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Manifattura del Seveso veste Capofaro
CAPOFARO VESTE IL SUO BRAND CON I TESSUTI
DI MANIFATTURA DEL SEVESO
Immerso nella splendida cornice delle Isole Eolie, Capofaro nasce dall’amore per la vigna e per il mare della famiglia Tasca d’Almerita. Una scenografica tenuta sull’isola di Salina pensata per gli amici, gli ospiti e tutti i viaggiatori di gusto, nel segno della migliore ospitalità mediterranea, Capofaro è oggi la massima espressione di Salina, la più autentica delle Eolie: una locanda circondata da filari affacciati sul mare, dove si produce la Malvasia, vino tipico dell’isola. Capofaro, su progetto creativo di Studio Forward, ha deciso di valorizzare il suo brand scegliendo come rivestimento di tutta la linea cartotecnica legata al suo resort due prodotti firmati Manifattura del Seveso: Bukram P Extra Fantasia e Cialux. Dai menù del ristorante al welcome book delle camere fino agli accessori più semplici e allo stesso tempo glamour, come i cartellini “non disturbare“ che garantiscono privacy e riposo ai clienti, tutti gli elementi della linea valorizzano la splendida struttura. Il concept è stato ideato e realizzato dall’azienda palermitana Zeta Printing, che da ben tre generazioni della famiglia Zito opera nel settore degli stampati di prestigio. Dal 1968, anno della sua fondazione, Zeta Printing è rimasta fedele alle origini di impresa artigiana a conduzione familiare e fortemente legata al territorio. Nata per la stampa offset e la fotolitografia, Zeta Printing si è specializzata negli anni nel packaging e nella nobilitazione di lusso; dapprima su materiali semplici come carta, cartone e superfici lisce, per poi estendere la sua produzione anche ai tessuti di alta gamma come quelli di Manifattura del Seveso. Una scelta che consente all’azienda di offrire soluzioni sempre più ricercate per il settore editoriale, del lusso e della moda. Bukram P Extra Fantasia, scelto dal vasto catalogo di Manifattura del Seveso per il progetto Capofaro, è un tessuto 100% cotone, certificato FSC®, che con la sua finitura liscia ha permesso un’ottima resa nella stampa a caldo, pur trasmettendo il calore della tela e garantendo un effetto molto naturale; il logo pressato in oro dà un tocco ancor più elegante a questo importante progetto. Cialux, tela 100% viscosa, è stata scelta nella tonalità blu che richiama il mare ed è stata anch’essa stampata a caldo con ottimi risultati. Manifattura del Seveso, azienda familiare da ben quattro generazioni, è presente su tutto il territorio italiano da oltre 100 anni e fa della sua esperienza un punto di forza per progetti sempre più innovativi, in grande stile e sempre di tendenza. Questo progetto di elevata qualità è il frutto di una sinergia perfetta tra due aziende a conduzione familiare che hanno saputo mettere a frutto la propria esperienza per una creazione di elevato valore, che esprime l’anima delle Isole Eolie e trasmette le travolgenti sensazioni di quel luogo meraviglioso e immerso nella natura che è Capofaro.
Decorazione ceramica, dagli antichi splendori alla stampa full digital
di ELENA PANCIERA
Cos’hanno in comune un mattone e un vaso in pregiata porcellana di Limoges? Terra e acqua, aria, fuoco, pressione, passione. Il processo di produzione e decorazione della ceramica coinvolge forze ancestrali, tecnologie all’avanguardia e inesauribile creatività.
[Ph. Laminam]
Risale al neolitico la scoperta che l’argilla bagnata può essere lavorata facilmente con le mani, quando è asciutta diventa rigida, e quando invece viene cotta ad alta temperatura diventa solida e compatta in modo permanente. Da allora in tutto il mondo si è prodotto un numero incalcolabile di prodotti in ceramica e suoi derivati, dai materiali edilizi alle statue e sculture decorative. Si è iniziato a decorare la ceramica ben presto: a figure rosse o nere, nella Grecia antica; in bianco e azzurro, nella Firenze rinascimentale dei Della Robbia; con raffinatissime figure floreali blu e bianche, durante la dinastia Ming. E poi a Capodimonte, Limoges, Imari. Formelle piane in ceramica decorata fanno parte di numerose culture: azulejo portoghesi, zellige marocchine, talavera messicane... In Italia sono moltissimi i centri di produzione di maioliche artigianali: Caltagirone, Faenza, Grottaglie, Orvieto, Vieste, Vietri sul Mare... Ancora oggi, l’Italia è uno dei maggiori produttori di ceramica al mondo. La lavorazione di piastrelle e lastre, di cui parliamo in questo articolo, è principalmente industriale, e la decorazione viene realizzata in larghissima parte con tecnologia inkjet. Questo è infatti stato un settore pioniere per il digitale, che è penetrato rapidamente e in modo capillare, tanto che oggi, a nemmeno vent’anni dai primi esperimenti, circa la metà dei metri quadrati di piastrelle e lastre prodotti al mondo sono decorati con questa tecnologia, e si stanno realizzando le prime linee di produzione davvero full digital. Il settore ceramico industriale, la cui produzione è destinata all’arredamento, all’interior design e all’edilizia, ha alte barriere all’ingresso:
[Ph. Roland DG] Effetto 3D realizzato da Gemanco Design con inchiostri UV.
