Fischi di carta 10 (10/2013)

Page 1

Fischi di carta

Ottobre

2013 Numero 10

Poesia di cinque giovani fischianti

Io professo letteratura, che è arte liberalissima e indipendente, e quando è venale non vale più nulla! Ugo Foscolo, Lettera alla madre, 1815

Editoriale Lettere a Merve

Cari lettori, questo mese vorrei raccontarvi cosa mi è accaduto nel mio ultimo viaggio a Madrid:

I. Sinfonia

È un brulichio di mani e corpi, mi affanna quasi la superficie della ricerca e più non vedo, non sento tra la folla. Ma è chiara Lei, tra i nodi del fato, mi cattura ed è solo un torrente di parole scandite dalla limpidezza del suo viso.

E non grava più l'alcol ma alleggerisce il peso di questa vita oppressa che liberiamo come fuoco nell'aria cruda della notte. È una sintonia di gusti e suoni, ci scambiamo sguardi, casualità pezzi di cuore e verità.

Irrompiamo poi nella piazza nuda e neppure il ticchettio del tempo frantuma il silenzio teso attorno a noi. Forse il miracolo di un'altra birra potrebbe aiutarci a sopportare la notte sulle spalle, ma vedo nei tuoi occhi una forza che non so raccontare e più non mi preoccupo del futuro.

Seduto a San Miguel conto le stelle cadenti nell'attesa del tuo ritorno, del giorno che sei, della musica del tuo nome. E se non conosco altri modi di dire ''Ti Amo'' balbetto primordiale la mia lingua natale, abbraccio con parole, baci, sguardi, la tua esistenza, la grazia del tuo essere nel mondo Merve.

II. La Vida es Sueño

Giù da Ópera trai in alto il mio esser poeta, mi sollevano le tue mani per un vano di scale, dove ancora possiamo sopravvivere al gelo della notte e forse sognare ancora più forte.

Ci chiudiamo in spazi personali, nell'intimo di un giaciglio e tra le pieghe del tempo che scorre mi cade addosso il tuo giallo, il rosso di questo letto, le lattine di birra sparse al suolo.

Se getto l'occhio al mondo di fuori mi pare una sempiterna tensione un congelamento del tempo, attività in pensione, un'attesa sparsa tra i lampioni quasi inutili alla vigilia di un'alba e in questo frammento di sogno spingo per perdermi nell'immensa voragine dei tuoi occhi che m'aprono sconosciuti mondi mai sentiti mentre tira sotto di me il violoncello le sue note dolcemente furenti

ed io voglio sempre più essere oltre fino a non tornare, a dimenticare il male la vita il giorno il ritorno l'oblio me stesso.

''Merve -ti dico- non aiutarmi a risalire perché un mare così incantevole io non l'ho mai visto''

Fischi di Carta
2

Dal vetro la strada, nell'ora massima del vuoto si riempie di rosa. Mi volto estasiato: -è l'alba! Ma è la tua bocca a dipingermi la realtà con colori di meraviglia.

Mi perdo ansioso tra le note di una suite, batte il ritmo fluido delle corde nel mio cuore per emettere altri suoni che non so raccontare, solo mie indigene parole d'amore. Eppure i muri della lingua li abbatte l'occhio dove voglio penetrare, varare un legame al di là di grammatica e verbi -aumenta il ritmo, gelano le mani, il tuo viso ingentilisce i miei movimenti goffi e sinceri. -uno stacco nel temposi alza l'asta, non batte più la corda.

Il cuore rimbomba il tempo si dibatte incatenato, deflagra -le pupille le mischio inumidite alla voce secca, rotta. E corrono allora a parlare le mani supplenze urgenti, concita il ritmo e sento premere l'intero universo sui vetri della mia anima: ''Oh Merve, il tempo sta finendo.'' E carica carica il violoncello carica di note il tutto che corre corre corre e trema quando poi gli occhi si chiudono le labbra si incontrano e tutto tace mentre fuori nasce Helios e tu in me.

IV. Dá-me as mãos

Dammi le mani nella danza che non danzammo -perché per noi la vita è sognoDammi le mani per gioco tra i pericoli dell'amore, dammi le mani ché riscaldino i ventricoli spaziosi, mi facciano le tue parole più saggio. -e forse sentire che amare è un poco morire senza poter ridire il gusto della felicità che impasta la bocca.

