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Quale Partito Democratico nel XXI secolo?
Aria, idee e leadership nuove. Con il civismo, per la rinascita della Democrazia Italiana. (parte 4 di40)
“I liberaldemocratici si sono dimostrati più abili nel puntare il dito contro gli altri che a riflettere su sé stessi. Essi dedicano più tempo a spiegare la nascita del populismo che a illuminare la caduta del liberalismo. Rifiutano di guardarsi nello specchio e riconoscere le loro insufficienze, che hanno portato alla marea populista in tutto il continente” Jan Zielonka, CONTRORIVOLUZIONE. La sfida all’Europa liberale
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Valori, temi e dilemmi per la Sinistra contemporanea Il vuoto di elaborazione culturale, il comprensibile disorientamento che ha colpito molti militanti, l’incertezza che è subentrata nella (residua) nomenclatura ‘orfana’ hanno costituito la condizione ideale perché il Partito Democratico — nel lungo percorso che l’ha caratterizzato dalla sconfitta elettorale alle Primarie del 3 marzo — diventasse il ‘campo di Agramante’ in cui si sono confusamente incrociati aspiranti leader, una molteplicità di mentori, padri putativi ed ispiratori, ovvero consulenti e suggeritori variamente impegnati ad indicare strategie per ‘riportare sulla strada maestra le pecorelle smarrite’. Giudicati ex post, più che considerare le diverse prese di posizione ed i dibattiti atti generosi dettati dalla volontà di ridare una guida ed uno slancio rigeneratori ad un Partito zoppo, essi appaiono la dimostrazione della scarsa consapevolezza del reale stato di salute dell’Organizzazione politica. L’autocandidatura di Nicola Zingaretti (risultato alla fine vincente) congressuale) e l’intervento Valter Veltroni su Repubblica per caldeggiarne tempestivamente la corsa congressuale, hanno rappresentano le due manifestazioni paradigmatiche del velleitarismo e della superficialità (che ancora aleggia tra molti esponenti dell’apparato schieratosi con il nuovo Segretario nazionale).
Entrambi infatti, con accenti ed argomentazioni convergenti, hanno inteso ‘sconfessare’ la discontinuità gestionale operata da Matteo Renzi, non volendo comprendere (ed accettare) che essa non ha rappresentato una deviazione dal corso della Storia, bensì un acerbo e contradditorio tentativo di innovazione — sul solco di una necessaria scelta liberaldemocratica — che ora andrebbe corretta, aggiornata ed implementata, non certo interrotta per un ritorno romantico alle antiche e disseccate fonti di una sinistra novecentesca in crisi identitaria e di legittimazione.
A tal proposito suggeriamo alla vasta platea di ‘cultori dell’identità’ che si interrogano sui temi e dilemmi della sinistra contemporanea, una riflessione nella quale se ne opera un ‘ripasso’14
Relativamente poi all’articolo di Veltroni15 ci limitiamo a rimarcare una certa sorpresa di fronte ad un testo che tradisce una comprensibile amarezza, ma anche tanta confusione che — in questa fase cruciale di ‘attraversata nel deserto’ — rischia di confondere ancor di più la carovana.
Per un commento meditato ed argomentato con la lucidità e la schiettezza di chi ha condiviso le giornate migliori di Valter, ci affidiamo a Vittorino Ferla, Direttore di Libertà eguale16, che esprime — anche lui — sconcerto per l’intervento di Veltroni su Repubblica “Soprattutto se si pensa che siamo di fronte all’autore assai stimato e amato del discorso del Lingotto, quel discorso che avrebbe dovuto chiudere definitivamente i ponti con la vecchia sinistra novecentesca portando a compimento un percorso di emancipazione dalle scorie
14 Aria e idee nuove nel PD https://bit.ly/32RLl41 15 Non chiamiamoli populisti: contro questa destra estrema è l'ora di una nuova sinistra https://bit.ly/31l25Au 16 Veltroni, i grillini e la rimozione del populismo https://bit.ly/3lyAcvA 26