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Lo shock salutare delle sconfitte
Ed inoltre con lo svilimento e l’arretramento dei processi di governance, sia nella fase della pianificazione che, come evidenziato dalla tragedia genovese, del controllo.
Crediamo che non servano in questo momento appelli alla mobilitazione, bensì iniziative e strumenti per riconnettere intelligenze e sensibilità che possano contribuire, nei molteplici terreni dell’interesse generale, a riavvicinare i cittadini alle proprie comunità in un momento cruciale in cui risuona come un ammonimento l’invito di Antonio Gramsci (Odio gli indifferenti) ad affrontare la vita collettiva non con una semplice curiosità intellettuale bensì con il “pungente senso di una responsabilità storica che vuole tutti attivi nella vita, che non ammette agnosticismi e indifferenze di nessun genere”. Il senso dell’iniziativa che proponiamo può trovare una sobria quanto efficace spiegazione anche nelle due brevi interviste di Sabino Cassese, di cui ai link:
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La rinascita dell'Italia deve partire da formazione, ricerca, selezione https://bit.ly/3rtmjCB .
Intellettuali e impegno. Perché (e come) è importante che le élites si facciano sentire https://bit.ly/3IhtALC .
In esse si possono riscontrare sia puntuali riferimenti al contesto delle difficoltà — anzi allo stato comatoso in cui versa il quadro politico nazionale — sia indicazioni operative che corrispondono all’intendimento dell’iniziativa che si intende proporre con questo documento
Aria, idee e leadership nuove. Con il civismo, per la rinascita della Democrazia italiana (parte 2di40)
Nelle settimane e nei mesi seguiti al 4 marzo, il risultato elettorale che ha sancito la ‘sconfitta storica’ del PD, ha provocato uno spiazzamento traumatico per gran parte della sua nomenclatura (sia in termini di uscite di scena che di ridimensionamento oggettivo di ruoli e poteri), ed un tortuoso processo di elaborazione del lutto che ha progressivamente messo in luce l’incapacità del Gruppo dirigente uscente di fronteggiare, con il rigore morale ed intellettuale necessari, le cause e gli effetti di un evento, catastrofico sì, ma anche occasione straordinaria per raccogliere la perentorietà dei messaggi arrivati dall’elettorato, liberare gli ormeggi del dibattito interno e rilanciare il progetto democratico-riformista
Abbiamo assistito e continuiamo ad assistere al balletto dei tatticismi e di molti figuranti che hanno consentito solo di salvaguardare un simulacro di Organizzazione mentre tenevano accesa una oziosa discussione oscillante tra il trascinarsi della logora dialettica renziani-anti renziani e l’accentuazione della polemica politica focalizzata sul ‘mostriciattolo’ del Governo gialloverde intesa più come ‘distrazione’ che vero terreno di costruzione di un’alternativa programmatica. Se si escludono i ‘dieci punti’ illustrati da Renzi all’Assemblea Nazionale del 7 luglio 2018, un comprensibile tentativo di autodifesa con annesso il puntiglioso ma insufficiente esame delle cause della sconfitta, non si sono registrati sussulti e valutazioni approfondite che prefigurassero una reazione robusta, anche sul terreno propriamente politico dell’Opposizione parlamentare — per esempio con la formazione di un Governo ombra — che costringesse il Partito a misurarsi con la elaborazione e messa in campo di un Piano dettagliato di rilancio.
