mrk
Associazione Culturale Tapirulan www.tapirulan.it
Poesie di: Giuseppe Armani Linda Armelius Mirco Assandri Ylenia Bagato Enrico Barbieri Sabina Biasuzzo Massimo Bondioli Antonio Bonelli Myrna Bongini Martina Bottazzi Tina Caramanico Maria Tiziana Cerabino Saverio Cristiani Alberto Cocco Gabriele D’angeli Salvatore Dario D’Angelo Erika De Bortoli Gennaro De Falco Lisa Diazzi Lucia Diomede Maurizio Di Paolo Roberto Drioli Fiorenzo Fedrigo Franco Frainetti Tommaso Gianno Pietro Illica Magrini Laura Latini Marzia Lucchesi Marisa Madonini Fosca Massucco Roberto Minardi Enza Montingelli Francesco Onìrige Antonella Ortolani Roberto Ragazzi Rita Sacchetti Silvia Secco Rosanna Spina Rossella Tamponi Maiore Rodolfo Vettorello Aurelio Zucchi
Fotografie di: Matteo Angelino Ebe Babini Marina Balzola Nicola Boccaccini Alessio Bonatti Paolo Di Falco Nicola Fanini Roberto Fochi French Nicola Gatti Gianmarco Stocchi Iacopo Vaja Massimo Valicchia Umberto Verdoliva Linda Vukaj Federico Zovadelli
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Antologia della 6a edizione del «Concorso di poesia inedita» © 2013 Associazione Culturale Tapirulan www.tapirulan.it | info@tapirulan.it | poesia@tapirulan.it Responsabile del concorso: Lorena Montini Segreteria organizzativa: Mathyas Giudici, Andrea Rampi Giuria del concorso: Paolo Briganti (presidente), Giovanni Catalano, Ilaria Dazzi, Alberto Manzoli, Stefano Mazzacurati, Alessandro Silva, Luca Rizzatello Grafica e impaginazione: French Stampa: Fantigrafica, Cremona, aprile 2013 Con il patrocinio di: Università degli Studi di Parma Si ringrazia: Mirella Cenni, Padre Agostino, Len, Massimo Zilioli QUESTO LIBRO È STAMPATO SU CARTA ECOLOGICA FREELIFETM VELLUM E SU CARTA SIRIO STARDUST NERO DI FEDRIGONI CARTIERE SPA ISBN 978-88-97199-33-5
Indice
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Prefazione
Paolo Briganti
* 19 20 21 23 24 25 27 28 29 31 32 33 35 36 37 39 40 41
Buio Alma parens Estranea I vecchi tempi Veglia Domenica Non è cosÏ brutto [...] Se lancio i dadi A poem 251 [...] [ Fu notte. Sogni... ] Nubi Neve [ Avevamo noi luce... ] Autunno Morto amore [ Nella pace del sonno... ] Succede di maggio Luce fuggiasca
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Maurizio Di Paolo (1) Giuseppe Armani Linda Armelius Maurizio Di Paolo (1) Mirco Assandri Ylenia Bagato Maurizio Di Paolo (1) Enrico Barbieri Sabina Biasuzzo Antonella Ortolani (2) Antonio Bonelli Myrna Bongini Antonella Ortolani (2) Martina Bottazzi Maria Tiziana Cerabino Antonella Ortolani (2) Saverio Cristiani Alberto Cocco
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Come dire San Giovanni Carni fa carni, pani fa [...] Senza sudare Resa creativa Vitamina C Il punto è che Mi serve un dizionario Dissolvenze Attese Acropoli Amarti Partita a scacchi Manca solo mezz’ora [ Eccoti di nuovo: ed io... ] Come lo zero al tutto Un attimo d’amore Cocci Il lanciatore di coltelli Vizi capitali [ Deve trovarmi pronta... ] [ Casca Laconico quel... ] Aridità [ Fossimo noi su un volo ] [ Ma forse la pazzia... ] E se l’amore Anita A volte lascio che risalgano Ed è con grazia che [...] Soppresso Quel giorno Un altro altrove Roba intima
Roberto Minardi (3) Gabriele D’angeli Salvatore Dario D’Angelo Roberto Minardi (3) Erika De Bortoli Gennaro De Falco Roberto Minardi (3) Lisa Diazzi Roberto Drioli Massimo Bondioli (4) Fiorenzo Fedrigo Franco Frainetti Massimo Bondioli (4) Tommaso Gianno Pietro Illica Magrini Rita Sacchetti (4) Laura Latini Marzia Lucchesi Rita Sacchetti (4) Marisa Madonini Fosca Massucco Lucia Diomede (4) Enza Montingelli Francesco Onìrige Lucia Diomede (4) Roberto Ragazzi Silvia Secco Tina Caramanico (4) Rosanna Spina Rossella Tamponi Maiore Tina Caramanico (4) Rodolfo Vettorello Aurelio Zucchi
(1) Vincitore (2) Seconda classificata
(3) Terzo classificato (4) Finalista
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Indice delle fotografie
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Senza titolo Senza titolo My daily journey Roger Waters Senza titolo Cimitero Mystic trees L’urlo Lights Senza titolo Senza titolo Il muro Senza titolo Scacchi Senza titolo Orme Senza titolo Foglia Stage Fuori dal coro
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Nicola Gatti Iacopo Vaja Nicola Fanini Federico Zovadelli Nicola Boccaccini Ebe Babini Nicola Fanini French Linda Vukaj Umberto Verdoliva Alessio Bonatti Roberto Fochi Nicola Gatti Matteo Angelino Massimo Valicchia Gianmarco Stocchi Nicola Boccaccini Linda Vukaj Marina Balzola Paolo Di Falco
Prefazione
E qual è quei che volontieri acquista, e giugne ’l tempo che perder lo face, che ’n tutt’i suoi pensier piange e s’attrista; tal mi fece la bestia sanza pace, che, venendomi ’ncontro, a poco a poco mi ripigneva là dove ’l sol tace. Dante, Inf. I, 55-60
