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La risorsa del civismo per ‘democratizzare la democrazia’
E, se dobbiamo dare credito alle analisi sconsolate dello storico Ernesto Galli Della Loggia, ad oltre 70 anni dalla nascita della Repubblica, ovvero dopo che la Scuola dell’obbligo e l’aumento spettacolare di Formazione, Istruzione e ‘consumi culturali’ hanno diffuso la conoscenza, la partecipazione politica ed avvicinato i cittadini alle istituzioni, il quadro realistico che ci viene presentato descrive un ‘Bel Paese diventato brutto’:
“È bene che ce lo diciamo per primi noi stessi: l’Italia sta diventando un Paese invivibile. Un Paese incolto nel quale ogni regola è approssimativa, il suo rispetto incerto, mentre i tratti d’inciviltà non si contano. Basta guardarsi intorno: sono sempre più diffusi e sempre meno sanzionate dalla condanna pubblica l’ignoranza, la superficialità, la maleducazione, la piccola corruzione, l’aggressività gratuita. Una discussione informata è ormai quasi impossibile: in generale e specie in pubblico l’italiano medio sopporta sempre meno di essere contraddetto e diffida di chi prova a farlo ragionare, mostrandosi invece disposto a credere volentieri alle notizie e alle idee più strampalate”46
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Naturalmente tali considerazioni hanno una valenza sotto il profilo dell’analisi antropologico-culturale e non hanno una correlazione univoca con la mediocrità, la superficialità e la volgarità del ceto politico premiato alle elezioni del 4 marzo 2018 e, con la formazione del nuovo Governo, confermatosi come protagonista del cambiamento…. in peggio!
Ciò che ci preme rilevare è che la risposta alle preoccupazioni di Calenda, agli interrogativi di Somin ed alla denuncia di Della Loggia, è sicuramente nel potenziamento dell’attività formativa, ma in particolare per quanto attiene la consapevolezza e le competenze per interpretare il cambiamento in corso e partecipare con cognizione di causa al suo governo con gli strumenti della Politica, è costituita dal ripensamento del ruolo dei Partiti — tanto più nel caso di un Partito Democratico che si proponga di agire per la rigenerazione del Sistema Democratico.
E per tale sfida, il successo sarà determinato dall’emergere di una rinnovata Classe dirigente che si proponga di dar vita ad un’Organizzazione di Rappresentanza sintonizzata sui valori liberaldemocratici e socialriformisti ed in comunicazione permanente con le forze sociali ed economiche impegnate sul terreno dello sviluppo e dell’uguaglianza sociale.
Aria, idee e leadership nuove. Con il civismo, per la rinascita della Democrazia Italiana. (parte 12di40)
A questo punto del discorso è necessario fare un passo indietro, ovvero non perdere di vista la data per certi versi più importante del 4 marzo scorso, ovvero quella del 4 dicembre 2016 perché nel Referendum costituzionale la disinformazione e la vera e propria ignoranza esibita relativamente alle ragioni ed agli obiettivi della Riforma hanno costituito non solo la conferma di un analfabetismo funzionale diffuso, ma anche l’emergere di un vuoto nella rappresentanza sociale determinato dalla crisi di legittimazione e qualità delle leadership dei Corpi intermedi della società, sia che si trattasse di Associazionismo ed Organizzazioni sindacali che del mondo vitale degli Enti locali47 .
46 Il belpaese è diventato brutto https://bit.ly/3EwCume 47 Declino della rappresentanza e disintermediazione degli interessi https://bit.ly/3ptSqQ8 39
Per comprendere il deterioramento della funzione autonoma delle forze sociali, è fondamentale soffermarsi sulle analisi consolidate e sulle considerazioni critiche di Stefano Zan48 .
Tali valutazioni sono state rinvigorite e per certi versi confermate riflettendo sulle ragioni della sconfitta elettorale del PD del 4 marzo 201849 .
