regina apostolorum

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scheda

www.nsaitalia.org

Regina Apostolorum nsa

Suore Missionarie di Nostra Signora degli Apostoli

Sinodo DEL MEDIO ORIENTE di P. Andrea Mandonico (SMA)

v i s i t ate i l n o s t ro

CREARE FRATERNITà questo paese chiuso a tutti gli europei, deve stabilirsi a Beni-Abbés alla frontiera marocco-algerina in attesa di avere una

Siamo presenti In

BURKINA FASO sr SANGALLI Piera

Algeria · Benin · Botswana Burkina Faso · Ciad · Costa D’Avorio Egitto · Ghana · Libano · Niger Nigeria · Tanzania · Togo

B.P. 60 FADA N’GOURMA T. 00226 40 77 01 21 · piera_nda@yahoo.fr

sr COMI Alma

possibilità per entrarvi. Non l’avrà mai e

B.P.264 DIABO T. 00226 40 77 50 12 · comi.alma@yahoo.fr

per questo accetterà l’invito del suo amico,

TCHAD sr ALBERTI Margherita

il Gen. Lapperine, di accompagnarlo e poi

TOGO sr PROFUMO Etta

i Tuareg. Dal 1905 al 1916, anno della sua

B.P. 36 KOLOWARE - SOKODE T. 00228 90 37 144 · ettanda@yahoo.fr

morte, vivrà a Tamanrasset.

COSTA D’AVORIO sr MARTINELLI Marisa

2. A Beni-Abbés aveva iniziato la sua venivano a visitarlo “buono o cattivo, amico o nemico, musulmano o cristiano, in una

03 B.P. 332 ABIDJAN 03 ADJAME T. 00225 20 37 12 52 · marisa.nelli@tiscali.it

sr GALBUSERA Regina sr. CRIMELLA Maria Redenta

carità fraterna e universale che condivide fin l’ultimo boccone di pane con qualsiasi povero, qualsiasi ospite, qualsiasi sconosciuto che si presenti, e riceve ogni essere

B.P. 212 ADZOPÈ T. 00225 23 54 18 10

umano come un fratello amatissimo”. Con la sua presenza e la sua testimonianza vuo-

sr. SCHIAVON Annamaria

le creare fraternità, che vada al di là dell’appartenenza civile e religiosa. Egli desidera

B.P.113 FERKESSEDOUGOU T. 00225 36 86 80 02 · annamariasc@yahoo.fr

sr GEROSA Enrica

“abituare tutti gli abitanti, cristiani, musulmani, ebrei e idolatri a guardarmi come loro

B.P. 44 GAGNOA · T.00225 32 77 27 24

fratello, il fratello universale”. 3. A Tamanrasset si accorge che questa fraternità, se non vuole restare solamen-

sr BOLZAN Giuliana

B.P. 44 GAGNOA · T.00225 32 77 27 24 · giulibo@email.it

“imparare la loro lingua, traducendo il santo vangelo, mettendomi in relazione il più di comporre il lessico e la grammatica tuareg, la cui ampiezza e il rigore scientifico impressiona ancora oggi gli specialisti. Sa che conoscere la lingua gli permetterà di comprendere meglio il pensiero, la cultura e poi, la conoscenza suscita la stima, la stima l’amore, l’amore la fraternità.

4

L’ISLAM e la PRESENZA CRISTIANA in oriente

Argentina · Canada

N.S.A MILANO Sede Provinciale Via Accademia, 15 · 20131 Milano tel: 02.70600256 · fax: 02.70634815 nsa-mi@iol.it www.nsaitalia.org

N.S.A AIRUNO Via Solaro,19 · 23881 Airuno LC tel: 039. 9943 080

Animazione Missionaria Via Solaro, 21 · 23881 Airuno LC tel: 039. 9271 125 · animazione-nsa@libero.it

N.S.A BARDELLO Piazza Trieste, 5 · 21020 Bardello VA tel: 0332.743379 · 0332.746246 Cenacolo

N.S.A MARINO Via Colizza, 56 · 00047 Marino Laziale RM tel: 06.93661138 · fax. 06.93800157

sr BIASINI Mariangela

N.S.A MONTESACRO

sr FONTANA M. Grazia

N.S.A FERIOLE

B.P. 35 KADIOLO MALI T. 00225 36 86 70 72

te un desiderio, deve trovare strumenti di vita concreta. Ecco allora la decisione di possibile amichevoli con loro”. Raccoglierà più di 6000 poesie che gli permetteranno

Francia · Irlanda · Italia · Olanda

dicembre 2010 · N

B.P. 152 SARH T. 00235 68 13 51 · marghensa@tiscali.it

stabilirsi nel pieno deserto del Sahara, tra

presenza con l’accogliere tutti quelli che

Rivista Trimestrale Anno 23

l i a . o rg

Indirizzi ALGERIA sr FERRARIO Flora

Rue Abd El Qiabar -13551 HENNAYA T. 00213 43 27 05 86 · florafndawahoo.fr

1. Nel 1901 Fratel Carlo, ordinato sacerdote, sceglie di vivere tra coloro che lo hanno ricondotto alla fede e per questo desidera andare in Marocco, ma, essendo

sito w w w .nsaita

BOLZAN Giuliana (novizia) B.P. 162 ABENGOUROU · T. 00225 35 91 32 42

Via Picco dei Tre Signori, 7 · 00141 Roma Tel/Fax 06.86800182 Via Vergani, 40 · 35033 Feriole di Bresseo PD Tel. 049.9900494 · nsa@smaferiole.org

MISSIONE Bonifico (IBAN) IT36 PO56 9601 6020 0000 6007 X52, intestato a Provincia Italiana Congregazione Suore Missionarie N. S. Apostoli

Sped. in abb. post. art. 2 · Comma 20 lettera C · Legge 662/96 - Milano

e Missione ad Gentes

Quelle STANZE dalle molte STORIE

MESSAGGI AL MONDO

Una sola FAMIGLIA UMANA


pace con Dio, facciamo sì che l’armonia tra fratelli ne sia il fondamento. Abbiamo pregato Dio per la pace

Pellegrinaggio NSA-SMA

a noi come un dono: accogliamolo! Abbiamo chiesto al Signore di rendere salda la sua santa Chiesa, ed egli ha positivamente ascoltato la nostra invocazione. Nel XIII secolo Nerses di Lambron, uno dei grandi Dottori della Chiesa Armena, scrisse le seguenti parole di incoraggiamento verso la Chiesa Cattolica.

Saliamo, dunque la montagna della fede del

Vangelo.

Rifletti Il Sinodo per la Chiesa del Medio Oriente al n. 42 delle proposizioni finali invita

(per parenti, volontari, amici)

i cristiani “a continuare il fecondo dialogo di vita con i musulmani”. Per questo li

Domenica 22 maggio 2011

dizio negativo […]. Sono invitati a scoprire i rispettivi valori religiosi. Offriranno così

al

sollecita di avere “uno sguardo di stima e di amore, mettendo da parte ogni pregiul’immagine di un incontro positivo e di una collaborazione fruttuosa tra i credenti

Santuario del SACRO MONTE DI VARESE

di queste religioni, opponendosi insieme a ogni genere di fondamentalismo e di

Per informazioni: Sr. Marta / P. Toni - 049/9900494 Suor Martina 02/70600256 P. Andrea 010/307011

vedo il mio vicino? Come tento di collaborare positivamente? Come vivo questa

e continuiamo a farlo. Ecco, egli la sta offrendo

APPUNTAMENTI

abbiamo bisogno della

APPUNTAMENTI

Ora, poiché tutti

ALCUNI CENNI STORICI

anta Maria del Monte è il nome S della chiesa che illustra l’ultimo mistero del santo Rosario, quello

che celebra la gloriosa Assunzione di Maria Vergine in cielo nella gloria degli Angeli e dei Santi. L’origine del santuario sconfina nella leggenda, testimoniata molto tardi da un documento seicentesco, in cui si narra del vescovo Ambrogio (340-397) che, sconfitti gli Ariani grazie all’intercessione di Maria, costruì sul monte una cappella in suo onore. Il Monte, a seguito dell’insediamento di un monastero, iniziato nel 1424, è diventato sempre più luogo di irradiazione spirituale per la presenza delle beate Caterina e Giuliana. La beata Caterina Moriggia da Pallanza (14...-1478) fu eremita presso il santuario; Giuliana Puricelli da Verghera (1427- 1501) la raggiunse; con altre donne, tutte

attratte dall’ideale monastico, diedero avvio a un monastero, prendendo come norma della loro nuova vita le regole del convento milanese di Sant’Ambrogio ad Nemus e impegnandosi a celebrare la liturgia secondo il rito ambrosiano. Il cuore quotidianamente orante di tutto il Sacro Monte è oggi il monastero che sovrasta il santuario, in cui vive la comunità delle Romite Ambrosiane, suore di clausura dedite alla lode di Dio e a diversi lavori manuali. Il santuario ha avuto il momento di maggior splendore nel 1600, allorché è diventato l’ultima tappa di una via sacra che da allora prese consistenza per invitare i pellegrini a meditare, vedendoli rappresentati, i quindici misteri del Rosario. Si giunge al santuario dopo la recita dell’antica e popolare forma di preghiera lungo un percorso di 2200 metri.

violenza in nome della religione”. Così questi nostri fratelli sono invitati a vivere insieme ed io con che sguardo fraternità nel mio ambiente di vita?

