FREE PRESS DI GIORNALISMO INVESTIGATIVO
EDIZIONE DI CATANIA
ANNO I - N.6 - VENERDÌ 17 DICEMBRE 2010
(pre)POTENTI PALADINI La politica e gli affari di famiglia 2
ALLA PROVA DEI FATTI
PAGINE 6,8,9
PAGINA 3
A NATALE PENSA A LORO
DOSSIER 118 SICILIA
SINDACALAFFARISMO
PAGINA 4
PAGINA 7
PAGINA 14
5 GENNAIO 1984 - 5 GENNAIO 2011 SUD ricorda Pippo Fava, ammazzato dalla mafia e dai fiancheggiatori riveriti dalla città
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EDITORIALE
LEGGETECI TUTTI
Antonio Condorelli
T
utto è iniziato quest'estate, sotto ferragosto. Sud è arrivato a Natale. Quattro mesi sono volati tra conferenze stampa, minacce di querele, notizie e video. Dietro tutto c'è l'impegno di sempre, il giornalismo che parte dalla strada tra indiscrezioni e verifiche nottetempo, percorre ogni diramazione e arriva a raccontare cosa avviene nelle stanze più alte del potere. La zona grigia dove è difficile distinguere mafia, antimafia, gli affari personali, la politica e le complicità. E all'improvviso ti guardi attorno e scopri che questa “zona grigia” è la Sicilia. Per come appare sotto gli occhi di tutti. E' stato “normalizzato” ogni comportamento, a chiudere il cerchio, a blindare il sistema, sono scesi in campo quelli che da sempre sono considerati “paladini”, i professionisti dell'antimafia, che passando all'incasso da chi gestisce la cosa pubblica, hanno dichiarato apertamente il loro prezzo. Per non parlare dei parenti di gente ammazzata da Cosa Nostra che ha fatto un mestiere del cognome che porta. Campano pagati da sospettati di mafiosità, sulla pelle e sul sangue versato dai propri familiari. Questione di scelte. L'appuntamento è al 2011, per noi ogni giorno sarà una battaglia. E' nostro dovere farlo.
Direttore Responsabile ANTONIO CONDORELLI Hanno collaborato a questo numero: Saul Caia, Rosario Sardella, Laura Galesi, Enrico Sciuto, Andrea Di Grazia, Fernando M. Adonia, Orazio Di Mauro, Stiben Mesa Paniagua, Giovanni Tizian Registrazione Tribunale di Catania n. 18/2010 Edito da: Editori Indipendenti S.r.l.
Viale Kennedy 10 - 95121 Catania tel. 095349015 | e-mail: info@sudpress.it - redazione@sudpress.it sito: www.sudpress.it Impaginazione e grafica Max Guglielmino Stampa Litocon S.r.l. Catania Per le vostre inserzioni pubblicitarie su SUD: tel. 095 349015 - commerciale@sudpress.it SUD viene impaginato utilizzando programmi Open Source e stampato su carta riciclata Chiuso in redazione: 17/12/2010 - h. 22:30
DOPO L'USCITA DEI PRIMI NUMERI DI SUD, ALCUNI INSERZIONISTI PUBBLICITARI SI SONO SPAVENTATI E HANNO FATTO UN PASSO INDIETRO. E' FACILE, IN QUESTA CITTÀ PIENA DI PSEUDO-PALADINI DELLA GIUSTIZIA E DI COLLUSI, PARLARE DI LIBERTÀ D'INFORMAZIONE E FARE “ANTIMAFIA” IN MODO AUTOREFERENZIALE.
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MALA POLITICA
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LUNGA CINQUE ANNI
«
Fernando M. Adonia
Tradimento ignobile del sindaco Stancanelli e della sua giunta». Parole aspre quelle di Giovanni Caruso, animatore del GAPA. Commento -questoa seguito dell'ennesima notizia di sfratto ai danni dell' Istituto Comprensivo Andrea Doria di Via dei Cordai, nel quartiere di San Cristoforo a Catania. Quello che rischia di chiudere è l'unico centro “funzionante” e di legalità nella «patria del boss Nitto Santapaola». Lo stabile di proprietà delle suore orsoline è da 35 anni in affittato al comune. Dall'Ottobre 2006 però la sopravvivenza della scuola è a rischio a causa lo sfratto intimato per il mancato pagamento di 12 mensilità da parte dell'amministrazione Scapagnini. Fu lo stesso medico di Berlusconi, nel dicembre dello stesso anno, coadiuvato dall'assessore alle Politiche scolastiche Giuseppe Maiomone, dietro pressione dei familiari degli alunni, dei docenti e del GAPA, a scongiurare la chiusura del plesso grazie ad una trattativa tra le parti gestita dal Prefetto Cancellieri. Allora il Comune s'impegnò «a saldare le somme arretrate ed a pagare puntualmente l'affitto» e lanciò «l'ipotesi di acquistare il plesso». Nella Primavera del 2007 la situazione crolla di nuovo. I pagamenti non arrivano, lo sfratto resta sullo sfondo. Stavolta sono le madri dei bambini, costituite in comitato, a salire sulla ribalta della trattativa. A Marzo 50 di esse, assieme agli operatori della scuola, occupano il plesso. Chiedono d'interloquire con il Sindaco e l'assessore. La risposta di Maiomone: “Capisco le esigenze delle famiglie,
ma sono cose lunghe”. La protesta si sposta a Palazzo degli elefanti. L'amministrazione propone di spostare gli alunni della scuola presso la vicina “Tempesta”. Ipotesi che non convince nessuno. La situazione a luglio si sblocca. Il contratto viene prorogato per altri due anni. “Il Comune pagherà un surplus alle Orsoline per i lavori di messa in sicurezza”. A Novembre arriva il premio Rocco Chinnici per le madri della Doria, un riconoscimento importante per l'impegno sociale. Pagamenti in arretrato anche sotto Stancanelli. Nell'ottobre del 2008 il comune deve 130.000 euro per gli affitti, “la metà esatta -denuncia il GAPA- dello stipendio dato al nuovo direttore generale del Comune Lanza”. 2009: Tira-e-molla di sfratti tra gennaio, febbraio, giugno. Il 2010 è l'anno degli Stati Generali fortemente voluti dal Sindaco. L'iniziativa costa al comune 210.000 euro. I ritardi per l'affitto della “Doria” si accumulano di nuovo. Il Sindaco a Luglio rinnova il contratto con un “6+6”. Sembra una vittoria. Al momento però si conta un debito con le Orsoline di ben 54.000 euro. (per Giuseppe Giuffrida, legale della suore, la somma reale è di 154.000, decurtata per una clausola contrattuale) e un nuovo sfratto. C'è rabbia tra le “madri”. L'azione di Stancanelli, il “sindaco del risanamento”, e dell'assessore Cinquegrana (in Gari) si rivela per ora inefficace. Si attendono soluzioni. Nella blanda speranza che il prossimo anno possa segnare una discontinuità.
A San Cristoforo, quartiere dei Santapaola, il Comune sistematicamente si concede comparsate per la stampa locale, a discapito del diritto allo studio dei bambini STANCANELLI ALLA PROVA DEI FATTI.
