano; i più tranquilli e tradizionali hanno potuto cono40
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scere l'arte dei massaggi con la pallina da tennis, tutti i segreti della videocamera digitale e della "dekoration", imparando a fare braccialetti e collane. Inoltre tutti hanno potuto conoscere discipline sportive esotiche, quali la capoera (un'arte marziale brasiliana a ritmo di musica), la "pelota", acrobatica sui trampolini e materassi. Oltre alle numerose attività sportive ci sono stati anche serate di animazione con karaoke, spettacoli preparati dalle varie delegazioni nazionali e con l'immancabile chitarra attorno al fuoco. Durante la settimana i ragazzi hanno avuto anche l'opportunità di visitare Salisburgo e Linz; proprio nella città austriaca ospitante il campo giovani in quei giorni si è svolto uno dei più importanti festival degli artisti di strada del mondo: durante la visita al centro storico i ragazzi hanno quindi potuto vedere le curiose e difficili performances dei giocolieri, trampolieri e acrobati apprezzando le doti di questi atleti. Ultima nota il museo dell'elettronica: la realtà virtuale, vedere la propria voce, giocare a ping pong sull'acqua…
L’uomo in più negli sport di squadra
IL D I
Play maker
A N D R E A
B A R B E T T I
gostino sotto la zazzera corvina soffiava uno sguardo di dolce malinconia. Sempre. Aveva un destro micidiale, la palla saettava verso la porta secca e diretta, al portiere bruciavano i guanti, se parava, o il cuoio bruciava la rete, se il tiro finiva dentro. Ma anche quando segnava e lo stadio s'alzava in piedi e gridava il suo nome, il nome del capitano e dello scudetto dell'ottanta3, da Agostino non scompariva mai quell'aria triste di chi vive sempre in salita e la felicità è un muro di silenzio e di pensieri inconfessati. Già, i pensieri. Agostino Di Bartolomei, una carriera giallorossa e poi rossonera, qualche anno da ex calciatore ed una fine dolorosissima nel sangue cercato con un colpo di fucile, era uno che pensava, che metteva il cervello in campo, al servizio della sua tecnica e del gioco della squadra. Non era un atleta centometrista, non gonfiava i mille polmoni di un mediano o di un fondista, non tacava la bola con l'arte del Pibe de Oro, ma conosceva il campo zolla per zolla, vedeva il giuoco, cioè intuiva un attimo prima degli altri il lancio dell'avversario, del compagno di squadra, l'intenzione dell'ala o del terzino. E si trovava lì, al punto giusto e nel momento più adatto, per lanciare il centravanti o per frenarlo, quando il centravanti avversario puntava la sua zona per ferirlo, sia pure solo sportivamente. In mezzo alla difesa o in mediana, indifferentemente, era il regista ideale della squadra, la testa pensante, ciò che rendeva un branco di uomini in maglietta e pantaloncini una squadra di calcio. Il branco, appunto. L'uomo si è nei secoli sganciato dalla propria dimensione primitiva, dal fuoco primordiale che gli arrotondava le labbra in un'espressione ebete di stupore e ignoranza, dall'agire in gruppo, disordinatamente, con un istinto che dirigeva le azioni, i gesti, la maschera infantile che scimmiescamente indossava. Eppure, anche quando le mani selciavano la pietra in modo rozzo e abbozzato, anche allora nel branco una figura spiccava, era l'elemento dominante attorno al quale il resto si muoveva, agiva, viveva. Spesso, però, il dominus era tale per la forza, per il coraggio, per l'audacia, non certo per l'intelligenza, per l'arguzia, per la saggezza. Ancora oggi, purtroppo, nel branco selvaggio che usa violenza ad una per-
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sona - in desolate suburre brasiliane, in aride periferie romane, nell'afa desertica di Johannesburg - spicca l'io violento, il capo che meglio rotea la mazza o che spara con più decisione o più frequentemente, uno che fa della propria animalità il segno distinguibile della superiorità nel gruppo. Eppure, per fortuna, la società nel tempo ha vissuto una evoluzione ancora certo incompiuta e profondamente imperfetta, ma che ha fatto sì che nascesse un'organizzazione sociale meno caotica, più razionale, lineare, più improntata alla convivenza reciproca, poggiata sul rispetto delle regole e non sulla cieca forza, sull'equilibrio delle passioni e non sulla prevaricazione del singolo individuo sull'altro. Il branco è diventato un gruppo civile, un villaggio, una società, uno stato e l'homo, lentamente e non sempre, nemmeno ora, ha anche capito perfettamente che uno dei tasselli indispensabili del vivere insieme sta proprio nel trovare quelle figure che per gli altri sono di equilibrio, che smussano gli istinti, il lasciarsi andare, l'irrazionale che spinge dentro ognuno di noi e che talvolta fuoriesce senza senso, senza utilità, con quella dose maligna che ci portiamo sin dalla nascita e che non ha ancora una medicina giusta che la curi, se non la conoscenza, la saggezza, l'intelligenza. Ebbene il playmaker è il sapiens del gruppo, è colui che detta i ritmi, che dà misura agli schemi e ai suoi compagni, che capisce quando è il tempo per insistere in un tipo di gioco o quando è giunta l'ora di mutarlo. È il faro, quello a cui la squadra affida il pallone o la chiamata che tutti stanno ad ascoltare. Propriamente il termine è un retaggio anglosassone che indica colui che fa e produce gioco ed è da qui, infatti, da questa traduzione letterale e priva di originalità che dobbiamo partire. È un uso che nel nostro paese ha trovato la sua prima palestra nel basket e che poi, con la progressiva angloamericanizzazione dello sport, è passato anche al calcio, al volley, al rugby. Del resto è quasi scontato che ogni sport di squadra abbia il suo play o finanche più di uno. Se riflettiamo sopra il valore del termine, playmaker può essere certo considerato il regista difensivo od offensivo di una squadra di calcio, il palleggiatore di un team di pallavolo, oltre, è ovvio, il portatore di palla che nella pallacanestro 41
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...è il direttore d'orchestra, è il mago che anticipa le situazioni, la fausta Cassandra che indirizza i compagni alla salvezza e non alla distruzione... foto: Federvolley
spesso vediamo alzare le mani indicando segni cinesi oppure figure della morra che altro non sono che il convenzionale numero degli schemi adottati. In genere il ruolo di "cucitore di gioco" non richiede un fisico aitante e muscoloso, ovvero il play non necessariamente deve essere accompagnato da una struttura fisica olimpica, con un'altezza everestiana e braccia da Popeye. Bisogna saper correre, aver fiato, essere in grado di saltare, di reagire alle sollecitazioni del gioco, bisogna curare un allenamento serio e del tutto identico a quello dei compagni di squadra. Tuttavia la dimensione fisica è nella sostanza complementare ad altro, e per altro non possiamo che intendere le capacità tecniche e le capacità mentali. Il playmaker, infatti, non solo deve essere dotato di un bagaglio tecnico nient'affatto approssimativo, ma soprattutto è in genere caratterizzato da un'apertura mentale, almeno in relazione al campo, che spesso lo pone un gradino sopra i suoi compagni. È il direttore d'orchestra, è il mago che anticipa le situazioni, la fausta Cassandra che indirizza i compagni alla salvezza e non alla distruzione. In lui le mani e i piedi rappresentano non l'essenziale strumento di lavoro sportivo, ma l'appendice manuale del cervello, che frigge e stantuffa prima di ogni altro compagno di squadra. Fra i giocatori talvolta si incontra qualcuno che ha sostituito il cervello coi piedi o coi muscoli, ma se questa magra etichetta finisce per appiccicarsi al play, al regista, al palleggiatore allora il rischio per la squadra è quello di ritrovarsi branco e non più gruppo, di muoversi in modo disgregato con un ritmo troppo alto o troppo basso, con istinti incontrollati che si tradurranno in sconfitta. Il playmaker è la salvifica dimostrazione che nel mondo serve il cervello più dei pompatissimi organi circostanti o, ehm…, sottostanti - i famosi, puerilmente elogiati "attributi". Giocatori come i piccoli Caglieris e Marzorati - pallacanestro, apprezzatissimi play della nazionale di basket vincitrice dell'oro a Nantes agli inizi degli anni Ottanta -, come De Sisti, Frustalupi, Scirea, Di Bartolomei, Krol - menti della difesa o del centrocampo in grado di giostrare la squadra di calcio nel modo più funzionale ad essa e agli schemi desiderati dall'allenatore -, come Pupo Dall'Olio e Vullo - mani e teste d'oro per la pallavolo italiana dell'ultimo ventennio; ecco, giocatori come questi hanno portato le stimmate del palymaker, sia pure venendo chiamati con forme linguistiche differenti. Tuttavia negli ultimi tempi anche questa figura ha mostrato le crepe della eccessiva velocizzazione subita dagli sport di squadra. Chi ha detto che la velocità è sinonimo di efficienza, di bellezza, di miglioramento? La velocità mal si adatta al pensiero, si concilia con difficoltà a quanti ancora hanno il coraggio di fermarsi nella vita per interrogarsi sull'oggi e sul domani. La caotica quotidiana esistenza, l'ipervitaminica dose di linguaggio e di immagine catapultata dal tubo catodico fin dentro le nostre case ha come educato gli uomini a cercare nella velocità delle azioni e delle parole la realizzazione compiuta delle proprie potenzialità. È così? Spesso la qualità non si abbina alla velocità; spesso la qualità - della vita, dello studio, del lavoro, dello sport - è un'armonia frutto dello straordinario equilibrio tra sentimento e ragione, tra istinto e testa, tra quid fisico e doti cerebrali.
...è il sapiens del gruppo, detta i ritmi, dà misura agli schemi e ai suoi compagni, capisce quando è il tempo per insistere in un tipo di gioco o quando è giunta l'ora di mutarlo...
