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NUMERO 372 12 marzo 2019

N.93 PAGINE

Attualità: Il Gruppo Piaggio segna un +9,2% nel 2018 | Usato: Le Belle e Possibili di Moto.it: Ducati 1299 Superleggera | Storia: Yaneth: una giramondo in moto nel nome delle donne | Campioni: Vittorio Brambilla, “Il mago della pioggia”. La recensione | Tecnica: Dove nascono i cavalli. Le astuzie dei preparatori | MotoGP: Speciale GP del Qatar | MXGP: Le foto più belle del GP di Patagonia

KTM 790 ADVENTURE E 790 ADVENTURE R TEST. NESSUNA COME LEI IN FUORISTRADA Pagine 2-15

HONDA CBR650R. BENTORNATA! Honda riscopre la sua media sportiva a quattro cilindri, a metà fra le vecchie "F" ed "R". Ben rifinita, divertente nella guida, c’è anche in versione depotenziata A2

MOTOGP: DOVIZIOSO VINCE IN QATAR. SECONDO MARQUEZ Dovizioso vince il GP del Qatar dopo una battaglia spettacolare con Marquez, battuto in volata proprio sul traguardo

NICO "DIAVOLO E ACQUA SANTA" Dovizioso e Marquez non potrebbero essere più diversi, eppure finiscono per essere spesso molto vicini. Bello vederli quando guidano, per capire dove uno prevale sull’altro



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KTM 790 ADVENTURE E 790 ADVENTURE R. NESSUNA COME LEI IN FUORISTRADA di Andrea Perfetti IL TEST OFFROAD DI UNA (MEGLIO DIRE DUE) DELLE MAGGIORI NOVITÀ 2019. SONO LE KTM 790 ADVENTURE E 790 ADVENTURE R CHE ABBIAMO PROVATO SULLE PISTE DEL MAROCCO ASSIEME AI CAMPIONI KTM DELLA DAKAR. SONO I NUOVI RIFERIMENTI DELLA CATEGORIA? SCOPRIAMOLO INSIEME. PREZZI, PRO E CONTRO

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Commentate. Criticate. Al centro delle discussioni dei motociclisti che viaggiano e che fanno fuoristrada con le maxienduro. Le KTM 790 Adventure standard e R, insieme alla Yamaha Ténéré 700 in arrivo molto presto (manca poco alla prova ragazzi!) sono le protagoniste della nuova ondata di maxi dalle dimensioni midi. Pesi sotto i 200 kg senza benzina sono un dato notevolissimo, se pensiamo all'ingrasso generale delle endurone moderne. Ma la potenza di 95 cavalli e l'elettronica evolutissima fanno delle due Adventure provate in Marocco moto in grado di soddisfare un ampio spettro di utenti. Vediamo dopo come sono fatte, qui sotto vi diciamo come vanno. COME VANNO La prova della KTM 790 Adventure standard è stata breve, troppo breve per non annunciarvi subito che la proveremo molto presto in Italia. D'altra parte il Marocco è il paradiso del fuoristrada, mentre su strada l'asfalto ha livelli di grip semplicemente drammatici. Esageriamo? Pensate che la 4

ruota pattina anche in quarta e solo il pensiero di fare una piega è suicida. Della KTM 790 Adventure standard possiamo anticiparvi però tante cose. Ha un'ottima ergonomia e la sella regolabile (83 o 85 cm) la rende adatta ai piloti alti, ma anche a chi è alto 1 e 70 o giù di lì. Il serbatoio non dà alcun fastidio nella guida e anzi abbassa molto il baricentro. Anche coi 20 litri a bordo non si avverte praticamente l'aggravio di peso. La sella è comoda per il passeggero, mentre lo spazio dedicato al secondo è discreto e un pelo inferiore rispetto alle altre millone maxienduro. D'altra parte la 790 ha dimensioni e pesi (189 kg a secco, 209 col pieno) tali da non mettere in pensiero nessuno. I comandi sono morbidi, il cambio con assistenza elettronica (optional) è un vero burro, molto preciso. La strumentazione TFT è chiara e si legge bene anche con la polvere, mentre alcuni dati sono un po' troppo piccoli. Il cupolino si regola con una vite e ha una escursione di 4 cm. Nella posizione bassa ripara poco, ma anche in quella alta gli spilungoni sopra il metro e 85 prenderanno un po' d'aria (in particolare coi caschi da cross). 5