V. Absynthia

Questa mattina mi sono svegliato all'improvviso – è tardi. Mi accoglie il grigio della mia città natale. Non c'è più il tuo poco parlare per non rovinare i sentimenti, non più la tua salda grazia, manca la gradazione espressiva del tuo volto -infinita gamma di coloriOggi mi sono svegliato e non più alcuno che mi chiami Iskiender e solo il vuoto ho sentito tra i quadri e le poesie, no musica, il nulla come unico colore per dipingere il giorno. -Lavo il sonno dal viso con l'assenzio e rifletto sopra i casi della vita le co-incidenze delle orbiteE forse importa trovare senso nelle emozioni perché l'assenza è esistenza qui assente ma non nel mondo; perché il tuo profumo è realtà -solamente non quiAllora ti faccio vivere ancora davanti a me tra queste lettere che non siano gabbia ma istantanea per ammirare la tua valenza. Poesie, finzioni? Un altro le farà. La mia è vita.

Fischi di Carta
Λ Ι Ο Σ
III. Η
3

Ciclo

Padri di padri, figli di figli, condividere il nerbo con madri per poi sfiorire tutti: prati di gigli.

Le sedie vuote dei nonni, infinite serie di mogli: ricordi di ricordi per passarsi il testimone; ma solo schiere di morti_ L'orologio, gli orecchini, il bracciale di gran pregio; naftalina nei vestiti, le poesiole dei bambini: Nonno nonnino fai un buon viaggio: ti sono vicino ma non sento il tuo braccio, se avrai mai paura guarda lassù: vedrai luminoso il bimbo Gesù! Ti penso ogni sera, seduto sul letto e sogno di stringermi ancora al tuo petto. Nonno nonnino vorrei riabbracciarti: vedo il Bambino e gli Angeli sparsi, se puoi qualche volta scendi a trovarmi avrò ancora un sorriso e un bacino da darti.

Bimbi bambini alzate un bel coro! Ché il nonno è ormai morto e si è spento da solo! Bimbi bambini

sentite la morte? È un urlo nel vuoto che sbatte le porte! Ora guardatevi intorno e crescente: vedete che il ciclo non è mai cessato? Oggi pensate che il vostro momento è stato vissuto decine di volte perché il vostro nonno che ha pregato a suo tempo ora si adagia sulle spalle dei figli. Ossa alla terra, cenere al vento, una bara od un'urna: pur sempre un lamento. Il dono divelto diventa ricordo, intanto si cresce ed è un nuovo decorso. quindi padri di padri, figli di figli, condividere il nerbo con madri, amarle, sbocciare per poi morire soli lasciando nei prati solo steli di gigli.

Fischi di Carta
4
Federico Ghillino

Lo Specchio Nero

Pensavo a noi, e al tempo dentro la cabina triste spesso scossa da tremiti di un ascensore che puzzava di nuovo e d'aria calda come il respiro di chi non sa scendere o salire, solo muoversi.

Non avevo in mente volti in quel pulsare di ronzio, vedevo scolpiti nel metallo il mio riflesso e il mio ricordo doppi, a pezzi nella lamiera non potevo distinguerli; e saltavo, ridevo e piangevo per creare qualcosa di vivo.

Saltavo di gioia ignara con gli occhi ancora fissi nell'intermittenza della luce che andava e veniva sullo specchio. Poi nulla: con me, era bloccato.

Dulcimer1

Non verranno a chiamarmi qui le frenetiche urla degli altri, non mi chiameranno stanotte.

Resterò al limite del bosco dove ora filtra il tramonto, sospeso tra queste note: parlano di monti e nuvole veloci oltre le fronde, trapassando nel vento, nascoste nelle mie mani si perdono.

Le corde vibrano ancora e io il legno sono, antico nodoso dove risuonano di pura armonia, non conosco tristezza, ma non sorrido.

Il tramonto è passato,

1 Il Dulcimer è uno strumento musicale tradizionale Irlandese, in legno e corde, presente nel folklore bretone e britannico dal Medioevo.

e io vibro ancora.

Il Ponte

Ricordo l'ultima mia partenza come fosse ieri: era con te. Sento passi appiccicosi, colmi di salsedine leggera;

ci conducono su scale corte di ruggine e bianco fino al ponte, sul dorso della nave che si sveglia.