L'accelerazione subita dallo sport in questi ultimi tempi verso un dinamismo sempre più accentuato non solo ha spinto all'uso di sostanze proibite per andare sempre più veloci e per reggere lo sforzo conseguente, ma ha anche alterato in modo evidente la dimensione e la figura che alcuni ruoli hanno ricoperto in certi sport di squadra. Oramai nel basket il playmaker vive una trasformazione fisica e di schemi, si sente parlare sempre più di play atipico, intendendo con ciò duemetrici giocatori ben piazzati che occupano un ruolo determinante senza magari avere la sensibilità nelle mani e nella testa per ricoprirlo. Ma il ragionamento degli allenatori è che in difesa un play tradizionale cederebbe troppi centimetri al suo avversario, penalizzando, almeno in potenza, il gioco difensivo della squadra. Si preferisce così adattare una guardia a play, recuperando in centimetri e augurandosi che dimostri in parte, se non interamente, doti cerebrali non troppo comuni. Anche nel calcio il play-regista si sta pandizzando. Ormai abbiamo più gladiatori che fini dicitori, più pedatori della zolla che artisti del cuoio; si corre, si sberla, ci si cimenta nel volgarissimo fallo tattico. In questo senso un ragioniere del cielo come può essere il regista pare addirittura un lusso che in pochi si
vogliono permettere, perché ciò significa avere quasi naturalmente un giocatore che corre ad un ritmo più basso, causando, col possesso di palla altrui, inferiorità numerica. C'è da chiedersi se nel calcio non valga più il detto che l'importante non è tanto correre quanto far correre il pallone. Esistono tuttavia segnali di ripresa. Qualche mister deve essersi accorto che il passaggio involutivo da squadra a branco era ormai imminente. Forse la risalita è principiata quando Zeman ha preteso che il suo Foggia, straveloce e sanamente "isterico", almeno nel modo di giocare, ruotasse intorno al metronomo Di Biagio. Quest'anno, poi, abbiamo potuto annotare i tentativi di Ancelotti con Pirlo, almeno ad inizio stagione, e le più consolidate e consapevoli scelte di Del Neri con Corini. Insomma, se il playmaker vuol dire testa e ritmo ed equilibrio, non potrà che significare anche gioco migliore dal punto di vista tecnico e tattico, indipendentemente dallo sport di squadra di cui noi siamo infantilmente beniamini. Vogliamo davvero che per uno sprint in più, per qualche muscolo più appariscente, tanta bellezza di cervello e di armonia spariscano per sempre? L'uomo di Leonardo deve essere il vero modello, non il beach-boy di qualche frivola trasmissione televisiva!.
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ARGOMENTI
DI
DANILO
VICO
Petit Velò, grande idea Nel febbraio del 2001 nasce "Petit Velò", un club esclusivo di sportivi amatoriali VIP (personaggi dello sport, dello spettacolo e dell'imprenditoria, dei media e dello sport) che partecipa ad una serie di eventi promozionali e agonistici (ciclismo e corsa su strada) per diffondere un messaggio di recupero dello sport come divertimento, anche se praticato in forme evolute. Gli ideatori sono Gian Luca Donato (esperto di comunicazione e vice presidente del CSI Roma) e Giovanni Bruno (oggi direttore di SKY Italia Sport, ed ex direttore di RAI Sport). A Gianluca Donato abbiamo chiesto:
suoi "attori". In questo senso ci siamo posti tre ordini di obiettivi. Uno culturale, attorno al recupero del senso più spontaneo ed autentico della pratica sportiva, dove si fondano tra loro aggregazione, divertimento e tecnica. Uno sociale, attorno ad una serie di iniziative mirate e concrete, mediante il contributo sportivo degli Attori Petit Velò e quello economico delle Aziende Partner. Ed uno strategico, con la creazione di un "Club dei Partner" prestigioso, per stabilire relazioni evolute rivolte alla produzione di nuove iniziative connesse allo sviluppo delle attività sociali.
Come mai questa idea? Come ho scritto sul sito Internet "mi sono inventato Petit Velò perché non avevo nulla da fare!". Scherzi a parte, insieme con Giovanni Bruno, pedalando con amici più o meno famosi, abbiamo pensato che forse la condivisione di fatica e passione potevano essere trasformati in uno strumento non soltanto di divertimento, ma anche di aiuto per una serie di emergenze. Il progetto di Petit Velò, infatti, grazie alla considerazione pubblica di cui godono alcuni dei suoi "attori", può realizzare iniziative per raccogliere fondi per la ricerca o per alcune emergenze; realizzando partnership e sinergie con gruppi aziendali importanti.
In due anni di attività avete già raccolto nel gruppo adesioni importanti. Chi sono i soci più in vista? Credo che la semplicità del progetto sia la chiave d'accesso per ottenere non soltanto consensi, ma anche per trovare amici, anche importanti, che ne condividano gli scopi. Romano Prodi, ad esempio, Presidente della Commissione UE, è rimasto entusiasta della nostra richiesta di adesione, tanto da accettare la presidenza onoraria del club. E con lui il fratello Vittorio, ma anche Enzo Ghigo, presidente della regione Piemonte, della Casa delle Libertà. Così anche la par condicio è salva! Fondamentali sono tuttavia le presenze di imprenditori appassionati di ciclismo. Ecco che già da quest'anno pedalano con noi Paolo Barilla, Pippo Ercole (Saclà), Nicolò Pirera (Olympus), Mario Molteni (SalMilano, e figlio di un grande mecenate del ciclismo ai tempi di un certo Eddy Merckx), Stefano Podini (Eneco) ed altri ancora.
Quali sono gli obiettivi di questo progetto? Petit Velò aspira a diventare il motore di azioni culturali e sociali legate allo sport, attraverso forme originali ed evolute di comunicazione che valorizzino la presenza dei
Romano Prodi partecipa alla Mara tona delle Dolomiti 2003
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Come convivono nel club giornalisti e campioni sportivi? Semplicemente pedalando assieme. Spesso si pensa che siano due categorie perennemente in conflitto. Si amano quando tutto va bene; si odiano e criticano reciprocamente, quando va male. In Petit Velò si "aiutano" scambiandosi esperienze. Grandi campioni del passato più o meno recente come Gianni Motta, Francesco Moser (ex CSI), Maurizio Fondriest, Davide Cassani (oggi più giornalista che ciclista) e Franco Ballerini, sono testimonial ideali per trasmettere il verbo tecnico del ciclismo, recuperando però il senso del divertimento. Ma anche i campioni olimpici Daniela Ceccarelli e Antonio Rossi, così come i due allenatori di serie A, Francesco Guidolin e Gianni De Biasi, possono essere straordinari interpreti del nostro messaggio.
to lungo il percorso da gruppi di ciclo-appassionati locali nelle varie zone del percorso, a partire dai primissimi chilometri. Una festa semplice e molto divertenze, realizzata grazie ai partner del gruppo, ma soprattutto di Xelion Banca del Gruppo Unicredit che in prima persona offrirà il contributo economico per le attività della Lega del Filo d'Oro, con l'aiuto tecnico di Selle San Marco. Petit Velò e CSI. Come nasce questo rapporto ? Verrebbe spontaneo dire che nasce dalla mia personale appartenenza come sportivo e dirigente dell'Ente di promozione sportiva. In realtà crediamo che proprio il CSI, con i suoi valori educativi e formativi da una
parte, e con la sua diffusione sul territorio nazionale, possa essere il partner ideale per un cammino che dal prossimo anno diventerà certamente più organico. Il contributo tecnico del comitato di Roma alla realizzazione dei due eventi è stato determinante a testimonianza della qualità tecnico-organizzativa del CSI nella realizzazione di eventi anche per conto terzi, ancorché condivisi negli obiettivi. In fondo ciclismo e corsa (il settore dove Petit Velò investirà progetti per il 2004 assieme ad Enervit) sono due sport in crisi di valori, e il percorso comune può risultare vincente per un recupero del senso più spontaneo ed autentico della pratica sportiva, dove si fondano tra loro aggregazione, divertimento e tecnica.
Quali sono le iniziative attuate nel 2003? Due sono già state realizzate nello scorso mese di luglio. La prima tra le magiche vette delle Dolomiti, con la partecipazione di massa dei Petit Velò alla Maratona delle Dolomiti 2003 in Alta Badia. Un gruppo di 35 ciclisti che hanno pedalato accanto a Romano Prodi (neo presidente onorario del gruppo) e al fratello Vittorio; assieme a Gianni Motta, Giovanni Bruno, Federica Boniperti, Marino Bartoletti, Claudio Pasqualin, Pippo Ercole, nonché ai due neo soci Francesco Moser e Daniela Ceccarelli. In questo contesto si è svolta una caccia al tesoro quiz per la raccolta di fondi per lo sviluppo di un ospedale pediatrico in Sierra Leone (Associazione Holy Mary Children's Clinic), realizzata grazie all'aiuto di Merck Sharp & Dohme. Inoltre nel weekend del 19 e 20 luglio un gruppo di soci hanno pedalato da Roma a Osimo, in due tappe (con sosta a Spoleto), per consegnare un contributo economico alla Lega del Filo d'Oro, che ha sede proprio ad Osimo. Un gruppo compatto, con in testa i due olimpionici disabili Pierangelo Vignati (medaglia d'oro alle Paraolimpiadi di Sidney 2000) e Fabrizio Macchi (reduce dal recente European Tour per l'anno del disabile); con loro i giornalisti Giovanni Bruno e Andrea Prandi, gli imprenditori Stefano Podini e Pippo Ercole, gli ex campioni Gianni Motta e Gianluca Lamaro. Il gruppo è stato scorta45
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L’
PRIMA DELLA PARTITA
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A N T O N E L L A
C O N T I
COME GESTIRE L'ANSIA PRE-GARA Prima della partita Matteo, 11 anni, ha cominciato ad avvertire un senso di nausea e una stretta alla bocca dello stomaco. Il battito si impenna, suda più del dovuto e i suoi pensieri vagano senza controllo privi di una mèta precisa. Il papà, appassionato di calcio e sempre presente alle partite del figlio, lo incalza di domande, ma Matteo sembra aver perso la favella. Quello che sta meditando seriamente è l'intenzione di abbandonare questo sport, che non gli dà più quella gioia di un tempo. Il suo allenatore, che lo conosce ormai da diversi anni è molto dispiaciuto e non si spiega un tale comportamento, visto che il ragazzo se la cava più che discretamente in campo ed è un elemento che non vorrebbe perdere… Ecco un caso di forte ansia, di paura non chiaramente giustificabile, ma proprio per questo ingigantita e nebulosa, come la reazione a una minaccia sconosciuta. Ma allora a cosa serve questa reazione emotiva che tutti abbiamo qualche volta sperimentato? Proprio a quello che la sua definizione ci dice: a comunicare all'individuo la presenza di una situazione di pericolo, non meglio specificata. Se il livello di ansia sale in modo non eccessivo ecco che si avvertono le ricadute positive: si alza l'attivazione fisiologica fino ad uno stato di allerta ottimale per una migliore prestazione. Se il livello diventa eccessivo, invece, nascono i desideri di fuga, i pensieri rivolti a sé e alle proprie preoccupazioni distolgono energie all'attività oppure l'attenzione viene attirata da particolari irrilevanti. Quindi l'ansia può essere sia un elemento positivo, sia diventare un consistente disturbo nello svolgimento dell'attività sportiva. Quando si parla di ansia si parla di gestione, non di eliminazione, di questa reazione per un preciso motivo: è inutile pensare di eliminarla negandola. Meglio prendere atto che esiste, in particolare l'ansia prima di un incontro importante a cui teniamo particolarmente (ansia di stato). Per questo bisogna imparare a rilevarne i segnali come l'aumento del battito cardiaco, la tensione 46
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COS'È L'ANSIA?
