Fischi di carta Gennaio
Inizierei dall’Alfa: sono poeta per necessità. Poiché credo di essere afflitto da una crassa dipendenza intellettuale. I motivi per cui scrivo sono fisiologici, appartengono alla mia routine come bere un bicchiere d’acqua che cola nelle mie viscere o un boccone di pane che si trascina nell’esofago. Certamente non potrei mai pensare ad un futuro senza una penna in mano. Il vantaggio di essere poeta è quello di descrivere la realtà senza troppi fronzoli, scaricare le proprie passioni e pulsioni più nascoste senza pudore alcuno. Credo sia molto gravoso il giudizio e il pregiudizio che la società copiosamente appioppa alle persone, per questo motivo la poesia è il mio rifugio, la mia sicurezza. Vedete per poesia io non intendo solamente due o tre righe di inchiostro, ma qualunque cosa che riesca ad emozionarmi: una canzone, un oggetto, il rumore di un motore, una mamma che accompagna un figlio a scuola, una ragazza che cammina in mezzo ad una via colma di persone. La realtà è piena di poesia basta solo avere la pazienza di osservarla e assaporarla. Sono come una pila che si carica grazie alle cose che mi accadono; appena mi capita di vedere qualcosa in grado di stimolarmi l’intelletto scrivo e riscrivo, cercando in tutti i modi di descrivere la sensazione che mi ha ispirato. Molte volte mi
Editoriale
capita anche di immedesimarmi nelle persone che descrivo quasi come se le nostre menti interagissero. Questo è circa che cosa è per me e cosa mi capita quando scrivo. Parlando dei miei modelli artistici citerei principalmente Catullo, Marziale, Baudelaire, D’Annunzio e Neruda. Certamente non si assomigliano gli uni gli altri ma credo che abbiano contribuito in modo determinante ad ispirarmi in quello che è il mio genere preferito: la poesia erotica. Ognuno di essi ha parlato di amore, di sentimento, di sesso a suo modo, rappresentandolo in maniera carnale o passionale, usando tinte fosche o limpide, contesti sensuali o macabri.
L’eros è concettualmente un po’ di tutto questo, senza cadere in banali moralismi o sentimentalismi. A seconda del momento che viviamo o delle circostanze che patiamo siamo in grado di dare all’eros una sfumatura piuttosto che un’altra. Questo porta ad una conclusione molto semplice: non ne possiamo fare a meno. Esso è ben più che uno stato d’animo è una parte imprescindibile della vita e l’eco che si ottiene a parlarne è incredibilmente ampio ed assordante, per il motivo che tutti lo abbiamo sentito o provato sulla pelle almeno una volta nella vita. Per questo motivo mi sono specializzato a raffigurare,
rappresentare e svolgere tutte le possibili sfumature di questo incredibile sentimento, non per averne un ricavo materiale, ma per riuscire a ispirare ed infondere al lettore l’emozione profonda che certe esperienze possono generare. Il mio obiettivo è quello di rappresentare, come un pittore, una realtà comune in un insieme di variopinti ghirigori che facciano perdere la mente del lettore in una sfera intima e consapevole del proprio bagaglio sentimentale. In breve spero di regalare delle emozioni risvegliando ciò che assopito giace nei cuori delle persone. Noi giovani poeti siamo enormi serbatoi di una genialità latente, siamo spesso in balia di un universo superficiale e troppo identico nelle sue dinamiche. Non vogliamo inventare qualcosa, ma riscoprire il contenuto di tutte le cose scrivendo, ognuno a suo modo, l’immenso sentimento che si nasconde dietro alle etichette che la nostra società dispensa con crudele semplicità. Non vogliamo plasmare la realtà ma descriverla nella sua vera essenza. Vogliamo essere il fischio che mette in guardia le persone dal terribile destino di vivere colmi di tutto ma consapevoli di niente.
Andrea Pesce
2013 Numero 2
“Poesia di cinque giovani fischianti”
Greve
S’ingrossa il dirupo Greve giace il vuoto, Mia regista, crei una farsa. Ebbi ebbro d’amore la vita Parevi radice e persi prudenza.
S’acquista l’eroica speranza D’esser presenti ancora Nel freddo d’un letto grande. Ma al tempo non piace Ripetere identico l’atto.
Fra i corpi langue il verdetto E mesto cala il sipario Fra elettriche prese Acute grida e poi risa. S’estingue bramosia di calore.
Resto sul giaciglio sognatore. Nel viver la distanza Fra il mare e il cielo. Infine solo rivedo il nastro D’un amore perduto. Andrea Pesce
Altalena
Ho voglia di tornare In altalena. Spinto dal vento E dall’affetto. Fra sambuco e frassino Tastare le foglie In rovina.
Vita vieni violata Dal muto tintinnio Del tempo. Ed ora che l’eco Del tuo dubbio Pulsa e pesa Tasto la tenebra.
Non voglio viver Vagliando il morire. Me cinto a te Come corda ai fusti, Oscilla amore nostro Tra abbracci ed addio. Andrea Pesce
Fischi di Carta
2
Il mulino
Guardo ancora tra i marosi lontani mentre sogno della schiena tua la nudità perfetta; ma di pietra acre son i muri a cui mi appoggio e più non giaccio tra neve o fango.