richiede competenze tecniche specifiche e investimenti importanti, sia nella produzione che nella decorazione. Basti pensare che gli inchiostri ceramici che vengono usati hanno bisogno di un passaggio in forno a circa 1.000°C. I prodotti di questo processo beneficiano di tutte le peculiarità del digitale, come la personalizzazione, ma per ammortizzare i costi di una linea di produzione industriale sono necessari quantitativi minimi di alcune migliaia di metri quadri. Esistono almeno altri due mercati legati alla ceramica, decisamente inferiori come numeri, ma interessanti per le loro potenzialità creative: quello commerciale e promozionale, e quello della prototipazione per l’industria. In questi casi non vengono usati inchiostri inorganici che necessitano di cotture ad alte temperature, ma semplici inchiostri UV e UV LED, gli stessi impiegati nel settore delle arti grafiche e della visual communication. Le resistenze dei prodotti decorati, pur protetti con vernici speciali, non saranno paragonabili a quelle degli inchiostri ceramici, ma sono la soluzione ideale per chi ha bisogno di ceramica per allestimenti, fiere, gadget, o anche di prototipi per future realizzazioni industriali. E non c’è bisogno di quantitativi minimi: si può decorare anche una sola formella.
Nel settore ceramico non si parla di “stampa”, ma di “decorazione”.
Pressione e aria
Le materie prime che compongono il corpo ceramico vengono scelte, pesate, mescolate e macinate a secco o a umido. Le sospensioni dalla granulometria omogenea si essiccano in atomizzatori per ottenere polveri oppure grani dalla forma e dalla dimensione controllate. Siamo al momento della formatura: il “soffice” – composto da polveri o grani – viene pressato così che assuma la forma, la misura e lo spessore desiderati, cercando di ridurre la possibilità che si creino microfratture e difformità di densità. Se lo stampo è lavorato, la superficie della piastrella o della lastra avrà una “struttura”, ovvero una texture tridimensionale. Dalla pressa escono prodotti ancora umidi: possono essere rettificati oppure tagliati in formati minori (il taglio può avvenire anche dopo la cottura), e poi asciugati gradualmente in essiccatoi, per evitare che si formino crepe. L’essiccazione può richiedere diverse ore. [Ph. Laminam] Struttura 3D e decorazione realizzata con inchiostri inorganici. La collezione In-Side, sviluppata a partire da materiali italiani come la pietra piasentina o la pietra del cardoso, ha un bodycolour con granulometrie evidenti.
I componenti principali della ceramica sono silicati, ovvero argille, un materiale facilmente modellabile grazie all’acqua che contiene; quarzi, che mantengono la forma in cottura; feldspati, che favoriscono la fusione delle argille e quindi servono a ridurre la temperatura dei forni.
Terra e acqua
Alla base della ceramica ci sono terra e acqua, elementi opposti e complementari. Quantità e tipo di materie prime determinano il colore del corpo ceramico, che generalmente va dal rosso-bruno, come le terrecotte, al bianco, come le porcellane. Ma si possono avere bodycolour anche molto ricchi, sviluppati a partire da ricette della tradizione, così da avere una continuità tra superficie e bordo. Questo aspetto è sempre più importante nell’interior decoration, che utilizza grandi lastre di ceramica non solo per i pavimenti, ma anche come countertop per cucine e rivestimenti di pareti, interne ed esterne. Dal dosaggio dei componenti dipendono anche le caratteristiche fisiche e le resistenze del prodotto finito. Per esempio, le ceramiche a pasta compatta come i gres e le porcellane sono poco porose e impermeabili ai gas e ai liquidi, e non si lasciano scalfire nemmeno dall’acciaio. Le ceramiche a pasta porosa come le terraglie, le maioliche e le terrecotte, invece, hanno una pasta tenera e assorbente e sono facilmente scalfibili.