muscolare, la sudorazione, la secchezza delle fauci - aspettando quasi la loro manifestazione, come un elemento tipico che precede le prove importanti, presente proprio per comunicarci che ci stiamo preparando alla gara, senza farne un dramma che rischia di autoalimentarsi. Se non fosse sufficiente in alcuni casi possono essere utili delle tecniche di rilassamento, con controllo della respirazione, della tensione muscolare e suggestione di immagini. Trovarsi spesso in uno stato d'ansia, invece, va preso come un campanello di allarme che il nostro organismo attiva per segnalare di solito qualche problema nel livello di autostima o di stress. Possiamo parlare di ansia con delle differenziazioni rispetto al ruolo ricoperto in campo. Proviamo a delineare le specificità legate alle figure del giocatore, dell'allenatore e dell'arbitro, senza comunque pretesa di esaustività. IL GIOCATORE Determinanti sono fattori quali: l'età, il livello di agonismo, il tipo di sport (di squadra o individuale), il genere sessuale. Parlando di bambini e ragazzi che praticano sport a livello non agonistico molto peso ha l'investimento dei genitori, i motivi per cui avvicinano il figlio ad uno sport e quali obiettivi si pongono. Per tornare all'esempio iniziale potremmo dire che Matteo si sente sotto pressione perché teme di non essere all'altezza delle aspettative di suo papà che lo incita continuamente, anche sconfessando l'allenatore, e parla con gli amici di un
Universalmente è riconosciuta come fenomeno di origine psicologica che investe differenti aspetti della personalità a livello neurofisiologico e mette in moto delle reazioni emotive e comportamentali di un certo rilievo. Nonostante sia un fenomeno diffuso del nostro tempo, ancora oggi non è stato raggiunto un accordo sulla definizione teorica e sulla costruzione di un modello unico che possa spiegarne tutte le sfacettature. Sinteticamente si può dire che è una risposta ad eventi che sono concepiti come pericolosi, ma tale valutazione è soggettiva e non appropriata alla situazione reale. Si differenzia dalla paura - sentimento che si prova di fronte ad una situazione reale spiacevole e pericolosa - per il fatto che la causa di tale sensazione non è nota a livello cosciente, quindi si può dire che sia una paura sproporzionata e non specifica. A livello scientifico le diverse correnti hanno proposto modelli interpretativi. È stata spiegata come il risultato di una pulsione, un bisogno che non riesce ad essere soddisfatto perché il soggetto si blocca da solo, si inibisce, in balia di due esigenze contrapposte. Altri hanno posto l'accento sui sentimenti di incapacità che si sperimentano di fronte ad alcuni insuccessi e che minacciano la stima di sé. In questi casi le persone provano ansia e cominciano a manifestarla ogni volta che si trovano in situazioni simili. I teorici del cognitivismo, infine, definiscono l'ansia come uno stato di attivazione interna prodotto da preoccupazioni, pensieri negativi e autosvalutanti, che "ribollono" nella mente sottraendo attenzione ed energie allo svolgimento del compito. Va sottolineata inoltre una distinzione fondamentale tra: - Ansia di stato, intesa come reazione specifica ad una situazione transitoria (prima di una gara importante, di una finale…) che prevede un'elevata attivazione del sistema nervoso autonomo, tensione e una certa apprensione di cui l'individuo è consapevole; - Ansia di tratto, ovvero la disposizione propria di un individuo che tende a presentare risposte ansiose, come caratteristica costante e stabile della sua personalità.
probabile futuro di Matteo come un grande campione. Molto dipende anche dall'allenatore e dal suo stile direttivo, dal livello di competitività messo in gioco, entro e fuori la squadra. Da questo punto di vista sono significative le proposte della Federazione Gioco Calcio di eliminare le graduatorie basate esclusivamente sulle classifiche, includendo anche altri fattori come: il fair play, le sostituzioni fatte, i giocatori in campo. L'ALLENATORE Più complesso specificare l'ansia dell'allenatore perché dipende da molti fattori legati principalmente a caratteristiche individuali. Risposte più mirate possono essere date dopo aver identificato alcune piste come: il livello di autostima e di investimento nell'attività sportiva, il riconoscimento di competenza da parte della squadra e del pubblico,
la capacità di reggere di fronte ai conflitti relazionali, le motivazioni sottostanti la sua scelta. L'ARBITRO L'ago della bilancia della gara non può che essere in una condizione di centralità, solo nella sua responsabilità di prendere decisioni rapide e giuste, con l'attenzione di tutti inevitabilmente rivolta verso di lui, un'attenzione che spesso diventa ostile… L'arbitro deve concedere a se stesso la possibilità di sperimentare una certa ansia, soprattutto con l'avvicinarsi dell'incontro, riconoscere i segnali ed eventualmente applicare qualche tecnica di rilassamento sperimentata. Meglio essere tesi prima della gara e gestire queste preoccupazioni, che negare il tutto e arrivare in fasi critiche facendosi travolgere dalla carica emotiva che ne consegue. 47
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Risponde Giovanni Bruno, il direttore sport dei canali della neonata Sky TV, nata dalla fusione di Stream e Telepiù.
SKY: come cambia la PAY-TV ? D I
F E L I C E
A L B O R G H E T T I
Da settembre 2003 SKY sarà la nuova piattaforma satellitare, unendo di fatto Stream e Telepiù. Ci preme subito sapere: oltre al calcio verranno privilegiati altri tipi di sport? Per raccogliere maggiori abbonamenti, la nostra televisione ha bisogno di calcio, in misura pari all'80%. Aldilà del campionato verrà trasmessa tutta la Champions League, raccogliendo l'eredità di Stream ed i campionati esteri, come la Premier League, la Bundesliga, la Liga spagnola, ed altri campionati europei e sudamericani. Sport minori addio, dunque? No, oltre al canale predisposto al calcio, ci sarà un altro canale che seguirà altri importanti eventi sportivi. Quali "pacchetti" offre SKY ai telespettatori? Noi offriamo un’offerta base in cui non sono presenti canali sportivi, una seconda offerta il cui costo si aggira intorno ai 32 euro, che contiene Sky sport1 prettamente dedicato al calcio e Sky sport2 che oltre al calcio propone anche altri sport, insieme ad Eurosport , che tanto per fare un esempio trasmetterà 24 ore su 24 le Olimpiadi di Atene 2004. La Rai quindi non avrà il monopolio sulle Olimpiadi? La Rai ha il controllo per il terrestre, mentre quello satellitare è riservato ad Eurosport; noi a riguardo non possiamo dare dirette per questioni di diritti ma entreremo in questo importante evento con dei magazine olimpici. Un discorso sulle bocche di tutti: una volta si poteva vedere Wimbledon come altri appuntamenti sportivi mondiali. Ora non più, se non pagando. Ma è giusto criptare eventi di questa portata? È un fatto di modernità, proviamo a domandarci invece se sia giusto assistere a piccoli momenti di sport attraverso la Rai o invece assisterli nella loro interezza. La Rai ad esempio in questi ultimi anni ha dato pochissimo spazio agli Internazionali d'Italia di tennis e ancor 48
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meno ne concedeva quando trasmetteva Wimbledon; ora invece ci sono 5 segnali che permettono al pubblico di scegliere la partita che più gli interessa e magari seguire la partita del giorno su un altro canale. Ciò non accade in una Rai che privilegia frammenti di partite anziché l'interezza di un evento. E noi per questo facciamo pagare un servizio completo.
Per quanto riguarda il decoder, invece? Rimane tutto invariato, stiamo mandando le lettere a tutti i vecchi abbonati. Per ora c'è già un incremento di vendite dovute anche alla diminuzione dei prezzi del servizio. Per esempio chi aveva Telepiù e Stream un anno fa pagava 114 euro mentre ora ne paga solo 55 vedendo le stesse cose.
Lei però che ha lavorato anche a Mediaset e alla Rai, sa dirci secondo la sua esperienza come cambia la gestione dello sport in questi tre poli-tv, quella commerciale, quella pubblica e satellitare? Cambia molto. La Rai deve dare fondamentalmente un’immagine generale dello sport, ed ha dei grossi problemi a livello di palinsesto, ossia di come collocare tante discipline all'interno di una programmazione rigida. Per l'appassionato di basket trovarsi il meteo nel momento cruciale di una partita non è certo gratificante… per questo entra in scena la tv satellitare che pagando ti permette di seguire per intero le partite del tuo sport preferito; compri qualcosa che altrimenti non potresti vedere. Mediaset dal canto suo, avendo esclusivamente un carattere commerciale, trasmette solo eventi coperti dalla pubblicità. Anche noi di Sky comunque dobbiamo ricevere un riscontro su certi eventi, che se non portano abbonamenti verranno cancellati dalla programmazione.
Una curiosità: in partite tipo Chievo-Juventus o Piacenza-Lazio della scorsa stagione, interamente criptate dalla nebbia, quando cioè lo spettatore non vede nulla, come vi comporterete? Avete delle regole al riguardo? Il posticipo in un dato periodo dell'anno è rischioso perché la nebbia talvolta è inevitabile. Ma è un rischio che si deve correre. Una partita come Chievo-Juventus continueremo a vederla così come l'anno scorso, perchè solo l'arbitro può sospendere una partita. Dal campo d'altronde la visibilità del gioco è maggiore che da una tribuna.
Quindi si parla sempre in termini di produzione; il prodotto basket per esempio nella Rai, facendo riferimento a ciò che abbiamo detto prima, è insufficiente? Certo ed è normale che la Rai abbia un contratto di una sola partita di basket perché lo spazio è pochissimo, e poi naturalmente gli appassionati si infuriano; ma bisogna anche considerare che se in una giornata come il sabato occorre far convivere il ciclismo, il basket, la pallavolo e magari l'atletica leggera, come si può coprire tutto in tre ore? Solo trasmettendo a spezzoni. Ciò è controproducente, ma alla fine tutti vogliono la Rai! E allora che confusione! Riguardo agli sport minori, in un discorso più ampio, ci sono dei progetti nella programmazione di Sky, magari che parleranno del CSI? Abbiamo appena terminato un documentario su Fabrizio Macchi e abbiamo confermato la rubrica Sport-Handicap di Claudio Arrigoni con Macchi coconduttore, e quindi ciò dimostra il maggior spazio dato a questi sport come ne verrà comunque dato a vari documentari che possono riguardare altri "pianeti" come quello giovanile. Il CSI avrà lo spazio che merita nelle nostre news, 30 minuti in due fasce orarie alle 19 e alle 22.45 di telegiornale nel palinsesto quotidiano, ed in fase documentaristica, laddove andremo a mostrare tutto ciò che riguarda manifestazioni o eventi particolari. Cosa cambia per l'utente? Cambia poco: avendo nello staff consulenti inglesi ci sarà una maggiore attenzione nelle riprese con molte telecamere in diverse postazioni, sul modello (ottimo!) della BBC. Avremo più grafiche e statistiche e maggiori soluzioni con il canale interattivo che permetterà di scegliere ciò che si vuole vedere.
