Prossa Nova 10 (estate 2015)

Page 1

Prossa Nova

n° 10 Numero estivo 2015 Genova

INSERTO DI PROSA DELLA RIVISTA POETICA Fischi di carta

EDITORIALE

Ed eccoci arrivati all’ultimo numero prima della pausa estiva! Con la rivista cartacea ci rivedremo a settembre, ma nel frattempo non pensiate che la redazione se ne stia con le mani in mano… come vi avevamo già annunciato nello scorso numero, è in arrivo sul sito www.fischidicarta.it Infischiatene: una nuova rubrica che oggi vi presento. In questo spazio si parlerà di libri e di tutte le novità interessanti riguardanti il mondo della letteratura, raccontando le ultime uscite con recensioni ed interviste. Ci piacerebbe così aprire uno spazio di confronto e di informazione, presentandovi le novità che animano la scena letteraria: al momento la nostra redazione si sta occupando di una serie di approfondimenti dedicati alle opere in concorso al Premio Strega. Non mancheranno però recensioni di autori “classici” in occasione, ad esempio, di nuove edizioni. Infischiatene è un progetto particolare per diversi aspetti: innanzitutto non apparirà sulla rivista cartacea ma soltanto sul sito, perciò non sarà soggetta alle solite scadenze mensili ma seguirà un ritmo di uscite tutto suo. Inoltre, e questo è l’elemento più importante, la rubrica verrà curata non solo dall’intero collettivo Fischi di carta (quindi sia dalla redazione fischiante che da quella prossante) ma soprattutto da voi lettori. Estendiamo l’invito a chiunque sia interessato a partecipare non solo con un articolo occasionale (che sarà comunque senz’altro ben accetto!) ma anche con una collaborazione prolungata nel tempo. Perciò infischiatene di ogni timore e facci sapere la tua. Amelia Moro

LA PRIMA SERA DI MAGGIO «Ali, mi fai un Monte?» Con gli occhi ancora bassi afferro la bottiglia verde scuro e ne verso un bicchiere. Quando vedo a chi lo sto allungando, mi rendo conto che avrei voluto sputarci dentro. Subito attacco: «No ma bravi i tuoi amici oggi.». Mi sembra che i ragazzi seduti al bancone abbiano smesso di parlare e si stiano guardando le scarpe. Lorenzo, in un tavolino da solo, finge di interessarsi ai vecchi che giocano alle slot. Michele, invece, butta giù il liquore e fa una faccia annoiata, ma lo vedo che è teso, io lo so che quando è teso stringe i pugni. «Sono un po’ stufo di ripeterlo a tutti quelli che incontro, ma mi piacerebbe che insieme a te sentissero anche gli altri: i teppisti di oggi pomeriggio non sono amici miei. Sono in disaccordo totale con qualsiasi cosa abbiano...». Lo blocco: «Fino a ieri tu qua dentro facevi i grandi comizi contro l’Expo e ora prendi le distanze da quelli là. Forse hai paura, ma non siamo mica sbirri. Puoi dircelo che c’eri pure tu.». Michele accoglie la provocazione stringendo i pugni ancora più forte e appoggiandosi con i gomiti sul banco. Sembra voler continuare con il suo discorso, più infastidito dall’interruzione che dalla botta di vigliacco: «Posto che no, non ve lo direi, comunque non ci sono andato. Hanno distrutto tutto senza nessun senso: quella non è politica, è casino. Se c’era una sola speranza che l’opinione pubblica capisse davvero che cosa fosse Expo, quella è stata cancellata. Da oggi il movimento di protesta verrà associato a una Ford Fiesta in fiamme e di questo non sono contento.» «E tutti quei discorsi su imprenditori mazzettari, politici invischiati fino agli

