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Prima di tutto, una Buona Istruzione

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POSTFAZIONE

POSTFAZIONE

Aria, idee e leadership nuove. Con il civismo, per la rinascita della Democrazia Italiana. (parte 27 di 40)

«Mi pare in sostanza che nel nostro Paese non vi sia ancora, e si debba invece creare quello stato d’animo che si dispone a rendere omaggio all’infanzia ed all’adolescenza come espressione della vita che cresce e, crescendo, si corregge di vecchi errori e si afferma in nuova verità ed umanità. Per i giovani c’è nel nostro Paese tenerezza e cura, ma essi non sono come dovrebbero, il centro della vita, coloro ai quali si subordina ogni interesse, coloro che rappresentano la parte migliore di noi e nei quali soltanto perciò la nostra vita si compie e assume pieno valore».

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Tratto da ‘Scuola ai margini’ in A. Moro, Scritti e discorsi, a cura di G. Rossini, 6 voll., Roma, Cinque Lune, 1982–1990, II, pp. 539–540).

Ripartire dalla lezione di Aldo Moro sul piano politico è naturalmente un’opzione complicata perché deve fare i conti sia con la raffinata complessità del suo pensiero che con la diversità storica di tempi e contesti, ma se si pensa al suo rapporto con la Scuola ed a quel dialogo cercato, insistito, metodico con i suoi studenti, allora forse ci appare più naturale prendere ispirazione dai suoi scritti e dalla sua attività di Docente per affrontare l’’emergenza pedagogica’ ed impostare una riflessione critica sulla vicenda della ‘Buona Scuola’, che tante attese, polemiche e frustrazioni ha sollevato.

Di quello sfortunato quanto improvvisato progetto riformista è rimasto uno strascico di interrogativi, insoddisfazioni e tensioni che tuttora attendono di essere rimessi al centro del dibattito politico-culturale per riannodare i fili di programmi ed azioni che siano finalizzati alla correzione di limiti ed errori, ma nel segno della volontà di implementazione del processo di cambiamento180 .

A distanza di diversi anni si può registrare che tale processo si è incagliato anche per le resistenze corporative e le remore mascherate talvolta dall’atteggiamento narcisistico di Docenti ed Intellettuali che faticano a misurarsi con l’innovazione didattica, l’irruzione delle tecnologie digitali nell’attività di insegnamento e la misurazione degli standard di qualità di una professione ritenuta presuntuosamente estranea alla valutazione con criteri meritocratici.

Ma è in ogni caso necessario procedere ad una rivisitazione critica dell’impostazione di un progetto nel quale convivevano ottime intenzioni ed obiettivi condivisibili con una buona dose di velleitarismo.

È quanto ha cominciato a fare Andrea Gavosto, della Fondazione Agnelli, in un paio di articoli nei quali affronta sia il tema de La Buona Scuola e il flop annunciato che una valutazione critica su Quale modello di scuola per il “governo del cambiamento”’181?

L’esercizio del ripensamento e della ri-progettazione debbono però essere supportati da una documentazione storica e statistica sulle caratteristiche ed i fondamenti strutturali oltre che sulle difficoltà del Sistema Scolastico da cui hanno preso le mosse gli interventi riformatori degli ultimi Governi.

Le Ricerche e le prese di posizione che segnaliamo, offrono un’ampiezza di analisi che illustrano le criticità, ma anche l’opportunità di rilanciare il suo rinnovamento, prestando maggiore attenzione alla focalizzazione sull’Istruzione, ovvero sui contenuti culturali dell’azione educativa. 1) Innanzitutto, per orientare e qualificare il confronto su scala nazionale non si può prescindere dall’esame delle risultanze di due fondamentali Rapporti dell’OCSE. In esso viene sottolineato che

180 La Buona Scuola: ecco i 12 punti della riforma approvata alla Camera https://bit.ly/3ylDqHQ 181 La Buona Scuola e il flop annunciato https://bit.ly/31UHhQ6 e Quale modello di scuola per il “governo del cambiamento”? https://bit.ly/3DRaPLN

l’Italia ha bisogno definire rapidamente una strategia di sviluppo delle competenze che le promuova in tutto il territorio nazionale:

“La domanda di competenze (skills), specie nei paesi sviluppati, risente e si adatta continuamente alla globalizzazione, al cambiamento tecnologico ed allo sviluppo demografico. In questo contesto, l’Italia sta avendo più difficoltà rispetto ad altri paesi avanzati a completare la transizione verso una società dinamica, fondata sulle competenze. Nel dopoguerra, l’Italia è cresciuta a ritmo serrato riuscendo a convergere rapidamente verso le economie più ricche del mondo. Il successo italiano si è fondato su un modello di produzione decentralizzato, basato su distretti industriali che sfruttavano, e al contempo alimentavano, competenze tecniche e professionali molto avanzate. Negli ultimi quindici anni, invece, la performance economica dell’Italia è apparsa piuttosto fiacca. A fronte dei miglioramenti nei tassi di occupazione, la produttività è rimasta stagnante, anche a causa di un livello di competenze relativamente basso, di una debole domanda di competenze avanzate, e di un uso limitato delle competenze disponibili”182 .

Si tratta di un’autorevole fonte d’informazioni sullo stato dell’istruzione nel mondo. Presenta dati sulla struttura, il finanziamento e le prestazioni dei sistemi d’istruzione nei 35 Paesi dell’OCSE e in alcuni dei Paesi partner dell’Organizzazione e quindi consente delle comparazioni determinanti per comprendere e valutare il benchmark delle prestazioni dei sistemi nazionali (su cui per la verità sono state sollevate riserve che hanno però il sapore di un’autodifesa interessata…)183 .

2) La Scuola Pubblica, soprattutto in ragione del controverso Progetto di Riforma targato Governo

Renzi, ha determinato una mobilitazione che e si è espressa sia attraverso le iniziative sindacali che non sono uscite dall’alveo della protesta, fino alla elaborazione di un Appello che ha riscosso numerose adesioni ed ampliato la sfera dei contenuti progettuali e delle ragioni di dissenso di insegnanti ed ‘intellettuali’ anche in ragione della marginalizzazione della questione scolastica nell’ambito delle politiche del Governo gialloverde184 .

Naturalmente i molti argomenti che vi sono stati sollevati risentono di un clima generale nel quale “la scuola è affaticata perché la società è affaticata” ed un certo disorientamento ed insofferenza che attraversano il corpo docente derivano anche dal fatto che la società ha perso fiducia nella conoscenza e tutto ciò si riflette con una perdita di centralità dell’interesse per la Formazione e l’Istruzione. In ogni caso evidenziano i nodi da affrontare ed i terreni di intervento e coinvolgimento che sollecitano un nuovo protagonismo dell’intero mondo scolastico (studenti, insegnanti, famiglie, istituzioni), a partire, però, non da una ‘tabula rasa’ del passato e dei fermenti innovativi esistenti, bensì dalla valorizzazione dei passi in avanti realizzati, in particolare sul terreno dell’Autonomia e della Valutazione. Si è cimentata in un attento discernimento dello stato dell’arte (comprendendovi, anzi a partire proprio dal documento elaborato dai firmatari dell’Appello), inteso come censimento delle criticità, progettualità e potenzialità nell’evoluzione del Sistema Scolastico, Chiara Profumo, una Dirigente che può avvalersi di un’esperienza sul campo fatta sia fronteggiando la complessità dei processi di riorganizzazione appesantiti dalla carenza di risorse (finanziarie ed umane) che monitorando e praticando progetti di innovazione didattica.

Un bilancio.

182 Strategia per le Competenze dell’OCSE https://bit.ly/3dLghFk 183 “Uno sguardo sull’istruzione: indicatori dell’OCSE” https://bit.ly/3dN3JNF 184 Appello per la Scuola Pubblica https://bit.ly/3dLkDfR e "Moratoria sulla Buona scuola" https://bit.ly/3DTJUyK e Scuola, nella Legge di bilancio tagli per 100 milioni di euro https://bit.ly/3DTJXdU 78

Dopo una decina di mesi dalla pubblicazione, e dopo il cambio del governo a seguito delle elezioni del marzo 2018, è interessante riflettere sull’appello per la scuola proposto da alcuni docenti nel dicembre 2017 alle autorità dello Stato e ai cittadini italiani.