In riferimento al decreto antiviolenza le vostre telecamere avranno ipoteticamente anche compiti di sorveglianza in tribuna? Certo e ciò viene in automatico perché sono le stesse forze di polizia a richiedere le riprese in caso di incidenti. Mi sembra una follia impazzire così per tifare una squadra… ma possibile che in Inghilterrà gli Hooligans si sono civilizzati e noi invece continuiamo a menare le mani fuori e dentro gli stadi? E proprio per questo che andremo a trasmettere anche altri sport come la Coppa del mondo di rugby, per dare un esempio di pubblico disciplinato Personaggi nuovi? Confermati tutti anche se abbiamo perso Boniek; confermati Tecca, Bergomi, Altafini oltre ad un nuovo personaggio come Gianluca Vialli, l'uomo immagine di Sky. I "bordocampisti" non rischiano di tradurre le partite in gossip? Da un certo punto di vista potrebbero, anche se non devono scendere mai in particolari che non siano prettamente tecnici, e piuttosto sono una fonte in più di informazione. Il mio messaggio è eleganza e educazione come i nostri cardini principali. Non faremo una televisione "urlata". A tale proposito dato che Il 2004 è l'anno dell'"educazione attraverso lo sport" come sarà il vostro linguaggio? La nostra ripeto non sarà una televisione urlata ma una tv che spiega e racconta come se si fosse in un divano di casa. L'obiettivo principale sarà di raccontare la cronaca in una partita, il fatto in sé, e non l'opinione che sarà discussa solo in sede separata dagli opinionisti. È fuori di discussione che abbiamo in mano una fetta di pubblico importante per quanto riguarda l'educazione sportiva. È inutile dire "Queste immagini si commentano da sole", bisogna spiegare, si devono commentare altrimenti che ci stiamo a fare noi. Insomma vogliamo distinguerci attraverso le nostre competenze ed educazione, da tutto ciò che è volgare. 49
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PAROLE DI SPORT
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agonismo on esiste gara, o competizione sportiva, senza il sale della vittoria. Anzi, la vittoria ne è l'essenza. Con buona pace del barone De Coubertin (il padre delle moderne Olimpiadi) che forse già allora predicava nel deserto con quel suo "l'importante non è vincere, ma partecipare". Lapsus storico dell'illustre nobile francese visto che le stesse Olimpiadi dell'antica Grecia, pur intrise di spirito religioso (si svolgevano nell'ambito dei festeggiamenti in onore del dio Zeus), tradivano i tratti inequivocabili di una competizione vera e propria, in una parola trasudavano agonismo. Un termine quest'ultimo la cui etimologia, tra l'altro, lascia pochi dubbi: agòne era il luogo dove si svolgeva la contesa. E agonista era l'atleta, colui che partecipava alla gara. Basta andare a rileggersi il XXIII canto dell'Iliade per accorgersi quanto poco disinteressata fosse la "partecipazione" degli atleti-eroi a quelle gare. Animosi, gagliardi, bellicosi è la gamma di aggettivi con cui il cieco Omero descrive i protagonisti che si battono nella corsa dei carri, nel pugilato, nella lotta, nel lancio del peso, nel tiro con l'arco con tanto di premi al vincitore. Non se ne abbiano a male i decoubertiniani convinti, ma alla favola un po' troppo naif del partecipare e basta non ci crede più nessuno, e forse nessuno ci ha mai veramente creduto. L'agonismo è sempre stato, e sempre sarà, ricerca della vittoria, desiderio più o meno inconfessato di primeggiare. O almeno di provarci, magari sfidando il pronostico, magari con l'aiuto di qualche divinità (come ai tempi di Omero) o più "paganamente" con l'aiuto della Fortuna. Del resto la storia dello sport è piena di vittorie sorprendenti, di successi inattesi, di outsider che alla fine assaporano la gioia di un trionfo, tanto più grande quanto più insperato, grazie soprattutto alla cosiddetta carica agonistica. Nei recenti Internazionali di tennis al Foro Italico, il ventottene spagnolo Felix Mantilla (numero 47 al mondo) si è aggiudicato la finale battendo in tre soli set il super-favorito svizzero Roger Federer (numero 5 della classifica ATP). I bookmakers lo davano a 7 contro 1! Rino Tommasi, sulle colonne della Gazzet-
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ta dello Sport, così ha commentato la sconfitta di Federer: "A questo futuro campione mancano adeguate qualità agonistiche (il corsivo è nostro) che gli sono già costate qualche vittoria". Parole che ribadiscono un concetto molto semplice: l'agonismo da solo non basta forse per vincere una gara, ma certamente aiuta. E comunque resta un elemento motivazionale indispensabile alla pratica sportiva, anche a livello dilettantistico e giovanile. Non per niente il CSI lo considera un "elemento impor-
Foto: SPORT GALA 91
tantissimo per lo sviluppo dei giovani che attraverso l'agonismo, cioè la costanza degli allenamenti e delle partite, apprendono lo spirito di sacrificio e rafforzano il carattere". Inoltre il piacere del confronto, cioè la competizione, può trasformarsi in un validissimo strumento pedagogico per trasmettere ai giovani i valori dell'etica sportiva, fatta di lealtà, rispetto delle regole e degli avversari. La vittoria più bella è vedere alla fine di una partita o di un match vincitori e vinti stringersi la mano o scam-
biarsi la maglia, quasi un pegno per fissare nella memoria il ricordo di una giornata particolare resa indimenticabile per il solo fatto di averla vissuta in prima persona. Fin qui l'agonismo dei buoni sentimenti, dei sani propositi. Ma esiste, ahimè, anche un lato oscuro. Quando il piacere e il gusto della sfida lascia il posto all'esasperazione degli obiettivi, alla nevrosi da risultati. È allora che la naturale e spontanea cultura sportiva si avvita nel vortice di un'espasperata competitività dove il raggiungimento del fine, cioè la vittoria, finisce per giustificare qualsiasi mezzo anche anti-sportivo o addirittura illecito. Condotte sleali, atteggiamenti oltraggiosi e intimidatori nei confronti dell'avversario, uso di alchimie chimiche (doping) che prima di danneggiare il fisico degli atleti minano alla base il principio vitale dello sport e soprattutto sottraggono all'agonismo, quello sano, la componente di progetto pedagogico indispensabile per favorire la creatività e la fantasia dell'avventura sportiva. L'agonismo non si misura sul numero di scorrettezze che si commettono, sulle astuzie per ingannare il giudice di gara o sulle minacce rivolte a un avversario. L'agonismo non ha bisogno di questi "segni" particolari. È qualcosa che deve nascerti dentro, una spinta interiore che l'atleta deve sempre essere in grado di controllare, mai di subire, anche al prezzo di una sconfitta che per quanto bruciante non suonerà mai come un "Vae victis!" (guai ai vinti). Quel grande motivatore di Arrigo Sacchi lo chiamava "furore" agonistico. A pensarci bene un'inutile tautologia che l'uomo di Fusignano coniò di fronte all'adagiarsi di alcuni campioni, forse troppo appagati, forse troppo viziati. Non serve il furore, basta l'agonismo, quello vero, quel fuoco dentro di cui parlava Mike d'Antoni dopo aver visto giocare gli slavi del Partizan di Belgrado nella finale Euroclub del 92 contro gli spagnoli della Joventut Badalona. Sotto di 2 punti a 9 secondi dalla fine, la palla arriva ad Alexander Djordjevic. Negli occhi dello slavo il fuoco che gli bruciava dentro. Un lampo... e poi il trionfo. Volere è potere: ecco il vero motto dell'agonismo. 51
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LIBRI
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BAMBINI INFINITI Storie di campioni che hanno giocato con la vita
Autore: Emanuela Audisio Editore: Mondadori Pagine: 210 Prezzo: 13,00 euro
ualcuno ha osservato che lo sport, unitamente alla musica ma ancor più di questa, è l'unico fenomeno ancora in grado di costruire il mito nella civiltà industriale. Una cinquantina di eroi della moderna fucina del mito è cantata in questo libro da Emanuela Audisio, brillante inviata di Repubblica sulle piste delle grandi competizioni sportive. Ci sono protagonisti di oggi, come Baggio e Ronaldo, di ieri, come Monzon e Griffith, o dell'altro ieri, come Max Schmeling, eroe del ring della Germania hitleriana. Tutti sono visti da vicino, incontrati faccia a faccia, guardandosi negli occhi, perché per il giornalista vero l'intervista non può che essere questa. Audisio questi eroi li "canta" non perché ne faccia una celebrazione acefala, vezzo di tanta cattiva stampa odierna, ma nel senso che la sua è una prosa di qualità, vivace, fatta di poche rapide e sagaci pennellate dal ritmo fascinoso. Vengono alla luce storie sconosciute, aspetti inediti di
campioni di cui credevamo di sapere tutto. Campioni in chiaroscuro, perché di ciascuno è raccontato ciò che è bello e ciò che è brutto. Anche se poi, a ben vedere, il tratto saliente che accomuna molti di loro è di aver avuto, fuori dallo sport, una vita "maledetta": come Tyson, Magic Johnson, Maradona, Senna. Perché in fondo i campioni questo sono: esseri umani con le loro virtù e debolezze, quasi sempre sottoposti a tensioni, rischi e tentazioni che alla fine li schiantano. Per fortuna, ed è questa la loro vera nobiltà, al momento di scendere in campo riescono a trasformarsi diventando altro, il mito, gli interpreti disincarnati di quel "purissimo gioco di bambini infiniti" che fa impazzire le folle di tutto il mondo.
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SE MI MANDI IN TRIBUNA, GODO Autore: Ezio Vendrame Editore: Biblioteca dell’Immagine Pagine: 144 Prezzo: 11,00 euro
a medaglia e il suo rovescio: è quanto viene immediatamente da pensare mettendo a confronto questi due libri, e per più di un motivo. Chi non conosce Giampiero Boniperti, a lungo capitano della Juve e della nazionale, poi presidente plurivincente dei bianconeri? E chi mai ricorda Ezio Vendrame, promessa mai decollata oltre la provincia nel calcio italiani nei primi anni Settanta? Le copertine stesse due libri si presentano come raffigurassero il diavolo e l'acqua santa: Vendrame con la barba lunga, zazzera in disordine, guance dipinte come un sioux sul sentiero di guerra; Boniperti raffigurato accanto all'Avvocato, impeccabile e impettito in maglia bianconera, lui che per quel suo aspetto sempre precisino qualcuno sfottendo chiamava "Marisa". Per non parlare del linguaggio, poi: tutto di getto, disordinato anch'esso e infarcito di parolacce, quello di Vendrame; a prova di Zingarelli quello di Boniperti, i cui racconti sono stati trascritti dalla giornalista Enrica Speroni. E allora, un libro da leggere e l'altro da buttare? Forse. Basta decidere quale sia da destinare ad un uso e quale all'altro. Dipende dai gusti. "Il potere logora chi non ce l'ha": se mai il detto malizioso del sentore Andreotti è vero, allora si spiega perché nelle foto di
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copertina dei due libri Vendrame sembra il papà di Boniperti e non viceversa, come vorrebbero le carte di identità. Di Boniperti giocatore si diceva che fosse capace di imporre le sue scelte alla Juve e alla nazionale. Da dirigente il suo peso specifico è stato anche maggiore. Come non restare delusi, perciò, dai suoi racconti dove non c'è mai una sorpresa, un retroscena, un dettaglio che sia anche una storia del calcio vera, e non quella di facciata? Sfilano nei suoi ricordi imprese eccellenti, e tutto è sempre perfetto. Il massimo del rimpianto è per qualche campione che non è riuscito ad acquistare da presidente. Insomma, è lecito il dubbio che il calcio vero del tempo che fu (o anche di oggi) sia quello raccontato da Vendrame: storie "forti", spesso "disordinate", anche sordide, scellerate, a luci rosse, come probabilmente è inevitabile per giocatori professionisti che sono anche ragazzi che galleggiano senza riferimenti un mondo dorato. Non a caso un bollino in IV di copertina avverte: "Sconsigliato alla gente per bene". Questione di gusti allora. Una volta tanto gli scaffali delle librerie ci consentono di scegliere. Ma forse, ricordando che la verità ha sempre più di una faccia, questi due libri sarebbe più giusto comprarli e leggerli entrambi.
