Fischi di carta 7 (06/2013)

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Fischi di carta

Poesia di cinque giovani fischianti

Editoriale

Carissimi lettori è giunto il momento di ringraziarvi ufficialmente! Con questo numero abbiamo raggiunto e superato mezzo anno di vita. Ebbene sì: dopo sette mesi ho trovato consono il fatto di ringraziarvi per l’affetto e l’interesse, che fin da subito, avete dimostrato per questo nostro piccolo progetto. Per questo motivo vorrei rendervi grazie, a nostro modo, usando le parole per descrivervi quelle piccole esperienze e quei piccoli incontri con cui ci avete riempito di gioia. Ringraziamo quel tale che nemmeno presentandosi si è avvicinato congratulandosi con noi, ringraziamo quelle due giovani ragazze nei pressi di via San Vincenzo che vedendoci arrivare ci hanno abbracciato spronandoci a continuare, ringraziamo quel povero letterato della stazione empolese che, dopo averci abbordato chiedendo due spicci, è tornato in strada con un euro e un fischio di carta, ringraziamo tutti i giovani e i meno giovani che con assiduità continuano a prelevare uno per uno pezzi di noi dalle piccole buste sparse nel genovese. Ringraziamo infine tutti voi amiche ed amici lettori che ci seguite via web persino dall’estero. Potrei andare all’infinito a dispensare il dolce peso della parola Grazie, poiché ve lo meritate e, perdonatemi un po’di vanità, ce lo meritiamo. Se ripenso ancora a come era nata questa rivista mi metto a ridere un poco: immaginatevi un giorno

di allerta due e noi tutti zuppi con l’umido perfino nelle ossa rintanarci nel bellissimo caffè Cambi. Sembravamo cinque scappati di casa: io con una tuta mimetica (manco dovessi partire per il Vietnam) e una borsa blu scuro con i pochi ricambi utili per poter sopravvivere in albergo, nel qual caso non fossi riuscito a rincasare. Silvio con la sua solita tenuta di jeans, t-shirt, maglioncino di cotone ed una ventiquattrore, insomma una fusione tra Steve Jobs e Roger Taylor. Emanuele, il più vicino di tutti rispetto al luogo stabilito per l’incontro, si presentò con il classico abbigliamento di chi si presenta ad un concerto Metal: capelli lunghi e sciolti, pantaloni jeans di un colore tendente al grigio verde, maglietta con una enorme “V di vendetta” stampata sul petto e ovviamente senza l’ombrello, convinto erroneamente che nel breve tragitto non si sarebbe inzuppato. Alessandro come il suo compare Masnadiere arrivò senza ombrello ma con almeno quaranta minuti d’anticipo, quanto bastava per beccare quel momento di tregua e riparasi sotto a delle assi da ponteggio. Infine Federico giunse non soffrendo di un particolare disagio nel vestiario, salvo portarsi appresso uno strano ombrellino che più che un paracqua sembrava uno di quei cappelli con annesso ombrello. Eppure nonostante fossimo così agghindati riuscimmo ad entrare nel Cambi. Ricordo ancora

l’Alessandro aprire l’assemblea con la sua voce echeggiante: “Ragazzi come lo decidiamo il nome ?” e il Silvio assieme al Federico rispondergli: “Direi scegliendo cinque proposte a testa e, mettendole in comune, vedere cosa succede” così facemmo e dalle ceneri della nostra condivisione nacque il nome Fischi di carta. Ed è dalla parola condivisione che voglio ripartire. Poiché in fin dei conti noi condividiamo delle esperienze e delle emozioni, ve le proponiamo mettendoci a nudo, mostrandovi il meglio e il peggio di noi e di ciò che ci circonda. Siamo forse lenti o filtri della realtà che spesso non vuole manifestarsi agli occhi di tutti? Certamente l’essere troppo indaffarati porta a non voler o non poter gustarsi le cose, con ciò non voglio insultare la vostra intelligenza o darvi degli imbecilli, il mio è un placido consiglio: provate quando avete per le mani o davanti agli occhi un fischio di carta a rilassarvi e lasciare che la vostra mente viaggi libera dalle barriere imposte dalla società. Provate ad immaginare, sognare, vivere la realtà come veramente è e non come ci dicono che sia. Sono sicuro che tutti voi carissimi lettori riuscirete a percepire l’ebbrezza di come ci sentiamo noi quando scriviamo.

