Fischi di carta 5 (04/2013)

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Fischi di carta Aprile

Poesia di cinque giovani fischianti

Editoriale

“Non sempre giovinezza è verità”. Una frase che mi ribolle nelle tempie, ultimamente, nei miei pensieri più recenti. Un verso di Franco Fortini che ha citato il professor Enrico Testa alla presentazione del primo libro della Società dei Masnadieri, “Dalla parte della notte”. È stato lì, quel 23 Marzo, sera pigiata nei vicoli di Genova, alla libreria Falso Demetrio, tra scaffali tracimanti di libri, di persone, amici, parenti, spettatori: si è parlato di poesia, di poesia vera, onesta, sentita. Lo spazio era piccolo, ma il contenuto immenso. Mi congratulo vivamente con i miei due cari amici, Alessandro ed Emanuele, per la loro esposizione, per il loro lavoro, per la passione tangibile che vi hanno profuso, per il loro “sforzo titanico”, e primo sforzo editoriale. Però quella frase continua a riecheggiare in me. Sì, non sempre giovinezza è verità. Da giovani si sente tutto sotto una pelle di fuoco, si vede attraverso la pellicola delle passioni, ci si butta a capofitto nelle cose. A volte ci si deprime, si rimane paralizzati. Non c’è lucidità, forse, abbastanza, per cogliere quella che è la verità. Ma cos’è poi la verità, se non una voce vaga, sfocata, vaneggiante? Parlare di “verità” spesso è folle. Chiedersi il senso della vita è senza senso. Tutto e il contrario di tutto. Qui, proprio qui salta fuori la poesia. È il saper maneggiare gli opposti. È ricordo, constatazione di uno stato di cose, descrizione di un paesaggio interiore, invenzione, profezia, mendacia. Spesso si scrive d’ amore ancora prima di provare l’amore. Ricordo che scrissi le mie prime poesie perché desideravo fortemente qualcosa, qualcosa che non avevo. Forse era proprio la poesia ciò che mi mancava. Scrivevo se avevo un dubbio, un dolore, oppure una gioia incontenibile, se vedevo qualcosa di bello, o di terribile. Spesso fu, direi ora, il dover far fronte a quel deinòs, quella componente straordinaria, imprevedibile dell'esistenza, al di là del bene e del male, a farmi scrivere. Ma non si può vivere di concetti, bisogna anche vivere di cose, nelle cose: è a questo punto che la giovinezza, forse, può acquistare verità. E ora io continuo a scrivere, per necessità, per amore delle cose, appunto, per comprendere profondamente

persone, parole e segni, sviscerare il reale, per “onore del vero”, citando Mario Luzi. Per me la poesia è il modo più puro di trovare una mia voce, dai silenzi abissali dell’io, e ribaltarla sulla carta, scrivere vita sulla vita. La poesia è l’arte del non tralasciare niente, della parola precisa, posta dove deve essere, dove è giusto che stia, al giusto istante. È poiesis, creazione pura, che nasce da un caso non casuale, un abbrivio di vento, di ispirazione, di esperienza, di carne; si prendono parole e le si forgiano di nuovo, come armi finalmente proprie. Ogni verso si affila, si lima orazianamente secondo la propria inclinazione, il proprio essere, la propria forma mentis. Chiamo poesia tutto ciò che rimescola i sensi, scuote l’ordinario. Non si parla di semplici parole però, si parla di un segreto impresso nell’ordito di un foglio. A mio avviso diceva bene Ungaretti: “La poesia è poesia quando porta in sé un segreto”. Perché per quanto un insieme di versi possa nel suo complesso risultare chiaro e perspicuo, non si conosceranno mai i veri intenti, i nascosti, invisibili moventi che hanno spinto il poeta a scrivere. È l’indecifrabilità che rende la poesia così bella e affascinante, oltre che sempre viva, l’indecifrabilità è la chiave per decifrarla, la consapevolezza che non potrà mai svelarsi appieno. Perché così è giusto che sia, a mio parere, perché in questo risiede la sua forza, la sua eco che, come un profumo remoto, esotico, ha sedotto secoli, secondi, singolarità di uomini. Il verso degli uccelli è il cinguettare, quello dell’uomo il poetare. Noi fischianti cerchiamo di riappropriarci di questo verso, autentico, un po’ primitivo, un po' perduto. Lo facciamo assieme, scrivendo, incontrandoci, abbracciandoci, strattonandoci: diversi, ma sempre uniti nel nostro differire. E questo per crescere, maturare forse, imparare ogni tanto a morire, ma soprattutto a vivere, esistere, con quel po’ di consapevole dolore, di lancinante “verità” che dà significato alla vita. Perché quando penso alla poesia, ecco, io penso alla vita.

