Il dialogo tra Botticelli e Dante fu qualcosa di più di una semplice occasione di incontro tra un maestro della figurazione e un maestro della poesia. Ricordiamo sempre che entrambi furono maestri dell’allegoria: Dante nell’ impiego di essa nelle sue terzine Botticelli nella raffigurazione dei personaggi e degli scenari dei suoi quadri La sensibiltà di Botticelli fa rivivere nella poesia di Dante le teorie neoplatoniche di cui è imperniata la Firenze Medicea per poi assumere negli anni, soprattutto nei disegni per l’Inferno, i toni cupi dell’ideologia savonaroliana.
Abbiamo le parole del Vasari secondo il quale Botticelli:
Parole che ci attestano una lunga consuetudine, un rinnovato interesse del BOTTICELLI per Dante.
Non era difficile leggere nel viaggio ultramondano di Dante dall’Inferno al Paradiso una grande illustrazione poetica della teoria neoplatonica di Marsilio Ficino secondo cui l’anima umana, per via di conoscenza e amore, poteva risalire dalle cose terrene alla pura contemplazione di Dio e della sua infinità. E cos’era l’ “Amor che move il sole e l’altre stelle” di cui parlava Dante se non appunto quel principio infinito e presente in tutto l’universo predicato dalla teologia platonica? Letto in questo modo, Dante poteva offrire diverse suggestioni a Botticelli, di certo ben introdotto ai misteri neoplatonici, come attestano le complicate letture delle sue opere più famose, in primo luogo le celebri La Primavera e La nascita di Venere, non a caso dipinte per lo stesso committente delle pergamene dantesche.
“La natura della bellezza non può essere corpo. Perché se ella fusse corpo non converrebbe alle virtù dell'animo che sono incorporali. ... concludiamo brevemente che la Bellezza è una grazia, vivace e spirituale, la quale per il raggio divino prima si infonde negli Angeli, poi nelle anime degli uomini, dopo nelle figure e voci corporali... “ (dal Trattato dell'amore)
Il contatto con la drammaticità dantesca avrebbe al contrario dischiuso a Botticelli strade ulteriori rispetto a quelle fino allora percorse, quelle degli abissi insondabili dell’animo umano.
Su questa strada già aperta si inseriranno i temi cupi della predicazione di Savonarola che avrebbero portato la pittura di Botticelli agli accenti tesi e drammatici della sua tarda produzione, a quei quadri visionari e sofferti non lontani dalla terribilità delle immagini dantesche, che il pittore aveva avuto modo di conoscere molto bene.
“Tu vorresti roba: vivi secondo Dio e parcamente
e non voler le pompe e le vanità e a questo modo
risparmierai e avrai più roba.”
Ad un certo punto infatti, e proprio negli anni ’80, qualcosa inizia a cambiare nella pittura di Botticelli. Qualcosa inizia a perturbare la soave grazia del suo universo estetico, così perfettamente espressa nei due più celebri capolavori: La nascita di Venere e La Primavera. La sua pittura si carica di una tensione drammatica che finirà per esplodere nelle ultime opere, La Crocifissione Mistica e La Natività Mistica, tutte permeate da un’atmosfera austera, grave e rigorosa su cui ebbe certo influenza la predicazione di Girolamo Savonarola.
Vederne in Dante un precursore significava innalzarlo a padre e primo glorioso indizio di quella Firenze Novella Atene che si sarebbe realizzata due secoli dopo, sotto e grazie alla dinastia medicea e al suo Magnifico principe in particolare.
A questa esigenza rispose l’edizione del 1481, corredata dal commento di uno dei maggiori umanisti, Cristoforo Landino, e illustrata dai disegni abbozzati da un artista del calibro di Botticelli.
Lorenzo di Pierfrancesco de Medici, nipote di Lorenzo il Magnifico commissionò a Sandro Botticelli 92 disegni dedicati alla Divina Commedia che avrebbero impreziosito il codice redatto a mano dal monaco amanuense Niccolò
Mangona con commento dell’Umanista Cristoforo Landino
Mecenate di artisti e letterari fu anche il committente de La Primavera, dove si pensa compaia ritratto nelle vesti di Mercurio.