Inseguiamo una melodia lontana continua, e nemmeno sappiamo dire che è vera: forse è irraggiungibile, ma nel nostro camminare cresce sempre.

Nella confusione di volti di bambini erano troppe speranze, pochi ricordi alla luce dei lampioni:

a loro pensavamo, all'innocenza dei giochi, mentre la melodia trovava le nostra mani intrecciate ancora; ma adesso era vicina.

Seduto a terra, di fronte a noi un uomo soffiava in un sax ammaccato, e con gli occhi rideva: quel respiro d'armonia si alzava, ha seguito il fumo nero verso Est; diceva una canzone che conosco, che subito ti ho raccontato.

E mentre cercavo qualcosa là più vero del tuo sorridere caldo, in quell'istante, l'ululato: la città illuminata trascolora all'ombra della ciminiera, la nave sospira e s'allontana, di nuovo suona il sax sul ponte.

Ricordo l'ultima mia partenza come fosse ieri: era con te. Ricordo oggi; ogni giorno riparto.

Emanuele Pon

Fischi di Carta
5

Verso Empoli

Verso Empoli ho intravisto scortato dal viaggio l’immagine plumbea dei profili delle case alle porte del mattino. Ho confuso le persone perse nella nebbia della notte gravida oramai di luce.

Gravida come la speranza di chi chiede un supplemento alla propria avventura vitale.

Gravida come l’ombra che cola sulle nostre gambe appena finiamo di amarci.

Gravida come la gioia di scoprire la propria America.

Gravida come la donna che celata dal futuro ho sognato accompagnarmi per il resto della vita, tra Genova e Pisa.

Andrea Pesce

Partire

Il cuore in balia dell’abbiocco nel fumo del focolare si ficca. Non rivolgermi verbo alcuno la mia mente è già partita e naviga in un mare di fiamme. In un ceppo rovente trova ormeggio dove il vento ha portato una foglia che arsa si piega più volte. Più a lungo così sarebbe stato se la tua mano non avesse fatto feroce

lo sguardo per altri lidi salpare.

Amato ed odiato Partire.

Andrea Pesce Sabato

Cupo e tetro il masso del nostro animo su cui poggia il devasto. Questa circostanza che ci siamo trovati è vittima dell’astinenza dal buon senso. Navighiamo pestando i cocci sminuzzati dalla furia di una felicità irrorata e posseduta dal disagio tetro. Cadiamo nel baratro Condito d’azzurro Di una seguace del nulla, la sua femminilità è vestita d’ insensatezza e restiamo inconsapevoli di tristezza. Orbi di sabato vittime del peso di viaggiare nel futuro.

Fischi di Carta
6

Silence – ovvero ascoltare (Corsica, 2011)

Percorrendo

Le strade polverose incrocio Animali che pascolano, Avventure a ritroso Che vanno nel verde

Io invece scontroso Mi reco su spiagge secche Irte di infuocati odori, E la mente torrida Ha pace solo nella pioggia.

L’ umido nasconde La vita sotto la palude E il brulicame che credevo Morto ogni tanto brontola E ricaccia un canto:

“Ècouter en silence, s’ il vous plait!” Con la canoa mi calo Nel sinistro museo stagno E il silenzio mi ribolle necessario nel cuore.

Silvio Magnolo

Mistico – parte 2

Ho strappato Una delle poche Violette bianche, per te; Sono seccate sul mio petto.

Sfregando la neve Tra le mani Ho lasciato sulla guancia Pianto pulito, lieve

Pencolare di una Particolare primavera, Fredda cerimonia di ciò Che ci cresceva dentro,

Ho bevuto di cuore Dalla fonte gelata Respirato nebbia Sul precipizio... Mi era mancata

La Terra.

Silvio Magnolo

Fischi
di Carta
7

Le poesie dei lettori

Sulla scia delle novità inserite nel numero di settembre abbiamo deciso di arricchire la nostra rubrica! L'idea di Le poesie dei lettori è nata dalle richieste di collaborazione che abbiamo ricevuto da amici, conoscenti e sconosciuti che ci hanno fatto pensare ad uno spazio dove raccogliere tutte le loro poesie. Quindi, ringraziando coloro che senza timore si sono mostrati e si mostreranno, speriamo che la nostra idea possa farvi piacere ed invitiamo chiunque sia interessato a scriverci!