Ciò che invece è emerso con una discreta vivacità è stato il florilegio di analisi e prese di posizione da parte di intellettuali ed Osservatori che hanno contribuito non solo allo screening dei dati elettorali, ma soprattutto 21
ad indicare i bug che nel corso della vita decennale del Partito Democratico ne hanno indebolito sul piano organizzativo la vocazione di Partito maggioritario e rallentato, condizionato, intralciato il progetto riformista ovvero la mission di inveramento di una robusta cultura liberaldemocratica lanciata con generosità e perspicacia politica al Congresso fondativo del Lingotto.6
La lettura dei documenti, relazioni, articoli che segnaliamo, va fatta con l’avvertenza che la loro stesura ex post-sconfitta ne ridimensiona il valore euristico; ciononostante evidenziano un interesse ed un’attenzione che sarebbero stati risorse preziose se usate tempestivamente da parte di un’Organizzazione politica predisposta alla riflessione ed alle correzioni di rotta necessitate… Il primo contributo “Quando e perché la sinistra ha perso” è decisivo perché l’autore, Stefano Zan, ha conoscenze dirette e memoria storica del ‘paziente’, sottoponendolo ad una raffinata diagnosi resa possibile da una competenza specialistica che gli consente di affermare senza tema di smentite che “Il PD non ha perso le elezioni il 4 marzo. Quel giorno, nel mondo della sinistra, hanno straperso MdP, Liberi e Uguali e gli altri micropartiti. Il PD invece perde da molti anni, dall’epoca- Veltroni per intenderci, fatta eccezione per le elezioni europee del primo Renzi” e di sottolineare polemicamente che” Oggi tutti dicono che il PD ha perso perché ha ‘perso il contatto col popolo’. Una spiegazione che mi irrita profondamente per almeno due ragioni. La prima perché è tautologica e vale per tutti i partiti. Infatti, è come dire che un partito perde perché ha preso meno voti, visto che il giorno delle elezioni il popolo coincide con gli elettori. È vero ma è banale e, soprattutto, non spiega niente” .
Il secondo contributo, Sofia Ventura, Così la sinistra ha aperto la strada alla destra) è ‘aceto sulle ferite’ perché focalizza con una rapida e sapida ricostruzione storica come “Da ‘Mani Pulite’ alla ‘Casta’, l’antipolitica ha finito per avvantaggiare i reazionari”. La subalternità culturale al giustizialismo imposto da una Magistratura arrogatasi una erronea funzione salvifica con effetti di malversazione e destabilizzazione ed effetti nulli, tanto che nel 2011 Francesco Saverio Borrelli, che guidò il Pool Mani Pulite, amaramente li giudicò così: «Non valeva la pena di buttare all’aria il mondo precedente per cascare poi in quello attuale» (!?).
La presunzione di superiorità morale che originata dall’aberrante scartamento dalla politica all’etica operato dal PCI berlingueriano è approdata ai lidi del grillismo al grido di ‘onestà, onestà’ con la stessa carica dissipativa della legittimità e credibilità della funzione politica di rappresentanza.
Lo ha ricordato recentemente Mattia Feltri analizzando le origini del populismo ed il perverso intreccio tra azione della Magistratura ed il moralismo giustizialista della sinistra comunista:
“Ma il populismo non è arrivato nel febbraio del 1992 con l’arresto di Mario Chiesa e l’avvio di Mani pulite, ce n’era e ce n’era stato, per esempio non fu immune a populismo la capitale intervista concessa da Enrico Berlinguer a Eugenio Scalfari – Repubblica, 1981 – nella quale il segretario del Partito comunista, intrappolato dal declino dell’Unione sovietica e dal fallimento del compromesso storico, cercò di rianimare la bandiera rossa al vento della questione morale, addirittura nello stabilire una differenza quasi antropologica fra la rettitudine dell’elettorato comunista e l’intrinseca corruzione del resto del popolo”.7
È inoltre la funzione nefasta del sistema mediatico che ha guidato il ribellismo-antipolitica fino ad accreditarlo presso l’opinione pubblica disinformata e disorientata come la terapia contro la ‘casta’ screditata! Il terzo imperdibile contributo è quello che ho chiamato ‘Il confessionale di Addario’, ovvero del breve saggio di Niccolò Addario (Perché il PD ha perso) con cui il brillante Sociologo si impegna a ‘scavare in profondità’, facendo un ragionamento pacato che lo porta ad affermare ed illustrare con chiarezza che “Le ragioni di
6 Dal Lingotto al Lingotto. Dieci anni fa il discorso di Walter Veltroni https://bit.ly/3og30uB 7 Perché Berlusconi non può diventare presidente della Repubblica https://bit.ly/3pt2aeA 22
questa sconfitta, a mio parere, vengono da lontano e hanno a che fare con l’emergere di uno scarto sempre più evidente tra ciò che il PD sta (giustamente) diventando e la vecchia subcultura politica da cui pure proviene” . 8
Rileggendolo, ho immaginato che il discorso di Addario, con i suoi flashback ripetuti su fatti, misfatti ed illusioni del recente passato, con le pennellate (intese come giudizi storici) dai colori decisi, con tanti numeri puntuali ed incisivi, sia stato fatto in un confessionale (laico) nel quale fare (metaforicamente) inginocchiare migliaia di militanti e dirigenti disorientati, chiamati a riconoscere i ripetuti peccati di populismo della sinistra che hanno indebolito fin dalla sua nascita il Partito Democratico e la stessa strategia riformista coraggiosamente attuata dai Governi Renzi-Gentiloni.
