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Alice-Sinistra nel mondo (cattivo) della globalizzazione
Metrica. Anche in merito alle prove INVALSI come requisito di accesso all’esame di maturità, le richieste dell’Appello sono state accolte dalla L 108/2018. Rinviate le prove INVALSI come prerequisito per l’esame di stato.
Chi abbia la pazienza di leggere gli esiti delle prove, constata che i ‘numeri’ pubblicati da INVALSI non generano alcun effetto ‘commerciale’ ma aiutano la comprensione degli strumenti culturali che gli alunni hanno acquisito e utilizzano consapevolmente.
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I quadri culturali di riferimento dell’INVALSI, basati sulle INDICAZIONI NAZIONALI, sono di rilevanza culturale e meritano una discussione specifica. Troppi docenti (molto sportivi) amano le classifiche, ma la restituzione degli esiti delle prove è uno strumento per il miglioramento delle attività svolte nelle classi. Le classifiche, contrastate dal MIUR, stanno a cuore e sono apprezzate dalle famiglie competitive e poco informate: La scuola dovrebbe parlare di questi temi con le famiglie, mettendo in evidenza i percorsi di miglioramento che gli insegnanti riescono a costruire con tutti i propri alunni, senza patemi per le classifiche. Per conoscere l’INVALSI in modo più diretto. CONCLUDENDO mi sembra di poter affermare che argomentazioni che da più di venticinque anni contestano la responsabilità delle scuole autonome si ripresentano oggi e l’Appello rilancia il valore unico, assoluto, non osservabile e non descrivibile della LEZIONE BEN FATTA. Si tratta del cuore di ogni scuola, ma un cuore senza tutto il corpo non sopravvive… per gli alunni fortunati va (quasi) bene ma per la società italiana non va tanto bene: o chi studia gli esiti di medio lungo periodo, sociali e individuali, dei percorsi degli studenti italiani è in errore?
Il quadro delineato presenta un indubbio quadro di complessità; ci sembra pertanto opportuno scandagliarlo attraverso l’osservazione di un Professionista e Ricercatore scolastico, Franco Torcellan che si sta misurando nella e con ‘La scuola nella società digitale, così educhiamo alla complessità’, ovvero verificando “L’importanza della formazione, della contestualizzazione degli apprendimenti, la necessaria riscoperta della progettazione e dell’argomentazione contro le soluzioni semplici ma false e le narrazioni fantastiche. Ecco quale deve essere il ruolo della scuola, anche con l’ausilio del web, per educare a una società complessa”185 .
Aria, idee e leadership nuove. Con il civismo, per la rinascita della Democrazia Italiana. (parte 28 di 40)
È stato osservato con tristezza e sconcerto che, con qualche rara eccezione, vi è un mantra ripetuto da diversi esponenti della Sinistra italiana dopo la ‘scoppola’ elettorale del 4 marzo 2018: “la causa della sconfitta sta nell’avere sposato la globalizzazione e il neoliberismo”. Lo stesso Nicola Zingaretti, per accreditarsi nella corsa alla Segreteria del Partito Democratico, si spinse addirittura a parlare di “fallimento della società occidentale”!
Il fatto è che tutta una serie di esponenti che definiremmo ‘orfanelli’ della sinistra novecentesca si esprimono con un pensiero povero ed irriflesso per una ragione pre-politica, ovvero l’analfabetismo funzionale che li
185 La scuola nella società digitale, così educhiamo alla complessità https://bit.ly/3EUZz26 81
caratterizza e che li spinge a perpetuare un approccio ideologico — tendenza catastrofista - nell’analizzare (si fa per dire) l’evoluzione del mondo odierno. L’atteggiamento e lo sguardo che manifestano vorrebbero testimoniare una (farisaica) sofferenza per le vittime della globalizzazione, in verità denotano l’assenza di curiosità ed intelligenza nel comprendere lo stato reale del cambiamento sociale, economico e culturale intervenuto nell’ultimo mezzo secolo. Non possiamo chiedere loro di adottare gli occhiali interpretativi di Matt Ridley che in Un ottimista razionale. Come evolve la prosperità, risulterebbe troppo provocatorio con la sua analisi, in controtendenza con il diffuso catastrofismo dei tempi presenti, che vede per il mondo un futuro di prosperità, a partire dalla constatazione che il benessere dell’uomo è aumentato ad un ritmo crescente (reddito procapite, standard di vita, disponibilità di beni e risorse), che il trend a livello globale è innegabilmente positivo e che la ‘ricetta per un futuro migliore’ è continuare a fare ciò che l’uomo ha sempre fatto per arrivare dov’è: scambiare idee, creare, innovare, migliorare.