Sino ad oggi abbiamo parlato del sindaco in prima persona, come responsabile dello stato in cui versa la città di Catania. Ci siamo occupati anche dell'assenteismo dei consiglieri comunali. Quali attività hanno fatto? NESSUNA. Il bilancio amministrativo 2008-2010 è disastroso. Il sindaco e i consiglieri comunali compresi gli esponenti dell'opposizione si trovano davanti ad un bivio: continuare a fingere di amministrare o prendere decisioni concrete per la città. L'alternativa è una sola: andare a casa prima della primavera. I catanesi non necessitano di spaventapasseri dentro al Municipio. Redazione SUD
IL SINDACO STANCANELLI E L'ASSESSORE ALLE POLITICHE SCOLASTICHE RITA CINQUEGRANA (IN GARI)
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INCHIESTA
SINDACALAFFARISMO
1a parte
Due società dirette da parenti e amici. Le raggruppa un consorzio, moltiplicatore di finanziamenti e impieghi. È il business gestito dal gruppo di potere ai vertici della CGIL Enrico Sciuto
U
n milione e seicentosessantamila euro di fondi regionali. E’ il bottino che RETI S.c.a.r.l. ha portato a casa nel solo quinquennio 20032007. Un ente di formazione come tanti, o forse no. Il battesimo del deputato regionale DS Gianni Villari, un’indicazione la dava: il padrino di sacramento lo faceva Totò Cuffaro, allora inquilino di Palazzo d’Orleans. In quello splendido quinquennio di RETI, figurava in Cda Giacomo Rota, vicepresidente della società, sindacalista FILT-CGIL e braccio destro di Angelo Villari, fratello di Gianni e ora numero 1 della Cgil catanese. E vi appariva anche la moglie di Rota, nominata consigliere in seguito all’uscita del marito dall'organismo: si tratta di Concetta Raia, all’epoca segretario della FLAI CGIL di Catania e oggi punto di riferimento istituzionale della CGIL etnea all’ARS. Vi è stata eletta nel 2008, al posto di Angelo Villari, l’uomo che nel 2006 aveva raddoppiato i voti alla Regione, passando da settemila a oltre tredicimila preferenze. RETI condivide sede legale e operativa, dirigenza e intreccio sindacale- familiare con un’altra società di formazione, ST&T. I due enti formano un consorzio, STREC, società consortile a responsabilità limitata, di cui RETI detiene il 40% delle quote e ST&T il restante 60%. Presidente di STREC è Maurizio D’Agata, che è contemporaneamente A.d di Reti, A.d
di ST&T e presidente del Consiglio direttivo di ST&T Onlus, neonata associazione che si prefigge “di organizzare e gestire corsi di formazione e orientamento professionale, al fine di svolgere attività solidaristiche nel settore della formazione". Ma chi è Maurizio D’Agata? E’ un ex sindacalista e militante socialista che oggi fa l’imprenditore. Fra il 2006 e il 2008, D’Agata fu socio in affari di Pierfrancesco Rota, fratello di Giacomo e amministratore unico di “MedyEtnea”, un call center catanese iscritto alla procedura di fallimento nel novembre 2009. D’Agata deteneva il 25% delle quote e, assieme Rota, totalizzava il 55% del capitale sociale. Oggi Strec, consorzio- scatola cinese della CGIL etnea, vede ai suoi vertici un organigramma di tutto rispetto: è composto da mogli e figli del gruppo dominante della Camera del Lavoro di Catania. Il Cda è composto dagli stessi nomi ai vertici di RETI e ST&T, con qualche differenza nella distribuzione degli incarichi. Nel 2009 l’Assessorato regionale alla formazione professionale ha assegnato a Reti quattrocentodiciannove mila Euro di finanziamenti, e altri duecentonovantamila sono andati a ST&T. RETI ed ST&T ricevono anche ricche commesse dalla CGIL di Catania. Decine di migliaia di euro sono andati solo alla prima società, fra il 2000 e il 2006.
Il dovere di informare i cittadini su ogni accadimento e l'essere irriverenti ci impongono di pubblicare queste notizie in maniera asettica. In questo modo speriamo di dare voce ai tanti iscritti della CGIL catanese che ci hanno segnalato questi fatti. Resta fermo l'apprezzamento nei confronti della Cgil e della sua attuale direzione per l'impegno quotidiano al fianco dei lavoratori. Il segretario Angelo Villari è stato contattato dalla redazione di SUD e ha precisato come non ci siano cointeressenze tra la Cgil e queste società di formazione professionale. Quindi ogni giudizio resta sospeso. Dal prossimo numero continueranno le inchieste sulla formazione professionale. Antonio Condorelli
GIANNI VILLARI EX DIPENDENTE TELECOM, È SEGRETARIO GENERALE DELLA CGIL DI CATANIA. E' MEMBRO DELLA DIRIGENZA DI RETI S.C.A.R.L. FINO AL 2000, QUANDO AL SUO POSTO SUBENTRA LA MOGLIE, ROSANNA AMBROSIANO. IL FRATELLO È GIANNI VILLARI, DEPUTATO REGIONALE DS E UOMO CGIL ALL'ARS DAL 2001 AL 2008. ORA IL DEPUTATO REGIONALE DI RIFERIMENTO È CONCETTA RAIA, MOGLIE DEL SUO BRACCIO DESTRO, GIACOMO ROTA.
CONCETTA RAIA DEPUTATA REGIONALE PD E MOGLIE DI GIACOMO ROTA. NEL 2006 ENTRA A FAR PARTE DEL CDA DI RETI S.C.A.R.L. AL MOMENTO DELLA CESSAZIONE DEL MARITO DA OGNI CARICA. NEL 1998 SUCCEDE AD ANGELO VILLARI ALLA SEGRETERIA DELLA FLAI CGIL DI CATANIA. NEL 2008 SUCCEDE ALL'ARS A GIANNI VILLARI, FRATELLO DI ANGELO, QUALE REFERENTE ELETTORALE DEI VERTICI DELLA CAMERA DEL LAVORO ETNEA.
Su www.sudpress.it leggigliapprofondimenti: I camerieri di Lombardo GIACOMO ROTA MARITO DI CONCETTA RAIA E BRACCIO DESTRO DI ANGELO VILLARI. E' MEMBRO DELLA SEGRETERIA CONFEDERALE DELLA CGIL DI CATANIA. TRA IL GIUGNO 2005 E IL SETTEMBRE 2006 È STATO VICEPRESIDENTE DI RETI S.C.A.R.L. IL FRATELLO, PIERFRANCESCO, È STATO SOCIO DI MAGGIORANZA (30% DEL CAPITALE SOCIALE) DI MAURIZIO D'AGATA IN “MEDYETNEA”. EX SEGRETARIO CGIL E ASSESSORE COMUNALE A GRAMMICHELE (CT), È STATO MEMBRO DELLA SEGRETERIA REGIONALE DELLA FILT CGIL.
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INCHIESTA
40%
STREC
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RETI
Ex sindacalista CGIL, uomo di fiducia di Maurizio D'Agata.
Figlio di Maurizio D'Agata. Ventiquattro anni, è da quattordici mesi membro del Consiglio di Amministrazione di Reti.
E' da quattordici anni membro del Cda di Reti. Ex sindacalista socialista, adesso fa l'imprenditore. Insieme al fratello di Giacomo Rota, Pierfrancesco, è stato socio di “MedyEtnea S.r.l”, call center fallito nel 2008. Le quote dei due, messe assieme, raggiungevano il 55% del capitale sociale.
Marco RAGUSA
Benedetto CASABONA
Giuseppe D'AGATA
Maurizio D'AGATA
Membro C.d.A. della Reti, Membro C.d.A. del Consorzio STREC.
Membro C.d.A. della Reti, Presidente ST&T S.c.a.r.l., Membro C.d.A. del Consorzio STREC.
Membro C.d.A. della Reti, Vicepresidente ST&T S.c.a.r.l., Vicepresidente consiglio direttivo ST&T Onlus, Membro C.d.A. del Consorzio STREC.
A.D. della Reti,A.D. della ST&T, Presidente Consiglio Direttivo ST&T Onlus, Presidente Consorzio STREC.
Moglie di Angelo Villari ed ex formatrice ECAP CGIL. Fa il suo ingresso nell'organigramma di Reti S.c.a.rl. nel Giugno del 2000, quando viene nominata Sindaco supplente al posto del marito.
Figlia di Francesco Battiato, ex segretario CGIL di Catania. Entra in Cda di Reti nel 2005, quando la Camera del Lavoro etnea è retta dal padre. All'epoca il vicepresidente di Reti è Giacomo Rota, già membro della Segreteria regionale della FILT-CGIL.