Prega “Donaci, Padre, di vivere in solidarietà profonda col nostro popolo per crescere, patire e lottare con esso, e rendere presente, dove Tu ci hai posto, la Tua Parola di giudizio e di salvezza. Liberaci, Signore, da ogni forma di amore universale e astratto, per credere all’umile e crocifisso amore a questa terra, a questa gente… Amen.” (Bruno Forte)

Completa e conserva questa scheda che ti accompagnerà per i prossimi numeri


Editoriale

Spargere

“semi” di bene Carissimi amici, in questi giorni che ci avvicinano al Natale e che ci trovano immersi nel “fare strada”,nel “costruire legami”, nel “farci carico” della vita, di ogni vita ci sentiamo grati del bene presente nel mondo e nel cuore di ciascuno. Dire bene è dire speranza, futuro, fiducia al di là di ogni forma di pessimismo e indifferenza. Il bene lo si coglie nella bellezza di un incontro: quando l’altro, gli altri condividono con te ideali e obbiettivi comuni. Quando, con quello che sei e dici, scopri che hai potuto essere motivo di serenità o di consolazione per qualcuno. Quando ti fai carico delle fatiche, dei drammi, delle sofferenze di coloro che cercano dove trovare sostegno e forza per andare avanti. Quando qualcuno ti dice: “ricordami” perché crede in te, perché può contare su di te. Bene, è anche quando io divento oggetto di benevolenza, dove sento che c’è uno spazio di ospitalità per me, dove mi sento accolta con tutta la mia umanità, la mia storia, la mia fatica, la mia gioia, i miei tentativi di amare e di accettare di essere amata. Anche quest’anno il Natale, la venuta di Gesù nel mondo è motivo di Grazia e di salvezza per noi. Lui, per primo, ci ha fatti og-

getti di un bene senza limiti, senza riserve. Ha riversato su di noi la sua bontà e la sua consolazione. È solo questo che vogliamo condividervi e continuare a testimoniare attraverso il nostro impegno di missionarie nel mondo: la gioia di sentirci amate dal Signore e avere la possibilità di dirlo a tutti coloro che incontriamo. Raccontare la nostra storia, la nostra vita missionaria è in qualche modo portare dentro la passione del “far vedere Gesù”. È continuare a spargere,nel Suo Nome, “semi” di bene col desiderio di fecondare la terra perché possa portare nuovi frutti. “L’amore ricevuto, ricorda Dionigi Tettamanzi, Arcivescovo di Milano nella lettera pastorale di quest’anno, ha in se stesso la forza di essere donato”. … “La gioia cristiana, nasce dal coraggio di vivere la vera carità e di cercare il bene”. Non stanchiamoci allora di cercare nelle profondità del nostro essere: con povertà di spirito, con purezza di cuore, con mitezza, con umiltà i segni di questo Amore grande che da sempre ci avvolge. Da sempre ci spinge con coraggio a compiere gesti di autentica libertà e di carità vera per il bene degli altri. La Redazione


TESTO BIBLICO Essi ascoltavano con assiduità l’insegnamento degli apostoli, vivevano insieme fraternamente, partecipavano alla Cena del Signore e pregavano insieme. Dio faceva molti miracoli e prodigi per mezzo degli apostoli: per questo ognuno era preso da timore. Tutti i credenti vivevano insieme e mettevano in comune tutto quello che possedevano. Vendevano le loro proprietà e i loro beni e distribuivano i soldi fra tutti, secondo le necessità di ciascuno. Ogni giorno, tutti insieme, frequentavano il tempio. Spezzavano il pane nelle loro case e mangiavano con gioia e semplicità di cuore. Lodavano Dio ed erano benvisti da tutta la gente. Di giorno in giorno il Signore aggiungeva alla comunità quelli che egli salvava. (Atti 2, 42-47)

INTENZIONI E PROPOSTE DI LETTURE BIBLICHE 1° giorno

4° giorno

LA CHIESA DI GERUSALEMME Gioele 2, 21b-22.3, Atti 2, 12

LA CONDIVISIONE COME ESPRESSIONE DI UNITÀ 1-2 Salmo 46(45), 1-11 Giovanni 14, 15-21

2° giorno

MOLTE MEMBRA IN UN SOLO CORPO Isaia 55, 1-4 Corinzi 12, 12-27

Salmo 85(84), 8-14 i Giovanni 15, 1-13

3° giorno

LA FEDELTÀ ALL’INSEGNAMENTO DEGLI APOSTOLI CI UNISCE Isaia 51, 4-8 Romani i, 15-17

Rivista Trimestrale Anno 23. n. 4 Direttore Responsabile: Sr. Fiorina Tagliabue Autorizz. Tribunale di Varese n. 185 del 5.10.1966 Sped. in abb. post. art. 2 Comma 20 lettera C Legge 662/96 - Milano

c/c n. 19349216

Salmo 119(118), 105-112 Giovanni 17, 6-19

Redazione: Via Accademia, 15 20131 Milano Tel. 02.70.600.256 Fax 02.70.63.48.15 http://www.nsaitalia.it e-mail: nsa-mi@iol.it animazione-nsa@libero.it Suore NSA Bardello Piazza Trieste, 5 21020 Bardello (VA) Tel. 0332.74.33.79 Fax 0332.74.59.56

Isaia 58, 6-10 Atti 4,32-37

Salmo 37(36), Matteo 6,25-34

5° giorno

SPEZZARE IL PANE NELLA SPERANZA Esodo 16, 13b-21a 1 Corinzi 11, 17-18.23-26

Salmo 116(115), 12-14.16-18 Giovanni 6, 53-58

6° giorno

FORTIFICATI DALLA PREGHIERA Giona 2, 1-10 1 Timoteo 2, 1-8

Stampa e grafica: Jona srl Paderno Dugnano (MI)

ASSOCIATA ALLA associazione stampa missionaria italiana iscritta all’unione stampa periodica

Salmo 67(66), 1-7 Matteo 6, 5-15

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Sommario 4

Vita nsa

LA VOCAZIONE MISSIONARIA:

passione senza confini! 7

Dalla missione

21

Quelle STANZE dalle molte STORIE

26

“HURUMA” E UNA SCUOLA SPECIALE

30

MASCARA:

Il dono della comunione

A SERVIZIO dELLA MISSIONE

dire e dirsi solo grazie

8

Messaggi al mondo

Una sola fAMIgLIA

Dalla parte di 32

UMANA

14

Camminando...

L’ISLAM

e la PRESENZA

CRISTIANA

Missionari/e e Immigrati Adesso parliamo noi 36

dIABO con SUOR ALMA

38

fAdA N’gOURMA: con SUOR PIERA e SUOR SUZANNE

42

I “regali” del CAMINO

45

APPUNTAMENTI

in oriente

18

Profili

VITA NELL’AMORE

NON POSSIAMO TACERE

dE SANTIAgO


Vita nsa

LA VOCAZIONE MISSIONARIA: PASSIONE SENZA CONFINI! “ Ho guardato davanti a me l’altare, punto di convergenza di questa differenza ed ho percepito chiaro in me la nozione di Chiesa: Dio e il suo popolo uniti nella gioia del dono reciproco. Ho percepito chiaro la bellezza della vocazione missionaria: passione senza confini per Dio e per gli uomini.


5 “Fino agli estremi confini della terra” (Is 49,6). Ecco la frase che mi ha accompagnato durante la mia Prima Professione. Insieme alle mie quattro sorelle del Togo: Diane, Lucienne, Justine e Sophie, il 28 agosto ho pronunciato i miei Primi Voti nella Congregazione NSA, ad Abengourou in Costa d’Avorio, dove ho passato i miei due anni di Noviziato. Nella cornice di un buon pomeriggio senza pioggia, dono del Signore in questa stagione e di una cattedrale vestita a festa, siamo state accompagnate in chiesa dalla nostra comunità di formazione, dalle novizie e da tutte le nostre suore venute da ogni parte della Costa d’Avorio, dall’Italia e dal Togo. Un abbraccio comunitario che ci ha fatto toccare con mano il senso di famiglia che ci lega. Fra loro mia madre, unica parente presente, che si e fatta per un giorno mamma di cinque ‘sorelle’ nel dono di sé. Ad accoglierci la “nostra” gente: i giovani, i bambini, le famiglie... insomma tutta la comunità parrocchiale, pieni di affetto per le ‘loro’ novizie. Ed i nostri sacerdoti della cattedrale, con i quali abbiamo vissuto gioiosi momenti di pastorale e di festa, contenti finalmente di ‘metterci i “gradi”, come amavano dire... “Fino agli estremi confini della terra”... questa Parola mi è risuonata nel cuore, durante la processione d’entrata e non mi ha più lasciata. Ho guardato intorno a me i volti di tutti questi miei fratelli e sorelle di colori e nazioni diverse cantare e danzare con noi e per noi. Ho guardato davanti a me l’altare, punto di convergenza di questa differenza ed ho percepito chiaro in me la nozione di Chiesa: Dio e il suo popolo uniti nella gioia del dono reciproco. Ho percepito chiaro la bellezza della vocazione missionaria: passione senza confini per Dio e per l’uomo... E abbiamo detto SI… SI al Signore che ci ha chiamato a consacrarci totalmente a Lui in povertà, castità e obbedienza. SI alla bellezza di questa vocazione specificamente missionaria che ci fa uscire dai nostri confini per aiutare tutti a scoprire quell’Amore che dà senso alla vita di ciascuno. “Fino agli estremi confini della terra”... Frase di Isaia, ripresa da S. Paolo e ricordo dell’invio missionario degli Apostoli dopo l’Ascensione, ci ha avvolto per tutta la durata della Messa, come un soffio dello Spirito che prende vita. E stata PROCLAMATA nelle diverse letture. COMMENTATA dal nostro parroco che ha ricordato come le suore NSA, attive e discrete, assieme ai padri SMA siano state alla base dell’evangelizzazione del Paese e siano sempre disposte ad andare dovunque lo Spirito le invia. CANTATA dalla nostra corale giovani, nascosta tra le pieghe dei differenti canti della celebrazione. DANZATA, con il modo tipicamente africano di lodare il Signore e di vivere anche fisicamente la gioia del dono. VISSUTA, attraverso la consegna a ciascuna della Croce e delle Costituzioni, simbolo di questo SI pronunciato già nel cuore di questi “confini della terra”, nel cuore dell’Africa.