* Sentite: facciamo che sia andata così. Alla fine mi telefona French, laconico (non è una novità... lui è un po’ così... ma la comunicazione è anche disturbata, ondivaga, precaria), e mi dice qualcosa tipo «allora ho pensato al titolo». Ah, bene, rispondo; cioè? Segue un suono indistinto (io sono anche un po’ assonnato). Come? «...m...rc...». Eh?! (forse sono anche suonato). Allora, dopo un ennesimo vuoto, scandisce: «emme / erre / cappa». Ma che dici? dico. La comunicazione cade. Non mi richiama. Ci provo io. «Il numero da lei chiamato è inesistente o momentaneamente irraggiungibile». Splendido! D’un tratto, preso quasi inspiegabilmente da una curiosità morbosa, digito in google, assurdamente,“m r k”, dicendo fra me “figùrati!...”.Appaiono invece miriadi – dico: paginate – di “mrk”!!! Ma che roba è? Clicco il primo. Viene fuori: «MRK / Merck & Co., Inc. (NYSE:MRK) / Finance...». Roba di finanza, New York Stock Exchange,Wall Street... Dioneguardi! Proviamo con un altro: «MRK / Corsi di Alta Formazione / Chi siamo / MRK nasce nel 1997 dall’incontro di un gruppo di consulenti operanti da oltre vent’anni nel settore dell’Information & Technology. / La società, attiva su tutto il territorio nazionale, ha
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sede a Milano e a Roma». Un motivo in più, direi, per evitare entrambe le metropoli. Ri-clicco: «MRK di Timo S.r.l. Official Website / MRK, un sinonimo ed una garanzia di qualità nel mondo dell’abbigliamento per bambini». Nooo!: quando i bambini fanno “nooo”! I bambini no: lasciamoli fare i bambini, prego. Altro giro: «MRK: MRKism: MRKfolio / MRK is a visual artist, freelance director, motion designer, and design lecturer based in London. MRK’s work fuses science with visual art...». Boia!: un freelance londinese. Ma freelance di che? Vediamo... immagini in movimento, arte visiva... Beh, niente male, forse... Ma la serie di epiteti mi fa pensare irresistibilmente a quella scena, di quel film di Moretti, ricordate? Lui dice: «Insomma, come campi?». E lei: «... ggiro... vedo ggente... mi muovo... conosco... faccio ccose...». Diosanto. Ultimo tentativo: «Corsi per la ricostruzione unghie con M.R.K NAILS / finalmente arrivano i corsi di mrk nails aperti a tutti... / corsi di ricostruzione unghie a Rivoli». Unghie?! Corsi di ricostruzione unghie?! Aperti a tutti! A Rivoli! (non nel senso di “rivolo” al plurale, come dire “a bizzeffe”: nel senso della cittadina di Rivoli, provincia di Torino). Perbacco: se ne sentiva il bisogno. Meno male! Tutti a Rivoli, ragazzi! Ah, ecco: in fondo alla schermata c’è anche «Chiedere di Sara». Manca solo “no perditempo”. Comunque, buono a sapersi: semmai chiederemo di Sara: ci chiederà un pagamento “sull’unghia”?... E se avessimo una risposta “graffiante”... Per fortuna French, alla fine, mi richiama. Una voce, se possibile, ancor più distante, disturbatissima – sembra in un tunnel –: sento solo qualche mozzicone di frase: «emmerrecappa... sloveno ... riflette... attuale...». Poi è inghiottito dal nulla. Torno a google, e, inciprignito, digito:“MRK”e “sloveno”.Trovato! Trovato! Mrk, l’indicibile mrk (comprarsi una vocale, prego; anche se, in sloveno, la r è una semivocale... vabbè...), in sloveno mrk vuol dire “eclissi”! Leggo, ad esempio:Soncev mrk:“eclissi di sole”. E poi mrk vuole anche dire “lugubre”,“tenebroso”. Ha a che fare con la sottrazione, di luce, e anche di voce, tipo “oscuramento” (radijski mrk: “silenzio radio”)... e informacijski mrk: “oscuramento dell’informazione”... Ecco addirittura (in traduzione italiana) un brano esemplare: «... l’oscuramento dell’informazione o strategie di comunicazione inappropriate da parte dei governi e delle agenzie intergovernative possono condurre a una situazione di sfiducia, dichiarazioni erronee e disinformazione...». 12
Mi ricordo d’improvviso la frase smozzicata di French: «riflette ... attuale». Forse... Forse voleva dire che un titolo come MRK “riflette la situazione attuale oscura”, una specie di “eclissi della società”,“eclissi della civiltà”... Ma è così profondo ’sto French?! Mah! Magari alludeva a un’altra, meno tragica, eclissi, chissà... Magari – semplicemente – al nostro concorso di poesia... Già:“eclissi” della poesia? Beh, in un certo senso... * Sì, in un certo senso il nostro concorso, mentre quest’anno è cresciuto drasticamente d’una rigogliosa sezione B (per una silloge inedita), va riducendosi nella sezione base (A) quanto a numero di partecipanti: questa volta 177, solo 177... Beh, insomma, 177 son sempre tanti, per carità! (e vuol dire più di 500 testi da esaminare)... Ma sono quasi dimezzati rispetto a due/tre edizioni fa. Stanchezza? Sfiducia? Crisi? Eclissi... Ecco, ecco: eclissi. Mrk! (che detto così può anche somigliare a un’imprecazione fra i denti... MRK!). Vabbè, il territorio entro cui scegliere s’è ridotto, ma questo non deve turbare più di tanto. Le scelte, alla fine, si son fatte, ci sono e convincono. Avevamo solo un parco scelta più limitato, questo sì. Ma i tre del podio offrono testi validi. Ancora una volta abbiamo accolto, con loro, tre modi poetici divaricati. Tra l’altro, scoperte alla fine le carte, ci accorgiamo che i tre poeti vengono da tre capitali (due attuali ed una ex-capitale): Roma, Firenze, e addirittura Londra. E nessuno dei tre aveva mai partecipato prima al nostro concorso.Vediamo. Il primo classificato è Maurizio Di Paolo, da Roma. Ciò che, alla fine, ha convinto la giuria è anche quello che, almeno in parte, l’aveva trattenuta un poco, all’inizio, sulla soglia di qualche plausibile perplessità; cioè una certa naïveté di forma e di linguaggio (nel senso del “dire pane al pane”), che non è, ma a tutta prima può parere quasi “casuale”. Si tratta di un mix d’espressionismo controllato e di realismo allucinato: a partire dal capoverso di Buio, «Mi si è inclinata la casa» (per cui poi «armadi aperti e i letti cercano di scivolare fuori»); passando, in I vecchi tempi, per l’incontenibile turpiloquio tragico della madre che non ce la fa più a stare al mondo; per finire con straniate dichiarazioni dell’autore circa la 13