Di tale commissione abbiamo conferma da una fonte della metà del 500, l’Anonimo Magliabechiano:
“Botticelli dipinse e storiò un Dante in cartapecora a Lorenzo di Piero Francesco de Medici che fu cosa meravigliosa. Partendo dall’Inferno, attraverso il Purgatorio per arrivare al Paradiso, Botticelli illustrò la Divina Commedia con la collaborazione dell’amanuense Niccolò Mangona che incise sul retro delle pergamene il testo dei canti della Divina Commedia.”
Novanta dei novantadue disegni arrivati fino a noi illustrano un episodio di un singolo canto della Divina Commedia; gli altri due sono una visione d’insieme del Cratere dell’Inferno e una raffigurazione di Lucifero.
La cronologia dei disegni della Commedia dell'illustre pittore fiorentino (1444 o '45 – 1510 ?) è ancora incerta. Quanto all'inizio, non lo si anticipa molto al di là del 1481, data dell'edizione dantesca a stampa per i tipi di Niccolò della Magna, con il commento del Landino.
Infatti, poiché quelle illustrazioni presentano qualche affinità con l'opera botticelliana, si è pensato che l'incisore Baccio Baldini avesse avuto presenti i disegni di Botticelli e si è spiegato anche l'esiguo numero delle illustrazioni, 19 negli esemplari più completi, con la partenza di Botticelli per Roma, chiamato ad affrescare la Cappella Sistina, e quindi con la sospensione del suo studio sulla Divina Commedia.
Esistevano due differenti serie di disegni. Il corpus arrivato fino a noi sarebbe il secondo è ultimo realizzato da Botticelli.
E’ corretto pensare a una doppia serie di opere botticelliane per la Commedia, la prima iniziata prima del 1481 e realizzata dal Baldini, e la seconda dopo il ritorno a Firenze, tra il 1490 e il 1510 e di questa farebbero parte i fogli che (v. oltre) sono ora a Berlino o alla Vaticana.
I disegni, realizzati a punta di metallo su pergamena, ripresi a inchiostro e parzialmente colorati, confermano quanto il Botticelli fosse permeato della poesia dantesca. Lo stile utilizzato da Botticelli è piÚ arcaico di quello in uso durante la sua epoca.
-Ăˆ chiaro come nelle intenzioni del Botticelli i disegni non dovessero seguire fedelmente il testo.
- che non fossero eseguiti direttamente per l’In Folio lo capiamo dal tracciato botticelliano che arriva fino al margine interno della pergamena, cosÏ che è possibile escludere che fossero cuciti prima che Botticelli vi lavorasse.
Sandro Botticelli e Dante Alighieri, il Documentario
Incomincia la Comedia di Dante Alleghieri di Fiorenza, ne la quale tratta de le pene e punimenti de' vizi e de'meriti e premi de le virt첫.
Dante, per quanto riguarda la struttura dell’Inferno, si basa sulla teoria di Aristotele nell’Etica nicomachea. Dante ritiene che l’Inferno sia una voragine a forma di cono, formatasi nei pressi di Gerusalemme, nell’emisfero boreale. La formazione di questa voragine è dovuta alla punizione che Dio ha inflitto a Lucifero, uno degli angeli più belli del Paradiso, che voleva diventare pari lui, scaraventandolo sulla Terra dove appunto formerà questa voragine, e al termine di questa si conficcherà a testa in giù. Dante, per cominciare la missione che lo porterà alla salvezza di se stesso e di tutta l’umanità, deve intraprendere questo primo percorso nell’Inferno, per venire a contatto con il peccato e comprendere che il peccato ed il male allontanano l’uomo da Dio.
PASSAGGIO DEL FLAGETONTE E INGRESSO IN DITE
• VI cerchio ERETICI • VII cerchio VIOLENTI • I girone VIOLENTI CONTRO GLI ALTRI • II girone VIOLENTI CONTRO SE STESSI • III girone VIOLENTI CONTRO DIO
Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, chÊ la diritta via era smarrita. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura!
