CARLO LOTTI - Segni ontici e disegni ontologici

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Segni ontici e disegni ontologici

Mediterraneità

1986, olio su tela, cm 120x90

L’essenza crea va e segnica del Maestro Lo si ripercuote incessante in ogni suo lavoro. Nelle sue mani ogni segno diviene arte di conce o e non solo di rappresentazione grafica mera a se stessa. Il segno è, esiste, si conficca prepotente su qualsiasi supporto re o e sorre o dal colore che rivela ed enfa zza ogni simbologia e la precisione seman ca che si intende rivelare.

Inoltre Lo non trascura mai l’armonia e l’eleganza benché sovente sembra che abbia perso il controllo della sua forza crea va poiché le opere sono di un equilibrio e di una compostezza prepotente tale da rivaleggiare con la fisicità dello stesso sogge o che rappresentano o del conce o che so olineano.

Esse spaziano dal figura vo essenziale e geometrico fino ad un astra o volutamente colmo di segni che sono tes monianze della sostanza del narrato. Ques ul mi “piovono” sul supporto e sono immersi in croma smi coniuga . L’operato ar s co di Carlo Lo è di conce o, raffinato, va studiato in ogni suo punto e sfacce atura, senza tralasciare nulla e con la massima a enzione poiché è il prodo o di un intelle o vivido e spesso geniale, ricco in ogni suo aspe o.

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RAPPRESENTAZIONE

DELL’ANIMO IN UN MOMENTO DI GRANDE ARMONIA

La visione dell’insieme, più che la figura, rappresentata nel quadro del pi ore astra sta Carlo Lo di Ronciglione, non ha tolo, cosa voluta dall’ar sta, lasciando all’osservatore il compito di concepire con la fantasia, egli stesso, il nome da dare dell’opera, in rapporto al suo stato d’animo nel momento in cui ammira il quadro.

L’opera potrebbe avere non uno, ma diversi toli, in quanto tante sono le percezioni e i sen

men che pervadono la mente degli uomini nel momento in cui si accingono a guardare una pi ura, sopra u o se è astra a, come è l’opera del nostro ar sta, dove non è percepibile a prima vista, specie all’occhio dell’incantato, alcuna forma figura va. Tra asi di una tela abba

stanza grande, formata da fasci colora ; dal pallido oro delle campagne di grano al tenue celeste del cielo e del mare, visibili alla fine del tramonto del sole sui mon e sul mare del nostro territorio mediterraneo.

Naturalmente non sappiamo quale sia stata la mo vazione che ha spinto l’ar sta a comporre l’opera in quanto lo stato d’animo del pi ore, come quello di ogni uomo, è mutevole giorno per giorno: gioie, piaceri, dolori, sofferenze influiscono in maniera determinante a cara eriz

zare l’opera ar s ca, sia essa una pi ura, una scultura, una lirica musicale.

Chi scrive ha avuto il piacere di contemplare il quadro di Carlo Lo in una tarda ma nata di pieno sole di fine autunno, che di solito predispone alla pace ed alla serenità dell’animo, e conseguentemente di intravedere nella sapiente combinazione dei due tenui colori una atmosfera di grande armonia.

È stato facile allora immaginare il tolo: “Rappresentazione dell’animo in un momento di grande armonia”.

Carlo Lo , ar sta astra sta dei nostri tempi, ha avuto per l’arte pi orica, sin da ragazzo, una grande passione, quella vera, che prende il cuore e la mente e non lascia più, e induce ad una con nua ricerca a raverso la quale realizzare la crea vità umana “o espressione ar s ca” e la cultura di una società; nelle forme individuali e nelle manifestazioni pubbliche, per lo sviluppo di una Nazione e per migliorare te stesso e per offrire ai tuoi es matori la ricchezza ed il godimento della pi ura, intesa come affinamento dell’animo umano in una immediata co

municabilità sociale.

