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La vulnerabilità, ignorata, del Sistema Bancario italiano
Tra le questioni che in quest’ultimo anno hanno sicuramente contribuito ad intorbidire la discussione politica va ricordata la revisione del Codice degli Appalti che è diventato per molti versi l’alibi perfetto per non affrontare con maggiore precisione e correttezza l’esame e la correzione della farraginosità e lungaggini dei procedimenti amministrativi collegati in particolare a due fattori patologici:
a) quand’anche gli Appalti sono stati aggiudicati con maggiore tempestività, si innescano le azioni di contestazione dei soccombenti che si traducono: • nei ricorsi al TAR per un numero 15 volte superiore alla media europea; • nei ricorsi alla giustizia Civile per un numero 5 volte superiore alla media europea. b) La Pubblica Amministrazione si è impoverita in modo strutturale di Organici e Competenze tecnicoprofessionali sia per la fase cruciale della progettazione e concorso ai fondi pubblici che, come evidenziato in modo eclatante e disastroso dalla vicenda Morandi, per il monitoraggio ed il controllo delle Opere eseguite e della loro manutenzione appropriata (attività su cui si è giustamente concentrato l’impegno del ministro Toninelli). Un commento particolarmente competente su tale aggrovigliata problematica è quello espresso dal Presidente dell’ANAC Cantone138 .
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Una considerazione conclusiva, da cui ripartire per accelerare e qualificare sotto il profilo infrastrutturale la ‘messa in sicurezza’ del Paese, è che bisogna auspicare e concorrere (da parte di tutti i soggetti sociali, professionali e imprenditoriali) affinché la Politica si doti di una visione strategica, del coraggio e delle competenze che le consentano:
a) di operare le scelte con la tempestività resa possibile dalla conoscenza, dalle tecnologie e dalle risorse necessarie a disposizione; b) di promuovere i processi di partecipazione dei cittadini e di coinvolgimento dei portatori di interesse finalizzati a produrre la consapevolezza e la responsabilità più ampie relativamente alle decisioni su
Grandi (e piccole) Opere ed Infrastrutture, mutuando il modello francese del ‘debat public’.
Aria, idee e leadership nuove. Con il civismo, per la rinascita della Democrazia Italiana. (parte 22 di 40)
È una notizia che vorrebbe essere tranquillizzante per i risparmiatori, le famiglie, le imprese: il Parlamento si è dotato della Seconda Commissione d’indagine che ripete nella XVIII l’esperienza realizzata nella XVII: dal punto di vista giornalistico la ‘curiosità’ sta tutta nel fatto che il ruolo del Presidente, al posto del prudente Ferdinando Casini subentrerà l’aitante grillino Gianluigi Paragone139 .
Sul piano della sostanza politica c’è poco da ‘stare sereni’, piuttosto da preoccuparsi, a seconda dello stato d’animo, ovvero della considerazione che si ha delle dispute verbose, contundenti ed inconcludenti su questioni che dovrebbero essere affrontate con la competenza, il rigore e la visione degli interessi di lungo periodo del Paese e non oggetto della demagogia e della propaganda politica faziosa, sostenuta con
138 Sblocca Cantieri e Codice dei contratti, Cantone (ANAC) https://bit.ly/3oNJtlh 139 Istituzione di una Commissione di inchiesta sul sistema bancario https://bit.ly/3EUBglc 65
argomenti che mirano ad individuare e colpire bersagli utili per alimentare il discredito dei gestori ….del Credito!
La ‘questione Banche’ è di per sé eccitante per gli apprendisti stregoni del populismo: essa ha costituito il carburante fondamentale per fomentare la rabbia, istigare all’odio, provocare rivolte che per gli ‘istigatori’ ha significato realizzare un bottino elettorale oltre ogni più rosea previsione.