occhi, sul prenderli tutti a calci nel culo? “Bisognerebbe appenderli per i piedi” dicevi. Beh oggi ci hanno provato no? D’altronde erano vicini: se li avessero fatti arrivare ai padiglioni, sicuramente si sarebbero comportati come volevi tu.». «...sicuramente si sarebbero comportati come volevi tu.». Disturbato dalla voce di Alice, smetto di guardare il tabaccaio giocarsi l’incasso di ieri. Madonna se pure lei si mette a parlare di politica è davvero finita. Vedo Michele sbracciare in modo esagerato in segno di impazienza: «Io voglio una protesta che costruisca un dialogo con le persone, che le faccia ragionare, che le levi da questa ignoranza che hai tu. Alice, renditi conto che parli ma non sai manco dove sono i padiglioni né dove erano oggi i manifestanti. Ci saran stati venti chilometri di distanza tra loro.». Michele sul “venti” dà una manata sul banco. Il cuore deve battergli forte ora, tanto che la sua solita vena sulla fronte vibra proprio come quando corre lungo la fascia. Smetto di fissare i display delle macchinette e mi alzo dal tavolino per evitare che la cosa degeneri. Tanto non lo capisco mai qual è quella che ci mette più tempo a pagare. Intanto Alice ha imposto il suo piccolo dito olivastro contro il naso a gobba di Michele: «Se ti permetti ancora una volta ti butto fuori.». «Dai fallo -risponde lui- buttami fuori da ‘sto bar di...», da dietro gli metto una mano sulla spalla e una birra in mano: «Su Miche sediamoci lì che non mi hai ancora raccontato come è andata con quella là.». Invento, non

Prossa Nova

1


c’è nessuna quella là, ma vedo la faccia di Alice immobilizzarsi per un secondo e le sue mani mettersi furiosamente a lavare bicchieri. Pazienza, almeno non urla più. Ci sediamo. «Chi è quella là?» mi chiede Michele col sorrisetto spavaldo. «Sei scemo? Chi vuoi che sia? L’ho detto per tirarti via da lì.». E lui, a voce bassa: «Scemo sarai tu, l’ho detto per reggerti il gioco.» «Sì sì grande. Piuttosto hai visto oggi? Madonna che casino. E la polizia? Niente. Certo, qualche fumogeno, ma neanche una carica. Ci vorrebbero proiettili di gomma ad altezza uomo o scariche elettriche con il taser: qualcosa che non ti ammazzi, ma che ti stordisca abbastanza da portarti in questura e lì farti passare la voglia di rovesciare macchine.». È sempre un po’ il solito discorso, è vero, che finisce con la voce di Michele alta e nasale che elenca a me, e a tutto il bar, la quantità di diritti umani che ogni giorno la polizia viola in Brasile, agitando alla fine il suo pugno alzato e chiuso. Ma se di solito Michele mi rimprovera di avere solo rabbia e nessun dato, oggi i dati li ho e sufficienti per vincere: «Ho visto l’intervista a un macellaio che diceva di aver la macchina distrutta. Un macellaio eh? Con la bottega, le bollette, magari un mutuo. Chi gliela ripaga quella macchina? Chi dà i soldi per le vetrine spaccate? O nessuno o lo Stato, di certo non quei tossici.», finisco il discorso e Michele sta in silenzio a guardare la birra sul tavolo. Oggi l’argomento polizia non lo accende, provo a smuoverlo da un’altra parte: «Miche, ci sei andato oggi a ‘sto Expo?». «Miche, ci sei andato oggi a ‘sto Expo?». Mi ci manca Lorenzo. Poteva restare a far la posta alle macchinette, ma no, si doveva intromettere; si deve sempre intromettere quando sto con Alice. Sbuffo, faccio per alzarmi dal tavolo, Lorenzo mi tocca la mano e mi risiedo. «Ma no, no che non ci sono andato, te l’ho detto.» «Pensavo lo avresti fat-

to.» «Anche io.» «Quindi sei d’accordo con quelli là?» «Ma se ho appena detto di no. Sei scemo forte.» «Che ci saresti andato a fare allora?» «Il pippotto l’ho già fatto prima, chiedilo ad Alice. Che poi chissà perché si è tanto arrabbiata.» «Si è spaventata. Oggi pomeriggio il TG ha fatto la diretta degli scontri e Marcello ha detto che i black bloc bisognerebbe ammazzarli.» «Fascista.» «Sì, beh, due manganellate ben date e vedrai che... ma comunque è dalle quattro che Alice è tesa come un elastico e appena ti ha visto è partita.». Non rispondo e do un’occhiata alla TV nell’angolo. Fanno rivedere la manifestazione. Non sento il commento ma già lo conosco: “Condanna da tutte le forze politiche. L’inefficienza della questura che lo sapeva da mesi. Le nuove generazioni con il cervello cotto da GTA”. E lo conosco perché è anche il mio, di alta caratura morale e basso rischio. I black bloc mi spaventano con il disordine, la densità, il loro essere neri, sicuri, apparentemente pronti a tutto, ma sono lusingato che Alice e Lorenzo mi ci associno senza che io faccia niente per meritarmelo. Vorrei quasi starci in mezzo a quell’esercito senza insegne o distintivi, senza niente che mi faccia riconoscere il giorno dopo: senza la maschera antigas ma con una coca zero in mano o in fila all’unico bancomat che non ho fatto a pezzi. Agire non per qualcosa ma contro, ostinatamente e violentemente contro. Fare parte di un gruppo in cui serpeggia un condiviso e antichissimo senso di odio. Nessuna spiegazione a nessuno, solo botte da prendere e da dare. Nessun dialogo con chi non vuole dialogare. Non so quando l’attrazione abbia scalzato il vecchio disgusto. Soprattutto non so perché. Forse sono i modelli sbagliati. Forse è quel mio pugno alzato e chiuso, che sembrava aver dentro qualcosa e invece era vuoto. Matteo Valentini