Ancora terra e acqua
A questo punto la piastrella o la lastra è pronta per essere ricoperta con sostanze a base minerale che hanno una funzionalità sia decorativa che protettiva, come gli ingobbi e gli smalti. I primi solitamente sono meno fondenti e meno vetrificanti rispetto ai secondi, hanno una base più terrosa e meno vetrosa, e quindi danno origine a una superficie opaca e ruvida. Gli smalti tolgono la permeabilità alle paste tenere, danno levigatezza a quelle dure, nascondono corpi ceramici colorati; possono essere trasparenti o pigmentati, e in ogni caso devono ricoprire la base in modo coprente e omogeneo. In ambito industriale li si può applicare versandoli sulla ceramica, spruzzandoli con un aerografo o – grazie alla tecnologia recente – eiettandoli con teste di stampa inkjet studiate per scaricare grandi quantità di materiale. Esiste anche la smaltatura a secco: vengono applicate sulla superficie della piastrella smaltata a umido polveri, “fritte” sminuzzate (materiali vetrosi) e smalti in grani o “vetrine”. Dopo la cottura, le particelle di smalto fondono l’una nell’altra e danno origine a una superficie simile al granito, e possono essere levigate. La piastrella può essere anche decorata in modo analogico o digitale con inchiostri a pigmento ceramico. Nel primo caso viene usata la tecnica serigrafica o quella a rullo, nel secondo caso viene usata una stampante inkjet single pass. Le stampanti digitali più moderne presentano diverse barre colore, che superano la quadricromia tradizionale, ampliando il gamut soprattutto sui toni del verde, che fino a qualche anno fa erano difficili da realizzare. In digitale si possono realizzare anche decorazioni tridimensionali, con speciali colle o “riservanti” applicati selettivamente.
[Ph. Laminam] La finitura Verderame della collezione Ossido di Laminam.
Gli inchiostri ceramici sono diversi da quelli UV, UV LED o a solvente. I pigmenti sono più grandi e pesanti, e hanno bisogno di una gestione particolare, anche in macchina.
Sostanze che impediscono all’ingobbio di attaccare sulla superficie ceramica, e quindi creano una struttura superficiale.
Fuoco
Il processo di cottura è una delle fasi più delicate di tutta la lavorazione: si rischia la rottura di interi lotti di produzione. Ogni azienda ceramica custodisce i propri segreti di gestione del forno. Dopo la smaltatura e la decorazione, la ceramica viene portata a oltre 1.000°C perché si indurisca e assuma la porosità e le resistenze desiderate. Più alte sono le temperature di cottura e più impermeabile sarà la superficie. Prodotti complessi che prevedono l’applicazione di lustri, oro o platino possono subire anche due o tre cicli di cottura a diverse temperature.
La ceramica è un materiale naturalmente antibatterico (oltre al 90%). Le sue proprietà possono essere potenziate applicando alla superficie trattamenti all’argento. Lo stesso può avvenire impiegando il biossido di titanio, che aiuta a disgregare lo smog reagendo con i raggi solari: un’applicazione molto utile per lastre usate all’esterno, che in questo modo mantengono più a lungo il proprio colore originale.
Il lustro è una tecnica decorativa che permette di ottenere il color oro o rubino con sfumature cangianti o iridescenti. La cottura che prevede l’applicazione di questi materiali nobilitanti si chiama “terzo fuoco”. [Ph. Iris Ceramica Group] Cyberwall è il muro realizzato con superfici ceramiche Active Surfaces che abbatte lo smog e riduce la diffusione di virus e batteri. È stato presentato da Iris Ceramica Group al Padiglione Italia della Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia.
Apparenza visiva piatta (flat appearance) Apparenza visiva 3D (3D appearance) Mappa di profondità 3D (3D depth map) Mappa di lucentezza (glossiness map)
Luce, materia, tecnologia