Trentasei anni, è stato segretario della Sezione “Centro” dei Democratici di Sinistra, con sede a Catania presso la segreteria politica del deputato regionale Gianni Villari, ex uomo della CGIL all'ARS e fratello di Angelo Villari.
Rosanna AMBROSIANO
Giulia BATTIATO
Presidente della Reti, Vicepresidente del Consorzio STREC.
Vicepresidente della Reti, Membro C.d.A. del Consorzio STREC.
60%
ST&T
ST&T ONLUS
Quanto costano ai cittadini LE IMPRESE CGIL RETI: 1.667.000 Euro (dall'Assessorato regionale al Lavoro nel 2003-2007) RETI S.C.a.r.l. Euro 419.364,40 (dalla Regione Sicilia nel 2009) ST&T S.C.a.r.l. Euro 290.156,30 (dalla Regione Sicilia nel 2009)
Committenti e fornitori: fra il 2000 e il 2006 la CGIL ha pagato a RETI decine di migliaia di euro di commesse. Ecco gli affari di ST&T
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ECONOMIA
Laura Galesi
D
ue tendenze di segno opposto si confrontano oggi nell'economia della Sicilia. Da un lato, vi è il tentativo di reagire alle sfide della globalizzazione e ai costi della crisi, dall’altro c’è, invece, una spinta ad adattarsi seguendo la ‘via bassa’ dell’economia sommersa, ma anche sempre più quella della complicità o dell’alleanza con le organizzazioni criminali. Un elemento che si manifesta nel condizionare quasi il 2,5 per cento del Pil di Sicilia e Calabria, il 3 % in Campania. E’ quanto emerge dal “ Rapporto Res 2010, Alleanze nell’ombra. Mafie e economie locali in Sicilia e nel Mezzogiorno.” che traccia una analisi delle infiltrazioni mafiose nell’economia meridionale. Otto i casi analizzati, due per ciascuna delle quattro macroaree considerate: la Sicilia nei suoi due versanti, occidentale e orientale; la Calabria; la Campania. Nello specifico i casi siciliani riguardano: i rapporti tra mafiosi e imprenditori in diversi settori di attività nell’area di Palermo; edilizia, appalti ed energie rinnovabili in provincia di Trapani; la grande distribuzione commerciale nella zona di Catania e il settore dei trasporti nella Sicilia orientale. Secondo i dati della ricerca vi è un maggiore grado di strutturazione delle cosche mafiose della Sicilia occidentale. I gruppi mafiosi mostrano ancora la prevalenza di un modello organizzativo corporato, che sembra avere la sua massima espressione nella provincia di Trapani. Le mafie, però negli anni, hanno conquistato l’economia legale (per “attività formalmente legali” si intendono quelle apparentemente caratterizzate dalla produzione di beni e servizi legali con metodi legali) attraverso la compartecipazione dei mafiosi. Sono pochi i contesti dove è emerso un rallentamento delle infiltrazioni, e sembrano circoscritti ad alcune aree della Sicilia Orientale, alla provincia di Cosenza e alle aree extra urbane di Napoli e Salerno. Sulla base dell’indagine, è possibile sostenere che i mafiosi continuano a privilegiare investimenti in settori «protetti», ossia legati a forme di regolazione pubblica, caratterizzati da concorrenza ridotta e, spesso, da situazioni di rendita. La penetrazione nell’economia formalmente legale appare più evidente nelle aree e nei contesti dove più elevato è il cosiddetto power syndicate, dove, in altre parole, è più forte il radicamento e il controllo del territorio delle organizzazioni mafiose. Vi sono quindi fattori di contesto che influiscono sulle possibilità di inserimento delle organizzazioni criminali nelle economie formalmente legali e costituiscono diversi tipi di rapporti. Le relazioni tra le diverse componenti dell’area grigia e i mafiosi sono “a geometria variabile”. Complici, soci, affiliati spesso possono cambiare ruolo e identificarsi l’uno nell’altro. I complici sono gli imprenditori che stabiliscono con il mafioso un rapporto «strumentale»: si tratta per lo più di imprese relativamente «forti» dal punto di vista delle capacità finanziarie e della dotazione tecnica. Spesso sono imprese esterne al contesto locale: rientrano infatti in questa categoria le grandi imprese nazionali che operano nel campo delle infrastrutture e dei lavori pubblici. In virtù della loro capacità di mercato e del possesso di risorse radicate all’esterno si trovano nella condizione di poter negoziare con i mafiosi termini e condizioni del «contratto» di protezione. In genere questi imprenditori accettano preventivamente di collaborare con i mafiosi, facendo una valutazione utilitaristica del contesto ambientale in cui svolgono la loro attività, rendendosi conto che la cooperazione può promuovere i loro interessi economici.
Anche i mafiosi ritengono conveniente stringere un accordo con queste imprese, in quanto esse hanno appunto le risorse e i mezzi necessari per partecipare a determinati lavori. Casi di questo tipo riguardano, oltre che il settore degli appalti pubblici, anche le energie rinnovabili (ad esempio, l’eolico in provincia di Trapani) ma anche nella grande distribuzione commerciale (in provincia di Palermo, Trapani e Catania). Gli imprenditori compiono queste scelte motivandole con il fatto che, per poter operare in quei contesti, è necessario scendere a patti con la mafia, poiché l’alternativa sarebbe rinunciare all’attività stessa. La seconda situazione individua invece espliciti rapporti di collusione con i mafiosi. Si parla di imprenditori che stabiliscono con i mafiosi un rapporto stabile e continuativo. Un importante settore di interesse negli ultimi anni riguarda ancora la grande distribuzione commerciale. In questo caso gli accordi collusivi assumono quasi carattere sistemico: dalla individuazione dei terreni alla realizzazione delle opere di edilizia, per giungere fino all’organizzazione commerciale vera e propria, attraverso il controllo delle forniture e della manodopera da impiegare. Sono molto diffusi i casi di imprenditori che, in un primo tempo, subiscono le imposizioni dei mafiosi (pagando il “pizzo”), e poi «migliorano» la loro situazione sperimentando patti di complicità con i mafiosi (quindi accordi di tipo strumentale), per stringere alla fine un’alleanza più stretta. Spesso l’ultimo passaggio – quello che sancisce per così dire il legame di collusione – coincide con un salto di qualità della carriera imprenditoriale. In altri termini, gli imprenditori collusi sono imprenditori «di successo». Carriere imprenditoriali di questo tipo, oltre che nel già citato settore della grande distribuzione (nella ricerca è stato ricostruito un caso nell’area di Catania), sono ravvisabili anche nel settore della sanità. L’ultima situazione – quella della compenetrazione – riguarda i casi in cui si tendono a instaurare con i mafiosi relazioni personali di fedeltà, ovvero legami più stretti in grado di offrire condizioni di gran lunga più favorevoli. Un aspetto di particolare rilievo messo in evidenza dall’indagine è che il capitale sociale della mafia rappresenta una risorsa appropriabile anche da altri attori. In sistemi economici che diventano sempre più «relazionali», e che risultano sempre più caratterizzati da una moltiplicazione delle relazioni contrattuali, questo tipo di risorse e di competenze diventano strategiche. Le funzioni di intermediazione, tradizionalmente svolte dai mafiosi, vengono per così dire rinvigorite e condivise da altri attori. Il caso dell’eolico porta a sottolineare un altro risultato della ricerca: i mafiosi non occupano sempre e necessariamente i ruoli più centrali dei network in cui sono inseriti. Al contrario, all’interno di queste reti si crea continuamente una combinazione di cooperazione e competizione che richiama l’ordinaria realtà di molti ambiti di attività economica legale. L’ indagine mostra che si consolida un modello di “fare economia” che funziona secondo regole diverse da quelle di mercato e da quelle formali - legali. Un modello che diventa riconosciuto dagli operatori economici, condiviso a livello sociale e che richiede di accettare, pena l’esclusione, logiche di adattamento, di accordo e di connivenza. Ciò risulta vero soprattutto nei settori dell’edilizia e degli appalti, ma anche in settori nuovi come l’eolico.