morte («C’è stato un periodo in cui i miei parenti morivano da / una parte e dall’altra, a destra e a manca») e col saluto stoico e arguto del padre che, in limine mortis, par significare, come anticipa il titolo, Non è così brutto come dicono.Tre momenti di una prolungata tragedia dell’esistenza, espressa in versi liberi, obbedienti solo a un’interna impellente necessità fàtica, entro tre quadri di trattenuta intensa forza nativa. La seconda classificata è Antonella Ortolani, da Firenze. Accensioni verbali “contratte” nelle sue due prime liriche (tutt’e tre comunque così femminili, anche prima di conoscere l’identità dell’autore): nella breve «Fu notte. Sogni indolenzivano...» – otto versi – è la vicenda accelerata di notte-giorno-ancora notte (come in uno di quei raccourci cinematografici di transizione...), con esiti poi sùbito di rallentato “respiratorio” nel ritmico finale di tre settenari (e la raffinata assonanza a clausola “mare: occidentale”); nelle due strofette di «Avevamo noi luce e ombra», è l’opposizione estate/autunno (se prima «gridava l’estate indomabile», ora è «l’autunno rassegnato») corrispettivi di una precedente pienezza vitale, perduta poi in una rassegnazione che va raggelando. La terza lirica, «Nella pace del sonno navigando», rivela infine echi più complessi e mescidati, sognanti, misteriosi, in cui velature e toni di sapore antico si intrecciano a moderne vibrazioni («e la luna bianca mano / dissolve l’ombra con l’intatto lume»), per chiudere su un ben tornito alessandrino: «a tentoni cercando l’impronta della luce». Il terzo classificato è Roberto Minardi, da Londra (per la precisione da Hackney, che è una zona di Londra). Ciascuno dei suoi componimenti è costituito, graficamente, da un blocco unitario di versi ipermetri, all’occhio pressoché omogenei (neppure l’infrazione ottica delle maiuscole...), di andamento piano, pacato, riflessivo, e di tono colloquiale. Solo qualche sporadico, e vario, “sfaglio” linguistico: «l’aria alquanto crespa», nel primo testo; «contunde» e «ciò che cuoce e lo tartassa», nel secondo; e l’inaspettato flash siculo «i viri i vacchi, Robbertù?» in epigrafe al terzo. Domina nei primi due la stasi: in Come dire, è una pausa prandiale, su una panca, insieme a un grillo («né io mi sono mosso, né lui ha detto niente»); in Senza sudare, è l’aspirazione all’immobilità del geco, alla fine insostenibile. Chiave interpretativa – opponibile a queste ricercate atarassie – è il terzo testo (Il punto è che): se «a furia di evitare la piena esposizione / finiamo per stagnare», «sarebbe mol-
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to meglio / fuggire»... Esplicita la conclusione: ci vuole una «dose di squilibrio (anche se circoscritta) / che serve per il canto e per oltrepassare». Magari una ventata-flashback di ricordi primari (come da epigrafe). Quattro, poi, i poeti inclusi – con due testi ciascuno – nella rosa dei “finalisti” (solo quattro, sì: meno di altre volte, in linea col calo relativo dei partecipanti, con l’“eclissi”insomma). Ma la sorpresa è poi – ad identità disvelate – che tutt’e quattro sono “vecchie conoscenze”del nostro concorso: tutt’e quattro sono stati infatti già pubblicati da Tapirulan, e magari finalisti, o addirittura sul podio dei premiati, ciascuno di loro in due precedenti edizioni. Questa è dunque la terza volta che li pubblichiamo. Persistenza tanto della loro scelta quanto della nostra: quale più tenace fedeltà? Eccoli, in stretto ordine alfabetico. Massimo Bondioli, da Piadena (Cremona), con due brevi testi di brevi versi, imperniati entrambi sulla compresenza quotidiana, eppure straniante, delle – ormai nostre e consuete – diverse etnie: in Attese, è l’immagine in primo piano di un’incongrua ragazza cinese che «Rigira l’uovo tra le mani / nel giorno di pasquetta» (sullo sfondo alcuni «vecchi che il tempo / tagliano a calici di vino»); e, in Partita a scacchi, è la saggia “veggenza”, oltre dense nebbie esistenziali, di «Tarek, tunisino», mentre gioca a scacchi. Tina Caramanico, da Milano (ma pure – lo sappiamo – da vari altri precedenti “altrove”), finalista anche lo scorso anno, qui ci confida abituali distonie: in A volte lascio che risalgano, son ferite esistenziali con cui convivere (desideri, ricordi, soprusi...), alternate alla più stupida routine quotidiana; mentre, in Quel giorno, il fato, imperscrutabile, non consente che accada quel che invece dovrebbe, sicché resta poi solo da vivere, surrettiziamente, nell’universo parallelo di quella inattuata inattingibile potenzialità. Lucia Diomede, da Mola di Bari – seconda classificata lo scorso anno –, offre testi metapoetici in terzine di endecasillabi dantescamente incatenati, terzine perfette, expolite (qui noi abbiamo scelto «Casca laconico quel disincanto» e «Ma forse la pazzia o la poesia», che potrebbero anche stare, per le rime, in sequenza). La dizione “alta”, inevitabilmente anche “ardua”, ma robusta, sembrerebbe voler tutelare – oltre ogni possibile corrosione del linguaggio – i suoi «versi caparbi e ancora abbarbicati / alla vita».