Numero 5
2013

Appena passato

Hai l’odore del mio ritorno. Qualcosa d’alato mi allaccia A te, amore mio. Come nella caccia Il fucile bacia e profuma La sua dolce preda.

Ed è appena passato. Ecco. “Un piccolo pettirosso”…

Come frana rosseggiando Il ricordo Che fresco lontani

Ci lega, alita sul palmo Del cuore, un battito di sangue Per volarti dentro e incenerire La fredda tua angoscia Per ciò che è stato, E ciò che sarà.

Silvio Magnolo

La perfezione, prima

Una bieca perfezione Mi misura la mente, Prima di fare, Prima delle cose. Il cristallo di neve, Silenzio che danza Nel palco d’aria vuota, Improvviso.

Mi si posa all’occhio La lente del piccolo Dettaglio di un tutto Che si frammenta

In bellezze di morte, Menzogne, vane Cascanti memorie.

La perfezione, prima.

Silvio Magnolo

Fischi di Carta
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Erosione

Da bambino mi ero steso per errore su un formicaio scavato in un prato. Alzatomi sentivo un pizzicare di formiche sui muscoli frementi e inquieto contraevo il corpo strofinando nervosamente le mani ovunque.

Sempre, nella notte, mi è sfuggita la deforme voragine del buio ed ho ascoltato l'orologio in quel suo fiato (inspirato di crude fatiche, vite frammentate e di memorie fugaci espirato) che sussurrava l'ansia della vita.

Oggi, flussi di esistenze, ci incontriamo ed io sono un evolvere esteriore di frasi e volti, tensioni interiori trovando rare volte la pace nei sensi.

Così la paranoia corre nera sotto le membra, scorre ruvida sotto il lucido lucore degli occhi, e fuori non si esprime, solo rode dentro.

Federico

luce sul vestito bianco

Tu, la spiaggia, il tuo corpo candido poggiato sulla sedia. Io, la commozione per il mondo plastico: la verità della materia.

Federico Ghillino (da Corrosione)

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La Mia Noia

Fino ad averne noia voglio sentire la mia pelle ignara e sorda ai brividi trasformata dalle tue mani in cento sentieri sconosciuti.

Fino ad averne noia cercherò di corsa nel vento il tuo respiro addormentato, nel suo soffio caldo il tiepido sorriso dentro il tuo sussurro.

Fino ad averne noia voglio trovare la favola nella tua voce ancora lieve, sentirne i passi nei tuoi occhi vivi, uno dopo l'altro, eterni:

come i battiti del cuore di un fiume sempre in discesa, sempre uguali ma senza essere mai fermi...

Poi, mano nella mano con la noia ancora voglio specchiarmi in te in ogni fioco accenno d'alba;

ridendo e piangendo con te, ora voglio scoprirlo per l'ultima volta: la noia non è mai esistita.

Una Melodia

Oggi ho trascurato il cielo grigio che dall'alba rigava i miei vetri di lacrime insistenti;

mi sono seduto al buio, solo al pianoforte d'ombra in attesa di una melodia.

Sfiorando i tasti di luce quasi in silenzio scorreva tra le me dita il cuore di un altro; lo sentivo affiorare lento in quella musica che ancora non mi apparteneva. Ho sognato anch'io di dimenticare i miei fuochi, di raccogliere soltanto la cenere che ne resta.

In quelle note mi sono cercato raccontando anche me nelle loro immobili fragili gocce senza oceano;

tra loro ho creato un mare inesplorato che le unisce alla mia corrente:

la melodia che aspettavo era dentro di me, muta mia figura forse eterna, fatta per finire.