Centri commerciali ed eolico le nuove frontiere dell’economia criminale
PRESENZA E INTENSITÀ DELLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA NELLE PROVINCE ITALIANE Per misurare presenza e intensità del power syndicate si è fatto riferimento ai seguenti dati, opportunamente elaborati in specifici indici: associazioni di tipo mafioso, numero di beni confiscati, scioglimenti dei consigli comunali, omicidi per mafia, estorsioni. Per quanto riguarda invece l’enterprise syndicate sono stati presi in considerazione: associazione a delinquere, produzione e traffico di stupefacenti, rapine, usura, sfruttamento della prostituzione. Si tratta precisamente di tutte le province della Sicilia Occidentale (Palermo, Trapani, Agrigento, Caltanissetta), a cui si aggiungono quelle di Catania e Messina; delle province della Calabria, eccezion fatta per quella di Cosenza; infine, in Campania, delle province di Napoli, Caserta e Salerno.
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MAFIA E POLITICA
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DOSSIER 118 SICILIA L'intruglio di Massimo Russo
Carlo Lo Re
U
n detto contemporaneo che dobbiamo all’arguzia di Giulio Andreotti recita: “il potere logora chi non ce l'ha”. Ma se al potere politico ne aggiungiamo un altro, quello giurisdizionale, che secondo la concezione classica occidentale dovrebbe essere autonomo e ben distinto, ecco che facilmente può divenire illusione di onnipotenza. È grossomodo quel che sta accadendo in Sicilia, “laboratorio politico” che sempre più assomiglia all’antro del dottor Faust di goethiana memoria, che riesce ad assommare in un sol uomo tali due poteri. Ed allora il cosiddetto ordine naturale delle cose viene stravolto, in quanto chi fa le regole è lo stesso che poi le interpreta. Applicandole, quindi, a suo piacimento. In tal modo si possono calpestare diritti dei lavoratori acquisiti da decenni e decenni, facendo passare il tutto per ristrutturazione e razionalizzazione, con i media che dipingono il medesimo fatto come scandalo alcuni e magnifica riforma altri. Così succede che la storia del servizio del 118 siciliano, recentemente giunta alla ribalta nazionale, assume due volti a seconda di chi ne siano gli attori: quello dello “scandalo” delle assunzioni e della creazione di un sistema di clientele e quello della “magnificazione” di un servizio che, nell'ottica della riorganizzazione, darà lustro alla sanità siciliana. Due facce di una stessa medaglia, insomma. Ed allora non si comprende affatto perché siano “scandalosi” i circa 3.300 operatori assunti da Sise (Siciliana Servizi Emergenze) fra dicembre 2005 e giugno 2006 (prima si utilizzavano degli interinali) e invece non lo siano gli stessi operatori (ri)assunti in Seus (Siciliana Emergenza-Urgenza Sanitaria). Ciò che dovrebbe, invece, scandalizzare è il modo in cui si è attuato il passaggio di consegne tra le due società, facendo carta straccia dei più elementari diritti della forza lavoro, trattata alla stregua di un pacco postale da spedire al costo minore possibile. Ma andiamo con ordine e ricostruiamo cronologicamente l’intricata vicenda, anche con l’aiuto di tutta una serie di documenti che Sud è riuscito a recuperare. La Sise Spa è una società, oggi in liquidazione, a socio unico della Croce Rossa Italiana costituita nel 2001 per la gestione del servizio 118 in Sicilia. 3.300 circa i dipendenti e 100 milioni di euro annui da gestire. Gli autisti/soccorritori, questa la loro qualifica ufficiale, erano stati assunti con un contratto di solidarietà ad orario ridotto a 120 ore/mese (rinnovo convenzione Cri-Regione Siciliana 2006-2008 datata 27 giugno 2006). Tale orario doveva servire a coprire i turni delle 256 postazioni (ossia ambulanze) dell'Isola per 24 ore al giorno per 365 giorni l’anno. Purtroppo i tecnici dell’Assessorato regionale alla Salute che hanno provveduto ad elaborare i dati non hanno tenuto in debita considerazione parametri e istituti che hanno fatto “sforare” tale orario. Nello specifico, nei calcoli non sono state previste le ferie che ogni operatore ha diritto a godere, le assenze per malattie, le assenze per infortuni, i permessi vari (legge 104, sindacali, elettorali) previsti da contratto. Tale mancata previsione ha generato un ammanco di ore che andavano necessariamente coperte per mantenere operative le postazioni. Di tale situazione l'Assessorato alla Salute della Regione Siciliana ha avuto pronta contezza, ma mentre la Sise proponeva nuovi modelli organizzativi, nessuna decisione è stata mai presa dall’Assessorato (cosa che l’Avvocatura dello Stato non ha mancato di evidenziare). E per mantenere aperte le 256 postazioni, la Sise ha dovuto quindi far lavorare gli addetti ben oltre le 120 ore previste contrattualmente (esattamente 140, ai limiti del contratto nazionale full time che ne prevede 156), ma retribuendo soltanto queste. Ovviamente, la società ha più volte chiesto all'Assessorato il pagamento delle “eccedenze” (che ad un certo punto sono giunte a 60 milioni di euro), da
intendersi come un completamento orario per il servizio svolto, ma questo ha sempre negato, ribadendo di non aver mai autorizzato lo svolgimento di alcun “straordinario”. In merito, l'Assessorato alla Salute ha chiesto (nota n. 7/0342 del 2 febbraio 2009) un parere all'Avvocatura dello Stato circa la responsabilità del pagamento di tali somme ai lavoratori, ricevendo in risposta (Cons. 1453/09 del 3 agosto 2009) che tali somme sì sono proprio dovute dalla Regione Siciliana alla Cri: «Risulta […] che codesto Assessorato non ha indicato alcuna soluzione alternativa al ricorso al lavoro straordinario, né ha autorizzato un’eventuale riduzione (quanto ai tempi di copertura e/o al numero delle postazioni) del servizio. […] Rileva anzitutto lo Scrivente che il lavoro straordinario costituisce (ove adeguatamente giustificato) una componente come le altre del costo del lavoro e che pertanto la sua remunerazione non presuppone di per sé una previsione espressa o specifica nella convenzione Regione-C.R.I., distinta ed ulteriore rispetto a quella che prevede l’accollo alla Regione, in termini onnicomprensivi, del costo del personale. […] Alla luce della argomentazioni che precedono, nonché in considerazione dell’essenzialità e dell’esigenza assoluta di continuità del servizio pubblico 118, non si ritiene concretamente praticabile una linea peraltro ad avviso dello Scrivente, per le ragioni già esposte, di fondamento più che discutibile - che, negando alla C.R.I. il riconoscimento economico corrispondente al lavoro straordinario effettivamente prestato per esigenze oggettivamente giustificate, esponga l’Amministrazione regionale ad un contenzioso del quale non possono sfuggire gli enormi rischi non solo in termini economici, non [rectius: ma] anche di continuità del servizio». Incassato tale “siluro”, da questo momento in poi prende avvio una precisa strategia tendente a evitare il saldo del debito alla Cri, sostanzialmente tramite l'azzeramento del cda della Sise (che viene fatta passare per “decotta”, mentre in realtà è l’Assessorato ad avere un debito nei suoi confronti di circa 60 milioni) e l'incarico a nuovi dirigenti. L’idea è semplice, “dividere” le due realtà dietro la Sise (Cri e Regione) per lasciare i debiti solo alla Cri. E così, il 31 gennaio 2009 viene lasciata scadere senza essere rinnovata la convenzione fra Regione e Sise e il giorno dopo la Regione ne firma un’altra con la Seus, che però, si badi bene, in quel momento ha un solo ed unico dipendente, il dg Marco Romano, fino al giorno prima dg della Sise. A parte questa singolarità, un soggetto giuridico nuovo che si candida a gestire un servizio complesso come il 118 dovrebbe avere un’organizzazione preesistente la firma di una così importante convenzione. Ed invece al primo gennaio 2010 la Seus non solo ha un unico dipendente, ma non ha nemmeno un contratto telefonico, un contratto per la fornitura di energia o un contratto d’affitto per la sua sede, utilizzando i locali della Sise di via Etnea 353 a Catania. Insomma, occorre assorbire i dipendenti per evitare tensioni con i sindacati ed il blocco di un servizio essenziale per la collettività, ma senza fare ufficialmente un passaggio d’azienda, come in simili casi impone invece la normativa. Si escogita allora il licenziamento collettivo e la messa in mobilità dei lavoratori (legge n. 223/1991), presi in carico subito dopo dalla Seus. Per inciso, l’aver assunto lavoratori in mobilità tecnicamente potrebbe permettere alla Seus di godere di sgravi contributivi. Una fattispecie quantomeno singolare nel caso in oggetto, essendo il licenziamento degli operatori e la loro successiva riassunzione fatti predeterminati. È utile ricordare come vi siano dettagliate circolari dell’Inps nelle quali è chiaramente espresso come non debba esservi nessun rapporto fra una società che mette in mobilità del personale e l’azienda che successivamente lo assume. Qualora il rapporto