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Rita Sacchetti, da Torino – già finalista anche due anni fa – nega anzitutto (in versi liberi) che il suo «stare al presente» («un presente rarefatto») Come lo zero al tutto sia «rinuncia», anche se si lascia sfuggire che la sedurrebbe «l’arte della fuga» (ma in questo caso Bach è solo un calembour); e poi confessa apertamente (nel sonetto Il lanciatore di coltelli) le molteplici ferite provocate da un «distratto lanciatore», sempre inadempiente, e la raggelata disillusione circa «quell’inverno che tu chiamavi amore». Infine i segnalati, con un componimento a testa. Sono, stavolta, solo trentaquattro: qualcuno di meno del solito (anche qui l’“eclissi” ha colpito, certo; anzi, soprattutto qui). Non possiamo, al solito, dar conto dei singoli testi, ma qualche curiosità va indicata. Anzitutto che parecchi di questi segnalati (12 su 34) sono, anch’essi, già noti per essere stati segnalati o finalisti o premiati in una o più delle cinque precedenti edizioni. Il recordman, meglio, record-poet è Gennaro De Falco (da Milano), tre volte segnalato (con questa quattro) e una volta anche finalista. E c’è Rodolfo Vettorello (anch’egli da Milano) due volte (con questa) segnalato, finalista la scorsa edizione, e, due anni fa, addirittura vincitore: una ripetuta, importante presenza la sua. Seguono: Saverio Cristiani e Salvatore Dario D’Angelo (entrambi da Parma) tre volte segnalati (con questa quattro). Vale la pena di rilevare che queste loro due sono le sole presenze “parmigiane”; allargando alla provincia (Fidenza), ne possiamo contare tre in tutto di “locali” in questa raccolta: almeno non ci si potrà accusare di provincialismo, direi (ed è una riprova che la giuria opera del tutto all’oscuro delle identità, fino alla fine). A proposito: da quali province vengono i 34 poeti segnalati di MRK? Oltre a Parma, ecco, nella nostra regione: Piacenza e Bologna (2). Al nord: Genova,Asti,Aosta, Cremona (ch’è la vera patria di Tapirulan: a riprova ulteriore di quanto sopra), Brescia, Mantova (2), Milano (3), Lodi, Rovigo,Verona, Venezia, Belluno, Gorizia. Al centro: Pesaro-Urbino, Massa, Livorno, Firenze, Roma (2), Latina, Ascoli Piceno, Chieti. Al sud (e isole): Cagliari, Barletta-Andria-Trani,Taranto. Un bel ventaglio di rappresentatività nazionale, vero? E i versi di questi segnalati testimoniano anche, ancora una volta, un ampio ventaglio di opzioni, temi, esecuzioni, toni; ci sono versi di tutti i tipi: estatici, straziati, arguti, minimi, ritmici, slogati, metrici, liberi, forbiti, parlati, desolati, meditativi, naïve, cólti, constatativi, ottativi, rassegnati, ribelli... 16
No – in fondo, no – non è ancora proprio l’eclissi, almeno non l’eclissi totale. Qualcuno continua a vedere, o a sognar di vedere, tenace, intento, una luce... quantomeno un proprio personale barlume. Noi li abbiamo riconosciuti, o così ci pare. Sapete, anche per noi è luce di crepuscolo... Qual è colui ch’adocchia e s’argomenta di vedere eclissar lo sole un poco, che, per veder, non vedente diventa; tal mi fec’ ïo a quell’ultimo foco Dante, Par. XXV, 118-121
* Alla fine di tutto mi vien da ripensare a com’è nata – come s’è rivelata – la faccenda del titolo: qualcosa mi dice che forse (forse) quell’impulso un po’ da internet-coatto (la ricerca compulsiva di un senso per dei fonemi/grafemi insicuri, improbabili, quasi impronunciabili) mi ha messo in traccia d’una mappa che potrebbe essere solo apparentemente casuale e dispersiva... Forse la peregrinazione attraverso assurdi link può anche avere un senso: sta a me, a noi, trovarlo? forse... come nei tarocchi di Calvino, o nei residui del caffè in fondo a una tazza, o nelle foglie di coca, o nelle pietre-ossicini-bastoncelli gettati per estrarne sortes... Le sorti, ecco!, un responso, un vaticinio!... Ma quale?... Quale? * Sarà il caso Sarà il caso di curarsi le unghie (ricostruite o meno) ed arrotarle bene (altro che lacca) se si vorrà salvezza dalla protervia in giacca (od in maglione) della finanza, dalle astuzie della tecnologia e comunicazione… Innocenti, freelance, uomini liberi: attenzione, vi dico, pay attention! L’eclissi – ricordiamolo – è vicina.
* Paolo Briganti 17
Maurizio Di Paolo Buio (vincitore)
Mi si è inclinata la casa – Dal cassetto della scrivania escono mappe di tutto il mondo – Le colleziono da bambino – Deserti, oceani, montagne, c’è tutto – È tutto lì – Basta cercare – Mentre le porte si spalancano – Si schiudono o sbattono. Armadi aperti e i letti cercano di scivolare fuori – In giardino. Spengo tutte le luci – Resto seduto al buio – Scolo l’ultima goccia di rum. Mi alzo e faccio il giro della casa accompagnato soltanto dal rumore del mio respiro – Poi, nulla. Altrimenti nulla.
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Giuseppe Armani Alma parens
L’inverno cola dai vetri delle finestre. Ripassa sulle facciate delle case la sua grammatica elementare, nuda, atrofizzata. Un uomo si disfa della sua sintassi, separato da quel che forse sente, da quel che forse vede. Sulla strada sterrata una pioggia insistente cancella le orme dei passi. Quell’aria che non manca mai, adesso sul viale si sottrae. Ansima. Tende lineamenti di pietra a chi per caso la attraversa restituendo nel fiato che condensa, attonita, riemersa la voce silenziosa dei nevai. Sull’asfalto rovinato si cerca una luce che si è persa.