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Discorso calore. Abbiamo toccato punte di 33° nel deserto, ma il motore non ha mai creato problemi alle nostre gambe (e nemmeno ai gioielli di famiglia). C'è da dire per chiarezza che non abbiamo mai trovato traffico (sarebbe stato il colmo, alle porte del Sahara) e che gli stivali da enduro creano una bella barriera dal calore. In ogni caso ci è sembrato un altro mondo rispetto ai motori a V di KTM e delle concorrenza. Il motore è un gran bel soggetto, e questo vale per entrambe le versioni. Ha un bel rumore di scarico, è piccolissimo e rende la moto davvero compatta. Riprende dai bassi con dolcezza, ha una coppia regolare e sempre pronta ai medi. Agli alti spinge fino 9.000 giri e sopporta l'allungo come un vero diavolo. Le vibrazioni sono ridotte e compaiono solo sulle pedane. Ha 95 cavalli, che bastano e avanzano. Ottimi il cambio e anche la frizione a cavo con assistenza MSR, che rende praticamente superflua l'adozione di una frizione a comando idraulico. La moto dispone di serie di 3 riding mode e il pilota può settare

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a piacimento il controllo di trazione e l'ABS. Nonostante le ruote fuoristradistiche (21 e 18") la KTM 790 Adventure standard su asfalto è maneggevole, immediata, facile. Pensi una cosa e lei la fa, punto. Anche ad alta velocità resta stabile e precisa (c'è l'ammortizzatore di sterzo). La frenata è molto potente e modulabile. Le pinze sono della spagnola J.Juan, che realizza diversi impianti racing utilizzati nelle corse. KTM ci ha spiegato che la scelta è motivata dalla necessità di avere più fornitori e di non vincolarsi a uno solo (attualmente ha accordi con tre partner infatti). Le sospensioni WP, anche senza sofisticate regolazioni, mi sono piaciute. La forcella da 43 mm affonda il giusto e ha una bella idraulica, che parte bene anche in presenza di piccole sconnessioni. Le gomme di primo equipaggiamento sono le Avon AV53/54 nelle misure 90/90-21 e 150/70-18. Ok, volete sapere della R e ora ci arrivo.

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Prima voglio fare chiarezza su un punto, che anche a me non era limpidissimo prima del test. La 790 standard non è una endurona cittadina se paragonata alla cattivissima R. E' una vera maxienduro, che in fuoristrada ci va eccome, grazie ai 200 mm di escursione delle sospensioni, all'ergonomia ideale per la guida in piedi e al motore semplicissimo da gestire. Se la usate per fare turismo in due con le borse e volete affrontare un po' di fuoristrada ogni tanto, è la scelta ideale. Se invece siete in fissa col fango e col tassello, se volete fare il fuoristrada duro o almeno sognate di farlo un giorno, che male c'è? - ora tocca a voi. La KTM 790 Adventure R ha lo stesso motore gajardo della standard, zero protezione dall'aria e una sella più scomoda (a ben 88 cm). In più presenta il riding mode rally, che dà una risposta pronta del motore e un comodissimo sistema di controllo del livello