C’è da dire che in ballo, nell’ultimo lustro, ci sono state vicende drammatiche, episodi di malcostume e corruzione, malversazioni e — su tutto — la tragedia sociale di centinaia di migliaia di risparmiatori truffati, la maggior parte dei quali caduti nella rete della disinformazione attuata in modo criminogeno dagli Istituti di credito e/o del proprio analfabetismo finanziario (un’autentica piaga diffusa in un Paese nel quale prosperano tanti ‘piccoli Madoff’ di borgata). Dalla malagestione del Monte Paschi di Siena al dissesto provocato alle Popolari venete, passando per il depauperamento di numerose Casse di Risparmio territoriali, l’opinione pubblica ha assistito con sconcerto, e per quanti vi erano implicati direttamente, con sofferenza e disperazione, alla dissipazione della cultura gestionale e di immani risorse finanziarie, private e pubbliche, rendendo sicuramente ‘impopolari’ le banche140 .
Affrontare quindi la questione del Sistema Bancario richiederebbe un atteggiamento sicuramente vigoroso sul piano etico-politico, ma altrettanto rigoroso per l’approccio analitico, ovvero per la determinazione e la competenza con cui procedere all’indagine storica delle cause strutturali che provocato le sconvolgenti vicende al centro delle cronache degli ultimi anni.
E prioritariamente realizzando un resoconto divulgabile e comprensibile per un’opinione pubblica disorientata ed in molti casi manipolata da un’informazione superficiale, per non dire strumentalizzata a fini di pura propaganda politica141 .
Non che gli intrecci tra Politica & Banche non dovessero e non debbano essere sottoposti a valutazioni attente, alla denuncia del malcostume clientelare che li ha connotati, favoriti ed in molti casi ‘coperti’ dalle subculture politiche variamente colorate in relazione agli insediamenti territoriali (si pensi ai casi Toscana e Veneto per antonomasia).
Si tratta di ‘rapporti’ che vanno posti al vaglio di un’aggiornata legislazione ed attività delle Autorità di vigilanza, avendo presente che non costituiscono una fenomenologia esclusivamente italiana, tutt’altro142 e che, semmai, chiama ulteriormente in causa la necessità di procedere più tempestivamente alla realizzazione dell’Unione Bancaria Europea. Perché l’unione bancaria? L’esigenza di un’unione bancaria è emersa dalla crisi finanziaria del 2008 e dalla successiva crisi del debito sovrano. È risultato chiaro che, specie in un’unione monetaria come l’area dell’euro, i problemi causati dagli stretti legami tra le finanze del settore pubblico e il settore bancario possono facilmente trascendere i confini nazionali e provocare turbolenze finanziarie in altri Stati membri dell’UE.
L’unione bancaria intende rendere il settore bancario europeo: • più trasparente; • applicando in modo coerente regole e principi amministrativi comuni in materia di vigilanza, risanamento e risoluzione delle banche;
140 Quelle “Banche Impopolari” che hanno tradito il risparmio https://bit.ly/3dNArys 141 La crisi delle banche italiane spiegata (con parole semplici) a un profano https://bit.ly/3ymj3dx 142 La politica dilaga nelle Casse di risparmio tedesche. Ecco perché Berlino le ha protette dalla Vigilanza unica https://bit.ly/3EVXy5V
• unificato; • assicurando pari trattamento alle attività bancarie nazionali e transfrontaliere e svincolando la solidità finanziaria delle banche dai paesi in cui sorgono; • più sicuro; • intervenendo in una fase precoce, se le banche versano in difficoltà, per aiutarle a non fallire e procedendo alla loro efficiente risoluzione, ove necessario143.+
Il suggerimento quindi che ci sentiamo di dare ai componenti della Commissione parlamentare citata è di documentarsi, studiare, interrogarsi, ovvero dedicandosi ad un vero approfondimento senza i veli, le ipocrisie, le strumentalizzazioni faziose e la superficialità che hanno caratterizzato il dibattito politico finora.