I

saluti, gli abbracci, la festa, le danze, la gioia del dopo Messa sono stati la naturale continuazione di questa celebrazione. Non dimenticherò facilmente l’affetto di questa gente, che non mi ha abbracciata dicendomi solo “auguri” o “congratulazioni”, ma “merci ma sœur

pour le don de votre vie a Dieu pour nous”, grazie per il dono che fai a Dio per noi… Non credo che esista un augurio migliore per una suora missionaria… Grazie a tutti per questa festa “in famiglia”, una famiglia grande come il mondo! Suor Giuliana NSA


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Vita nsa PIU VICINA ALLA SUA SCELTA DI DONARSI Ho vissuto un’esperienza che non avrei mai pensato di fare nella vita. A farmi prendere questa decisione, la Prima Professione di mia figlia Giuliana nell’Istituto delle Suore Missionarie di Nostra Signora degli Apostoli. Giuliana ha fatto il suo noviziato in Costa d’Avorio e lì ha pronunciato i Primi voti. Ricordo di averle detto prima della sua partenza, che non l’avrei potuta raggiungere in Africa, ma quando ho saputo di questa sua scelta cosi importante ho cambiato idea: come madre non avrei mai potuto lasciare che vivesse questo momento senza la mia presenza. Così, con un misto di gioia e paura, affidando il mio viaggio al Signore e con l’appoggio dei padri della SMA e delle suore Mamma Franca con le giovani professe

NSA, sono partita per la Costa d’Avorio, destinazione Abengourou. Quello che ho trovato è un’Africa molto diversa da quella che pensavo di trovare. Certo, la povertà c’è e si vede, così come i segni del dopoguerra, ma ho trovato molto di più. Innanzitutto le persone. Sono affabili, disponibili, capaci di rapporti semplici e di calorosa accoglienza. Non conoscendo la lingua francese non potevo comunicare facilmente, ma a gesti e con l’aiuto di alcune suore italiane, mi sono sentita a mio agio, sempre benaccolta. Un’altra cosa che mi ha colpito è la loro profonda spiritualità ed il loro modo tutto particolare di vivere la Messa. Soprattutto quella dei primi voti di mia figlia e di altre quattro ragazze del Togo. Vivono la Messa con l’anima e il corpo, pregando, cantando e danzando, con una gioia coinvolgente ed una lode del Signore veramente sentita. I sacerdoti sono giovani, molto alla mano e disponibili. Credo che tutti mi abbiano dato una profonda testimonianza di fede. Infine la comunità del noviziato, dove mia figlia ha vissuto due anni di formazione. È una comunità internazionale dove suore e novizie vengono da paesi e culture diverse e dove nonostante le loro differenze vivono insieme nella gioia e rispetto reciproco. La loro casa è sempre aperta e le persone vogliono loro bene. E vedere Giuliana così felice e attorniata da persone che le dimostrano tanto affetto è stato commovente. Mi sono sentita più vicina alla sua scelta di donarsi al Signore per la missione. E le auguro con tutto il cuore di continuare a donare la sua testimonianza di amore a questo popolo. Franca Pilloni Mamma di suor Giuliana


Suor Giuliana

Mons. Bessi Ignace

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IL dONO dELLA COMUNIONE A SERVIZIO dELLA MISSIONE

È

la Parola di Dio che ha guidato la Veglia Missionaria di venerdi 22 ottobre nella Cattedrale di Genova in occasione dell’84° Giornata Missionaria mondiale. In questa occasione suor Giuliana Bolzan, giovane suora NSA ha ricevuto il crocifisso del mandato e nelle sue parole di saluto alla diocesi ha ricordato come il Signore l’abbia “inseguita” con un progetto d’amore a trovare la “vera” se stessa e ad entrare in una comunità religiosa dal respiro internazionale, concretizzato nel noviziato vissuto, unica europea, in Costa d’Avorio. Altra voce particolarmente apprezzata è stata quella di Mons. Ignace Bessi, Vescovo di Katiola in Costa d’Avorio. Prendendo la parola Mons. Bessi ha voluto ringraziare per il dono della comunione ecclesiale a ser-

vizio della missione. È un dono inestimabile, ha detto, che raduna tanti uomini e donne diversi in una sola famiglia. La comunione ecclesiale ha dato nel passato e continua a dare l’impulso a tutti missionari e missionarie che percorrono la terra intera per condividere la loro fede, speranza e carità, per introdurre tutti, senza discriminazione, nella famiglia ecclesiale. A nome delle giovani chiese africane, desidero ringraziare il Signore e i missionari perché, come tanti in Africa, sono il prodotto della missione in Africa, missione condotta dai padri della SMA (Società delle Missioni Africane) in prima linea e delle Suore NSA Nostra Signora degli Apostoli). Infatti, io sono stato battezzato da un padre della SMA che poi, 17 anni dopo, mi ha aiutato ad entrare in

Seminario. Adesso, questo grande missionario si trova in una casa di riposo in Francia, come tanti missionari che hanno dato tutta la loro vita all’Africa. Ma la missione continua e deve continuare con sempre più potenza e comunione più stretta. Possiamo ricordare e ringraziare tanti missionari, uomini e donne, chierici e laici che hanno portato il Vangelo alle terre lontane dell’Africa. In un dono generoso, hanno lasciato tutto. Però, sostenuti dalla comunione ecclesiale, hanno esteso la famiglia Cristiana sino ai confini della terra. Ringrazio tutti e prego perché il Signore vi aiuti a vivere sempre più questa comunione, che è la chiave della missione. da “il Cittadino” Settimanale Cattolico, Genova


Messaggi al mondo

“Una sola famiglia umana” è il tema scelto dal Santo Padre Benedetto XVI per la XCVII Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato che sarà celebrata domenica 16 gennaio 2011. Di seguito riportiamo alcuni estratti del Messaggio pontificio:

“L

a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato offre l’opportunità, per tutta la Chiesa, di riflettere su un tema legato al crescente fenomeno della migrazione, di pregare affinché i cuori si aprano all’accoglienza cristiana e di operare perché crescano nel mondo la giustizia e la carità, colonne per la costruzione di una pace autentica e duratura. “Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri”, l’invito che il Signore ci rivolge con forza e ci rinnova costantemente: se il Padre ci chiama ad essere figli amati nel suo Figlio prediletto, ci chiama anche a riconoscerci tutti come fratelli in Cristo”. “Da questo legame profondo tra tutti gli esseri umani nasce il tema che ho scelto quest’anno per la nostra riflessione: “Una sola famiglia umana”, una sola famiglia di fratelli e sorelle in società che si fanno sempre più multietniche e interculturali, dove anche le persone di varie religioni sono spinte al dialogo, perché si possa trovare una serena e fruttuosa convivenza nel rispetto delle legittime differenze”. “La strada è la stessa, quella della vita, ma

fAMIg L “

È questa la prospettiva con cui guardare anche la realtà delle migrazioni. Infatti, come già osservava il Servo di Dio Paolo VI, “la mancanza di fraternità tra gli uomini e tra i popoli è causa profonda del sottosviluppo e possiamo aggiungere incide fortemente sul fenomeno migratorio.

UNA SOLA


g LIA UMANA

9


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Messaggi al mondo le situazioni che attraversiamo in questo percorso sono diverse: molti devono affrontare la difficile esperienza della migrazione, nelle sue diverse espressioni (...). In vari casi la partenza dal proprio Paese è spinta da diverse forme di persecuzione, così che la fuga diventa necessaria. Il fenomeno stesso della globalizzazione, poi, caratteristico della nostra epoca, non è solo un processo socio-economico, ma comporta anche “un’umanità che diviene sempre più interconnessa”, superando confini ge-

ografici e culturali. A questo proposito, la Chiesa non cessa di ricordare che il senso profondo di questo processo epocale e il suo criterio etico fondamentale sono dati proprio dall’unità della famiglia umana e dal suo sviluppo nel bene. Tutti, dunque, fanno parte di una sola famiglia, migranti e popolazioni locali che li accolgono, e tutti hanno lo stesso diritto ad usufruire dei beni della terra, la cui destinazione è universale, come insegna la dottrina sociale della Chiesa. Qui trovano fondamento la solidarietà e la condivisione”. “Al tempo stesso, gli Stati hanno il diritto


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Offrire una speranza al futuro dei rifugiati

di regolare i flussi migratori e di difendere le proprie frontiere, sempre assicurando il rispetto dovuto alla dignità di ciascuna persona umana. Gli immigrati, inoltre, hanno il dovere di integrarsi nel Paese di accoglienza, rispettandone le leggi e l’identità nazionale”. “In questo contesto, la presenza della Chiesa, quale popolo di Dio in cammino nella storia in mezzo a tutti gli altri popoli, è fonte di fiducia e di speranza. (...) e, grazie all’azione in essa dello Spirito Santo, “gli sforzi intesi a realizzare la fraternità universale non sono vani”. È in modo particolare la santa Eucaristia a costituire, nel cuore della Chiesa, una sorgente inesauribile di comunione per l’intera umanità. Grazie ad essa, il Popolo di Dio abbraccia “ogni nazione, tribù, popolo e lingua” non con una sorta di potere sacro, ma con il superiore servizio della carità”. “Alla luce del tema ‘Una sola famiglia umana’, va considerata specificamente la situazione dei rifugiati e degli altri migranti forzati, (...) Nei confronti di queste persone, che fuggono da violenze e persecuzioni, la Comunità internazionale ha assunto impegni precisi. Il rispetto dei loro diritti, come pure delle giuste preoccupazioni per la sicurezza e la coesione sociale,

Le Nazioni Unite hanno dedicato l’anno 2010, ad “Anno internazionale per l’avvicinamento delle culture” per ribadire la visione di un’umanità pluralistica e l’interazione tra diversità culturale e dialogo interculturale. Pertanto, anche il Messaggio del Santo Padre rafforza nella comunità internazionale la percezione dell’importanza del dialogo e promuove il riconoscimento dei diritti umani per tutti, combattendo contro le nuove forme di razzismo e discriminazione. Oggi si contano 15 milioni di rifugiati. Il numero delle persone sfollate all’interno dello stesso Paese, soprattutto in relazione a casi di violazione dei diritti umani, si aggira attorno ai 27 milioni. La sfida consiste nel creare zone di tolleranza, speranza, guarigione, protezione, e nell’assicurare che drammi e tragedie, già troppo a lungo sperimentati in tempi passati e anche in quelli recenti, non accadano mai più. L’obiettivo è quello di garantire ai rifugiati, ai richiedenti asilo e ai profughi concrete possibilità di sviluppo del loro potenziale umano. L’accoglienza comincia con l’empatia, cioè con lo sforzo di capire i sentimenti dell’altro e di comprendere come ci si trova in un mondo sconosciuto, con costumi e tradizioni diverse. La Chiesa, da parte sua, sta cercando di rispondere a questa domanda. I suoi sforzi e le sue attività ne sono appunto una chiara testimonianza. Padre G. Bentoglio sotto-segretario del Pontificio Consiglio per i Migranti


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Messaggi al mondo

favoriscono una convivenza stabile ed armoniosa. (...) Ciò significa che quanti sono forzati a lasciare le loro case o la loro terra saranno aiutati a trovare un luogo dove vivere in pace e sicurezza, dove lavorare e assumere i diritti e doveri esistenti nel Paese che li accoglie, contribuendo al bene comune, senza dimenticare la dimensione religiosa della vita”. “Un particolare pensiero, sempre accompagnato dalla preghiera, vorrei rivolgere infine agli studenti esteri e internazionali (...). Si tratta di una categoria anche socialmente rilevante in prospettiva del loro rientro, come futuri dirigenti, nei Paesi di origine. Essi costituiscono dei ‘ponti’ culturali ed economici tra questi Paesi e quelli di accoglienza, e tutto ciò va proprio nella direzione di formare ‘una sola famiglia umana’. È questa convinzione che deve sostenere l’impegno a favore degli studenti esteri e accompagnare l’attenzione per i loro problemi concreti, quali le ristrettezze

economiche o il disagio di sentirsi soli nell’affrontare un ambiente sociale e universitario molto diverso, come pure le difficoltà di inserimento”. “Cari fratelli e sorelle, il mondo dei migranti è vasto e diversificato. Conosce esperienze meravigliose e promettenti, come pure, purtroppo, tante altre drammatiche e indegne dell’uomo e di società che si dicono civili. Per la Chiesa, questa realtà costituisce un segno eloquente dei nostri tempi, che porta in maggiore evidenza la vocazione dell’umanità a formare una sola famiglia, e, al tempo stesso, le difficoltà che, invece di unirla, la dividono e la lacerano. Non perdiamo la speranza, e preghiamo insieme Dio, Padre di tutti, perché ci aiuti ad essere, ciascuno in prima persona, uomini e donne capaci di relazioni fraterne; e, sul piano sociale, politico ed istituzionale, si accrescano la comprensione e la stima reciproca tra i popoli e le culture”.