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del traction control. In sella si sta bene, c'è proprio una posizione da enduro, con un bel controllo. Iniziamo a fare il fuoristrada vero, duro con piste velocissime, ma molto insidiose. Si respira l'adrenalina e il profumo dell'estremo. Siamo sulle piste del Merzouga Rally. Si viaggia fissi a 80/90 orari, con punte oltre i 150 e l'occhio fisso sull'orizzonte. Bisogna intercettare come falchi i sassi, i cespugli e i terribili torrenti in secca. E' qui che emerge l'incredibile efficacia delle sospensioni della R. Forcella e mono incassano tutto, ma proprio tutto. Salti, dossi e cunette non scompongono la moto. Maxienduro da viaggio? No signori, qui sembra di guidare proprio una moto da rally con la bellezza di 94 cavalli. E' la potenza della mitica LC8 950, ma qui è ancora tutto più facile. Il serbatoio basso non deve spaventarvi. E' ben protet10

to e regge urti di tutto rispetto. Come spiego nel video, l'ho testato per voi e ha retto, mentre il casco in carbonio e la gopro sono andati distrutti. Ovviamente scherzo, non sono - ancora - così scemo da buttarmi per terra apposta in moto. Però la caduta importante c'è stata: dopo chilometri di velocissime dune e piste fatti ad alta velocità senza problemi, mi sono rilassato - e distratto - durante la sessione fotografica su una facilissima duna e... sbaaam! La moto non si è fatta nulla, a differenza del tester, che ha avuto un blackout di diversi minuti. Amici, teniamo sempre la concentrazione al massimo in moto, anche quando ci sembra di affrontare situazioni innocue. La maneggevolezza è un sicuramente un primato della KTM 790 Adventure R, molto più agile e reattiva in fuoristrada rispetto a qualsiasi rivale. Di contro le sospensio11


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ni rigide, la sella sportiva e la protezione dall'aria ridotta la rendono meno comoda in viaggio rispetto alle moto della concorrenza col 21" anteriore. In fuoristrada è al momento imbattibile, ma preparatevi a qualche piccolo sacrificio se viaggiate tanto su strada. Per questo KTM ha previsto la versione standard. Più facile, più bassa e più protettiva della R. COME SONO FATTE E QUANTO COSTANO KTM ha voluto fare le cose in grande, e ha messo in produzione (a proposito, le moto sono prodotte in Austria) due versioni della 790 Adventure. Cosa cambia tra le due? Esteticamente le plastiche hanno una grafica differente e il parafango frontale è diverso, alto per la R, la più off-road, basso per la base. Ma ci sono modifiche anche per quanto riguarda il profilo della sella e l’altezza del cupo-

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lino. La standard ha la sella sdoppiata e regolabile a 83 o 85 cm, la R ha la tipica sella in pezzo unico da enduro, alta 88 cm. Andando più nel dettaglio, la R è dotata di sospensioni completamente regolabili marchiate WP, con la forcella da 48 mm e 240 mm di corsa (contro i 200 mm della versione base, da 43 mm). Anche il mono della R ha più regolazioni a disposizione del pilota. Il parabrezza della standard è più alto e regolabile per ben 4 cm, ma bisogna svitare una vite. Le pedane della R sono più artigliate. La nuova KTM Adventure R monta anche il Quickshifter+ e le specialistiche gomme tassellate Metzeler Karoo 3, la standard adotta le Avon Av 53/54. I cerchi a raggi sono tubeless e ospitano gomme da 21" davanti (larga 90) e 18 dietro (larga 150). Il cuore della nuova 790 Adventure è il motore bicilindrico parallelo condiviso con

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la 790 Duke, ma rivisto per avere più coppia. Si tratta di un moderno e compatto 8 valvole di 799 cc, con 95 cavalli a 8.000 giri/min e 88 Nm a 6.600 giri/min. Ciclistica al top con telaio in acciaio, che sfrutta il motore come elemento stressato, e sospensioni WP. Entrambe le versioni condividono il grosso dell’estetica e il display TFT a colori per gestire il ricco pacchetto elettronico, tra cui il Cornering ABS (con modalità Offroad; la R ha in più la modalità Rally), il Lean-angle sensitive motorcycle traction control (MTC) e il motor slip regulation (MSR). I tecnici austriaci non hanno trascurato l’impianto frenante,davanti c'è un doppio disco da 320 mm con pinze radiali a 4 pistoncini fornite ora dalla spagnola J.Juan. Non dimentichiamoci che è disponibile un kit per guidarla con la patente A2.