Carlo Lo , unitamente ad un gruppo di ar s internazionali e delle periferie delle grandi ci à, si trova impegnato in una ricerca colle va a cui la cri ca, finalmente, ha rivolto loro l’a en

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zione, cogliendo da subito le ragioni e le mo vazioni auten che di questo creare, in una propria espressività e in una nuova iden tà per emanciparla dalla mis ficazione e dal diro amento solo economico a cui i cri ci d’arte avevano maggiormente rivolto fino ad allora la loro a enzione, emarginando i tan ar s della periferia, ovvero parlando soltanto di quell’arte in cui credevano, tralasciando le nuove corren ar s che, specialmente quelle provinciali, del cui risveglio non avevano conoscenza, o non ritenevano degne di osservazione. Ciò a torto. Perché, dunque, la pi ura immaginaria e non quella figura va, più facile a comprendersi, a ra il nostro ar sta? Certamente l’astra smo pi orico non è nato oggi. Il movimento ha origine infa all’inizio del Novecento e si protrae fino a giorni nostri. Alla domanda si risponde: oggi la pi ura rappresenta un modo di essere e di vita profondamente modificato rispe o ai secoli scorsi, dove tu o scorreva in modo semplice e senza eccessive complicazioni e si aveva allora la necessità delle immagini reali per rappresentare con la pi ura la vita che fluiva.

Lo , si cara erizza rispe o agli ar s del suo tempo, siamo negli anni se anta del secolo passato, per essersi spinto un po' più avan . Egli è un ar sta impegnato in un lavoro serio e sempre più rilevante di ricerca interna ad una sua storia di pi ura, della realtà e al tempo stesso di protagonista per una auten ca esperienza di decentramento della cultura e dell’arte, intesa nel senso giusto, di creazione ovunque di spazio di libertà e di espressività. Tu o questo fervore ar s co lo osserviamo nel lavoro della Diagonale Rossa, una novella scuola pi orica astra a fondata da Lo negli anni se anta nella quale porta il contributo della sua volontà e l’esempio della sua pi ura che è già recupero e senso della dignità delle cose che dura nel quadro come visione che oltrepassa i limi precari della percezione. (Così si esprime il cri co d’arte Elio Mercuri, quello che maggiormente si è interessato alla sua arte).

La Diagonale Rossa è stato il più grande movimento ar s co in Italia nato dalla forza dei soli ar s del quale facevano parte ar s archite : francesi, spagnoli, armeni, russi, americani, argen ni, africani, indiani ed altre nazionalità. Il movimento fu “ba ezzato” da Elena Croce, la quale lo presentò al Presidente della Repubblica Sandro Per ni e all’Unesco di Firenze. Dal movimento, che raggiunse oltre duemila membri, nacque il gruppo dei nuovi pi ori astras in Italia con una mostra tenutasi a Viterbo nel maggio del 1985, recensita sul quo diano “Paese Sera” da Berenice (Jolena Baldini) nella sua rubrica “se evolante”

La ricerca di Lo , così come riporta lo storico dell’arte italiana Federico Zeri nel suo “Orto Aperto”­Edizione Longanesi­Ricco corredo iconografico delle opere d’arte sparse per l’Italialo porta a far emergere un grande tesoro nascosto, un capolavoro assoluto di Guido Reni, pit

tore bolognese del XVI sec., che si conserva nella chiesa di Santa Teresa a Caprarola, luogo assai noto per il Palazzo Farnese, grande stru ura archite onica del XVI secolo italiano, collocato sull’altare maggiore, raffigurante la Vergine col Bambino, situata sulle nubi tra gli angeli, mentre in basso si rivolgono ad essa, in piedi e a figura intera, san Giuseppe e santa Teresa d’Ávila, dipinto commissionato nel 1621 dal cardinale Odoardo Farnese, in occasione della canonizzazione della santa spagnola.

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Oggi, più che mai, il mondo è cambiato; la tecnologia, specialmente quella digitale, ci ha portato ad una visione dei fa e degli accadimen in maniera del tu o diversa ed ideale e, pertanto, anche l’arte pi orica ha modificato forma, e Lo rappresenta uno di ques cambiamen , avendo capito da tempo, in relazione anche ad una sua esigenza spirituale, de a trasformazione, che percepiva esprimere i propri sen men in maniera differente e più credibile.