Suore Cistercensi Parakou-Benin

“O Signore, non ho, come i Magi che sono dipinti sulle immagini, dell’oro da offrirti”. “Dammi la tua povertà!” “Non ho neppure, O Signore, la mirra dal buon profumo né l’incenso in tuo onore”. “Figlio mio, dammi il tuo cuore”. (Francis Jammes – Poeta 1868-1938)

La vera offerta del Natale è dare a Cristo e all’impegno per il Vangelo tutto se stessi, nella passione, nella disponibilità, nella generosità dell’amore. Sinceri auguri di gioia e pace a tutti voi che ci seguite con affetto e la solidarietà di sempre.

Buon Natale e Sereno Anno 2011 La Redazione


Camminando...

L’ISLAM E LA PRESENZA CRISTIANA IN ORIENTE “D

ue aspetti negativi sono la causa del problema dei cristiani d’Oriente: il primo riguarda la mancanza di rispetto dei diritti dei cittadini nella piena uguaglianza di fronte alla legge in alcuni paesi. Il secondo riguarda l’incomprensione dello spirito degli insegnamenti islamici specifici relativi ai rapporti con i cristiani che il Sacro Corano ha definito “i più predisposti a amare i credenti” e ha giustificato questo amore affermando “che ci sono tra di loro sacerdoti e monaci e che essi non si riempiono d’orgoglio”. “Questi due aspetti negativi, in tutto ciò che comportano come con-

In occasione dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente


…diffondendo la cultura della moderazione, dell’amore e del perdono, in quanto rispetto della differenza di religione e di fede, di lingua, di cultura, di colore e di razza e poi, come ci insegna il Sacro Corano ci rimettiamo al giudizio di Dio riguardo alle nostre differenze. Sì, i cristiani d’Oriente sono messi alla prova, ma non sono soli”. “La presenza cristiana in oriente, che opera e agisce con i musulmani, è una necessità sia cristiana che islamica. È una necessità non solo per l’Oriente, ma anche per il mondo intero.

tenuti intellettuali e politici negativi, e in tutto ciò che implicano come atteggiamenti relativi agli accordi e alla loro applicazione e che provocano come azioni preoccupanti e nocive, fanno del male a tutti - cristiani e musulmani - e ci offendono tutti nella nostra vita e nel nostro destino comuni. Per questo, siamo chiamati, in quanto cristiani e musulmani, a lavorare insieme per trasformare questi due aspetti negativi in aspetti positivi: in primo luogo, attraverso il rispetto dei fondamenti e delle regole della cittadinanza che opera l’uguaglianza prima nei diritti e poi nei doveri. In secondo luogo, ostacolando la cultura dell’esagerazione e dell’estremismo nel suo rifiuto dell’altro e nel suo desiderio di avere il monopolio esclusivo della verità, e rafforzando e diffondendo la cultura della moderazione, dell’amore e del perdono, in quanto rispetto della differenza di religione e di fede, di lingua, di cultura, di colore e di razza e poi, come ci insegna il Sacro Corano ci rimettiamo al giudizio di Dio riguardo alle nostre differenze. Sì, i cristiani d’Oriente sono messi alla prova, ma non sono soli”. “La presenza cristiana in oriente, che opera e agisce con i musulmani, è una necessità sia cristiana che islamica. È una necessità non solo per l’Oriente, ma anche per il mondo intero. Il pericolo di un calo di questa presenza a livello quantitativo e qualitativo è una preoccupazione sia cristiana che islamica, non solo per i musulmani d’Oriente, ma anche per tutti i musulmani del mondo. Non solo, io posso vivere il mio Islam con qualunque altro musulmano di ogni stato ed etnia, ma in quanto arabo orientale, non posso vivere la mia essenza di arabo senza il cristiano arabo orientale. L’emigrazione del cristiano è un impoverimento dell’identità araba, della sua cultura e della sua autenticità”.

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Camminando...

“È per questo che sottolineo ancora una volta qui, dalla tribuna del Vaticano, ciò che ho già detto alla venerabile Mecca, ossia che sono preoccupato per il futuro dei musulmani d’Oriente a causa dell’emigrazione dei cristiani d’Oriente. Conservare la presenza cristiana è un comune dovere islamico nonché un comune dovere cristiano. I cristiani d’oriente non sono una

minoranza casuale. Essi sono all’origine della presenza dell’Oriente prima dell’Islam. Sono parte integrante della formazione culturale, letteraria e scientifica della civiltà islamica”. Muhammad al-Sammak Consigliere politico del Gran Muftí del Libano


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O

…il mondo ideale, uno stato in cui i credenti di ogni religione, liberamente e senza preoccupazioni, timori o obblighi, possano vivere secondo i principi fondamentali e le usanze dei propri costumi e tradizioni. Tale diritto universalmente riconosciuto dovrebbe essere messo effettivamente in pratica dagli stati e dalle comunità.

ggi siamo testimoni dei grandi cambiamenti occorsi dalla metà del secolo scorso e tale trasformazione prosegue a un ritmo incredibile. Ciò non ha avuto soltanto un effetto qualitativo sui rapporti tra le religioni, ma ha altresì condizionato i rapporti tra i diversi segmenti delle religioni e perfino tra i loro seguaci. È indubbio che nessuna religione può rimanere indifferente di fronte a questa situazione di rapidi cambiamenti”. “Nelle società in cui sono esistiti diversi gruppi etnici con le proprie lingue e religioni, per il bene della stabilità sociale e della “sanità etnica”, occorre che ognuno rispetti la loro presenza e i loro diritti. La concordanza di interessi e il benessere sociale a livello nazionale e internazionale sono tali che nessun gruppo o paese può essere trascurato. E questa è la realtà del nostro tempo”. “Non dobbiamo forse considerare inoltre quale sia la situazione ideale per i credenti e i seguaci? Qual è la migliore condizione raggiunta? Sembra che il mondo ideale sia uno stato in cui i credenti di ogni religione, liberamente e senza preoccupazioni, timori o obblighi, possano vivere secondo i principi fondamentali e le usanze dei propri costumi e tradizioni. Tale diritto universalmente riconosciuto dovrebbe essere messo effettivamente in pratica dagli stati e dalle comunità”. Ayatollah Seyed Mostafa Mohaghegh Ahmadabadi Professore presso la Facoltà di Diritto della Shahid Beheshti University di Teheran e Membro dell’Accademia Iraniana delle Scienze


Profili

VITA NEL L È

passato tanto tempo. Era l’inizio di settembre del 1975. Avevo appena fatto la prima Professione e dopo una decina di giorni, sbarcavo a Divo in Costa d’Avorio, mia prima destinazione di missione. Suor Daria era membro della piccola comunità che mi accoglieva. Insieme c’erano Suor Marisa e Suor Marie Geneviève. Daria partiva ogni mattina al dispensario, subito dopo la Messa e la colazione presa in fretta, perché la fila delle mamme con i bimbi ammalati alle sette del mattino era già lunga e continuava a formarsi fino ad arrivare alla strada principale…. Con l’aiuto di Bernard e di Eugenie, sorridente e paziente Suor Daria curava e curava ogni piccolo che entrava nella sala con la mamma, come fosse l’unico, il più urgente, il più importante in quel momento…. e fino a mezzogiorno inoltrato questa ‘liturgia’ continuava ininterrotta con parole e gesti appropriati ad ogni caso. La ricordo arrivare a tavola per il pranzo sempre ultima e stanca in viso, con voglia di raccontare e condividere l’uno o l’altro caso fra i tanti che aveva consultato, arricchito da particolari della vita della famiglia del piccolo o del suo villaggio, che credo solo l’amore riesce a far dire durante una visita di dispensario....Ci è voluto poco a capire che la sua vita era

per gli altri e che lei era felice di darsi agli altri, concretamente, in tanti modi diversi, sempre in nome di Gesù. L’esempio della sua generosità, della sua grande umanità, velata dalla discrezione e da una nota di melanconia che la caratterizzava, mi faceva pensare all’orizzonte della nostra missione, della nostra vita che è oltre… infinita… mentre la spendi tutta nel più concreto e semplice gesto del quotidiano. Ma Suor Daria non era solo infermiera a Divo. Dopo il breve riposo della pausa pranzo e l’ora in cappella davanti al Signore, nel primo pomeriggio era pronta, con la nostra tradizionale auto R4, ad andare a visitare i prigionieri, a fare un giro all’ospedale per vedere i bimbi gravi che aveva inviati il mattino dal dispensario. Dedicava il sabato pomeriggio al gruppo