La KTM 790 Adventure è in vendita rossa o arancione a 12.699 euro, mentre la R ha una sola colorazione (con telaio arancione) e costa 13.799 euro franco concessionario.

ABBIGLIAMENTO

Casco Xlite X502 carbon Giacca e pantaloni TUR Guanti TUR Stivali Alpinestars Tech 10 Maschera Ariete

PIÙ INFORMAZIONI

Luogo: Dune di Merzouga (Marocco) Meteo: sole, da 6° a 33° Foto di Sebas Romero e Marco Campelli Video di Luca Piffaretti, Eros Girotti, A.P.

KTM 790 ADVENTURE R

KTM 790 ADVENTURE

PESO A SECCO 189 Kg CILINDRATA 799 cc TEMPI 4 CILINDRI 2 RAFFREDDAMENTO a liquido AVVIAMENTO elettrico ALIMENTAZIONE iniezione FRIZIONE multidisco POTENZA 95 cv - 70 kw - 8.000 giri/min COPPIA 9 kgm - 88 nm - 6.600 giri/min EMISSIONI Euro 4 CAPACITÀ SERBATOIO 20 Lt ABS Sì

PESO A SECCO 189 Kg CILINDRATA 799 cc TEMPI 4 CILINDRI 2 RAFFREDDAMENTO a liquido AVVIAMENTO elettrico ALIMENTAZIONE iniezione FRIZIONE multidisco POTENZA 95 cv - 70 kw - 8.000 giri/min COPPIA 9 kgm - 88 nm - 6.600 giri/min EMISSIONI Euro 4 CAPACITÀ SERBATOIO 20 Lt ABS Sì

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HONDA CBR650R. BENTORNATA, CIBIERRE! 16

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HONDA CBR650R. BENTORNATA, CIBIERRE! di Edoardo Licciardello HONDA RISCOPRE LA SUA MEDIA SPORTIVA A QUATTRO CILINDRI, A METÀ FRA LE VECCHIE "F" ED "R". BEN RIFINITA, DIVERTENTE NELLA GUIDA, C’È ANCHE IN VERSIONE DEPOTENZIATA A2

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Negli ultimi anni le Case costruttrici sembravano aver abbandonato gli amanti delle sport-touring con semimanubri. Con un segmento ridotto al lumicino, cannibalizzato da enduro/crossover e dalle semicarenate di derivazione naked, gli appassionati erano rimasti orfani di quelle proposte di media cilindrata che avevano fatto la felicità di tantissimi motociclisti negli anni novanta. La mancanza si sentiva in particolare nella gamma Honda. Perché se è vero che in quel di Tokyo avevano continuato a produrre la CBR-F, è altrettanto innegabile che quel modello – semplice ed economico come si conveniva ad una moto pensata per sopravvivere alla tremenda crisi economica che ha colpito il settore sul finire dello scorso decennio – non avesse né il fascino né il miracoloso equilibrio del cocktail di versatilità e prestazioni dell’omonimo modello del millennio precedente. La lacuna è stata colmata con questa nuova generazione di quadricilindriche sei-e-cinquanta, che segna un netto miglioramento tecnico e caratteriale rispetto a quella precedente delle 650F, e che Honda ci ha invitato a provare sulle strade andaluse. 18

COM'È FATTA Se la base tecnica è evidentemente condivisa con la sorella naked CB650R, l’ispirazione estetica è altrettanto chiaramente quella della CBR1000RR Fireblade. Dall’ammiraglia supersportiva, la sei-emezzo prende le linee di carenatura e cupolino, mentre dal serbatoio alla coda prevale l’impostazione tecnica, con scelte più umane e sfruttabili. Il colpo d’occhio è dominato fin dal primo sguardo dal frontale, dove il gruppo ottico a doppio faro Full-LED (stessa tecnologia per il faro posteriore e gli indicatori di direzione) trasmette il carisma di una sportiva vera. La zona posteriore stempera un po’ l’entusiasmo per la totale identità con la CB-R, ma il codino corto, il silenziatore tronco e la finitura di pregio del propulsore hanno comunque una bella personalità sportiva e dinamica. La posizione di guida cambia nettamente rispetto alla CBR 650F, con i semimanubri che passano sotto la piastra di sterzo come sulle sportive dure e pure, ribassati e avanzati di 30 mm. Più sportive anche le pedane, che arretrano di 3 mm e si alzano di 6 come sulla naked. Stessa altezza anche per la sella, posizionata a 810 mm da terra. Identico anche il (raffinato) quadro stru19