Una delle tendenze dell’interior design nel settore ceramico deriva dall’osservazione della natura: pietre, marmi, legni sono alla base di molti pattern sia per le piastrelle di medie e grandi dimensioni, sia nelle grandi lastre. La riproduzione fedele della natura, non solo fotografica ma anche della struttura tridimensionale della superficie, è quindi cruciale. La tecnologia photometric stereo, in computer vision, non cattura solo il colore o la tridimensionalità apparente data dalle ombre, ma stima le altezze della superficie, punto per punto, osservandole in diverse condizioni di illuminazione. Un procedimento per mappare la superficie 3D comunque valido, ma più lento, impiega sensori laser o cofocali. A partire dai file colori e 3D si possono sviluppare quindi le strutture per le piastrelle e le lastre ceramiche, prevedendo una decorazione cromatica a registro. In questo modo le riproduzioni saranno indistinguibili dagli originali. Anzi, migliori: perché con i software di grafica si possono correggere le imperfezioni (crepe, discromie), e anche prevedere la continuità decorativa tra una lastra e l’altra, tra una piastrella e l’altra. Uno degli usi più interessanti della tecnologia di stampa inkjet UV è proprio nel settore della prototipazione ceramica, usando come base di stampa piastrelle dalla superficie porosa per migliorare l’adesione senza usare pretrattamenti. Grazie alla possibilità di creare spessori con l’opzione varnish si possono realizzare prototipi di piastrelle perfettamente simili a quelli che saranno gli originali, anche con un touch & feel assolutamente analogo all’originale. La stampa UV e UV LED, che utilizza inchiostri organici, e quindi che non hanno bisogno di cottura in forni ad altissime temperature, può essere usata per progetti di comunicazione e promozionali a costi contenuti, senza limiti minimi di produzione e con personalizzazione assoluta. Piastrelle per pareti, ma anche per bagni o cucine usate in fiere ed esposizioni, o gadget in ceramica: la tecnologia inkjet UV e UV LED offre la massima libertà espressiva dal punto di vista del design e la possibilità di lavorare anche con strutture tridimensionali grazie a vernici trasparenti lucide o opache. Nel caso in cui servano resistenze maggiori si possono proteggere le stampe con post-trattamenti specifici che potenziano la resistenza allo sfregamento e all’usura, anche se ovviamente queste resistenze non sono paragonabili a quelle degli inchiostri inorganici, che si fondono, letteralmente, con la superficie ceramica. [Ph. Metis Systems] Riproduzioni di una stessa pietra naturale realizzate con tecnologia Metis Systems, poi riprodotta in ambito ceramico. La mappa di profondità 3D è il risultato del calcolo dei dati tridimensionali operato con tecnica photometric stereo.
[Ph. Gemanco Design] Piastrelle ceramiche decorate con tecnologia e inchiostri UV LED.
Grazie a:
Nicola Rubino, Gemanco Design Antonio Caselli, Greslab Francesca Cuoghi, Iris Ceramica Group Claudio Corniola, Laminam Guido Cardelli, Metis Systems Giovanni Re, Roland DG Luca Bellotto e Stefano Costacurta, Symera Andrea Annovi, System Ceramics
SLOTEX DICE SÌ ALLA DECORAZIONE DIGITALE
Per far fronte a progetti complessi e ad alto tasso di personalizzazione, l’azienda russa ha scelto di affidarsi ad Agfa InterioJet
SSlotex è un’azienda russa specializzata nella realizzazione di laminati, componenti per mobili e materiali per la finitura. Il suo portfolio include un’ampia gamma di soluzioni decorative all’avanguardia: dalle carte stampate alle carte impregnate all’HPL, fino ai pannelli destinati alla decorazione d’interni, al trasporto pubblico, all’automotive e al contract. Investimenti in tecnologia, completezza dell’offerta, qualità del servizio orientato a soddisfare le richieste specifiche di ciascun cliente e partnership mirate sono, da oltre trent’anni, gli ingredienti alla base del suo successo. Oggi Slotex è una realtà consolidata e in costante espansione, con oltre 450 dipendenti e un reparto produttivo che occupa oltre 20.000 m². Produce circa 6,5 milioni di metri di superfici decorate all’anno e ha un proprio studio di design. In aggiunta a ciò, è un membro attivo dell’associazione europea ICDLI (International Committee of the Decorative Laminates Industry). Per consolidare la propria presenza sul mercato, Slotex ha scelto di investire tutte le sue energie nella relazione con il cliente, cercando di restituire il massimo in termini di qualità, efficienza e economicità. Per farlo, si è dotata di un esteso parco macchine che, da poco tempo, include anche un’innovativa soluzione digitale. Uno degli investimenti più recenti è infatti quello che ha portato a scegliere Agfa InterioJet.
