3DMA - Simone Velli (01/2017)

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3DMA

Operetta morale di Simone Velli

Tutto il tuo stupendo amore lo dobbiamo continuare.

Ad Andrea Bianchi, maestro ed amico

ora chiedi il paese dove gli onagri mordano quadri di zucchero alle tue mani e i tozzi alberi spuntino germogli miracolosi al becco dei pavoni.

(Oh il tuo carnevale sarà più triste stanotte anche del mio, chiusa fra i doni tu per gli assenti: carri dalle tinte di rosolio, fantocci ed archibugi, palle di gomma, arnesi da cucina lillipuziani: l'urna li segnava a ognuno dei lontani amici...

DRAMATIS PERSONAE

Denudatore 1

Denudatore 2

Denudatore 3 Maria Antonietta

Noto estroso Giocoso maestrino Inesperto asburgico Futura ex sovrana di Francia

Scena I XVIII secolo. Gaia isoletta sul Reno.1 Scena II Parigi, un sozzo vicolo postrivoluzionario.

1 Quivi la germanica principessa venne condotta al suo arrivo da Vienna al fne di presenziare ad un curioso rito: spogliarsi pubblicamente delle vesti austriache e rivestirsi simbolicamente di quelle francesi.

PRIMO, O SCENA

When lovely woman stoops to folly and paces about her room again, alone, she smoothes her hair with automatic hand, and puts a record on the gramophone.

XVIII secolo. Isoletta sul Reno. Interno in legno, diurno.

DENUDATORE 1 (Con marcato rotacismo, chiaramente parossistico) Sono tutto un fremito, cari! Non vedo l'ora di vederla! (Apre di colpo un ventaglio)

DENUDATORE 2 (Rivolgendosi a D3, percuotendolo con la stecchetta) Non hai una buona postura tesoro, tieni dritta quella schiena!

DENUDATORE 3 (Gravemente, con accento asburgico, deformando le parole con i classici tratti del tedesco stereotipato) Ma io cosa ne posso sapere! Sono stato spedito di corsa dalla corte d'Austria.

D2 Vedi di correggerti rapidamente! La delfna è slanciata e numinosa, devi servirla con riguardo, rispetto e, sovra ogni cosa, eleganza.

D1 E poi perdonami: tu, catapultato qui dalla terra dei culi freddi, dovresti ben conoscerla la delfnetta. (Ridono con cortesia)

D3 (Amaro il giusto) No, aveva sempre e solo la sua nutrice con sé, un vecchio manico di scopa; noi della corte, raramente l'abbiam veduta.

D2 Speriamo allora che la sua saggina non punga il piccolo Luigi. (Ridono con acuita cortesia)

D1 (Sgomitando D2 ed agitando vezzoso il ventaglio) Sei una sciocca, una scema, ma, ahinoi, hai tu le chiavi del gran boudoir.

D2 (Canzonatorio, pungendolo con la stecchetta) Ma me

le sono guadagnate, amore.

D3 Mi spaventa la folla, ho paura di perdermi in tali usi francesi.

D2 Prima lezione, tesoro: i francesi non hanno usi, solo abusi. (Ridono, riporta l'ordine battendo le mani) Allora signorine, siate celeri, attenti e precisi. La delfna potrebbe essere qui a momenti e tutto dovrà essere perfetto. (A D1) L'arsenale è pronto?

D1 Mia cara: je suis l'arsenale. (Ancheggiando)

D2 (Sorridendo malizioso) Ricordo bene, non eccedere nelle esplosioni.

D3 (Provando a integrarsi, ride da solo, non viene considerato) Bum! Bum! Bum!

D2 (A D3) Piuttosto che fare il simpatico aggiusta la parrucca (colpo secco con la bacchetta) e dritto con la schiena. Allora ragazzi, ripassiamo i passaggi della svestizione, dovremo essere impeccabili, ci guarderanno i migliori.

D1

Non lo dico molto spesso, ma questa è una prima volta per me, sono abituato a vestire regine, non a svestirle, non in pubblico almeno. (Ammicca)

D3 (Ride, simula con le mani un corpo di donna)

D2 Ma questa sarà un'occasione unica infatti. Un rito mai visto, una balaustra di legno che si mangia la Francia.

D1 Legno, legno, legno! Tutte di legno, lì da voi. (prezioso) Qui in Francia anche la verza va con la crema. E se si vestisse, non disdegnerebbe la vellutata. (D1 e D2 ridono) Il novellino tace, non sarà abituato a tali morbidezze...

