CREMONA GUIDA TURISTICA ILLUSTRATA
TESTI DI
FRENCH ROBERTO STRADIOTTI ILLUSTRAZIONI DI
MARGHERITA ALLEGRI ANDREA ANDOLINA CLAUDIO ARISI GIUSEPPE BRAGHIROLI GIUSEPPE CASTELLANI FABIO DE DONNO FABER MARTA FARINA GIORGIO FRATINI SARA GAVIOLI ANDREA GUALANDRI MATTEO GUBELLINI AGOSTINO IACURCI ALBERTO IPSILANTI ARIANNA PAPINI ELENA PRETTE GUIDO SCARABOTTOLO SHOUT SERGIO TARQUINIO JOÃO VAZ DE CARVALHO LUCIO VILLANI DANIELA VOLPARI TONY WOLF
In copertina: illustrazione di Guido Scarabottolo
Associazione Tapirulan | www.tapirulan.it
CREMONA
Cremona - Guida turistica illustrata Š 2011 Associazione Culturale Tapirulan www.tapirulan.it | info@tapirulan.it
Organizzazione
Progetto a cura di Laura Bonomini, French Andrea Rampi, Roberto Stradiotti In collaborazione con
Testi French, Roberto Stradiotti
Comune di Cremona Assessorato alle Politiche Educative, Giovanili e della Famiglia
Con il contributo di
Redazione Laura Bonomini, Fabio Brancaccio Alberto Calorosi, Guido Casamichiela Marco Delmiglio, French, Mathyas Giudici Corrado Ignoti, Lorena Montini Massimiliano Pegorini, Arianna Persico Michele Prosperi, Andrea Rampi Roberto Stradiotti, Roberta Taino Elena Toninelli, Kristina Vrbovska Hanno collaborato Alessandro Bardelli, Angela Bellardi Siria Bertorelli, Elena Bianchi, Andrea Foglia Cinzia Galli, Angelo Rossi, Marco Sartori Si ringrazia Amici della Cucina Cremonese Legatoria Venturini, Macrocoop Nevart, Orchidea Lito
Partner tecnico
Fantigrafica
Progetto grafico French
Media partner
Stampa Fantigrafica, Cremona, giugno 2011 Stampato su carta ecologica Fedrigoni Freelife Vellum Edizioni Tapirulan ISBN 978-88-97199-08-3
INDICE
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Cos’è e come si usa questa guida
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Indice tematico
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La guida / 150 schede
98
Chi cerchi?
100
Cosa cerchi?
102
Perché cerchi?
103
Domande frequenti senza risposta
COS’È E COME SI USA QUESTA GUIDA
Avete fra le mani una guida. Guida è un nome brutto, vi diciamo guida solo per confermarvi che sì, è uno di quei libretti di cui un turista si munisce, insieme alla prima bottiglia d’acqua, appena giunto in una città sconosciuta. L’abbiamo chiamata guida per convenzione, come voi chiamereste un bambino figlio, invece che tesoro. Ecco, noi vorremmo chiamare questa guida abbraccio di Cremona, perché queste pagine non vi devono insegnare nulla e non vi devono indicare nulla, ogni uomo è turista, esploratore, guerriero disarmato, lontano da casa. Un abbraccio di carta è quello che ci vuole per voi, per portarvi lontano nel tempo, navigare come un aereoplanino, precipitare nelle curiosità, nella storia, nell’arte che può rendere grande una città. Costruirete ogni singolo mattone a partire dal nulla, provando le emozioni di un semidio come Ercole, che qualcuno vuole fondatore, perché Cremona nasce con la vostra lettura, in ordine cronologico e cresce voltando le pagine. Ad alcune voci abbiamo assegnato una data convenzionale, perchè come si può sapere quando si sono insediate le zanzare a Cremona? Zanzare nella guida, dite? La zanzara è una delle principali attrazioni, è tigre, come Mina, è subdola, come Vespasiano che distrusse Cremona per poi riedificarla, è geniale, come Monteverdi, perché segue traiettorie non prestabilite. Talvolta, abbandonandoci allo spirito campanilistico, ci siamo affidati alle date tramandate dalla tradizione, o alle tracce documentarie. Non pretendiamo, e ne sarete consapevoli, di avere scritto tutto, perché una guida è un suggerimento, come un abbraccio è preludio a una carezza; un assaggio, considerando che parliamo anche di cucina; uno sguardo, sgomento davanti alle opere dell’uomo; una risata, davanti alle improbabili digressioni su maiali all’aglio e mucche demotivate. Per facilitare comunque una lettura tematica, abbiamo colorato le voci seguendo sei macrogruppi o categorie: Ambiente e territorio, Storia e tradizioni, Personaggi, Monumenti,
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Gastronomia, Cultura. I numeri che trovate fra parentesi quadre nei testi vi rimandano alle schede di riferimento per approfondimenti ulteriori. In coda al volume abbiamo reso disponibile un indice dei nomi (Chi cerchi?) e dei luoghi (Cosa cerchi?), in modo che possiate trovare tutti i personaggi, le chiese, i palazzi, le vie e le piazze citate nella guida. E se proprio non avete voglia di leggere, potete fare come i bambini, cimentarvi nel gioco dei perché alla fine della guida, o guardare le illustrazioni di disegnatori di primissimo piano, perché guesta è una guida illustrata, signori, e a volte, se è vero che la lingua può più della spada, il pennello può più della parola. Osservate bene le figure, dunque, ricamateci intorno, create una storia e raccontatela ai vostri inconsapevoli compagni di viaggio. Forse non conterrà nemmeno un briciolo di verità, ma in fondo cos’è la verità? Chi cerchi? A questa domanda rispondono i personaggi della guida, dei quali diamo un abbozzo, legati alla storia, all’arte, all’architettura, alla matematica, alla guerra. Sono più di settantamila, perchè abbiamo parlato anche dei cremonesi, in un modo scherzoso che permetterà agli autori di uscire la sera in tutta sicurezza. La guida non è utile per rintracciare amici persi di vista e per trovare anime gemelle, per imparare la storia o l’arte con il minimo sforzo. Però parla di personaggi cremonesi vissuti o viventi, simpatici e antipatici, clericali e anticlericali. Parla del vescovo come del sindaco, della soubrette come del musicista, è così democratica che chiunque, anche se legge di imperatori o di liutai, può esclamare: «Ma quello sono io!» Cosa cerchi? Hai perso qualcosa? Ci dispiace, non è con una guida che risolverai il tuo problema, soprattutto se la lettura fa sorgere domande, più che risposte, come faceva egregiamente Socrate o come farebbe meno egregiamente chi non sa scrivere. Appurato che la guida è infusa di spirito socratico, aggiungiamo che le domande riguardano anche alcuni misteri a tutt’oggi irrisolti: quando nacque la prima zanzara di Cremona? E il dialetto? E se il dialetto cremonese non ammette la “z”, perchè il suono della zanzara cre-
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monese ne è provvisto? Cosa ci fa San Michele con una bilancia in mano, dentro la Cattedrale? Qual è l’ultimo pensiero di una lumaca, prima di morire per il misero onore di comprimaria in un piatto tipico? Parliamo di chiese e di palazzi signorili nei quali soggiornarono imperatori e patrioti, in modo così democratico che chiunque, alla descrizione di un edificio progettato da architetti del calibro di Faustino Rodi o Luigi Voghera, si sentirà di reclamarlo: «Ehi, ma quel palazzo è il mio!» Perché cerchi? Siamo entrati nella parte più ostica, al punto che dovremmo scrivere una guida solo per soddisfare tale quesito. Naturalmente la nostra domanda non riguarda i principi primi dell’universo, ma lo scorrere ansioso del vostro indice su e giù per l’indice, scusate il bisticcio. La difficoltà è insita nel fatto che dovremmo essere noi a chiederlo a voi, perché creare una guida, quella cosa che abbiamo chiamato abbraccio e che sentiamo sempre più stretto e vigoroso, fino all’asfissia polmonare, non implica il suo acquisto e la sua lettura. Quando voi fate una di queste cose, meglio entrambe, è certamente per merito delle illustrazioni, o anche solo per l’odore della carta, o perchè vi infastidisce quella moneta in tasca, o perchè la temperatura è perfetta per sedervi sotto la bertazzola a leggere. Siamo così democratici che il nostro abbraccio di immagini e di parole toccherà voi, i vostri vicini, i vostri meno vicini, decine di migliaia di cuori, quanti ne contiene la città negli alberghi, nelle latrine, nei campanili, nei musei, nei cori lignei, nei bar, nei monolocali troppo grandi, nelle ville in rovina, nelle sale d’attesa, sui mezzi pubblici, sulle panchine della stazione. Siamo così democratici che ciascuno di voi potrà usare la guida per farsi aria o per far giocare un infante, senza che nulla accada, se non una sensazione di gratitudine che lo porti a dire, fra gli astanti attoniti, ma senza rivolgersi ad alcuno in particolare: «Ricorda che ti amo.»
Roberto Stradiotti
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INDICE TEMATICO
AMBIENTE E TERRITORIO SCHEDA
01 02 03 04 05 06 08 09 10 20 48 79 97 106 108 111 113 133 134 135 137 138 143 144 145 146
PO PIANURA PADANA CLIMA NEBBIA SPIAGGIONI ZANZARA AGRICOLTURA QUERCIA CREMONA CANALE NAVIGABILE PANORAMA MISURAZIONE DEL TERRITORIO PARCO DEL VECCHIO PASSEGGIO INDUSTRIA GIARDINI PUBBLICI CANOTTIERI PONTE SUL PO PORTO DI CREMONA NUTRIA SILURO MUCCA MAIALE PARCO TOGNAZZI PARCO PO INCENERITORE BICICLETTA
STORIA E TRADIZIONI SCHEDA
07 11 12 13 14 15 16 17
ETRUSCHI TOPONIMO CARDO E DECUMANO GUERRA MUNICIPIUM WC LA PRIMA CHIESA INVASIONI
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18 24 33 37 38 43 44 45 53 55 58 73 75 77 87 89 96 99 100 104 107 110 115 126 127 129 136 142 150
DIALETTO FUSTAGNO MONETA MURA PORTE DELLA CITTÀ CARROCCIO POZZO DI SAN FRANCESCO CORRIDA CASTELLO 40000 FIORINI D’ORO MATRIMONIO SFIGA CORNAMUSA VIOLINO MANGIA FAGIOLI PESTE MERCATO MA QUI CHI COMANDA? SOUVENIR ASILO NIDO DEMOLIZIONI ZAMPIRONE U.S. CREMONESE BOMBE BORDELLO LUNA PARK FIERE APERITIVO 3T
MONUMENTI SCHEDA
19 22 23 25 26 28 29 30 31 32 34 35 39
CHIESA DI SAN MICHELE CHIESA DI SANT’OMOBONO CHIESA DI SAN LORENZO CHIESA DI SANT’ABBONDIO PIAZZA DEL COMUNE CHIESA DI SAN PIETRO AL PO CHIESA DI SANT’AGATA TORRI CATTEDRALE CHIESA DI SANTA LUCIA CHIESA DI SAN LUCA BATTISTERO PALAZZO COMUNALE
42 46 47 49 50 51 56 59 66 67 68 69 80 81 82 85 86 93 94 95 101 102 124
CHIESA DI S. MARIA MADDALENA PALAZZO CITTANOVA TORRAZZO CHIESA DI SAN FRANCESCO LOGGIA DEI MILITI CHIESA DI SANT’AGOSTINO SANTA MARIA DELLA PIETÀ CHIESA DI SAN SIGISMONDO PALAZZO FODRI PALAZZO TRECCHI BERTAZZOLA PALAZZO RAIMONDI TRECCHI PALAZZO STANGA TRECCO CHIESA DI SANTA RITA PALAZZO AFFAITATI OROLOGI TROPPO GRANDI PALAZZO CAVALCABÒ STRETTINO MARCIO CHIESA DI SANT’ILARIO CHIESA DI SAN FACIO PALAZZO CATTANEO PALAZZO VESCOVILE PIAZZA MARCONI
PERSONAGGI SCHEDA
27 36 64 65 74 76 78 83 88 90 91 98 114 116 120 125 128 148 149
GIOVANNI BALDESIO SANT’OMOBONO TUCENGHI CAMPI MARCO GIROLAMO VIDA AMATI REALDO COLOMBO SOFONISBA ANGUISSOLA CLAUDIO MONTEVERDI GUARNERI ANTONIO STADIVARI GUIDO GRANDI LUIGI VOGHERA ROBERTO FARINACCI UGO TOGNAZZI TONY WOLF MINA ORESTE PERRI STRANIERI CREMONESI
GASTRONOMIA SCHEDA
CULTURA SCHEDA
21 52 60 84 92 103 105 109 112 121 122 123 130 131 132 139 140 141 147
UNIVERSITÀ PSICOSTASIA MEDIA ULTIMA CENA TEATRO FILODRAMMATICI TEATRO PONCHIELLI FOTOGRAFIA PAGODA MUSEO CIVICO ALA PONZONE MUSEO STRADIVARIANO CASA DI PIER PAOLO PASOLINI SCUOLA DI LIUTERIA ARCHIVIO DI STATO MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE ASTRONOMIA MUSEO DELLA CIVILTÀ CONTADINA FILM FUMETTO MUSEO ARCHEOLOGICO
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40 41 54 57 61 62 63 70 71 72 117 118 119
FORMAGGIO TORTA DI MAIALE VINO TORRONE RICETTARIO MARUBINI AI TRE BRODI BOLLITI SALAME LUMACHE TRIFOLATE MOSTARDA CREMONESE FARAONA ALLA STRADIVARI TRAMEZZINO SEMIFREDDO AL TORRONCINO
LA GUIDA
PO TROPPO TEMPO FA
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Come si fa a parlare del Po? Esso parla per noi, da sempre attraversa la pianura [02] e la rende feconda, è l’orgoglio di mezza nazione. Ha significati evidenti, come quello della fertilità, e perduti, come quello di principale difensore della città, si ammanta di richiami mistici e simbolici. C’è chi lo beve per recuperare l’antico prestigio, chi lo percorre con la forza primitiva delle braccia, su esili canoe, chi lo viola, chi lo inquina, chi lo guarda e basta, dal parco e dalle colonie, come un volto caro. Talvolta il Po esce dal letto e si fa una passeggiata fra le campagne.
PIANURA PADANA TRE MILIONI DI ANNI FA
02
Prima della pianura c’era una volta una conca, sommersa dal mare Adriatico. Poi, tre milioni di anni fa, anno più anno meno, il fondale, che aveva caratteristiche morfologiche identiche a quelle delle Alpi e Appennini, venne coperto dai detriti portati dal Po [01] e dai suoi affluenti. E proprio dal latino Padus il Po deriva il suo nome. La padania fu colonizzata solamente alla fine del paleolitico, mentre i primi gruppi dediti all’agricoltura risalgono al neolitico, circa diecimila anni fa. Ancora duemila anni fa la padania era un’immensa foresta di querceti, tigli, olmi. Ci vergogniamo un po’ annotando che i Romani, mentre procedevano da una parte al disboscamento, alla bonifica e all’attività umana, stabilivano il dovere di mantenere una certa copertura forestale. Nel Medioevo immaginiamo ancora una pianura irregolare e abbondantemente coperta di boschi di faggi e querce [09], ma nei secoli successivi si procedette a una scriteriata deforestazione che lasciò una steppa artificiosa, quale la vediamo oggi, molto lontana dalla sua vera natura. Come dicono gli ecologi, antropizzata.
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TONY WOLF
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«IL PO»
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ACQUERELLO
CLIMA TRE MILIONI DI ANNI FA
03
Le Alpi fermano l’aria fresca del nord, gli Appennini quella asciutta del sud. Da est e da ovest nessun segno di vita. Secondo molti studiosi di climatologia e soprattutto secondo buona parte degli abitanti della città, il clima di Cremona è tipicamente mefitico. Come testimonia il tempio di Mefite, forse eretto in epoca romana e dedicato alle zone insalubri, Cremona è anche capitale internazionale, mai dichiarata, del reumatismo, al quale prima o poi si dedicherà un museo. Le estati si squagliano al sole e gli inverni giacciono nel rigor mortis.
TRE MILIONI DI ANNI FA NEBBIA TRE MILIONI DI ANNI FA
04
Luisito Bianchi, nato a Vescovato (CR), sacerdote, scrittore, traduttore, scrive nei suoi diari che a fine gennaio del ‘69, tornando da Cremona, rischiò la vita a causa della nebbia: «Ho pensato alla fine; invece fu come se un filo passasse per la cruna di un ago [...]. Mani vuote, incertezze, speranze senza contorni: è tutto quanto ho». Forse i cremonesi vedono la nebbia come il manifesto impalpabile della loro vita e, respirandola, sottoscrivono il suo messaggio. Cosa troveranno dietro il muro bianco? Si ritroveranno? D’altra parte «l’origine di Cremona è avvolta in così cupa oscurità», come scrive Catone, che sono portati a pensare di non avere ben capito nemmeno oggi la propria essenza. Anche questo dipende senz’altro dalla nebbia.
SPIAGGIONI TRE MILIONI DI ANNI FA
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Sono spiagge spiritose e inquiete, chiare, che vanno e vengono, assecondando i capricci del Po [01], i depositi e le erosioni. Gli spiaggioni sono sabbiosi o ciotolosi nelle parti più vive in prossimità del fiume, e nelle parti più soprelevate sono ingentiliti da erbe e arbusti. Se si è ben equipaggiati pare di essere al mare, ma senza assedio di ombrelloni, tempeste di sabbia, discussioni indesiderate.
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ZANZARA PERIODO INCERTO, SICURAMENTE DOPO L’UOVO
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Le zanzare comparvero a Cremona ben prima delle 3T [150]. Nel VII secolo subirono l’invasione delle zanzare longobarde. I primi abitanti si insediarono lungo le rive del Po [01] pensando erroneamente di allevarle come animali da traino. Una variante degli ultimi anni è la zanzara tigre, immigrata dalle foreste tropicali per fame cronica. Sebbene resistente allo zampirone [110] e al piretro, teme il domatore.
ETRUSCHI VI SECOLO A.C.
07
Tutti sono concordi nel ritenere che le origini di Cremona non sono sicure, un po’ come il padre di un bambino. Qualcuno si spinge a dire che Cremona fu fondata dalle zanzare [06], ma tali storici d’azzardo sono sbeffeggiati dagli storici possibilisti, che ritengono probabile la paternità etrusca, ma anche quella aliena. I puristi sostengono, d’accordo con lo storico greco Polibio, che le terre paludose del cremonese furono trasformate dagli etruschi in terre fertili e abitate dagli stessi fino all’invasione dei celti.
AGRICOLTURA VI SECOLO A.C.
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L’agricoltura a Cremona nacque in modo organizzato ed efficiente con gli Etruschi [07], che costruirono argini e canali per l’irrigazione. La provincia di Cremona ha una spiccata propensione all’agricoltura e una discreta varietà di coltivazioni, grazie alla varia natura dei terreni. Il mais fa la parte del leone, con più del 50% della produzione; anche i cereali per produzioni zootecniche si avvicinano al 40%. Il resto è distribuito fra colza, girasole, soia, barbabietole. Due nemici dell’agricoltura sono gli alti costi di produzione e l’urbanizzazione, che in Lombardia divora ogni giorno l’equivalente di due aziende agricole.
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QUERCIA I SECOLO A.C.
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Era uno degli alberi fondamentali delle foreste padane. Oggi i pioppeti sono la coltivazione dominante del paesaggio. Le estensioni cerealicole sono inframezzate da file di pioppelle da taglio, regolarissime, destinate alla produzione di cellulosa, che costituiscono inoltre valida barriera contro la forza di erosione delle piene. Molto diffuse sono anche la robinia e lungo il Po [01] vegetali come il cencio molle, i cappellini maggiori, la mestolaccia, la coda di topo, l’indaco bastardo, la canna domestica, il barboncino, il cardo asinino, la viperina azzurra, il becco di gru, il dente di leone, la lingua di cane, il soldino, l’attaccamano, l’erba sega, la mazza d’oro, il narciso senza pari, il latte di gallina, la dulcamara, la stregona palustre, la sorghetta, la paperina, la lappolina, la veronica, la veccia pelosa.
CREMONA 218 A.C.
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Cremona è una campagna disturbata dalle case e confina a nord con la Lombardia, a ovest con la Lombardia, a est con la Lombardia e a sud con il Po [01]. La caratteristica fluviale fa sì che lungo gli argini siano nate molte società sportive [111], nelle quali lo sport più praticato è la canoa, quello meno praticato in assoluto lo sci alpino, non più di una o due persone. Cremona è una fra le più antiche città della Lombardia. Si dice che sia stata fondata dal mitico Ercole, ma noi non ci crediamo, altrimenti anche la città sarebbe mitica. Etruschi, romani, galli, bizantini, longobardi, franchi, spagnoli, austriaci, francesi, ci passarono tutti [99], e non per turismo. Furono gli Etruschi [07] a bonificarla, innalzando argini contro le acque irrompenti dell’Eridano, il Po attuale, ma Cremona fu costruita come colonia romana e baluardo militare per la difesa dai Galli e dai Longobardi, che tuttavia nel 603 d.C. la rasero al suolo. Visse il periodo di massimo splendore economico, politico e culturale tra il XII e il XV secolo quando vennero edificati tutti i principali monumenti, quelli che attorniano l’imperdibile piazza del Comune [26] (Cattedrale [31], Torrazzo [47], palazzo Comunale [39], Loggia dei Militi [50]), nonché le chiese più significative e fastosi palazzi.