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menti LCD a retroilluminazione negativa, che nel passaggio da “F” ad “R” guadagna l’indicatore del rapporto inserito e la spia che segnala il momento di cambiare la marcia. MOTORE ED ELETTRONICA Il propulsore è di fatto identico a quello utilizzato sulla CB650R: il "quattro cilindri" in linea bialbero a 16 valvole capace di 95 cavalli a 12.000 giri (valore che consente la derivazione di una versione depotenziabile a 35 kW guidabile con patente A2) e 64 Nm a 8.500 giri. Valori decisamente migliori rispetto a quelli espressi dalla precedente CBR-F, ottenuti grazie ad una profonda revisione della termica, con un rapporto di compressione che passa da 11,4

a 11,6:1, pistoni e camere di scoppio completamente ridisegnati, e una distribuzione adeguata sia in termini di tecnica che di fasatura. Sul lato aspirazione troviamo un nuovo airbox pressurizzato attraverso due prese d’aria che passano lateralmente al serbatoio, a differenza di quanto avviene sulla CB 650R: Honda non quantifica il guadagno di potenza, ma dichiara un vantaggio prestazionale agli alti regimi nei rapporti più elevati, quando la velocità crea pressione. Sul lato scarico il collettore passa da 35 a 38,1 mm, per accordarsi all’aspirazione e dotare la CBR di una voce più accattivante e grintosa. Nuovi anche la frizione servoassistita antisaltellamento, asservita al cambio verticale a sei rapporti, e il controllo di

trazione disattivabile HSTC. LA CICLISTICA Come per il motore, anche la ciclistica è pressoché identica a quella della naked CB 650R: il telaio è un doppio trave a diamante in acciaio abbastanza simile al modello precedente, ma profondamente rivisto nelle sue componenti interne per l’adozione della forcella rovesciata che ha cambiato i rapporti di rigidità fra le varie componenti. L’unità è quindi stata irrobustita in zona cannotto e resa più flessibile nelle sezioni discendenti, con misure caratteristiche più improntate verso agilità e sport: il cannotto è inclinato in avanti di 25,5° e definisce un’avancorsa di 101 mm e un interasse di 1.450 mm. 20

Cambiano anche le piastre su cui si impernia il forcellone, ricavate per stampaggio e non per forgiatura, che contribuiscono ad un alleggerimento di poco meno di 2 kg. Il peso complessivo in ordine di marcia si attesta a 207 kg, con un guadagno di ben 6 kg rispetto alla precedente CBR 650F ottenuto attraverso tanti piccoli risparmi su serbatoio e pedane, e per i cerchi, che rispetto alle precedenti unità diventano da sei a cinque razze. Gli pneumatici sono Dunlop D 214, nelle misure 120/70-ZR17 all’anteriore e 180/55-ZR17 al posteriore; i dischi freni anteriore sono da 310 mm, con pinze radiali a 4 pistoncini; al retrotreno troviamo invece un’unità singola da 240 mm. Le sospensioni sono anch’esse del tutto 21