Indugio inflessibile al vento di questa cresta, qui sento il sussurrar di rustiche storie, antiche movenze e il ritmo blando del cosmo.
''Vieni al Mulino'' mi dissi quando ancor le fronde della tua anima sapevo diradare; Ora qui staziono passato ormai il meriggio e non più fronde ma fruscii tra api e lucertole, tra i sassi a secco mentre liquido il tempo mi cola dalle spalle denso e forte come miele.
Sogno così ancora della contadina che fosti e di come nel mulino con le unghie color del rame estirpasti il tuo amor dalle mie vene tra quelle mura dove odo ancor l'eco lontana della pietra che sfrattaglia la semente del mio cuore.
Alessandro Mantovani
Sguardo II
-Fissami ancora col tuo sguardo azzurro, lascia queste bianche vesti leggere ad illuminare autunnali sere e tagliami il cuore come burro.-
-Mille volte ti ho detto che non posso innamorarmi di te sotto la volta dell'universo.- disse, il viso commossoTra quelle stelle che vedo dal fosso tu sei l'unica che mi fu tolta.-
Alessandro Mantovani
Fischi di Carta
3
Still life
La vita ferma,
Come il mio viso Ritratto, Illacrimato fregio Di una gioia immensa, Che esce dall'immagine.
Il sole proietta
La vita sull'acerba Quiete dei giardini, Mentre prendo la foglia E la infilo senza sospiro Tra le pagine di un libro.
Natura morta.
Ecco un'effige Che mai innamorata Potrà morire, emozione Di un momento, di trepida Incalzante verità.
Ancora vita,
Poiché dalle guglie Di vespe e ragnatele Ho sentito il dolore Muovere la mia memoria, Fino alla luce inesplorata
Silvio Magnolo
Degli occhi.
Ho preso il buio
La coda dell’estate Pungente Una luna Gialla iridescente. Il caldo mi rabbuia, Allora mi affaccio Sul tuo petto fresco. Sudato l’amore Contro la risacca Lucente del mare, Odo il lento oblio Delle lenze scagliate Lontano all’orizzonte.
Silvio Magnolo
Fischi
di Carta
4
Nebbia
Cerco l'accendino. Non incontro mai chi vorrei realmente incontrare, ma sembra che tutti corrano. Faccio un tiro. Forse non ho neanche voglia di fumare, ma penso alla nebbia spessa: allora mi nascondo in un'altra pesante nauseante boccata di fumo, mentre scopro sfumature di insegne, tristezze di persone.
Camminare
Passo lì accanto: mi sento addosso il manto spesso del camposanto.
Federico Ghillino
La pioggia
Dalla pioggia ho trovato riparo sotto la fronda d'un umido albero; ascoltavo il ritmo e si rompeva sulle foglie brumali che mi hanno riavuto per una goccia sul viso: la musica di questa pioggia mi sfugge come spesso il tempo che giunge con tutta l'esperienza e con la mia vita fugge via.
Federico
Ghillino
Fischi
di Carta
Federico Ghillino (da Rintocchi d'Ombra)
5
Fuori dalla caverna
Non danzano più ai miei piedi, freddi i fantasmi di sogni distratti quel tango frenetico di sudore a gocce asciutte sulla roccia;
non tremano più ora i fuochi fatui come smorfie imprecise sulla pelle e su questi muri disordinati le ombre di fiamme ancora lontane.
Sento i passi della mia fuga leggeri nell'eco, quasi un volo via dal buio, fuori dal cielo: non voglio nuvole, né stelle calde sopra di me a illuminare la strada: solo gli occhi dei lampioni nell'aurora.
Emanuele Pon Improvviso
E' un urlo il silenzio al mattino che squarcia il fragore dell'ombra: qui, la corrente delle mie onde s'infrange in un attimo, in questa luce neonata che ride di noi.
Non e' più questa l'aria della notte: tra i sorrisi delle nuvole sento i miei occhi sdraiati sui tuoi, socchiusi, trattenere il respiro stanchi, e poi aprirsi all'improvviso.
Seguo la tua mano, indica il cielo: non resta altro che brina argentata del buio gelido, scivola lontano.
Emanuele Pon
Fischi di Carta
6
Il palazzo senza fine
Correndo nel tramonto contro l'inverno, tra le ombre timide vidi il mio riflesso spento in un grattacielo.
Sembrava interrotto: simile a una cattedrale abbandonata, non finirà perchè non può finire.
Un vento profumato di tempo e ricordi ingialliti spazzava quel tempio giovane di fragili radici:
forse sono trampoli, forse invisibili a reggerlo, come un fascio di rami vecchi che si piega e scricchiola.
Lo vedo ospitare in sé la vita, mentre scorro vivo fuori dalle finestre affacciate sul giorno.
Cerca di nuovo il cielo: lo sa, non potrà raggiungerlo oggi, ma non importa.
Forse il cielo è immenso, ma non si muove.
Emanuele Pon
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Contatti
fischidicarta@gmail.com
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Fischi di carta è fondata ed animata da:
Federico Ghillino
autore di Rintocchi d'ombra (Habanero, 2011)
Silvio Magnolo
Alessandro Mantovani
membro della Società dei Masnadieri (www.facebook.com/SocietaDeiMasnadieri)
Andrea Pesce
Emanuele Pon
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