L L’AMORE Caritas (Secours Catholique) che riuniva per la formazione e per aiutarlo a coordinare gli aiuti dei casi bisognosi della parrocchia. E non pensare che la domenica Daria riposava …. Dopo la Messa era con i ragazzi e le ragazze dell’Azione Cattolica: più di un centinaio, accompagnati a gruppi ben ordinati dai loro animatori, svolgevano le loro attività ludiche, culturali e spirituali. E Daria con loro sembrava ringiovanire e rifare le forze per la nuova settimana di lavoro al dispensario. Era davvero una donna apostolica nel fondo del cuore e parlare di Gesù che amava la riempiva di gioia e di vita. In seguito, dopo qualche anno, le nostre strade si sono separate. Lei ha continuato la sua vita missionaria fra i lebbrosi di Adzopé, sempre in Costa d’Avorio e poi altrove. Io in Argentina e poi…altrove. Ci siamo ritrovate a Bardello… Davanti alla sua bara pensavo al regalo che Suor Daria è stata per me. Giovane missionaria giunta in Africa per la prima volta, inesperta e ricca di teorie acquisite durante gli studi, ho trovato chi mi ha discretamente mostrato la strada: per Suor Daria gli altri venivano prima di lei. Ci è voluto poco a capire che la sua vita era per gli altri e che lei era felice di darsi agli altri, concretamente, in tanti

modi diversi, sempre in nome di Gesù. L’esempio della sua generosità, della sua grande umanità, velata dalla discrezione e da una nota di melanconia che la caratterizzava, mi faceva pensare all’orizzonte della nostra missione, della nostra vita che è oltre… infinita… mentre la spendi tutta nel più concreto e semplice gesto del quotidiano. Guardavo Suor Daria e vedevo che nell’Amore non si misura, nell’Amore si trova il senso, nell’Amore nasce sempre speranza e vita. Anche se si muore. Grazie Suor Daria! Suor Annarosa

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Profili Suor Daria nel suo servizio di infermiera nel Lebbrosario di Adzopé (Costa d’Avorio)

Qualche anno fa di ritorno, per qualche mese, dal Lebbrosario di Adzopé (in Costa d’Avorio), Suor Daria Panigoni ha partecipato alle attività dell’ottobre missionario nella Diocesi di Milano. Ecco una parte della testimonianza che ha dato, parlando a tutte le Messe, nella Parrocchia di Santa Francesca Romana.

«Evangelizzare è soprattutto annunciare e testimoniare a tutti gli uomini la propria familiarità con Dio, Dio che ama ognuno in Cristo Suo Figlio. « Forte di questo amore, il Missionario si impegna a fondo perché ci sia più giustizia, pace, verità sulla terra e la dignità di ogni persona venga rispettata. «Questa è anche la

mia esperienza personale e oggi voglio condividerla un po’ con voi, parlando della mia vocazione». «Cresciuta in una famiglia profondamente cristiana, ho imparato fin da piccola a pregare e a pensare a Dio». Le riviste missionarie, che mi piacevano molto, mi aiutavano ad aprire il cuore e la mente ai bisogni dei fratelli più lontani anche geograficamente. «A poco a poco è nato in me il desiderio di far conoscere quel Dio che amavo anche a coloro che non lo avevano ancora incontrato». «Tale era il mio desiderio, ma mi riusciva difficile concretizzarlo, perché vedevo la scelta della vita religiosa missionaria come un rischio... e mi faceva

paura: mi dispiaceva lasciare il mio ambiente nel quale ero felice e gli impegni in Parrocchia, che già mi permettevano di fare tanto bene. «Ma un giorno, nel silenzio della preghiera, capii che resistevo all’invito del Signore, il quale voleva da me qualcosa di più di quello che facevo. Fu un momento molto intenso e, in un profondo sentimento di pentimento, trovai la forza di decidere, di rischiare lasciando tutto per essere suora missionaria. La decisione mi diede grande pace e gioia: posso dire, che esse, ora, dopo tanti anni, di cui 30 passati in Africa, non sono mai venute meno in me, anche nelle inevitabili difficoltà della vita e dell’apostolato».


Dalla missione

QUELLE STANZE MOLTE STORIE dalle

a cura di Anna Pozzi

Prima di arrivare

qui nel 2002, suor Etta, è stata per dodici anni in Costa d’Avorio, sempre in un lebbrosario, a Adzopé, 120 chilometri da Abidjan, nell’istituito nazionale Raul Follerau. … Quegli arti rosicchiati dalla malattia, quelle piaghe che non si rimarginano mai, fanno parte del suo quotidiano da molti anni. Eppure non ha perso la gioia di dedicarsi a quelle

persone e a quel servizio, che richiede spirito di

sacrificio e molta umanità.

I

n barba ai ritmi africani. Qui c’è sempre da correre! Eppure non c’è affanno o insofferenza. Suor Antonietta Profumo, per tutti suor Etta, trasmette qualcosa di gioioso e sereno mentre corre qua e là nei diversi reparti del dispensario di Kolowaré, nel centro del Togo. È mattina presto e sotto la payotte, che serve per l’accoglienza e la prima consultazione, già si affolla un buon numero di persone. «Bonjour! - lancia la suora -. Siete qui per un saluto, vero? O piuttosto per la malattia?». «Malattia!», rispondono in coro. «Ah, c’est grave!», scherza suor Etta con un gran sorriso, cercando di trasmettere un po’ di buonumore. In realtà, nessuno è veramente grave lì. Molta


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Dalla missione malaria, problemi alle vie respiratorie, infezioni intestinali… Ma Kolowaré è sinonimo di qualcosa di ben più grave, che è anche all’origine della presenza delle missionarie di Nostra Signora degli Apostoli in questa località, che esiste da una settantina d’anni. In Togo, Kolowaré significa lebbra. È nato così questo villaggio a una quindicina di chilometri da Sokodé, seconda città dal Paese, per accogliere quelli che nessuno più voleva: lebbrosi, trattati alla stregua di appestati. Perché la lebbra qui non è solo una malattia, è anche un marchio di infamia, che devasta i corpi e appiccica addosso uno stigma di vergogna. «È nato così Kolowaré - ricorda suor Etta - per dare un posto a chi non poteva stare in nessun altro posto. Ed è nata così la presenza della nostre suore in questo villaggio. Prima, venivano in bicicletta da Sokodé, tre volte la settimana. Poi, cinquant’anni fa, si sono trasferite e hanno creato questo dispensario». Oggi i lebbrosi sono ancora lì, una sessantina in tutto, quasi tutti anziani. Di nuovi casi ce ne sono davvero pochi. La maggior parte riguarda gli allevatori peul che vengono da molto lontano. «Oggi la nuova “peste” è l’Aids! - dice suor Etta -. Attorno a questa malattia c’è ancora molto pregiudizio e paura. Di sapere e di far-

lo sapere. Chi è malato è messo automaticamente ai margini. Anche se adesso, grazie alle campagne di sensibilizzazione e alla possibilità di accesso alle cure, si sta cambiando poco a poco anche la mentalità». Oggi Kolowaré è molto più che il villaggio dei lebbrosi, anche se nell’immaginario collettivo togolese resta forte questo marchio. È vero, quasi tutte le famiglie hanno un lebbroso in casa. Mentre i più vecchi, e quelli che sono rimasti soli -

Fulmine a ciel sereno Come se non bastassero le difficoltà quotidiane nel gestire i tanti servizi medico-sanitari, educativi e sociali che gravitano

attorno alla missione di Kolowaré, ci si mette pure la natura a complicare le cose. Natura che, in Africa, è certamente madre, ma spesso anche matrigna.

È così che a fine agosto, è bastato un fulmine per far saltare tutto: ha bruciato il contattore delle suore, che si è incendiato, creando panico e tanti danni. Per fortuna


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Suor Etta al lavoro

una decina in tutto - vivono in un apposito centro creato dalle suore. Ma in questi anni è arrivata altra gente. Attirata soprattutto dalla possibilità di accedere alle cure in un luogo accogliente, efficiente e dove si accettano tutti, a prescindere dalle possibilità economiche. E poi, attorno al dispensario è nata anche la maternità e da un paio d’anni il centro nutrizionale per bambini malnutriti, oltre alla scuola elementare. Insieme a suor Etta ci sono altre due suore, e diverso personale locale. Il

nessun ferito. Però sono bruciati tutti i motori del frigo, il congelatore, il computer, tutti i fili elettrici... Anche il deposito dei medicinali si è incendiato e ci sono stati

lavoro è molto. Ma evidentemente è ben fatto, visto che tanta gente si è trasferita in questo villaggio proprio per tutti i servizi offerti dalle religiose. Oggi gli abitanti sono oltre tremilacinquecento. Suor Etta si aggira per i diversi reparti del dispensario: saluta pazienti e familiari, dà qualche consiglio, sollecita gli interventi del personale infermieristico. Tutto è molto pulito e le pareti sono state dipinte recentemente di un bel colore rosso mattone, che dà un senso di calore e allegria. Anche se in quelle stanze si incontrano molte storie drammatiche. È giovedì mattina e davanti alla saletta delle medicazioni fanno la fila una decina di ex lebbrosi. Hanno gli arti mutilati o devastati dalla malattia. Soprattutto hanno delle piaghe croniche che non si rimarginano mai. È il giorno della medicazione e uno per volta entrano nella saletta, dove l’infermiere toglie pazientemente le bende e pulisce e medica quelle enormi piaghe. Tutti i trattamenti per i lebbrosi sono gratuiti. Con quegli handicap fisici così gravi pochissimi sono in grado di fare qualche lavoretto per mantenersi e nessun potrebbe permettersi medicine e trattamenti. Suor Etta c’è abituata. Prima di arrivare qui nel 2002 è stata per dodici anni in Costa d’Avorio, sempre in un lebbrosa-

tanti danni materiali pure lì. Le suore si sono rimboccate le maniche per rimettere tutto in ordine nel minor tempo possibile. Ma i danni economici sono consistenti e

certe riparazioni sono tutt’altro che scontate in questo angolo di savana nel cuore del Togo. Con tanta fiducia, però, si continua a lavorare e a guardare avanti.