MARIA MADDALENA (PT. 2) «Mentre parlavano di queste cose un grosso animale, come un oscuro presagio, raggiunse la cima dell’altura, scodinzolando, dove per 70 volte sette secondi la sola carne di due giovani aveva infranto il gioco della separazione e della sofferenza: quel giorno, infatti, un esemplare raro di Pastor Theotiscus Niger lasciava di corsa la casa del padrone, nella speranza di rompere quel celibato che da tempo lo rendeva agitato sul lavoro e disattento, senza appetito e rimproverato dal vecchio datore, il capraro. Ma poiché il senso, diremmo così, letterale di un cane è l’odorato, e poiché, si direbbe scherzando, la sola carne odora meglio che quella anche di una sola capra, quel giorno corse dal piccolo gregge sul piccolo pa2

scolo dritto in cima, per la sua voglia di conoscere alla lettera una femmina pastora. Affascina il racconto di un celebre prelato ligure, Jacopo da Varazze agiografo, che nel santorale duecentesco noto come ‘Legenda Aurea’ tramanda un giorno Maria di Magdala bagnarsi sulla riva del mare per la purificazione del corpo, ma il Diavolo scatenò un forte vento e ne venne in mare una tempesta tale che le onde avrebbero risucchiata la santa donna: a salvarla per miracolo fu la visione del Risorto, che proprio in quei lidi si dice fosse morto una volta per tutte, in ascesa. Apostola Apostolis, Maria eccitata raccontava ai discepoli l’accaduto e Simo-

Prossa Nova


ne, detto Pietro, la interrogò con queste parole: tu che sei una Sorella per ciascuno di noi, diceva, insegnaci ora secondo le parole che il Maestro ti ha affidato, dicci ciò che la tua memoria privilegia. Maria allora incominciò: l’Insegnante, disse, mi ha amata in modo diverso. Apparve in sogno durante la tempesta. Parlò così. Come parlano gli amanti: In verità, non vi è frontiera. Soltanto gli occhi non vedono il Dentro che sta nel Fuori. Il figlio dell’Uomo crea il Mondo, che fa i mondi: bisogna uscire dal sogno dei mondi perché la gioia nasce nell’Io che ha concepito il gioco dell’errore. Per questo il Bene ti ha salvata, perché ogni cosa torni all’essenza che sta sul limite. Gli uomini amano la loro realtà costruita ed adultera, è questo il motivo per cui muoiono e si ammalano: la Morte arriva e dice loro: ”È troppo tempo che vivete nei sogni e nei mondi, dorma in eterno chi si compiace nel lamento!”. In verità ti dico, fatti coraggio, il Figlio dell’Uomo è dentro di te. Lamentarsi non è affatto attraente, disse Maria. È tutta la vita che le donne vogliono insegnarmi come essere attraente, rispose. Si lamentava in effetti di quel cane che ora, comodamente si lasciava attraversare il pelo dai di lei tatuaggi sulle di lei dita. A tracciare una retta sullo schermo da Mondsee facevano 511.07 km, pensava, e lei, Maria, non aveva mai smesso di viaggiare lungo il mare che sta in mezzo alla terra, per l’Africa e l’Europa fino a quella loro stretta, sulla cima di una altura che guarda Pedona. E adesso, pensava, un cane pastore si prendeva tutte le carezze: per i cani, diceva, al mondo c’è amore. Per i cani c’è cibo, c’è spazio, c’è verde, c’è lavoro, affetto e comprensione. Gli uomini non sanno darsi affetto a vicenda, così lo danno ai cani. Ma se si vietassero i cani, diceva, la gente andrebbe nel panico, dovrebbe fare i conti con le risorse, con la natura, con la gente. Bisognerà che il lettore, certamente amante dei cani, perdoni questo sfogo all’apparenza insensato: dovete sapere infatti che da quando aveva lasciato la casa del padre, il 18 Dicembre 2014, si era sentito molto solo. Durante il primo mese, ad esempio, gli capitava spesso di abbandonarsi sul pavimento di casa, stremato dal lavoro, e lasciarsi andare ad un pianto dirotto. Ebbene l’animale, esso, com’era arrivato lassù capiva di averlo solo mal annusato, il calore di una cagna, e, a consolazione, volle accomodarsi tra i due amanti che prendevano il sole, a prendersi le coccole. Odio i cani, continuava, non sono cani veri, non esistono davvero: sono solo un’intenzione d’amore, sviata dal mondo per vigliaccheria. A queste parole Odino (era questo, infatti, il nome dell’animale), che fino a quel momento aveva trascurato i suoi impegni, si voltò indietro verso il pascolo lasciato, perché avvertiva che qualcosa di inatteso sarebbe accaduto. Ecce homo, disse Maria.