invece sussista e vi sia quindi continuità fra le aziende, richiedere gli sgravi fiscali di cui sopra configurerebbe il reato di truffa. Entrando ancora più nello specifico, è bene sottolineare come, sempre sulla base della legge n. 223/1991, si siano svolte fra le parti delle precise trattative. Ebbene, come si legge nel “Verbale di esame congiunto per procedura di mobilità ex artt. 4 e 24 L. 223/91” dell’Assessorato regionale della Famiglia, delle Politiche Sociali e del Lavoro, al primo incontro, il 12 febbraio 2010, è presente, non si comprende a che titolo, la ditta Seus, tramite il suo dg Marco Romano (oggi presidente del Parco Scientifico e Tecnologico della Sicilia). Ma il tempo passa e si giunge al vero tavolo caldo, quello delle conciliazioni. A questo tavolo vengono elaborate le transazioni, esattamente due diverse. La prima (“Verbale di conciliazione”, allegato A, datato 6 maggio 2010) riguarda la rinuncia da parte dei dipendenti ai compensi a credito per extraorario nei confronti della Sise. Chi firma si impegna ad accontentarsi pro bono pacis dell’irrisoria somma di 600 euro lordi (a fronte di circa 20-25 mila euro di crediti per ogni dipendente) ed accetta il licenziamento dalla Sise. Espletata tale “formalità”, chiara conditio sine qua non per essere assunti dalla Seus, si passa alla seconda transazione (“Verbale di conciliazione”, allegato B, sempre datato 6 maggio 2010), con la quale i lavoratori ex Sise da qualche minuto vengono assunti in Seus, ottenendo anche la “faraonica” gratifica d’ingresso di 200 euro lordi. Da notare come in sede di contrattazione non sia presente la Sise. E da notare soprattutto la precisione con la quale il documento sottoposto alla firma del lavoratore tenti di far passare la linea che fra Sise e Seus non vi sia alcun trasferimento d’azienda: «Il lavoratore […] rinuncia espressamente e definitivamente nei confronti di Seus ad ogni rivendicazione relativa alla continuità del rapporto di lavoro, che anzi viene espressamente esclusa. […] Con la sottoscrizione della presente transazione il lavoratore da [rectius: dà] pertanto atto che il rapporto di lavoro con la società Seus si instaura ex novo alle condizioni previste nel contratto di lavoro, che il lavoratore accetta, rimanendo indifferente ad ogni diritto maturato dal lavoratore medesimo alle dipendenze della società Sise che, per effetto della presente transazione, non potrà in alcun modo essere rivendicato nei confronti di Seus neanche a titolo di responsabilità solidale». Bene, è proprio con tali transazioni che si applica lo sdoganamento di 60 milioni di euro di debito dall’Assessorato alla Croce Rossa. Perché, codici alla mano, l’intera operazione è priva di fondamento. Infatti, vi sono seri sospetti di nullità della transazione Sise per mancanza di causa, ossia perché a fronte della rinuncia al credito di circa 2025 mila euro il lavoratore ha avuto 600 euro lordi ed il licenziamento. Insomma, palesemente non vi è proporzionalità giuridica fra le reciproche concessioni e già qualche Tribunale (come, ad esempio, quello di Messina), sta valutando le carte dell’intricata vicenda. Ma attenzione, vi è un ulteriore passaggio logico/giuridico da tenere in considerazione: qualora i dipendenti Seus ex Sise decidessero di impugnare la transazione firmata per nullità, potrebbero solo fare causa alla Cri, socio illimitatamente responsabile della Sise (una spa unipersonale), ma non più alla Regione. Perché il meccanismo messo in atto dai tecnici dell’Assessorato ha di fatto trasferito un debito della Regione Siciliana alla Cri ed ai Ministeri coinvolti (Economia, Difesa, Salute). L’ipotesi ha chiaramente già fatto scattare più di un campanello d’allarme nei piani alti romani della Croce Rossa e, dopo mesi di buoni rapporti, non è peregrino parlare oggi di un clima di guerra fredda fra il commissario straordinario Cri, Francesco Rocca, e Palazzo d’Orleans. Non può altrimenti
spiegarsi il decreto ingiuntivo da circa 70 milioni di euro inviato l’estate scorsa dalla Croce Rossa alla Regione Siciliana per il mancato pagamento di tutte le poste scaturenti dalle convenzioni per la gestione appunto del servizio 118. Il decreto è stato notificato, ma non reso esecutivo, in quanto alla Cri la sua registrazione sarebbe costata ben 700 mila euro. Ma esiste ed è un macigno nei rapporti fra le due istituzioni. Tornando poi all’ipotesi del trasferimento d’azienda fra Sise e Seus, saltano all’occhio alcune missive che di certo rappresentano dei bei punti a favore di chi nei tribunali sostiene la tesi della continuità fra i due soggetti. Il 22 giugno 2010 (lettera con protocollo n. 392), ad esempio, la Seus richiede direttamente alla Sise la consegna di alcune automobili di servizio. E due giorni dopo (lettera con protocollo n. 4269) la Sise scrive alla Leasys Spa, la società di leasing che le aveva noleggiato l’intera flotta aziendale, evidenziando «la cessazione dei contratti di noleggio dei veicoli (ambulanze e autovetture) con la consegna degli stessi mezzi alla S.E.U.S. S.C.p.A». Ma la Sise specifica anche che «in base alla Vs. nota del 7 aprile 2010, trattandosi di conclusione anticipata del contratto ed essendo andato a buon fine il noleggio degli stessi mezzi ad altro soggetto, non saranno applicate le penali di estinzione anticipata previste dall’Accordo quadro che regola il rapporto contrattuale». Addirittura viene chiesto «lo storno dei canoni non goduti per il mese di giugno 2010, nonché una nota di credito sugli stessi mezzi per la fatturazione anticipata di luglio 2010». Viene da chiedersi perché mai la Leasys non dovrebbe far pagare le penali alla Sise. Solo perché i mezzi sono stati subito noleggiati da un altro soggetto? O forse perché di fatto Sise e Seus si comportano come due entità in pieno trasferimento d’azienda? E che dire della lettera di Seus a Sise del 14 luglio 2010 (protocollo n. 500) con la quale «a completamento dei mezzi già consegnati, si richiedono i mezzi contrassegnati dai seguenti numeri di telaio, che alla data odierna non risultano ancora nella disponibilità della scrivente società»? Non sarebbe stato più opportuno richiederli alla Leasys? Come se tutto ciò non bastasse, qualche giorno fa i lavoratori della Seus hanno avuto addirittura la sorpresa di trovare in busta paga la trattenuta sindacale firmata anni fa mentre lavoravano alla Sise! Concludendo, il cuore della vicenda è se fra Sise e Seus vi sia o meno continuità. Se sì, l’intera costruzione posta in essere dagli strateghi dell’Assessorato regionale alla Salute collasserebbe. In merito, una parola di peso l’ha scritta il Tribunale di Caltanissetta che, nella causa r. g. n. 1036/2010, pur rigettando il ricorso di un lavoratore per motivi procedurali, nel merito ha confermato sia la illegittimità dei licenziamenti, sia l’avvenuto trasferimento d’azienda fra Sise e Seus: «può dirsi avvenuto il trasferimento d’azienda Sise alla Seus, in quanto sono stati trasferiti non solo i lavoratori, bensì anche i mezzi organizzati all’attività d’impresa (ambulanze e dotazione amministrativa). Pertanto, è configurabile un’ipotesi di trasferimento di azienda e non meramente di successione nell’appalto». Ancora più dura la sentenza r. g. n. 6662/2010 del Tribunale di Messina, recentissima (13 dicembre), che non solo sancisce il legame diretto fra le due realtà («non può negarsi che tra la società Sise e la società consortile Seus si sia perfezionato un trasferimento d’azienda, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2112 c. c.»), ma addirittura reintegra il lavoratore licenziato (l’ex capo del personale della Sise) e ne impone l’assunzione in Seus, dando ragione alla tesi del ricorrente che parlava di «illegittimità del licenziamento intimato dalla Sise, in quanto inteso alla elusione delle garanzie previste dall’art. 2112 c. c. nel caso di trasferimento d’azienda». Insomma, ma il numero è 118 o 666?!?