Carlo Lo è un pi ore a tu o tondo, che ha sperimentato nella sua vita di ar sta le varie corren pi oriche, Diagonale Rossa compresa, restando interessato per qualche tempo all’im

pressionismo di Monet e finendo con l’abbracciare la sua vera passione, che è quella dell’astra smo di Vasilij Kandinskij e di tan altri, che soddisfa pienamente il suo bisogno di spiritualità e di crea vità.

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Opere figurative

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Veduta dell’Etna dalla finestra dello studio dell’ar sta a Bocale Primo (RC)
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di sanguigna da Michelangelo effe uato agli Uffizi dal disegno “Madonna
bambino”
Disegno
con
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Carlo Lo al lavoro in riva al lago di Vico (Ronciglione).

Opera della pi rice Naive Campomaggiore Lo Prima Rosa in arte “Primula”.

1978, acrilico so o vetro, cm 50x60

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Natura morta da Paul Cèzanne 1972, olio su tela, cm 50x70
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Opere senza figure e senza segni

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Uomo ontologico del pi ore Venom Tatsuo Ikeda olio su tela, cm 90x30
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Opere con prevalenza di segni

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Poster “Pi ura e Poesia” pi ore Carlo Lo ­ poeta Giuseppe Maria Lotano 1975, cm 100x70
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L’ARTE PER LA GLORIA MONDANA O PER LA SALVEZZA ETERNA? di P. Ennio Laudazi, ocd.

Con il tolo ho voluto dare di proposito un taglio religioso alle mie riflessioni sull’arte e sul pittore Carlo Lo , na vo di Ronciglione (VT) ed ora residente in Calabria, in un paesino ai confini con lo stre o di Messina, luogo assolato e lucente tra cielo, terra e onde marine. Non posso condividere l’assioma spiritoso di Roberto Gervaso: “Quanto più credo in Dio, tanto più credo in me stesso”. Mi domando subito: in quale Dio credo per credere tanto più in me stesso e cosa significa credere in me stesso? Sogno, chimera, certezza o frustrazione? Certezza o illusione? A livello personale e sociale? A livello familiare o sociale?...

Siccome credo che la domanda del tolo lo richieda, mi inoltro alquanto nel mondo dell’arte in tu e le sue espressioni e in tu e le sue epoche, facendo riferimento ad alcuni personaggi che ho davan agli occhi mentre scrivo e penso che colui che legge sia d’accordo con chi scrive e con colui del quale sta scrivendo. Preciso, in base al tolo della mia e della loro tes monianza che gli ar s dei quali riferisco a modo di esempio li ho le e studia in profondità, ne condivido le certezze e ne accolgo con convinzione sia l’esperienza sia il messaggio. Incomincio dalla Bibbia, presa come tale, senza pregiudizi e sovrapposizioni accademiche e precisamente quale Parola di Dio nella storia della Salvezza al Popolo d’Israele prima e alla Chiesa poi. E precisamente dal Salmo 8 un verse o. Eccolo: “I cieli narrano la gloria di Dio e l’opera della sue mani annunzia il firmamento”. Da pregare e gustare in tu a la sua interezza! Passo al Can co delle creature di S. Francesco d’Assisi per arrivare al Sommo poeta Dante Alighieri che Papa Francesco nella sua Le era apostolica Candor lucis aeternae, scri a nel VII centenario della sua morte, definisce “profeta di speranza e tes mone della sete d’infinito, insita nel cuore dell’uomo”, allorchè canta il mistero dell’Incarnazione del Verbo nel grembo della Vergine Maria: “Nel ventre tuo si raccese l’amore,/ per lo cui caldo ne l’e erna pace/ così è germinato questo fiore”(Paradiso XXXIII, 7­9). A volo d’uccello vado nel ‘5oo spagnolo in casa di un grande poeta mis co S. Giovanni della Croce con i suoi Noche oscura e Can co Espiritual: Dio è la Bellezza e l’Amore dalle infinite rifrangenze sulle Sue creature, è l’Amato che va in cerca dell’amato: ”Adonde te ascondiste, Amado…”.