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identiche, al netto di qualche adeguamento nella taratura interna, con la già citata forcella Showa SFF (Separate Fork Function, con frenatura idraulica separata) a steli rovesciati da 41 mm e monoammortizzatore posteriore regolabile nel precarico, montato senza leveraggi. La distribuzione dei pesi sulla CBR è più marcata sull’avantreno rispetto alla CB, a causa dell’adozione della carenatura e della già citata posizione di guida con semimanubri sotto la piastra, che sposta il carico in avanti definendo una ripartizione percentuale di 51,8/48,2. COLORAZIONI, PREZZO E DISPONIBILITÀ La CBR 650R arriva in Italia nelle colorazioni Grand Prix Red e Mat Gunpowder Black Metallic, ad un prezzo di 8.900 euro. Come per la sorella CB-R, ampia la disponibilità di accessori: quickshifter (naturalmente solo in innesto), inserto paraserbatoio, presa 12 V, manopole riscaldabili, codino monoposto, 22

filetti adesivi per i cerchi, borsa serbatoio e borsa per la sella del passeggero. In sella Sportiva ma comoda: ci eravamo dimenticati di quanto possa essere accogliente anche una moto con i semimanubri sotto la piastra di sterzo. C’è un po’ di carico sui polsi rispetto alle più rilassate sport-touring con il manubrio largo, ma niente di intollerabile: la posizione è davvero un bel compromesso fra lo sport e il comfort. Niente paura per chi ha le gambe più corte, perché la sella – comoda – è bella svasata nel raccordo con il serbatoio, e si tocca bene terra praticamente sempre. Il passeggero è accolto meno bene, ma è anche vero che in questo segmento la situazione raramente è molto migliore. La nuova strumentazione gratifica il colpo d’occhio, anche se nel 2019 fa un po’ storcere il naso il dover togliere le mani dai blocchetti (a proposito, belli e curati) 23


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per scorrere le informazioni, e la visibilità, quando c’è molta luce, non è eccellente. Ma ci stiamo lamentando di dettagli, perché basta accendere il motore perché un bel sorriso ci si stampi in faccia. Vivace al richiamo dell’acceleratore, caratterizzato da una bella voce allo scarico, il quadricilindrico Honda si fa subito voler bene. Quel filo di on-off, che si portano dietro gli Euro-4 a freddo, sparisce rapidamente, e si apprezza subito un propulsore fluidissimo ai bassi regimi e con un’erogazione ampia e gustosa. E’ vero, sotto i 4.000 non c’è molto – siamo ormai assuefatti a frazionamenti più contenuti, che offrono tutto subito – ma dopo, la spinta si fa piacevole, robusta dopo altri 2.000 giri e piacevolmente grintosa dagli 8.000 in avanti: anche perché, soprattutto con i rapporti dalla terza in avanti, qui si può godere di una progressione nettamente più efficace rispetto alla sorella naked. Penetrazione aerodinamica o pressurizzazione dell’airbox? Non lo sappiamo, fatto sta che all’atto pratico… si va più forte.

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Purtroppo si sentono di più anche le vibrazioni: il motore è identico, ma la carenatura amplifica un po’ il fenomeno con una fastidiosa risonanza, e i transitori fra gli 8 e i 9.000 giri guastano la festa. Meglio cercare di girarci attorno – visto che a tutti gli altri regimi non c’è traccia di vibrazioni – magari usando il cambio elettroassistito, impeccabile agli alti regimi anche se non pensato per un uso prettamente sportivo, ma tarato con un occhio all’affidabilità e al comfort. La guida è agile, dinamica ed equilibrata, grazie anche alla classica intuitività delle Honda. Le sospensioni, al netto della non regolabilità, sono davvero ben tarate (per un peso del pilota fra i 70 e gli 80 kg) e di qualità superiore alle aspettative: scorrono bene, pur offrendo il sostegno che ci si aspetta da una moto di questa tipologia, tanto che chi volesse concedersi qualche scappata in pista probabilmente non si troverebbe granché a disagio. Anche se, e lo diciamo a lode delle

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qualità dinamiche della CBR e non come critica, in qualche estemporaneo commento ci siamo trovati a pensare come basterebbe cambiare sospensioni e sovrastrutture per avere una moto adattissima a un trofeo monomarca… Una volta rifatta l’abitudine alla guida con i semimanubri – che definiscono una maggior stabilità e confidenza in percorrenza, ma richiedono evidentemente un po’ più di decisione in inserimento – ci si trova a divertirsi come matti sul misto, chiedendosi perché mai il mercato abbia deciso di affossare e abbandonare queste piccole belvette. Come la sorella nuda, la CBR è nettamente più divertente del modello che l’ha preceduta: divertente e peperina – non ce ne vogliano gli amici di Honda – come da tempo non trovavamo una media della Casa di Tokyo. Capitolo freni: bene su tutta la linea, c’è la potenza che serve senza un’aggressività che sarebbe fuori luogo per una moto di