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VENERDÌ 17 DICEMBRE 2010
INCHIESTA
FAMILIARE
I capannoni della famiglia Granata davanti al Teatro Greco di Siracusa
Saul Caia
I
l parco archeologico Neapolis, a Siracusa, ospita una nuova opera architettonica di stampo futurista: i capannoni che sovrastano le piscine del T.C. Match Ball. Non saranno paragonabili alle famose opere dell'illustre architetto Sant'Elia, eppure le piscine e le sue coperture si propongono di seguire l'utopia futurista inseguendo il sogno di una città in perenne mutamento, dinamico e moderno, persino a ridosso di un area archeologica. Noi di SudPress siamo andati a Siracusa per capire meglio come nasce il nuovo monumento del futurismo ambientale. Partiamo dal preambolo. Già dopo la seconda guerra mondiale, parliamo degli anni '50, il decreto Bernabò Brea istituiva la nascita di un'area archeologica e di conseguenza una pre-area, adiacente alle precedente, nella quale era vietato ogni forma di costruzione, in quanto si dovevano realizzare ulteriori scavi e rilievi sulla zona, per individuare nuovi reperti. I terreni del “Tennis Club Match Ball” vennero comprati nel lontano 1977 da Umberto Cortese, che rilevò “2 ettari di fondo rustico coltivato in parte ad agrumeto e in parte ad ortaggi” dove all'epoca già vigevano “vincolati d'interesse particolarmente importante”. (vedi il box) Passano pochi anni e all'interno del terreno sorgono le prime strutture. Si comincia con una piccola casa, poi un primo campo da tennis, al quale si aggiunge un secondo, un terzo campo, e così via. La proprietà passa dalle mani del padre alla figlie, fra queste Paola Cortese moglie del parlamentare Fabio Granata, che continuano l'allargamento della struttura sportiva. Oggi all'interno dell'area del Match Ball è possibile trovare 7 campi da tennis in terra rossa, impianti di scuola tennis, campi di mini volley, un centro benessere, un parcheggio, un area ricevimenti e due piscine coperte. Non bastasse, i proprietari del Match Ball avrebbero persino chiuso e inglobato all'interno del loro terreno una strada interpoderale. “Parliamo – raccontano i residenti - di una vecchia strada che veniva percorsa dai siracusani e dai carretti e conduceva al mulino d'acqua e all'acquedotto greco che sorgeva vicino al Teatro antico. Una volta realizzato il viale Paolo Orsi e il viale Giuseppe Agnello (meglio conosciuto come la 'panoramica') l'interpoderale è diventata una strada secondaria”. La procura di Siracusa è già intervenuta in passato sulla vicenda indagando i titolari del Match Ball per la costruzione abusiva delle due piscine, fra questi la stessa Paola Cortese, successivamente prosciolta dal Gip e confermata dalla Cassazione. Però adesso, confrontando le foto che sono presenti nella pagina web del centro Match Ball e quelle tratte da google maps, emerge una sostanziale differenza: i capannoni che riparano le due piscine. Forse sarà proprio l'ex Assessore ai Beni Culturali ed ambientali l'on. Fabio Granata a farsi portavoce della nuova ondata di futurismo edilizio. Tutti coloro che fossero interessati a realizzare strutture o impianti, aderendo al manifesto della nuova corrente architettonica, a ridosso delle aree vincolate o dei parchi archeologici potranno seguire l'esempio del Match Ball, l'importante sarà mantenere i tre elementi cardine: ferro, tela e acqua clorata.
LE PISCINE "FUTURISTE"
LA DESCRIZIONE DELLA
Ferro, vetro, tela e acqua clorata sono gli elementi del futurismo ambientale di casa Granata. Un futurismo che ha il sapore forte della cultura, quella ellenica e romana
TEATRO GRECO NEGLI ANNI '70
LA PLANIMETRIA DELL'AREA NEGLI ANNI '70
VENERDÌ 17 DICEMBRE 2010
INCHIESTA
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I vincoli dell'atto d'acquisto Vincoli di interesse particolare importante di cui agli articoli 2 e 3 della legge I° giugno 1939 n. 1089, trascritti rispettivamente il 17 maggio 1955 ai nn. 9656/8566; il 26 settembre 1955 ai nn. 17795/15910 e 17796/15911; il 14 novembre 1967 ai numeri 27912/24406 ed il 2 dicembre 1967 ai nn. 29580/25790 ed ai numeri 29581/25791.
DIRITTO DI REPLICA Abbiamo telefonato all'on. Fabio Granata, marito di Paola Cortese titolare del T.C. Match Ball, attendiamo ancora una sua risposta. In successione abbiamo chiamato direttamente il T.C. Match Ball di Siracusa: MB: Match Ball, buonasera. SUD: Buonasera, salve, sono Saul Caia, un giornalista di SUD PRESS, volevo parlare con uno dei titolari del centro. MB: Si, lei è? SUD: Saul Caia, un giornalista di SUD. MB: Si, un attimo soltanto. S.C.: Pronto? SUD: Buonasera, parlo con? S.C.: Sono Sabrina Cortese. SUD: Buonasera, io sono Saul Caia, giornalista di SUD. Noi abbiamo avuto una segnalazione e siamo andati sul posto, abbiamo notato che ci sono dei capannoni sopra la piscina della struttura, è una cosa normale?… S.C.: Non ho capito mi scusi, ripeta di nuovo tutto. Allora lei è un giornalista. SUD: Sono un giornalista di SUD PRESS, un giornale investigativo qui di Catania. Noi ci occupiamo di fare servizi d'inchiesta, le volevo chiedere se secondo lei in un territorio di parco archeologico... S.C.: Aspetti un attimo… miii... ma questo è una macchinetta… SUD: Pronto, pronto! (Ha chiuso il telefono!)
