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Vivere il tempo dell’autenticità
ideologiche del passato e di apertura ai democratici tutti, indipendentemente dalle origini culturali di ciascuno”.
Il giudizio che vi viene espresso è particolarmente duro per l’uso della ‘retorica dei sentimenti’: “Nella prima parte, l’articolo è una confusa miscela di buoni sentimenti, di citazioni scoordinate e poco pertinenti, di concetti troppo generici per essere utili. Una retorica che non offre strumenti per affrontare la concretezza delle sfide che ci attendono. Anche il tremendo richiamo a Weimar — che pure ha qualche fondamento in questo passaggio storico — avrebbe dovuto essere sviluppato meglio con una riflessione sul deficitario funzionamento delle istituzioni repubblicane e sull’incapacità tutta italiana di avere finalmente una democrazia compiuta e decidente” .
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Aria, idee e leadership nuove. Con il civismo, per la rinascita della Democrazia Italiana. (parte 5di40)
Usando parole precise Nel clima caliginoso che si è determinato nel quadro politico italiano, l’effetto più ‘intossicante’ lo si riscontra nel linguaggio diventato aggressivo, reso polemico ed urticante dalla permanente propaganda, accompagnato ed a supporto della diffusione sistematica di notizie, dati ed annunci finalizzati ad intorbidare le acque del confronto, a dilatare la consistenza di promesse ed impegni… Ed i democratici?
Debbono uscire dalla nebbiolina della rissa e della contrapposizione sterile, dal groviglio di argomenti ed argomentazioni carichi di strumentalità.
Come?
Adottando e facendo proprio un principio-caposaldo della correttezza politica: quello della precisione delle parole che si dicono e che si scrivono.
Su di esso Gianrico Carofiglio (Con parole precise. Breviario di scrittura civile) ha scritto un testo che ha la valenza di un manifesto politico perché vi illustra una tesi sostenuta con nitidezza e fermezza: “Non è possibile pensare con chiarezza se non si è capaci di parlare e scrivere con chiarezza (parole del filosofo John Searle, teorico del rapporto fra linguaggio e realtà istituzionali); tale convinzione non può non influenzare in modo marcato il progetto dei costruttori sociali convinti che ‘dire qualcosa’ comporti un impegno di verità e di correttezza nei confronti dei destinatari”. In questa stagione è assordante il rumore delle denunce sul tradimento delle élite, sull’allontanamento degli elettori (in particolare dal PD), sul peso dell’analfabetismo funzionale, ovvero la diffusa incomprensione dei messaggi e dei programmi politici.
È proprio per questo che diventano qualificanti e legittimanti la chiarezza e la fiducia che possono derivare da un linguaggio condiviso, strumento e veicolo per mettere in sicurezza il primario contratto sociale di una comunità.
E seppur non esplicitamente, il prezioso libro di Carofiglio si rivolge (anche) ad una comunità — quella del PD — la cui crisi è stata provocata dalle incomprensioni interne ed esterne alimentate da parole ed espressioni deboli, cioè incapaci di illustrare il significato ed il valore delle azioni.
L’autore sottolinea come i progressisti italiani non hanno purtroppo la capacità di costruire metafore convincenti e solidamente etiche, come insegnato dalla lezione di George Lakoff, e si sofferma con ironia e durezza sulla debacle dell’esperienza bersaniana delle immagini fiacche “capaci tutt’al più di strappare un sorriso; soprattutto inidonee a entrare in contatto con la dimensione interiore dei loro destinatari” … Le indicazioni metodologiche costituiscono quindi un viatico indispensabile per tutti coloro, dalla leadership nazionale affermatasi nel recente Congresso ai protagonisti della ‘ripartenza’ politica nei territori, che si propongono di lavorare alla rinascita democratica.
Va segnalato che la visione suggerita da Carofiglio non ha un valore meramente letterario, bensì mira ad immettere nell’azione politica dei democratici la correttezza e la concretezza, così come si può evincere dalle Conversazioni su politica e verità, aureo libretto scritto con Jacopo Rosatelli dal titolo che è diventato una metafora di successo: Con i piedi nel fango.
Ed i piedi nel fango delle parole malate li mette Giuseppe Antonelli, noto e brillante linguista che con Volgare eloquenza. Come le parole hanno paralizzato la politica, mette a nudo la degenerazione provocata dal linguaggio e dalla comunicazione che diffondono parole e slogan virali, che fanno il giro della rete propagandando spesso opinioni su fatti mai esistiti.
L’effetto, per molti versi addirittura cercato e rivendicato, è la diffusione di “una veterolingua che invece di mirare al progresso vorrebbe farci regredire, riportandoci agli istinti ed alle pulsioni primarie” cosicché “Dal votami perché parlo meglio (e dunque ne so più) di te si è passati al Votami perché parlo (male) come te”. L’inquinamento linguistico che ne è derivato, implementato da un sistema mediatico diventato una maionese impazzita sotto la spinta del social networking, ha attraversato rapidamente l’ambito della pubblicità per riversarsi nel dibattito politico, alimentando il narcisismo dei destinatari-elettori i quali, lusingati ed avvolti nelle bolle delle Echo Chamber, sono stati portati a riflettersi piuttosto che riflettere.
Il monito di Antonelli è di quelli che la cultura democratica deve prendere immediatamente in considerazione perché è in atto non solo un deteriore involgarimento del linguaggio bensì l’erosione delle fondamenta della convivenza civile, della dialettica democratica, della legittimità istituzionale: insomma uno smottamento (visibile ad occhio nudo) della qualità ed efficacia dell’azione politica e credibilità della democrazia rappresentativa:
“Il meccanismo del ricalco espressivo innesca una continua corsa al ribasso. Un circolo vizioso che toglie al discorso politico qualunque forza propulsiva, qualunque dinamismo. Non una risposta ai bisogni degli italiani, ma pura ecolalia: ripetizione ridondante. Così le parole stanno paralizzando la politica” .
In un articolo particolarmente efficace Stefano Allievi ha affrontato recentemente la questione degli effetti degenerativi del ‘Nuovo linguaggio del potere’17, descrivendoli con precisione ed aderenza all’attualità della comunicazione attuata dagli esponenti del Governo gialloverde.
17 Parole e simboli. La neolingua del potere https://bit.ly/3Dqraqu 28