D3 Mio padre mi ha cresciuto colla cinghia e la vanga, non avrei mai creduto...

D2 (Malizioso) Beh, credici, bambina, è il tuo giorno fortunato.

D3 (Empatico, al massimo delle sue possibilità) Lo so... Lo so...

D2 Ora basta berciare, scimmiette. Ricapitoliamo. (Brandiscono cose) Tu vai qui, io vado lì. Tu prendi

D3

questo, lui prende quello. Lui va su, io vado giù. Uno, due, tre, quattro. Uno due tre quattro. Ripeti novellino.

(Entusiasta, si sente a casa) Uno, tue, tre, cvattro!

(Ripete più volte, con sempre maggior trasporto, la cosa si fa sempre più armonica, fno a sfociare naturalmente in un balletto di sorta, cantato con graduale entusiasmo, sulle note di "A far l'amore comincia tu" di Raffaella Carrà)

D in coro

Aah aah, aah aah

La Delfnetta la svesti tu Aah aah, aah aah

Le vesti austriache non ce l'hai più

E se il popolo chiede il pane fatti le unghie dentro Versailles, ai suoi bisogni di quel momento dà giusto termine il buon Gesù

Aah aah, aah aah

Maria Antonietta la svesti tu Aah aah, aah aah

Le vesti austriache non ce l'hai più

Mangia mangia brioches

Mangia mangia mangia brioches Mangia mangia brioches Mangia mangia mangia brioches Mary Mary Mary, dai, Sui Francesi tu regnerai Mangia mangia brioches Mangia mangia mangia brioches

(Improvviso squillo di trombe, entra Maria Antonietta acclamata da una folla chiaramente registrata allo stadio San Paolo di Napoli)

Maria Antonietta (Ai tre D inchinatisi, altezzosa) Dunque è questo che mi attende in Francia, da qui in poi questa è la vita. (Guardando D3, con suffcienza) E questo è quel che mi lascio dietro. (Sogghigna) Dunque, signore Ricordate: ciò che è reale, io sono. E che passato e futuro prendano quartiere nel qui, ora (Solleva il volto abbassato di D3, mentre il tono si fa quasi affettuoso, pur chiaramente mirato a confondere i tre. Amletica) Se è ora, non è dopo; e se dopo non è, allora è adesso; e se adesso non è, dovrà pur essere. (Li fa rialzare, ora davvero sorridente) Tutto è tenersi pronti. Poiché nessuno sa quello che lascia, che importa lasciare prima del tempo? Lascia andare. (Si volta verso etereo balcone, guarda in camera. A sé, ancora per un momento) Lascia andare. (Fa un passo avanti, rivolta al pubblico) Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino; ma quando son diventato uomo, ho smesso le cose da bambino (Ritualmente ripete mentre la spogliano della crinolina. Finalmente svestita, fa un altro passo avanti) Cittadini di Francia, ormai fratelle e sorelli – sudditi –; giungo di fronte a voi svestita del mio passato. Adagio adagio mi rivesto del vostro onere e del vostro onore, lo stato di Francia grandissimo. Grandissimo. Lo sappiamo, da qui venne Eva, e Adamo di certo era un Capetingio: così io stramazzo la vipera d'asburgo (Strozza l'aria), costruendo assieme il nido dell'aquila di Dio! Dio salvi la Francia, ed io con lui! (Ottimi boati) Il Regno millenario si schiude ai nostri piedi, lo sento, sì, lo sento. È qui. (La sintassi patatracca) Nel focolare cuociono i marroni, colti dal buon contadino. Mogli, mariti e prole, piegatevi al camino e guardate nelle famme: lì arde la donna di Francia (In odore di misticismo). Ardisco a dirvi questo: le famme siamo noi, sulle nostre vertebre chiude in abbraccio l'edera di Cristo. E al diavolo anche il Diavolo! Non è più il

bove a cadere ammazzato, ma il vestito di una bimba, e con esso il Male. (Afferra le vesti appena dismesse, ringhiante) Questa è la casuccia, queste sono bambole! E d'infanzia non si pasce il buon sovrano. L'infante fantoccio è abbattuto, fglio, marito, e padre, egli comincia a nuotare in un mare di vespe. Mesciamo nei corpi parole d'amore! (Si interrompe per un secondo, vagamente psicotica) Ricordo una volta nell'Eden... (Ritorna) Ma è tardi, sempre più tardi. L'adamantio s'è ormai fuso al ferro, il tempo delle mele è terminato, non possiamo proseguire in questo cammino. Vi guiderò. Marceremo su ginocchi grondanti. Il dolore sarà il percorso e tumido e odoroso, la redenzione un forir d'angeli con tozzo di pane (Momentaneo ghigno, alza il dito). Non una parola, mio nuovo popolo amato. L'Eterno è con noi, voi siete i primi a saperlo (Geme, il popolo è annichilito dalle sue parole, le dame in lontananza cadono in deliquio. Batte il piede al suolo con veemenza, ricompaiono i tre Denudatori, adesso stranamente virili. Sempre al popolo. Ormai Maria Antonietta parla per slogan, i tre cantilenano responsoriali e malefci, profetizzando lo sfacelo)