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FABER
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«CREMONA DALL’ALTO»
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CHINA SU CARTA MILLIMETRATA
TOPONIMO III SECOLO A.C.
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Perché Cremona si chiama Cremona? La fondò Brimonio, esule troiano? La fondò Cremone, presunto compagno di Paride? Oppure Ercole, come sostiene l’erudito Antonio Campi? Ha una radice gallica o celtica? Noi ci siamo ingarbugliati alla trentesima versione dei fatti, ma la spiegazione più accreditata farebbe derivare il termine Cremona dal celtico “crem” che indica un’altura o sporgenza. Il primo insediamento infatti sorgeva su un’ansa sopraelevata del Po [01], che allora lambiva l’attuale centro storico. Lo direste? Piazza del Comune [26] si eleva a quasi cinquanta metri sopra il livello del mare.
CARDO E DECUMANO III SECOLO A.C.
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È l’attuale Corso Campi che plausibilmente, insieme con via Palestro, coincide con il cardo romano, cioè la strada da nord a sud, che incrociava il decumano nella direttrice corrispondente all’attuale corso Mazzini. Il cardo, intitolato alla famiglia dei celebri pittori [64], anche se un po’ dimenticato in favore dei grandi centri commerciali, rimane la zona di riferimento per gli amanti delle “vasche” del fine settimana. È un’isola pedonale, la via dello shopping per eccellenza.
GUERRA II SECOLO A.C.
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Cremona è descritta come una delle più bellicose città della Lombardia. No? Vogliamo parlare della lotta dei cremonesi [149] nel 200 a.C. per evitare che lo sbandato cartaginese Amilcare, in assoluto il primo immigrato extracomunitario, la mettesse a ferro e fuoco? Vogliamo parlare dei sanguinosi eccidi che indussero Vespasiano a raderla al suolo, nell’anno 69? Lo stesso Vespasiano la riedificò, ma al Longobardo Agilulfo non doveva piacere lo stile, e infatti la distrusse nuovamente nel 603. Era un po’ come il gioco del Lego, ma con più sangue. La cosa che fa sorridere amaramente è che la moglie Teodolinda aspettò che Agilulfo fosse morto, poi permise ai cremonesi la rico-
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struzione. Cremona fu teatro delle guerre fra vescovi e popolo, fino a che si costituì comune nel 1076, ma perse l’autonomia con la discesa dell’imperatore Enrico VII. Fu sanguinoso teatro della guerra dei Trent’anni fra spagnoli e francesi. Fu spagnola, austriaca, francese e non per libera scelta. Ma da qualche decennio a questa parte, quando saliamo sul Torrazzo [47], non vediamo nessuno all’orizzonte. Speriamo.
MUNICIPIUM 90 A.C.
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Solo nel 90 a.C. Cremona venne promossa da colonia a municipium, per la capacità di tutelare gli interessi politici e militari di Roma, e ottenne la piena cittadinanza nel 49 a.C.. Era diventata un importante crocevia commerciale, tanto che nel periodo augusteo arrivò a contare, secondo alcuni, quasi 80000 abitanti. Ma nella guerra civile tra Ottaviano (poi Augusto) e Marco Antonio commise il fatale errore di schierarsi dalla parte sbagliata. Sicché il vittorioso Ottaviano, per ritorsione, confiscò le terre dei contadini cremonesi per darle ai suoi veterani; anche Mantova, come si lamenta Virgilio, subì la stessa sorte... La distruzione operata da Vespasiano [15] pochi lustri più tardi diede il colpo di grazia alla città, che dovrà aspettare l’VIII secolo, con l’apertura del porto commerciale, per recuperare l’antico prestigio.
WC 69 D.C.
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L’imperatore Flavio Tito Vespasiano distrusse Cremona nella battaglia contro Vitellio, che gli contendeva il titolo di imperatore. Oltre quarantamila soldati entrarono nella città già costellata di incendi, la misero a sacco, depredarono templi e case private, incendiarono e uccisero per giorni. La città fu subito ricostruita ad opera dello stesso Vespasiano, colui che introdusse gli orinatoi pubblici. A proposito, fino agli anni ‘60 ne era rimasto uno di vespasiano (inteso come orinatoio pubblico), era collocato nei pressi della scuola media Guido Grandi. Purtroppo fu rimosso. Peccato, sarebbe ancora utile. Ora ai bisognosi rimane il WC pubblico di cortile Federico II all’interno di palazzo Comunale [39]. Oppure il bar.
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LA PRIMA CHIESA II SECOLO D.C.
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Secondo monsignor Antonio Dragoni, erudito del XIX secolo e primicerio della Cattedrale [31], la prima chiesa fu eretta nella parte occidentale di Cremona e comprendeva un oratorio e una cripta nella quale si radunavano e venivano sepolti i primi fedeli. Senonché il Dragoni, falsario di grande levatura, venne smascherato da Ugo Gualazzini; molti dei documenti contenuti e presentati dal Dragoni in forma di trascrizione completa o parziale nel manoscritto intitolato Codex diplomaticus Capituli Cremonensis, sono frutto della fantasia dell’autore. Che scherzi da prete.
INVASIONI IV SECOLO D.C.
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Con il declino dell’Impero Romano le invasioni divennero massicce. Per sfuggire alla discesa dei Longobardi molti cremonesi [149], che abitavano una zona in cui ancora abbondavano gli acquitrini, trovarono rifugio in un territorio compreso fra i fiumi Serio e Adda, dando vita all’odierna Crema.
DIALETTO VII SECOLO D.C.
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Probabilmente furono i longobardi a lasciare la traccia più primitiva nel dialetto cremonese, come suggeriscono parole barbare quali bras (brace), rijga (riga), skena (schiena), skur (scuro). Ma altri millequattrocento anni di storia ci raccontano che ciascun invasore lasciò qualcosa di suo nel linguaggio. Ecco il dizionario essenziale per chi vuole cimentarsi. Quando al ristorante volete del vino [54], véen, i colori sono biàanch e rùs. Se arrivate a Cremona in una giornata di sole com’è il tempo? Bèl. Non camminate in mezzo alla strada, ma sul marciapée. Mi raccomando: tenete la “e” lunga. Chi è che vi ha fatto pipì sulle scarpe? El cagnuléen. E se incontrate due sposi novelli lei se marìida. Dietro, ecco il padre felice, il pupà. Lei è proprio una bella ragazza, regàsa. Che fai, tocchi? Spurchìs! L’intercala-
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re tipico dei cremonesi [149] è càt, se volete essere cremonesi come si deve infilatene uno ogni tre parole. Anche fia e iga sono largamente utilizzati. Mescolate le lettere delle due esclamazioni, date loro un senso e scoprirete la parola misteriosa. Caratteristica peculiare della pronuncia del dialetto cremonese è la vastissima presenza di vocali lunghe, che conferiscono alla parlata la tipica cadenza cantilenante. L’alfabeto cremonese conta 20 lettere e non 21, giacché la “z” non è contemplata. Quindi per dire grazie direte grasie. Per dei corsi accelerati vi consigliamo di rivolgervi all’Associazione “El Zac”, che dal 1973 si occupa di valorizzare e rilanciare il dialetto cremonese, oppure di leggere uno dei numerosi e interessanti libri di Luciano Dacquati.
CHIESA DI SAN MICHELE VII SECOLO D.C.
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San Michele è il santo protettore dei longobardi. Secondo la tradizione la chiesa fu eretta a spese della regina Teodolinda, che doveva sentirsi in colpa, in quanto il suo defunto marito aveva saccheggiato e distrutto Cremona. I soldi che donò furono quindi una restituzione o un risarcimento. Certe parti, per esempio i capitelli della cripta, secondo tale tradizione, sono ancora di epoca longobarda; richiamano un’altra San Michele, a Pavia. La struttura definitiva è del XII secolo. In stile romanico, è una delle più belle chiese della città e per un breve lasso di tempo (dal 1124 al 1190) fu anche la Cattedrale. Mattoni a vista, essenziale. Una cappella laterale conserva un trittico del pittore Bernardino Campi [64]. Ci sono anche lavori del Malosso, di Francesco Boccaccino, di Altobello Melone. A fianco dell’altare la statua lignea di San Michele, con aria compassata, soggioga la Bestia. Il campanile è stato ricostruito nel 1848 demolendo l’abside sinistro, nel 1988 un fulmine lo colpì e la palla d’oro che si trova alla sua sommità venne fracassata. Siccome era usanza porre delle monete all’interno della sfera ci si aspettavano lauti premi. Così non fu. PIAZZA SAN MICHELE, 1
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CANALE NAVIGABILE 715 D.C.
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Nel capitolare del re longobardo Liutprando (715 d.C.) Cremona è citata come “capitale della navigazione fluviale”. Nel 900 il traffico era all’apice. Le merci arrivavano da Costantinopoli attraverso il Po [01] e i cremonesi le smistavano in tutta Europa. Ma ogni ricchezza economica porta conflitto e per quasi cinque secoli si accesero le rivalità fra il vescovo conte e le classi mercantili per il predominio economico e politico sulla città. Oggi il Po è una vacanza, una distrazione, un appagamento estetico, eppure una chiatta potrebbe portare 60 container, ma il progetto del canale Cremona-Milano nella seconda metà del secolo scorso si è arenato a Pizzighettone. L’asfalto si rompe, si crepa, si buca, il Po vive dell’entusiasmo delle sue acque e non si stanca mai.
UNIVERSITÀ 825 D.C.
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Per concessione dell’imperatore Lotario, nell’825 d.C. a Cremona apriva una scuola di grammatica di carattere universitario statale, quindi distinta da quella ecclesiale, alla quale concorrevano gli studenti di Parma, Piacenza, Reggio e Modena. Nel secolo successivo convenivano molti giovani non solo dall’Italia, ma anche dalla Gallia e dalla Germania, per le letture di filosofia. Nel XII secolo si ampliò la gamma di studi, con teologia, diritto canonico e civile, lingue, fisica, chirurgia, arti liberali.
CHIESA DI SANT’OMOBONO 949 D.C.
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Dedicata al santo protettore di Cremona, Sant’Omobono Tucenghi [36], morto il 13 novembre 1197 mentre pregava nella chiesa stessa. Venne innalzata nel 949, ma di quel periodo non rimane quasi nulla. Le spoglie di Omobono rimasero nella chiesa fino al 1614, in compagnia delle opere del Malosso e di Bernardino Campi [64], poi vennero traslate in Cattedrale [31]. Sulla facciata, due profeti in una nicchia assistono impassibili all’avvicendarsi dei giorni. Il sacerdote Angelo
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ARIANNA PAPINI
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«IL VOLO DI SANT’OMOBONO»
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ACRILICO
Grandi, nella sua descrizione della provincia e diocesi di Cremona, ci informa che la chiesa «è dipinta tutta a fresco da Giambattista Zaist, riempiendola da cima a fondo de’ più capricciosi arzigogoli, che l’insensato delirio seppe mai inventare». PIAZZA SANT’OMOBONO
CHIESA DI SAN LORENZO X SECOLO D.C.
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Edificata nel XII secolo sui resti di una precedente, fatta erigere nel 986 per volere del vescovo Olderico, insieme alle chiese dedicate a Sant’Agata [29] e a San Michele [19] è la più antica rimasta oggi in città. Già sede, unitamente all’annesso convento, dei monaci Benedettini e poi degli Olivetani, fu sconsacrata alla fine del XVIII secolo. Entrando nella chiesa di San Lorenzo si respira l’odore della storia. Religioni, culture e popoli hanno lasciato importanti testimonianze. Sotto la chiesa è stato trovato un convento del X secolo. Scavando ancora si è arrivati a una necropoli paleocristiana e poi a una romana. E in questo punto passava la Postumia, via di comunicazione e di commercio dell’antica Roma. Lo stato di degrado aveva fatto decidere prima per la chiusura, poi negli anni ‘90 la decisione di destinare a sede museale il complesso monumentale, esso stesso sito archeologico, ne ha favorito il completo recupero, sia dal punto di vista strutturale sia dell’apparato decorativo. Attualmente il suo interno ospita il Museo Archeologico [147]. VIA SAN LORENZO
FUSTAGNO X SECOLO D.C
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Cremona era una grande produttrice di fustagno, un tessuto resistente fatto con lino e cotone che arrivava dall’oriente. I telai di fustagno erano più di quattromila e si doveva ricorrere anche alle filatrici delle vicine province, tanto grande era la richiesta di pezze proveniente da mezza Europa. L’apice della produzione si ebbe nel XV secolo, ma il settore resistette fino al XVIII secolo, quando venne poco a poco soppiantato dall’industria serica.
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CHIESA DI SANT’ABBONDIO X SECOLO D.C
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Alla fine del XIII secolo venne affidata agli Umiliati che apportarono numerose modifiche. Passò ai Teatini nel XVI secolo e alla fine del XVIII secolo divenne chiesa parrocchiale. All’esterno, sopra l’ingresso, troviamo l’iscrizione ottocentesca «Una delle sette chiese», tradizione cinquecentesca nata a Roma e legata al pellegrinaggio per ottenere l’indulgenza. All’interno si possono ammirare affreschi del Sammachini e un’importante produzione del Malosso. Il Malosso (1556-1619), pseudonimo del pittore Giovanni Battista Trotti, si formò alla scuola di Bernardino Campi [64] e fu uno dei più grandi specialisti di immagini mariane del secondo Cinquecento italiano. È inoltre presente una pala della Madonna, prima opera conosciuta di Giulio Campi [64], mentre lo spazio adibito al sacramento battesimale è una esatta copia della Santa Casa di Loreto, voluta dal marchese Gian Pietro Ala. Qui la statua della Madonna Nera è ancora oggi meta di pellegrinaggi. Su appuntamento è possibile visitare il Museo Lauretano annesso alla chiesa. Degno di nota è il chiostro costruito nel 1511 e restaurato pochi anni fa. PIAZZA SANT’ABBONDIO, 2
PIAZZA DEL COMUNE XI SECOLO D.C.
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La piazza, che per molti secoli fu il centro commerciale cittadino, riassume un periodo importante della storia di Cremona. È circondata dall’antichissima Cattedrale [31], dal Battistero [35], dal Torrazzo [47], dal palazzo Comunale [39], dalla loggia dei Militi [50], sotto la quale era custodito il carroccio [43]. La piazza fu il palcoscenico ideale per imperatori, re, principi ereditari, vescovi, papi, ospitò trionfali parate e feste popolari. Nel secolo scorso venne usata da Mussolini, Farinacci, De Gasperi, Nenni, Togliatti, per arringare le folle. Ora è teatro di eventi culturali, artistici, commerciali. Dodici sono le strade che ad essa convergono – tutte da visitare – e numeroso e vario il popolo che la raggiunge giornalmente per svago e turismo.
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GIOVANNI BALDESIO XI SECOLO D.C.
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Di pagare l’annuale balzello all’imperatore Enrico IV proprio non gli andava giù. Così Giovanni Baldesio, gonfaloniere maggiore della città (una sorta di sindaco ante litteram) sfidò a duello il figlio dell’imperatore. L’eroico Baldesio sconfisse il principe e garantì alla città l’esenzione del tributo: la palla di 3 chili d’oro. Come si svolse il duello? Esattamente non si sa, secondo alcuni fu addirittura una partita di bocce. Resta il fatto che la riconoscenza popolare non mancò: il tributo di quell’anno fu donato alla fidanzata Berta come dote per il matrimonio [58], ma purtroppo a Baldesio toccò anche il soprannome Zanén de la Bàla (Giovanni della palla), onorificenza della quale, probabilmente, avrebbe fatto volentieri a meno. Sullo stemma del Comune di Cremona si può tuttora notare il potente braccio di Zanén che impugna la palla d’oro del tributo. Nel Museo Civico Ala Ponzone [112] un dipinto di Antonio Bottazzi mostra l’ingresso trionfale di Baldesio nella piazza maggiore, cioè piazza del Comune [26], di cui potrete ammirare il fascino ai tempi del nostro eroe. Il mito di Zanén non tramonta, tanto che anche la prima società canottieri [111] di Cremona porta il suo nome.
CHIESA DI SAN PIETRO AL PO 1064 D.C.
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Edificata dal 1064 grazie alla munifica donazione di Edina e Ardingo, coniugi particolarmente pii e generosi. Era un complesso benedettino, i cui monaci fecero gran parte della bonifica delle zone circostanti. La chiesa, che prese il nome dal fiume che allora scorreva a pochi metri dal piazzale antistante, è forse la più ricca di dipinti classici di Boccaccio Boccaccino, del Malosso, di Antonio Campi [64], il quale illustra la vita di San Pietro con un linguaggio denso di figure allegoriche. A sinistra della chiesa rimane una parte dell’antico monastero, nel cui refettorio è conservato un grandioso affresco di Bernardino Gatti (1497-1576) che raffigura la Moltiplicazione dei Pani. Si contano ben 226 figure dall’eccezionale naturalismo, ciascuna delle quali è il ritratto dei più noti personaggi della città. VIA GAETANO CESARI, 20
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LUCIO VILLANI
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«ZANÉN»
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CHINA E PASTELLI
CHIESA DI SANT’AGATA 1077 D.C.
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In origine la chiesa era gotica e sorgeva in uno spazio occupato da accampamenti bizantini. Fino al 1454 fu affidata a chierici secolari. A causa del decadimento, l’edificio venne completamente ricostruito nel XVI secolo dall’architetto De Lera, mentre nel XIX secolo Luigi Voghera [98] progettò una nuova facciata. All’interno, che vanta numerose opere di rilievo, prestarono il loro ingegno Gervasio Gatti, Bernardino Campi [64], Galeazzo Campi [64]. Giulio Campi [64], rappresentando in età giovanile il martirio di Sant’Agata, strappa un encomio allo stesso Vasari. Di grande valore è la tavola lignea, il bene più prezioso di tutta la diocesi di Cremona. L’autore, sconosciuto, viene chiamato “il maestro della tavola di Sant’Agata” ed è paragonato per valore a Giotto. Attualmente la tavola, detta anche “dell’Angelo”, è sottoposta a studi scientifici che dovrebbero stabilirne l’esatta datazione. VIA DEI MILLE, 1
TORRI XII SECOLO D.C.
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Non avete mai pensato di guardare Cremona a mezz’aria? Non ancorati al suolo, ma volando ad ali spiegate a qualche decina di metri da terra? Lo sappiamo, è difficile, ma è lì che vivono le torri-case, che fin dal Medioevo sono fra noi per testimoniare ricchezza del torrigiano, marcamento del territorio, difesa, prigionia di nemici. Con l’avvento delle signorie sono destinate ad essere soppiantate da castelli e palazzi, ed è il campanile della chiesa che acquista significato di aggregazione. Tra campanili, torri e torrette sono 83. La torre più antica sembra sia quella della chiesa di Sant’Agata [29]. Ecco, scendi in picchiata dalla punta del Torrazzo [47], ammira le forme quadrangolari di questi rudimentali grattacieli, i tempietti poligonali delle celle campanarie, le merlature, le bifore, le trifore, passaci dentro, senti le campane vibrare nel vento, oggi è tardi per farne palle di cannone, ma toccale ancora una volta con un colpo d’ala. E dimmi cosa si prova.
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GIUSEPPE BRAGHIROLI
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«SANT’AGATA»
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TECNICA MISTA
CATTEDRALE 1107 D.C.
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La costruzione venne iniziata nel 1107, ma un terremoto la distrusse quasi totalmente nel 1117. Sotto il vescovo Gualtero venne gettata la prima pietra di quello che era un vasto tempio romanico, poi continuamente riadattato con elementi gotici, rinascimentali e barocchi. Dopo il terremoto, i lavori ripresero nel 1129. La facciata era in cotto. Nel ‘200 si costruirono le volte gotiche nella navata centrale e si edificò il transetto, ovvero il corpo perpendicolare alla navata centrale che forma con essa una croce. Quando giungete davanti all’altare trovate un incrocio senza precedenze: di lì passa il transetto. Sulle volte dei transetti, costruite nel ‘400, si distribuisce il ciclo pittorico dell’antico testamento. Cinquecento: importantissima stagione artistica che interessa l’abside e la navata centrale. Cosa è l’abside? Quando giungete all’incrocio alzate la testa, davanti a voi vedrete Dio, circondato da raggi d’oro, seduto su nubi. Non è quello vero, ma lascia a bocca aperta, grazie al Boccaccino. Non sembrerebbe, ma gli spazi fra gli archi e le colonne delle navate si differenziano, come d’altra parte accade con le volte interne del Battistero. L’errore è volontario e vuole sottolineare l’imperfezione delle opere umane rapportate alla perfezione divina. Si può dire a giusta ragione che la Cattedrale conserva una pinacoteca. Oltre al Boccaccino, ci sono opere di Bonifacio Bembo, Altobello Melone, Bernardino Gatti, Pordenone, Bernardino e Antonio Campi [64]. Nel 1592 l’edificio venne consacrato da Cesare Speciano. Nel ‘600 i massari del Duomo commissionarono gli arazzi con le storie di Sansone, di ricchezza inestimabile, per ornare la navata centrale. La decorazione ottocentesca riguarda le pareti del presbiterio, con episodi legati alla resurrezione. Presbiterio? Sempre all’incrocio. Davanti a voi, altare e tabernacolo. Quello è il presbiterio. Anche l’organo è degno di nota: sorpassa tutti quelli d’Italia e compete con i più grandi organi europei: basti dire che ha 3.612 canne e 112 registri! L’esterno della Cattedrale ha beneficiato delle demolizioni [107], che per una volta, contraddicendo se stesse, sono state costruttive: quelle di fine ‘800 hanno interessato i fabbricati a ridosso della Cattedrale, permettendo di percorrerla per tutto il suo perimetro. Potrete così cercare e ammirare gli impietriti, termine moderno per indicare sculture particolarmente espressive del tardo ‘200. PIAZZA DEL COMUNE
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GUIDO SCARABOTTOLO
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«IL DUOMO»
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TECNICA DIGITALE
CHIESA DI SANTA LUCIA 1120 D.C.