Per arrivare, sempre volando, al nostro Giuseppe Ungare , poeta dell’Allegria con il suo M’illumino/ d’immenso e Il mio supplizio/ è quando/ non mi credo/ in armonia.

Per arrivare alla constatazione esperienziale di R.M. Rilke nelle sue Elegie duinesi: che se l’uomo non è stabilito nel baricentro, il mondo che gli gira a orno non può essere bello e armonico!

Approfondiamo il nucleo della verità fondamentale espressa nel tolo, cercando la linea di ri

flessione nell’opera interdisciplinare in 7 volumi Gloria (per un’este ca teologica) del teologo Hans Urs von Balhasar (Lucerna 1905­1988). Vale la pena giocare a questo punto le carte migliori!

L’ aspe o centrale della bellezza contemplata come proprietà dell’essere è lo “splendor formae substan alis supra partes materiae propor onatas et terminatas” (S. Tommaso d’Aquino); per

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cui noi abbiamo cognizione che Dio è, ma non che cosa è (…). Dio in qualità di causa di ogni bello dona a ogni cosa consonan a et caritas (…): consonan a è il suono accordato delle par chè essenzialmente armonia, proporzione, ordine, bell’aspe o; claritas, su questa stru ura d’ordine “orizzontale”, la luce di splendore che piove ver cale dall’alto: “Non perché qualcosa che è amato è bello, ma qualcosa è amato perché è bello”. E. allora, come conseguenza razionale, è proprio della bellezza la “resplenden a”, l’eluscere (lo splendore, il brillare), con l’applicazione convinta al mistero della Rivelazione cris ana, divina e defini va: Gesù Cristo è il Medium senza di cui la gloria di Dio non può essere rivelata… e il dono di Cristo, lo Spirito Santo, include in sé la forza di ogni altro dono”. Gesù è rivelato da Dio Padre (cfr. Annunciazione­ Ba esimo nel Giordano­ sul Calvario ­sulla Croce…), Gesù si rivela Messia, Figlio, Re... e gli Evangelis lo rivelano. Per cui “l’arte non è un fa o privato, perché la verità non lo è mai” (HANS URS von BALTHASAR, Lo sviluppo dell’idea musicale, Glossa, Milano 1995, p.(39). In forza di ques principi appena abbozza in questo contesto capiamo i valori della vera arte e le tante intemperanze (psicologia e moralità) commesse nei suoi confron (la grandezza geniale, crea va e innova va e l’asservimento alla gloria, alla moda, alla fama, al denaro e alla ricchezza!

Da queste considerazioni “pesan ”, ma ogge ve, una pennellata sull’arte nella pi ura dell’amico Carlo Lo . Già ci conoscevamo: insegnavo E ca professionale nell’Ospedale di Ronciglione (VT) dove lui svolgeva il suo lavoro assistenziale; io ero residente a Caprarola nella “Casa

S. Teresa”. Domenica 5 marzo del lontano 1989 sarebbe andata in onda su Rai Uno la Messa, sul giornale “La Stampa” di Torino, con un ar colo magistrale in Terza pagina, lo storico d’arte Federico Zeri a ribuì a Guido Reni la paternità della pala dell’altare maggiore, favorendone le mo vazioni storiche e ar s che. Convalidate poi dai disegni preparatori del quadro della Galleria degli Uffizi di Firenze e da un lungo ar colo di Andrea Emiliani sulla rivista “Accademia