Maria Antonietta Di questo suol son fglia!

Denudatori Del fuoco alla Bastiglia!

MA Io vi amo miei bambini!

D Belli tosti e giacobini!

MA Ma che sovrana son, carina!

D Robespierre ci ghigliottina!

MA Che gran Regno si farà!

D Robespierre, Danton, Marat!

MA Il nostro regno è in festa!

D

MA

Un cesto per la testa!

Qui, ora, tutti assieme! Su le mani, popolo, e alla conquista della Santa Terra, con l'Odio e la Potenza delle carni! Che nessuno indietreggi! Avanti, avanti! Propugnamo lo sfacelo: solo in Francia vive il cielo! (La folla esplode. Esclamazioni a lungo tempo, la canaglia si ode sempre meno. Torniamo al boudoir. Maria Antonietta ribatte il piede a terra e si fa il silenzio. Ansante osserva i tre Denudatori) Dunque, signore. (Apre di scatto il ventaglio, sorridendo simpatica) Sono andata bene? (Risate, giubilo, abbracci) Sono andata bene! Basta questo al nostro riscatto! (Parte la conga, trenino, i quattro si allontanano riesplondendo nel coro di "Maria Antonietta la svesti tu").

L'ALTRA SCENA

Ring the alarum bell. Blow wind, come wrack, at least we'll die with harness on our back.

W. Shakespeare Despising for you the city, thus I turn my back. There is a world elsewhere. Shakespeare W.

D3 (Piange di lacrime amare, sempre accento asburgico) Padrona! Padrona...

D1 (Manifesta emicrania) Basta! Basta! Basta!

D2 Il mio Boudoir. Il mio bel Boudir!

D3 Mi sembra di essere in brutto sogno. Ieri era...

D1 Un disastro... Un disastro: così me l'hanno conciata!

D2 Tutt'un soqquadro, i miei bei trompe-l'oeil e quelle sozze manacce!

D1 (Ripresosi di scatto) Basta, me ne vo in America. Lì almeno non hanno ancora guardarobi da distruggere, fatta la rivolta. Fruste e bovari, meglio che qui. (Sospira. Anacronismo) Che Bovary! Addio, amiconi. (Exit)

D2 (Sospira anch'egli) Orbene...

D3 (Partecipe, imitatorio) Orbene... D2 (Da-di-matto) OVBENE! OVBENE! CON LA ERRE! LA ERRE FRANCA! TI HO ALLENATO PER GIORNI, MALEDETTO!

D3 Scusatemi.

D2 Scusatemi, scusatemi, ho già scusato troppo. Mesi, anni all'accademia di Madame Juliette, e per cosa poi? Quattro straccioni che ti cambiano Storia, bandiera e calzoni. Tricolore, schifo, schifo, schifo...

D3 (Frignando) Come tornerò a casa? Cosa dirò a mia famiglia? Ero il vanto della casa, scelto tra tanti per dar lustro alla corte, per giunta, di Francia!

D2

(Acido) Il vanto della casa, lo strazio qui per strada. Ricomponiti, per Dio! (Lo schiaffeggia, ormai isterico) Almeno tu non mi deluderai, stanne ben sicuro! Può avermi deluso un popolo, ma non mi farò dare i giri dal primo asburgico che passa.

D3 Cosa posso fare?

D2 Esser signore! Questo sappiamo, questo dobbiamo. Lo schifo della strada non ci avrà! Statene ben certi, sanculoni!

D3 Ma come si fa? Io vedo solo ratti.

D2 (Lo afferra, sussurrante, ipnotico) No, devi guardare... Con gli occhi del cuore. Lascia andare... E guarda. (Rombo mormorante, per alcuni secondi, sguardo fsso sul nulla)

D3 Si! Zi! Si! Lo vedo, il passato tutto d'oro, e ben apparecchiato!