Per quanto attiene Comuni, Province e Regioni, molto è stato scritto soffermandosi sulle cause finanziarie, cioè del ridimensionamento drastico delle risorse pubbliche a disposizione delle politiche sociali e redistributive locali, che soprattutto al Sud hanno avuto un impatto pesante sul peggioramento delle condizioni per la popolazione più fragile ed il conseguente discredito delle istituzioni tradottosi nel voto di protesta antigovernativa e nella richiesta di cambiamento che hanno trovato nel M5s e nella promessa palingenetica del Reddito di cittadinanza la risposta più gratificante.
Qui non si propone di ri-aprire la discussione sul fallimento del ‘Referendum-scorciatoia’ e sulla correlata esplosione dello scontro tra velleitari innovatori e sordidi difensori della palude istituzionale esistente, bensì di riprendere con maggiore vigore e lucidità il confronto sugli ammonimenti ripetuti nel tempo da Giuseppe De Rita, ovvero che
“Siamo di fatto ad una sfida durissima: o i soggetti della mediazione si ricostruiscono un proprio spazio nella dialettica sociopolitica oppure restano in un limbo istituzionale. Occorre quindi una seria riflessione collettiva senza ambigue rivincite, una riflessione che peraltro non può restringersi a pure formule di aggiustamento istituzionale ed organizzativo; ma deve sapersi confrontare con l’evoluzione di una società che diventa ogni giorno di più molecolare, liquida, aperta, orizzontale, circolare, indistinta, di moltitudine; e che ha un gran bisogno di una potente ispirazione sociopolitica ed anche un intelligente suo riscontro. Per portare avanti tale riflessione collettiva si impone un grande lavoro di ricerca e di dibattito in tutte le sedi sociali e istituzionali, che più hanno a cuore che lo Stato non viva con un grande vuoto intermedio”50 .
Su tale nodo irrisolto il sempiterno Presidente del CENSIS è ritornato anche recentemente per stigmatizzare i Rappresentanti del Governo gialloverde che stanno dimostrando di non comprendere che l’Arte di governare una società complessa non si risolve con il semplice cambiamento di chi comanda51 .
L’indagine auspicata da De Rita in effetti aveva già fatto un primo passo importante con una ricerca esemplare focalizzata sulla ‘sfida del civismo potenziale’ (Davide Girardi, Una quotidianità responsabile? Cosa significa civismo? Etica civile? Come rivitalizzare la qualità civile delle nostre relazioni e delle nostre città?).
In essa era stato rilevato, attraverso un lavoro ampio, tenace e dettagliato, che non è proprio così vuoto il mondo di mezzo, dove sta germogliando un civismo potenziale che “ci dice che c’è qualcosa di buono nella nostra comunità civile, ma che esso va ulteriormente dispiegato, coltivato, valorizzato. Anzi che c’è un tesoro nascosto che fa capolino in una miriade di piccole azioni e pratiche quotidiane. Ordinarie e compiute da cittadini comuni…” (dalla Presentazione di Lorenzo Biagi). D’altronde già alcuni anni orsono Mauro Magatti e Chiara Giaccardi avevano lanciato il ‘Manifesto per la società dei liberi’ (Generativi di tutto il mondo unitevi!52) nel quale avevano invitato a scoprire la forza propulsiva della libertà generativa in grado di creare un nuovo immaginario che ci liberi di noi stessi dandoci la forza di riformare il nostro modello di sviluppo e rinnovare la democrazia “Superando l’individualismo della società dei consumi ed entrando nella società che genera”.
48 Le lobby hanno perso la "voice"? https://bit.ly/3IrQS1G 49 Perché il PD perde https://bit.ly/3lHhodI 50 La mediazione necessaria nella società molecolare https://bit.ly/3IseZNy 51 L’arte del governare in una società aperta https://bit.ly/3a47QRt 52 Invito alla lettura. Generativi di tutto il mondo, unitevi! manifesto per la società dei liberi https://bit.ly/3lEkAGV 40
Con un altro approccio (filosofico), ma con lo stesso interesse a monitorare lo stato di salute della cittadinanza Etienne Balibar aveva da tempo messo a fuoco la realtà sociale in cui “alcune persone sono nella società senza essere della società”53 . E con ciò evidenziando le dinamiche che rendono la contemporaneità un momento di particolare fragilità dello spazio pubblico54 e di trasformazione della sovranità nazionale e teorizzando la possibilità di ideare nuovi modi di espressione dell’autonomia dei soggetti collettivi, cioè di riavviare il processo di democratizzazione della democrazia55 .