«La nostra azienda produce componenti per mobili da più di vent’anni. Nel 2003, siamo stati i primi in Russia a produrre plastica decorativa sottile. Nel 2017 siamo entrati nel mercato della carta decorativa. A voler delineare una sequenza, l’introduzione della stampa digitale è stata una naturale evoluzione nel nostro percorso tecnologico» spiega Vadim Osipov, CEO di Slotex. «La scelta di introdurre una soluzione di stampa digitale risale alla fine del 2019, ma a causa della pandemia abbiamo portato a termine l’installazione solo da pochi mesi». Nel corso del 2020, la macchina è stata utilizzata all’interno del quartier generale di Agfa, in Belgio, dove gli specialisti si sono fatti carico delle commesse di Slotex, in attesa di poter portare a termine l’installazione, che è avvenuta a marzo 2021. «Abbiamo potuto contare sull’assistenza in loco e online del team Agfa e della sua squadra di tecnici locali» prosegue Osipov. «Una volta installata InterioJet, abbiamo immediatamente dato il via alla produzione 24/7. Sin da subito la macchina ha dato prova di essere estremamente affidabile. Il periodo di test nel quartier generale di Agfa è servito a perfezionare i nostri progetti, adattando i
file grafici ai parametri richiesti per stampare in digitale». Slotex si definisce un’azienda customer-oriented, sempre attenta a soddisfare i clienti, realizzando prodotti unici, tarati sulle loro specifiche esigenze. Agfa InterioJet si è dimostrata perfettamente in grado di rispondere a questa esigenza di customizzazione, perché ha permesso di stampare piccole tirature con un elevato grado di personalizzazione, con grafiche originali realizzate dal team di designer interno a Slotex. «In passato, utilizzando esclusivamente processi di stampa a rotocalco, avevamo bisogno di stampare un minimo di tre tonnellate di carta per rientrare nei costi di esercizio. Questo ci obbligava a conservare alcuni design in magazzino per molti mesi o addirittura per anni» racconta Osipov. «La InterioJet ci ha permesso di diversificare la nostra offerta e rispondere in maniera puntuale alle richieste dei clienti, anche quelle più complesse». L’esperienza di Slotex dimostra come anche l’industria della decorazione vada sempre più verso l’ibridazione dei processi di stampa. La sfida per il futuro sarà quella di elaborare progetti compatibili sia con le tecnologie analogiche che con il digitale, affinché anche le piccole campionature possano trasformarsi all’occorrenza in una produzione industriale. «Grazie alla stampa digitale siamo in grado di far fronte alle nuove sfide che il mercato dell’arredamento e della decorazione impone: velocità, flessibilità e un altissimo grado di personalizzazione» conclude Osipov. «Inoltre rappresenta un incentivo alla creatività per il nostro team di designer professionisti che ha la possibilità di sbizzarrirsi dal punto di vista estetico. InteriorJet si presta perfettamente alla realizzazione di progetti complessi, in cui il creativo può esprimere tutto il suo potenziale».
INTERIOJET, PERSONALIZZAZIONE ESTREMA PER LA DECORAZIONE D’INTERNI
Agfa InterioJet è stata lanciata sul mercato a novembre 2020 con l’obiettivo di accelerare la trasformazione digitale nel mercato delle superfici laminate. Una soluzione inkjet in grado di stampare, contemporaneamente, su due bobine di carta decorativa, ciascuna con una larghezza massima di 155 cm e un peso fino a 600 kg, raggiungendo una velocità fino a 340 m² all’ora. InterioJet utilizza inchiostri a base d’acqua proprietari. Grazie al sottile strato essiccato, queste chimiche possono essere utilizzate per stampare eccezionali motivi di legno e pietra naturale (come il marmo) senza rilievo superficiale. La tecnologia “Thin Ink Layer” assicura un basso consumo di inchiostro, riducendo i costi di produzione e l’ingombro. Il sistema può inoltre essere integrato con vari processi di laminazione e impregnazione. Come tutte le stampanti inkjet di grande formato di Agfa, InterioJet è basata sul software Asanti di Agfa dedicato alla gestione del flusso di lavoro, che incrementa le prestazioni del sistema controllando, semplificando e automatizzando l’intero processo di stampa, dalla prestampa alla finitura. L’integrazione completa di Asanti per quanto concerne la gestione dei file, la gestione del colore e la verifica preliminare assicura lavori omogenei e privi di errori.
di CATERINA PUCCI
L’arte di stamparein verticale
Evocare il gesto primordiale del disegno attraverso una tecnologia che decora pareti e vetrate come fossero tele: è l’idea di Scribit.
Chi di noi, da bambino, non ha mai disegnato su un muro? Dare sfogo alla nostra creatività su quelle immense superfici che erano le pareti di casa, incuranti delle sgridate dei genitori. Da qualche anno esiste una tecnologia innovativa che recupera quel naturale istinto a “disegnare in verticale”, capace di trasformare muri e vetrate in opere d’arte. Si tratta di Scribit, una tecnologia messa a punto dallo studio di progettazione Carlo Ratti Associati e lanciata su Kickstarter dove, nel giro di pochi giorni, ha fatto il tutto esaurito. Abbiamo chiesto a Andrea Baldereschi, Chief Marketing Officer di Scribit di raccontarci le potenzialità di questa tecnologia, che offre infinite opportunità di applicazione ai creativi e può diventare uno strumento utile per decorare velocemente gli interni di negozi, uffici e ristoranti.
Come nasce il progetto?