Nell’Appello vengono messi in evidenza alcuni temi vitali per il sistema scolastico italiano, sui quali da anni si registrano divergenze importanti e conseguenti pratiche professionali piuttosto distanti.

Il Parlamento italiano negli ultimi trent’anni — anche con la legge Costituzionale n. 3 del 2001 — ha operato una scelta di fondo per la vita della scuola italiana, ma non tutti i docenti e i dirigenti hanno accettato, condiviso e considerato ‘praticabile’ la strada indicata dalla legislazione italiana. L’appello contesta l’autonomia scolastica, e tutto ciò che ne consegue, come se la legge costituzionale n.3 del 2001 fosse poco autorevole, una svista più che una scelta: nella riforma del Titolo V della Costituzione, viene sancita anche a livello di Carta fondamentale l’autonomia delle Istituzioni scolastiche. L’autonomia delle scuole non è mai citata nell’appello e la dimensione dell’insegnamento di ciascun docente non appare inserita in decisioni, “piani”, scelte operate dall’Istituto autonomo e dal Collegio docenti (altro significativo assente nell’appello): la realtà scolastica ‘genuina’ sembra essere solo la dimensione docente/alunni, senza riferimenti neanche al Consiglio di classe.

La divergenza tra diverse visioni delle finalità del sistema scolastico, e dell’assetto organizzativo funzionale a perseguire tali finalità, si ripresenta nel 2018 come se fosse nuova, e si evidenzia nelle scuole secondarie di secondo grado, specie di tipo liceale, in cui il percorso della costruzione di Istituti autonomi sembra meno condiviso, tramite attività formative, di analisi e revisione delle indicazioni fondamentali.

Mentre le Indicazioni nazionali per il curricolo delle scuole dell’infanzia e del primo ciclo (con tutto ciò che ne consegue in termini di valutazione, certificazione di competenze ecc.) hanno visto le scuole coinvolte in sperimentazioni, revisioni, e i contributi delle scuole sono stati ascoltati tanto che le decisioni formalizzate dal decreto legislativo n 62/2017 sono apparse coerenti con la prassi pedagogica, didattica valutativa del primo ciclo, non altrettanto si può dire per il secondo ciclo.

Le Disposizioni emanate a partire dal 2005 e 2009 per le scuole secondarie di secondo grado sono state più volte rimaneggiate dal Ministero ma non risultano, agli atti del MIUR, documenti di elaborazione condivisa, di revisione collettiva come invece accade per il primo ciclo. I due decreti ministeriali, n. 741 sull’esame di stato conclusivo del primo ciclo di istruzione e n. 742 sulla certificazione delle competenze, sono rivolti al primo ciclo.

Nelle scuole del primo ciclo, nel mese di aprile 2018 si è svolto per gli insegnanti e gli alunni delle terze medie, un interessante ‘esercizio’ di prove al computer per la certificazione dei livelli di apprendimento in italiano, matematica e inglese a seguito delle prove nazionali INVALSI. I riferimenti culturali, normativi e operativi sono coerenti e sufficientemente condivisi. (Vedi DGR Veneto. ) Per le scuole secondarie di secondo grado non è visibile analoga attività nei siti del MIUR centrale e periferico.

Nella Premessa i firmatari dell’appello propongono di parlare molto di scuola, tra le componenti della comunità scolastica ai fini di una trasformazione creativa. Sarebbe interessante chiedere agli estensori come si è sviluppato in questi nove mesi il dialogo, se sia stato avviato uno spazio di raccolta di documentazione, di studio, di confronto e di approfondimento sulla scuola.