“Clemen na” di Bologna (in una cartella conservo il materiale documentario). Dunque, in breve: fin dall’infanzia conatus umano e ar s co di passare a raverso i colori e le forme della fantasia crea va dall’esterno all’interno del sogge o, dal transeunte all’eterno, dai segni on ci ai disegni ontologici, dalla simbologia ai segni che possano esprimerla, dai colori ai segni raffiguran i sogni… Il tu o finalizzato nello sforzo di farli sopravvivere al tempo a raverso il Bonum e il Pulchrum dell’essere. Insomma, da quando lo conosco come ar sta e come uomo, quanto oggi posso perme ermi di augurami lo esprimo con una preghiera alla SS. Trinità nello spirito della Rivelazione e della fede cris ana della Chiesa: “O Dio Padre, che hai mandato nel mondo il tuo Figlio, Parola di verità, e lo Spirito San ficatore per rivelare agli uomini il mistero della tua vita, fa nella professione della vera fede riconosciamo la gloria della Trinità e adoriamo l’unico Dio in tre persone”.(Orazione alla SS. Trinità). Per concludere, la domanda del catechi

smo della Chiesa che ci fu insegnato da piccoli e offre la risposta al tolo scelto per la presente tes monianza: Perché Dio ha creato l’uomo? La risposta era, è e sarà: Dio ha creato l’uomo per conoscerLo, seguirLo, amarLo in questa vita e per goderLo eternamente nell’altra.

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TESTIMONIANZA di Giuseppe Maria Lotano

Fui sorpreso nella mia stanza di lavoro, in pausa pranzo, a scrivere qualche verso sul retro di un foglio da riciclare. Fu occasione per Carlo Lo di parlarmi della sua passione pi orica, non ne ero a conoscenza.

Lo stare nella stessa società di ingegneria, OTE del gruppo EFIM, ci facilitò l’approfondimento delle argomentazioni sulla passione di tradurre il pensiero in forme da trasferire ad altri, con i quali ci affascinò confrontarci non per sfida ma per a ngere ulteriori mo vazioni del sen re a sostegno di nuove opere.

Ci coordinammo proponendo con il tolo “Diagonale Rossa” una mostra di Pi ura e Poesia che fu alles ta a Ronciglione nelle stanze del palazzo Ceccaroni, dal 23 Dicembre 1975 al 31 gennaio 1976.

Il successo di cri ca e visitatori fu notevole, ne parlò anche Berenice nella sua rubrica del quodiano Paese Sera.

Così iniziò un capitolo nuovo dell’arte contemporanea.

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Giuseppe Maria Lotano

TESTIMONIANZA di Americo Mascarucci

Parlare di Carlo Lo è per me un grande onore, ma al tempo stesso una grande sfida, perché suppone che ne parli scevro da pregiudizi e da simpa e personali. E non è facile farlo, perché Carlo è stata una persona molto importante nella mia vita, con un grande ruolo nel mio percorso professionale. Appena ventenne, desideroso di diventare giornalista e scri ore, è stato l’unico punto di riferimento. A lui so oposi il mio primo romanzo, un testo che se rile o oggi ces nerei senza un a mo di esitazione ma che all’epoca, nell’innocenza e nell’immaturità dei miei ven anni, mi appariva un capolavoro. Ricordo Carlo che mi presentò il primo cri co le erario che non esitò a stroncare quel lavoro e a consigliarmi di crescere, leggere molto e non avere fre a di pubblicare, perché tanto avevo ancora da imparare. Fu per me una doccia gelata, una profonda delusione, perché come tu i ragazzi che a vent’anni sono ancora capaci di sognare, mi ero fa o troppe illusioni. Oggi, quasi cinquantenne, benedico quel giorno in cui grazie a Carlo compresi che dovevo crescere, conoscere tanto di più di una professione che poi, anno dopo anno, esperienze dopo esperienze, studi su studi, sono riuscito ad abbracciare diventando giornalista e scri ore con tre libri all’a vo.