UNA VITA A TESTA ALTA Autori: Giampiero Boniperti Enrica Speroni Editore: RCS Pagine: 240 Prezzo: 15,00 euro
PER ALLENAMENTO
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Caldo sport e alimentazione Con l'arrivo del caldo si vengono a modificare nell'organismo diversi parametri. Fare a ttività sportiva accentua ulteriormente esigenze che non sempre vengono prese in considerazione. Vediamo quali.
L'organismo e l'estate L'aspetto più rilevante delle modificazioni che si realizzano nel nostro organismo con l'arrivo delle temperature calde è rappresentato sicuramente dall'aumento della sudorazione: aumenta infatti copiosamente la fuoriuscita di liquidi, sotto forma di calore che si disperde nell'ambiente, e sotto forma di acqua unitamente ai sali minerali. Il nostro sistema di termoregolazione, infatti, per mantenere la temperatura corporea sempre costante libera calore innescando il meccanismo della sudorazione. Tutto il meccanismo assume proporzioni ancora più evidenti se pratichiamo sport, o se comunque corriamo, andiamo in bicicletta, balliamo. A tal proposito, sono ormai frequenti i messaggi e le campagne d'informazione dei mass-media alla popolazione per sollecitare tutti alla specifica esigenza di aumentare l'introduzione di acqua; contemporaneamente ad essa è indispensabile però aumentare anche l'assunzione di cibi che possano integrare sufficientemente il dispendio idro-salino-minerale che si è venuto a verificare. Acqua e alimenti Come già detto, l'introduzione di acqua deve necessariamente aumentare fino ad arrivare nelle giornate più torride a 3 litri giornalieri che possono anche aumentare qualora si dovessero praticare attività motorie di mediaelevata intensità. I soggetti di età più avanzata, perdono col passare del tempo la sensazione della sete e diventano di conseguenza i soggetti più a rischio: quando infatti, in occasione di giorni di caldo anormale si riferiscono i numeri dei soggetti deceduti, si tratta sempre di soggetti anziani che sono andati incontro a disidratazione, a sofferenza renale e a conseguenti problematiche cardiache. Tutte le persone più anziane dovranno allora forzarsi, senza aspettare inutilmente che sopraggiunga la voglia di bere. Tuttavia, l'acqua da sola non è sufficiente a sopperire a questo stato di squilibrio che si 53
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è indispensabile aumentare l'assunzione di cibi che possano integrare sufficientemente il dispendio idrosalino-minerale che si è venuto a verificare.
viene a realizzare. Ecco che allora alimenti come la frutta e la verdura risultano a dir poco sostanziali nell'ambito della nostra organizzazione generale: i loro quantitativi di sali, vitamine e minerali, infatti, possono garantire quella copertura necessaria ad evitare stati di debolezza, sonnolenza e affaticabilità, tipiche sintomatologie dell'estate. Organizzazione giornaliera È possibile allora stabilire dei punti inamovibili della dieta giornaliera alimentare nel periodo estivo: aumento di acqua, frutta e verdura. Ma in che modo e in che quantità possono essere inserite queste sostanze nell'organizzazione di ognuno? Innanzitutto bisogna ricordare che i sistemi dietetici alimentari più razionali e più importanti sono rappresentati dalla "dieta mediterranea" e dalla "dieta zona". La differenza delle due filosofie è soprattutto rappresentata dalla suddivisione in percentuale dei vari alimenti: nella prima, quella mediterranea, è previsto il 55-60% dei carboidrati, il 30% dei grassi e il 10-15% di proteine. La dieta zona invece, prevede una radicale riduzione dei carboidrati al 40%, un aumento delle proteine al 30% ed una stabilità dei grassi al 30%. Orientarsi tra queste due tipologie di organizzazioni potrà sicuramente risultare razionale e salutare. Le quantità dipenderanno dalle esigenze soggettive di ognuno. Di seguito riportiamo alcuni esempi di organizzazione alimentare che possa adeguarsi alle caratteristiche fisiologiche che si modificano con l'arrivo del caldo. Da raccomandare a tutti in ogni caso di non sconvolgere questo genere di organizzazione, se non nel tipo dei prodotti, e di rivolgersi ad un esperto in caso di necessità di un’organizzazione alimentare terapeutica.
Colazione: 1 tazza di latte con cereali 1 spremuta di agrumi
Colazione: 1 piatto di frutta mista 1 bicchiere di latte 1 caffè se gradito
Spuntino: 1 tazza di macedonia fresca Spuntino: 1 centrifugato di carote e mele Pranzo:
1 piatto di pasta fredda 1 caffè se gradito
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1 piatto di riso condito a crudo 1 caprese (pomodoro, mozzarella, basilico)
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1 porzione di petto di pollo o di tacchino oppure di pesce azzurro arrosto o al forno insalata o verdura a volontà
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Merenda: 1 spremuta d'agrumi oppure 1 yougurt alla frutta Cena:
1 porzione di petto di pollo o di tacchino oppure di pesce azzurro arrosto o al forno 1 piatto di patate lesse o al forno insalata o verdura a volontà
ZOOM
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L'INTERVALL TRAINING Nell'allenamento per gli sport di squadra il miglior lavoro per aumentare la resistenza è dato dall'intervall training. In sport come il calcio, il basket, il volley, la pallamano ecc. assieme al sistema c.c.v.v. (corsa con variazioni di velocità) l'intervall training riesce a produrre i migliori incrementi di performance. Si tratta di brevi, medie e lunghe accelerazioni alternate ad altrettante fasi di recupero (brevi, medie e lunghe): devono cioè essere riprodotti gli schemi fisiologici che si verificano nella specifica disciplina sportiva. I lungi periodi di corsa lenta di un tempo, vengono così messi definitivamente da parte. GLI IMPACCHI CALDI Secondo uno studio eseguito presso la University of Medicine, nel New Jersey, l'utilizzo degli impacchi caldi nei casi di mal di schiena e lombalgie in generale sembra essere molto più efficace dei soliti farmaci antinfiammatori. L'effetto del calore aumenta l'afflusso di sangue andando ad innescare due processi: riduzione delle sintomatologie dolorose, miglioramento del grado di elasticità delle fibre muscolari lombari che risultano irrigidite dallo stato infiammatorio. PASSANO GLI ANNI, I CENTIMETRI SE NE VANNO La riduzione dell'altezza che si verifica con l'avanzare dell'età è dovuta prevalentemente alla diminuzione dello spessore dei dischi intervertebrali della colonna. Questi vanno infatti incontro ad una vera e propria disidratazione che fa perdere loro le capacità ammortizzanti facendoli diventare sottili masse inerti. E così i centimetri se ne vanno.
L’OSTEOPOROSI Le ragioni per fare del moto anche nel periodo della terza età sono davvero numerose. Tra le tante motivazioni è ormai certo che il sistema migliore per le donne che hanno problemi di osteoporosi sia quello di fare attività fisica. In particolare, con allenamenti di tipo muscolare si ottengono meravigliosi risultati per combattere questi processi degenerativi andando a stimolare la densità ossea.
ITALIA, PAESE DELL'ELETTROSTIMOLAZIONE Pare che l'Italia sia il paese in Europa dove si è verificato il più alto numero di vendita di macchinette per l'elettrostimolazione. Obiettivamente il dato non è tra i più confortanti perché sintomatico di una scarsa tendenza a fare movimento puro. Tra le altre cose è bene ricordare che questa pratica risulta molto proficua solo nelle fasi di riabilitazione post traumatica.
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Molise un camp per rilanciare la vita Già da quel tragico 31 ottobre 2002 era stata lanciata l'ipotesi di rincorrere la speranza anche attraverso il gioco che da sempre è l'emblema dell'infanzia. Sì, davvero, quando pensiamo ai bambini, a partire da quelli che noi tutti siamo stati, agli stessi "angeli di S. Giuliano", non riusciamo a separarli dalla dimensione ludica. Giocare per dimenticare? No davvero! Giocare per rilanciare il senso profondo del vivere: la ricerca, gli altri, il disinteresse per l'utile... e via tutti quei valori splendidi che il gioco, quello vero, porta con sé. E con il gioco i bambini. In una favola ucraina dal titolo Cirillo Conciapelli, l'intero villaggio si adopera per convincere il protagonista ad adoperarsi per liberare la principessa prigioniera del serpente. Tentano gli anziani con preghiere insistenti e discorsi assennati. Invano. Ci provano i giovani con il loro dinamismo e la loro intraprendenza. Fanno cilecca anch'essi. Infine intervengono i bambini con il linguaggio della semplicità dei gesti e della tenerezza. Cirillo si convince: "Se è per voi lo farò". Dopo aver pianto il selvaggio Conciapelli mette su tutte le sue arti e astuzie e libera la principessa. Bella metafora. Applicabile sempre alla vita. I bambini, il gioco possono liberarci da tutti i nostri falsi miti e dalle nostre spesso insane sicurezze. Ripartire dal gioco, anche perchè la morte ha sorpreso una scolaresca di sei anni, a S. Giuliano, mentre si esercitava in un laboratorio didattico centrato sul gioco e sulla simulazione di un classico per bambini. Il CSI di Campobasso si è adoperato per progettare e realizzare il centro estivo in una zona che raccoglie ben sette comunità segnate dal tragico evento: Gambatesa, Macchia Val Fortore, Monacilioni, Pietracatella, Riccia, S. Elia a Pianisi e Tufara. Piena l'adesione dei comuni e la collaborazione di associazioni ed enti territoriali. Tra questi la Caritas, la Protezione Civile e la facoltà di Scienze Motorie dell'Università del Molise. Partecipano oltre quaranta operatori volontari. Alcuni provenienti da diverse regioni italiane, altri dalla facoltà di scienze motorie ed un cospicuo gruppo appositamente
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Foto: Agenzia SIR
preparato attraverso incontri di formazione dal CSI di Campobasso. Ovviamente l'intero staff dell'associazione molisana sarà a completa disposizione. La località Pianelle, nel comune di Tufara, si presta con la magia dei suoi boschi, prati e colline disseminate di attrezzature turistiche a realizzare il programma ricco di iniziative che coinvolgono circa 300 tra bambini dai 6 agli 11 anni e preadolescenti dai 12 ai 14 anni. Non manca il sostanzioso contributo che la Presidenza nazionale del CSI fornisce attraverso la dotazione di impianti mobili per i vari sport praticati. Parteciperanno anche le famiglie in iniziative che sono coinvolgenti ancor più perché prevedono percorsi-natura da sviluppare attraverso gare di orienteering aperte a partecipanti di ogni età. E non mancheranno i momenti di animazione e di accoglienza all'inizio e a conclusione di ogni giornata del programma che si sviluppa dal 21 luglio al 3 agosto.