Ma non possiamo altresì evitare di chiedere loro di documentarsi, prima di continuare i loro lamentosi sproloqui quasi sempre giustificati da qualche citazione di Thomas Piketty, cominciando con il sottoporre ad una comparazione le tesi sulla disuguaglianza come effetto della globalizzazione, per esempio con le argomentate smentite che ad esse dà Angus Deaton186 .
Inoltre, suggeriamo di ‘buttare l’occhio’ su un paio di Pubblicazioni che hanno il merito di soffermarsi sulla descrizione di dati e fatti con Figure e Tabelle che non lasciano margini per divagazioni ideologiche e focalizzano tutte le fenomenologie sociali ed economiche di interesse fondamentale per ogni buon democratico che intende esprimere un’opinione meditata ed obiettiva sugli effetti della globalizzazione.
• Steven Pinkler, Il declino della violenza. Perché quella che stiamo vivendo è probabilmente l’epoca più pacifica della storia.
Se dovessimo ridurre all’osso le 900 pagine di informazione preziosa e tentare di conciliare i risultati positivi descritti dall’autore con la constatazione che a fronte del declino della violenza certificato, nel frattempo la mente e il cuore dell’uomo sono rimasti più o meno gli stessi, sottolineeremmo la tesi fondamentale di Pinker: “Tale processo di portata epocale è dovuto al trionfo dei migliori angeli della nostra natura (empatia, autocontrollo, moralità e ragione) sui nostri demoni interiori (predazione, dominanza, vendetta, sadismo e ideologia), un trionfo reso possibile dalle istanze civilizzatrici su cui l’Occidente ha fondato la propria identità: monopolio statale dell’impiego legittimo della forza, alfabetizzazione, cosmopolitismo, libertà di commercio, femminilizzazione della società e un uso sempre più ampio della razionalità nell’agire economico e nel dibattito pubblico”187 .
• Steven Pinker, Enlightenment Now. The case for reason, science, humanism and progress, ora pubblicato in Italia con il titolo Illuminismo adesso.
L’essenza del messaggio (testimoniato dalle inconfutabili figure) è che la vita umana è migliorata enormemente e che ciò è dovuto in larga parte al capitalismo ed al liberalismo. Negli ultimi 200 anni e soprattutto negli ultimi 30 l’umanità ha esperito un miracolo: la povertà estrema è passata dal riguardare il 90 per cento della popolazione mondiale al dieci per cento di oggi. Nello stesso periodo le morti per parto sono scese dal’1,2 per cento (ossia 1 decesso ogni 80 nascite) allo 0,04 per cento mentre il tasso di mortalità infantile, il peggiore di tutti i mali, è diminuito nell’ordine delle centinaia. Sotto ogni punto di vista, materiale e morale, la nostra specie, sia nel mondo sviluppato che in quello in via di sviluppo, è ampiamente
186 Deaton vs. Piketty, due visioni (opposte) sulle disuguaglianze https://bit.ly/3IQki9W 187 L’epoca più pacifica della storia https://bit.ly/3s54XMA
benestante. Ciononostante, restano preoccupazioni, dubbi, pessimismo sul futuro che l’autore ci aiuta a comprendere188 .
Il vero punto interrogativo da porci è che la crescita e lo sviluppo impetuoso sono stati spinti dal motore di un liberalismo economico intriso di sogni e di speranze, alimentati da leader che non temevano il ricorso a messaggi romantici ed eroici, mentre oggi, nel momento in cui ci sarebbe bisogno di rilanciare un progetto ottimistico per il futuro focalizzando sia le risorse che lo possono consentire (le enormi potenzialità della rivoluzione tecnologica) che le distorsioni distributive da eliminare, prevalgono leader che investono sulla recriminazione del passato e su una mistura esiziale di pessimismo e mediocrità.
È per questa ragione che in un’intervista ad Annalisa Chirico del Foglio, Ian Bremmer avverte: “Attenti, il populismo crescerà”189!
L’economia è in ripresa, ma ampie fasce di popolazione manifestano ancora un malessere che ha radici economiche e sociali. E nessun New Deal è all’orizzonte…, anzi ora possiamo dire “era all’orizzonte”, perché il Piano per la ripresa dell'Europa – Next Generation EU - è diventato non soltanto un piano congiunturale per la ripresa.
Esso, infatti, rappresenta un’occasione unica per modificare i tradizionali paradigmi interpretativi del processo di globalizzazione che vedeva nell’anello dell’integrazione europea un elemento di vincolo e sofferenza per gli interessi nazionali.
