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Felix Gonzalez Torres
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DAMIEN HIRST
“Art’s about life and it can’t really about anything else…there isn’t anything else”.
L’artista è evidentemente figlio delle Neo-avanguardie, in effetti tutta la sua formazione è negli anni ‘70 e anni ‘80, a cavallo tra Neo-avanguardie e Post-modernismo. Ha una formazione canonica: si laurea in arte a Londra nei tempi giusti e subito dopo, senza perdere tempo inizia la sua rapida ascesa. Nel 1988 fonda con ad altri giovani artisti il gruppo YBAs, di cui lui sarà in qualche modo il leader, riuscendo ad attirare l’interesse del collezionista e pubblicitario Charles Saatchi, che li sostenne come loro mecenate e in particolare continuò a sostenere l’opera di Damien Hirst. Il gruppo, già allora teorizzò “shock tactics”, letteralmente tattica d’assalto, che puntava a scioccare lo spettatore, utilizzando immagini sconvolgenti.
Come l’opera più nota di Damien Hirst, The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living. Uno squalo tigre di oltre quattro metri, disposto in una teca e sospeso nella formaldeide, con la bocca aperta; in modo tale che lo spettatore, raggiungendo il lato dove è visibile la bocca spalancata dello squalo, possa avere la sensazione di trovarsi di fronte a un essere ancora potenzialmente vivo e pericoloso. L’opera ha fatto talmente scalpore da diventare un’icona-simbolo nell’arte degli anni ‘90. Essa in realtà rappresenta la concretizzazione di un’idea: è il mero frutto di qualche telefonata e ciò che era necessario per comprare lo squalo da un pescatore australiano di pescecani. In sostanza gli YBAs dimostrano di aver compreso la poetica del “sistema dell’arte”, ovvero che qualsiasi cosa poteva diventare arte a patto che il “sistema” fosse consenziente ad accoglierla, e infatti ne mettono in scena l’attualizzazione, concretizzando le opere che corrispondevano ai requisiti di questa nuova ideologia.
Le Neo-avanguardie degli anni ‘60-‘70 puntavano a far coincidere l’arte con la vita, un progetto politico, utopico, ma che sosteneva la vita e il suo significato, identificandolo nel concetto di valore umano. Si potrebbe dire che essa sia un connubio tra l’arte degli anni ‘70 e il postmodernismo cinico degli anni ‘80; e il risultato di questa annessione è un sistema di merci artistiche che si richiama al ready made di Duchamp, nella lettura però di Andy Warhol. Con la differenza che quest’ultimo del cinismo che riscontrava nel reale non ne ha fatto una ideologia, ma semmai una implicita denuncia, anche se ambiguamente ne ha usufruito.
Damien Hirst è un abile venditore, utilizza queste opere, in genere le sue installazioni, in qualche modo “invendibili” per creare una sorta di vetrina, e una sua scioccante cifra stilistica nell’immaginario dello spettatore, per poter vendere opere più piccole e più abbordabili. Ad esempio la serie Entomology Paintings, o Butterfly Colour Paintings, quadri astratti realizzati con delle farfalle vere, che sono però riconoscibili come suoi. Hirst ha realizzato anche uno shop on line dov’è reperibile ogni tipo di merchandise. Egli ha predisposto un ufficio, Science, per curare tutti i suoi interessi. In sostanza ha messo a frutto pienamente l’ideologia del Sistema dell’arte, facendo incassi e mercato. Non tutto è trasformabile in merce, ma questo fa parte del sistema stesso, perché ciò che non è vendibile garantisce però la vendita dei suoi derivati.
L’artista lo dimostra arrivando a concepire un’opera la cui realizzazione sarà sempre più costosa del suo mero valore artistico: For the Love of God. Grazie a quest’opera esemplare, probabilmente un’altra icona del tempo, il critico Rudi Fuchs afferma che Damien Hirst sia riuscito a sconfiggere la decadenza della morte, consegnando a questo teschio umano (vero) la sua luce risplendente in eterno, attraverso i centinaia di diamanti incastonati sulla lamina di platino che lo ricopre, finanche all’interno delle cavità orbitali. Un’opera che forse, così come dice il critico, recupera quell’eroismo insito nell’essere umano anche il più umile, che sta proprio nella capacità di sapere e alla fine dovere affrontare la morte. [6]