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Secondo la tradizione, questi Longobardi nel VII secolo avrebbero fatto costruire un sacco di chiese e anche quella di Santa Lucia non si sottrae a tali forzature. Ma verosimilmente la costruzione risale a un periodo molto più recente, vale a dire intorno al 1120. La chiesa presenta una sobria facciata in cotto ricostruita da Giuseppe Dattaro alla fine del XVI secolo, mentre al centro si apre un finestrone settecentesco. Accanto alla chiesa esisteva un convento, poi acquistato da privati. All’interno si ammirano dipinti di Antonio Beltrami e Angelo Massarotti. PIAZZA SANTA LUCIA, 1
MONETA 1155 D.C.
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A Cremona si usa l’euro, ma i conti si fanno ancora in lire. È nel 1155 che Federico I di Svevia concede a Cremona il privilegio di battere moneta. La cosa più evidente è che nel Medioevo ognuno coniava la moneta che più gli aggradava. C’erano alfonsini, ambrosini, baiocchi, denari, ducati, fiorini, la grana, le lire, le patacchine, il saluto. Il primo passo verso l’euro si ebbe con l’accordo del 1254, con cui si stabilì di battere monete simili nel peso e nella lega tra le città di Cremona, Brescia, Piacenza, Bergamo, Parma, Pavia e Tortona.
CHIESA DI SAN LUCA 1165 D.C.
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Vigilano la stupenda facciata romanica due leoni di marmo rosso. Nella piazza antistante si trova un caratteristico tempietto di forma ottagonale in laterizi, simile al Battistero [35] e dedicato al Cristo risorto. Di echi bramanteschi, fu costruito dall’architetto De Lera per voto al termine della peste [89] che aveva minacciato la città. All’interno si trova una significativa produzione del Malosso. ALL’ANGOLO FRA CORSO GARIBALDI E VIALE TRENTO E TRIESTE
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SARA GAVIOLI
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«SAN LUCA»
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TECNICA MISTA
BATTISTERO 1167 D.C.
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È uno dei principali battisteri italiani. Altri celebri sono a Roma, Ravenna, Firenze, Pisa, Pistoia e Parma. All’apice un angelo di bronzo tiene una croce con indicato l’anno 1370. Il Battistero è alto 34 metri e ha un diametro di 20,50 metri; la pianta dell’edificio è ottagonale, con riferimento numerologico all’otto (che era l’unione del sette, il tempo, più l’uno, Dio, quindi simboleggiava eternità). Una caratteristica propria del Battistero cremonese è l’esterno double face: la parte che guarda verso la Cattedrale [31] è in pietra, quella rivolta alla Loggia dei Militi [50] è in mattoni rossi, così che esso viene armonicamente assorbito dall’insieme. PIAZZA DEL COMUNE
SANT’OMOBONO TUCENGHI XII SECOLO D.C.
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Mirabile esempio di politica del fare. Spendeva in opere di carità il denaro che guadagnava nella sua attività di commerciante, nonostante l’opposizione indignata della moglie. Già anziano abbandonò completamente il commercio per dedicarsi a carità e penitenza. La chiesa cattolica lo venera come santo. Ai nostri giorni sarebbe considerato pazzo. È il protettore dei mercanti e il patrono di Cremona, che gli ha dedicato una chiesa [22] e lo festeggia il 13 novembre, giorno della sua morte (nel 1197). Secondo alcuni esercitò anche la professione di sarto, perciò è diventato anche patrono dei sarti. Un famosissimo modo di dire cremonese è «Gh’òo mìia la bùrsa de sàant Mubòon», cioè «Non ho la borsa di Sant’Omobono». Si dice quando, soprattutto in famiglia, continuano a chiederti soldi, più di quelli che possiedi. Solo la borsa di Sant’Omobono sembrava senza fondo. Infatti una storia che raccontavano ai bambini parlava dell’irritazione della moglie alla vista della spropositata generosità del consorte. Il santo – santo due volte... – quando non ne poteva più mostrava alla consorte allibita la propria borsa che, nonostante le numerose offerte ai poveri, non si vuotava mai.
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ANDREA ANDOLINA
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«IL BATTISTERO»
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CHINA E ACQUERELLO
MURA 1169-1182 D.C.
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Le mura medievali, elevate a scopo di difesa, erano inframezzate da torri per armi da lancio, e da due rocche (San Luca e San Michele) a nord, la parte più esposta, che potevano contenere parecchi soldati. Bernabò Visconti nel 1371 fece erigere il castello di Santa Croce [53] per rafforzare il sistema difensivo. Agli inizi del XX secolo, dopo lunghe discussioni, fu deciso di abbatterle [107]. Erano diventate incompatibili con le recenti esigenze di espansione urbanistica. Ma vendettero cara la pelle. In certi punti i muraglioni si ergevano ad un’altezza di cinque o sei metri e lo spessore era talvolta superiore ai due metri. Furono necessari due anni di scalpelli e dinamite per affossare definitivamente gli ultimi mattoni. Rimasero solo pochi resti, ancora oggi visibili in via Massarotti, via Pedone, via Cadore, via Tofane. Per quasi otto secoli le mura avevano difeso la città e caratterizzato il paesaggio, tanto che in molte opere pittoriche sono riprodotte per connotare il luogo in cui si svolge un fatto di cronaca. Un esempio? Cercatele in un’opera nella chiesa di Santa Maria Maddalena [42], o della chiesa di Sant’Imerio, o in Cattedrale [31].
PORTE DELLA CITTÀ 1187 D.C.
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Erano il punto nevralgico dei traffici e l’unico passaggio attraverso le mura [37]. Erano completate da fossato e ponte levatoio. Per passare bisognava pagare il dazio, c’erano guardie armate, le porte erano parte integrante delle mura di quella che era forse la città meglio fortificata dopo Milano. Nel XIX secolo sorsero anche, nei pressi, stalle e osterie per il ristoro, i cosiddetti baracchini. Porta Po, porta Romana, porta Venezia, porta Milano, per fare un esempio, sono per tutti i cremonesi [149] le piazze che testimoniano solo il ricordo di quelle antiche porte e vengono chiamate ancora così, con affetto. Dalle demolizioni [107] novecentesche si è salvata Porta Mosa, in via Gaspare Pedone, un rudere tardo duecentesco nel quale sono ancora visibili il passaggio carraio e quello pedonale.
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SERGIO TARQUINIO
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«IL DIRIGIBILE A PORTA MOSA»
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INCISIONE
PALAZZO COMUNALE 1206 D.C.
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La facciata è del 1206; la parte interna, comprensiva di cortile rettangolare, è del 1245. Nella torre quadrata una campana avvisava per la convocazione dei consigli generali e per avvertire del momento in cui era permesso ai rivenditori di acquistare cibarie al pubblico mercato. L’altra campana, di dimensioni ben più imponenti, annunciava un incendio, la chiusura delle osterie o un’esecuzione. Fino al 1840 gli ingressi anteriore e posteriore erano chiusi da porte ricoperte di bronzo, che erano state sottratte a Parma da Umberto Pallavicino nel 1521. PIAZZA DEL COMUNE
FORMAGGIO XII SECOLO D.C.
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Il fiume di latte che esce dalle stalle cremonesi finisce in buona parte in caseificio per diventare Grana Padano oppure provolone. L’origine del formaggio grana nella zona Padana risale ai primi secoli del secondo millennio quando i monaci iniziarono a produrre un formaggio granuloso che aveva la caratteristica di essere lungamente conservabile. Nei primi del ‘900 si crearono i primi consorzi per la produzione. Il provolone invece giunge dal Sud dopo l’unità d’Italia. Il provolone Auricchio è ormai divenuto un prodotto tipico della terra cremonese.
TORTA DI MAIALE XII SECOLO D.C.
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Già i Romani componevano salumi [70] aventi il sangue del maiale come ingrediente, misto a parti grasse e spezie. Nel Medioevo i maiali [138], di cui erano piene le foreste, erano una preda ambita. Il sangue derivante dalla macellazione non veniva buttato, ma solitamente unito con la farina per la realizzazione di torte ancora oggi conosciute come sanguinacci. Il sangue dunque è il principale ingrediente di questo piatto un po’ particolare, a riprova che del maiale non si butta niente. Sfortunatamente la torta di maiale non è utilizzabile al posto delle trasfusioni, ma è molto apprezzata in Transilvania.
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MARTA FARINA
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«PALAZZO COMUNALE»
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PASTELLO, GESSETTI E TEMPERA
CHIESA DI SANTA MARIA MADDALENA XIII SECOLO D.C.
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È sormontata da tre torrette. In origine eretta in funzione del culto di San Clemente, fu dedicata alla Maddalena nel XV secolo. La parte che rende interessante la chiesa si trova dietro l’altare maggiore, dove troviamo opere di Vincenzo Campi [64] e Boccaccio Boccaccino. Qui sono raffigurati San Clemente in abito pontificale e la sua morte nel deserto. VIA REALDO COLOMBO, 2
CARROCCIO 1213 D.C.
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Ci sono storie che molti conoscono, come quella di Baldesio [27], e storie poco note, come quella del Carroccio, che in epoca comunale era il simbolo della lotta contro Federico Barbarossa. Si narra che Alberto da Giussano impedì che il simbolo, protagonista della battaglia contro l’esercito imperiale, cadesse nelle mani del nemico, cosa che avvenne comunque più tardi. Si pensava che il Carroccio fosse stato bruciato, ma secondo autorevoli ricerche Federico II lo consegnò all’alleata Cremona. Lo scheletro di legno è stato recuperato da uno scantinato, restaurato e presentato al pubblico nell’ambito delle manifestazioni per ricordare gli 800 anni del Municipio e i 900 anni della Cattedrale. Attualmente non è in esposizione.
POZZO DI SAN FRANCESCO 1220 D.C.
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Narra una storia che Francesco d’Assisi sia passato da Cremona, casualmente nel medesimo periodo in cui vi arrivò Domenico di Guzmán. La città in quel periodo era afflitta da una siccità spaventosa e i cittadini si accontentavano anche di bere acque stagnanti. Nei pressi della casa in cui alloggiava San Francesco c’era un pozzo, ormai completamente inaridito. Ma quale miglior sorte di avere a disposizione non uno, ma ben due candidati santi per tentare il miracolo e rianimare il pozzo? I poveri assetati si rivolsero loro per una benedizio-
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ne. Davanti al pozzo la ritrosia si impadronì di entrambi: San Francesco voleva lasciare il miracolo a San Domenico e viceversa. Alla fine, giustamente, benedissero insieme il pozzo e l’acqua divenne limpida e fresca. Non si era mai bevuta un’acqua così buona. Poi le guerre distrussero tutto e del pozzo si perse traccia, fino a quando nel 1728 venne ritrovato durante un’aratura e in seguito benedetto dal vescovo. Ma il pozzo non voleva saperne di starsene fermo e scomparve nuovamente, forse interrato. Noi, che siamo ottimisti, pensiamo che qualcuno, prima o poi, inciampi di nuovo in una fonte d’acqua fresca che non arriva dal sottosuolo, ma da un antico miracolo.
CORRIDA 1251-1575 D.C.
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Cosa hanno a che fare i cremonesi [149] con la corrida? Perché lo trovate strano? Se vi venisse in mente un vocabolo qualsiasi, per esempio space-shuttle, scopriremmo che i cremonesi, in un modo o nell’altro, hanno messo lo zampino anche lì. Cosa dire del toro? Anzitutto è molto apprezzato dalle vacche e anche i cremonesi una volta ci si divertivano, ma in modo un po’ diverso. Il 15 agosto, dopo la cerimonia dell’Assunta, patrona della Cattedrale [31], in piazza del Comune [26] si svolgeva la Festa del Toro. L’animale, coperto, legato e trascinato da 12 macellai, veniva stuzzicato da cani e bambini e poi ucciso. La festa fu soppressa nel 1575 per ordine del cardinale Carlo Borromeo, forse perché ritenuta troppo pericolosa.
PALAZZO CITTANOVA 1256 D.C.
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Palazzo storico di Cremona. Costruito per rivalità a seguito delle dispute cruente fra guelfi e ghibellini, creando così nella città due governi contrastanti. Cittanova deriva da “città nuova”, oltre il fiume Cremonella, canale d’acqua sotterraneo, che allora scorreva in superficie tagliando Cremona in due, dove adesso si estende corso Campi. Gli abitanti della “città nova”, contrapposti ai nobili, erano artigiani, imprenditori, commercianti. CORSO GARIBALDI, 120
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TORRAZZO 1261 D.C.
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È una torre [30]. Se provate a salire fino in alto, sopra la palla d’oro, e fate pipì, vi accorgerete che la sua lunghezza misura 111 metri e passa. Il Torrazzo è la seconda minzione in Italia (superata soltanto da quella del campanile di Mortegliano, in provincia di Udine, costruito però in cemento nel XX secolo). Secondo la tradizione la parte più antica fu costruita nell’anno domini DCCLIV, sotto il pontificato di Stefano II e il regno di Aistulfo, re dei Longobardi. Nel 1289 il carrarese Alberto Latomi fu incaricato di sovrapporre la ghirlanda ottagonale. Con il cannocchiale, in una giornata serena, si possono vedere Brescia, Piacenza, Lodi. La campana dell’orologio pesa 1.068 chili, mentre le sette grandi campane della scala armonica si chiamano Giovanni Battista Imerio Omobono la prima e poi, a seguire, Maria Lauretana, Teresa, Agata, Nicola da Tolentino, Antonio da Padova, Barbara Eurosia. L’orologio astronomico [85], uno dei più grandi al mondo, venne costruito da Dovizioli padre e figlio nel 1583. PIAZZA DEL COMUNE
PANORAMA 1289 D.C.
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L’altitudine di Cremona, a dispetto di ciò che farebbe supporre il suo toponimo [11], oscilla di pochi metri sopra il livello del mare. Percorrendo alcuni cavalcavia si riesce a salire un po’, ma la vista non fa certo venire le vertigini. A meno che non si disponga di un superattico in centro storico, il metodo migliore per godersi il panorama della città è affrontare l’ardua scalinata che conduce alla cima ottagonale del Torrazzo [47], aggiunta nel 1289, per un totale di 502 gradini. Una soluzione altamente consigliata alle coppiette in buona forma fisica e in cerca di situazioni ad alto tasso di romanticismo. Escursione sconsigliata, invece, a chi gode di perfide inimicizie. Il Torrazzo [47], infatti, è stato anche teatro di viscidi tranelli per far fuori personaggi indesiderati. Ne sanno qualcosa i tre conti Barbò: attirati sulla cima dal crudele condottiero e lestofante Cabrino Fondulo, si trovarono di lì a poco circa 111 metri più sotto senza soffici materassi che ne addolcissero la caduta.
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CHIESA DI SAN FRANCESCO 1290 D.C.
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Ex luogo di culto ed ex ospedale. Fu Maria Teresa d’Austria, nel 1777, a ordinare la soppressione della chiesa, che venne accorpata all’ospedale cittadino. Poi, dagli anni Settanta del secolo scorso, il degrado l’ha resa impraticabile. A questo proposito il F.A.I., Fondo Ambiente Italiano, svolge una campagna di sensibilizzazione per la raccolta di offerte in denaro, destinate al recupero di quello che era uno dei più importanti edifici della città. La chiesa si affaccia su piazza Giovanni XXIII, una piazzetta pittoresca con un piccolo giardino, nella quale si trovano l’edificio di Santa Maria della Pietà [56], la sede del Centro Fumetto Andrea Pazienza [141] e la Fondazione Città di Cremona, ente senza scopo di lucro che raccoglie alcune delle opere d’arte – visitabili su prenotazione – derivanti in gran parte dagli antichi Luoghi Pii, dediti fin dal Medioevo a carità e assistenza. Gestisce alloggi e mini alloggi per anziani e interviene a sostegno della fragilità familiare e giovanile. A due passi, in via Aselli, si trova la chiesa di San Siro, eretta nel 1614, che custodisce la Deposizione della croce di Vincenzo Campi [64]. PIAZZA GIOVANNI XXIII
LOGGIA DEI MILITI 1292 D.C.
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La sua storia è strettamente collegata alla “Società dei Militi” di cui facevano parte i più eminenti abitanti della città e del contado. Eretta nel 1292, è un interessante esempio di architettura comunale. Sotto il portico si conserva l’emblema di Cremona di epoca napoleonica, proveniente da una delle antiche porte [38] medievali distrutte in epoca successiva. Si chiamava anche palazzo dei Giureconsulti, perché al suo interno ospitava un collegio di 12 membri che giudicavano in materia di giurisprudenza. Anche in altre città e fuori dall’Italia erano sommamente lodati e onorati. Dovevano essere nobili, avere almeno 25 anni, genitori cremonesi di nascita, avere studiato cinque anni diritto civile canonico. Il corpo venne soppresso nel 1786. Nell’Ottocento la Loggia fu utilizzata come scuola femminile. ANGOLO TRA PIAZZA DEL COMUNE E VIA GONFALONIERI
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CHIESA DI SANT’AGOSTINO 1339 D.C.
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I monaci agostiniani la fecero erigere nell’area dove già esisteva una chiesa, quella di San Giacomo in Breda, che la leggenda farebbe risalire al tempo di Carlo Magno. La struttura attuale è, come spesso accade, frutto di diversi rimaneggiamenti, i più significativi dei quali sono l’aggiunta di una cappella in onore di Maria Vergine fatta costruire da Ugolino Cavalcabò nel 1399, e la costruzione della torre campanaria nel 1461. La chiesa se la vide brutta durante l’invasione napoleonica del 1797, quando venne utilizzata per scopi non esattamente religiosi: furono collocate delle stufe il cui fumo offuscò dipinti e sculture e mucchi d’immondizia vennero accatastati un po’ ovunque. Con un paziente lavoro durato anni i frati agostiniani riportarono la chiesa all’antico splendore permettendoci di vedere le opere del Malosso, di Galeazzo Campi [64] e nientedimeno che di Pietro Vannucci, detto il Perugino, che fu poi chiamato ad abbellire la Cappella Sistina. In questa chiesa lavorarono anche Francesco Sabbioneta e Andrea Mainardi, detto il Chiaveghino. Bella? Bellissima, con quegli occhi circolari in pietra cotta che ti guardano nell’anima e ti costringono ad abbassare lo sguardo. PIAZZA SANT’AGOSTINO, 1
PSICOSTASIA 1370 D.C.
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Ovvero la pesatura delle anime. In un’ala laterale della Cattedrale [31], nei pressi dell’altare di San Michele, sono stati scoperti antichi affreschi, risalenti al XIV secolo, che rappresentano la natività e l’incoronazione della Vergine. Fra essi, un’immagine che ricorre in poche chiese italiane: la Psicostasia o Pesatura delle anime. San Michele Arcangelo regge con una mano la bilancia, che pesa le anime dei defunti, per valutare i loro peccati; con l’altra la spada, che serve per allontanare il diavolo, nel caso questi abbassi il piatto con l’inganno. Sullo sfondo l’anima del meschino sottoposto a giudizio viene portata via dal demonio stesso. Gli è andata male... È una ripresa della tipica simbologia medievale, che affonda le sue radici nell’antico Egitto, dove l’anima del defunto viene giudicata su una bilancia, al cospetto di Osiride.
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ALBERTO IPSILANTI
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«SANT’AGOSTINO»
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MATITE, PENNARELLI, ACRILICI, AEROGRAFO
CASTELLO 1370 D.C.
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Il castello di Santa Croce fu costruito per volontà di Bernabò Visconti, con lo scopo di difendersi dagli attacchi esterni, ma anche di difendere il proprio potere da insurrezioni interne. Si dovettero abbattere una chiesa, un convento, la porta di Santa Croce e un ospedale. La spesa della costruzione venne addossata ai cittadini. Anche allora si usava così... Il castello era secondo solo al castello sforzesco di Milano. Nel XV secolo diventò la residenza signorile della duchessa Bianca Maria. Lo fece abbattere l’imperatore d’Austria nel 1784. Ma non poteva farsi gli affari suoi?
VINO 1388 D.C.
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Dov’è? Oceani di grano, mari di mais, fiumi di colza. Ma nemmeno una misera foglia di vite... E pensare che il contadino cremonese, secondo un’ordinanza del 1388, poteva godere del legittimo impedimento a presenziare a un processo in due giorni speciali: quello della mietitura e quello della vendemmia, a testimonianza del fatto che le viti, allora, non erano un miraggio. In memoria dei bei tempi andati, i cremonesi [149] tengono sempre sulla tavola una bottiglia di vino buono, come consiglia il proverbio: «Béef el véen e làsa andàa l’àaqua a ‘l so destéen», cioè bevi il vino e lascia perdere l’acqua. Prosit.