INFERNO, CANTO III E io, che riguardai, vidi una ’nsegna che girando correva tanto ratta, che d’ogne posa mi parea indegna; dietro le venìa sì lunga tratta di gente, ch’i’ non averei creduto che morte tanta n’avesse disfatta. Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto, vidi e conobbi l’ombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto.
INFERNO, CANTO III Ed ecco verso noi venir per nave un vecchio, bianco per antico pelo, gridando: "Guai a voi, anime prave! Non isperate mai veder lo cielo: i’ vegno per menarvi a l’altra riva ne le tenebre etterne, in caldo e ’n gelo.
INFERNO, Canto IV Venimmo al piè d'un nobile castello, sette volte cerchiato d'alte mura, difeso intorno d'un bel fiumicello...
INFERNO CANTO VI
Qual è quel cane ch'abbaiando agogna, e si racqueta poi che 'l pasto morde, ché solo a divorarlo intende e pugna, cotai si fecer quelle facce lorde de lo demonio Cerbero, che 'ntrona l'anime sì, ch'esser vorrebber sorde.
VIII-XXXIV
Mentre noi corravam la morta gora, dinanzi mi si fece un pien di fango, e disse: «Chi se' tu che vieni anzi ora?». E io a lui: «S'i' vegno, non rimango; ma tu chi se', che sì se' fatto brutto?». Rispuose: «Vedi che son un che piango». E io a lui: «Con piangere e con lutto, spirito maladetto, ti rimani; ch'i' ti conosco, ancor sie lordo tutto». Allor distese al legno ambo le mani; per che 'l maestro accorto lo sospinse, dicendo: «Via costà con li altri cani!»
« E io: "Maestro, molto sarei vago di vederlo attuffare in questa broda prima che noi uscissimo del lago". Ed elli a me: "Avante che la proda ti si lasci veder, tu sarai sazio: di tal disïo convien che tu goda".
Dopo ciò poco vid' io quello strazio far di costui a le fangose genti, che Dio ancor ne lodo e ne ringrazio. Tutti gridavano: "A Filippo Argenti!"; e 'l fiorentino spirito bizzarro in sé medesmo si volvea co' denti.
INFERNO, CANTO IX "Vegna Medusa: sĂŹ 'l farem di smalto", dicevan tutte riguardando in giuso; "mal non vengiammo in Teseo l'assalto"...
Ahi quanto mi parea pien di disdegno! Venne a la porta e con una verghetta l'aperse, che non v'ebbe alcun ritegno...
E io: "Maestro, quai son quelle genti che, seppellite dentro da quell'arche, si fan sentir coi sospiri dolenti?" ...
FARINATA DEGLI UBERTI « Volgiti! Che fai? Vedi là Farinata che s'è dritto: de la cintola in sù tutto 'l vedrai »
INFERNO CANTO X
O Tosco che per la città del foco vivo ten vai così parlando onesto, piacciati di restare in questo loco. La tua loquela ti fa manifesto di quella nobil patrïa natio, a la qual forse fui troppo molesto».
Lo savio mio inver' lui gridò: «Forse tu credi che qui sia 'l duca d'Atene, che sù nel mondo la morte ti porse? Pàrtiti, bestia, ché questi non vene ammaestrato da la tua sorella, ma vassi per veder le vostre pene».
SUICIDI, PIER DELLE VIGNE
Come d'un stizzo verde ch'arso sia da l'un de' capi, che da l'altro geme e cigola per vento che va via, sĂŹ de la scheggia rotta usciva insieme parole e sangue; ond' io lasciai la cima cadere, e stetti come l'uom che teme.
INFERNO, CANTO XV Poi si rivolse, e parve di coloro che corrono a Verona il drappo verde per la campagna; e parve di costoro quelli che vince, non colui che perde
Come la navicella esce di loco in dietro in dietro, sì quindi si tolse; e poi ch'al tutto si sentì a gioco, là 'v' era 'l petto, la coda rivolse, e quella tesa, come anguilla, mosse, e con le branche l'aere a sé raccolse.