Letizia Merello debutta uscendo da un taglio cesareo nel dicembre del 1980. Scrive irregolarmente, più spesso traduce versi e strofe altrui. Ultimi avvistamenti: un racconto incluso nell'antologia Cumshorts II, edita da Caratteri Mobili, e svariate traduzioni sparse in rete e altrove; fra queste, le poesie della statunitense Juliet Cook e i testi di Bachi da Pietra e Bancale.

Tiro da un seno che non cede

Tiro da un seno che non cede denti estroflessi che stridono nel vuoto sei andata lasciando per me un sacco muto, io scambio i contraccolpi per respiri.

Proteggi me, il girino che hai cresciuto quando il senso ti era sceso nella pancia: ora che ti è sfuggito dentro il cesso indefessa mi educhi alla perdita.

Non ci sei dentro te in questo pupazzo che vibra e non mi abbraccia di rimando ma puoi sentirmi; e nello stesso modo in cui scadenziaria pianifichi la spesa sistematica mi alleni alla tua morte

sei così in gamba, mi credo d'esser pronta.

Fischi di Carta
8

Il secondo autore che vi presentiamo questo mese è Carlo Guidi. Carlo nasce nel novembre nel 1992. Comincia a scrivere poesie molto presto e inconsapevolmente. Si accorge non molto precocemente della sua nullità poetica, nullità che trova sfogo nell'osservazione degli ambienti emozionali e nell'istinto, nell'ispirazione. La nullità ha un suo principio di riempimento quando il quotidiano diventa a tutti gli effetti un esercizio spirituale. L'attività poetica è trasformata, ridimensionata, è fatica ed esperimento, è una ricerca domestica, un precipizio di intelletto. Da tale metamorfosi interiore nasce la raccolta "Arcobaleno domestico" dalla quale è tratta la poesia qua sotto.

Allocazione

Cetaceo rampicante ad est. Rarefatto sorvola l’Europa il deltaplano catarifrangente tra sogni quadratici e traiettorie roboanti. Il suono è un colonnato di calici e fisionomie raffinate nella primavera dell’arcobaleno domestico. Emettitore succinto breve aulico tattile ovoidale leggio su cui appoggiare le mani dopo l’allocazione.

Fischi di Carta
9
Carlo Guidi

L'anulare

Yoko Ogawa è una scrittrice giapponese. Uno dei suoi romanzi più celebri è L'anulare. Lo lessi alcuni anni fa e mi colpì molto per alcuni suoi aspetti, oggi, avendolo riletto, vorrei parlarvene. La narrazione si basa su una ragazza che, dopo aver lavorato presso il suo villaggio natale in una fabbrica di gazzosa, decide di spostarsi in città e trova fortuitamente un lavoro presso un laboratorio, il cui gestore è il dottor Deshimaru. Il dottore mostra fin da subito un carattere assolutamente freddo ma forte e rassicurante con cui "cattura" la ragazza – che invece si mostra tendenzialmente debole – in un rapporto amoroso. In questo laboratorio vengono prodotti degli esemplari. Questo elemento desta sorpresa all'interno della brevissima narrazione, infatti questi esemplari non sono altro che cose personali (oggetti, musiche, parti del proprio corpo, ecc) dei quali si possono "intrappolare" le memorie. Se qualcuno è assillato da brutti ricordi legati a qualcosa o continua a soffrire per essi, può presentarsi al laboratorio con l'oggetto in questione e richiedere un esemplare, questo gli permetterà ovviamente di non dimenticare ma di smettere di provare lo stesso sentimento.

Dopo avervi accennato di cosa si racconta vorrei andare ad analizzare il rapporto tra i due personaggi principali, la protagonista ed il dottor Deshimaru, che ho trovato molto interessante e sicuramente svolto in modo davvero coinvolgente, realistico e profondo dall'autrice (vedendolo dal punto di vista della ragazza), ma andiamo con ordine.