40000 FIORINI D’ORO 1420 D.C.
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Cabrino Fondulo, condottiero e abile politico, fu esponente di un potente gruppo guelfo, nonché uno dei più insigni voltagabbana della storia. Tra crimini, una fregatura di qui e una di là, riuscì anche a diventare signore di Cremona. Ma la sorte nell’arco di qualche anno gli si rivolse contro, tanto che si vide costretto a cedere Cremona e le rocche di San Luca e di Santa Croce a Filippo Maria Visconti in cambio di 40.000 fiorini d’oro. Non sappiamo fornire l’equivalente in euro. Furono gli stessi Visconti, in seguito, a catturarlo e a farlo decapitare.
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SANTA MARIA DELLA PIETÀ XV SECOLO D.C.
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Era un ospedale pubblico, realizzato a metà del ‘400 sotto la dominazione sforzesca. È interessante notare la matrice laica dell’ente assistenziale: Santa Maria della Pietà eviterà l’ingerenza ecclesiastica fino al XVII secolo; non solo, ma anche al momento della creazione venne scavalcata la diocesi. La gestione della carità di fatto era nelle mani del patriziato. Nel 1875 l’ospedale si ingrandì con l’annessione dei conventi di San Francesco [49] e San Luca e fino agli anni ‘60 del secolo scorso svolse la funzione di nosocomio cittadino. Oggi è un importante centro culturale, sede di mostre e manifestazioni. PIAZZA PAPA GIOVANNI XXIII
TORRONE 1441 D.C.
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Pare che già nella Roma antica i legionari provenienti da Cremona avessero diffuso durante i banchetti un dolce fatto con miele, mandorle e albume d’uovo, ma per non sbagliare andiamo direttamente al giorno 25 ottobre 1441, in occasione delle nozze [58] di Bianca Maria Visconti e Francesco Sforza, durante le quali i pasticceri prepararono un dolce a forma di torre (indovinate quale...): il “torrione”. Eliminate una “i” ed eccovi servito il torrone. In realtà, la prima notizia certa riguardo al torrone a Cremona risale al 1543, anno in cui il Comune di Cremona ne acquistò un bel po’ per farne dono ad alcune autorità milanesi, mentre il termine “torrone” potrebbe derivare dal latino torreo, verbo che significa “abbrustolire”, con riferimento alla tostatura delle nocciole e delle mandorle. Alcuni studiosi (sì, c’è anche chi studia queste cose...) fanno addirittura risalire l’origine del torrone alla tradizione araba. Certo è che oggi Cremona è uno dei principali centri di produzione del torrone, grazie soprattutto alla produzione industriale [106] di Sperlari e Vergani, storiche aziende cittadine. Una volta invece la miscelazione degli ingredienti la si faceva a mano: doveva essere una cosa estremamente lunga e faticosa, dunque quando qualcuno annoia, è pedante e prolisso, gli si dice di non menare il torrone. Perciò qui ci fermiamo.
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MATRIMONIO 1441 D.C.
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Il più famoso matrimonio che si sia mai svolto a Cremona è senza dubbio quello tra Bianca Maria Visconti e Francesco Sforza, che si celebrò nel 1441 nella chiesa di San Sigismondo [59]. Al giorno d’oggi l’annuario statistico del Comune denuncia che il primo sorpasso dei matrimoni con rito civile rispetto a quelli con rito religioso si è avuto nel 2007 (141 contro 127) e gli anni successivi hanno confermato una sostanziale parità, segno del cambio dei tempi se si considera che appena dieci anni fa i matrimoni celebrati davanti a un sacerdote erano quasi doppi rispetto a quelli convalidati dal sindaco. Il dato non considera le coppie di fatto, si può quindi dire che l’istituzione matrimoniale forse ha segnato il passo e comunque nessuno, come Bianca Maria, porterà più una città in dote, almeno dalle nostre parti.
CHIESA DI SAN SIGISMONDO 1463 D.C.
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La chiesa di San Sigismondo si trova nella periferia della città, sulla strada per Parma, poco lontano dall’Ospedale Maggiore. Già circondata dalla campagna, è senza dubbio una delle chiese più belle di Cremona e particolarmente intenso è lo scorcio dalla zona Battaglione e da via Giuseppina, direzione centro. Nonostante questo, anch’essa rischiò di venire abbattuta, come numerose altre, e fu salvata solo dall’opposizione della cittadinanza. Contiene numerosi affreschi di Antonio Campi [64]. All’interno dell’apparato architettonico si individuano anche un bel chiostro e il refettorio monastico, che custodisce L’ultima cena di Tommaso Aleni. Questi ultimi sono visitabili solo durante aperture eccezionali, un paio di volte l’anno, perché dal 2007 vi è insediata la comunità delle suore di clausura domenicane, provenienti da Fontanellato (PR). Se il matrimonio [58] di Bianca Maria Visconti viene spesso ricordato per il torrone [57], fu sicuramente più importante per le sorti della chiesa che, ormai parzialmente distrutta, venne riedificata a sue spese, proprio in memoria del grande giorno delle nozze. LARGO BIANCA MARIA VISCONTI, 3
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JOÃO VAZ DE CARVALHO
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«SAN SIGISMONDO»
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ACRILICO
MEDIA 1472 D.C.
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Il primo libro a Cremona fu stampato nel 1472 per opera di Dionisio Paravisino, che fu anche il primo in Italia a stampare un libro tutto in caratteri greci. Il XV e XVI secolo furono per la città una splendida fioritura di studi e cultura. A parte questo, il primo quotidiano cittadino è probabilmente La Provincia. Fondata nel 1947, inizialmente aveva un numero di pagine molto ridotto (quattro), ma col tempo si è arrivati alla versione attuale. La sezione più letta è indubbiamente quella dei necrologi (ogni cremonese [149] deve assolutamente sapere se è morto qualcuno di propria conoscenza), ma La Provincia è anche lo strumento più semplice per scoprire le iniziative cittadine. Dal 2002, al sabato, esce insieme al settimanale Più. Altri organi di informazione sono Il Piccolo e La Cronaca, fondata nel 1993. In circolazione ci sono anche diversi free press: Freepress, un classico per gli annunci, Piesse (attualità e spettacoli), Bakelite (arte), Il grande Fiume (letteratura), Lapisvedese (cultura). Le emittenti televisive di Cremona sono Telecolor e Studio1. Le radio presenti sono RCN (Radio Cittanova, del Centro Diocesano), Radio 883 e Radio JTJ (web radio).
RICETTARIO 1474 D.C.
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Bartolomeo Sacchi, detto il Plàtina dal paese natale di Piadena (CR), era un insigne letterato, ma come vogliono i nostri tempi capricciosi non lo ricordiamo tanto per il libro sulla vita di Cristo, la sua opera maggiore, quanto per un’opera incentrata sui piaceri della tavola, il De honesta voluptate et valetudine, un galateo che esalta la temperanza e che si può considerare uno dei primi libri di cucina, se non il primo, stampato nel mondo. Le pagine ribollono di vermicelli di farina cotti in brodo grasso e spolverati di zucchero, di intestini in compagnia di ossi di maiale, di fili di pasta preparati con la luna di agosto. Dominano le insalate crude e non lavate, le salsette di tuorli d’uovo sodo mischiati con fegato di pollo, mandorle tostate, aceto, cannella, zenzero, zucchero e zafferano che – osserva l’autore – si digeriscono a fatica. Sarà per questo che il Plàtina venne imprigionato e torturato?
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BOLLITI 1474 D.C.
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Il Plàtina nel De honesta voluptate et valetudine, antico ricettario [61], elenca già la base di ingredienti e sapori necessari per ottenere un buon bollito. Gli ingredienti richiedono tre tipi fondamentali di carne: il manzo, la testina di vitello e la gallina, ma la tradizione richiede anche la lingua di vitello, il salame da pentola o cotechino, cotto a parte. Come contorno a questa tipica merenda estiva, leggera e saporita, si consigliano mostarda e verdure cotte.
MARUBINI AI TRE BRODI XV SECOLO D.C.
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Le tre “b” dei marubini sono brodo di pollo, di manzo e di vitello (o salame da pentola). Sono abbastanza calorici quindi, prima dell’ingestione, si consiglia di fare dieci chilometri a piedi o, in alternativa, cento dorsali, appesi al ponte di Po [01]. Se si cade nel fiume, una volta raggiunta la riva – se la si raggiunge – l’appetito sarà migliore.
CAMPI 1475 D.C.
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Illustre dinastia di pittori cremonesi. Il capostipite è Galeazzo Campi (1475-1536), allievo di Boccaccio Boccaccino, che pur essendo in ristrettezze economiche riuscì a provvedere ai tre figli, pittori anch’essi notevolissimi. Giulio Campi (1502-1572), il primogenito, riusci anche a viaggiare un po’, scoprendo così le tecniche dei grandi maestri dell’epoca. Tornato a Cremona le trasmise a fratelli. Antonio (15141584) era un vero e proprio genio poliedrico, fu non solo pittore ma anche architetto, cosmografo, storiografo: è sua una delle prime e più particolareggiate storie di Cremona, nonché la celebre mappa della città ora custodita all’Archivio di Stato [130]. Infine Vincenzo (1532-1591) era specializzato in ritratti e la sua velocità di esecuzione era proverbiale. A Cremona è presente una ricca testimonianza delle opere di questa grande famiglia di artisti che affrescarono tutte le chiese più importanti, Cattedrale [31] compresa. Ma c’è anche un
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altro Campi assai celebre, non direttamente imparentato coi primi, ma non meno privo di talento: Bernardino (1522-1584). Buona parte della sua fortuna la deve al poeta e mecenate Marco Girolamo Vida [65], che lo portò con sè in Piemonte quando divenne vescovo di Alba. Bernardino era ricercatissimo come ritrattista da dame, nobildonne e financo principesse. Una di queste non si limitò a posare per lui e divenne sua allieva, raggiungendo una fama ancora superiore a quella del maestro: si tratta della contessa Sofonisba Anguissola [77].
MARCO GIROLAMO VIDA 1480 CIRCA-1566 D.C.
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Di famiglia patrizia, fu umanista, poeta, vescovo. Cos’altro? L’opera più a lungo letta e studiata fu la Poetica, in esametri latini e fondata sui precetti di Orazio, Cicerone e Quintiliano, perché «grande veramente e miracolosa cosa è la poesia; la quale mandata agli inchiostri con bella e dotta maniera, non solamente ha forza di dilettare e mover gli animi de gli huomini, ma delle fere anchora».
PALAZZO FODRI FINE XV SECOLO D.C.
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Il nome della famiglia Fodri deriva da fodro, una tassa medievale destinata all’imperatore e che probabilmente la famiglia era incaricata di riscuotere, oppure dal germanico fodrum, tribunale regio. L’elenco della famiglia comincia nel 1035 con Eliseo, «delle sacre lettere dottissimo», ma la famiglia raggiunse l’apice della potenza nel XV secolo, sotto gli Sforza, duchi di Milano, alla sorte dei quali per alcune generazioni furono strettamente legati. Esponenti della famiglia figurano ancora nel XVII secolo, poi se ne perdono le tracce. Il palazzo è il più antico esempio di architettura signorile del Rinascimento lombardo, rinnovato e abbellito nel XV secolo per iniziativa di Benedetto Fodri, che si servì dei più prestigiosi artisti dell’epoca. Notevole è il cortile, forse l’elemento più interessante del palazzo, perla dell’architettura quattrocentesca cremonese. Ha pianta irregolare a trapezio ed è porticato su tre lati. CORSO MATTEOTTI, 17
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PALAZZO TRECCHI 1496 D.C.
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A Milano venne ordito un complotto per uccidere Gian Maria Visconti, accoltellato mentre si recava a messa. Tra i congiurati vi erano Giacomo e Giovanni De Trechis. A seguito di ciò la loro presenza non fu più gradita a Milano e si videro costretti alla fuga. Ma dei Trecchi, antica e nobilissima famiglia, si hanno già notizie nel X secolo. Furono armati, togati, letterati. Nel palazzo dallo stile gotico moresco sostavano principi e sovrani di passaggio. Anche l’imperatore Carlo V vi alloggiò per otto giorni e Giulio Campi per celebrarlo dipinse all’interno del palazzo le imprese di Ercole. Il palazzo venne parzialmente ricostruito nel 1847. Pochi anni dopo vi soggiornò anche Garibaldi. VIA TRECCHI, 20
BERTAZZOLA FINE XV SECOLO D.C.
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Di fianco al vestibolo della Cattedrale [31] un porticato rinascimentale di sette archi sorregge un fabbricato a forma di loggia. Si credette di individuare nelle due statue di marmo greco rosato ivi conservate Giovanni Baldesio [27] e la sua consorte, Berta de Zoli, da cui il nome Bertazzola. Le due statue, in preda a una crisi d’identità, sono fuggite. Le abbiamo ritrovate solo dopo lunghe ricerche: sono in Battistero [35], nascoste dietro un arazzo, che fingono indifferenza. PIAZZA DEL COMUNE
PALAZZO RAIMONDI FIESCHI XVI SECOLO D.C.
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Iniziato nel 1496, committente Eliseo Raimondi, ospita la Scuola di Filologia e Paleografia Musicale, la Scuola Internazionale di Liuteria e la Fondazione Stauffer. La facciata è decorata in bugnato a marmi bianchi e rosa, è una delle opere più significative del Rinascimento cremonese. Un altro palazzo Raimondi, voluto dal fratello Francesco, si trova in via Bertesi. CORSO GARIBALDI, 178
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SALAME XVI SECOLO D.C.
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Come il torrone [57], sembra che anche il salame fosse già conosciuto ai tempi dei romani, ma per avere tracce certe bisogna avvicinarsi al XVI secolo. Il salame di Cremona gode della certificazione IGP (Indicazione Geografica Protetta) e si caratterizza per la presenza di aglio e spezie. Sembra che l’aglio aiuti il salame a conservarsi meglio nelle nostre zone di pianura [02], con l’evidente controindicazione di essere poco indicato come antipasto nella cena del primo appuntamento. Tuttavia, il salame è molto amato dai cremonesi [149] i quali gli hanno pure dedicato l’omonima festa, organizzata dal Consorzio di tutela Salame Cremona e in calendario tra settembre e ottobre. Di una persona si dice per la sua dabbenaggine, per gli esiti di un’impresa priva di arguzia, che è un salame, in virtù del fatto che i salami, come è noto, sono poco intelligenti.
LUMACHE TRIFOLATE XVI SECOLO D.C.
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Le lumache sono lente, ma astute, quindi per attirarle nel pentolone ferale si deve ricorrere a uno stratagemma, facendo loro credere per esempio che, se la vita sotto una foglia è spensierata, in una pentola si ha maggior assistenza quando si hanno problemi di salute.
MOSTARDA CREMONESE XVI SECOLO D.C.
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Ingredienti: frutta (ciliegie, pere, mele cotogne, mandarini, fichi, albicocche, pesche), zucchero e senape. È una specialità che non ammette i se e i ma, o la si ama o la si odia. Ha il sapore di un’amante, è dolce e piccante e scusate la rima. La parola mostarda deriva dal francese “mosto ardente” e sembra sia arrivata dalle nostre parti intorno al XVI secolo. Da non confondersi tuttavia con la moutarde de Dijon, in comune c’è solo la senape come ingrediente. La mostarda cremonese è ottima per accompagnare i piatti di carne, in particolare i lessi e i bolliti [63]. Provare per credere.
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MARGHERITA ALLEGRI
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«IL RE MAIALE»
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TECNICA MISTA
SFIGA DAL 1503 D.C.
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Ha iniziato Nostradamus (1503-1566) a menare gramo. Il grande astrologo e scrittore di profezie in una sua quartina sentenzia: «A città nuova pensoso per condannare, / l’uccello da preda al cielo si viene a offrire: / dopo la vittoria perdona i prigionieri, / Cremona e Mantova grandi mali soffriranno». Bisogna ragionarci su, ma le previsioni sembrerebbero poco promettenti. Oggi, per ora, la massima sfiga che si può temere è quella derivante dal calpestio accidentale dello stemma comunale, sul pavimento della Galleria XXV aprile. Ci è ignota l’origine di tale (supposto) evento malaugurante.
AMATI 1505-1740 D.C.
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Celebre famiglia di liutai cremonesi. Andrea (1505-1577) era famoso in tutta Europa, tanto che Carlo IX di Francia gli commissionò 38 strumenti ad arco. Piange il cuore se si pensa che gli strumenti Amati furono distrutti durante la rivoluzione francese. Sono rimasti nel mondo solo pochissimi esemplari della sua produzione. Mise a punto una tecnica di costruzione, basata sull’uso della forma interna, assai efficace e utilizzata per diversi secoli. In tal modò riuscì a definire il profilo e la geometria del violino [77] ideando modelli utilizzati, con poche variazioni, ancora oggi. I suoi violini hanno piccole dimensioni, una bombatura accentuata e sono caratterizzati da una scarsa potenza sonora dovuta alla curvatura del piano armonico. In compenso producono un suono di estrema dolcezza. Andrea ebbe due figli, Antonio (1540-1638) e Girolamo (1561-1630), ma fu il terzogenito di quest’ultimo, Nicolò (1596-1684), a passare alla storia come uno dei più grandi liutai di sempre. Presto fece entrare nella sua bottega parecchi apprendisti, tra i quali compare anche il nome di Andrea Guarneri [88]. Nicolò dominò la scena della liuteria cremonese per più di 50 anni adeguando i suoi strumenti alle mutate esigenze del gusto musicale. Dopo la sua morte l’attività passò al figlio Girolamo II (1649-1740), che nonostante la copiosa produzione fu travolto dalle difficoltà economiche, tanto da dover lasciare Cremona. Sulla scena, nel frattempo, era comparso Antonio Stradivari [90].
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CORNAMUSA 1515 D.C.
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Cremona città della cornamusa. La Collezione Civica di Cornamuse. Cremona è piena di botteghe di artigiani che costruiscono cornamuse. Ogni giorno un cornamusaio allieta i turisti nel palazzo Comunale [39]. Perdonate lo scherzo, volevamo sentire che effetto avrebbe fatto sostituire uno strumento ad arco con uno a fiato. Tuttavia la prima dinastia di pipers, i suonatori di cornamusa, si chiama MacCrimmon di Syke, della quale troviamo tracce nel XVI secolo. Alcune teorie, per assonanza del cognome, li vogliono originari di Cremona. I riflettori sono puntati su tale Pietro Bruno, nato a Cremona nel 1475 e specializzato in cornamuse. Secondo alcuni emigrò in Irlanda, dove avrebbe cambiato nome prima in Cremon poi in MacCrimmon, a sottolineare il legame con la città natale. Secondo altri questo Bruno, incontrò un ricco scozzese in viaggio in Italia, il quale lo convinse a seguirlo in Scozia dove lo strumento era sconosciuto. Deve aver avuto molto successo vista l’attuale importanza della cornamusa nel folclore locale! Certo è che nel Dizionario universale dei musicisti leggiamo che Rachel MacCrimmon era una cornamusista scozzese d’origine italiana, morta a Dunvegan nell’estate del 1914. Fu l’ultima discendente di una lunga dinastia di celebri suonatori di cornamuse. A Dunvegan, dove vivevano, fondarono una scuola di cornamusisti che divenne presto famosa.
REALDO COLOMBO 1516-1559 D.C.
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Anatomista e scienziato, portò notevoli contributi alla medicina, in particolare allo studio del sistema circolatorio nel trattato De re anatomica, composto per tutti coloro che volevano studiare il corpo umano, ma che ricevevano danno nello studio di Galeno, «longo e mendosissimo; medesimamente il Vesalio è prolisso, et patisce non poca menda». Fu anche amico e medico di Michelangelo, lo guarì dal “mal della pietra”, una patologia non ben precisata, ma assai grave se è vero che il grande artista si dava ormai per spacciato. Quando, durante un conclave, il cardinale Ridolfi morì per un misterioso male, Colombo individuò immediatamente la causa: avvelenamento. Ma contrariamente all’omonimo ispettore del telefilm non trovò l’assassino.
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VIOLINO XVI SECOLO D.C.
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Il violino è forse lo strumento che più di ogni altro sa dialogare con la nostra anima e dovette essere quando l’anima si sentiva sola che qualche genio del calibro di Andrea Amati [74] plasmò un corpo definitivo e un canto da far invidia agli dei. Il violino è per definizione la voce della musica classica e discendente diretto della famiglia delle viole, a sua volta originate dalle vièlle, in uso soprattutto nel XII e XIII secolo. È uno strumento musicale della famiglia degli archi, ha quattro corde accordate a intervalli di quinta; è composto da una cassa armonica, delle dimensioni standard di 35,6 cm (tra i 34,9 e i 36,2 cm). La cassa ha una forma che ricorda il numero 8 ed è costruita quasi sempre con legno di abete rosso. Si possono notare anche due aperture dette effe per via della forma. Nella cassa armonica è innestato superiormente il manico, di acero, che termina nella cassetta dei piroli o cavigliere, ornata superiormente da un fregio a intaglio chiamato riccio o ricciolo. Sulla faccia superiore del manico è incollata la tastiera, in ebano, sulla quale il violinista preme le corde con le dita. Il violino nella sua forma moderna è, nella sua essenza, quanto mai “antica” ed artigianale (non contiene alcuna parte metallica al di fuori delle corde), una macchina di precisione in uno stato di delicatissimo equilibrio: le forme, i vari elementi e anche i più minuti dettagli costruttivi, oltre alla grande cura nell’assemblaggio, derivano da un affinamento rimasto quasi immutato da diversi secoli. Una volta montati tutti i pezzi il violino viene verniciato e appeso all’aria aperta per asciugare, come se fosse fresco bucato. La vernice non rappresenta solo un vezzo estetico ma contribuisce in maniera significativa alla qualità del suono. Infine c’è l’archetto che serve per pizzicare le corde dello strumento. Le parti per violino utilizzano sempre la chiave di Sol, detta comunemente chiave di violino. Dicesi violinista colui che suona il violino. Uno dei più grandi di tutti i tempi fu Nicolò Paganini, colui che non ripeteva. Però non era di Cremona, ma di Genova. Dicesi invece liutaio colui che costruisce il violino. Ed è qui che Cremona ha sempre detto la sua, grazie soprattutto alla produzione della famiglia Amati [74], della famiglia Guarneri [88], di Stradivari [90] e Bergonzi, nonché dei tanti artigiani ancora attivi in città.