Queste annotazioni vogliono indicare la necessità e l’opportunità di un processo di rigenerazione della leadership politica del fronte democratico-riformista, che per affermarsi e legittimarsi deve ‘dialettizzarsi’ ovvero contribuire a sostenere e mettersi in relazione con una rinnovata mobilitazione di tutti i soggetti — sociali, professionali e delle autonomie locali — che esercitano una funzione con un rapporto diretto con i cittadini ed hanno la responsabilità di coinvolgerli nella elaborazione e progettazione delle risposte sui molti fronti della crisi.
E tutto ciò significa orientare e sollecitare la rivitalizzazione della partecipazione, della cittadinanza attiva, della consapevolezza critica per cercare le soluzioni e non solo evocare i problemi e promuovere la protesta, soprattutto perché, come recita il titolo di un libretto francese che vuole costituire una sorta di manifesto della politica macroniana le progrès ne tombe pas du ciel56 .
Insomma, c’è la necessità di aprire una stagione in cui diventi centrale il protagonismo dei cittadini, di avviare una riscossa civile urgente e “Concentrare le competenze e le idee per unire il paese su solidarietà e lavoro”, come sostiene l’appello di Leonardo Becchetti, Marco Bentivogli, Mauro Magatti e Alessandro Rosina57 .
E per dare un significato comprensibile, un ‘approdo’ concreto a tali ‘visioni’ e progettualità ancorate, per usare un’espressione deritiana, ‘rasoterra’, ricorriamo due personalità con background che non potrebbero essere più diversi, ma nello stesso tempo, sulla scorta di lunghissimi percorsi (di concretissime esperienze imprenditoriali e politico-istituzionali l’uno e di raffinata ricerca e saggistica filosofiche l’altro) convergono nel prefigurare il rinnovamento democratico del Paese attraverso il civismo.
In una lunga ed effervescente intervista al Foglio Piero Bassetti, a conclusione di un ragionamento focalizzato sul ‘secondo Risorgimento’ necessario, ribadisce: “Serve partire dalla selezione di una classe dirigente che pensi così in modo territoriale. E oltre i territori — dice Bassetti — io sto battendomi per proporre il civismo come modello diverso sia dal localismo sia dalla opposizione tra élite e populismo. Un modo di pensare la politica che riparta da dove si è e che elabori soluzioni adeguate. Almeno come idee, ipotesi. Le liste civiche a qualsiasi livello possono essere luoghi di selezione di una classe dirigente capace di affrontare i problemi del Paese…”58 .
Dall’altro versante, Umberto Curi, nel rispondere alla domanda postagli da un esponente di ‘Coalizione Civica’, la lista che ha partecipato alle ultime elezioni amministrative del Comune di Padova, vincendole, dopo aver analizzato in profondità la crisi del sistema democratico italiano, soprattutto sul piano dell’efficienza istituzionale e degli equilibri tra i poteri costituzionali, chiarisce e definisce con limpidezza il contributo ed i confini politico-culturali del civismo.