Il padrone di Odino era un ometto grigio e minaccioso, 40 anni di contributi da salumiere, un anziano signore ben rasato che veniva da oltremare, e in particolare da Olbia (Sardegna) che un tempo, diceva, si chiamava Terra Nùa. Una volta lasciata l’attività si era ritirato in collina, trascurato dal parentado, per trascorrere gli ultimi anni della sua vita umilmente, da eremita. Quel giorno, però, aveva perso la pazienza con quel cane tanto inetto e montava sulla cima, e su tutte le furie, aiutandosi con il bastone. Disse il pastore, sei qui finalmente. Il cane, agitato, fece per andargli incontro, ma il vecchio capraro lo colpì con la mazza duramente e lo sgridava e lo calciò sul muso, e sulle costole per insegnargli la lezione. Odino zoppicava ora, guaiva leggermente mentre sanguinava sul prato. Così quel giorno, guardavano il sangue nero come il petrolio sull’erba umida del mattino. Maria, lei, piangeva e piangeva e guardava il mare: Voglio vedere i posti più assurdi del mondo, gli disse, lavorare su una piattaforma petrolifera. Una piattaforma petrolifera? Sì, voglio stare su una di quelle cazzo di piattaforme che trivellano l’oceano. “Poiché ti dici messaggero e interprete, degli elementi e dei fenomeni di questo mondo, dicci dunque, come possiamo seguirti rispettando la legge di Mosè e dei profeti? Gesù disse: Fate agli altri tutto quello che volete che essi facciano a voi: così comanda la legge di Mosè e così hanno insegnato gli altri profeti”. Kaarl Ahadamson, psicologo e neuroscienziato, presentava nel 2004 una tesi di laurea all’università di Magonza dal titolo: Ontologia, Ermeneutica e Semiotica nei Vangeli Canonici della Chiesa di Roma. Secondo le sue teorie, questa cosiddetta ‘regola d’oro’ (Matteo 7,12) non sarebbe altro che una translitterazione del principio psicologico secondo il quale “proiettiamo la nostra sfera psichica sul mondo che ci circonda e interpretiamo i fenomeni e la personalità degli altri secondo quello che è il nostro orizzonte semiologico-percettivo.” Per Ahadamson, Cristo aveva intuito “l’importanza della nostra psicologia nel determinare gli eventi della nostra vita, tanto da poter compiere quelli che venivano interpretati come miracoli, e che derivavano dalla profonda conoscenza di Gesù del ‘linguaggio del mondo’, la realtà determinata dalla nostra stessa psiche: ‘parlare’ questo linguaggio gli consentiva di ottenere notevoli effetti e cambiamenti sul mondo contingente, perché linguaggio e materia sono in fondo due facce della stessa medaglia”. Maddalena bussò un giorno improvviso alla porta di casa. Questa, in verità, era iscritta al Catasto come Magazzino C2, e il commercialista aveva detto che non era tra le spese deducibili alla fine dell’anno da un venditore di accessori per il cucito. Nel frattempo Maddalena, lei (la ricorderete), era