Non sono certo uno studioso o esperto di cultura orientale né tantomeno giapponese ma, chi più chi meno, abbiamo tutti nella vita frequentato qualcosa derivante dall'estremo oriente (che fossero film, libri, stampe, manga, anime o quant'altro) e tutti avremo osservato come la donna, forse perché indissolubilmente legata alla figura della geisha, sia sempre stata rappresentata come servizievole e tendenzialmente disposta a genuflettersi di fronte al proprio uomo. La protagonista del romanzo di Yoko Ogawa ha proprio questa caratteristica ed avrà modo in diverse occasioni di mostrarlo sia accogliendo i clienti del laboratorio (infatti il lavoro per cui viene assunta è fare da segretaria al dottore, curando i registri, l'archivio degli esemplari ed

ovviamente i clienti al loro arrivo e nella loro permanenza presso il laboratorio) che con Deshimaru. La particolarità della relazione tra i due è che il rapporto viene da subito turbato dalla figura del dottore. Infatti con fare spaventosamente limpido si insinua nella mente della ragazza per la sua rigidità e la sua freddezza che la fanno sentire protetta ma al tempo stesso rinchiusa, quindi lei ricade nelle volute buie della sua psicologia e dell'enorme e vuoto edificio in cui si trova il laboratorio.

Questa malata gabbia psicologica assolutamente straniante e distruttrice di ogni oggettività è fortemente supportata all'interno della costruzione letteraria da un elemento: le scarpe che il dottore dona alla ragazza e che le infila desiderando morbosamente che lei porti in ogni momento della giornata.

In tutta questa atmosfera la comparsa di questo elemento porta facilmente il lettore a pensare che Deshimaru sia un feticista per nulla represso e che il suo interesse e dono non siano puro vezzo estetico. Tuttavia proseguendo nella lettura (ed è questa che vi dico una cosa che ho apprezzato tantissimo) mi è parso che quelle scarpe siano quasi metafora dell'agire di Deshimaru sulla perduta giovane e di come lui, in tutto il mistero che trasuda con la sua presenza e la sua mancata loquacità, cerchi di tenerla come suo trastullo e piacere personale, andando da lei quando ha voglia per fare le cose di cui ha voglia e non preoccupandosi di rispondere in modo secco alla ragazza anche ad alcune lecite domande che gli farà. Infatti oltre a mostrarsi laconico sarà a tratti lapidario.

Il nocciolo di tutto questo è la più etimologica perversione: lo sconvolgere, il portare altrove, il creare nuove prospettive e vivere situazioni dove, stravolta una normalità condivisa, la realtà si sovrappone - scomparendo - al sentire di chi si chiude in se stesso. Questo libro è tanto breve quanto intenso e, a mio parere, interessante. Ho letto con grande attenzione per cercare di scovare i particolari che fossero sintomo di tutta questa costruzione perversa di cui vi ho parlato cercando di svelare il meno possibile della trama. Spero di avervi trasmesso in queste due esigue colonne una stilla di curiosità.

10

Poesia? Buste? Carta?

Editoriali blablabla? OK.

venerdì 11 ottobre 2013

partecipazione con letture all'evento patrocinato da Liguria Cultura sala delle Letture Scientifiche, Palazzo Ducale dalle 16.30 sabato 12 ottobre 2013

patecipazione con letture alla Notte della Poesia dalle 19

venerdì 25 ottobre 2013

presentazione della rivista presso la Stanza della Poesia piazza Matteotti 78r, dalle 17

Ulteriori dettagli ed aggiornamenti verranno forniti sulle nostre pagine Facebook e Twitter. Oppure contattateci al nostro indirizzo mail. Potrete dire di conoscerci.

Fischi di Carta
11

Contatti

fischidicarta@gmail.com

Per lodi, insulti, consigli, proposte, domande e quant'altro potete contattarci a questa mail. Usiamo un solo indirizzo in comune, perciò se qualcuno volesse contattare uno soltanto di noi deve semplicemente specificarlo. Grazie! www.facebook.com/FischiDiCarta www.twitter.com/FischidiCarta

Tutti gli arretrati sono liberamente consultabili all'indirizzo www.scribd.com/FischiDiCarta

Fischi di carta è fondata ed animata da:

Federico Ghillino autore di Rintocchi d'ombra (Habanero, 2011) e Corrosione (Habanero, 2013)

Silvio Magnolo autore di Guglie di vento (Ibiskos Editrice, 2013)

Alessandro Mantovani

membro della Società dei Masnadieri (www.facebook.com/SocietaDeiMasnadieri) autore di Dalla Parte della Notte (Noirmoon, 2013)

Andrea Pesce

Emanuele Pon

membro della Società dei Masnadieri (www.facebook.com/SocietaDeiMasnadieri) autore di Dalla Parte della Notte (Noirmoon, 2013)

Fischi di Carta
12

Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.