L’idea di Scribit è nata dalle ricerche di Carlo Ratti, direttore del MIT Senseable City Lab, e dello studio CRA - Carlo Ratti Associati. È il risultato di una lunga serie di prototipi precedenti sviluppati nello studio di CRA, tra cui l’installazione OSARCH, Open Source Architecture alla Istanbul Design Biennale 2011, la facciata del Future Food District al World Expo 2015 di Milano (selezionato dal Guinness World Records come la più grande immagine mai stampata) e, più recentemente, UFO-Urban Flying Opera, un progetto in cui una flotta di droni vernicianti viene sfruttata per disegnare un’immagine di provenienza collettiva. Tutti questi progetti possono essere visti come interpretazioni dell’idea di “bit tangibili” sviluppata dal professor Hiroshi Ishii del MIT: riunisco-
no il meglio sia del mondo digitale che fisico. L’obiettivo di Scribit è di reinventare il modo in cui le persone accedono all’arte e ai contenuti visivi in un mondo sempre più digitalizzato. Oggi siamo totalmente sommersi dalle informazioni e trascorriamo il tempo davanti a una forma o all’altra dello schermo digitale: TV, computer desktop, laptop, tablet o telefono. Scribit offre un’alternativa: un sistema robotico che disegna su qualsiasi tipo di superficie verticale, rievocando il gesto primordiale del disegno, evidente già dai primi graffiti nelle caverne.
Come funziona la tecnologia Scribit?
Scribit è un dispositivo di forma circolare, di circa 20 cm di diametro e 9,5 cm di altezza, e lavora su un piano a due assi, muovendo su e giù su due piccoli fili che pendono da una parete verticale. Può posizionarsi in qualsiasi momento con grande precisione e utilizza da uno a quattro pennarelli per riprodurre i contenuti. Attualmente Scribit utilizza comuni pennarelli simili ad altri in commercio, ma stiamo lavorando per renderla più sostenibile e ridurre l’impatto ambientale. Insieme allo studio di design CRA, abbiamo sviluppato Scribit Pen, un prototipo per nuovi pennarelli compostabili; i pennini e le cartucce sono in bioplastiche e fibre naturali, l’inchiostro è atossico. Inoltre, il fusto della penna, disponibile in legno, bioplastica e alluminio anodizzato, permette di sostituire solo le componenti interne e quindi di essere riutilizzato portando anche nel mondo del pennarello il concetto innovativo della cartuccia sostituibile in un’ottica di riduzione materica della parte consumabile. Vogliamo cambiare il paradigma take-make-waste, in
favore di un approccio circolare, non solo per Scribit, ma per l’intera industria del pennarello.
Una delle potenzialità di Scribit è quella di non porre limiti alla creatività.
Da un punto di vista dimensionale, le superfici che Scribit può coprire sono relativamente ampie, arriviamo a un’ampiezza di circa 3 m. Parlando di materiali, è in grado di decorare muri, vetrate, whiteboard e superfici lavabili. Inoltre, grazie a una speciale tecnologia brevettata, Scribit è in grado di disegnare, cancellare e ridisegnare in sicurezza nuovi contenuti un numero infinito di volte, consentendo di stampare un’immagine diversa sulla tua parete ogni giorno o anche ogni pochi minuti.
Scribit può muoversi su ogni tipo di superficie verticale, dalle lavagne al vetro, all’intonaco. Così, qualsiasi piano verticale può essere trasformato in uno schermo: un muro meraviglioso in cui vengono proiettate immagini, messaggi o feed.
Per chi è pensata questa tecnologia?
Scribit è sempre connesso al Web e consente di scaricare, caricare o reperire qualsiasi contenuto da Internet. Un ristorante può pubblicare il menù del giorno sul muro, una società finanziaria può pubblicare gli aggiornamenti del mercato azionario nella sua hall, e chiunque ami l’arte può proiettare un Van Gogh - o i propri disegni - sul muro della camera da letto. Il software interattivo del robot fornisce un accesso diretto all’ecosistema creativo di Scribit. Una volta che l’utente invia le proprie informazioni digitali al dispositivo o seleziona un’immagine dalla galleria, il plotter inizia a riprodurla.
Un bel progetto che avete realizzato di recente?
A partire da luglio 2019 Scribit ha lanciato Scribit Originals, una serie che vuole richiamare l’attenzione delle persone su temi universali come sostenibilità, diversità, spiritualità e uguaglianza attraverso l’arte. La serie ha coinvolto diversi intellettuali, scienziati, artisti e attivisti che hanno potuto diffondere le loro idee attraverso contenuti originali, disponibili per tutti gli utenti di Scribit e trasmessi in streaming sulla propria parete tramite l’app.
Simone Azzoni
È critico d’arte e docente di Storia dell’arte contemporanea allo IUSVE. Insegna Lettura critica dell’immagine all’Istituto di Design Palladio di Verona. Ha curato numerose mostre di arte contemporanea in luoghi non convenzionali. È co-direttore artistico del festival della Fotografia Grenze. È critico teatrale per riviste e quotidiani nazionali. Organizza rassegne teatrali di ricerca e sperimentazione. Tra le pubblicazioni recenti Frame - Videoarte e dintorni per Libreria Universitaria, Lo Sguardo della Gallina per Lazy Dog Edizioni e, per Mimemsis, Smagliature (2018). Teatro e fotografia. Conversazione con Enrico Fedrigoli è il suo ultimo libro.