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questo segmento. Bene anche il controllo di trazione, pensato però per l’uso stradale: agisce sugli iniettori, quindi è piuttosto prudenziale e “toglie” rapidamente, ma aspetta un po’ prima di “ridare”. Occhio nelle manovre a bassa velocità, insomma. PER CHI È LA HONDA CBR 650R? Stavolta è sicuramente molto facile identificarne l’acquirente tipo, proprio in virtù dell’unicità dello schema motoristico ma anche dell’impostazione generale del modello: la CBR 650R è l’unica media quadricilindrica sport-touring di media cilindrata dotata di semimanubri. Difficile trovarle rivali che non costino sensibilmente di più, o che non abbiano un'impostazione nettamente più pistaiola.

Il motore a quattro cilindri la caratterizza e, più di quanto non avviene sulla sorella naked, è da considerarsi elemento valorizzante, e non penalizzante. Certo, è un motore meno immediato nella guida rispetto ai bicilindrici che vanno per la maggiore in questa categoria: ma allo stesso tempo, farlo urlare regala un gusto dimenticato. E anche quando si va rilassati, la CBR sa coccolare e divertire il suo pilota – il passeggero forse un po’ meno – come non ci aspetterebbe. C’è ancora posto per le sport-touring di questa estrazione su strada? Secondo noi si, soprattutto se riuscite come questa CBR 650R. E abbiamo il sospetto, per tanti motivi, che ne vedremo un rifiorire nel futuro più o meno prossimo…

PIÙ INFORMAZIONI Meteo: sole, 16° Luogo: Almeria (Spagna) Terreno: extraurbano Foto: Zep Gori/Honda

HONDA CBR 650 R 8.900 EURO

PESO IN ORDINE DI MARCIA 207 Kg CILINDRATA 649 cc TEMPI 4 CILINDRI 4 RAFFREDDAMENTO a liquido AVVIAMENTO elettrico ALIMENTAZIONE iniezione FRIZIONE multidisco POTENZA 95 cv - 70 kw - 12.000 giri/min COPPIA 7 kgm - 64 nm - 8.500 giri/min EMISSIONI Euro 4 CAPACITÀ SERBATOIO 15,4 Lt ABS Sì PNEUMATICO ANTERIORE 120/70-ZR17M/C (58W) PNEUMATICO POSTERIORE 180/55-ZR17M/C (73W)

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PIAGGIO VESPA GTS 300 HPE. TIPA DA SPIAGGIA

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PIAGGIO VESPA GTS 300 HPE. TIPA DA SPIAGGIA di Cristina Bacchetti POCHE MA IMPORTANTI NOVITÀ, BEN MIRATE A RENDERE LA VESPA ANCOR PIÙ PIACEVOLE PER CHI LA GUIDA: NUOVO MOTORE, NUOVA TRASMISSIONE E UNA RINFRESCATA AL LOOK PER LA GTS 300

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La solita Vespa? Sì, per fortuna, la solita Vespa nella linea e nello stile sbarazzino, ma tutta nuova sotto alla grande scocca in lamiera. I fianchi larghi della GTS nascondono un propulsore tutto nuovo, l'HPE, che significa High Performance Engine; eh sì perché la potenza cresce non poco, sia in termini di cavalleria che di coppia. Diamo un po' di numeri allora: i cavalli del nostro 300 sono 23,8 a 8.250 giri, cioè il 12% in più rispetto a quelli del motore precedente; e la coppia - 26 Nm a 5.250 giri - cresce addirittura del 18%: siamo sulla Vespa più potente di sempre. Il cuore della GTS è un monocilindrico da 278 cc, 4 tempi, 4 valvole, raffreddato a liquido che, anche in questa nuova versione, promette consumi che si attestano in media sui 30 chilometri percorribili con un litro di carburante. I tecnici Piaggio hanno la vorato su molti aspetti per raggungere il risultato che si erano prefissati, e cioè un motore più performante, più silenzioso e parco nei consumi e nelle emissioni (infatti è Euro 5 ready). Quali? La testata in primis, che nasce da una fusione completamente nuova ed è totalmente riprogettata: sono stati rivisti i condotti, col diametro maggio32