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SHOUT
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«L’ASCIUGATURA DEI VIOLINI»
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TECNICA DIGITALE
SOFONISBA ANGUISSOLA 1535 CIRCA - 1625 D.C.
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Primogenita, fu allieva di Bernardino Campi [64] e in seguito di Michelangelo, il quale nutrì per lei un affetto particolare. Nel tardo Cinquecento tutti adoravano farsi ritrarre e i committenti erano disposti a pazzie pur di vedere realizzato al più presto il proprio ritratto. Tale era il suo talento che Sofonisba venne invitata alla corte di Spagna, elevata a ritrattista ufficiale dei sovrani. Non era seconda a nessuno nell’interpretazione del soggetto sacro, ebbe una vita lunghissima – morì quasi centenaria – e coronata da amore. Pare che il pittore Van Dyck dichiarasse di aver molto appreso molto dalla frequentazione di una vecchia cieca, Sofonisba, appunto, che figura in un suo ritratto, fra i nobili genovesi del primo ‘600.
MISURAZIONE DEL TERRITORIO XVI SECOLO D.C.
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Le prime misurazioni del territorio cremonese risalgono alla metà del XVI secolo e la prima mappa pare sia quella di Antonio Campi [64] del 1582 conservata all’Archivio di Stato [130]. La misura attuale (6970 ettari, circa 10000 campi da calcio) è stata verificata personalmente da due geometri incaricati, uno addetto allo srotolamento del decametro di stoffa e l’altro al segno mediante un dito qualsiasi della mano. La comunicazione ufficiale delle dimensioni territoriali ha lasciato la popolazione pressoché indifferente, ma la salute dei due valorosi ne ha risentito dal punto di vista psichico.
PALAZZO STANGA TRECCO XVI SECOLO D.C
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La famiglia Stanga risale al secolo XIII con il capostipite Zambonino. Il cortile del palazzo è senz’altro da vedere, il resto, invece, più semplicemente non lo si può visitare giacché il palazzo è chiuso al pubblico. Secondo la volontà del marchese Ferdinando Stanga, infatti, il palazzo fu donato alla Scuola di Agricoltura. Ma basta iscriversi alla scuola e si può entrare... Nella piazzetta di fronte si erge la Chiesa
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di San Vincenzo con la sua facciata in stile barocchetto (terminata nel 1629), purtroppo assai malridotta. Il palazzo Stanga Trecco non è da non confondersi con il quattrocentesco palazzo Stanga Rossi di San Secondo che invece si trova in via Garibaldi, fatto costruire da Cristoforo Stanga, ma quasi completamente riformato dai Rossi nel ‘700. Il portone, scolpito dai fratelli Rho, venne rimosso alla fine del XIX secolo e venduto a un banchiere di Marsiglia. È attualmente conservato presso il museo del Louvre, ma se non volete andare fino là potete vedere il calco in gesso a palazzo Comunale [39]. VIA PALESTRO, 36
CHIESA DI SANTA RITA 1547 D.C.
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Già dedicata alle Sante Margherita e Pelagia, Marco Gerolamo Vida [65] ne volle l’integrale ricostruzione nel 1547, su progetto di Giulio Campi e affreschi dagli stessi Campi [64]. È tornata all’antico splendore dopo un recente restauro. Il giorno 22 maggio si festeggia la santa con il rito religioso della benedizione delle rose e in tale occasione nei pressi potete trovare banchi di vendita dolciumi e giocattoli. Santa Rita da Cascia è l’avvocata dei casi disperati. I compilatori della presente guida si mettono nelle sue mani. VIA TRECCHI, 11
PALAZZO AFFAITATI XVI SECOLO D.C.
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Gli Affaitati, grossi mercanti che commerciavano fra l’Olanda e l’America, guadagnarono una fortuna, divenendo nobili e banchieri. Nel XIX secolo, il palazzo che porta il loro nome fu dato in eredità dalla marchesa Antonia Ugolani Dati ai Fatebenefratelli, Padri Ospedalieri, che nel 1838 lo fecero ampliare dall’architetto Carlo Visioli e lo utilizzarono come ospedale. Fino al 1925 rimase tale, nei suoi corridoi si susseguivano lunghe file di letti. Oggi è sede del Museo Civico Ala Ponzone [112], del Museo Stradivariano [121] e della Biblioteca Comunale. Ospita manifestazioni culturali e artistiche. VIA UGOLANI DATI, 4
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CLAUDIO MONTEVERDI 1567-1643 D.C.
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Vero e proprio enfant prodige, scrisse la sua prima opera a soli quindici anni. Poco sappiamo del periodo cremonese, ma fu importante la sua formazione a Mantova, dove sviluppò uno spirito innovativo che gli attirò le critiche dei soliti dotti puristi. Trasferitosi a Venezia Monteverdi uscì dalle corti per gettarsi nell’avventura del teatro a pagamento, che muoveva i primi passi. Il melodramma L’incoronazione di Poppea è antesignano dell’opera quale è giunta fino ai giorni nostri. Il suo geniale intuito di compositore segnò il passaggio dalla musica rinascimentale alla musica barocca. L’odierna Fondazione Monteverdi si occupa di lezioni, seminari, conferenze, congressi, inerenti la musica, di concerti storici e in generale della promozione e pubblicazione delle opere del grande artista rinascimentale. Cremona ha dedicato a Monteverdi un teatro e un festival di rilevanza internazionale. Gli astrologi, invece, gli hanno dedicato – come a Stradivari [90] – un asteroide: 5063 Monteverdi. Curiosa questa passione per i grandi personaggi cremonesi...
ULTIMA CENA 1569 D.C.
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All’interno della Cattedrale [31], nella cappella del Santissimo Sacramento, il dipinto di Giulio Campi [64] rappresenta l’ultima cena di Gesù Cristo. Differente per epoca e stile, lo accomuna però al celebre Cenacolo Vinciano la singolare scelta operata dall’autore nel rappresentare Giovanni. Così come nel capolavoro di Leonardo, Giovanni, qui collocato a destra di Gesù, curvo in avanti col gomito appoggiato sul tavolo, palesa tratti somatici efebici, quasi femminili. Secondo qualcuno si tratterebbe nientemeno che di una donna, la Maddalena. La Chiesa reputa bislacche tali teorie, ma il fascino femminile del personaggio è innegabile. Che dire? Noi cremonesi possiamo soltanto allargare le braccia, nell’attesa che qualche celebre scrittore d’oltreoceano si prenda la briga di fornire un’interpretazione esoterica del dipinto di Campi.
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DANIELA VOLPARI
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«CLAUDIO MONTEVERDI»
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ACRILICO
OROLOGI TROPPO GRANDI 1583 D.C.
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Orologiaio degno di menzione è il cremonese Gianello Torriani (1500 circa-1585), detto l’Archimede del XVI secolo. Fu orologiaio, matematico e inventore. Tra le altre cose ideò l’orologio pubblico di Pavia con 1500 ruote che riproducono i movimenti dei pianeti. A Cremona, invece, potete ammirare l’orologio del Torrazzo [47], eseguito da Dovizioli padre e figlio nel 1583. Insieme alla lancetta delle ore riporta i segni dello zodiaco relativi al moto della Terra e della Luna. PIAZZA DEL COMUNE
PALAZZO CAVALCABÒ FINE XVI SECOLO D.C.
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Ha origini cinquecentesche, ma la struttura attuale risale al 1834, quando l’architetto Visioli ristrutturò la facciata. Gli appartamenti, impreziositi da decorazioni pittoriche e a stucco, sono ricchi di opere d’arte, mobili e arredi d’epoca. La famiglia Cavalcabò è una delle più antiche e distinte d’Italia, venuta con Carlo Magno o con gli imperatori germanici nell’XI secolo. L’origine del nome pare sia dovuta a un torneo cui partecipò per divertimento il capostipite, che comparve nello steccato a cavallo di un bue. Infatti lo stemma ritrae un guerriero a cavallo di un bue o un bue in campo rosso. CORSO MATTEOTTI, 31
MANGIA FAGIOLI 1600 D.C.
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Il 25 aprile nelle campagne si benedicevano i campi. Tale pratica religiosa ebbe un riflesso anche in città, dove per San Marco si svolgeva una processione durante la quale si benedicevano i fagioli che poi sarebbero stati seminati. Il particolare ci ricorda la definizione scherzosa del Tassoni sui cremonesi [149], “magna fasòli” in riferimento all’appellativo latino magna phaselus, dato a Cremona grazie alla sua forma di vascello, con il Torrazzo [47] come albero maestro. Le processioni durarono almeno fino alla fine del XVIII secolo.
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GUARNERI 1625 D.C.
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Andrea Guarneri (1625-1698) fu uno degli allievi prediletti di Nicolò Amati, lavorò nella sua bottega e venne scelto come testimone alle nozze del maestro. Ma soprattutto apprese i segreti più preziosi della liuteria. Uno dei due figli, Giuseppe (1666-1740), perfezionò lo stile paterno, fu un eccezionale intagliatore, decorò i suoi violini [77] con una vernice dallo splendore ineguagliabile e assorbì elementi della scuola stradivariana e della scuola bresciana, ricavando attraverso una sperimentazione continua potenti sonorità. Suo figlio che – con mirabile fantasia – venne chiamato Giuseppe, detto del Gesù (16981744) è un personaggio “maledetto” e la sua vita è condita di leggende che spaziano da un presunto crimine fino a una documentata attività di oste. Nel XVIII secolo i violinisti si accorsero che gli strumenti di Guarneri erano anche meglio di quelli di Stradivari [90] per potenza di suono e robustezza e Niccolò Paganini lo utilizzò per la massima resa del suo temperamento virtuosistico. I più grandi interpreti del XIX e XX secolo si sono serviti abitualmente di un Guarneri del Gesù; fra i contemporanei, Salvatore Accardo e Uto Ughi.
PESTE 1630 D.C.
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Anche Cremona, a seguito di una orrenda carestia, come tutte le contrade della Lombardia subì il flagello della peste, quella stessa di cui ci parla Manzoni ne I promessi sposi. Per arginarla si vietarono qualsiasi tipo di assemblea e l’ingresso in città, con cancelli difesi da guardie armate. Ben presto, con il diffondersi del flagello, i cittadini rimasero senza assistenza materiale e spirituale e furono soccorsi solo grazie alla carità dei singoli. I medici visitavano gratuitamente, i monatti assistevano gli infermi, i brutti erano addetti alla sepoltura con calce, per motivi igienici. Cremona si ritrovò ad avere, alla fine, 10.000 abitanti, contro i 35.000 che contava solo tre anni prima. Solo nel rione dei tintori il contagio fu quasi nullo, probabilmente perché le tinture che gocciolavano dai panni stesi uccidevano le pulci dei ratti, portatrici del bacillo del morbo.
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ANTONIO STRADIVARI 1643-1737 D.C.
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Forse allievo di Nicolò Amati [74], in ogni caso i suoi primi strumenti presentano analogie con quelli dell’illustre predecessore, tanto da essere definiti amatisée. Tuttavia per tutta la vita studiò modelli e forme personali alla ricerca del miglior suono possibile. Visse il suo periodo più fecondo nel primo quarto del ‘700 e costruì strumenti insuperati dal punto di vista sonoro ed estetico. Così almeno sostiene chi ha l’orecchio fino. Quelli dal suono più potente risalgono all’ultimo periodo di vita, alcuni studiosi (poco credibili...) sostengono che la potenza di suono di questi ultimi fosse direttamente proporzionale alla progressiva sordità del maestro. Costruì violini [77], ma anche altrettanto pregiati violoncelli e, saltuariamente, viole, probabilmente con legno d’acero proveniente da Dalmazia e Croazia; in ogni caso – come disse Paganini – Stradivari usava per i suoi violini solo il legno degli alberi su cui cantavano gli usignoli. Fu un lavoratore instancabile, ma il fatto che si sposò due volte ed ebbe undici figli lascia supporre che ogni tanto si prendesse una pausa. Oggi sopravvive circa la metà dei 1100 violini [77] prodotti, a molti dei quali sono stati attribuiti nomi propri, spesso in onore del concertista che ne ebbe il possesso. Al grande liutaio è stato dedicato anche un asteroide, il 19189 Stradivari: chi volesse visitarlo deve però uscire da Cremona e dirigersi in una zona orbitale compresa tra Marte e Giove. Più agevole fare un salto alla casa di Stradivari, che si trova al civico 57 di Corso Garibaldi.
GUIDO GRANDI 1671-1742 D.C.
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Matematico, idraulico, filosofo. Lo sapevate che la serie di Grandi è una delle più celebri serie indeterminate della storia della matematica? Come no? Impossibile. La serie di Grandi può essere proposta per evidenziare la necessità di limitare mediante opportune condizioni l’impiego di alcuni sviluppi in serie. Anche il mio cane lo saprebbe, ma io non ho un cane.
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AGOSTINO IACURCI
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«ANTONIO STRADIVARI»
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ACRILICO
TEATRO FILODRAMMATICI 1675 D.C.
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Fatto costruire dalla famiglia Ariberti, era destinato ad uso privato. Fu in seguito adibito ad oratorio, poi tornò a svolgere le sue originarie funzioni. Oggi è destinato a cinema d’essai, a convegni, a rappresentazioni culturali. Padre Cristoforo citato da Manzoni è quasi certamente un personaggio storico cremonese. Si chiamava Ludovico Picenardi ed era figlio di un ricco mercante. La lite riportata ne I promessi sposi, scoppiata per una precedenza fra pedoni, pare si sia svolta davanti al teatro Filodrammatici, e proprio con il marchese Ariberti. Le conseguenze furono due morti e una vita al servizio di Dio, in convento, per il pentito Ludovico. PIAZZA DEI FILODRAMMATICI, 1
STRETTINO MARCIO 1750 D.C.
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Dalla pianta di Cremona del 1750 del Pirovano ricaviamo l’antica denominazione di Strettino Marcio: una viuzza impraticabile, un budello putrido di scarti di verdure e ortaggi. Porta Marzia, che in realtà sorgeva lungo corso Vittorio Emanuele, fu il nome in seguito assegnato a questa stradetta che si immette in largo Boccaccino; a dispetto di Marte è la quiete fatta sasso, roccia, palpebre di legno socchiuse di uno sguardo che attraversa i secoli. Il vicolo denominato “strettoio di piazza padella” prese il nome della piazza, nel 1871, in virtù del fatto che della padella costituiva il manico. È in via Sicardo, sulla sinistra, scendendo da piazza del Comune [26]. Se entrate in questo caratteristico slargo siete fritti. Via Mercatello è talmente stretta che bisogna passarci mezzi alla volta, in compenso potete godere di una insuperabile vista delle absidi della Cattedrale [31]. Nel volume di Estimo del 1751 si chiama “contrada Mercatello de’ Ferrari”, cioè dei fabbri ferrai. Non pensate di arrivare a cavallo, oggi non trovereste più un fabbro, però sono numerose le vetrine: trovate dolci locali, armi per sparare ai dolci, profumi per togliere alla canna l’odore della polvere da sparo, caffè per dimenticarvi di voi, gelati per arrestare i vostri pensieri. È una via magica, se la sapete prendere per il verso giusto e cioè in orizzontale.
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GIUSEPPE CASTELLANI
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«PORTA MARZIA»
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SERIGRAFIA
CHIESA DI SANT’ILARIO XVIII SECOLO D.C.
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Fu fondata su una antica chiesa più piccola, dagli Eremitani scalzi, un ordine religioso costituito nel 1598. Seguaci di Sant’Agostino, si rifacevano alla comunità religiosa fondata dal santo a Tagaste. Il distacco dalla vita comune li impegnava a non ambire a cariche e onori. La facciata esterna è incompiuta, e si vede. All’interno troviamo opere di Giulio Campi [64] – che raffigura il santo che dà il nome all’edificio – Francesco Boccaccino, Angelo Massarotti. VIA GARIBOTTI, 2
CHIESA DI SAN FACIO 1758 D.C.
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L’area dove sorge l’attuale edificio era utilizzata per le sepolture. Vi si scavavano le grasse fosse – foppone – nel dialetto lombardo dei tempi che furono. Tuttora la chiesa è nota col nome Foppone e il povero San Facio ne è un po’ adombrato. San Facio era un orafo veronese, vissuto nel XIII secolo, che approdò a Cremona come esiliato politico. Oltre ad essere l’autore della preziosa croce di San Facio, custodita nel tesoro del Duomo [31], fu soprattutto un uomo assai caritatevole verso gli ammalati, fondò un’opera assistenziale dalla quale nacque poi l’Ospedale maggiore della città. Per tornare alla chiesa: è l’unica a Cremona il cui chiostro si innesta direttamente sulla facciata. L’interno della chiesa non è attualmente visitabile. VIA FOPPONE
MERCATO 1780 D.C.
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Da oltre duecento anni, al mercoledì e al sabato, in piazza Stradivari, in piazza del Comune [26] e nelle vie limitrofe, trovate centinaia di bancarelle gestite da un melting pot di cinesi, marocchini, indiani, italiani doc. Consigliato agli amanti dello shopping, sconsigliato a chi ha calli ai piedi o soffre di demofobia. Troverete tutto ciò di cui avete bisogno nella vita, magari anche l’anima gemella, ma non risposte
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alle vostre domande più profonde, del tipo chi sono, perché esisto e cosa faccio da mangiare domani per il fidanzato lappone di mia figlia. Sempre nelle piazze centrali della città, ogni domenica (tranne che nei mesi estivi) si svolge un diverso mercato tematico: si va dai prodotti tipici all’usato, dall’artigianato ai prodotti biologici.
PARCO DEL VECCHIO PASSEGGIO 1787 D.C.
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Tutto iniziò con una permuta di terreno fra il comune di Cremona e i francescani, destinata a essere un viridarium, cioè un’area verde. Quando il convento francescano venne destinato a uso ospedaliero, l’orto venne trasformato in un luogo di svago per i malati. Nel 1787 si inaugurò il pubblico passeggio, un viale alberato realizzato sopra gli spalti delle mura [37], che congiungeva Porta Milano a Porta Venezia e che divenne da subito punto di svago e di incontro dei cremonesi [149]. All’inizio del ‘900 fu abbattuto per realizzare una strada alberata. Nel dopoguerra si decise di costruire un nuovo complesso ospedaliero e attorno all’ospedale e al parco sorse un interesse culturale che culminò col vincolo di tutela. Il parco del vecchio ospedale divenne parco pubblico, che venne ribattezzato “del vecchio passeggio”. In una delle palazzine del vecchio ospedale si trova oggi il Museo Civico di Storia Naturale [131]. VIALE TRENTO E TRIESTE
LUIGI VOGHERA 1788-1840 D.C.
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Fu un architetto attivo in Lombardia. Ovunque si volga lo sguardo, a Cremona, dalla Cattedrale [31] alla chiesa di Sant’Agata [29], da palazzo Trecchi [67] al Camposanto, troviamo i suoi progetti. Il Pubblico Macello porta la sua firma, così come la torre della Filanda Bertarelli (meglio nota col nome di “minareto”). In collaborazione con Faustino Rodi nel 1824 progettò il rifacimento del teatro Concordia, oggi teatro Ponchielli [103]. Nacque in una bella casa in mattoni a vista, nella via che oggi porta il suo nome. Beh, lì vicino c’è anche la sede di un’associazione culturale. Si chiama Tapirulan, vi ricorda qualcosa?
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MA QUI CHI COMANDA? 1797-1859 D.C.
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Doveva essere la domanda tipo per gli italiani e i turisti avventurosi che passavano da Cremona tra la fine del XVIII secolo e il 1959, anno in cui la città finalmente si liberò dalle occupazioni straniere. Certo, fin dal XVI secolo Cremona era passata da una bandiera all’altra: Francesi, Spagnoli e Austriaci l’avevano spolpata per bene. La “capitale del Po”, che ai tempi di Federico II era ricca e florida, innalzava monumenti magnifici, aveva un’Università [21] antichissima, un porto [133] fluviale fiorente, ebbene questa città scivolava da circa 80.000 abitanti (allora quasi pari di Parigi) a misero borgo spopolato e malridotto. Ma in quel mezzo secolo che seguì lo scoppio della Rivoluzione Francese si riuscì a battere ogni record: Cremona rimase sotto la Repubblica Cisalpina dal 1797 al 1799, poi tornò la dominazione austriaca fino al 1800. Gli Austriaci si fecero accompagnare dai Russi per assicurarsi di essere più incisivi nelle ritorsioni. Non si fecero mancare nulla: uccisioni, violenze, saccheggi... Poi la città tornò ai francesi e divenne la capitale militare della Repubblica Cisalpina fino al 1802. La Repubblica Italiana funzionò fino al 1805, un miracolo di longevità, ma Napoleone I volle fare meglio e regnò fino al 1814. Il 2 aprile del 1814, sotto la guida del re Carlo Alberto, entrarono a Cremona le truppe piemontesi e formarono un governo provvisorio. Il 31 luglio tornò l’austriaco Radetzky e il re si ritirò, con la scusa che si era dimenticato di spegnere le candele di casa.
