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La contraddizione della Democrazia oggi: ampiezza del campo di gioco, low profile delle leadership

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POSTFAZIONE

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Aria, idee e leadership nuove. Con il civismo, per la rinascita della Democrazia Italiana. (parte 31di40)

Uno dei buchi neri che oggi intaccano e rendono più fragili le Democrazie che si trovano a competere con i modelli di governo a forte impronta autocratica od ‘illiberale’ consiste nella rarefazione di una presenza autorevole ed incisiva di classi dirigenti in grado di esercitare la leadership adottando programmi ed assumendo il compito di ricostruire la partecipazione e la fiducia popolare attraverso la valorizzazione e la rigenerazione socio-economica e culturale dell’enorme patrimonio sedimentato nei decenni di aumento della ricchezza e del benessere, che sono stati ampiamente documentati.

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La difficoltà consiste nel dover trasformare la delusione ed il risentimento accumulati, dalla parte di cittadinanza che si è sentita penalizzata nei processi di redistribuzione, in un nuovo capitale di fiducia, prospettando l’espansione dello sviluppo con una governance ed una regolazione pubblica orientata da criteri di innovazione politico-istituzionale (protagonismo democratico) ed equità sociale.

Le condizioni materiali oggettive sono decisamente favorevoli e ne sono evidenti i fattori trainanti, tenuti insieme da quella che è stata indicata come la connettografia, che costituisce il vero moltiplicatore delle opportunità di crescita tanto più grandi per i Paesi che riescono ad accedere ai flussi dell’innovazione combinandoli in funzione delle risorse peculiari e della vocazione territoriale che li contraddistingue.

Ciò che langue è l’affermazione di leadership politiche in grado di riaffermare una funzione di presidio istituzionale liberaldemocratico, in un contesto che, come è stato analizzato con un approccio inedito da Giulio Azzolini, ‘Dopo le classi dirigenti. La metamorfosi delle oligarchie nell’età globale’: “l’età globale ha inesorabilmente compromesso le condizioni di esistenza di una classe dirigente in senso proprio”208 .

Le oligarchie non si sono però sgretolate nella ‘baumaniana’ società liquida e trasparente, bensì hanno subito una metamorfosi con le vesti di gruppi di interesse privati favoriti da un tempo opaco in cui le Istituzioni sono impotenti o subalterne.

E’ stato Alessandro Baricco ad aprire recentemente su Repubblica una sorta di ‘caccia alle élite’: con un testo brioso, fantasioso, talvolta provocatorio, sempre godibile, egli ha introdotto nel dibattito politico-culturale italiano — oscillante tra il sonnacchioso e l’astioso — un vigoroso messaggio in forma di Manifesto per la “mobilitazione cognitiva e sentimentale” delle nuove classi dirigenti affinché diventino protagoniste di una stagione di nuovo impegno civile e testimonianza per l’affermazione di una cittadinanza dei diritti, doveri e responsabilità.

Il suo merito è l’aver innescato una generosa discussione all’interno della quale spiccano per lungimiranza e concretezza gli interventi di tre donne dal pensiero davvero illuminato: Francesca Bria, manager pubblica ’italiana che ha diretto l’Assessorato per le tecnologie a Barcellona ed ora in CdA RAI, l’economista Marianna Mazzuccato, la politologa Nadia Urbinati.

Particolarmente vigorosa la replica della Mazzuccato alle tesi dello scrittore, soprattutto dove puntualizza e stigmatizza che la ‘ribellione contro le élite’ è stata abilmente provocata ed orientata dai nuovi poteri con la capacità di manipolare209 la mobilitazione populista.

Resta il fatto che la frattura creatasi nei paesi democratici (e manifestatasi attraverso il successo delle formazioni populiste) costituisce un buco nero su cui le leadership politiche democratiche debbono porre la

208 “Dopo le classi dirigenti. La metamorfosi delle oligarchie nell’età globale” https://bit.ly/3E0Gw5y 209 Quello che Baricco non vede https://bit.ly/3oSBbZy

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