Carlo mi restò vicino, mi invitò a non abba ermi, mi aiutò a capire che da un insuccesso e da una grande delusione scaturisce sempre una forte maturazione. Ricordo i nostri incontri e le nostre passeggiate nel verde della bellissima Villa Lina a Ronciglione, i raccon di vita vissuta, gli scambi di opinione, i pun di vista spesso divergen che ci aiutavano a ritrovarci alla fine sempre su visioni comuni. Perché soltanto partendo dal confronto e dalla diversità di vedute, si può migliorare la propria visione delle cose, aiutando anche gli altri ad allargare il proprio orizzonte.

Poi c’è l’ar sta, il pi ore, dotato di genialità ma sopra u o di felici intuizioni. Un ar sta che non ha mai avuto paura di andare controcorrente, sfidando il pensiero dominante e lo sce

cismo di chi, pensando di saperne più di lui, ne sminuiva il lavoro, la professione. Grande fu la soddisfazione quando il cri co d’arte Federico Zeri gli riconobbe pubblicamente il merito di aver scoperto e segnalato la presenza di un’opera del Guido Reni nel monastero di Santa Teresa a Caprarola. Un successo personale per lui, che da quel momento, dopo i pubblici elogi di Zeri su La Stampa, in tv e in alcuni volumi, fu guardato con molto meno sce cismo da chi in precedenza non gli aveva riconosciuto credibilità e valore. Ricordo un giorno in cui fui tes mone di una sua telefonata con lo stesso Zeri. Carlo voleva andarlo a trovare e si era messo in testa che dovevo accompagnarlo. Il grande cri co d’arte gli rispose che non stava bene ma che comunque lo avrebbe incontrato con piacere appena rimesso. Peccato che dopo pochi giorni la tv diede no zia della scomparsa.

Carlo non è soltanto un produ ore di cultura a livello ar s co con la realizzazione di quadri, ma è sopra u o un bravo assemblatore di idee e organizzatore di proge ; l’ul ma inizia va realizzata nel suo paese d’origine, Ronciglione, è il bellissimo volume sull’Immacolata Concezione di Scipione Pulzone, la tela conservata all’interno del convento dei Cappuccini; volume

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che ha permesso di scoprire e valorizzare un patrimonio ar s co di grandissimo valore e che volle realizzare su invito del professor Italo Faldi che accompagnò parte del percorso; un percorso difficile, lungo, travagliato, ostacolato da intoppi economici e organizza vi ma che alla fine, con testardaggine, determinazione e grandissimi sforzi è riuscito a portare a compimento. È per questo che, non essendo un cri co d’arte, mi limito a parlare dell’amico e dell’intelle uale che senza presunzione accademica ha saputo trasme ere a tan di noi insegnamen fondamentali; la libertà di pensiero e di opinione, la capacità diale ca, l’a tudine al confronto, conce matura alla scuola di Elena Croce, figlia del grande filosofo del secolo scorso, padre del liberalismo italiano, Benede o Croce; un liberalismo che Carlo ha sempre saputo coniugare con un’alta spiritualità facendosi portavoce ed interprete del mo o crociano “non possiamo non dirci cris ani”; poi l’amore per l’ambiente che lo ha visto impegnato con l’Associazione

“Italia Nostra” nella difesa del paesaggio e nella lo a contro l’inquinamento, specie a Ronciglione, dove si è schierato con coraggio in difesa della tutela del Lago di Vico e dei mon Cimini; la passione per la cultura e per i libri, dimostrata dalla sua ricca biblioteca domes ca, dal suo girovagare per l’Italia alla ricerca sempre di novità, di nuove conoscenze, esperienze, saperi. Carlo è un personaggio davvero poliedrico che, nonostante l’avanzare dell’età e del tempo, sembra non invecchiare mai in quanto a tenacia, a vismo, voglia di lavorare, di “stare sul pezzo” come amiamo dire noi giornalis . E speriamo che questo Carlo non si stanchi mai di essere lui stesso e di stare sempre un passo avan rispe o agli altri.

Americo Mascarucci giornalista e scri ore

Segni Ontici e Disegni Ontologici

Studio Byblos Publishing House

studiobyblos@gmail.com ‐ www.studiobyblos.com

ISBN: 9791280343154

Palermo ‐ Giugno 2023

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