SOUVENIR XIX SECOLO D.C.
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Premesso che il miglior souvenir è il ricordo, potete trovare souvenir per tutti i gusti e tutte la tasche: dal mini violino in teca di vetro al Torrazzo [47] in miniatura ai ricordi mangerecci di torrone [57] o mostarda [72] o cioccolato o salame [70], questi sì poco durevoli, il tempo di pochi morsi. Se volete un ricordo prestigioso infilatevi in un laboratorio di liuteria, se ne volete uno bucolico recatevi in un allevamento a comperare una mucca [137] o un maiale [138], adottateli e teneteli come compagni di giochi. Non si possono più portare via gli abitanti di Cremona, a meno che non decidano spontaneamente di seguirvi.
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PALAZZO CATTANEO FINE XVIII SECOLO D.C.
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I Cattaneo, originari della città di Costanza, scesero in Italia con l’imperatore Corrado nel 1024, distribuendosi in varie zone della Lombardia. Il marchese Antonio, l’ultimo discendente, incaricò del progetto di trasformazione del precedente palazzo, formato dall’avo Francesco, l’architetto Faustino Rodi (1751-1833), uno degli architetti più capaci di Cremona, che aveva conoscenza delle novità artistiche neoclassiche di corrente francese. Faustino Rodi recuperò il piacere dell’essenziale in spregio del superfluo e decorativo, un impegno morale che oggi sfugge ai più, ma forse anche allora, visto che, pur ricoprendo la carica di architetto municipale per più di vent’anni, non assolse mai incarichi ufficiali, nei quali erano importanti celebrazione e retorica. Lo stesso architetto scrisse in una lettera che «L’architettura non può non aver altra bellezza se non quella che nasce da ciò che ad essa è veramente necessario: la necessità è facile ed evidente, né mostra mai artificio, né voglia stentata di ornare». L’interno di palazzo Cattaneo è un compiuto esempio di architettura neoclassica, che la modesta facciata non lascia sospettare: troviamo tra le altre cose lo scalone disegnato da Rodi, la galleria rossa, la galleria pompeiana, la sala degli specchi. Attualmente il palazzo è sede congressuale ed è disponibile per ricevimenti, banchetti ed esposizioni. VIA OSCASALI, 3
PALAZZO VESCOVILE FINE XVIII SECOLO D.C.
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Il vescovo Omobono Offredi Ambrosini commissionò il definitivo (e attuale) rifacimento del palazzo all’architetto Faustino Rodi. Per realizzare il vasto edificio impegnò una fitta rete di collaboratori e patrocinatori nonché grandissimi mezzi finanziari anche personali. Il palazzo Vescovile si trova nella suggestiva piazza Zaccaria, intitolata a una delle più ricche e antiche famiglie, arrivata da Genova nel X secolo. Si distinse tra gli altri Antonio Maria Zaccaria, nato a Cremona nel 1502, che fu medico e – dopo aver rinunciato all’eredità paterna – fondatore della congregazione dei barnabiti. PIAZZA SANT’ANTONIO MARIA ZACCARIA
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TEATRO PONCHIELLI 1806 D.C.
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La storia inizia nel 1747, quando un gruppo di cremonesi [149] volle dotare la città di un teatro, che fu chiamato teatro Nazari, poi teatro della Società. Venne completamente distrutto nel 1806, subito ricostruito e chiamato teatro della Concordia. Subì un altro incendio nel 1824, poiché le candele steariche, notoriamente, erano sprovviste di interruttore salvavita. Nel 1907 assunse il nome di teatro Ponchielli, in onore del grande compositore natio di Paderno Fasolaro, piccolo paese vicino a Cremona ribattezzato poi Paderno Ponchielli. Amilcare Ponchielli (1834-1886) faticò non poco prima di raggiungere il meritato successo. Si mise in luce con l’opera I promessi sposi, ma fu con La Gioconda che il maestro assurse finalmente a fama internazionale. Pare fosse alquanto distratto, tanto da prendere la pioggia pur avendo l’ombrello sotto braccio o di andare in conservatorio in pantofole... Ebbe come allievi Puccini e Mascagni. CORSO VITTORIO EMANUELE II, 52
ASILO NIDO 1828 D.C.
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A Cremona fu inaugurato il primo asilo nido italiano nel 1828, realizzato da Ferrante Aporti. Oltre che ecclesiastico, docente al seminario diocesano e direttore scolastico, per tutta la vita Aporti si dedicò alla diffusione di scuole per sordomuti, ciechi e orfani del colera.
FOTOGRAFIA 1834 D.C.
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Cremona ha dato i natali ad alcuni importanti fotografi grazie ai quali possediamo una ricca testimonianza della città passata. Aurelio Betri (1834-1904), si può considerare il capostipite dei fotografi cremonesi. Attraverso le sue immagini possiamo rivedere la bellissima chiesa di San Domenico, demolita [107] nel 1869, e la corona di caseggiati che circondavano il duomo [31] sino all’inizio del secolo scorso. Ernesto Fazioli (1900-1955), oltre ad aver vinto numerosi concor-
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ELENA PRETTE
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«PONCHIELLI»
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TECNICA DIGITALE
si internazionali, ci ha lasciato un archivio immenso che ripercorre gli stravolgimenti urbanistici degli anni Venti e Trenta. Ezio Quiresi (1925-2010) documentò l’Italia per il Touring Club, raccontò Cremona negli anni ‘50. Girò il mondo con prestigiose mostre personali, lavorò per tutti i più importanti editori italiani. Grazie a loro la gente del fiume vive due volte.
INDUSTRIA XIX SECOLO D.C.
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Certamente i nomi più rappresentativi dell’industria cremonese sono quelli legati ai suoi prodotti tipici più celebri: il torrone [57] e la mostarda [72]. Sperlari (1836) e Vergani (1881) inizialmente erano piccoli negozi artigianali ma riuscirono presto ad avviare una fiorente attività imprenditoriale e industriale. Anche se l’economia della città è prevalentemente agricola, sono presenti importanti industrie alimentari: Lameri (cereali e mangimi), Negroni (insaccati), Oleificio Zucchi (oli vegetali), Auricchio (formaggi [40]). Ben rappresentata sul territorio è l’industria metalmeccanica (acciaieria Arvedi e Officine Meccaniche Feraboli), energetica (AEM Cremona), telecomunicazioni (AEMcom).
DEMOLIZIONI 1868 D.C.
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Prima di leggere questo capitolo è bene premunirsi di un fazzolettino per asciugarsi l’inevitabile lacrimuccia. Cremona, purtroppo, ha una storia assai ricca di demolizioni. Oltre a quelle accidentali, dovute a incidenti o guerre, ci sono quelle consapevolmente studiate a tavolino da qualche illuminato politico o urbanista. La più disgraziata avvenne subito dopo l’unità d’Italia, nel 1868, quando gli amministratori del tempo decisero, pare sull’onda di un modaiolo anticlericalismo, di demolire la chiesa di San Domenico e l’annesso monastero, considerati i capisaldi dell’Inquisizione. Un’anfora, poco distante dall’angolo in cui si intersecano corso Mazzini e via Solferino, così riporta sul piedistallo: «Dove furono convento e tempio della inquisizione domenicana volle amenità di piante e fiori il Municipale Consiglio - 1878». E così i cremonesi, da allora, possono beneficiare del
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nutrimento dei polmoni al posto di quello dello spirito. Nel frattempo la città cominciava a espandersi e la cinta muraria [37] veniva vieppiù percepita come una giacca di quando si era venti chili più magri. Nel 1902 iniziò la demolizione della storica porta [38] Milano e negli anni successivi di tutte le altre. Sempre nei primi anni del ‘900 si concludeva faticosamente il progetto del cosiddetto “isolamento del Duomo”, prima con l’abbattimento dei negozi sotto la Bertazzola [68], poi delle case che erano addossate alla Cattedrale [31]. Infine ci pensò il neo insediato regime fascista a progettare le innumerevoli modifiche urbanistiche degli anni ‘30, quando vennero abbattuti interi isolati del centro storico, decine di case ritenute catapecchie piene di topi, per far posto ai moderni edifici di scuola razionalista.
GIARDINI PUBBLICI XIX SECOLO D.C.
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A seguito della demolizione [107] della chiesa di San Domenico, si rinvenne la pietra tombale di Antonio Stradivari, il cui originale è custodito al Museo Civico [112]. Là dove si trovava la chiesa, è attualmente visibile una copia in bronzo della tomba. Quando si trattò di decidere cosa creare al posto della chiesa e di altri edifici abbattuti, si pensò a un verde pubblico, la cui architettura, nel cosiddetto secolo dei parchi, era ormai evoluta. Vennero così creati i giardini pubblici, moderno luogo di aggregazione che soppiantò il pubblico passeggio. Dal 2002 il parco è stato interessato da lavori di riqualificazione che lo hanno riportato all’aspetto originario di giardino romantico ottocentesco. I giardini pubblici sono anche un’oasi felice di varietà floreali e faunistiche, alcune delle quali tipiche solo degli antichi parchi. PIAZZA ROMA
PAGODA 1878 D.C.
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La pagoda dei giardini pubblici [108] fu originariamente progettata interamente in legno, con stile liberty tendente a gusto esotico. Fece da valida cornice alla banda di Cremona, che a quei tempi era una vera e propria istituzione cittadina, con tanto di tifoseria ad acco-
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glierla in stazione con applausi scroscianti, in occasione dei concorsi nazionali. Nella pagoda la banda offriva ai cremonesi [149] un’occasione settimanale di aggregazione e divertimento. Nel 1828 la struttura venne sostituita con una più ampia, in ferro. Ma i tempi cambiano in fretta, la banda perse il suo fascino e tenne l’ultimo concerto nel 1936. L’anno dopo la pagoda fu demolita. Oggi Cremona ne ha una nuova e il complesso bandistico “Città di Cremona”, rinato nel 2010, la usa nelle esibizioni pubbliche, come accadeva una volta. La pagoda ospita anche incontri, manifestazioni, comizi e il fatto che sia tornata a vivere dimostra la tradizione musicale della città, rappresentata con eccellenza da Claudio Monteverdi [83], Costanzo Porta, Tiburzio Massaino, Benedetto Pallavicino, Lucrezio Quinzani, Amilcare Ponchielli [103], Ruggero Manna, e in tempi più recenti da Mina [125], Aldo Protti, la Camerata di Cremona e il Coro Paulli.
ZAMPIRONE XIX SECOLO D.C.
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Arma di legittima difesa – assolutamente legale – per combattere (e perdere) l’impari lotta contro le zanzare [06]. È un oggetto spiraliforme di colore verde scuro, costituito da polvere di piretro compressa che, bruciando lentamente, sprigiona un fumo tossico per gli insetti. Fu inventato da Giovanni Battista Zampironi nella seconda metà dell’Ottocento. Fino a qualche anno fa era presente in tutte le case cremonesi – ora molto meno – e si continuerà a utilizzarlo fino a quando qualcuno capirà se funziona veramente oppure no.
CANOTTIERI 1887 D.C.
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Le società canottieri sono sorte lungo la riva del fiume Po [01]. La prima per anzianità è la Canottieri Baldesio [27], costituita nel 1887. Le altre sono la canottieri Bissolati (intitolata al politico Leonida Bissolati), che vanta quattro campionati del mondo vinti con Oreste Perri; la società Flora e la Dopolavoro Ferroviario. Anche se il canottaggio è lo sport principe, non mancano quelli più tradizionali, come il tennis o il nuoto, le bocce e la caccia alla zanzara [06].
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MUSEO CIVICO ALA PONZONE 1887 D.C.
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Il nucleo della raccolta museale, ospitata nel palazzo Affaitati [82], risale al lascito testamentario del marchese Giuseppe Sigismondo Ala Ponzone. Lo stemma della nobile famiglia Ala è un leone rampante che sostiene un’ala con la zampa destra. Gli Ala furono ecclesiastici, giudici, soldati, e se ne trova traccia fin dal secolo VI, con Anastasio, vescovo della città di Brescello (RE). Nel museo si trovano opere d’arte dal ‘200 ai nostri giorni. Ci sono opere di tutti i grandi decoratori delle chiese e dei palazzi cremonesi: i Campi [64], Antonio, Bernardino, Galeazzo, Giulio, Vincenzo, ma anche un Arcimboldo e un Caravaggio; inoltre ci sono sculture, ceramiche, collezioni archeologiche e orientali. Chiudete questo volume e riponetelo in tasca. Dimenticatevene per qualche ora. Aggiratevi per le sale del palazzo, perdetevi nella contemplazione di questi capolavori. Lasciate vorticare a ritroso le lancette del tempo. Non è necessario essere afflitti dalla sindrome di Stendhal per percepire sensazioni ancestrali. VIA UGOLANI DATI, 4
PONTE SUL PO 1888 D.C.
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Nei secoli scorsi, in più occasioni furono costruiti ponti di barche, che si deterioravano con facilità. Cos’è un ponte di barche? È letteralmente un ponte che si appoggia su barche. L’ultimo, del 1862, apparteneva a una società privata che effettuava la manutenzione e riscuoteva i pedaggi. Su tale ponte improvvisato passavano uomini, carrozze, bestiame. I lavori per il ponte in ferro, il più lungo in Italia, cominciarono nel 1888 e andarono a rilento a causa delle piene del Po [01] e delle varianti al progetto. Durante i lavori vi morirono anche tre operai. Finalmente, nel 1892, il ponte era pronto. Un vero e proprio mastodonte di metallo se si considera che per costruirlo vennero impiegate più di 106.000 tonnellate di ferro. Fu distrutto dai bombardamenti nel 1944 e rimase impraticabile per quattro anni. La parte nuova è costituita da sei grandi arcate e il ponte, complessivamente, è lungo 960 metri. Collega la Lombardia all’EmiliaRomagna.
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ROBERTO FARINACCI 1892-1945 D.C.
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Esponente di spicco del partito fascista sin dagli esordi, ma le sue posizioni estremiste gli furono d’ostacolo nella carriera politica. Tra le altre cose si sospetta il suo coinvolgimento nell’omicidio di Matteotti. Durante la guerra d’Etiopia, dove si arruolò volontario, perse la mano destra mentre pescava con le bombe a mano in un laghetto africano. Alcuni lo soprannominarono allora “la mano destra di Mussolini”, altri “Martin pescatore”. Venne fucilato dai partigiani a Vimercate nel 1945 dopo un processo sommario, ancora oggi assai discusso. Fu promotore della trasformazione urbanistica di Cremona che modificò radicalmente l’impianto medievale del centro storico, ma anche di innumerevoli iniziative sportive e culturali.
U.S. CREMONESE 1903 D.C.
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È una squadra di calcio, che gioca su un campo da calcio ed è composta da giocatori che corrono da una parte all’altra del rettangolo verde, inseguendo una palla. Agli albori della sua storia, la squadra vestiva colori bianco-lilla e aveva come simbolo il litro di vino [54]. Ma dal 1914 – probabilmente su consiglio di qualche esperto di moda – i colori diventarono grigiorossi. Se la Cremonese ha la divisa grigiorossa, il tifoso ha il cuore grigiorosso, colori rilevabili anche con i più avanzati strumenti diagnostici. Tipico urlo di tifoso: Alè Cremo! Quando la palla entra in rete si devono alzare le mani, come se qualcuno ti puntasse addosso una pistola. Valli a capire. La squadra gioca nello stadio intitolato a Giovanni Zini, portiere della squadra fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, quando purtroppo perse la vita facendo il barelliere sul Carso. Han fatto parte della squadra tutti i principali talenti autoctoni: Aristide Guarneri (1938), il difensore galantuomo, pare infatti che levasse la palla agli avversari senza mai lasciare l’impronta dei tacchetti sugli altrui stinchi; Antonio Cabrini (1957), campione del mondo in Spagna nel 1982, allenatore, telecronista, per tutti il “Bell’Antonio”; Gianluca Vialli (1964), il più grande specialista di rovesciate volanti dall’avvento della televisione a colori.
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CLAUDIO ARISI
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«LA CREMO»
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TECNICA MISTA
UGO TOGNAZZI 1922-1990 D.C.
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Grande attore, ma anche regista, sceneggiatore, tifoso della Cremonese [115], donnaiolo e appassionato di cucina, è stato uno dei più grandi attori italiani di sempre. Cominciò a lavorare a quattordici anni come operaio al salumificio Negroni ma nel dopoguerra si dedicò completamente alla propria passione per lo spettacolo, esordendo al cinema nel 1950 e l’anno successivo in televisione con Raimondo Vianello. Attore dallo sguardo ora malinconico ora ironico sugli scherzi della vita, capace di spaziare dalla commedia all’italiana al dramma, lavorò con i più grandi registi: Monicelli, Bertolucci, Pasolini, Ferreri, Risi. Il Male, giornale satirico, si accordò con Tognazzi per farlo passare come il capo delle Brigate Rosse. Una famosa fotografia ritrae l’attore ammanettato e scortato da finti poliziotti. In molti ci cascarono. Tognazzi spiegò la sua burla rivendicando “il diritto alla cazzata”. Siamo lieti di concederglielo.
FARAONA ALLA STRADIVARI PRIMA METÀ DEL XX SECOLO D.C.
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L’ingrediente principale è la faraona, mentre Stradivari [90] è importante, ma non indispensabile. La caratteristica peculiare della ricetta è, pena un disastro culinario, l’obbligo di accordare il volatile prima di cucinarlo.
TRAMEZZINO 1925 D.C.
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Il termine pare sia stato coniato nientemeno che dal grande poeta Gabriele D’Annunzio, il quale non gradiva il vocabolo inglese sandwich. Su chi abbia inventato il tramezzino se ne sta invece occupando la storiografia di tutto il globo: forse il Caffè Mulassano di piazza Castello a Torino nel 1925. Certo è che i veneti ne sono gli specialisti. Ma anche a Cremona c’è chi è in grado di assemblare pan carré, maionese e roba varia in maniera alquanto gustosa. Si chiama Ugo Grill e si trova in via Gramsci, vicino a piazza Stradivari.
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ANDREA GUALANDRI
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«L’UOMO CHE RIVENDICAVA LA CAZZATA»
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ACRILICO
SEMIFREDDO AL TORRONCINO XX SECOLO D.C.
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Dotazione standard di quasi tutti i ristoranti di Cremona. Trattasi di una potentissima bomba calorica, non bastando le calorie del torrone [57] sono state infatti aggiunte quelle della panna e delle uova. Dire che è molto dolce è un soffice eufemismo.
TONY WOLF 1930 D.C.
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Andate in libreria, una qualsiasi. Dirigetevi nella sezione dedicata ai libri illustrati per l’infanzia. Fatto? Bene, a questo punto dovreste aver capito chi è Tony Wolf e il suo incredibile contributo al settore. Autore fantasioso e prolifico, dotato di una spiccata vena umoristica, è diventato un vero e proprio classico dell’illustrazione. Cremonese, forse per riservatezza, ha inglesizzato il suo vero nome: Antonio Lupatelli. Nella sua lunghissima carriera ha disegnato anche tarocchi e vignette. Il figlio, Matt Wolf, ha seguito le orme del padre.
MUSEO STRADIVARIANO 1930 D.C.
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La storia del museo inizia con la donazione di Giovanni Battista Cerani contenente alcuni reperti appartenuti a Stradivari [90]. Ma è al conte Ignazio Cozio di Salabue, collezionista di strumenti ad arco, che si deve la raccolta, la conservazione e le meticolose annotazioni sugli strumenti stradivariani. La collezione fu donata nel 1930 alla città di Cremona dall’ultimo proprietario, il liutaio Giuseppe Fiorini. Inaugurato quello stesso anno, il museo espone una raccolta preziosissima che ricostruisce quasi l’intera officina di Stradivari. Nelle stesse sale sono ospitate la collezione Friends of Stradivari e una selezione di liuteria moderna. Durante la guerra si decise di non spostare il museo, che si conservò intatto nonostante i bombardamenti [126]: potenza della musica. La Collezione Civica degli archi di palazzo Comunale permette infine una ricognizione completa della grande liuteria cremonese dagli Amati [74] a Stradivari, da Guarneri del Gesù [88] ai Ceruti.
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CASA DI PIER PAOLO PASOLINI 1933-1935 D.C.
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A causa del lavoro del padre, militare in carriera, Pasolini visse a Cremona dal 1933 al 1935, frequentando il liceo Daniele Manin. Un’iscrizione all’angolo fra via Plàtina e via XI febbraio, segnala la casa dove lo scrittore “dispiegò la sua avventura artistica”.
SCUOLA DI LIUTERIA 1938 D.C.
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È una scuola internazionale frequentata da allievi di tutto il mondo. I primi corsi di liuteria iniziarono nel 1938 e nel 1987, 250 anni dopo la morte di Stradivari [90], la scuola fu intestata al grande maestro. Si trova nello storico palazzo Pallavicino Ariguzzi. Nello stesso palazzo ha sede la Fondazione Antonio Stradivari - La Triennale, promotrice dell’omonimo concorso di liuteria, considerato da molti artigiani un’autentica olimpiade del settore. Gli strumenti vincitori di medaglia d’oro sono esposti nella collezione della Fondazione, visitabile gratuitamente. VIA COLLETTA, 5
PIAZZA MARCONI 1941 D.C.
