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Ma perché il PD non è stato (e non è) compreso

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POSTFAZIONE

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- Franco De Benedetti, Il ruolo dell’opposizione. Merito e mercato per combattere il populismo https://bit.ly/3of3AZj ;

- Paolo Mieli, Il futuro del PD. I calcoli fantasiosi a sinistra https://bit.ly/3DiiNgs .

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La carrellata di questi appunti di riflessione critica costituisce solo una prima indicazione della dimensione culturale ed operativa con cui il ‘popolarismo democratico’ del XXI secolo deve misurarsi per avviare un riradicamento nel conflitto sociale e politico-culturale apertosi con clamore e sconcerto nella stagione post-4 marzo 2018 ed impegnarsi nella elaborazione di una progettualità innovativa e partecipata del rinnovamento dello sviluppo del Paese.

Come vedremo nei capitoli successivi, tale ‘avventura’ può essere intrapresa a condizione che il soggetto politico che ne vuole essere protagonista (il nuovo PD?) sia in grado di mettere in campo il più largo coinvolgimento delle competenze sociali-culturali-tecnico-professionali e di operare, sul piano organizzativo, la ristrutturazione digitale-orizzontale della partecipazione e della cittadinanza attiva che archivi le subculture di appartenenza e le vetero-gerarchie novecentesche ripropostesi con il recente Congresso di un Partito Democratico deprivato di una leadership e di un orizzonte strategico all’altezza delle sfide in atto

Aria, idee e leadership nuove. Con il civismo, per la rinascita della Democrazia Italiana. (parte 3di40)

Un punto interrogativo ricorrente nelle valutazioni e nelle recriminazioni seguite al 4 marzo è riferito allo scarto crudele esistente tra le (da più parti riconosciute) buone performance dei Governi dell’ultimo lustro a guida PD e l’insofferenza espressa nell’urna dagli elettori, compresi quelli che avevano beneficiato dei molteplici provvedimenti decisi proprio per affrontare da un lato le questioni del reddito, del disagio e dei diritti sociali e civili, dall’altro per sostenere lo sviluppo e la competitività delle imprese. Qui si suggeriscono due chiavi interpretative:

a) La prima è di carattere politologico ed è una analisi che focalizza ‘Le ragioni della sconfitta ed il percorso della ripartenza’11 b) La seconda attiene ad una disamina impietosa, disincantata ed ironica dello stile della comunicazione che ha caratterizzato il PD in un tempo in cui: “La politica si è trasformata in storytelling: e allora proviamo ad analizzare archetipi e ruoli incarnati dai principali partiti italiani, tra ‘guerrieri’, ‘sovrani’,

‘persone comuni’ & co”. L’autore con tale approccio, Fabrizio Luisi, scrittore di sceneggiature per il web, la televisione e il cinema, è pertanto un (giovane) osservatore con una sensibilità ed una curiosità professionale che gli consente di leggere e comprendere i linguaggi ed i loro effetti nell’ambito di uno scenario politico che, privato del carattere epico delle passioni civili che lo popolavano un tempo, è diventato un luogo in cui i protagonisti competono non con idee e programmi, ma con le emozioni ed i sentimenti che suscitano attraverso le immagini che diffondono e gli slogan che lanciano (Ribelli 5 stelle contro i saggi PD)12

11 Le ragioni della sconfitta https://bit.ly/3Eo4ngo 12 Ribelli 5 stelle contro i saggi PD https://bit.ly/2ZQJivY

Stefano Lazzari, esperto di Media digitali, con il suo commento al saggio di Luisi, aiuta a penetrare ancor più in profondità le nuove dinamiche che connotano il rapporto tra cittadini, leader, partiti:

“La mia valutazione su quanto letto é positiva: la proposta di leggere la dinamica fra partiti e leader come una narrazione risulta molto efficace. Bisogna anche dire che ogni narrazione é efficace all’interno di uno specifico genere, ed é da vedere se il fantasy da cui deriva la visione dell’autore sia quella giusta: un mondo narrativo a tinte vivide che poco lascia alle sfumature.

Sarebbe anche utile sapere se il genere narrativo scelto deriva da una intuizione letteraria funzionale o piuttosto da uno studio scientifico, statistico, che deriva dall’osservazione delle preferenze dei cittadini ad identificare in un Guerriero Salvini piuttosto che Grillo nel Ribelle.

Ma risulta particolarmente efficace, al di là di ogni considerazione, che nell’articolo alle caratteristiche della narrazione segue la descrizione di una contro-narrazione, da utilizzare per neutralizzare o ribaltare la prima.

Tutti i politici che affrontano un dibattito dovrebbero aver ben chiara la tattica della contro-narrazione, utile nel contraddittorio nella dialettica dell’opposizione. Bisogna però dire che la contro narrazione funziona bene solo come arma tattica, difensiva e offensiva, ma quando ci si sposta sulla più ampia scala della strategia, ci vogliono altri calibri.

Per cambiare strategicamente bisogna avere una forza superiore alla narrazione: ci vuole una robusta capacità retorica, nel senso classico e profondo del termine, non nella sua riduzione a ornamento.

Mi sono capitate in mano pochi giorni fa, le Lezioni Americane di Calvino, abusatissime, ma altrettanto efficaci. Leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità e coerenza. Calvino propone queste come i valori letterari da portare nel nuovo millennio.

Se la narrazione si sofferma a sostenere sul campo le azioni dell’opposizione, rimane sottoposta al disegno strategico dell’avversario, che con la retorica del ‘vaffa’ e dell’‘onesta’. Qui è necessario ridefinire l’ambito retorico nel quale far agire le nostre narrazioni.

Che parole vogliamo contrapporre? Forse Calvino ci può aiutare a trovarle. Quali contenuti ci vorranno e soprattutto chi saranno i retori a esporli, sono capitoli ancora da scrivere. In questa riflessione mi ha aiutato un saggio di Rosati L., Venier F. (a cura di Guerra Edizioni (2005) ‘Rete Retorica, prospettive retoriche della rete’13 .

Dovendoci confrontare con i nuovi media, sarà il caso di prepararsi molto bene.”

13 Rete Retorica. Un percorso fra retorica e architettura dell’informazione https://bit.ly/3djo9h2 25

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