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5 storie 5 sorelle
Due maestre, un'educa trice, un'infermiera e una catechista. Cinque religiose, cinque storie di una fede profonda e limpida, resa più forte a conta tto con il dolore e con la sofferenza delle persone che hanno perduto i loro cari in un attimo, improvvisamente. Un'esperienza che non si può dimenticare, quella di chi è chiama to a condividere la vita spezza ta della comunità di San Giuliano in Molise. Dove le scosse di un terribile terremoto ha stra ppa to gli affetti più cari e le case a tante persone. Una missione di quelle che ti cambiano, non esita a dire Suor S i l va n a S a n t u r i n i , delle Piccole Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria, la con gre gazione fonda ta a Parma da Agostino Chieppi, c h e i n s i e m e a S u o r Te r e s a Pe t r o s i n o salesiana, a S u o r G a b r i e l l a M o r o n i delle Nazarene di Torino, a S u o r V i n c e n z a G i g a n t e della congregazione della Purificazione di Sa vona e a S u o r A l f i n a d i P i e t r o della Divina Provvidenza è la custode silenziosa e rispettosa del dramma della popolazione molisana sopra vvissuta al sisma dell'ottobre scorso. Ogni ma ttina da Campomarino, frazione distante un centinaio di chilometri da San Giuliano, ra ggiungono con la corriera la comunità colpita dal sisma che nell'ottobre scorso ha stra volto la tranquilla vita di diverse località del Molise. Sono ospiti per un anno in un'abitazione messa a disposizione dalla Caritas locale su richiesta del vescovo di Termoli-Larino, monsignor To m m a s o Va l e n t i n e t t i . Il presule si è rivolto a diverse congregazioni femminili per chiedere la presenza di alcune religiose per un periodo di tempo a fianco della comunità molisana dolorosamente prova ta dal terremoto. Ed è Suor Silvana a raccontare, anche a nome delle altre qua ttro religiose, l'esperienza fin qui vissuta vicino a chi si trova a sperimentare una prova così dura come quella del terremoto che ha stra ppa to affetti e priva to di ogni bene ma teriale tante persone. Foto: Agenzia SIR
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Ogni mattina da Campomarino, frazione distante un centinaio di chilometri da San Giuliano, raggiungono con la corriera la comunità colpita dal sisma che nell'ottobre scorso ha stravolto la tranquilla vita di diverse località del M o l i s e.
Portare serenità e speranza a chi è nella morsa del dramma: è questa la vostra missione? Gli anziani, specialmente, hanno molto bisogno del nostro conforto. Molti, di fronte a questo oceano di dolore, si sono chiusi nella loro tristezza. Mi ricordo in particolare di uno di questi vecchi che una volta mi disse: “Sono stato per tanti anni in Svizzera a lavorare. Poi, grazie ai risparmi di una vita, mi sono costruito una casa per la mia famiglia. Ad un certo punto, in due secondi il Signore mi ha portato via tutto. Le scosse hanno fatto crollare la casa. Non sono riuscito a metterci piede, perché me lo hanno impedito i vigili del fuoco. Anche gli uomini della Protezione Civile hanno negato il permesso per accedere all'abitazione. Non ho potuto prendere anche un solo oggetto che mi ricordi i momenti felici della mia esistenza”. Quali parole di consolazione usare in queste circostanze? Non è facile. Io penso che è meglio pregare per loro e stare in silenzio ad ascoltare esperienze così drammatiche. Ma quell'uomo si è ricreduto. Ha capito che non è stata una punizione, come le sue parole facevano pensare. La seconda volta che sono andata a trovarlo, mi ha accolto con calore. Ricordo le sue parole: “Venga a trovarmi più spesso, perché la sua presenza mi è di sostegno nell'affrontare questa situazione. La preghiera, il silenzio e il vostro sostegno è per noi tutti di grande conforto”. Anche le famiglie della prima classe delle elementari che è scomparsa per il crollo della scuola trae giovamento dalla presenza sua e delle altre religiose? Ho appena visitato la scuola di San Giuliano insieme a Suor Gabriella. È una pena vedere la prima classe, i banchi vuoti, un mazzo di fiori poggiato sulla cattedra, la maestra e tutti i bambini che non ci sono più. Un'insegnante ci ha detto: “Io non posso ammettere che il Signore sia capace di questo”. Quanta delusione e sconforto dalle sue parole. In questo caso cosa possiamo dire? Il nostro compito è portare speranza dove ci sono gli afflitti e ricordare che non è Dio a fare tutto questo, ma è la forza della natura. Alla fine, l'insegnante ha ammesso di aver sbagliato a parlare in quel modo. Ma se ci verrete a trovare più spesso, ha aggiunto, chissà che qualcuno di noi possa capire e superare questo grande momento di disperazione. La fede può smarrirsi, a volte, e sembrare più oscura.
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Una situazione che può far credere al silenzio di Dio davanti ad una tragedia di notevoli proporzioni, ma la vostra presenza è la chiara dimostrazione del contrario? Certo. Parlando con la vice preside della scuola ho ricordato che troppo spesso siamo portati a leggere gli eventi sulla base del nostro metro di giudizio. Ma non è giusto agire così, soprattutto perché colpiti dal buio e dalla sofferenza, non riusciamo a capire. In questo senso, la nostra preghiera può contribuire ad alleviare un dolore indicibile. Abbiamo dedicato ore ed ore all'adorazione eucaristica nell'appartamento che ci è stato messo a disposizione. Anche nella parrocchia più colpita, ci siamo raccolte in preghiera per invocare il conforto divino. Perché le parole non possono niente di fronte alla disperazione di chi è stato separato dalle persone più care. Da parte loro, c'è grande cordialità e stima. Quando ci vedono in strada, ci salutano e ci chiedono di non trascurarli e di venire spesso a trovarli. Sanno che stiamo facendo questa esperienza di condivisione. Fianco a fianco con il loro dolore. Sanno che resteremo a lungo. Con il sorriso e con l'armonia che regna tra noi suore siamo una testimonianza positiva per loro. Una donna mi ha detto: “La vostra unità mi dà sicurezza e mi fa sentire meno sola”.
Foto: Agenzia SIR
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I condoni per le Associazioni sportive Alcune sommarie indicazioni per mettersi in pace con il fisco
iamo in attesa… di cosa, si dirà? Semplice: siamo in attesa che vengano emanati i decreti attuativi previsti dall'art. 90 legge 289/2002 e da cui dipenderà in concreto l'assetto giuridico e organizzativo delle associazioni e società sportive dilettantistiche in un futuro molto prossimo. Attendiamo anche che il CONI vari definitivamente questo registro dei soggetti sportivi dilettantistici per comprenderne definitivamente il senso, le condizioni e le opportunità che potrà offrire a chi lo sport lo fa sul serio. Bene, e nell'intanto? Nell'intanto voltiamo pagina o più esattamente torniamo alla pagina precedente per analizzare un'opportunità che il Legislatore aveva offerto al mondo sportivo dilettantistico e che, anche a causa della scarsa tempestività nelle istruzioni, è passata a molti inosservata. Si tratta del condono tombale e della integrativa semplice per le associazioni sportive dilettantistiche in 398, aderenti, ossia, al regime forfetario, per le quali la riapertura dei termini di pagamento (rinviati al 16 ottobre 2003) rende possibile fruire di un'opportunità di sanatoria con il fisco di sicuro interesse, relativamente, beninteso ai redditi di natura commerciale eventualmente posseduti. L'assai poco tempestiva circolare 24 del 30/04/2003, dedicata proprio alle associazioni in 398, chiarisce i termini fondamentali del ricorso alle suddette procedure che qui vogliamo sommariamente riassumere
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mento dell'Agenzia delle Entrate 25.2.2003 e applicando le aliquote vigenti nei periodi d'imposta integrati. Ai fini IVA, invece, poiché le associazioni in 398 sono esonerate, per legge, dalla presentazione della dichiarazione IVA annuale, l'integrazione si attua definendo semplicemente la maggiore imposta dovuta rispetto a quella versata alla SIAE (per gli anni 1998 e 1999 quando vigeva ancora il sistema di liquidazione alla SIAE dell'iva) o versata a mezzo del modello F24 (per i successivi anni 2000 e 2001). In quest'ultimo caso il prospetto di riferimento per ricostruire gli imponibili e le imposte dovute nelle varie annualità interessate dal condono può utilmente essere il modello iva minori delle associazioni sportive dilettantistiche. Il condono tombale Attraverso il condono tombale l'associazione sportiva può definire in maniera forfetaria le proprie pendenze con il fisco versando importi che sono calcolati in modo percentuale rispetto alle imposte effettivamente pagate negli anni che vanno dal 1997 al 2001. Il sistema è più semplice dell'integrativa descritta in precedenza in quanto non esige una puntuale e precisa ricostruzione degli imponibili generati in quelle annualità ma si basa su un meccanismo forfetario che
L'Integrativa semplice Attraverso questo tipo di sanatoria l'associazione sportiva aderente al regime della 398 (e pertanto soggetta al pagamento delle imposte dirette IRPEG e IRAP e indirette IVA in maniera forfetaria) va a liquidare in maniera precisa e puntuale le imposte che eventualmente non ha versato nelle annualità dal 1997 al 2001. Il sistema prevede che l'associazione sia in grado di ricostruire gli imponibili ai fini delle imposte dirette e indirette realizzati in ciascuna delle predette annualità e, laddove sia stata versata e/o dichiarata un'imposta minore rispetto a quella dovuta, procedere all'integrazione della medesima e al relativo versamento senza sanzioni o interessi. Ai fini sia IRPEG che IRAP l'integrazione si attua compilando il quadro A del modello di dichiarazione approvato con Provvedi59
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I condoni per le Associazioni sportive può essere molto conveniente o molto costoso a seconda dei casi. Un'associazione che, per esempio, abbia pagato molte imposte sia dirette sia indirette in una o più annualità e che, al contempo, abbia omesso di pagare tributi di importo modesto, non ha beneficio dall'utilizzo di questo sistema in quanto il condono tombale prescindendo dalla reale entità dell'evasione commessa e definendo le maggiori imposte come percentuale di quelle già pagate può risultare decisamente oneroso rispetto all'integrativa semplice. Ovviamente laddove le imposte pagate siano state di modesto importo e quelle evase di ammontare notevole il sistema diventa conveniente. Il condono tombale soffre inoltre di altri limiti: esso non si può, logicamente, applicare ai casi in cui il soggetto sia un evasore totale (se le imposte pagate ammontano a zero non è possibile definirne una percentuale a titolo di sanatoria), e non trova applicazione nel caso in cui l'inadempimento del contribuente riguardi l'apprensione e il relativo versamento delle ritenute d'acconto a titolo IRPEF. Infine il condono tombale si applica necessariamente a tutte le annualità dal 1997 al 2001 (pertanto anche a quelle in cui si può ritenere di non avere evaso alcuna imposta) anche se è possibile decidere se condonare solo le imposte dirette o quelle indirette. Ai fini delle imposte dirette (IRPEG e IRAP)
e per tutte le annualità comprese nel periodo 19972001, le associazioni sportive liquideranno forfetariamente le proprie pendenze applicando la percentuali dell'8% alle imposte lorde risultanti dalle dichiarazioni originarie. Se ciascuna imposta lorda o sostitutiva è risultata di ammontare superiore ad 10.000, sulla parte eccedente si applica la percentuale del 6%, se superiore a 20.000, su quest'ultima eccedenza la percentuale è pari al 4%. In ogni caso sono applicabili i versamenti minimi previsti per titolari di reddito d'impresa, sulla base dei ricavi dichiarati ( 400, 500, 600 a seconda dei casi) Se poi all'evasione si aggiunge anche l'illecito dell'omessa dichiarazione(ai fini IRAP, IRPEG) , non può essere inferiore a 3.000 per ogni anno di omissione della dichiarazione. Ai fini IVA, il condono tombale implica che per ciascuna annualità l'associazione debba versare il 2% dell'iva derivante dalle operazioni attive di cessione beni o prestazioni e il 2% dell'IVA forfetariamente detratta, determinata sulla base delle percentuali vigenti nei singoli anni condonati. In ogni caso i versamenti , devono comunque essere, in ciascun periodo d'imposta, almeno pari a 500 euro, per i soggetti con volume d'affari fino a 50.000, 600, per quelli con volume d'affari superiore a 50.000 ma non a 180.000.