D2 (Commosso) Hai capito, la lepida Versailles qui per strada. È per noi. Continua.

D3 Mi sembra di parlare con quel caro tacchino, sempre accogliente, ricolmo d'arance, il pasto preferito, di ogni martedì!

D2 E l'odore delle quaglie e dei tordi. (Dà una pacca sulla spalla al compare) Bravo, stai imparando. Lo dicevo che eri buon allievo. Continua!

D3 (Inspiegabile cadenza francese) Asciugamani di seta, le serve che cantano in cucina! Ogni mattina pasticcini colla crema e per fnire un bagno nel cognac! C'est magnifque!

D2 (Grammelotico) Oui, mon frere. C'est la magnifque Versailles! (Si interfacciano con gli scassati oggetti nei dintorni) Su le chiappe, beghine. È ora di ricostruir l'impero. Ho le vertigini.

D3 (Si industria con quel che trova, rinomina il reale) Ecco la juppiter! (Brandisce un torsolo) Con questa si son detersi for di sovrani, per scacciare i pensieri, le amanti, i poveri!

D2 (Fiero di lui) Sì, sì. E la benoise, lo dambulon, la

sischenette! (Afferra oggettistica camminando sempre più velocemente da una parte e dall'altra, con graduale entusiasmo) Qui ci va la brentelise, là la jeriten!

D3 (Sempre più franco) Saprei dove inflarla, questa, in retro al Direttorio! Solo la miseria è il vero Terrore.

D2 (Talmente fero da esser quasi succube) Un asburgico, un asburgico ci salva. Ogni dì il buon Gesù qualcosa insegna. Continua, e afferra la lenesse (Porgegli un gatto morto) che porta il bell'esito.

D3 (Indossa il gatto morto come una corona, e un sacco spazzatorio a guisa di mantello, indi brandisce sturalavandino come scettro, il tutto fornito da D2, ormai sognante. Con voce tonante e perfetta dizione) Provengo dai calli malandati di mio padre, dalla schiena intirizzita di mia madre. Ora di fronte a questo mondo, ahimè, privo di fronzoli, rimando al mittente le radici, insieme alla Storia, e all'umiltà! Di contro al vero, si salpa dentro a sogni-cristallo. (Marinettiano) Bum! Bum! Bum! Faremo dei ciottoli gioielli, di due persone un popolo! (Fissa affettuoso D2) La luce muore, diluita dall'oceano. Noi, poche gocce d'acqua, possiamo fare il prisma per interi universi. Il trucco sta nell'occhio e nell'orecchio! Distruggeremo questa vita teatro-di-prosa! Reclamiamo il diritto a una forma! Un cantuccio di rime, contro l'assurdo fatto norma! Per colpa loro (Allusivo) noi s'è qua a scriver male, senza sogno. ( Si volta agitando operettisticamente le braccia) Bene, eccolo il mio sogno. (S'alza un minuetto) E uno, due, tre, quattro. E uno, due, tre, quattro. (Ripete più volte, D2 si muove meccanico, dimentico di se, sminuettando, volteggiano per strada)

D2 Versailles è ricostruita, alfne. (Nel mezzo della danza, compare D1, indossando un cappello da cowboy)

D1 (Felice di reincontrarsi) Gingilli, sono tornata. Terribili gli states, amburghi dappertutto, e tutti quei remake.

Marvel schifo! (Scaglia al largo il cappello) Che guazzabuglio moderno. Ho lasciato il mio cuore alla Delfna, la mia cipria è francese, fno all'ultimo! (Si riabbracciano danzanti, giubilo generale fno a che improvvisamente si fermano)

D3 (One step beyond, lirico) Mi sono svegliato in una grotta buia, circondato da sbarre. Ma la paglia è oro, focolare la lanterna, perchè dormendo mi credo ai suoi piedi. (Si volta, appare a lato della scena lo spettro di Maria Antonietta, emaciato). Mi sentivo tardo nel cervello, sfancato dal mio letto di spillo. Ho ascoltato nel vento il grido dei decollati. Ma per lei, ho suscitato iridi e petali, una Libertè. (Maria Antonietta nel mentre si è fatta avanti, fno a raggiungere i tre) Mi sono alzato, mi rispecchio, qui, dove il Secolo è il minuetto. (Maria Antonietta fa un ultimo passo in avanti). E i balli si ripetono, ed i passi, e ancora ignoro se sarò al festino farcitore o farcito. L'attesa è lunga (Prende per mano la Delfna), il mio sogno di te non è fnito. (Tableaux vivant. Sipario)

– FINE –

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