Luogo è in inferno detto Malebolge, tutto di pietra di color ferrigno, come la cerchia che dintorno il volge. Nel dritto mezzo del campo maligno vaneggia un pozzo assai largo e profondo, di cui suo loco dicerò l'ordigno.
I SIMONIACI
O Simon mago, o miseri seguaci che le cose di Dio, che di bontate deon essere spose, e voi rapaci per oro e per argento avolterate, or convien che per voi suoni la tromba, però che ne la terza bolgia state.
INFERNO, CANTO XXVI O frati», dissi «che per cento milia perigli siete giunti a l'occidente, a questa tanto picciola vigilia d'i nostri sensi ch'è del rimanente non vogliate negar l'esperïenza, di retro al sol, del mondo sanza gente. Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza».
CANTO XXVIII «Or vedi com' io mi dilacco! vedi come storpiato è Mäometto! Dinanzi a me sen va piangendo Alì, fesso nel volto dal mento al ciuffetto.
Come quando la nebbia si dissipa, lo sguardo a poco a poco raffigura ciò che cela 'l vapor che l'aere stipa, così forando l'aura grossa e scura, più e più appressando ver' la sponda, fuggiemi errore e cresciemi paura; però che, come su la cerchia tonda Montereggion di torri si corona, così la proda che 'l pozzo circonda torreggiavan di mezza la persona li orribili giganti, cui minaccia Giove del cielo ancora quando tuona.
Queta'mi allor per non farli più tristi; lo dì e l'altro stemmo tutti muti; ahi dura terra, perché non t'apristi?
Poscia, più che 'l dolor, poté 'l digiuno»
Lo 'mperador del doloroso regno da mezzo 'l petto uscia fuor de la ghiaccia; e più con un gigante io mi convegno, che i giganti non fan con le sue braccia: vedi oggimai quant' esser dee quel tutto ch'a così fatta parte si confaccia. S'el fu sì bel com' elli è ora brutto, e contra 'l suo fattore alzò le ciglia, ben dee da lui procedere ogne lutto. Oh quanto parve a me gran maraviglia quand' io vidi tre facce a la sua testa!
INFERNO Lo duca e io per quel cammino ascoso intrammo a ritornar nel chiaro mondo; e sanza cura aver d'alcun riposo, salimmo s첫, el primo e io secondo, tanto ch'i' vidi de le cose belle che porta 'l ciel, per un pertugio tondo. E quindi uscimmo a riveder le stelle.
Dopo le ultime testimonianze che potremmo definire coeve all’esecuzione di Botticelli o di poco posteriori se ne perdono completamente le tracce per almeno un secolo.
92 dei 100 disegni furono rinvenuti nella collezione della Regina Cristina di Svezia. Otto (cioè i disegni per If I, IX, XII, XIII, XV, XVI ) sono tutt’oggi conser vati nella Biblioteca Apostolica Vaticana, fondo della regina Cristina, codice Reginense lat. 1896.
Le restanti opere furono identificati presso un libraio parigino e furono acquistati da Alexander Hamilton, X duca di Hamilton nel 1882. La raccolta era lacunosa: anzichĂŠ 100 come i canti del poema dantesco, i fogli erano 88, dei quali 85 con disegni. Fra questi 85 due fogli uniti contengono la figura di Lucifero. Dunque nella collezione Hamilton vi erano i disegni per 83 canti.
I fogli vennero acquistati per il Gabinetto delle Stampe di Berlino dal Lippmann, conservatore del Re di Prussia, per il gabinetto Reale di disegni e stampe di Berlino che li pubblicò.
La Biblioteca Apostolica Vaticana e l'associazione Digita Vaticana Onlus lanciano il progetto Dante per Sempre, per la digitalizzazione dei manoscritti dell'autore. I tesori contenuti nella Biblioteca Apostolica Vaticana sono di inestimabile valore per la storia culturale dell’umanità e devono essere visibili a tutti. Sul web saranno pubblicate circa 40 milioni di pagine..
Il corpus digitalizzato è consultabile on line!
«Leggere Dante è dovere, rileggerlo necessità, sentirlo presagio di grandezza.»