A STRUTTURA SUL SITO DI TC MATCH BALL SIRACUSA
LE ULTIME PAROLE FAMOSE... «Dobbiamo puntare sui nostri giacimenti che sono in superficie, vale a dire i monumenti, i muri a secco, le masserie.» lunedì 10 gennaio 2005 (intervento al Azienda Soggiorno e Turismo di Taormina)
Niente capitelli in stile corinzio né colonne doriche. In cambio, durante l'estate, tra una racchettata e una bracciata, puoi ascoltare gratis il pianto di Medea o il canto delle Baccanti
«La questione ambientale legata ad una politica ambientale complessiva di tutela del territorio che passa anche attraverso la colpevole compiacenza di vertici tecnici delle strutture burocratiche locali e regionali più interessate a compiacere il potente di turno che a salvaguardare il territorio.» martedì, 22 settembre 2009 (Blog di Granata) «La più importante risorsa immateriale che la Sicilia possiede è il paesaggio,frutto di una stratificazione culturale e storica unica al mondo.» martedì 20 ottobre 2009 (blog di Granata) «La Sicilia deve puntare su sviluppo sostenibile, innovazione e tutela del paesaggio e del patrimonio culturale. L’esperienza delle sanatorie dimostrano che producono solo nuovo cemento e nuovi abusi.» sabato, 23 ottobre 2010 (Blog di Granata)
LA PLANIMETRIA DELL'AREA OGGI
DEMOCRAZIA FUTURISTA
Adesso anche tu, lettore di SUD e proprietario di un terreno situato in piena zona archeologica a Siracusa, anche a pochi metri dal Teatro Greco, potrai realizzare capannoni, piscine e verande. Basta allegare alla tua richiesta di concessione edilizia queste due pagine e inoltrarle per conoscenza alla Soprintendenza e al Comune. LA LEGGE E' UGUALE PER TUTTI
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VENERDÌ 17 DICEMBRE 2010
INCHIESTA
LA SICUREZZA È DI CASA (Venturi) di Antonio Condorelli e Rosario Sardella
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L'impegno di Marco Venturi per la sicurezza della miniera di Pasquasia è notevole. Come assessore ha insistito anche sulla stampa. Due mesi dopo, la ditta da lui amministrata ha ricevuto l'incarico dalla Regione
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SUL SITO DELLA REGIONE SI LEGGE CHE L'ASSESSORE MARCO VENTURI È AMMINISTRATORE DELLA SIDERCEM S.R.L.
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IL 13 APRILE L'ASSESSORE VENTURI ESPRIME ALLA STAMPA "LA VOLONTÀ DI AVVIARE LA MESSA IN SICUREZZA" DELLA MINIERA DI PASQUASIA
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IL 2 AGOSTO 2010 LA SIDERCEM S.R.L. DELL'ASSESSORE VENTURI INIZIA I LAVORI DI MESSA IN SICUREZZA D'EMERGENZA (MISE) E MONITORAGGIO AMBIENTALE DEL SITO MINERARIO
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INCHIESTA
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LA CAVA DEI MISTERI La miniera di Pasquasia è stata attiva dal 1959 al 20/07/1992, era la terza al mondo per la produzione di sali potassici usati per la produzione di fertilizzanti, aveva un fatturato di 200 milioni l'anno e apparteneva all'Italkali guidata dall'avvocato Francesco Morgante, società che dominava l'82% del mercato italiano del sale. Nel 1990 inizia il calvario: la magistratura procede a bloccare la produzione ritenendo che i rifiuti andassero a rendere salati i vicini fiumi Salso e Salito. Un pentito di mafia che lavorò a Pasquasia, Leonardo Messina, disse che all'interno della miniera “Cosa nostra” aveva depositato e smaltito rifiuti atomici importati dall'Est dopo la caduta del muro di Berlino. L'avvocato Enzo Fragalà, ammazzato da ignoti a Palermo, ha iniziato a ficcare il naso sugli affari della miniera almeno un decennio addietro. Basti pensare alle sue interpellanze parlamentari del 2002 con la quale l'avvocato palermitano ricordava la super-produttività della miniera e denunciava il pericolo di una linea assistenzialista nella gestione della stessa. Il problema è stato sempre sapere cosa c'è dentro la miniera di Pasquasia. Quali segreti ha nascosto e quali segreti nasconde. Il procuratore Sergio Lari ha comunicato che il procedimento penale sui rifiuti radioattivi è stato archiviato, ma gli atti sono coperti da segreto istruttorio. SUD pubblica il documento del consulente Giorgio Lombardo che ha fornito supporto scientifico alla Procura di Caltanissetta (DDA Antimafia). Lui spiega di aver "curato lo smantellamento, la messa in sicurezza ed il ritiro delle sorgenti radioattive certificando l'avvenuta bonifica nucleare del sito". Sorgenti radioattive? Ce ne occuperemo nella prossima puntata.
IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE SPECIALE PER LO STUDIO DI PASQUASIA, GIUSEPPE REGALBUTO, MOSTRA UN DISCO DI MAGNESIO METALLICO, MATERIALE UTILIZZATO NELL'INDUSTRIA AERONAUTICA, OTTENUTO DAL TRATTAMENTO DELLE ACQUE REFLUE DELLA LAVORAZIONE DEI SALI POTASSICI
Cosa si nasconde nella miniera di Pasquasia? Il procuratore Lari pone il segreto di Stato sugli atti del procedimento penale per smaltimento di rifiuti radioattivi
In esclusiva Sud mostra la lettera dell'avvocato Fragalà scritta un mese prima di essere assassinato: una pista non seguita?
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VENERDÌ 17 DICEMBRE 2010
REPORTAGE
RICOSTRUZIONE CONGELATA Andrea Di Grazia
A
che punto è la ricostruzione del polo turistico del versante Etna Nord? Sulle creste non troppo lontane di Pizzi De Neri c’è uno strato abbondante di neve. Ma anche quest'anno, a distanza di 9 anni dall'eruzione devastante, la stazione sciistica non verrà completata. Come mai? "E' un braccio di ferro che non porta a niente. Quello della Star è un atteggiamento ostruzionistico che spinge alla paralisi questa situazione ". Rosa Maria Vecchio, sindaco di Linguaglossa, proprio non ci sta a darla vinta alla società che detiene la leadership nel turismo d' alta quota sull'Etna. Il nodo burocratico che ostacola la messa in funzione dell'intero complesso di Piano Provenzana è legato ad un annosa diatriba fra l' amministrazione comunale e la Star. Quest' ultima ha recentemente ultimato la modernissima seggiovia “Puchoz”, dotata di comodi sedili a 4 posti. Per adesso è l' unica alternativa agli impianti del versante Sud. Dal completamento dello sklift “Coccinelle”, anche questo della Star, dipende il funzionamento degli altri due impianti, che fanno capo al comune di Linguaglossa. Il primo di questi, “Monte Conca”, è giunto al fine della sua vita tecnica. Il secondo, l' “Anfiteatro”, interessa molto alla Star, che ne reclama i diritti di utilizzo per 18 anni. In questo modo potrebbe ottenere praticamente il monopolio nelle due stazioni sciistiche sull'Etna.
Riguardo Monte Conca è già pronto un progetto di ristrutturazione da 1.300.000 euro - spiega il sindaco - tuttavia la gara d' appalto è andata deserta. Un eventuale vincitore avrebbe avuto diritto all'utilizzo dei due impianti per ben 29 anni”. La Star non ha partecipato, ma vuole ottenere ugualmente i diritti per l' Anfiteatro. “Qualora dessi questa concessione – continua la dottoressa Vecchio - andrei contro gli interessi del Comune di Linguaglossa, perché nessuna società esterna si assumerebbe l' onere della gestione del solo impianto di Monte Conca. Per uscire dall'empasse abbiamo proposto una concessione annuale da rinnovare fino a quando non verrà individuato un vincitore dell'appalto, ma la Star ha rifiutato". Se Monte Conca rimanesse inutilizzato, ne pagherebbero le spese i commercianti dello spiazzale antistante la sciovia. Per il momento la Star non rilascia dichiarazioni, ma al telefono, l' amministrazione conferma tutto. La società preferisce temporeggiare fino a che non si intraveda una prospettiva più allettante ed ha congelato il completamento del Coccinelle. Risultato? Lo sklift dell' Anfiteatro, perfettamente funzionante, rimarrà fermo per il nono anno consecutivo. Il Comune non registrerà nessun introito, ma non rinuncerà a ciò che è suo. La Star, di contro, continuerà ad essere l' unica società all'attivo. Per il momento, quindi, la ricostruzione sembra essere ancora congelata.