DOMANDE E RISPOSTE UN
COLLABORATORE SPORTIVO CHE SVOLGA ALTRESÌ ATTIVITÀ DI COLLABORAZIONE AMMINISTRATIVA PER ASSOCIAZIONI SPOR-
TIVE DILETTANTISTICHE È SOGGETTO AL CUMULO DI AMBEDUE LE FORME DI COMPENSI AL FINE DEL SUPERAMENTO DEL PLAFOND ESENTE DI 7500 EURO ANNUALI? L'opinione di chi scrive, con riferimento al quesito posto, è che i compensi per esercizio diretto dell'attività sportiva dilettantistica siano cumulabili con quelli di collaborazione coordinata e continuativa di tipo gestionale e amministrativo ai fini del superamento del plafond esente in oggetto. Infatti ambedue le forme di rapporto (collaborazione sportiva e collaborazione amministrativa) rientrano, ai fini del trattamento fiscale, nell'art. 81 comma 1 lett. m) del TUIR come redditi diversi soggetti al medesimo specifico regime agevolativo. A comprova di ciò si deve osservare che, sempre ai fini tributari, l'art. 90 della legge 289 del 2002 parifica il trattamento fiscale delle collaborazioni amministrative a quello previsto per le collaborazioni sportive, di fatto assimilandole. In buona sostanza, quindi, le associazioni che erogano ai medesimi soggetti ambedue le forma di compensi dovranno sommarli per verificare se viene superato o meno il plafond esente di euro 7500 annuali. Allo stesso modo il percipiente che svolge ambedue le tipologie di incarichi per diverse associazioni sportive avrà l'onere di autocertificarle entrambe al momento in cui viene pagato per l'una o l'altra delle prestazioni qui discusse. UN'ASSOCIAZIONE SPORTIVA AFFILIATA AL CSI CHE SVOLGA ALTRESÌ ATTIVITÀ DI TIPO CULTURALE È OBBLIGATA AD ASSICURARE I SOCI CHE SI DEDICANO ESCLUSIVAMENTE ALLE ATTIVITÀ RICREATIVE? La risposta è affermativa. L'associazione in questione è chiamata ad assicurare anche i soci non atleti ai sensi della legge 383 del 2000 la quale impone alle associazioni di promozione sociale iscritte nel registro tenuto presso il Ministero del Welfare la stipula di un'idonea copertura assicurativa a beneficio dei propri iscritti qualunque sia l'attività alla quale i medesimi partecipano e pertanto a prescindere dal contenuto prettamente sportivo, culturale o ricreativo della medesima. L'occasione è comunque gradita per rammentare l'importanza di assicurare i soci ai fini della responsabilità civile indipendentemente dalla previsione obbligatoria eventualmente posta dalle leggi ordinarie. Ciò per il corretto e sereno svolgimento dell'attività associativa che è soggetta alla responsabilità contrattuale ed extracontrattuale per i danni eventualmente subìti dai soci e dai terzi nell'ambito della medesima. UN'ASSOCIAZIONE SPORTIVA ADERENTE AL REGIME FORFETARIO DI CUI ALLA LEGGE 398/1991 È OBBLIGATA ALLA REDAZIONE E PRESENTAZIONE DELLE DICHIARAZIONI FISCALI ANCHE SE NON HA CONSEGUITO ALCUN REDDITO IMPONIBILE? L'associazione in regime forfetario e, pertanto, dotata di partita IVA, in quanto soggetto potenzialmente proprietario di redditi di impresa è comunque soggetto all'obbligo della dichiarazione ai fini delle imposte dirette (IRPEG e IRAP) a prescindere dalla concreta realizzazione dei suddetti redditi. Essa pertanto dovrà produrre, in tutti i casi, i dichiarativi in oggetto entro i termini ordinari previsti. Altrimenti si applicano le sanzioni per omessa dichiarazione. Non è obbligatoria, invece, la dichiarazione IVA annuale.
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A letto presto Chiudere alle 3? Sì, ma è più importante educare il divertimento.
l divertimento è una dimensione bella e indispensabile dell'esistenza e, come tale, non cresce spontaneamente bene, ma va educato. C'è un divertimento sano e vero che è sempre rispettoso di se stessi e degli altri e che si colloca armonicamente lontano dagli eccessi. Durante queste settimane può capitare di sentire molti ragazzi negli oratori che cantano convinti e ripetutamente il motivo "clou" dell'oratorio estivo che recita, tra l'altro, così: "Se ti vuoi divertire, vinci il male col bene; non c'è scelta più bella dell'amore che hai da dare al mondo, dal tuo io profondo". Educare alla dimensione del dono e dell'impegno è la strategia per educare anche alla dimensione della gioia e quindi del divertimento. In oratorio ci si prova per tempo, sin dalla più tenera età, offrendo ai ragazzi e agli adolescenti modelli di comportamento e di vita che rispondano al desiderio di essere felici. Ma l'impegno educativo per evitare la cultura del consumo, dell'evasione e dell'eccesso e per riempire la vita di entusiasmo, funziona davvero quando vede coinvolte tutte le agenzie educative, a partire dalla famiglia e senza tralasciare le istituzioni. Una rete di interventi fitta può fornire alle giovani generazioni occasioni per momenti carichi di gioia che non eccedano in abitudini "sballanti". Ben vengano dunque tutti i richiami che si riferiscono al principio educativo di un divertimento sano e rispettoso, ben vengano tutte le sollecitazioni che riportano l'attenzione al valore della vita e alle conseguenze "mortali" di certi comportamenti eccessivi. Il dramma di giovani vite stroncate nel tempo dedicato al divertimento ci coinvol-
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ge tutti e non lascia nessuno indifferente. C'è una battaglia che tutti dobbiamo combattere. Per questo possiamo e dobbiamo fornire ragioni valide ai giovani perché non si lascino prendere dall'evasione alienante e sregolata e perché siano consapevoli dei rischi derivanti dall'abuso dell'alcol, dall'assunzione di "pasticche" e dalla guida in condizioni di pericolo. A loro bisogna affidare la responsabilità di costruire una regola per se stessi e di creare una cultura che si fondi su forme di convivenza e su stili di comportamento che promuovano il rispetto di sé e degli altri anche nello svago. Ogni gioco ha le sue regole ed è quindi giusto ordinare anche le diverse forme di divertimento, come accenna a fare la recente disposizione sulla chiusura "anticipata" delle discoteche, ma bisogna innanzitutto fornire ai giovani strumenti e ambiti per sviluppare una autocoscienza reattiva e responsabile. Molti giovani, poco più che maggiorenni, fermati per strada dalle forze dell'ordine, non capiscono ancora il significato della sanzione perché non comprendono l'eccesso della trasgressione: ancora è frequente il: "che c'è di male!". Il rischio dell'estraniazio-
ne è sempre presente per gli adolescenti e i giovani. Ma per l'educatore convinto è sempre possibile un dialogo che conduca alla profondità delle esperienze e che favorisca l'ideazione di forme di divertimento che stanno "dentro" la dimensione della quotidianità senza ricorrere a forme eccessive di evasione. È dunque necessario che la regolamentazione sia anticipata da una campagna forte di educazione. Un appello si può rivolgere agli stessi gestori delle discoteche e dei luoghi di intrattenimento che hanno un contatto diretto con i giovani perché sia sempre più serrato il confronto con le agenzie educative del territorio sulle modalità della loro offerta. Anche i media continuano ad avere un ruolo preminente nella formazione della cultura, di quel sentire comune che spesso si sovrappone o addirittura si sostituisce alla coscienza di molti adolescenti. È quindi forte il senso di responsabilità per chi può educare il divertimento anche mentre lo rappresenta pubblicamente. Presidente del Forum degli Oratori Italiani
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03 age settembrenda HAPPENING DEI GIOVANI ANIMATORI CIRCOLO CULTURALE SPORTIVO IN PARROCCHIA
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OSIMO (AN)
ANIMATORI CIRCOLO CULTURALE SPORTIVO IN PARROCCHIA
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CAPACCIO (SA)
42ªGARAPODISTICAINT.LES.LORENZO
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CAVA DE’ TIRRENI
2ª MARATONA-PELLEGRINAGGIO ROMA-S. GIOVANNI ROTONDO
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PALIO DI PARMA
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PARMA
STADIUM SPORT IN TOUR
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REGGIO EMILIA
I°MEMORIAL MADRE TERESA DI CALCUTTA 19_OTTOBRE TIRANA La Peoples Run - Memorial Madre Teresa di Calcutta è un vero e proprio evento sportivo, ma la dedica alla piccola grande suora lo rende davvero unico: parteciparvi non significa solo prendere parte ad una mezza maratona, ma soprattutto correre per ribadire valori fondamentali e contribuire ad obiettivi concreti. La Maratona è dedicata a Madre Teresa di Calcutta e si svolge il 19 Ottobre 2003, in concomitanza con la sua beatificazione: sarà ripresa in diretta su RaiTre, ma ampie sintesi filmate della competizione saranno inserite anche nella trasmissione in mondovisione.