Fischi
di Carta
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11 Aprile

Le tracce di pietrisco Sembrano cadere Nel baratro fondo D’un granatiere Che nella polvere Dei suoi rimpianti Lascia il coraggio E la spoglia ai parenti. Parole di liberazione Miste alla gioia del vino Passare i giorni tra azione E i colpi del loro destino. Sui sassi rimane il fiore Degli anni passati A condividere l’amore, Dalla patria siete chiamati A riempire le fosse.

In quel del Marcarolo Si sentono ancora Cianciare le giovani speranze Dal mitra recise.

Nella sinfonia del bosco Tace il marmo Della pietra posta a memoria, Lascia a chi ne fa visita Tastare la presenza Del peso dell’esistenza. Viviamo il prezzo Dei colpi affogati Nella loro carne, Quel giorno di Aprile Da allora ha un nome Tracciato nel dolore: Martirio.

Giovani non dimentichiamo: Siamo la ragione nel cuore Rotto dal piombo e dal fango Di chi in fila innanzi al plotone Ha voluto non morire invano.

Andrea Pesce

Fischi di Carta
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A Vida Em Movimento

È un sabato sera che forse no, è un giorno anzi una notte e non mi sconvolge quest'indecisione che centrifuga la realtà.

Tra bicchieri appesi al soffitto -apparecchi fonici per la sordità dei sogni che preghiamo sentanoquattro tacchi di tango e del vino colato; ci rubano i soldi e anche la vita, spezzata tra i flutti franti del nostro Oceano personale -chiodo spuntato che non si fissa al muro-. Alla carne si aggrappa il ricordo (tra l'azzurro e i lusitani) di come bisogna essere per vivere. In quest'esistenza a brandelli adesso mi curo di cucire brani di note, rapsodo di gesta da sentire anche quando la gloria sarà deglutita.

Qui trovati ora come da una vita ridiamo della ruggine sulle maglie della prigione, dei dolori -e un altro giro sotto la torre dei Chierici ci rammenta la grandezza di quando battiamo questo suolo sfiorito ed il resistere alle lamiere che ci tagliano le vene.

-e un altro giro e ribolliamo di ideali e questo basterebbe se solo ognuno, seduto sul sacco di paglia bruno -ch'è poi solo il suo viaggio espresso per la felicitànon anelasse con le fauci ad un infinito che hanno detto non esserci per noi.

-e un altro giro dove partecipiamo del nostro buio collettivo, riflusso fratturato di cuori assetati, minuti afferrati per la coda e cieli di stelle perduti.

-e un altro giro e suggiamo un succo puro dalle radici della vita, che spande la nostra forza nella bufera della notte.

-e un altro giro andiamo oltre il ponte che ci separa dal prossimo drago, dalla nuova storia: pensiamo a cuore libero e percuotiamo con forza le nostre mani sulle spalle del destino. Oltre il ponte mille lettere da colare negli abissi di chi incontreremo perché nessuno può esimersi dal vivere.

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Alessandro Mantovani
Fischi di Carta è
Corrosione
nuovo libro di Federico Ghillino per Habanero edizioni presentazione e reading con la partecipazione dei Blue Beat Facebook BLUE BEAT (Genova) YouTube BlueBeatChannel presso Mentelocale café a Palazzo Rosso Via Garibaldi 12, Genova 27 Aprile 2013 ore 18,30 in apertura – ore 17,30 – sarà presentato L'eco del torrente in fiamme di Antonio Calabrese 7
in uscita
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Fischi di carta è fondata ed animata da:

Federico Ghillino

autore di Rintocchi d'ombra (Habanero, 2011) e Corrosione (Habanero, 2013)

Silvio Magnolo

Alessandro

Mantovani

membro della Società dei Masnadieri (www.facebook.com/SocietaDeiMasnadieri) autore di Dalla Parte della Notte (Noirmoon, 2013)

Andrea Pesce

Emanuele Pon

membro della Società dei Masnadieri (www.facebook.com/SocietaDeiMasnadieri) autore di Dalla Parte della Notte (Noirmoon, 2013)

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