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Per Enrico Fedrigoli il banco ottico è l’estensione del proprio pensiero, una protesi che misura il mondo e inscatola corpi in scena, fiori e ritratti. Il banco ottico 10x12 significa lentezza, riflessione e grande risoluzione dell’immagine, significa architettura di scena, architettura del corpo, pensiero sull’invisibile e sulla dinamica. Ma 10x12 significa anche pesantezza, fatica e l’uso di un dispositivo che funziona scollegato dalla visione ottica diretta ma coinvolge la costruzione mentale e la progettazione.
Banco ottico e teatro: un binomio impossibile. La scena è buia, la platea pure.
In teatro non sei uno spettatore e non siedi al suo posto. L’attrice Ermanna Montanari dice che “Enrico vede ciò che non vede lo spettatore”: cosa intende?
Parliamo del rapporto tra fotografo e attore. Con le tue foto abbellisci o togli la maschera all’attore?
Rispetto a una natura morta, o a un oggetto in relazione ad altri oggetti, cos’è per te il corpo in scena? “Il banco ottico è lo strumento meno idoneo: è pesante, non si fotografa con il banco ottico in teatro, c’è poca luminosità. Ho dovuto pensare a come inquadrare e gestire la scena. Sono partito dalle architetture metalliche dalla compagnia teatrale dei Masque. Ho seguito il montaggio del lavoro traducendo con il banco ottico la loro architettura scenica.
Il buio in sala non è veramente buio, le cose ci sono ed esistono, si vedono. Io le posso esagerare con il tempo dell’otturatore, che è mio alleato. Si deve ragionare come la pellicola, e questo è tanto più evidente quando si fotografa, per esempio, un tulle. L’esposizione con pellicola da 400 ASA dà 40 secondi, ma in realtà a me occorrono 40 minuti. Mi interessa l’invisibile perché, meccanicamente, succede e l’occhio non lo vede. Il mio punto di vista in platea? Qualche volta succede che io fotografi all’altezza di visione dello spettatore, ma solo per un’esigenza di verticalità che mi chiede la scena. Mi interessa andare oltre la visione diretta e capire cosa accade graficamente nel campo che inquadro. Cerco di cogliere nello spazio ciò che mi dà l’idea del movimento. Nelle mie fotografie si recupera soprattutto l’architettura delle scenografie. Si riesce a leggere il luogo. La fotografia lascia traccia di una mia visione e quella traccia può raccontare qualcosa oltre lo spettacolo stesso. Il mio lavoro è costruire e restituire ciò che succede tra un’azione e l’altra: dare spazio all’invisibile, o mostrare cosa succede realmente quando un attore compie un gesto. Mostrare allo spettatore ciò che sfugge all’occhio umano.
L’attore rimane veramente se stesso. Nudo. Non so se tolgo o abbellisco. Di sicuro inquieto. Il volto per me è un’architettura costruita su equilibri e rapporti tra le parti. Mi interessa la materia di un volto, la sua sensibilità epidermica. Dalla pelle si sente tutto di una persona, la sua stanchezza, la sua vitalità.
Un oggetto muscoloso. Se dovessi preoccuparmi di ciò che è o non è, tralascerei l’estetica. Per me il corpo è pensabile come piacere visivo. Per questo il teatro è importante, perché mi ha dato modo di “rapire” i personaggi e portarli in studio per fare con loro altri percorsi creativi. Quando lavoro non ho sentimento. Il sentimento va nella pellicola, non devo pensare, ma solo fare in modo che tutto funzioni. Se non funziona la luce, per esempio, si sballa l’immagine. Un corpo, che sia in scena oppure no, è sempre nudo, spogliato dalle congetture e dai pregiudizi del soggetto nei confronti della fotografia e della propria immagine. Quando fotografo una persona devo convincerla a sentirsi spogliata. Tutti coloro che si fanno fotografare da me si mettono a nudo e poi scoprono qualcosa che prima non conoscevano. È una condizione psichica. Il corpo lascia lì la sua maschera e si sente nudo e questo sentire arriva a chi guarda le mie foto.