Un primo testo di lettura e riflessione è fornito proprio dal Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco che con una Lectio Magistralis tenuta all’Università di Tor Vergata analizza la situazione di ‘Banca e finanza dopo la crisi: lezioni e sfide’144 .
E poi, a fronte della ‘criticità’ che ha connotato l’ultima stagione della Governance della Banca d’Italia, in particolare sui ‘buchi’ di una Vigilanza accusata, per primo da Matteo Renzi Presidente del Consiglio e poi a seguire uno stuolo di ‘esperti della denuncia’ , di non aver esercitato la propria funzione con tempestività e rigore, è consigliabile soffermarsi su un prezioso working paper realizzato da Elisabetta Montanaro e Mario Tonveronachi, due professori dell’Università di Siena, con cui è stata focalizzata la ‘Vulnerabilità del sistema bancario italiano’ e sono stati elaborati ‘Diagnosi e rimedi’: Dealing with the vulnerability of the Italian banking system. L’obiettivo della ricerca concentratasi su un campione di 410 gruppi bancari europei, è stato quello di chiarire che i veri guai delle nostre Banche hanno radici endogene e non esogene.
Lo studio non si sofferma solo sul ben noto carico dei crediti deteriorati (NPL), ma anche agli elevati costi operativi delle Banche, alla loro redditività, al loro deficit di efficienza:
“Per generare una redditività sufficiente a coprire i maggiori costi del rischio degli anni più recenti, in assenza di un significativo incremento del flusso di ricavi, le Banche italiane avrebbero dovuto ridurre in misura consistente i costi medi unitari, migliorando la produttività del personale e la rete degli sportelli. Tutto questo non si è verificato e il divario di efficienza rispetto all’Europa e agli altri principali Paesi dal 2008 al 2016 si è ulteriormente accresciuto”
Insomma, come per molti altri Capitoli del Progetto di ‘Rigenerazione Italia’, è richiesto un impegno per andare alla radice della crisi:
(Abstract) “Le principali vulnerabilità del sistema bancario italiano sono l’eccesso di non-performing loans (NPL) e la bassa redditività. Diversamente dall’attenzione prestata agli eccessi di NPL, il problema della redditività è normalmente considerato come una questione da lasciare alla gestione bancaria e non un’area di esplicita azione regolatrice. Pur concentrandosi sui requisiti patrimoniali, i regolatori e i supervisori raramente pongono la questione da dove proviene il capitale. Utilizzando un ampio campione di 410 gruppi bancari nazionali italiani e singole banche, proponiamo uno stress test sugli NPL e un test di fattibilità che dimostrano che: la vulnerabilità del sistema è un fenomeno diffuso; è necessaria un’ulteriore ricapitalizzazione di circa dieci miliardi di euro; e, soprattutto, la limitazione degli interventi al problema del sovraccarico di NPL non pone la maggioranza delle banche italiane su un percorso di redditività a causa delle inefficienze derivanti dai loro attuali modelli di business. L’analisi del caso italiano rafforza la critica dell’attuale regolamentazione e supervisione perché, non concentrandosi sulla redditività bancaria, non evita le minacce alla solvibilità derivanti dall’accumulo di NPL. Sosteniamo quindi che i cambiamenti strutturali
143 Unione bancaria. Consilium https://bit.ly/3DO1UdR 144 Banche e finanza dopo la crisi: lezioni e sfide https://bit.ly/31WQcR0 67
necessari per mettere il sistema bancario italiano su una via percorribile richiedono nuovi approcci normativi e di vigilanza”145 .
Sulla stessa lunghezza d’onda dei due docenti pisani si colloca la pubblicazione di Angelo Baglioni, La rete bucata. Le regole e i controlli sulla finanza, con cui si evidenzia che le regole adottate dopo la crisi finanziaria del 2008 non hanno reso il sistema più robusto e che le riforme bancarie invocate ed in parte attuate non sono insufficienti.