La formulazione delle analisi e dei ragionamenti, infatti, non lascia spazio al contradditorio, insomma non presuppone l’avvio di un dialogo, un atteggiamento aperto all’ascolto: il messaggio inequivocabile è che in questa fase è prioritario focalizzare gli errori commessi e, soprattutto, diventare consapevoli che le ragioni, le attese e gli obiettivi di una nuova politica democratico-riformista dovranno essere declinati in un contesto economico-sociale nel quale non ci sono (più) pasti gratis… Molti argomenti sono necessariamente affrontati con l’accetta ed andranno sicuramente approfonditi quando non sottoposti a revisione critica (uno per tutti: non tutta la concertazione con le forze sociali è stata e/o dovrà essere assimilabile al consociativismo), ma i fatti sostanziali che essi evidenziano vanno ineluttabilmente assunti come problemi strutturali non bypassabili: la fragilità dell’assetto democratico, il superamento della politica moralistica, l’economia che richiede prima si produca e poi si redistribuisca, l’uguaglianza come valore da perseguire con le opportunità, il recupero — da sinistra — dell’idea di Nazione (di cui parla anche Ernesto Galli Della Loggia), la difesa del costituzionalismo e della democrazia rappresentativa per contrastare la minaccia grillina.
Insomma, un contributo davvero prezioso che porterebbe aria nuova e pulita in un dibattito congressuale che si svolgesse su temi e contenuti veritieri e senza dissimulazione delle contraddizioni che hanno attraversato e tuttora caratterizzano un Partito disorientato.9
Ai tre contributi ‘esterni’ può essere aggiunto quello di un esponente ‘interno’, ovvero l’ex deputato Alessandro Maran (Creiamo una quarta via) per una molteplicità di ragioni, ma principalmente perché egli traccia un excursus della personale esperienza politica (senza toni polemici e con una sobrietà esemplare) nel quale abbiamo modo di ri-conoscere i dilemmi ed i ritardi della strategia politica di un Partito indeciso su molte delle questioni rivelatesi esiziali, ovvero determinanti per la sua messa in fuorigioco: davvero illuminante l’episodio dell’Assemblea Nazionale del 2008 che non approvò un documento sull’Immigrazione che affrontava tempestivamente le scelte di rigore ed accoglienza regolata che avrebbero accreditato e legittimato il PD presso un’opinione pubblica preoccupata e successivamente soggiogata dalla propaganda grillina e leghista sull’’invasione’. 10
Vanno poi tenuti in considerazione numerosi articoli di opinion leader che si sono espressi con una sincera preoccupazione sulle sorti di un Partito considerato, al di là del consenso fortemente ridimensionato, un soggetto fondamentale della dialettica politica ed al tal proposito hanno dato dei generosi e ben argomentati suggerimenti per un ‘programma’ di rilancio della sua visione ed azione politica:
- il più attento ed ‘assiduo frequentatore’ delle vicissitudini piddine è stato sicuramento Ernesto Galli Della Loggia che ha redatto un testo denso e meditato, illustrato in 10 punti (Identità e valori, la sinistra vada oltre la sinistra. E riparta da zero https://bit.ly/2ZPMCri );
8 Perché il Pd ha perso https://bit.ly/3EdAPSu 9 Perché il Pd ha perso https://bit.ly/3EdAPSu 10 Orvieto 2018: creiamo una quarta via https://bit.ly/3DgTRpQ 23