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Dalla missione rio, a Adzopé, 120 chilometri da Abidjan, nell’istituito nazionale Raul Follerau. Quegli arti rosicchiati dalla malattia, quelle piaghe che non si rimarginano mai, fanno parte del suo quotidiano da molti anni. Eppure non ha perso la gioia di dedicarsi a quelle persone e a quel servizio, che richiede spirito di sacrificio e molta umanità. Oggi però c’è un’altra sfida che la interpella e la sollecita: quella appunto dell’Aids. La percentuale a livello nazionale è piuttosto bassa: si parla del 6 per cento, stando ai dati ufficiali. Niente a che vedere con le percentuali sopra il 30 per cento che si trovano in Africa australe. Ciò, tuttavia, non significa che anche

qui l’Aids non rappresenti una sfida e un’emergenza. Anche perché colpisce soprattutto i giovani, le forze vive del Paese, e in particolare le ragazze. «Nonostante le molte campagne di sensibilizzazione e prevenzione - dice la religiosa - la diffusione della malattia resta preoccupante. Qui al dispensario vediamo arrivare molti casi. La maggior parte non sa o fa finta di non sapere di cosa si tratti. Poi il test li mette di fronte a una realtà che per molti è ancora estremamente difficile da accettare e affrontare. Per sé e per i propri familiari». Oggi i malati di Aids sono i nuovi lebbrosi di Kolowaré. Questa malattia a non è concepita come le altre, e dunque mette


Suor Etta non è certo

tipo da perdersi d’animo. E anche se dice di essere molto stanca, certo non lo dà a veder. Anzi, si precipita in

in crisi l’individuo, la famiglia, la società. Perché ad essa continua ad essere associato un marchio di vergogna e di infamia. Le campagne di sensibilizzazione e di distribuzione dei farmaci antiretrovirali stanno producendo qualche risultato positivo. Anche perché oggi sono molto più capillari ed efficaci che in passato. «Ma il fatto di avere accesso ai farmaci - dice suora Etta - a volte non basta ancora a spingere la gente a fare il test e soprattutto a togliere dal malato quel marchio di vergogna che troppo spesso si continua ad appiccicargli addosso». Molti di quelli che arrivano al dispensario sono giovani. Parecchie sono ragazze. Attualmente ce ne sono in cura con i farmaci antiretrovirali circa 130, tra cui una quindicina di bambini. In una stanzetta c’è una ragazza che sembra poco più che una bambina, anche se dice di avere ventun anni. «Le abbiamo già dato tre sacche di sangue - spiega suor Etta -, ma la situazione non migliora. E ormai è qui da due mesi». La sua storia assomiglia a quella di molte altre. In fuga dalla povertà, è partita a cercar fortuna in Nigeria. Ne è tornata a mani vuote, ma con il terribile virus dall’Hiv che la sta uccidendo. «Vanno in Nigeria e tornano che sono da buttare! - dice suor Etta con un filo di rabbia e rincrescimento -. Non è colpa loro. È che il Paese è molto povero, non offre opportunità di lavoro, specialmente alle ragazze. E allora vanno in Nigeria sperando di fare fortuna. E invece di trovare un lavoro spesso trovano l’Aids». C’è un’altra ragazza nella camera accanto. Stessa storia. Solo che lei dopo aver cominciato la cura con i farmaci antiretrovirali è sparita di nuovo, per andare in Nigeria. Quando è tornata, qualche mese dopo, era

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sala consultazioni con la solita energia e

l’immancabile sorriso. lì lì per morire. «I farmaci antiretrovirali - commenta la religiosa - fanno sentire il paziente subito molto meglio: sente di riacquistare rapidamente le forze e ritrova l’appetito. Ma vanno presi con molta regolarità, altrimenti possono essere nocivi o creare resistenze. Molti malati, però, non appena stanno un po’ meglio smettono di prenderli regolarmente, nonostante la formazione e le raccomandazioni che facciamo». Per fortuna non mancano i casi positivi. Suor Etta ricorda in particolare quella donna arrivata al dispensario che pesava ventisei chili, con un bambino di dodici mesi. «Ora ne pesa più di sessanta e sta decisamente bene!», dice soddisfatta. Suor Etta non è certo tipo da perdersi d’animo. E anche se dice di essere molto stanca, certo non lo dà a veder. Anzi, si precipita in sala consultazioni con la solita energia e l’immancabile sorriso. C’è un sacco di gente che aspetta fuori. Pronti, via! Dentro il primo. Anche oggi sarà una lunga giornata…


Dalla missione

“HURUMA” E UNA SCUOLA


La parola “Huruma” in lingua Kiswaili significa compassione. Un nome “desiderabile” per una scuola che segue e accompagna bambini e giovani portatori di handicap.

OLA SPECIALE

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Dalla missione

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a parola “Huruma” in lingua Kiswaili significa compassione. Un nome “desiderabile” per una scuola che segue e accompagna bambini e giovani portatori di handicap. Sono, infatti, rimasta impressionata di come lo staff, impegnato a seguire queste meravigliose creature, insieme ai loro parenti vivano questo rapporto reciproco con tanto amore e dedizione. Di solito, questi ragazzi, sono lasciati un po’ da parte. La comunità non se ne prende cura perché molte sono le credenze e i pregiudizi che fanno si che essi vivano in situazione di emarginazione creando anche presso le loro famiglie sofferenza e frustrazione. La scuola accoglie 40 tra ragazzi e giovani. La loro età varia dai 6 ai 20 anni. Hanno disabilità mentali o fisiche. Il gruppo più numeroso è quello dei sor-

domuti: sono nove ragazzi. Il governo ci ha inviato degli insegnanti qualificati che lavorano, presso di loro, con tanta amorevolezza e competenza. Questa è la nostra gioia più grande. Gli altri ragazzi sono divisi in piccoli gruppi di quattro a seconda della tipologia di disabilità e della loro capacità di apprendimento. Il lavoro richiede molto impegno ma dà soddisfazioni enormi. A maggio siamo riusciti a portare tutto il gruppo a visitare il lago Vittoria. Uno degli hotel situati sulla riva del lago chiamato “Tunza” che vuol dire “aver cura” ci ha messo a disposizione la loro parte di spiaggia e cosi abbiamo cominciato a costruire dei castelli di sabbia. Eravamo tutti affascinati dalla vastità di questo enorme bacino d’acqua. È il più grande lago dell’Africa con 337 kms di lunghezza e 240 di profondità. Grazie


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alla sua estensione esso appartiene a tre nazioni: al nord l’Uganda, la parte sud alla Tanzania e il nord est al Kenya. Il richiamo del lago, fine mattinata, si è fatto sentire cosi forte che insegnanti e genitori si sono tuffati in acqua avventu-

È stato commovente vedere una giovane mamma giocare con il proprio figlio disabile. Un ragazzo fragile ma con una volontà di ferro che lotta

ogni giorno per superare la sua difficoltà e

vincere con la vita.

randosi anche oltre la paura dei serpenti. E quello che loro possono fare con disinvoltura i ragazzi lo fanno ancora meglio, infatti, in poco tempo anche i ragazzi si sono buttati in acqua. È stato commovente vedere una giovane mamma giocare con il proprio figlio disabile. Un ragazzo fragile ma con una volontà di ferro che lotta ogni giorno per superare la sua difficoltà e vincere con la vita. È una benedizione per me il trovarmi a vivere questa straordinaria esperienza ricca di tanta umanità. Un vero privilegio che vivo con queste persone speciali. Yana una giovane donna tedesca con Obadiah, giovane insegnante del posto, hanno dato vita, quest’anno, ad una ONG con lo scopo di lavorare, anche loro, con persone portatrici di handicap. Anche in questa nuova avventura mi sento coinvolta. Il Centro si chiama “Tunaweza” che significa “siamo abili”. Un termine carico di tanta speranza e futuro. Con Obadiah sono andata, in questi giorni, a ritirare delle macchine da cucire da una ONG di origine irlandese che lavora in progetti di solidarietà e di sviluppo. Hanno voluto sapere la natura e lo scopo della nostra scuola e apprezzandone l’impegno ci hanno chiesto di far parte del loro programma di assistenza e di promozione umana. Sono felice di condividervi questa gioia. Il nostro Centro Tunaweza sta crescendo, in tutti i sensi, perché là dove c’è l’amore per l’altro, quello vero, quello che si fa dono: c’è vita, c’è speranza. Una dignità ritrovata e difesa! suor Maura Cranney NSA, Tanzania


Dalla missione

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o sapevamo, ci stavamo preparando e l’abbiamo vissuta questa partenza definitiva delle NSA dalla comunità di Mascara. Tutto era previsto per la domenica pomeriggio del 13 giugno. Ci siamo ritrovate al mattino con ciò che rimaneva della già piccola nostra comunità: Raymond, Dympna, Annie con Flora venuta per esserci di sostegno e per aiutare Dympna a chiudere la casa. Ci siamo trovate in cappella per un’ultima celebrazione. Anche se controllata, l’emozione era palpabile. Abbiamo iniziato la preghiera che desideravamo prima di tutto fosse un’azione di grazie per i 21 anni di vita vissuta

Suor Dympna, NSA

a Mascara. Raymond ha evocato delle “presenze” che sono state significative per questo luogo: Marie - Hélène che ancora viene ricordata da tante persone, Raymonde e Valeria che hanno formato quelle che oggi sono diventate insegnanti di cucito, ricamo …, Hanane, suora NSA egiziana, bravissima insegnante di

francese e altre … anche le ultime che hanno soggiornato in questa casa come: Marie – Laurence, Marie – Noel di cui la vita e la morte sono state dei tempi forti e significativi per noi e per i nostri amici algerini. E le giovani: Roxana, Lucia e Mary, nostre collaboratrici e Leila la nostra cuoca. Tutti questi nomi, questi volti li abbiamo affidati al Signore e lo abbiamo ringraziato per tutto quello che è stato realizzato attraverso di loro e con loro. È forse un caso che il Vangelo del giorno abbia parlato delle donne che, non solamente hanno accolto Gesù nella loro casa, ma l’hanno ascoltato, seguito “come i dodici” dice il te-

MASCARA: DIRE E DIRSI SOLO GRAZIE


ficare la nostra fatica del separarci. Questa unione di cuori e di vita è continuata nella condivisione del Pane e del Vino, nutrimento per una nuova partenza e segno della nostra comunione da vivere nel tempo. Ci siamo affidate alla Madonna perché sia Lei ad aiutarci, ad accompagnarci e l’abbiamo fatto con il canto caro alle NSA: “unite nella preghiera…. con Maria nostra Madre”. Fortificate, rivivificate da questo tempo di preghiera comune, abbiamo vissuto il resto della giornata nella gioia e la fiducia, aspettando che giungesse il momento di lasciare questo luogo. Bouye Annie

Un momento forte è stato il gesto di pace. Ci siamo date la mano formando una catena e in questa stretta di mani è passato tutto ciò che sentivamo in quel momento: la gioia della nostra vita condivisa, la solidarietà e l’affetto che ci lega da sempre, il sostegno nei momenti difficili, la nostalgia della partenza e della separazione ma anche la speranza nel futuro, futuro di ciascuna verso un nuovo contesto di vita, speranza per ogni comunità, là dove saremo l’anno prossimo, nonostante le domande e le incertezze.

sto. Un’occasione per noi di ridire l’importanza della presenza e del ruolo delle donne nel rendere testimonianza di una comunità, e in particolare in un paese dove le donne, forse più che altrove, hanno un modo singolare e complementare da quello degli uomini, di essere Presenza e Volto di questo Dio di Gesù Cristo di cui vogliono esserne le testimoni. Le nostre intenzioni di preghiere sono state dette in questo senso. Avevamo ancora tante cose da dirci, ma le parole non riuscivano più ad esprimere i nostri sentimenti … solo gli sguardi e questa stretta di mani che non avremmo mai più voluto sciogliere a signi-

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w

Dalla parte di

NON POSSIAMO TACERE

Missionari/e e Immigrati I nuovi lager

Ha ragione la prof.ssa L. Melillo dell’Orientale di Napoli in un recente volume “A distanza d’offesa” (a cura di A. Esposito e

Non c’è umanità se non al plurale.