Prossa Nova

3


giunta a Pedona dopo un lungo viaggio tra Norvegia, Francia ed Egitto, quella cittadina estesa tra il mare e le colline e Maria e quel camallatore di borse, che insieme abitavano in un magazzino. Dissero, chi sei?, da dietro la porta, e quando capì che si trattava di Maddalena, Maria scoppiò in un riso infinito. Maddalena, lei, era molto bella, stava sulla soglia e lasciava educatamente che Maria girasse e rigirasse la chiave, prima di accomodarsi. Era silenziosa, distratta, i capelli biondi: adesso, so com’è il tuo tipo, disse alle due amiche. Non si parlavano da tempo, ridevano, giocavano a carte, e quando che arrivò il Vespro Maddalena, anche lei volle fermarsi a dormire nella casa degli amanti. E poiché il senso, diremmo così, geometrico di una donna è la curiosità, e poiché, dice il proverbio, ‘numero dispari numero sacro’, ella volle quella notte giacere nel letto con la sacra coppia, per la voglia di conoscere in triangolo la carne sola. Durante l’amore ebbe modo di pensare lungamente alla sua vita. Pensava a quando aveva lasciato la casa del padre ed aveva smesso di essere figlio, allo spirito santo che aveva ad affrontare il lavoro e le facce della gente. Pensava ai tatuaggi di Maria, ai segni del mondo, al suo odio per i cani che non esistono davvero, i cani che esistono e basta. Tutto esiste, si diceva, tutto quello che puoi immaginare esiste, non vuole dire che sia vero. Dio, ad esempio, esiste eccome, ecco perché non ci credo. Se la smettesse di esistere sarebbe vero. La verità esiste, e quindi è una bugia. Ma quando una verità è mia allora diventa vera, diventa Dio, diventa cane: Dio è un cane vero. L’essenza sta nel limite, il limite dell’uomo è Dio, io sono il mio unico limite, io sono il mio unico Dio. Io sono la via, la verità, la vita, e ognuno di noi è l’Io e il Tu e l’Egli, e in eterno il Padre, e il Figlio, e lo Spirito Santo. Amen. Uno splendido esempio di semiotica dell’immagine sacra è rappresentato dall’Assunzione di San-

ta Maria Maddalena, dipinto ad olio e tempera su tavola (209,5x166,2 cm) di Antonio del Pollaiuolo, databile intorno al 1460 e conservato nel Museo del Pollaiuolo a Staggia Senese (frazione di Poggibonsi). Quattro angeli sollevano Maria dalla grotta dov’ebbe vissuto una vita di penitenza per trent’anni, mentre un quinto le porge l’eucarestia. La santa donna, i cui lunghi capelli coprono il corpo nudo, giunge le mani in segno di preghiera, rivolgendo lo sguardo alla meta celeste. Qui, il moto ascensionale è superbamente evidenziato dalla veduta ‘a volo d’uccello’ del paesaggio, ottenuta con un orizzonte ribassato, verso il quale il cielo schiarisce come all’alba. Il treno di linea partiva da Pedona alle 05:18. Donna educata, distratta, Maddalena di già era partita il giorno prima per continuare i suoi viaggi mentre Maria, lei, sarebbe tornata a Mondsee dopo che per una vita non aveva mai smesso di viaggiare. In quel tempo, in verità, non aveva il biglietto. Guardava il treno allontanarsi, superbamente in linea retta verso l’orizzonte ribassato, e da dietro il vetro opaco poteva vedere lei e le sue mani augurare salute. Così, le inviò un messaggio di testo (+43 il prefisso straniero): mi hai fatto sentire un ragazzo ‘appropriato’, la persona giusta al momento giusto, disse. Mi hai fatto sentire più che una ragazza, rispose. Quando aveva lasciato la casa del padre, da solo era andato a messa il giorno di Natale, il calendario gli aveva ricordato di vestirsi bene per la festa e consumare bene per l’economia del paese e adesso, Operaio di 6o livello, Procacciatore d’Affari, era solo in stazione a guardarla da lontano, lei, che non avrebbe più rivisto perché in effetti, pensava, tutte le linee portano fuori mano. Amen, anche se non sei il mio tipo, gli aveva detto, mi piaci comunque. Rispose, e perché ti piaccio? Be’, sei un ragazzo appropriato, disse Maria». Milo Karoli

Prossa Nova è cotta e ricotta da Milo Karoli, Amelia Moro, Matteo Valentini Per contattarci e inviarci i vostri racconti scrivete a: prossanova@fischidicarta.it Per collaborare con Infischiatene scrivi a infischiatene@fischidicarta.it Sul sito www.fischidicarta.it è nata la sezione Prosse dei Lettori. Il racconto di questo mese è Riflessioni mattutine di Enrico Giomi Alla prossima Prossa! 4

Prossa Nova


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.