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Linda Armelius Estranea
Il verde si fa nero nel tramonto indora il cielo dietro la montagna, bocca molle nella notte. Sul respiro roco del suo petto nel sonno si muovono le foglie che alza il vento e si nasconde con le sue bestie il giorno. Tutto fugge e si ritira al rumore segreto dei miei passi che sgretolano, sulla breccia bianca lunare, il silenzio della campagna buia. Preda e predatrice sono nell’oscuro del nero che viene. Neanche questa è casa.
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Maurizio Di Paolo I vecchi tempi (vincitore)
Mia madre telefona per gli auguri di Natale. Aspetta ancora qualche ora, regge fino a mezzogiorno, spera che mi ricordi di chiamarla. Cazzo, almeno a Natale! Poi non ce la fa più e mi telefona. Mi informa che ha voglia di morire. Le vorrei dire che stamattina – come tutte le mattine – non mi sento bene. Invece le dico che devo rifare il tetto di casa. Oggi niente abbacchio con le patate, non deve più preoccuparsi così tanto di me. Lei mi ascolta. Poi mi informa che vuole davvero andarsene da questo cazzo di mondo. Da quando le hanno tagliato la gamba [ ha iniziato a dire parolacce. D’un tratto le ho chiesto se ricorda di quando papà per farla star male la chiamava “Carmelo”. Lei – invece – ha un bel nome – Elidia. Parlo per un po’ dei vecchi tempi – ancora non riesco a spiegarle quello che sento veramente.
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Mirco Assandri Veglia
Mentre stai già dormendo non badi più al levitare delle galassie. Non badi a me che mi rigiro e alla rotazione terrestre non così lontana dai nostri assi. Dormi già, e non può importarti. Nel sonno compiuto e costante torni un astro e non sono niente. Lo sappiamo senza dirlo le nostre orbite si dividono. Non c’è nulla più da condividere se non il nostro piccolo lutto.
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Ylenia Bagato Domenica
Cantare delle rondini sul muro nello scendere di ombre, si sente un pianoforte nella sera e voci sulla piazza e il gorgogliare fresco di fontana e cani e biciclette in lontananza. Ăˆ la carezza andata di questo giorno solo. Respiro nel tramonto – quante luci si accenderanno adesso – Risuona nella via la solitudine.
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Maurizio Di Paolo Non è così brutto come dicono (vincitore)
C’è stato un periodo in cui i miei parenti morivano da una parte e dall’altra, a destra e a manca. Tranne qualcuno che se n’era andato in anticipo – Ora toccava a quelli nati negli anni ‘20 – I miei genitori – i loro cugini, fratelli, amici – Poi fu la volta di mio padre – Ho assistito alla sua morte, io e lui da soli – vicino al suo letto che prendeva [ gran parte della stanza. In quel letto erano morti i miei nonni – I genitori di mia mamma – Lui aveva sopportato di viverci la vita nella loro stessa casa – Abbiamo avuto il tempo di salutarci – niente di che – Mi ha fatto ciao con la mano e un sorriso a rassicurarmi, non ti preoccupare, non è poi così brutto come dicono.
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Enrico Barbieri Se lancio i dadi
Se lancio i dadi anche solo per sfidar me stesso, chi perde la mano non prova tormento chi vince non ha di che gioire. In palio uno scarto d’emozioni giocattoli di latta arrugginiti sconfitti da una tecnologia in fermento elettronico; e sogni concepiti mai nati o svezzati altra coperta pesante, altro strato tra me e me stesso e il cielo imbarcato sulla carrozza di un treno verso Roma, muto come un clochard un viaggiatore che non ha diritto al rimborso del biglietto, un occhio nel quale si condensa di questa vita spuria magari l’essenza, ma si rivela solo un’altra inutile mano ai dadi giocata nelle bettole illegali al bordo tra il confine ed i mille rivi in cui si divide questo immane fiume millenario, scisso nei giorni.
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Sabina Biasuzzo A poem 251 - L’ultimo sabato
Ti ho sentita uscire la mattina presto, «Ciao mamma», lo zainetto in spalla, i capelli piastrati di fresco. Già pensavo a che farti mangiare stasera, prima che uscissi con i tuoi amici. Già pensavo al magone che avrei provato finché non fossi rientrata, alle prime luci dell’alba, come tutti i sabato notte. Ora resta solo l’odore della tua pelle tra le lenzuola. Il mio ventre ancor più vuoto e sterile, privo del suo germoglio sbocciato.
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Antonella Ortolani [ Fu notte. Sogni indolenzivano. Fu mattina. ] (seconda classificata)
Fu notte. Sogni indolenzivano. Fu mattina. Il giorno arse (desiderio di fontane). La poesia, un’impronta di luce. Fu notte ancora. Lucciole come un mare nella quiete sommersa del bosco occidentale
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Antonio Bonelli Nubi
A me non me ne frega proprio niente se lor signori a Roma fanno i duri e oltre all’ICI e all’IRAP c’hanno in mente di triplicare l’estimo dei muri. Se fino ad oggi infatti son campato senza por piede in un’esattoria manco ci penso a rinnegà ‘l passato: quest’era la mia legge e così sia! Però, se come dicono, quei ladri si mettono a contare i metri cubi anziché, com’è d’uso, quelli quadri. Nere sul capo mio s’addensan nubi: non dormo infatti in un monolocale ma sotto i portici della Centrale.
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Myrna Bongini Neve
Mia madre ama la neve e ogni inverno chiede direttamente al cielo quando giunge come un cane da punta annusa l’aria sta sulle sue indecisa poi «stanotte no» farfuglia ma domattina sarà tutto imbiancato: una meraviglia.