Sul libro è prezioso il commento di Marco Onado (il Sole 24 6 gennaio 2019):
“Dieci anni fa abbiamo scoperto che il sistema finanziario globale che molti (incluse ahinoi le autorità di vigilanza) credevano solido e sicuro, rischiava di implodere come una centrale nucleare impazzita. I governi di tutti i Paesi sono immediatamente corsi ai ripari e, dopo aver salvato le banche a spese dei contribuenti, hanno modificato completamente il quadro regolamentare, nell’intento di rafforzare la stabilità delle singole banche e ridurre al minimo il rischio di crisi di instabilità così devastanti.
Missione compiuta? Non esattamente, ci dice fin dal titolo Angelo Baglioni in questo bel libro sulle regole del dopo crisi. I legislatori si sono certamente chiesti quali erano i principali punti di debolezza del sistema finanziario e per ciascuno hanno varato in tempi rapidi una vasta serie di riforme: dall’insufficienza del capitale bancario, alla remunerazione dei dirigenti, alla mancanza di una vigilanza unitaria a livello europeo. Sul piano puramente quantitativo, nessuno potrebbe criticare quanto è stato fatto. Basti pensare che solo per quanto riguarda il patrimonio, le grandi banche globali hanno emesso azioni per quasi un trilione e mezzo di dollari.
Ma Baglioni ci fa capire che questo non basta per rendere il sistema bancario internazionale più robusto. Ciascuna delle grandi categorie di riforme, sottoposte ad un’analisi minuziosa, indipendente e teoricamente solida (che sono le qualità fondamentali di questo autore) mostra alla fine di avere qualche lato debole (i buchi nella rete, appunto) che può domani condurre a situazioni non meno drammatiche di dieci anni fa.
L’analisi è particolarmente critica nei confronti delle norme in materia di adeguatezza del capitale bancario; quindi, della costruzione di Basilea che dagli anni Ottanta del secolo scorso è il pilastro fondamentale della regolamentazione prudenziale. Seguendo un’impostazione ancora minoritaria, ma condivisa da molti autorevoli studiosi, Baglioni dimostra che il quadro di regole del capitale è diventato sempre più sofisticato, complesso e quindi aggirabile. Soprattutto da quando ha autorizzato le banche ad utilizzare i propri modelli interni ha di fatto consegnato ai regolati la chiave del meccanismo di regolazione rendendo il sistema manipolabile come dice esplicitamente l’autore e, va aggiunto, ha premiato l’attività finanziaria di carattere speculativo rispetto al credito all’economia produttiva. Da Basilea 2 in poi il gioco delle grandi banche globali è stato quello di ridurre il totale attivo ponderato per il rischio (cioè quello su cui si calcola il requisito di capitale) rispetto a quello contabile. Il risultato è stato che esse hanno potuto aumentare a dismisura le dimensioni senza pagare dazio in termini patrimoniali, solo perché i misteri gloriosi dei modelli interni conducevano a risultati eccezionalmente favorevoli: miliardi e talvolta un trilione di dollari di attività a rischio zero e rendimento positivo. È solo un esempio, ma se si pensa che la riforma dopo-crisi ha affrontato il problema ma ne ha rinviato la soluzione a tempi futuri, si capisce il pessimismo che anima l’analisi di Baglioni.
Il fatto è che le riforme sembrano essere state pensate cercando di individuare ogni singola falla del sistema e proponendo per ciascuna una singola medicina. Il modo classico di procedere di una terapia sintomatica, che raramente aggredisce il male alla radice. I riformatori del XXI secolo non hanno cioè imitato i loro predecessori degli anni Trenta. Questi ultimi si erano chiesti non solo quali erano le cause della crisi, ma anche qual era il tipo di sistema bancario ideale in quelle condizioni storiche per sostenere lo sviluppo e gli investimenti e tutelare il risparmio dei cittadini. Ne derivarono riforme di ampio respiro che hanno sorretto lo
145 Vulnerabilità Del Sistema Bancario Italiano. Diagnosi E Rimedi https://bit.ly/3EQaMBd 68