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STADIUMSPORTINTOUR 21- SAVIGLIANO (CN) Il CSI di Cuneo insieme alla città di Savigliano sono gli organizzatori di quest' importante tappa di Stadium. Ricco il panorama delle attività sportive: basket, atletica, volley, calcetto, ginnastica artistica, danza, ciclismo, e vari sport organizzati per i disabili. Il tutto sarà condito da serate d' intrattenimento e dagli stand dello Sci Club e del Club Alpini e Centro Nuoto. Per gli amanti dell'arrampicata non poteva mancare anche quest'anno una parete attrezzare su cui misurare la propria abilità..
STADIUMSPORTINTOUR 26/29 - REGGIO EMILIA Triplice appuntamento estivo per il CSI per la Campagna nazionale di formazione per animatori di circoli parrocchiali. In questa direzione vanno i corsi nazionali per animatori culturali sportivi in parrocchia studiati dalla SNES, che vedono al loro interno laboratori teatrali, musicali, sportivi e grafico-pittorici. Sono tre i corsi nazionali dell'estate. Si parte con il Campus formativo in agosto a Bagni di Nocera Umbra, poi l'Happening dei Giovani ad Osimo dal 2 al 7 settembre ed il tradizionale appuntamento in collaborazione con gli oratori Giuseppini di Padre Princigalli dal 4 al 7 settembre a Paestum. Piatto forte della Campagna nazionale è senza dubbio il nuovo kit "A scuola di valori in parrocchia con il CSI" che verrà distribuito a tutti i partecipanti. Si tratta di un sussidio agile e completo realizzato appositamente per consentire all'animatore di gestire l'attività all'interno di un circolo parrocchiale. Tutte le informazioni utili e le schede d'iscrizione sono disponibili sul sito internet www.csi-net.it, e dovranno pervenire all'indirizzo formazione@csinet.it o fax 06 68802940. Info 06 68404560/63. .
ALLO SPECCHIO
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Pit-stop Nessuno è un albero l rombo delle monoposto della alla stessa macchina, e in un una Formula uno aggredisce da settimanciata di secondi, ha dell'increper conto suo, ma diventa mane i timpani degli spettatori ai dibile. Come faranno quella ventina tale insieme con gli altri. bordi dei circuiti e nei pressi dei di persone ammucchiate in pochi televisori accesi in occasione delle metri quadrati ad eseguire con milliIn ogni albero, poi, gare. Fino al prossimo ottobre il metrica precisione operazioni tanto nessun ramo vive mondiale automobilistico continuecomplesse e perfino pericolose? per conto proprio, rà a far gioire e soffrire schiere di Cosa c'è dietro a tutto quel lavoro tifosi, che per noi italiani è sinonieseguito con apparente naturalezma ogni ramo mo di ferraristi. za? dà al tronco comune Una recente ricerca della FederaEcco le domande che mi pongo, quel sole che ciascuno zione internazionale dell'auto dice ogni volta che vedo ripartire dopo che i gran premi sono seguiti da qualche secondo di sosta la maccattura oltre 60 miliardi di telespettatori in china debitamente rifornita e rimescon le proprie foglie. tutto il mondo. Una cifra incredibile sa in sesto. A parte il meticoloso e che indica, ovviamente, i contatti e lungo allenamento, credo che quei non il numero effettivo di coloro pit-stop rivelano un fatto umano; che hanno acceso la televisione dicono cioè nessuno di quei mecper seguire le gare. Sembra che solo i mondiali di cal- canici lavora per se stesso, in modo isolato, ma che cio e le olimpiadi abbiano un pubblico più vasto. Ma tutti operano insieme e per lo stesso fine. È questo il avvengono ogni quattro anni, e non ogni quindici gior- segreto - e l'insegnamento morale - dei pit-stop del ni. circuito automobilistico. Le ragioni della crescente audience sono molte: l'abi- Un'espressione che porto nella memoria fin da ragazlità dei piloti, che però c'è sempre stata; le sofiste stru- zo dice che una foresta è fatta di alberi che crescono mentazioni delle macchine; l'eccezionale qualità delle e si difendono a vicenda. Nessuno è un albero per riprese televisive che trasmettono in tempo reale e in conto suo, ma diventa tale insieme con gli altri. In ogni ogni parte del mondo gli avvincenti dettagli delle par- albero, poi, nessun ramo vive per conto proprio, ma tenze, dei sorpassi, delle strategie, pit stop e, non ulti- ogni ramo dà al tronco comune quel sole che ciascumi, i commenti che dopo ogni gara vivi-sezionano il no cattura con le proprie foglie. comportamento dei piloti, la potenza dei motori, la È la lezione per la vita che viene dallo sport. Nella vita, tenuta delle gomme, le strategie e mille altri particola- nessuno è autosufficiente. In un gruppo sportivo nesri. È uno spettacolo che affascina perché mette in suno può fare ed essere tutto. Il tutto possono esserlo mostra novità tecnologiche, sponsor, soldi, velocità, soltanto tutti. Ed è sempre meglio fare un passo solo rischi, situazioni imprevedibili; tutti ingredienti di un insieme a cento altri, che fare cento passi da solo. film drammatico, anche se non tutti immuni da severe Una lezione che ha valenze tecnico-organizzative valutazioni etiche. insieme si produce di più, e con meno fatica - e Le poche volte che mi accade di seguire per televi- soprattutto umane: è sempre meglio fare un passo sione qualche gara del circuito, mi piace puntare l'at- solo insieme a cento altri, piuttosto che farne cento da tenzione soprattutto su un aspetto delle gare: le fer- solo. E ricordando che la vera collaborazione nasce mate dei piloti ai box, i pit-stop del gergo sportivo. Più dal dialogo tra le persone e dal confronto delle diverche i raffronti tra i tempi di sosta delle monoposto, mi se opinioni, non dagli incensieri accesi o dagli inchini affascina soprattutto l'abilità dei meccanici nei rapi- verso chi sta più in alto. dissimi rifornimenti di carburante e nei cambi di gom- La riflessione, in un orizzonte più alto, porta a meditame. re una densa ammonizione per la nostra fede scritta Ed è qui che s'incentra questa riflessione, che non è da s. Paolo nella lettera ai Romani: "Nessuno di noi evidentemente di natura tecnica. Quella perfetta sin- vive per se stesso o muore per se stesso. Viviamo per cronia di movimenti eseguiti gomito a gomito, attorno il Signore e moriamo per lui".
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PER RIMANERE INTENSI
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Venite in disparte e riposatevi un po’ Si parla molto, in questi tempi, di "attività obesa", intendendo un'attività che si è dilatata oltre misura, al punto da provocare uno stato di "sofferenza" in chi la svolge. Attività obesa è quella dei bambini costretti dai genitori a destreggiarsi tra scuola, doposcuola, piscina, lezioni di piano e quanto altro venga in mente agli adulti; o quella dei manager rampanti, che passano da un aereo all'altro, da un consiglio di amministrazione all'altro, sempre incollati al cellulare e al notebook collegato alla Borsa via internet. Tra coloro che si lamentano di essere alle prese con una "attività obesa" si sono schierati ultimamente anche molti presidenti territoriali del CSI: le cose da fare, dicono, sono così tante e così onerose da occupare ogni tempo disponibile e da risucchiare ogni energia psicofisica. Ma ha proprio ragione Qoèlet quando dice che "non c'è niente di nuovo sotto il sole", perché l'attività obesa non è figlia della modernità: c'era già nei tempi antichi, come testimonia il Vangelo. "Non avevano più neanche il tempo di mangiare" scrive infatti l'evangelista Marco riferendosi all'attività frenetica degli apostoli, messi sotto pressione dalla grande folla che andava e veniva intorno a Gesù. La risposta del Vangelo a questa obesità è radicale ed arriva dalla bocca di Gesù: "Venite via, in un luogo solitario, e riposatevi un po'". Così Gesù e i discepoli cercano di partire per un luogo in disparte; la gente però non lo consente, perché continua ad "assediarli", li insegue verso quel luogo solitario al di là del lago. Allora Gesù cede, si commuove e comincia ad insegnare "molte cose". È precisamente questa la differenza tra il Vangelo e l'attività obesa del CSI ad ogni livello: "Si mise ad insegnare loro molte cose". Nel CSI il rischio altissimo dell'attività obesa è di allargare a dismisura la dimensione dei "servizi sportivi", finendo per trascurare la parte più autentica della mission, quella che ci chiama ad agire in modo che la vita associativa nel suo complesso diventi un'esperienza significativa per ogni atleta, dirigente, arbitro. 64
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I discepoli assediati dalla folla riproducono la stessa tensione di molti di noi, assillati dall'ansia del fare e del far vedere. Così avvertiamo l'umana tentazione di "riposarci un po'", che non vuol dire necessariamente pensare di partire per rifugi solitari, quanto cercare di allentare le briglie, di tirare un po' a campare. Ed è una tentazione che dobbiamo saper superare secondo l'insegnamento evangelico, lasciandoci commuovere dai bisogni della gente e mettendoci a "insegnare". Nel nostro caso "insegnare" sta per "educare attraverso lo sport", evitando che l'attività sportiva sia un "vano agitar di membra...". Provo a spiegarmi. Troppo spesso l'attività sportiva fatta di tornei o di campionati è slegata, e non promuove una vita di squadra o di società sportiva. Diventa attività senz'anima, fine a se stessa, incapace di orientare, di indicare un cammino. Non affascina, non promette "liberazione". Ma proprio per questo, per essere fedeli all'autenticità della missione, diventano indispensabili per ciascuno di noi il tempo e lo spazio del deserto, della preghiera, della formazione. Rispondere alla nostra attività obesa è quindi tutto il contrario che fuggire dall'impegno: è mettersi ad "insegnare" uno sport ricco di senso, che sappia essere una risposta adeguata ai bisogni profondi della "folla"; è riporre da una parte la stanchezza per animare non solo le mille attività che già facciamo ma anche le diecimila che non possiamo fare perché ci sentiamo stanchi e stressati. Da questo punto di vista, l'evangelico "riposarsi un po' assume tutt'altro significato rispetto al semplice invito a tirare il fiato. Senza alimentarsi alla fonte spirituale, ci fa capire l'evangelista Marco, senza vita di preghiera e di fede (".. venite in disparte..."), senza ansia della ricerca di Dio, non si riesce ad affascinare e a dare il pieno significato alle nostre tante attività.
edio.costantini@csi-net.it