Fidatevi, ne vale la pena.

Numero 7
Giugno 2013
Andrea Pesce

Pelle

Sfilaccio la sua pelle Giacché l’abito ha già Stracciato da se, Issato al manico Della porta Simile al tacco Che slancia il suo vizio Estasi per lo sguardo.

Stringo al volto La fossa che Nel mezzo dell’otto Si epifanizza Tra i suoi seni. Fremo col suo ritmo D’assedio.

Ho nello spiraglio Di lei innanzi a me Provato il brivido Dello sfiorare L’epidermide

Per poi sfilare Alla fremente fonte Saggiata con fermo Remo di gaudio.

Uscita

Primo Appuntamento: Iniettati in seno Alla luna Parlare di Tutt’altro che Noi.

P

È torbido il fermento Degli sguardi Intorno a me Tanto che Una P di parcheggio Mi pare snocciolare Più allegria. Ma il candito Di questo disegno Tessuto con il cavo D’acciaio del mio treno È quella pietruzza Che incavata Nel tuo sguardo Mi depaupera Del mio misero Fiordo Di rilassatezza.

Andrea

Fischi di Carta
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La Vita in Movimento II

Pigiati e seduti in un caldo opprimente stringiamo mani tra sorrisi quasi familiari – non importa come: il callo mi accetta nella sua saggezza, la donna mi cede le dita sottili.

È un festival di sensazioni amalgamate in un'occasione privata per guardarsi le viscere e, forse, gioirne.

Sento il fischio alto levarsi tra gli astanti, una musica meno corrosiva di quella del mio cuore, parole di vigore forti a inorgoglire e più non mi tange l'esperire futuro che proverò a notte inoltrata.

E sorrisi, ancora molti, confusi nel movimento della vita che ci unisce, che gestisce le nostre imprevedibilità, gli accidenti, le casualità. Con perizia lavora il momento e la foga cresce in me tra abbracci quasi a stento e abissali profondità.

E poi lei al fianco, il brillio dell'espressione mi rammenta un viluppo di desideri non purgati, lei è ora il mio bastone per erigermi, il puntello che mi inchioda coi suoi occhi al muro della completezza.

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Alessandro Mantovani

Nero pasquale

Dietro al gelsomino Timido, dove Sta il merlo, Io mi soffermo.

Mi basta vederlo, Dentro le cose Nei posti che so Fedeli, fermi;

Cade sul cuore Un cumulo Di vene morte, Come una secca Palma, incenerita Dal sole.

Silvio Magnolo

L'ultima goccia

(memoria di un diluvio)

L’ imperioso contegno Di una goccia di pioggia Prima di cadere

Appesa solo a se stessa Nel fragore opalescente Di un disastro migliore

Che rigonfia E scoppia la speranza. Nel diluvio, Scorno millimetrico Di dolci correnti

E acque indifferenti, Somma di caos E vagito immenso

La goccia singolare Rimane salda

Assomiglia solo a se stessa, Nella situazione torrenziale In cui versa il sentimento:

Sul bordo del disincanto La gente piange E si appoggia

La solidarietà È sublime disperazione.

Silvio Magnolo (da Guglie di vento)

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Il calore1

Percorriamo a lenti passi questa spiaggia. I sassi enormi che si scontrano emettono suoni secchi – si confondono le nostre parole –prosciugati dall'arsura solare e dell'aria marina che lascia alle pietre un incrostato biancore salino. Poi c'è un colle che digrada sul mare; sul colle i resti di una torre secolare; la torre in rovina è una terrazza da cui scrutare dall'alto Moneglia e il mare; in cima al colle un castello a cui non sappiamo arrivare circondato dalla fitta macchia arbustiva; con perizia si incastona uno spiazzo e una panchina che è un'oasi ombreggiata resa viva da noi, che ci muoviamo e ci diamo baci mentre i corpi si divincolano dai vestiti perché la voglia è tanta la voglia, la voglia di amare incautamente, di toccarci tutto il corpo, sussurrare lentamente. E sentirmi la spelonca di salsedine dove il vento d'oriente, per un po', va a riposare, sentire dentro quella brezza primaverile, calda, del Grecale.