… “Questi centri sono veri luoghi di detenzione per altro ancora più grave e penosa di quella carceraria, dato che è sottratta a tutte le garanzie previste per i detenuti, a cominciare dal ruolo di controllo svolto dalla magistratura di sorveglianza. Sono stati creati così dei campi di concentramento in cui vengono recluse “persone che non hanno fatto nulla di male, ma che vengono private di qualunque diritto, e sottoposte ad un trattamento punitivo, senza neppure i diritti e le garanzie che accompagnano la stessa pena della reclusione.” L. Ferrajoli

Pierre Claverie


33 L. Melillo) a scrivere: “Sembra palesarsi il rischio di una deriva razzista che fa del corpo dello straniero il capro espiatorio delle crisi della nostra società.”

I luoghi della vergogna … Inumano è il trattamento che gli immigrati braccianti ed operai subiscono nel Paese, sia sul lavoro sia nelle abitazioni. Luoghi come Castelvolturno (Caserta), S. Nicola a Varco (Salerno), Rosarno (Reggio Calabria), Cassibile (Siracusa) sono ormai entrati nell’immaginario collettivo italiano. Questi sono i luoghi della vergogna dove vivono i braccianti agricoli che raccolgono i nostri pomodori, le arance, le patate, Tutti questi braccianti sono forza lavoro, pagata a basso prezzo, alla mercé dei caporali che fanno poi da tramite alle mafie. E questo ci porta al dolente capitolo delle condizioni di lavoro secondo la Flai Cgil, gli immigrati irregolari impiegati in agricoltura nel meridione sfiorano il 90%. Lavorano anche dieci ore al giorno e a volte la paga non

arriva a 15 €. Le percentuali migliorano al centro (50%) e al Nord (30%). Secondo la Confederazione Italiana Agricoltori, nei “luoghi della vergogna”, il 40% dei braccianti stranieri vive in edifici abbandonati e fatiscenti, oltre il 50% senza acqua potabile, il 30% senza elettricità, il 43% senza servizi igienici. I raccoglitori di verdura a cottimo hanno tra i 16 ed i 34 anni. L’80% non ha mai visto un medico Al Nord è l’edilizia l’altro terreno di conquista dei caporali. Qui un lavoratore su quattro lavora nel sommerso: 700.000 gli immigrati irregolari impiegati nelle imprese (in questo siamo al primo posto in Europa). Li troviamo all’alba a Milano a Piazzale Lotto o a Lambrate che chiedono una giornata in cantiere. Un manovale regolare costa 21 € all’ora,

se c’è di mezzo l’intermediario è meno di metà. Il resto va al caporale. E al Nord i caporali sono sempre più egiziani, marocchini, rumeni o anche cinesi che gestiscono i loro connazionali sul lavoro e nella vita.

Respingimenti …Come missionari/e siamo testimoni che questa spinta migratoria, proveniente dall’Africa, che tenta di attraversare il Mediterraneo, è dovuta alla tormentata situazione del continente nero, in particolare dell’Africa Orientale e Centrale. La situazione di miseria, i regimi oppressivi, le guerre in atto dell’Eritrea, Etiopia, Somalia, Sudan, Repubblica Democratica del Congo, Ciad sospingono migliaia di persone a fuggire attraverso il deserto per arrivare in Tunisia e in Libia, dove sono sfruttati come schiavi. Buona parte di questi immigrati sono rifugiati politici ed hanno diritto all’asilo politico, fra l’altro ricordato due volte nella nostra Costituzione. L’Italia sta ora pagando voli


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Dalla parte di aerei che partono dal nostro Sud, ma anche da Malta o dalla Libia e che riportano gli immigrati nel loro paese … A tal proposito il prof. Antonio Esposito dell’Orientale di Napoli, nel libro: “A distanza d’offesa”, così si esprime: “Così finiscono gli uomini e le donne che non sbarcano più a Lampedusa. Bloccati in Libia dall’accordo Roma - Tripoli e riconsegnati al deserto. Abbandonati sulla sabbia, appena oltre il confine. A volte sono obbligati a proseguire a piedi. Altre volte si perdono. Cadono a faccia in giù, sfiniti, affamati, assetati

senza che nessuno trovi più i loro cadaveri (come riporta F. Gatti nell’Espresso). L’Italia, come l’Europa, prova a costruire la sua fortezza. Le immateriali mura di recinzione sono erette con le carte che fanno le leggi, sono tenute insieme dai sentimenti di indifferenza, falso disdegno e disprezzo, propri del senso comune. Restano fuori donne, uomini, vecchi, bambini, partiti inseguendo un orizzonte di dignità”.

La tratta … Questa tratta è il frutto di racket internazionali e mafie italiane che aggiungono sfruttamento a sfruttamento.

E anche vi sono delle responsabilità politiche ben precise. “Come fermarli?” si chiede un missionario, padre Franco Nascimbene, che ha lavorato a lungo a Castelvolturno - è una situazione complessa, fatta da connivenze e corruzioni che solo le istituzioni, i governi e le polizie potrebbero affrontare efficacemente. Esistono già leggi che colpiscono coloro che sfruttano la prostituzione, tuttavia si ha l’impressione che manchi una decisa volontà politica di fermare la macchina infernale che produce schiavitù e distrugge il futuro di migliaia di ragazze.


35 - Se le istituzioni investissero maggiormente nell’attività investigativa, impiegando più uomini a pedinare madames, sfruttatori, camorristi e mafiosi, - se creassero più legami con le polizie di origine delle ragazze, - se controllassero i flussi di denaro provenienti dalla prostituzione che escono dall’Italia attraverso la Western Union e altre agenzie (come è stato fatto in altri campi, là dove c’era la volontà politica di fermare certe espressioni della criminalità), si potrebbe fermare o perlomeno rallentare la tratta di donne a scopo di prostituzione.

Carceri Il 37,1% della popolazione carceraria è di origine straniera (24.922 su 67.452, al 21 aprile 2010) e sottolineare alcune problematiche specifiche connesse alla vita detentiva degli stranieri... per esempio difficoltà linguistiche, condizioni economiche disagiate anche a causa della lontananza delle famiglie di origine, l’assenza di una rete familiare e amicale... (Antigone, 1 (2009), 25). Conferenza degli Istituti Missionari Italiani (CIMI) Commissione di Giustizia, Pace e Integrità del Creato della CIMI

Ci impegniamo Noi missionari/e ci proponiamo una lettura piena di fede e di speranza perché, al di là dei risvolti drammatici che spesso accompagnano le storie dei migranti, i loro volti e le loro vicende portano il sigillo della storia di salvezza e della teologia dei “segni dei tempi”. La Chiesa difatti intende affermare la cultura del rispetto, dell’uguaglianza e della valorizzazione delle diversità, capace di vedere i migranti come portatori di valori e di risorse. Essa invita a rivedere politiche e norme che compromettono la tutela dei diritti fondamentali... esprime inoltre un forte dissenso rispetto alla prassi sempre più restrittiva in merito alla concessione dello ‘status’ di rifugiato e al ricorso sempre più frequente alla detenzione e all’espulsione dei migranti. La presenza dei migranti in mezzo a noi ci ricorda che, dal punto di vista biblico, libertà e benessere sono doni e come tali possono essere mantenuti solo se condivisi con chi ne è privo. I fondamenti del rispetto e dell’accoglienza dei migranti sono contenuti, per noi credenti, nella Parola di Dio (Vegliò, o. c.). Per questo • Invitati dai documenti del Magistero vogliamo imparare a leggere le migrazioni come “un segno dei tempi”, per la Chiesa e la Società. • Facciamo nostre le affermazioni dei Vescovi africani del II Sinodo dell’Africa (Roma 5-24 ottobre 2099). • Stiamo dalla parte degli immigrati, la nostra è una scelta di campo: la scelta degli ultimi. • Crediamo che non sia sufficiente denunciare. Come Istituti Missionari, inseriti nelle Chiese Locali, siamo chiamati ad agire mettendo a disposizione personale adatto ed il supporto di strutture adeguate per un lavoro con gli immigrati, privilegiando il lavoro congiunto con la commissione Migrantes a livello nazionale e locale. • Sollecitiamo la CEI a redigere un documento che, oltre la denuncia della deriva culturale rispetto al tema migratorio, offra gli opportuni orientamenti alle comunità cristiane. Noi missionari/e crediamo fermamente, come diceva il grande vescovo-martire di Oran (Algeria) Pierre Claverie, che non c’è umanità se non al plurale.


Adesso parliamo noi

… Solo la voglia di vivere giorni con le missionarie Nsa in Burkina Faso. Ricordi, sensazioni, emozioni che Simona e amici vogliono condividerci lasciando parlare le foto e un po’ il “cuore”.

dIABO con Suor ALMA

Suor A


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Suor Alma

Con l’Africa ti trovi di fronte all’essenziale, senza fare fatica, senza nemmeno volerlo fare, e sperimenti di stare bene. In Africa non ci si sente stranieri. Si è accolti calorosamente: non è importante conoscere la lingua e la cultura locale per capire come vivere la profondità dell’incontro con l’altro. La sensazione che si prova è di sentirci subito uno di loro, e i sorrisi, gli sguardi, le strette di mano sono spontanei, naturali. Se poi hai la gioia di ritornare dopo qualche anno, ritrovando le stesse persone, gli abbracci sono ancora più calorosi e vivi nel tempo.