Pertanto, oggi si può affermare che è possibile “uscire più forti dalla pandemia, trasformare le nostre economie, creare opportunità e posti di lavoro per l'Europa in cui vogliamo vivere. Abbiamo tutto ciò che serve per riuscirci. Abbiamo una visione per il futuro, abbiamo un programma e abbiamo concordato di investire insieme 806,9 miliardi di euro. È giunto il momento di metterci al lavoro, di rendere l'Europa più verde, più digitale e più resiliente”190
Ma ritornando dal punto di riflessione da cui siamo partiti, all’interno della rassegna delle posizioni e giudizi sulle fenomenologie socioeconomiche indotte dall’accelerazione delle connessioni e dell’interdipendenza su scala globale, riteniamo che possa essere gettata luce per una loro maggiore comprensione, assumendo i giudizi espressi da due osservatori ‘non allineati’. • Il primo riguarda Massimo D’Alema in una veste del tutto particolare e meritoria di ‘ambasciatore della sinistra’, Dall’America latina alla Cina. Conversando con D’Alema191
Intervista a tutto campo con l’ex-Presidente del Consiglio sui principali temi internazionali del momento — Umberto De Giovannangeli 25.9.18
• Il secondo riguarda una valutazione disincantata e spiazzante di Gio Pesce, La sinistra sta sparendo perché sposa gli ideali della destra:
“Sta succedendo sotto i nostri occhi, ma in pochi hanno il coraggio di riconoscerlo e tanto meno la forza di contrastarlo: destra e sinistra stanno convergendo pericolosamente verso il nazionalismo economico, sempre più accomunate da un entusiasmo bipartisan contro i movimenti di capitale, di persone e di merci”.
188 Ma è tutto davvero così fantastico? https://bit.ly/3pTuOEv 189 Attenti, il populismo crescerà ancora https://bit.ly/3IO5qZB 190 Piano per la ripresa dell'Europa https://bit.ly/3ptUM2n 191 Dall’America latina alla Cina. Conversando con D’Alema https://bit.ly/31QP1TI 83
A fronte di affermazioni e tesi molto critiche, però, risulta ancor più interessante soffermarsi su un fenomeno sorprendente ovvero che “Giovani e futuro: più ottimisti nel Sud del mondo”! È infatti risultato da un sondaggio compiuto dall’Ipsos in 15 Paesi: nei Paesi a basso reddito i tassi più alti di speranza nel futuro e nella possibilità di incidere in politica.
A ogni latitudine guardano al futuro con più ottimismo rispetto ai loro genitori. E le percentuali aumentano man mano che scende il reddito medio nel Paese.
È il dato — per certi versi sconcertante per l’opinione pubblica europea — che emerge dall’opinione espressa da un campione di giovani di tutto il mondo.
Una fotografia commissionata dalla Fondazione Bill & Melinda Gates con l’obiettivo di capire quali tra le questioni poste dagli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu stiano più a cuore alle opinioni pubbliche mondiali.
Dalla ricognizione sono emersi una serie di dati che può essere interessante analizzare alla vigilia ormai del Sinodo che in Vaticano dal 3 ottobre vedrà al centro dell’attenzione i giovani. Il sondaggio è stato condotto attraverso 40 mila interviste svolte in 15 Paesi: Australia, Brasile, Cina, Francia, Germania, Gran Bretagna, India, Indonesia, Kenya, Messico, Nigeria, Russia, Arabia Saudita, Svezia e Stati Uniti.
Il dato comune è che i giovani rispetto agli adulti si aspettano un futuro migliore non solo per se stessi, ma anche per il proprio Paese e per il mondo.
E i livelli di ottimismo record si raggiungono proprio nei Paesi a basso o medio reddito: gli ottimisti diventano quasi 8 su 10, contro i 5 su 10 dei Paesi a reddito più alto.
Parallelamente è più alta anche la quota dei giovani che pensano che le proprie scelte future potranno incidere sul modo in cui i loro Paesi saranno governati: sono maggioranza in India, Nigeria, Kenya, Brasile e Messico, contro il 35% degli Stati Uniti.
Riguardo invece alle priorità per la politica tra gli Obiettivi di sviluppo sostenibili il 33% indica come maggiormente importante la lotta alla povertà, il 31% l’accesso all’istruzione e il 27% l’accesso al lavoro. Ma va aggiunto che nei Paesi a basso e medio reddito cresce in maniera significativa la domanda di istruzione, che diventa la priorità numero uno per il 41% dei giovani.
Altro tema trasversale è la consapevolezza della disparità di condizioni che colpisce le donne; nel Sud del mondo, però, traspare più ottimismo sulla possibilità che anche su questo tema la situazione possa migliorare nei prossimi quindici anni.192
192 Giovani e futuro: più ottimisti nel Sud del mondo https://bit.ly/31PBgoj 84