Ritratto di Sara Masotti
Ritratto di Gianluca Sermattei
Spesso gli sfondi delle tue foto sono neri…
A proposito di composizione: come costruisci l’immagine dentro l’inquadratura? Il volume esce dal nero e rimane nell’invisibile perché lo spettatore lo possa immaginare. Non tutti i neri sono uguali: ci sono neri che avvolgono, che appiattiscono, che fanno sprofondare il soggetto. È il nero che determina il tutto. Il nero varia per un’azione fisica. Io maschero solo con le mani. Se pensi che il soggetto abbia solo un piano bidimensionale, hai sbagliato tutto. Con le mani si deve scolpire per emersione, “tirando fuori” la figura dal basso. E poi si deve scavare dentro, partendo dai bordi: è un’azione plastica, anche se sembra un paradosso. La scelta del bianco e nero nasce dal fatto che ho iniziato fin da subito a stampare in camera oscura. E poi mi piace toccare. Comporre.
Ciò che inquadro stampo: penso già ai tagli mentre inquadro. Occorre perfezione ma anche forza fisica per usare il banco ottico. Il mio passato da carpentiere mi ha forgiato la schiena: girare con 25 chili sulla schiena non è facile (ride). È il mio strumento che determina le linee architettoniche e mi dà la certezza di quello che vedo. Ho un mezzo che è talmente pesante che devo ragionare per forza in termini pittorici. Là dentro, nel banco ottico, si vede solo qualche bagliore, per questo devi costruirti l’immagine dentro, ed è quello che faccio io: tutto è già pensato in base al formato che voglio utilizzare. Tutto, anche l’architettura del corpo, dipende dalla sezione aurea. Anche la schiena di un attore in scena deve trovarsi in diagonale come una forza che attraversa il campo. Prima scelgo il luogo, e a partire da quello costruisco l’inquadratura. Se si sbaglia il punto di ripresa si sbaglia tutto. Il cervello deve visualizzare un rettangolo divisibile in quadrati di un centimetro. Questo perché a volte, come in teatro, non si vede nulla.
Motus – Twin Rooms
Enrico Fedrigoli
È tra i pochi in Italia a usare il banco ottico, un Linhof 10x12. Enrico Fedrigoli viene dalla carpenteria e arriva alla fotografia di teatro passando da quella di architettura. Del rigore geometrico di strade ed edifici ha mantenuto l’ordine e la precisione, la struttura e la classicità con cui presiede tutto il processo fotografico: dallo scatto alla stampa. E quando non è fuori a scattare vive in camera oscura, un luogo segreto in cui le immagini acquistano la loro dimensione fisica su carta baritata di altissima qualità.
Quanto costruisci sul campo e quanto completi in camera oscura?
Che differenza senti tra un lavoro su commissione e un lavoro che invece scegli tu? Quanti lavori accetti su commissione e quali invece ti riservi per un piacere personale?
Su cosa stai lavorando ora?
Cosa ferma il tuo sguardo sulle immagini che vedi oggi?
Esiste una fotografia contemporanea? Nella costruzione devo dosare le componenti adeguate per costruire l’immagine. Poi in camera oscura posso ulteriormente cambiare e aggiungere ciò che avevo in mente al momento dello scatto. La fase di stampa è quella che materializza il prodotto, perché sono convinto che solo quando si tocca l’immagine si ha la sensazione di ciò che si è fatto. Prima è solo teoria. L’emozione più forte, però, è quando si sviluppa la lastra. Fino a quel momento è sospensione del respiro.
I lavori su commissione non sono molti, perché non potrei lavorare con molte compagnie. Il lavoro, l’impegno è il medesimo sia su progetti che scelgo sia su quelli che mi vengono affidati. I percorsi che decido io hanno però un volume di immagini maggiore. Quelli su commissione hanno una fine e un inizio. Un mio progetto personale invece inizia e poi non so quando si chiuderà il cerchio: anche dopo pochi giorni o appena prima che venga terminato. Mentre nel lavoro su commissione devo intuire chi ho di fronte e dopo qualche giorno che opero sullo spettacolo chiudo e procedo per realizzare le immagini.
Sono reduce da una mostra antologica a Palazzo Miniscalchi Erizzo a Verona. Ma devo dire che è difficile essere riconosciuto nella mia terra: a Oldenburg, in Germania, per esempio sto realizzando una mostra di architettura molto importante.
Oggi c’è troppa quantità. Troppe immagini, troppe scattate con i telefonini, troppe da persone che non hanno imparato il solfeggio prima di suonare. Quando i giovani vengono a chiedermi di imparare mi interessa sapere se hanno voglia di fare e vederli lavorare sul campo. Mi possono anche mostrare duecento bellissime immagini fatte col telefonino, e quindi? Ce ne sono altre duecentomila. La differenza non sta lì.
Penso che la fotografia sia affettare momenti di realtà e lasciarli lì. Mi piace l’idea di cogliere delle fette di vita, che impressiono. La fotografia è una pellicola trasparente che c’è solo in quel presente lì, in quell’attimo lì. Non c’è né prima né dopo. La fotografia affetta situazioni. Per me un lavoro non è mai finito.