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Antonella Ortolani [ Avevamo noi luce e ombra ] (seconda classificata)
Avevamo noi luce e ombra tutto, tutto possedevamo nelle mani sole così nude, così accese e negli occhi trasaliva il riso e nella gola gridava l’estate indomabile tutto, tutto possedevamo. Qui, nell’autunno rassegnato ancora non si ghiaccia la rugiada ancora non trascolora la luna nell’alto cielo gelato
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Martina Bottazzi Autunno
Solo uno stormo che tra qualche giorno forse non vedrò piÚ.
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Maria Tiziana Cerabino Morto amore
Tra fumighi sobborghi alla periferia del cuore in bilico sulla voragine dell’assenza di senso si sofferma il fiato alla mancanza d’appiglio e soffia invano il sole fuggendo all’inverno iroso. L’albero si libera del peso delle foglie, io attendo l’autunno di questo morto amore.
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Antonella Ortolani
nella mezzanotte dei ricordi sto nella lumaca della saggezza – volta a occidente, alla radura del bosco, a tentoni cercando l’impronta della luce
(seconda classificata)
[ Nella pace del sonno navigando ]
Nella pace del sonno navigando quando le stelle nell’alto cielo sorgono lucenti come l’elmo di Hermes – e più lucenti – e la luna bianca mano dissolve l’ombra con l’intatto lume (già fu rossa e stridente di veli, gorgogliante di capelli e tempeste) – la notte solitaria e senza desideri –
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Saverio Cristiani Succede di maggio
Il primo taglio d’erba a primavera son lucertole leste a fuggire tra siepi, ombre e sottoscala. Memorie di calore in luce e aria promettono estate mentre un passaparola di foglie è contorno al ronzìo del calabrone. Curioso il topo annusa nemici e pianifica mete all’imbrunire.
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Alberto Cocco Luce fuggiasca
Una luna fuggiasca fra nubi scorrenti la mia notte insonne traversa. La strada è deserta. Medesima luna, un lampione illumina corpi di donne discinte che attizzano fuochi di carta e questa mia smania perversa.
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Roberto Minardi Come dire (terzo classificato)
il grillo sembra aver scelto di passeggiare sul braccio della panca, al limite di un solco di ruggine. ho mangiato, un panino al formaggio e bevuto una birra, al suo fianco, seduto. nell’aria alquanto crespa, di una giornata piena di luce, ho immortalato il verde e le antennine. nÊ io mi sono mosso, nÊ lui ha detto niente.
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Gabriele D’angeli San Giovanni
San Giovanni deserta è come questo coccio colmo di mozziconi acre di cenere gonfia di polvere. Ognuno vi ha spento la propria solitudine solo me lo scirocco consuma lento relitto della città che si decompone.
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Salvatore Dario D’Angelo Carni fa carni, pani fa panza, vinu fa danza
Qui, nella trappola delle piccole cose a portata di mano, far bottega dell’anima.
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Roberto Minardi Senza sudare (terzo classificato)
dentro un contenitore, sbiadito e arrugginito, fra i calcinacci spicca un fondo di bottiglia, il vetro della quale contunde riflettendo la violenza che il sole, sotto forma di raggi, impone ai miei occhiali, mentre mi poggio a un muro. ed io mi lascio amare da questa indifferenza, come se fossi un geco, per caso lì appostato, che non aspetta niente e resta a bocca chiusa e gonfia e si contrae, chiude così le palpebre con lentezza sacrale, con l’ovvio desiderio di restarsene fermo ad assorbire il caldo, ad immagazzinare il nulla più totale; in posizione tale da asciugare del tutto figure ed omissioni, manie che si hanno in vita, fino a trovare quiete, istante per istante, per un minuto intero (un tempo dignitoso), prima di incamminarsi verso una pensilina di nuovo alla ricerca di un’ombra che ripari. è nella direzione del refrigerio, quindi, che tende l’individuo un poco impolverato, perché non ha la pelle che ci vorrebbe qui.
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Erika De Bortoli Resa creativa
S’è rannicchiato il Tempo, incapace di consolare. Gioca a trascorrersi con la polvere del sottoscala.
48
Gennaro De Falco Vitamina C
Salgono arancioni le bolle artificiali. Scompaiono come i nostri sogni, nel tempo di un respiro.
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Roberto Minardi il punto è che (terzo classificato)
i viri i vacchi, Robbertù?
* accumulando foto, cose da raccontare, magneti e cartoline che legano ai ricordi, capita di distrarsi, di saturare gli occhi, ed ecco che se un vento si immette in certi tratti delle stradine che per caso percorriamo, ci possono sfuggire le cime che possiede, non ci si chiede, quindi, cos’è che andrà a scalfire... a furia di evitare la piena esposizione finiamo per stagnare. ed anche se non c’entra (all’apparenza, almeno) sarebbe molto meglio fuggire a bocca chiusa da un punto che è diverso; dedicare del tempo a ritrarre le vacche che infastidite, al sole, da mosche e moscerini, le orecchie aprono e chiudono, dimenano la testa con scatti repentini. se adesso dalla pagina riaffiorano gli odori di terra e dello sterco, di qualche filo d’erba portato alle narici, vuol dire, in qualche modo, che è più che necessaria la dose di squilibrio (anche se circoscritta) che serve per il canto e per oltrepassare.
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Lisa Diazzi Mi serve un dizionario
Mi serve un dizionario per capirti e non solo d’inglese eppure tu – non so chi sei – qualcosa del passato mi richiama. Mio figlio ti somiglia anche tu a modo tuo gattonavi curioso. L’aria calda soffia piano. Sul fornello annoiato scaldo e scaldo mentre le mascelle rigide coprono la pelle stanca. Dimmi se sono ancora viva (ti cerco da quando non ti trovo).
52
Roberto Drioli Dissolvenze
Mi ha tradito il tempo correndo pi첫 veloce dei miei occhi rimasti impigliati in colori che qui non trovo pi첫 come sogni o promesse che non ha saputo mantenere
53
Massimo Bondioli Attese (finalista)
Rigira l’uovo tra le mani nel giorno di pasquetta la ragazza cinese. Fra uno scialbo bancone e gli sguardi lontani di vecchi che il tempo tagliano a calici di vino.