53 “Gli orizzonti della cittadinanza” https://bit.ly/3rKzK15 54 «Abbiamo bisogno di un contro-populismo » https://bit.ly/31pVDs1 55 Democratizzazione o de-democratizzazione: la dimensione transnazionale https://bit.ly/3GzNWhR 56 Un passo in avanti del progressismo, in salsa ‘sogno macroniano’ https://bit.ly/3rCmThv 57 Perché abbiamo bisogno di una riscossa urgente https://bit.ly/3lFpgvY 58Il risorgimento. Parte due https://bit.ly/3a47QRt
‘Alla luce di queste considerazioni, ritiene che si possa giungere ad una definizione coerente di ‘Soggetto politico civico’ e quali ritiene siano gli elementi costitutivi?’ “Considerando la frequenza con cui l’etichetta civica è stata strumentalmente utilizzata per coprire iniziative di puro e semplice trasformismo, o per tentare di mascherare la vera identità politica dei soggetti che ne sono promotori, può rivelarsi utile cercare di chiarire che cosa si debba intendere per ‘civico’. Molti pensatori concordano, pur in modi diversi, di definire la società civile come quel livello di organizzazione sociale dei bisogni e degli interessi che precede il livello dello Stato e delle istituzioni. La società civile come ‘grado’ che dalla ‘immediatezza naturale’ dell’aggregazione familiare conduce alla ‘consapevolezza’ dello Stato. La società civile non è un luogo di neutralizzazione dei conflitti, non è uno spazio ‘pacifico’, privo di contraddizioni, non identifica affatto un livello in cui non si debbano operare delle scelte. In altre parole, essa non coincide con la negazione della politica come confronto e scontro fra posizioni contrastanti, ma all’opposto riconduce la conflittualità alle sue basi originarie, di carattere economico e sociale. Non può quindi accadere che l’essere civici conduca ad una specie di agnosticismo che esoneri dal prendere una posizione in merito alle principali questioni al centro del conflitto politico. Civico non è l’opposto di politico ma è diverso rispetto a quella formalizzazione della politica che è data dallo Stato e dalle sue istituzioni, ivi compresi i partiti politici. Rispetto ai temi che le amministrazioni comunali devono affrontare — dall’emigrazione alla sicurezza, dal degrado delle periferie ai servizi sociali, dal trasporto pubblico all’utilizzo del suolo — una lista potrà dirsi autenticamente civica non proclamando la propria ‘neutralità’ o mancanza di ‘colore’ politico, ma esattamente al contrario dichiarando esplicitamente e analiticamente le proprie opzioni, e su esse chiedendo il consenso dell’elettorato. Ove ciò non accada, dovrebbe risultare palese l’inganno: le sedicenti liste civiche altro non sono che l’ennesimo ingannevole travestimento di una politica tradizionale ormai giunta al capolinea”59
Nel tirare le somme di questa rapida e schematica immersione nel pensiero e nei propositi di quanti auspicano la rigenerazione democratica indicando la via dell’impegno civile e la cittadinanza attiva, ovvero i valori e le strategie operative ispirate dalla cultura della sussidiarietà, diventa giocoforza inevitabile porsi l’interrogativo sul ruolo e sulla presenza che la Chiesa manifesta in questo tornante particolarmente tortuoso della storia del Paese.
Ne ha parlato esaustivamente, con lo spirito del ricercatore di verità e la tensione operosa del pastore, il Presidente della CEI, cardinale Gualtiero Bassetti, in un’intervista che potrebbe essere riassunta nel programma di “costruire una grande rete per l’Italia e per un futuro solidale ed europeo”; ne focalizziamo i due passaggi che riteniamo essenziali e che possiamo anche considerare ‘conclusioni’ coerenti (e condivisibili) per il discorso che abbiamo affrontato in questo capitolo.
‘Ha citato La Pira. È possibile rilanciare la presenza dei cattolici sulla scena politica?’ “È auspicabile un impegno concreto e responsabile dei cattolici in politica. Ma è un impegno che spetta senza dubbio ai laici. Laici che, però, non solo devono essere adeguatamente formati nella fede, ma sono chiamati ad assumere come bussola dei loro comportamenti quella ‘visione martiriale’ della politica evocata da papa Francesco. La politica per i cristiani non è il luogo per fare soldi o per avere il potere. È all’opposto il luogo del servizio, di chi non si lascia corrompere e del ‘martirio quotidiano’. Come pastore ho il dovere di ricordare e suggerire ai laici di servirsi di quel tesoro prezioso che è la Dottrina sociale della Chiesa. Un tesoro a disposizione dell’umanità intera, ma che non è ancora stato compreso appieno. Se fosse stato veramente recepito, avremmo superato quella sterile divisione del passato tra i cosiddetti ‘cattolici del sociale’ e i ‘cattolici della morale’. Dobbiamo tornare all’unità del messaggio evangelico e capire fino in fondo che la
59 intervista al filosofo Umberto Curi https://bit.ly/3lG3c4C 42