Adesso parliamo noi

Colpisce fortemente la grande dignità, il forte coraggio con cui tanta gente vive le proprie sofferenze. Non si vede in loro disperazione nè rassegnazione, ma solo la capacità di accettare, di affrontare giorno dopo giorno quello che la vita riserva loro.

fAdA N’gOURMA: con SUOR PIERA e SUOR SUZANNE


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Suor Suzanne

Il lavoro instancabile delle suore NSA verso “i più poveri” è davvero grande!!! Nasce da un amore per i fratelli, nutrito da un Amore che viene dall’alto e che muove ogni loro gesto, anche verso chi non è cristiano. I malati, i piccoli, gli handicappati, gli indigenti, gli anziani, le famiglie, insomma tutti, trovano nelle suore NSA, nel loro lavoro, nel loro servizio, un segno vero e tangibile di qualcuno che li ama.

Suor Piera


Adesso parliamo noi


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Gli africani sono molto generosi: quando vengono a darti il benvenuto portano sempre con sè qualche dono da offrire. Sanno privarsi del poco che hanno per offrirtelo generosamente. Non si scordano del bene che è stato fatto loro, se hai realizzato qualcosa di utile per il loro villaggio. Anche a distanza di anni la loro riconoscenza è grande. Gli africani sono grandi lavoratori: si alzano il mattino presto, lavorano anche sotto il sole cocente, mangiano una sola volta al giorno, e se necessiti di qualcosa, sanno lasciare tutto per rispondere a un tuo bisogno, ad una tua richiesta.


Adesso parliamo noi

… Le motivazioni che ci hanno spinti a ritrovarci insieme a Santiago sono le più diverse: una vacanza alternativa, l’approfondimento della fede, semplice amicizia, desiderio di ripercorrere il pellegrinaggio della propria vita … c’è chi non sa perché è lì … a camminare … E intanto il cammino ci unisce come gruppo e … ci cambia.

S

arria, il luogo da cui si parte a piedi, dista 116 km da Santiago. Sono 5 le tappe previste, più o meno lunghe. Il paesaggio splendido fa da sfondo e anche il clima e il bel tempo contribuiscono a rendere l’impresa meno faticosa. Un pulmino ci segue a distanza per le emergenze e anche per assicurare al gruppo un pasto caldo al giorno. Non facciamo fatica a capire che … NON SIAMO I SOLI!!! Quanta gente, di tutte le nazionalità, a piedi o in bicicletta alcuni partiti un mese prima e con già 700 km alle spalle ostelli stracolmi di persone di ogni età. E per i gruppi numerosi come il nostro? Un bel gruppo di una ventina di adolescenti accompagnati dai loro animatori e dal loro assistente, don Paolo … Accoglienza nelle palestre! Il morale continua ad essere molto buono durante tutto il percorso … malgrado le vesciche ai piedi, vere compagne di viaggio, le spalle doloranti, l’acqua fredda della doccia e … qualche disagio dovuto. Fa parte del “camino de Santiago”! Camminando facciamo incontri di ogni tipo ... I “regali” del “camino de Santiago”.

I “regali” del Cami


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Un gruppo di francesi si fermano dove siamo accampati a guardare il nostro pasto tipico: spaghetti all’italiana. Uno di loro

ci condivide la sua gioia e dice ai ragazzi (e a noi matusa): “il vero cammino inizia quando sarete tornati a casa sì perché è lì, nella quotidianità che si gioca la vostra vita e il vostro futuro”. Le motivazioni che ci hanno spinti a ritrovarci insieme a Santiago sono le più diverse: una vacanza alternativa, l’approfondimento della fede, semplice amicizia, desiderio di ripercorrere il pellegrinaggio della propria vita … c’è chi non sa perché è lì a camminare. E intanto il cammino ci unisce come gruppo e … ci cambia. “È camminando che si apre il cammino” e così siamo invitati a confrontare il cammino, con le sue bellezze e le sue fatiche, con il percorso della nostra vita. Un giorno mi dicono … “stasera ascoltia-

mino de Santiago


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Adesso parliamo noi

mo te” … e mi invitano a raccontare la mia vita missionaria, e fanno domande su domande … sul nostro lavoro, sull’Africa e gli africani, sugli immigrati … sulla nostra situazione qui in Italia … la serata non basta …

Andare in pellegrinaggio significa essere orientati in una certa direzione, camminare verso una meta. Ciò conferisce anche alla via ed alla sua fatica una propria bellezza.

Benedetto XVI

8 settembre 2007 Mariazell - Austria

Siamo quasi arrivati. Dal Monte de Gozo si vede in lontananza tutta la spianata e le tre guglie della Cattedrale di Santiago. Celebriamo la Messa di S. Giacomo, l’Apostolo. Don Paolo ci ricorda che camminare è importante ma avendo ben chiara la meta. E ringrazia per la “presenza missionaria” che si è unita al gruppo. “Non sei tu che fai il cammino, è il cammino che ti fa” è Dio che passo dopo passo ti condurrà alla meta. Una bella, lunga chiacchierata con una delle partecipanti … e mi chiedo “Capisco ora un po’ di più questi splendidi giovani con cui sto camminando”? E così cammin facendo … arriviamo al “Portico della Gloria” … ci siamo! Insieme a tanti altri pellegrini: commovente! Ma non era questo che cercavo le emozioni Lì, a Santiago, di fronte alla tomba dell’apostolo li ho affidati tutti i ragazzi, la mia famiglia, la comunità i nostri Istituti E scrivo su una cartolina: “Il cammino si fa insieme”. La cartolina partirà oggi destinazione? Suor Marta NSA


Giovani, musulmani, italiani Responsabili SUAM (Segretariato Animatori Missionari) Lombardia Descrizione “L’imam di Viale Jenner finisce a San Vittore: è un terrorista”; “Donna, parità e Islam”; “Il Belgio vieta il burqa in pubblico, ora tocca alla Francia”; “Non c’è spazio per la moschea”; “Schiave dell’Islam: la violenza familiare” ... Sono solo alcuni dei titoli che leggiamo quotidianamente sui mass media. Ma è davvero tutto qui? Cercheremo insieme, con una serie di dinamiche, di entrare nel mondo musulmano per scoprirne testimoni, valori ed esperienze di vita. Ci faremo aiutare da esperti, da missionari che da anni costruiscono dialogo, ma anche da giovani musulmani italiani. Nel nostro viaggio attraverso il mondo islamico ci lasceremo interrogare: l’incontro con l’altro non mi fa conoscere meglio chi sono e ciò in cui credo? Amen, Insciallah! TAPPE 1. Islam: quali pregiudizi? 2. La spiritualità nell’Islam 3. Cristo e l’Islam: dialogo di vita sul campo 4. Giovani, musulmani... italiani!

DATE Sabato 22 gennaio - Sabato 29 gennaio Sabato 05 febbraio - Sabato 12 febbraio ORARIO Dalle ore 15.00 alle ore 19.00 DESTINATARI Giovani dai 18 ai 35 anni LUOGO Centro Missionario PIME Via Mosè Bianchi, 94 - 20149 Milano Tel. 02 438201 - 02 438201 www.giovaniemissione.com - animazione-nsa@libero.it

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contatta: cell: 338 9895793 gmail.com

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XXXV° CORSO di FORMAZIONE per ANIMATORI MISSIONARI 28 febbraio - 04 marzo 2011

TECIPAZIONE

all’inizio del Corso.

LOGISTICHE

o presso l’istituto dei , in via Angelo

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o: autobus 70 fino al va a 100 m

na: in treno fino a ome sopra

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TIVI

preghiera e ricerca ezione di debolezza e) e per ritrovare dere alle sfide di una ianizzata e povera di

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Animazione missionaria Tra nuovi stili di vita e di fede c/o: MISSIONARI COMBONIANI Via Angelo Custode, 20 - 61100 PESARO tel. 0721.50895

INFORMAZIONI Per informazioni sul corso contatta: P. Rosario Giannattasio cell: 338 9895793 e-mail: suam.nazionale@gmail.com P. Sandro Faedi cell: 338 7817679 e-mail: sandrofaedi@gmail.com

Segreta Unitario Animaz Missiona

XXXV° per A

28 feb QUOTA DI PARTECIPAZIONE


poste nelle ; razioni; ematici

e

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Aiutarci in uno spirito di preghiera e ricerca per andare oltre la percezione di debolezza (personale ed istituzionale) e per ritrovare nuove energie nel rispondere alle sfide di una società sempre più scristianizzata e povera di valori; confrontarci con esperienze e proposte nelle quali si intravedono cammini futuri; cogliere possibili sinergie e collaborazioni; elaborare, insieme, nei laboratori tematici strumenti utili di animazione.

DESTINATARI INFORMAZIONI Membri Suam sul corso contatta: Per informazioni Animatori e animatrici Missionarie e cell: 338 9895793 P. Rosario Giannattasio Vocazionali e-mail: suam.nazionale@gmail.com Laici Missionari Volontari 338 7817679 P. Sandro Faedie cell: Operatori di Pastorale Giovanile e-mail: sandrofaedi@gmail.com Membri dei Centri Missionari Diocesani Formatori di Catechisti Responsabili di Scuole di Teologia e Missiologia per Laici

QUOTA DI PARTECIPAZIONE € 230,00 per tutto il corso Il pagamento si effettua all’inizio del Corso.

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Il corso si terrà a Pesaro presso l’istituto dei Missionari Comboniani, in via Angelo Custode, 20 PER RAGGIUNGERE I COMBONIANI: Dalla stazione di Pesaro: autobus 70 fino al capolinea, la casa si trova a 100 m Dall’aeroporto di Ancona: in treno fino a Pesaro, dalla stazione come sopra In macchina: dall’autostrada uscita Pesaro, direzione “centro” seguire per Fano

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Otto giorni di soggiorno in Benin per incontrare la realtà ecclesiale e partecipare alla celebrazione dei 150 anni dell’evangelizzazione iniziata con l’arrivo di P. Borghero e dei suoi confratelli SMA. Dal 9 al 19 aprile 2011

Informazioni su prezzo, condizioni, etc. prendere contatti con: P.Toni 049-9900494 antonio.porcellato@gmail.com

20 GIORNI IN AFRICA OCCIDENTALE

Agosto 2011 Viaggio in Africa Occidentale (Benin, Togo), per giovani che desiderano scoprire e incontrare una realtà di Chiese sorelle e condividere la vita dei missionari. Prendere contatti con: suor Martina 02-70600256 - animazione-nsa@libero.it P. Giampiero 010-307011 - giampiero@missioni-africane.it


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