55
Fiorenzo Fedrigo Acropoli
Le Persone in proscenio fanno sempre la voce grossa per farsi sentire fino all’ultimo banco della fila. Noi si esce a turno per piccole prove di memoria; in pausa, il Coro commenta o si lamenta al meglio dell’azione. Hortus conclusus, Teatro chiuso, Acropoli per peripatetici da collegio. Anonimi dintorni, Stazione Esso. Sugli Ostraca influisce l’attenzione; meglio dunque evitare le Sirene, Circe, i Fiori di Loto ed ogni eccesso; ammessa solo un po’ di bulimia, d’anoressia, di nostalgia di casa. Ci prepariamo per Scilla e Cariddi, duro passaggio al giro del quinquennio; solletichiamo sensibilità da poca barba sui lirici greci, mal celate lussurie su Catullo. C’è commozione quando viene sera. Atene per fortuna ha l’assemblea, Sparta ti porta un’ora di palestra. Quello che adesso in fondo non capisco, è perché sopra a tutto questo spreco, ogni ricordo è nostalgia sincera.
56
Franco Frainetti Amarti
Avrei voluto svegliarti ma ti guardavo come avrei potuto non amarti.
57
Massimo Bondioli Partita a scacchi (finalista)
– Mio faro è la meta nella nebbia densa. Se guardi vicino non vedi che un muro – mi dice sicuro, Tarek, tunisino, muovendo di torre all’attacco del re.
59
Tommaso Gianno Manca solo mezz’ora
Le figurine di carta erano ferme davanti al portone di casa, al numero settantuno. L’auto giallo limone era ferma davanti al semaforo rosso. Le parole, a volte, fuggono dalle finestre lasciate aperte, senza mai dire perché, ma poi finiscono dentro le tasche di viaggiatori distratti. Semaforo verde... è ora di ripartire. Del resto il mare si trova a mezz’ora dal tuo sorriso.
60
Pietro Illica Magrini [ Eccoti di nuovo: ed io che ti pensavo ]
Eccoti di nuovo: ed io che ti pensavo sfigurato dalle basse fiamme del tempo. Riemergi d’un colpo dal tuo cavo che mai non ho sceso. Ti porta la marea sempre uguale; poi il contraccolpo che vale in volto il segno che mi ha leso. M’attraevi, ti ho raccolto lungo il litorale che ritira. Ho forse violato così la legge dispotica a cui l’uomo è obbligato trovando il calco di me, il sasso levigato.
61
Rita Sacchetti Come lo zero al tutto (finalista)
Non è rinuncia Il mio stare al presente In forme leggere Come lo zero al tutto Non so affondare i denti Nella carne e nebbia Di quei mattini feriali Quando si sfida il giorno ai coltelli Disfatta l’ira degli eroi S’è fatta vento e nubi Mai più tempesta Dilemmi Spine Mi sedurrebbe L’arte della fuga Ma non posso Resto qui a dire il non posso Lacrimando parole Ho già venduto agli zingari Le ipotesi future e le passate I figli mai pensati I sogni sciolti nel bicchiere Nel presente rarefatto Inconcreto Mi ritaglio un abito di velo
63
Laura Latini Un attimo d’amore
In questo mio tempo di crudeli incertezze ritarda la tua pena o amore appena nato
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Marzia Lucchesi Cocci
Vieni a vedere quante mammole sono sbocciate e col suo quieto cipiglio il tarassaco è fiorito, e come il giallo sfacciato e il viola di velluto stiano accosto travolti nell’abbraccio di questa strepitosa primavera... Soltanto questo avrei voluto sentirti dire.
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(finalista)
Rita Sacchetti Il lanciatore di coltelli
Sulle strade ora ghiacciano i cristalli Di quest’ultima neve di febbraio Io conto sulle dita dentro un paio Di guanti logori sui polpastrelli
Quanti i semi che ho sparso e mai raccolto Non mente il gelo come fa il mio stolto Cuore smarrendo il filo del discorso
Quante sono le volte che il coltello Tu distratto giocoliere hai piantato Nel mio ingenuo sperare che un passato Di lame si curvasse in un anello
Ormai vano su quello che è trascorso Restavo sola al gelo e nel rancore Quell’inverno che tu chiamavi amore
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Marisa Madonini Vizi capitali
Viene indagata in studi recenti, diagnosi non del tutto negativa, l’ira, la stessa che da antico dei tempi infiniti addusse lutti e contese divampò, solo di pochi giorni ha la prognosi si risveglia in ogni epoca, premeditata, se l’intende nelle piazze con odi, vendette e biechi risentimenti di palazzo, eppure, forse perché è una passione veemente, temiamo i suoi morsi pazzi Altro che gli altri smorti sentimenti: la mitezza se la mangia e il dubbio, l’amletica coscienza, fa tutti vili, l’ira no, l’ira è ispirata e frusta il tempo, si leva con irosi bagliori, sa cosa fare: bisogna obbedire, questo lo scopo che raggiunge senza tentennamenti non le importa quanti lascia sul cammino risoluta e tenace s’impenna in una nuova scenata: potrebbe comparire in nuove righe di un fino Proemio, la sua fama non si smorza eccola in una nuova triste pagina, triste, di storia
68
Fosca Massucco [ Deve trovarmi pronta l’armonia ]
Deve trovarmi pronta l’armonia delle cose – un gatto, un falò, un inverno o pressappoco – prima che cambi idea.
69
Lucia Diomede [ Casca laconico quel disincanto ] (finalista)
Ad Antonella
* Casca laconico quel disincanto di locuzioni convenzionalmente consacrate alle veci di compianto e compassione, di espressioni intente come un ammattonato di cemento da marciapiedi a sostenere, spente, il passo del successo già altre cento e mille volte, a mantenere il tratto dell’ordinarietà per un momento intatto e incolume. Ma poi quel patto d’indifferenza s’inceppa impacciato in un mattone malmesso o malfatto e collassa anche il masso più ostinato di torpore che spossa l’empatia su un detto troppo in fretta affettato.
