Inserto di prosa della rivista poetica Fischi di carta
Prossa Nova Dicembre 2014 Numero 4
‒ Editoriale ‒ Nel bosco, mentre il sole sta calando, l’amico che ci fa da guida si ferma pensieroso di fronte ad un bivio e poi commenta: «E Gandalf disse: “Non ho memoria di questo posto”» così anche se siamo un po’ stanchi e forse ci siamo anche un po’ persi, subito la citazione spiana la strada al sorriso. Io, come molti altri, ho letto il “Signore degli anelli” e ne sono stata anche, per un certo periodo della mia vita, un po’ infatuata. Mi piace citarlo tra me e me, o ritrovare in un paesaggio qualche elemento che mi ricordi la sua geografia fantastica. È un mondo, quello di Tolkien e dei suoi antenati ed epigoni, che sembra sempre accogliente. Forse è per questo che il genere ha riscosso e riscuote ancora così grande successo. Tuttavia, (ed ora mi farò odiare) ritengo che talvolta questo tipo di letteratura dia segni di stanchezza e cedimento. Le saghe sono sempre più lunghe, gli episodi si moltiplicano, ma senza aggiungere nulla di veramente nuovo, anzi grattando il fondo del barile di un genere che è già di per sé ricco di stereotipi (e neanche quando le saghe finiscono, neanche allora i lettori le lasciano andare: ci sono i seguiti redatti dagli appassionati, le fanfiction di cui già si parlava in un precedente editoriale). Malgrado io ami molto il genere, penso anche che non sia valida la regola del “qualsiasi fantasy, purché sia”, e che non valga la pena leggere un libro scontato o mal scritto, solo per nostalgia della “terra di mezzo”. Claudio Guillén scrive: “il carattere assolutamente sorprendente della nostra esperienza sociale e politica rende sfumata ed enigmatica ogni distinzione fra il
verosimile e il favoloso. La narrativa fantasy interroga questo stupore e questa incertezza”. Il suo è solo un accenno, ma credo meriterebbe di venir approfondito. Quali sono le ragioni del grande successo del fantasy? Penso che forse una delle motivazioni consista nel presentare un mondo “semplice”, da una parte il nero dall’altra il bianco, da una i buoni e dall’altra i cattivi – del resto, nessuno può provare pietà o compassione per un orco o per un troll di montagna –. Invece i conflitti che ci presenta la nostra attualità, la nostra politica, sono ben diversi, oceani di complessità dove forse l’unico modo per tentare di venire a capo del problema sarebbe proprio quello di ascoltare, una buona volta, anche le ragioni degli altri. Vorrei sapere il vostro parere. Che ne pensate voi delle ragioni della fortuna del fantasy? Se avete un’opinione in merito scriveteci sul sito, inserendo un commento nella sezione editoriali di Prossa Nova! Quanto a me, vi invito caldamente a non lasciarvi rinchiudere da un genere (qualunque sia, per quanto bello), sarà sempre, per voi, una limitazione. Spaziare in campi diversi dà molta più libertà, più senso critico, più emozione. E visto che abbiamo in progetto di aprire una pagina dei lettori, invito gli scrittori di fantasy a provare, anche solo per una volta, a cimentarsi in un racconto che parli di questa nostra realtà, deponendo le armature e calzando i panni di oggi, su sentieri di carta e inchiostro. Amelia Moro
La gabbia di plastica In mezzo alla stanza Giulia non balla, ma ondeggia sulla musica che esce secca dalle casse. La sua figura sottile e ricurva, come lo spicchio di una testa d'aglio immaturo, si dondola a destra e a sinistra e fa oscillare i capelli a caschetto che sembrano innestati, tanto è netto lo stacco tra la loro radice peciosa e la pelle del collo di un pallore stravolto. NESSUNO (si avvicina barcollando leggermente, le si mette a fianco): Vuoi ballare? GIULIA (la faccia rivolta verso l'alto, senza
guardarlo): Io non ballo. NESSUNO (indica la tasca del suo bomber): Ti offro qualcosa? GIULIA (indica la bocca): Già preso. NESSUNO (con la mano a cono sull'orecchio): Eh? GIULIA (muove leggermente il braccio) : Sparisci. Giulia sussurra roca come potrebe farlo un ragazzo estenuato e si allontana per prima, facendo svolazzare la gonna nera ed esibendo un forellino regolare sulle calze, poco sotto il ginocchio.