In merito a sette temi proposto alla discussione, i firmatari descrivono l’annosa divergenza di opinioni e pratiche pedagogiche sui temi seguenti: conoscenze/competenze — lezione/laboratorio — innovazione didattica e tecnologie digitali — Scuola e lavoro — metrica dell’educazione e della ricerca — valutazione del singolo/ valutazione del sistema — inclusione e dispersione.

Conoscenza e competenze. Il primo punto dell’appello elenca le discipline-chiave per la lettura del mondo:

Letteratura, Matematica, Arte, Scienza, Storia, Geografia, Filosofia.

E la musica? Il diritto? L’economia? Le tecnologie? Le lingue comunitarie e le connesse letterature? La vecchia educazione civica? L’educazione psicomotoria e sportiva? La scelta delle discipline-chiave manifesta un prevalente riferimento ‘liceale’. Si afferma: Una reale comprensione del presente e la trasformazione della società richiedono riferimenti che affondano le radici nella storia, nelle opere, nelle biografie e nell’epistemologia delle discipline. L’elenco limitato di discipline scelte non sembra facilitare un apprendimento critico, aperto alla complessità dei saperi — più che del ‘sapere’. Prove Invalsi. In merito alle competenze degli studenti, gli estensori dell’appello esplicitano il rifiuto nei confronti di pratiche valutative standardizzate e nei confronti della attestazione di competenze acquisite dagli studenti. Con ragione non citano alcun testo di riferimento, in quanto la situazione delle INDICAZIONI NAZIONALI per le scuole di secondo grado è contradittoria e rischia di essere esasperante.

INVALSI esplicita la propria lettura della situazione normativa anche per le scuole del secondo grado, e i quadri di riferimento adottati non risultano finalizzati all’addestramento, anzi sollecitano lettura e problematizzazione di interessante spessore culturale.

Innovazione. Tutti condividono che “innovare non sia un bene per sé”. E molti sanno che l’esperienza della ‘lectio” (e della ‘disputati’) — guidata da parte di chi valorizza pienamente il contenuto scelto e sa valorizzare la vitalità che tale contenuto suscita negli ascoltatori — è una delle situazioni “collettive” più ricche di significato.

Ciononostante, esistono altre possibilità di insegnamento/apprendimento nelle quali si padroneggiano gli strumenti (anche quelli più recenti) senza rinunciare alle finalità formative e critiche. L’appello critica l’impazienza legata alla velocità degli strumenti digitali. Tale impazienza è legata a limitata professionalità di alcuni insegnanti.

Questo è uno dei punti più importanti: la formazione degli insegnanti, la PAZIENZA nelle attività di ricerca e sperimentazione nelle scuole e nei gruppi di docenti. Occorre tempo e occorrono FORMATORI in grado di dare agli insegnanti occasioni di apprendimento professionale di qualità, per un uso formativo dei nuovi strumenti e delle nuove dimensioni digitali.

La comunità della classe, che si genera nella comunicazione viva tra insegnante e allievi, a mio avviso potrebbe essere paragonata a un giardino più che a una fortezza (come accade nell’Appello). E ‘l’applicazione laboriosa’ invocata in classe, il ‘tempo quieto per pensare’ (ottenuto con l’allontanamento dei dispositivi smart), dovrebbe invece caratterizzare la lezione rivolta a UTILIZZARE CRITICAMENTE le informazioni, i dati, ‘il sapere che, in ogni caso gli studenti trovano in rete. Questo insegnamento, critico e innovativo, ha bisogno di quiete laboriosa, non di seduzione.

e disposizioni della recente Legge 21 settembre 2018, n. 108 dimostrano che le preoccupazioni segnalate da chi ha scritto l’appello sono condivise dall’attuale governo. L’opposizione all’alternanza scuola lavoro, anziché rivendicare maggiore autonomia per le Istituzioni scolastiche, in base ai propri indirizzi, alle scelte operate nel contesto e quindi in base al proprio piano dell’offerta formativa, si presenta come un’opposizione all’idea che a scuola ci si prepari per il lavoro. La legge n. 108/2018 rinvia di un anno il vincolo di aver svolto l’alternanza per poter accedere all’esame di stato.

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