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1 a Martina 5

Scale Mobili

Non ho mai vissuto tanto forte o tanto a lungo da poter vedere, con gli occhi fissi a scrutare nel presente, il mutare delle cose intorno, fuori e dentro; ora che sono quel mutare, quello spasmo d’onde nuove attonito mi colpisce, e mi bagno della pioggia agrodolce del tempo. Appartengo a questo scorrere che governa i miei passi: altrimenti, li lascerei indietro. Sono gocce le mie ore, stillano sui vetri spessi che vogliono tenermi al sicuro, al sicuro dal cielo, fermo a camminare avanti in questo corridoio elettrico: sfilando la passerella dei giorni, posso solo aspettare, ora, che il vetro si rompa infrangendo il meccanismo, e frammenti attimi soffi a migliaia cadano negli abissi che nutrono questo nastro; posso solo aspettare, ora, prima che smetta di piovere.

Il Nocchiero

Nient’altro che fantasmi e desideri canto sottovoce, fantasmi bui che non ho mai saputo conoscere; mai ho avuto il coraggio di guardare da vicino, scoprire il loro urlo.

Spesso ho creduto in me d’incrociarli sul mio cammino, lastricato sempre di cenere che non c’è, artificiale, un riflesso in specchi di cartapesta.

Perso nel teatro d’ombra e dolore che mi circonda, la vecchia maschera ancora mi stringe il cranio fragile; mentre canto fiamme, mai l’oceano, cerco e ritrovo il mare in tempesta, lo manipolo, lo piego a me stesso:

sono il falso timoniere ubriaco di un cuore in confusione, che ora ride del suo ultimo nocchiero in lacrime.

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Le poesie dei lettori

Come vi sarete accorti dai numeri precedenti, questa settima pagina è uno spazio duttile ed eterogeneo. Malgrado ciò, pur mantenendo questa sua flessibilità, ci piacerebbe creare una rubrica in cui accogliere poesie di altri autori che noi conosciamo direttamente o che si manifestano contattandoci. L'idea è nata dalle richieste di collaborazione che abbiamo ricevuto da amici, conoscenti e sconosciuti, quindi, ringraziando tutti coloro che senza timore si sono mostrati, speriamo che la nostra idea possa farvi piacere ed invitiamo chiunque sia interessato a scriverci!

Antonio Calabrese, autore lucano, è legato a Genova per motivi di studio. Molti dei suoi componimenti si ispirano al rapporto tra la sua città natale ed il capoluogo ligure.Ad aprile 2013 con Habanero edizioni ha pubblicato L'eco del torrente in fiamme, la sua prima raccolta.

Estate

Oddio, il profumo d'estate. Le betulle sono in fiore; colori di camelie. Libertà, una parola gridata sotto la sabbia; dietro le arsure pomeridiane di cicale frinenti, tra i sentieri sterrati delle pinete metapontine, osservo riflesso il mare, in un sorriso che mi scuoce. Non può essere inverno tutta la vita.

Antonio Calabrese (da L'eco del torrente in fiamme)

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Contatti

fischidicarta@gmail.com

Per lodi, insulti, consigli, proposte, domande e quant'altro potete contattarci a questa mail. Usiamo un solo indirizzo in comune, perciò se qualcuno volesse contattare uno soltanto di noi deve semplicemente specificarlo. Grazie! www.facebook.com/FischiDiCarta www.twitter.com/FischidiCarta

Tutti gli arretrati sono liberamente consultabili all'indirizzo www.scribd.com/FischiDiCarta

Fischi di carta è fondata ed animata da:

Federico Ghillino autore di Rintocchi d'ombra (Habanero, 2011) e Corrosione (Habanero, 2013)

Silvio Magnolo autore di Guglie di vento (in uscita per Ibiskos Editrice)

Alessandro Mantovani

membro della Società dei Masnadieri (www.facebook.com/SocietaDeiMasnadieri) autore di Dalla Parte della Notte (Noirmoon, 2013)

Andrea Pesce

Emanuele Pon

membro della Società dei Masnadieri (www.facebook.com/SocietaDeiMasnadieri) autore di Dalla Parte della Notte (Noirmoon, 2013)

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