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L’area ingente della piazza fu ricavata in seguito alle demolizioni [107] degli anni Trenta. Originariamente destinata al mercato [96] cittadino, si pensò in seguito di utilizzarla per la costruzione del palazzo dell’Arte, in mattoni a vista conformi al cotto cremonese, con l’intento di ricavarne la sede dell’arte moderna e contemporanea. Durante i recenti scavi sono stati rinvenuti importanti reperti romani, convogliati nel Museo Archeologico [147], tra i quali i resti di una lussuosa casa privata, la domus del Ninfeo, che occupava l’intera piazza ed era sviluppata su più livelli terrazzati. Terminati gli scavi, la piazza è stata adibita a parcheggio, che sarà ancora più utile quando l’intera collezione di violini, ora suddivisa tra il Museo Stradivariano [121] e le sale di palazzo Comunale [39] verrà riunita all’interno del palazzo dell’Arte.
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MINA 1940 D.C.
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Mina, la Tigre di Cremona, componeva un ideale gruppo “zoologico” con altre famose voci femminili degli anni ‘60 e ‘70: Milva, la Pantera di Goro; Iva Zanicchi, l’Aquila di Ligonchio; Orietta Berti, l’Usignolo di Cavriago; Nada, il Pulcino del Gabbro; Alice, la Cerbiatta di Forlì. Mina Anna Mazzini è unanimemente considerata una delle voci più significative della musica leggera italiana. Inizia l’avventura con il gruppo cremonese degli Happy Boys per poi proseguire come solista una carriera ricca di successi. Da anni vive in Svizzera, ma nel 1996 ha dedicato un disco a Cremona.
BOMBE 1944-1945 D.C.
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Durante la Seconda Guerra Mondiale Cremona fu bombardata 23 volte, tutte concentrate negli ultimi dieci mesi di conflitto, senza tener conto delle azioni dirette sul Po [01], a quei tempi abbastanza lontano dal centro abitato, e delle continue azioni di disturbo. Le zone maggiormente colpite furono Porta Milano e la zona del cimitero e il ponte in ferro [113] sul Po. Il primo bombardamento fu anche il più tragico, con decine di morti, una cosa resa ancora più spaventosa dal fatto che durante i primi quattro anni di guerra Cremona aveva vissuto in un clima di relativa calma. L’obiettivo era la stazione ferroviaria, nella quale gli Anglo-Americani ritenevano transitassero armi tedesche. Notizia infondata e bombardamento maldestro.
BORDELLO ANNI ‘50 DEL XX SECOLO D.C.
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In via Dulcia i maschi si divertivano con le donne di piacere e a testimonianza di ciò rimane una graziosa casetta definita in stile liberty svizzero. Ora noi non siamo così profondi intenditori da comprendere le sfumature architettoniche dei quattro cantoni, ma la finestra, svizzera o no, ha una chiara, imponente, inequivocabile forma fallica. VIA DULCIA
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GIORGIO FRATINI
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«LA TIGRE DI CREMONA»
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TECNICA DIGITALE
ORESTE PERRI 1951 D.C.
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Al giovane Perri il professore di ginnastica disse che non sarebbe mai diventato un atleta. Perri fu campione mondiale di canoa negli anni ‘70, quattro volte. In seguito commissario tecnico della nazionale, è stato eletto sindaco di Cremona nel 2009. Ama anche il pugilato. Non sedetevi mai dietro di lui al cinema, non vedreste nulla.
LUNA PARK XX SECOLO D.C.
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C’era una volta la Fiera di San Pietro, che è uno dei protettori di Cremona insieme a San Marcellino, Sant’Omobono [36], Sant’Imerio. La fiera nacque come piccolo mercato al quale convergevano i contadini per spendere i pochi soldi guadagnati con la vendita delle galéte, i bozzoli del baco da seta. Poi, secoli dopo, arrivarono le giostre. Per un certo periodo la fiera rimase dentro le mura [37] cittadine, ma poi si spostò all’esterno, verso il fiume. Infine, per adeguarsi ai tempi, occorreva un nome più moderno. In inglese, per esempio. Luna Park! Nel mese di giugno la prima cosa che fanno gli studenti alla chiusura dell’anno scolastico è una spedizione in massa alla fiera. O Luna Park. Alla chiusura, il 29 giugno, le bancarelle di San Pietro, lungo tutto il viale Po, offrono qualsivoglia cinfrusaglia al fiume di gente che si ingrossa anche più del fiume vero, che scorre parallelo a poche centinaia di metri: dalla “a” come astronave alla “d” come dentiera, dalla “t” come torrone [57] alla “z” come zanzara [06]. Quest’ultima è in omaggio.
ARCHIVIO DI STATO 1955 D.C.
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Vanta una raccolta di migliaia di pergamene (a partire dal IX secolo), delle quali alcune ornate di preziose miniature. L’Archivio custodisce pure una collezione di sigilli (di cui uno aureo), matrici, medaglie, fotografie, stampe, disegni, carte geografiche e topografiche. Tra le matrici particolare importanza assume la serie di quelle
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in bronzo dei sigilli del Comune Medioevale che, riproducendo tutta la facciata della Cattedrale [31], documentano le varie riforme che la interessarono dal primo Duecento in poi. Vi sono infine depositati documenti dell’amministrazione periferica dello Stato, di enti locali e di numerosi archivi privati. VIA ANTICA PORTA TINTORIA, 2
MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE 1958 D.C.
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Avete mai visto un pangolino dalla coda lunga? Un armadillo? E un ornitorinco? Andate al Museo Civico di Storia Naturale e li vedrete insieme ad altre decine di esemplari di animali (ovviamente impagliati). Gran parte delle specie presenti facevano parte della collezione di Giuseppe Sigismondo Ala Ponzone (1761-1842), altre sono il frutto di successivi acquisti e donazioni. Troverete anche pesci, anfibi, rettili, molluschi e uccelli. C’è anche il mitico unicorno, o meglio quello che potrebbe sembrare un unicorno, il quale in realtà è il dente di un grosso cetaceo, il narvalo. Poi c’è una sezione dedicata ai fossili e ai minerali. All’ingresso del museo si può ammirare un plastico che riproduce la pianta della città di Cremona disegnata da Antonio Campi [64] nel 1582. È il frutto del lavoro certosino di Antonio Bergonzi e Licinio Bodini, grazie ai quali possiamo immaginare la città nel sedicesimo secolo. L’ingresso al museo è gratuito. VIALE TRENTO E TRIESTE - VIA GIOCONDA, 5
ASTRONOMIA SECONDA METÀ XX SECOLO D.C.
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Cremona non ha solo il vanto di un asteroide che porta il nome di Stradivari [90], ma anche un gruppo astrofilo, attivo dalla fine degli anni ‘50. La Specola, donata negli anni ‘60, permette ai soci e ai cittadini l’osservazione del cielo, ma il gruppo è attivo anche con dibattiti e incontri. Siamo tutti invitati a cercare l’asteroide più bello del firmamento per battezzarlo con il nome di Cremona. VIALE TRENTO E TRIESTE, 21
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PORTO DI CREMONA 1960 D.C.
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I lavori furono avviati dal presidente della Repubblica in persona, Giovanni Gronchi. Fu una giornata indimenticabile, il Po [01] era attraversato da una grande e pittoresca parata fluviale, Cremona sembrava destinata a diventare il fulcro del sistema idroviario padano. Oggi, anche se il canale navigabile per le imbarcazioni di grande stazza arriva solo fino a Pizzighettone (CR) e il consorzio del canale è stato sciolto nel 2000, le grandi industrie [106] locali, da Arvedi a Lameri, dal Consorzio Agrario alla raffineria Tamoil, lo utilizzano per il trasporto delle merci e per collegamento con i vicini nodi ferroviari. Viene inoltre utilizzato a scopo turistico da numerosi battelli che vi portano fino al delta del Po, ma anche a Colorno (PR), a Castelponzone (CR), a Busseto (PR), per itinerari culturali o naturalistici.
NUTRIA SECONDA METÀ XX SECOLO D.C.
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Roditore simile al castoro, ma potrebbe sembrare anche un grossissimo topo. La nutria (detta anche Myocastor coypus o castorino) è originaria del Sudamerica, fu importata in Europa per allevarla e sfruttarne la pelliccia. Falliti gli allevamenti, le nutrie vennero inopinatamente liberate dagli allevatori per evitare le spese di abbattimento. Nella zona di origine il suo principale predatore è il caimano che ha tutte le carte in regola per fagocitarsela in un sol boccone. Nel cremonese di predatori all’altezza non ve ne sono. Oltre ai gravi danni all’ecosistema locale, la nutria ha causato pesanti crisi psicologiche all’indigeno gatto soriano.
SILURO SECONDA METÀ XX SECOLO D.C.
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Il pesce siluro (Silurus glanis), che le leggende più strane vogliono divoratore di esseri umani, cani e galline, assomiglia a un gigantesco pesce gatto, ma è sicuramente molto più brutto: non ha squame e la pelle è ricoperta da grandi quantità di muco. Originario dell’Eu-
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ropa Orientale e dell’Asia, fu probabilmente introdotto in Italia in qualche laghetto di pesca sportiva. Una volta che i gestori se ne sbarazzarono, il siluro si acclimatò perfettamente nelle acque del Po [01] facendo scorpacciate di anguille, rane, pesci in genere. Raggiunge lunghezze anche superiori ai due metri e un peso di oltre un quintale. Cercate “siluro” su internet e vi compariranno decine di foto di pescatori che lo sorreggono come un trofeo, pronti a giurare di aver pescato quello più grande esistente in natura. Fortunatamente, nel Po sono rimasti anche altri pesci, tuttavia sempre più rari: ci sono storioni e lucci, poi ancora le alborelle, le timide tinche, le carpe resistenti, i cavedani, i baffuti barbi e pesci gatto. Per scendere agli organismi inferiori, sono presenti cozze d’acqua dolce e vermi infissi verticalmente nel limo, simili ad alghe color carnicino. Si godono la vista dall’alto aironi, germani, alzavole, poiane, quaglie, fagiani, pivieri, chiurli, beccacce, gabbiani, tortore, cuculi, civette, gufi, allocchi, rondoni, picchi, allodole, pettirossi, usignoli, cinciallegre, gazze, ghiandaie, corvi, cardellini, culbianchi, passere scopaiole.
FIERE 1965 D.C.
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A Cremona non poteva mancare la Festa del torrone [90], dedicata al dolce simbolo della città. Si svolge a novembre e ha come scenario la suggestiva cornice del centro storico, arricchita da concerti, rievocazioni storiche, degustazioni. Il Salone Internazionale del Bovino da Latte è una fiera campionaria dedicata al mondo dell’allevamento e della zootecnia. Naturalmente Cremona ospita anche Mondomusica, che espone gli strumenti musicali di alto artigianato prodotti nel mondo e prevede un intenso programma di eventi musicali e seminari. Rinomato è anche Il BonTà, salone delle eccellenze enogastronomiche, che mette in evidenza le produzioni artigianali e i territori di provenienza, attrezzature professionali. Nel suo ambito si svolge il Cheese of the Year, importante campionato mondiale dei formaggi di qualità. Interessante è anche CremonAntiquaria, considerata punto di riferimento nazionale per l’antiquariato di alto livello. E ancora: Expo Elettronica, con mercatino dell’usato e componentistica, BioEnergy Italy per le biomasse e le energie rinnovabili, Cremona Pianoforte, in contemporanea con Mondomusica.
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MUCCA XX SECOLO D.C.
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Si dice vacca (cercare sul dizionario) perché mucca è una parola che deriva dal verso mu che emette la vacca. Miss Vacca viene eletta tutti gli anni a settembre durante la manifestazione della Fiera internazionale del bovino da latte, visitata da circa 70.000 persone. La Pianura Padana [02] produce il 76% della quantità nazionale di latte, l’export di formaggi [40] e latticini vola, e se il settore della vacca rischiava di finire in vacca per i costi di produzione molto elevati che hanno costretto alla chiusura di stalle e a vendite dell’attività. I recenti segnali sono confortanti. Ancora oggi, tuttavia, potreste incontrare per strada una vacca triste, perchè senza lavoro. Adottate una vacca, fatele fare la guardia o usatela come tosaerba, la renderete felice.
MAIALE XX SECOLO D.C.
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Meglio dire suino, perché secondo l’etica moderna del trionfo dell’eufemismo, la parola maiale è troppo offensiva e può creare qualche incomprensione. Nella Pianura Padana [02] si trova l’80% dei suini allevati in Italia. Dove si nascondono tutti quanti? Aguzzate l’olfatto e li individuerete facilmente. Sarà Cremona ad avere uno dei primi centri di allevamento per suini transgenici, usati a scopo di ricerca. Cremona è il fulcro privilegiato per questo tipo di allevamento, ne è riprova la manifestazione che ospita, denominata Italpig. Tutti i maiali sono tenuti a partecipare.
MUSEO DELLA CIVILTÀ CONTADINA 1978 D.C.
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La cascina “Cambonino vecchio” è proprietà del Comune dal 1976 e sede del Museo della Civiltà Contadina cremonese dal 1978. Rappresenta un esempio di cascina “a corte chiusa”, frutto di una secolare evoluzione, dal tardo Medioevo al Novecento. Infatti l’aia, la casa del fattore, la vecchia stalla, risalgono al XV secolo. Più recenti, del XIX secolo, sono la casa padronale e del bergamino, la stalla dei cavalli
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MATTEO GUBELLINI
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«LA MUCCA E IL MAIALE»
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GESSETTI
e un oratorio pubblico, dedicato alla Beata Vergine di Caravaggio. Le case dei contadini arrivarono al numero di nove nel 1860, per un totale di 42 persone; un microcosmo, dove si nasceva e si moriva ai ritmi delle stagioni e dei raccolti. VIA CASTELLEONE, 51
FILM 1987 D.C.
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In attesa che i fratelli Vanzina girino a Cremona Natale sul Torrazzo o Ferragosto sul Po, la città purtroppo non ha sinora ospitato molti film. A quanto pare nemmeno l’autoctono Ugo Tognazzi [116] vi ha mai girato alcunché. Hanno invece posato il set sul suolo cremonese: Stradivari (1987) di Giacomo Battiato con Anthony Quinn e Stefania Sandrelli; L’imbalsamatore (2002) di Matteo Garrone, vincitore di 2 David di Donatello; La signora delle camelie (2005) con Francesca Neri e Sergio Muniz; La febbre (2005) di Alessandro D’Alatri con Fabio Volo; La cura del gorilla (2006) di Carlo Arturo Sigon, con Claudio Bisio, ispirato all’omonimo romanzo di Sandrone Dazieri. Da segnalare anche una scena di Chiedimi se sono felice (2000) del trio comico Aldo, Giovanni e Giacomo, ambientata all’interno del teatro Ponchielli [103].
FUMETTO 1988 D.C.
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Il fumetto ha una sua casa anche a Cremona: il Centro Fumetto Andrea Pazienza. Nato nel 1988, è conosciuto anche come Cfapaz. La struttura, la prima di questo tipo in Italia e ancora oggi tra le poche esistenti, propone una biblioteca con 50.000 pubblicazioni (tra le quali una storia di Cremona a fumetti, realizzata da Piné, ormai introvabile). Il Cfapaz organizza anche mostre, corsi, incontri e laboratori. Particolarmente attento alla promozione dei talenti locali, ha lanciato molti autori nel circuito nazionale. Vera e propria anima del Centro Fumetto è, fin dagli esordi, Michele Ginevra. Provate a offrirgli una polpetta di carne con un bicchiere di prosecco e vi racconterà la storia del fumetto mondiale. Il fumetto cremonese non può certo prescindere dalla figura di Sergio Tarquinio, uno dei più importan-
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ti fumettisti italiani del dopoguerra, specializzato nel genere western. Nato nel 1925, si trasferisce in Argentina dove fonda insieme ad un manipolo di valenti artisti la cosiddetta Scuola italiana del fumetto italiano. Tornato in Italia lavora per tutti gli editori più importanti del settore. Definire Tarquinio fumettista sarebbe riduttivo perché è anche pittore e grafico: sono celebri i suoi ex-libris e le sue incisioni, oltre 400 delle quali sono reperibili presso il Museo Civico Ala Ponzone di Cremona [112]. PIAZZA GIOVANNI XXIII, 1
APERITIVO XX SECOLO D.C.
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In piazza della Pace, così chiamata per la statua che ivi regge un ramoscello d’ulivo, una volta si teneva il mercato del pesce. Oggi è una bomboniera di cui bisogna far parte per essere “in”. Signorile, elegante, è stata riqualificata non molti anni or sono con lampioni vecchio stile, l’acciottolato, le fioriere. La zona, una volta poco frequentata, la sera brulica di giovani e meno giovani che reggono un calice, ridono, si raccontano storie che le musiche dei caffè condiscono di attese. È prima di cena l’interminabile aperitivo, in un tempo che oscilla dal dopo lavoro al desiderio al sogno. PIAZZA DELLA PACE
PARCO TOGNAZZI XX SECOLO D.C.
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Al suo interno ospita l’Arena Giardino, piccolo anfiteatro, sede di un cinema all’aperto e di eventi artistici e culturali durante la bella stagione. Nei pressi del parco si trova l’ex fornace Frazzi che con le sue ciminiere rappresenta un elemento caratteristico della prima periferia cittadina: costruire mattoni è sempre stato radicato nel territorio, sia perché gli stagionali agricoli sfruttavano la periodicità delle fornaci, sia perché il Po [01] è ricco di sedimenti argillosi. La storia si sviluppò per un secolo, fino al 1967, quando Arnaldo Frazzi, senza eredi, decise di vendere l’area, che aveva guadagnato un enorme valore. VIALE PO
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PARCO PO FINE XX SECOLO D.C.
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Il Parco al Po è costituito da un’area alberata dotata di sentieri e attrezzature per sosta e gioco. Fra le essenze presenti si possono notare grandi esemplari di pioppo ibrido; il parco è inoltre meta turistica di una ricca varietà di animali e uccelli che accorrono a guardare le passeggiate dei cremonesi [149]. Nei pressi del parco si trova anche l’unico campeggio della città (Camping Parco al Po), aperto da aprile a fine settembre.
INCENERITORE 1997 D.C.
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C’era una volta, alle porte di Cremona, fra Bonemerse e Bosco ex Parmigiano, un’amena zona verde, sulla quale, dopo oculati studi, si decise di costruire un inceneritore. Fagocita rifiuti e sogni dimenticati e una graziosa nuvoletta oblunga esce dalla ciminiera e passa di tanto in tanto sopra i campi, quasi a benedirli. La decorazione murale, ben visibile anche da lontano, è opera di Giuseppe Castellani, celebre pittore cremonese, conosciuto soprattutto per le sue inconfondibili forme geometriche che trovano le loro più compiute espressioni nei paesaggi alpini. Le opere di Castellani sono state esposte in tutto il mondo, da Milano a New York, da Vienna a Mosca. Anche il Museo Civico di Cremona [112] ospita suoi lavori. Il “pittore delle Alpi”, come spesso viene definito, ha decorato fra le altre cose le vetrate della chiesa Beata Vergine di Cremona.
BICICLETTA XXI SECOLO D.C.
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Per visitare Cremona sono raccomandati i piedi e le biciclette. Potete trovare i piedi sotto la vostra pancia. La bicicletta la trovate in garage, ma se non ce l’avete oppure se ve l’hanno rubata, potete noleggiarne una. Al momento ci sono tre postazioni per il noleggio: una presso il piazzale della Stazione Ferroviaria (via Dante 60), una in corso Vittorio Emanuele 1, e una in piazza della Libertà 20. Negli ul-
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timi anni è sorta qualche pista ciclabile, ma le auto spesso le ignorano oppure le percorrono su due ruote. Per la conformazione tipicamente medioevale delle strade, non è possibile avere piste ciclabili ovunque, non è quindi raro vedere ciclisti che al termine di una pista ciclabile caricano la bicicletta in spalla per spostarsi sul marciapiede. È più raro trovare chi al termine di una strada senza uscita si carichi l’auto in spalla.
MUSEO ARCHEOLOGICO 2009 D.C.
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Dopo una massiccia ristrutturazione, il complesso monumentale della basilica di San Lorenzo [23] ha accolto il Museo Archeologico di Cremona, che permette di rivivere, attraverso il percorso suggestivo dei reperti, l’intera storia della città. Centinaia di oggetti, dalle statue ai mosaici alle parti di monumenti ai corredi funerari, sono i protagonisti di un percorso tematico articolato in tre sezioni: i resti di un edificio, forse un teatro; i resti delle ricche domus del Labirinto e del Ninfeo, così detta per la fontana che decorava uno dei giardini della casa; le necropoli, allestite nella quattrocentesca cappella Meli. Da segnalare anche un percorso speciale per ipovedenti e non vedenti. VIA SAN LORENZO, 4
STRANIERI 2011 D.C.
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I primi stranieri furono i Longobardi. Come censire gli stranieri? Si chiede loro «In dua te stèet?». Se non capiscono, sono stranieri. Per il censimento è impiegato full time un addetto che gira a piedi per la città con un taccuino, intervistando passanti con la pelle olivastra o gli occhi a mandorla. Anche questo lavoro, come quello dei misuratori di ettari [79], è molto delicato per la psiche. Per un certo periodo l’impiegato credette di essere uno straniero, non comprendendo più la sua stessa domanda. Al momento, pare che siano 8.687 coloro che non capiscono la domanda di rito, i più numerosi sono i Rumeni, seguiti da Albanesi e Marocchini. Ma a Cremona c’è anche un Danese, un Uzbeko e un cittadino battente bandiera panamense.
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CREMONESI 2011 D.C.