71
Enza Montingelli Aridità
Non c’è acqua mentre non c’è aria quando non si capta il fuoco in questo tempo in cui niente scorre non c’è motivo per agire non c’è motore per andare. Istanti in movimento animatamente spenti indifferenti distaccati ovattati. Allontanarsi ed essere presenti non tornare ed esserci. Neanche un pensiero che carezza la mente nemmeno un impulso rassicurante nulla di consolante. Lentamente sopravvivono, tra il sollievo e il dolore, come miraggi di vita, il pigro respiro la pulsazione.
72
Francesco Onìrige [ Fossimo noi su un volo ]
Fossimo noi su un volo, su una nave potessimo feroci dirottare l’equipaggio delle nostre esitazioni, puntare dritti contro quelle altere atterrite torri da atterrare. Fosse il mondo l’ordine, l’utile l’impero d’Occidente, e il nostro amore la sommossa sanguinosa, l’accidente.
73
Lucia Diomede [ Ma forse la pazzia o la poesia ] (finalista)
A Mariarosaria
* Ma forse la pazzia o la poesia o il semplice respiro da speranza preferirei spuntasse in questa via, l’urgenza e l’insorgenza di un’istanza, negli interstizi, nei testardi resti di terra e polvere e contemperanza frapposti alle piastrelle, come innesti freschi, infestanti, lesti, inaspettati di gramigna amorosa e mesta, questi versi caparbi e ancora abbarbicati alla vita, capaci certo anch’essi di ossigeno e glucosio generati per fotosintesi in tali recessi cementati di luce, e d’appassire in quella luce in silenzio, sommessi.
75
Roberto Ragazzi E se l’amore
E se l’amore d’amato duole, che senza amore a vivere langue, destino muto infranto giace che di stagione finita sto, ebbro di sete. Maligno cantico di prode avvezzo al tumultuoso tempo di gioventÚ trascorso, che di amore che si levava alto nulla pareva temerne il conto, e che adesso, invece, mi si presenta al banco.
76
Silvia Secco Anita
Avrei scommesso sarebbe arrivata. C’era odore d’erba appena tagliata nell’aria. In folata. E scie di rondini in volata. Era lei: litania del verso, un grano fra le dita/perla/pepita... Sgra-na-ta. Aveomaria pian piano invocata, la spina nella mano e giusto un pianto un vagito. Era lei, l’ho sentita: Anita, che suona una foglia a doglia finita e il suono si rima alla vita e al nome come se il soffio quietasse il bruciore.
77
Tina Caramanico A volte lascio che risalgano (finalista)
A volte lascio che risalgano dal vuoto apparente, come bolle desideri mai estinti, ricordi dolorosi, colpe di cui non posso pentirmi, soprusi subiti e invendicati. Ferite aperte con cui convivo ore, giorni. Le altre volte mangio, faccio l’amore con sconosciuti, compro oggetti che non userò, o guardo la più stupida tv, finché non mi addormento sul divano.
79
Rosanna Spina Ed è con grazia che la poesia si piega
ed è con grazia che la poesia si piega a nudità raccolte tra la nebbia, gelosamente avvolte nella luce più intima e sofferta, figlia diletta sempre la parola nutrita al ventre in lancinante parto, la bocca al seno nelle vie di latte non mastica, assapora il senso vero del crescere la mente in verticale cercando un asse d’equilibrio, un ponte tra l’essere e il mistero, gettando le sue basi parallele al nulla, più temuto della morte
80
Rossella Tamponi Maiore Soppresso
Sguardi puntati in alto davanti al tabellone delle ferrovie e ogni moto aggrappato a lettere e numeri rotanti. “Soppresso�: come una maledizione conclamata, da pagine feroci di storia a binari illanguiditi nell’assenza. Deve esserci un verso alla figura geometrica che formano questi corpi umani inchiodati, puntini nell’attesa, da unire con un tratto a matita fra di loro, sotto una volta a vetro.
81
Tina Caramanico Quel giorno (finalista)
Quel giorno, passeggiando con te, non è successo niente. Altrove invece è esploso un universo parallelo in cui ogni carezza involontaria, ogni lacrima di sole, ogni benedetto istante di ogni notte maledetta e insonne gronda desiderio e feconda il tempo. In quell’universo io ho vissuto, in quel tempo ho dato frutto. Invecchieranno qui di me solo gli avanzi irrilevanti.
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Rodolfo Vettorello Un altro altrove
Perla di fiume, ti sorride il cielo mentre ti specchi dentro il tuo silenzio e nelle trasparenze di cristallo rifletti il sogno d’essere una stella. Nell’acqua che balugina di fiamma, alla tenera luce del tramonto, ti accendi di vapori di vermiglio, come di sangue da una vena d’acqua. Sogni altri fiumi e mari e sortilegi che ti facciano vivere nel fondo, chiusa tra bianche valve di conchiglia e sogni paradisi di abissi profondissimi e celesti. Io, come te, mi crogiolo nel nulla di amori senza storia e senza tempo, sogno paesaggi che non mi appartengono ed altri luoghi ed altre spiagge dove poter sognare sempre un altro altrove.
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Aurelio Zucchi Roba intima
A me non basta più immaginare. Mi si deve, come premio fedeltà, ritagliare uno scampolo di cielo per poi farne esclusivo fazzoletto. Ai primi indizi di malinconia, lo accosterò ai miei occhi scuri e di ricordi, soltanto di ricordi, intaccherò l’azzurro persistente. Lo laverò nell’acqua immacolata, lo stenderò sul filo dei rimpianti, lo asciugherò al caldo del suo sole. Lo stirerò nel verso dell’aurora, lo piegherò in due mosse appena così che all’occorrenza io l’abbia pronto.
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