A nove anni di distanza dall'eruzione, molti impianti sono ancora inattivi
ALCUNI DEGLI IMPIANTI INCOMPLETI SULL'ETNA
LA STORIA Quasi un decennio fa Piano Provenzana venne spazzata via. Nell’estate del 2002, dopo la devastante eruzione che alcuni mesi prima aveva investito il Rifugio Sapienza, anche la stazione Nord viene implacabilmente sommersa da più bracci di lava convergenti nell’unico complesso turistico rimasto in attività. L’ impatto è catastrofico: l’intero piazzale, in cui erano presenti una ventina di edifici, fra alberghi, ristoranti e negozi di souvenir, viene sommerso da una coltre di magma alta più di 5 metri. Con l’ apertura di nuovi crateri a bottoniera cambia completamente l’ orografia della zona colpita dall’eruzione. Il 90% delle strutture viene raso al suolo o subisce danni pesantissimi. E’, in parole povere, la fine del turismo sul versante di Linguaglossa.
VENERDÌ 17 DICEMBRE 2010
REPORTAGE
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ESILIATE IN CASA Stiben Mesa Paniagua
A
Mascalucia si toglie ai poveri per dare ai ricchi. Questa la sintesi estrema di ciò che avviene con la gestione dei campi di calcio comunali. Eppure, sconcerta non poco scoprire che Consiglieri ed Amministratori, nel decidere la destinazione di un bene pubblico come un impianto sportivo, possano essere condizionati da prebende e doni che lasciano margine ad un ragionevole dubbio: hanno fatto l’interesse della cittadinanza o quello personale? I fatti documentano che mentre i ragazzi del Mascalucia Calcio sono costretti ad impegnativi e quotidiani spostamenti verso i campi dei comuni limitrofi, sia per gli allenamenti che per le gare. Le due strutture comunali, il Bonaiuto – Somma ed il Turi Guglielmino di Massanunziata, rimangono zone offlimits per loro, giovani mascaluciesi. Da una parte c’è il Bonaiuto – Somma, inaccessibile a causa dei lavori di completamento del progetto generale del campo. Operazioni che dovevano essere ultimate il 23 ottobre, ma ad oggi il cantiere è ancora lì. Dall’altra parte c’è il “Campo di Massanunziata”, concesso
dall’Amministrazione comunale al Calcio Catania SpA già da diversi anni. Attualmente è il Centro Sportivo della società rossazzurra, in attesa della nuova struttura in costruzione. È diventato una sorta di feudo della squadra etnea che lo gestisce. E tuttavia, a lasciare a bocca aperta è il documento del 14 settembre, destinato all’attenzione del Sindaco Maugeri, firmato dai Consiglieri Comunali Casesa Tiziano e Testa Luciano. Dalla missiva si evince che il Calcio Catania, secondo accordi verbali già consolidati negli anni, consegna all’Amministrazione trenta abbonamenti per la stagione di Serie A, da destinare ai consiglieri ed agli amministratori, come contropartita del “Campo di Massannunziata”. Insomma, a quanto pare, al Comune di Mascalucia sembrano sentire meglio la voce della Serie A. Con trenta abbonamenti non c’è spazio per una piccola realtà radicata nel territorio. Per avere un campo in affitto non basta l’impegno con i bambini, con i giovanissimi, con gli allievi o la seconda Categoria, ci vuole di più, ci vuole la Serie A.
I consiglieri comunali chiedono abbonamenti gratis al Calcio Catania
LA RICHIESTA DEI CONSIGLIERI PER GLI ABBONAMENTI GRATUITI
SOPRA: IL CAMPO INUTILIZZABILE PER LE SQUADRE LOCALI SOTTO: IL CAMPO CONCESSO AL CALCIO CATANIA
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VENERDÌ 17 DICEMBRE 2010
PENSA A LORO
UNA FINESTRA CHE SI AFFACCIA SU UN FABBRICATO, LA TELEVISIONE ALL'ANGOLO E UNA FIGLIA SEMPRE ACCANTO. PIERA DE LUCA, 61 ANNI, DA OTTO ANNI È MALATA DI SLA E TRASCORRE IL GIORNO E LA NOTTE SUL SUO LETTO COLLEGATA CON UN RESPIRATORE ARTIFICIALE. E' PERFETTAMENTE COSCIENTE, COMUNICA ATTRAVERSO GLI OCCHI MA SENZA COMUNICATORE ELETTRONICO. E' TROPPO COSTOSO, NON PUÒ PERMETTERSELO. LA SANITÀ DI MASSIMO RUSSO NON VARCA QUESTE SOGLIE. IL DIALOGO CON I FIGLI DIVENTA SPESSO DIFFICILE MA QUESTO NON HA FERMATO L'AFFETTO DEI NIPOTINI CHE SI RINNOVA GIORNO DOPO GIORNO.
Il Natale, quello vero, non è fatto soltanto di panettoni, spumante e pasta al forno
SALVATORE CRISAFULLI VIVE IN STATO DI “LOKETING”. E' PERFETTAMENTE LUCIDO, RIESCE A CAPIRE QUELLO CHE ACCADE INTORNO A LUI. PARLA ATTRAVERSO GLI OCCHI. SI TROVA IN QUESTE CONDIZIONI DA 7 ANNI E HA BISOGNO DI ASSISTENZA 24 ORE SU 24. VIVE INSIEME ALLA MADRE CHE È ANZIANA. A NATALE COME OGNI GIORNO SARANNO A CASA. SI INIZIA CON L'ARRIVO DELL'INFERMIERE CHE CONTROLLA E PULISCE SALVATORE, POI SI PASSA ALLA FISIOTERAPIA. A PRANZO NIENTE PASTA AL FORNO, PANETTONE O PROSECCO, MA IL SOLITO OMOGENIZZATO PER BAMBINI, VISTO CHE HA DIFFICOLTÀ AD INGOIARE. IL POMERIGGIO SI PASSA DAVANTI ALLA TV FINO A SERA. INTORNO A LUI LA MAMMA CHE, AMANTE DEI GATTI, GIOCA CON LORO COLORANDO UN PO' L'AMBIENTE CIRCOSTANTE.
FRANCESCO SPOTO, GESTIVA UNA DITTA SINO A QUANDO È FINITO TRA LE GRINFIE DELLA SLA. LA MOGLIE E I SUOCERI LO ACCUDISCONO CON L'AFFETTO DI SEMPRE DENTRO CASA. HA UN COMUNICATORE CHE GLI HA MIGLIORATO LA VITA, RIESCE AD ANDARE SU INTERNET, A PARLARE CON I PROPRI CARI, LOTTA PER I DIRITTI DEI MALATI. ALLE SUE SPALLE C'È IL QUADRO DELL'ULTIMA CENA. NON SI CONTANO LE STATUE DI PADRE PIO, DELLA MADONNA. NUCCIA È MOLTO RELIGIOSA, ACCUDITA DALLA MADRE CHE NEL DOLORE NON HA PERSO LA FEDE. VIVONO CON UNA PENSIONE CON SCARSA ASSISTENZA DA PARTE DELLE ISTITUZIONI. IL LORO NATALE SARÀ UN MOMENTO IMPORTANTE, INSIEME COME SEMPRE.
VENERDÌ 17 DICEMBRE 2010
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AGATINO DANUBIO, 2 ANNI, UN SORRISO SPLENDIDO CON DUE TUBI CHE GLI CONSENTONO DI RESPIRARE. E' AFFETTO DA BRONCODISPLASIA CONGENITA BILATERALE. POCO PRIMA DI NATALE HA SUBITO UN IMPORTANTE INTERVENTO. DOPO È TORNATO A SORRIDERE E A GIOCARE COL PADRE ORAZIO. NATALE SENZA PENSIONE, IL PADRE È DISOCCUPATO, IDEM PER LA MADRE. NIENTE ALBERO DI NATALE, NIENTE PRESEPE.
ORAZIO DI MAURO Orazio Di Mauro è un fotoreporter che si occupa di disagio sociale ed emarginazione. Per raccontare con le immagini quello che vede si immerge nella realtà vivendola in prima persona.