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Attualmente ce ne sono 72.248. Si riconoscono perché, quando il semaforo diventa verde, prima di partire aspettano qualche secondo: qualcuno sull’altra strada potrebbe passare con il rosso e il semaforo non sarebbe servito a nulla. Drammatizzano il verde, per così dire, cosicché portano dentro sempre una certa ansia, come se ci fosse in agguato qualcuno o qualcosa. Si riconoscono perché di solito formano capannelli davanti alle porte dei negozi e quando passi fra loro ti interrogano con lo sguardo. Si fermano con le biciclette [146] in curva, perché la strada in curva aiuta il dialogo. Ma pedalare è un atto di snobismo, infatti i cremonesi usano l’automobile in ogni condizione, indipendentemente dalla distanza. Basti pensare che a Cremona circolano quasi 45.000 auto. La pigrizia deambulatoria, dovuta probabilmente al clima [03], è compensata dalla complessiva laboriosità, dalla mitezza di carattere e da un’arguzia di vecchio stampo contadinesco.
3T 2011 D.C.
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Chi poggia il piede sul suolo cremonese deve sapere che Cremona è nota per essere la città delle 3T: turòon, Turàs e tetàs. Tradotto per i diversamente lombardi: torrone [57], Torrazzo [47], tette grosse. Anche se non c’è un vero e proprio avvallo statistico pare che la terza voce in elenco crei più turismo delle altre due messe insieme. Certo, il torrone è buono, ma è anche il miglior amico del dentista, mentre il Torrazzo è meraviglioso ma è faticoso salirci. Così capita di vedere molti turisti che mentre vanno alla scoperta dei tesori della città setacciano anche le migliori scollature. Purtroppo di tette grosse non ce n’è più che altrove, anzi pare che le tette in questione siano, in realtà, quelle delle vacche [137] dalle mammelle assai capienti di latte. A furor di popolo una quarta “t” si è ultimamente inserita, quella di Tugnàs, Tognazzi [116], il nostro amato attore, e chi ha letto questa guida da oggi può – se gli aggrada – aggiungerne una quinta: Tapirulan.
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FABIO DE DONNO
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«TURÒON, TURÀS, TETÀS»
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ACRILICO
CHI CERCHI?
A
Accardo Salvatore, p. 63 Affaitati, p. 59 Agilulfo, p. 16 Aistulfo, p. 40 Ala, p. 77 Ala Gian Pietro, p. 23 Ala Ponzone Sigismondo, p. 77 Alberto da Giussano, p. 38 Aleni Tommaso, p. 46 Alice, p. 84 Amati (famiglia), pp. 54, 56, 82 Amati Andrea, pp. 54, 56 Amati Antonio, p. 54 Amati Girolamo, p. 54 Amati Girolamo II, p. 54 Amati Nicolò, pp. 54, 63, 64 Anguissola Sofonisba, pp. 50, 58 Amilcare, p. 16 Anastasio, p. 77 Aporti Ferrante, p. 72 Arcimboldo, p. 77 Ariberti (famiglia), p. 66
B
Baldesio Giovanni, pp. 24, 38 Barbò (famiglia), p. 40 Battiato Giacomo, p. 92 Bergonzi Antonio, pp. 56, 87 Berti Orietta, p. 84 Bertolucci Bernardo, p. 80 Betri Aurelio, p. 72 Beltrami Antonio, p. 30 Berta de Zoli, pp. 24, 51 Bembo Bonifacio, p. 28 Bianchi Luisito, p. 12 Boccaccino Francesco, p. 19, 68 Boccaccino Boccaccio, pp. 24, 28, 38, 49 Bodini Licinio, p. 87 Borromeo Carlo, p. 39 Bottazzi Antonio, p. 24 Brimonio, p. 16 Bruno Pietro, p. 55 Buonarroti Michelangelo, p. 55
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C
Cabrini Antonio, p. 78 Caio Giulio Cesare, p. 17 Campi Antonio, pp. 16, 24, 28, 46, 49, 77, 87 Campi Bernardino, pp. 19, 20, 23, 26, 28, 50 Campi Galeazzo, p. 26, 42, 49, 77 Campi Giulio, pp. 23, 26, 49, 51, 59, 60, 68, 77 Campi Vincenzo, pp. 38, 41, 49, 77 Caravaggio, p. 77 Carlo V, p. 51 Carlo IX, p. 54 Carlo Alberto, p. 70 Carlo Magno, pp. 42, 62 Catone Marco Porcio, p. 12 Cattaneo (famiglia), p. 71 Cattaneo Antonio, p. 71 Cavalcabò (famiglia), pp. 44, 62 Cavalcabò Carlo, p. 44 Cavalcabò Ugolino, p. 42, 44 Cerani Giovanni Battista, p. 82 Ceruti (famiglia), p. 82 Cicerone, p. 50 Colombo Realdo, p. 55 Corrado II, p. 71 Cozio di Salabue Ignazio, p. 82 Cremone, p. 16
D
D’Alatri Alessandro, p. 92 D’Annunzio Gabriele, p. 80 Dacquati Luciano, p. 19 Dattaro Giuseppe, p. 30 De Gasperi Alcide, p. 23 De Lera Bernardino, pp. 26, 30 De Trechis Giacomo, p. 51 De Trechis Giovanni, p. 51 Dovizioli (famiglia), pp. 40, 62 Dragoni Antonio, p. 18
E
Eliseo, p. 50 Enrico IV, p. 24 Enrico VII, p. 17 Ercole, pp. 14, 16, 51
F
Farinacci Roberto, pp. 23, 78 Fazioli Ernesto, p. 74 Federico II, p. 38, 70 Federico I di Svevia, p. 30 Fiorini Giuseppe, p. 82
Flavio Tito Vespasiano, pp. 16, 17 Fodri Benedetto, p. 50 Fodri Eliseo, p. 50 Fondulo Cabrino, p. 40, 44
O
Offredi Ambrosini Omobono, p. 71 Olderico, p. 22 Orazio, p. 50 Osiride, p. 42
G
Galeno, p. 55 Garrone Matteo, p. 92 Gatti Bernardino, pp. 24, 28 Gatti Gervasio, p. 26 Giotto, p. 26 Grandi Angelo, p. 20 Grandi Guido, p. 64 Gronchi Giovanni, p. 88 Gualtero, p. 28 Guarneri (famiglia), p. 56 Guarneri Andrea, pp. 54, 63 Guarneri Giuseppe, p. 63 Guarneri Giuseppe, detto del Gesù, pp. 63, 82 Guarneri Aristide, p. 78 Gualazzini Ugo, p. 18
P
Paganini Nicolò, pp. 56, 63, 64 Pallavicino Benedetto, p. 76 Pallavicino Umberto, p. 36 Paravisino Dionisio, p. 48 Paride, p. 16 Pasolini Pier Paolo, pp. 80, 83 Perri Oreste, pp. 76, 86 Picenardi Ludovico, p. 66 Piné, p. 92 Pirovano, p. 66 Ponchielli Amilcare, pp. 72, 76 Porta Costanzo, p. 76 Polibio, p. 13 il Pordenone, p. 28 Protti Aldo, p. 76 Puccini Giacomo, p. 72
L
Latomi Alberto, p. 40 Liutprando, p. 20 Lotario, p. 20
Q
M
Mac Crimmon (famiglia), p. 55 Mac Crimmon Rachele, p. 55 Mainardi Andrea (il Chiaveghino), p. 42 Manna Ruggero, p. 76 Manzoni Alessandro, p. 63, 66 Maria Teresa d’Austria, p. 41 Mascagni Andrea, p. 72 Massaino Tiburzio, p. 76 Massarotti Angelo, pp. 30, 68 Matteotti Giacomo, p. 78 Mazzini Mina Anna, pp. 76, 84 Milva, p. 84 Monicelli Mario, p. 80 Monteverdi Claudio, pp. 60, 76 Melone Altobello, pp. 19, 28 Muniz Sergio, p. 92 Mussolini Benito, p. 23
Quarelli Giacomo, p. 75 Quinn Anthony, p. 92 Quinzani Lucrezio, p. 76 Quintiliano, p. 50 Quiresi Ezio, p. 74
R
Radetzky Johann Joseph, p. 70 Raimondi Eliseo, p. 51 Raimondi Francesco, p. 51 Rho (famiglia), p. 59 Rodi Faustino, pp. 69, 71
S
Sant’Agostino, p. 68 San Giacomo, p. 42 San Marco, p. 62 Sabbioneta Francesco, p. 42 Sacchi Bartolomeo (Plàtina), pp. 48, 49 Sammachini Orazio, p. 23 Sandrelli Stefania, p. 92 San Michele, pp. 19, 42 San Clemente, p. 38 Sansone, p. 28 San Domenico, pp. 38, 39 San Facio, p. 68 San Francesco d’Assisi, p. 38, 39 Sant’Omobono Tucenghi, pp. 20, 32, 86
N
Nada, p. 84 Napoleone, p. 70 Nenni Pietro, p. 23 Neri Francesca, p. 92 Nostradamus, p. 54
99
Sant’Antonio Maria Zaccaria, p. 71 Santa Margherita, p. 59 Santa Pelagia, p. 59 Sforza (famiglia), p. 50 Sforza Francesco, pp. 45, 46 Sommi Picenardi Guido, p. 22 Speciano Cesare, p. 28 Sperlari Enea, p. 74 Stanga (famiglia), p. 58 Stanga Cristoforo, p. 59 Stanga Ferdinando, p. 58 Stanga Zambonino, p. 58 Stefano II, p. 40 T
Tassoni Alessandro, p. 62 Teodolinda, pp. 16, 19 Togliatti Palmiro, p. 23 Tognazzi Ugo, pp. 80, 92 Torriani Gianello, p. 60 Trotti Giovanni Battista (il Malosso), pp. 19, 20, 23, 24, 30, 42
U
Ughi Uto, p. 63 Ugolani Dati Antonia, p. 59
V
Van Dyck Antoon, p. 58 Vannucci Pietro (il Perugino), p. 42 Vanzina, p. 92 Vasari Giulio, p. 26 Vesalio Andrea, p. 55 Vialli Gianluca, p. 78 Vida Marco Girolamo, pp. 50, 59 Visconti (famiglia), p. 44 Visconti Bernabò, pp. 34, 44 Visconti Bianca Maria, pp. 45, 46 Visconti Gian Maria, p. 51 Visioli Carlo, pp. 59, 62 Vitellio, p. 17 Voghera Luigi, pp. 26, 69 Volo Fabio, p. 92
W
Wolf Matt, p. 82 Wolf Tony, p. 82
Z
Zaist Giambattista, p. 22 Zampironi Giovanni Battista, p. 76 Zanicchi Iva, p. 84 Zini Giovanni, p. 78
100
COSA CERCHI?
A
Adda, p. 18 Alpi, pp. 10, 12, 94 Antica porta tintoria (via), p. 87 Appennini, p. 10, 12 Archivio di Stato, p. 49, 74, 86
B
Battistero, pp. 23, 28, 30, 32, 51 Bergamo, p. 30 Bianca Maria Visconti (largo), p. 46 Bonemerse, p. 94 Bosco ex Parmigiano, p. 94 Brescello, p. 77 Brescia, pp. 30, 40
C
Cadore (via), p. 34 Caffè Mulassano, p. 80 Campi (corso), pp. 16, 39 Camposanto, p. 69 Castelleone (via), p. 92 Castello (piazza), p. 80 Castello di Santa Croce, pp. 34, 44 Cattedrale, pp. 18, 19, 20, 23, 28, 32, 34, 38, 39, 50, 51, 60, 69, 75, 87 Cesari Gaetano (via), p. 24 Centro Fumetto A. Pazienza, pp. 41, 92 Chiesa Beata Vergine, p. 94 Chiesa di San Lorenzo, pp. 22, 95 Chiesa di San Sigismondo, p. 46 Chiesa di San Siro, p. 41 Chiesa di Sant’Agata, pp. 22, 26, 69 Chiesa di Santa Rita, p. 59 Colletta (via), p. 83 Comune (piazza del), pp. 16, 23, 24, 32, 39, 40, 62, 66 Costantinopoli, p. 20 Costanza, p. 71 Crema, p. 18 Cremona, pp. 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 22, 23, 24, 26, 30, 32, 38, 39, 40, 41, 44, 45, 46, 48, 49, 52, 54, 55, 56, 60, 62, 63, 64, 66, 68, 69, 70, 71, 72, 74, 75, 76, 78, 80, 82, 83, 84, 86, 87, 88, 89, 90, 91, 92, 93, 94, 96
Chiesa di San Facio, p. 68 Chiesa di San Giacomo in Breda, p. 42 Chiesa di San Luca, p. 30 Chiesa di San Michele, p. 19 Chiesa di San Pietro al Po, p. 24 Chiesa di San Siro, p. 41 Chiesa di Sant’Abbondio, p. 23 Chiesa di Sant’Agata, pp. 26, 69 Chiesa di Sant’Agostino, p. 42 Chiesa di Sant’Ilario, p. 68 Chiesa di Sant’Imerio, p. 34 Chiesa di Sant’Omobono, p. 20 Chiesa di Santa Lucia, p. 30 Chiesa di Santa Maria Maddalena, pp. 34, 38 Confalonieri (via), p. 41 Convento di San Francesco, p. 45 Convento di San Luca, p. 45 D
Dante (via), p. 94 Dei Mille (via), p. 26 Dulcia (via), p. 84
E
Emilia Romagna, p. 77
F
Ferrara, p. 60 Firenze, p. 32 Fontanellato, p. 46 Foppone (via del), p. 68
G
Gallia, p. 20 Garibaldi (corso), pp. 30, 39, 51, 59, 64 Garibotti (via), p. 68 Gaspare Pedone (via), p. 34 Germania, p. 20 Gioconda (via), p. 87 Gramsci (via), p. 80
I
Irlanda, p. 55
L
Libertà (piazza della), p. 94 Lodi, p. 40 Loggia dei Militi, pp. 23, 32, 41 Lombardia, pp. 13, 14, 63, 69, 71, 77 Lucca, p. 60
101
M
Marconi (piazza), p. 83 Mare Adriatico, p. 10 Massarotti (via), p. 34 Matteotti (corso), pp. 50, 62 Mazzini (corso), pp. 16, 74 Milano, pp. 20, 34, 44, 50, 51, 60, 75, 94 Modena, 20 Museo Civico Ala Ponzone, pp. 24, 59, 69, 75, 77, 93, 94 Museo Civico di Storia Naturale, pp. 69, 87 Museo della Civiltà Contadina, p. 90 Museo Stradivariano, pp. 59, 82
O
Oscasali (via), p. 71
P
Pace (piazza della), p. 93 Padella (piazza), p. 66 Palazzo Affaitati, p. 59 Palazzo Cattaneo, p. 71 Palazzo Cavalcabò, p. 62 Palazzo Cittanova, p. 39 Palazzo Comunale, pp. 14, 17, 23, 36, 55, 59, 83 Palazzo Pallavicino Ariguzzi, p. 83 Palazzo Raimondi Fieschi, p. 51 Palazzo Stanga Rossi, p. 59 Palazzo Stanga Trecco, p. 58 Palestro (via), p. 59 Papa Giovanni XXXIII (piazza), p. 45 Parco del Vecchio Passeggio, p. 69 Parco Po, p. 94 Parma, pp. 20, 30, 32, 36, 46 Pavia, pp. 19, 30 Piacenza, pp. 20, 30, 40 Piemonte, p. 50 Pisa, p. 32 Pistoia, p. 32 Pizzighettone, pp. 20, 88 Plàtina (via), p. 83 Po, pp. 10, 13, 14, 16, 20, 49, 76, 77, 84, 88, 89 Po (viale), pp. 86, 93 Ponte sul Po, pp. 49, 77, 84 Porta Marzia (via), p. 66 Porta Mosa, p. 34 Porto di Cremona, p. 88
R
S
T
Ravenna, p. 32 Realdo Colombo (via), pp. 38, 55 Reggio Emilia, p. 20 Rocca di San Luca, p. 34 Rocca di San Michele, p. 34 Roma, pp. 17, 22, 23, 32, 45, 55 Roma (piazza), p. 75 San Lorenzo (via), p. 22 San Michele (piazza), p. 19 Sant’Abbondio (piazza), p. 23 Sant’Agostino (piazza), p. 42 Sant’Antonio Maria Zaccaria (piazza), p. 71 Sant’Omobono (piazza), p. 22 Santa Maria della Pietà, pp. 41, 45 Serio, p. 18 Sicardo (via), p. 66 Solferino (via), p. 74 Specola, p. 87 Stradivari (piazza), p. 80 Teatro Filodrammatici, p. 66 Teatro Ponchielli, pp. 69, 72, 92 Tofane (via), p. 34 Torino, pp. 75, 80 Torrazzo, pp. 17, 23, 26, 40, 62, 70, 92, 96 Tortona, p. 30 Transilvania, p. 36 Trecchi (via), pp. 51, 59 Trento e Trieste (viale), pp. 30, 69, 87
U
Ugolani Dati (via), p. 59, 77
V
Vittorio Emanuele II (corso), p. 72
102
PERCHÉ CERCHI?
01
Perché ho fretta e voglio sapere subito cosa c’è da vedere a Cremona Schede 10, 26, 77
02
Perché voglio sapere tutto di Cremona Schede 01-150
03
Perché voglio trascorrere un week-end romantico Schede 30, 47, 48, 58, 97, 108, 119
04
Perché ho male ai piedi Scheda 146
05
Perché sono un sadico Schede 13, 15, 17, 41, 45, 55, 71, 84, 89, 99, 107, 126
06
Perché voglio imparare una nuova lingua Scheda 18
07
Perché soffro di aerofagia Scheda 87
08
Perché ambisco alla santità Schede 36, 44, 102
09
Perché ho bisogno di ombra Schede 97, 108, 143, 144
10
Perché amo le piante Scheda 09
11
Perché voglio imparare a suonare Schede 75, 77
12
Perché chi cerca trova Scheda 124
13
Perché la campana suona per me Scheda 47
14
Perché ho perso la bussola Scheda 12
DOMANDE FREQUENTI SENZA RISPOSTA
15
Perché sono solo Scheda 142
16
Perché sono stanco della vita Schede 47, 113
17
Perché voglio tornare a scuola Schede 21, 104
01
Perché avete seguito un ordine cronologico?
18
Perché mi si è guastato l'orologio Scheda 85
02
Perché avete fatto questa guida?
03
Dov’è la cartina?
19
Perché sono senza lavoro Schede 08, 106
04
Perché non avete citato Gherardo Patecchio?
05
Perchè non esiste nemmeno una collezione di cornamuse a Cremona?
20
Perché vorrei abbinare qualcosa alle pere Scheda 40
21
Perché la mia anima è smarrita Scheda 52
06
Perché la mucca e il maiale sono così attuali?
22
Perché voglio divertirmi Scheda 129
07
Per salire sul Torrazzo è necessario presentare un certificato di sana e robusta costituzione?
23
Perché sono un nostalgico Scheda 114
08
Se cucino le ricette del Plàtina corro dei rischi seri?
Perché vorrei sposarmi Schede 58, 101
09
A Cremona si mangia bene?
10
Come funziona il principio matematico di Grandi?
11
Che marca da bollo devo usare per aprire una scuola di toreri?
12
Perché non avete parlato dell’origine delle previsioni del tempo?
13
Posso salutare mio nonno che abita a Cremona?
14
La spirale dello zampirone si può utilizzare come anticoncezionale?
15
Quanti uomini occorrono per invadere Cremona?
24
25
26
Perché mi piacciono le chiese Schede 19, 22, 23, 25, 28, 29, 31, 32, 34, 42, 49, 51, 59, 81, 94, 95 Perché non c'è niente alla tele Scheda 112
27
Perché adoro il mistero Schede 84, 131, 132
28
Perché voglio una donna facile Scheda 127
29
Perché ho gente a cena Schede 61, 117
30
Perché mi ha punto una zanzara Schede 06, 110
103
Edizioni Tapirulan Cremona Guida turistica illustrata www.tapirulan.it/cremona
Avete fra le mani una guida. Guida è un nome brutto, vi diciamo guida solo per confermarvi che sì, è uno di quei libretti di cui un turista si munisce, insieme alla prima bottiglia d’acqua, appena giunto in una città sconosciuta. L’abbiamo chiamata guida per convenzione, come voi chiamereste un bambino figlio, invece che tesoro. Ecco, noi vorremmo chiamare questa guida abbraccio di Cremona, perché le sue pagine non vi devono insegnare nulla e non vi devono indicare nulla, ogni uomo lontano da casa è turista, esploratore, guerriero disarmato. Un abbraccio di carta per portarvi lontano nel tempo, navigare come un aereoplanino, precipitare nelle curiosità, nella storia, nell’arte che può rendere grande una città. Si parte da zero, da quando Cremona non esisteva nemmeno e al suo posto si estendevano a perdita d’occhio pianure, foreste e acquitrini. Sarete accompagnati dalle illustrazioni di bravissimi artisti, che vi presenteranno monumenti e personaggi. Troverete situazioni grottesche, eventi improbabili, tuttavia veri, o che la storia ci ha suggerito tali. Alla ribalta dunque corride, triplogiochisti, pionieri della cornamusa, zanzare dalle sette vite, eroi nostrani e mucche sull’orlo di una crisi di nervi, per sorridere fra un palazzo e una chiesa, all’ombra della storia. Se volete le ricette cremonesi, eccole, opportunamente rivisitate. Se volete luoghi, completi di botanica e avifauna, non avete che da sfogliare. Se volete sentire il mormorio del Po dovrete accontentarvi delle parole evocative che accompagnano il suo corso.