rato, e le valvole di aspirazione e scarico. Nuovi anche il pistone, la distribuzione monoalbero a camme in testa e il profilo dell'asse a camme. Ed è nuovo anche il sistema di aspirazione, per migliorare la coppia del nostro Vespone. Non solo motore, anche la trasmissione della GTS è completamente rinnovata, a partire dal variatore sino ad arrivare al coperchio fonoassorbente, per garantirne la silenziosità. E siccome anche l'occhio vuole la sua parte, la GTS non si fa mancare qualche ritocchino qua e là, per avere un aspetto più moderno senza mai togliere fede alle forme che dal 1946 la redono amata e desiderata in tutto il mondo. Saltano all'occhio i nuovi fari, sia davanti che dietro, ora full LED; lo scudo ha una nuova linea, e anche la famosa "cravatta" è stata ridisegnata e arricchita da dettagli tutti nuovi che scorrono sino alla nuova cresta cromata sul parafango: bellissimo tocco retrò. Nuova la copertura del manubrio, nuovi gli specchietti e i fianchetti della scocca. E dunque no, non siamo di fronte alla solita Vespa. Siamo di fronte alla Vespa più potente e ben fatta di sempre, quindi non ci resta che saltareci in sella e verificare se davvero questa GTS è arrivata per... fare la differenza. 33


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COME VA? Dopo più di cento chilometri in sella, la prima stellina da appuntare va al comfort: la seduta, leggermente rivista nell'ergonomia sia per il guidatore che per il passeggero, non stanca mai, e la posizione di guida è ben angolata per chi, come me, non supera i 165 centimetri di altezza. Al contempo, l'altezza da terra di 790 millimetri permette a tutte le taglie di poggiare agevolmente i piedi a terra per fermarsi, o per spostare la Vespa in sicurezza. Buono lo spazio per il passeggero, con le pedane che si richiudono e il maniglione riposizionato a favore di un maggior comfort anche per chi la Vespa se la gode da ospite. Ma veniamo al dunque, al nuovo motore, fa davvero la differenza? Ebbene sì, rispetto all'ultima Vespa provata su Moto.it (la Sei Giorni) si può contare

su uno spunto da fermo e una ripresa super, sempre in totale fluidità e sicurezza (il controllo di trazione è sempre all'erta!) per viaggiare senza problemi non solo in ambito urbano, ma anche fuori, dove sorpassi e salite sono sempre dietro l'angolo e un pugno di coppia in più non guasta di certo. Buono anche l'allungo, che raggiunge facilmente i 110 chilometri orari senza esitazioni o perdita di stabilità. Confermato anche che questa GTS è più silenziosa, sia in marcia che all'vviamento, grazie al nuovo motorino. Cento per cento comfort e piacere di guida in città così come fuori dunque, sul nuovo Vespone, che non cambia invece nella ciclistica, andando a confermare quel che già vi avevamo raccontato in merito alla Sei Giorni: un ottimo comportamento delle sospensioni - già nella configurazione stan-

dard - sul pavè così come tra le curve, e la possibilità di personalizzare il precarico dei due ammortizzatori posteriori. Buona la frenata offerta dai due dischi singoli, entrambi da 220 millimetri e ovviamente con ABS, anche se un pelo di mordente in più al posteriore renderebbe la frenata ancor più apprezzabile. PREZZI, VERSIONI E ACCESSORI Una gamma sempre più completa, quella di Vespa, che offre la GTS 300 in diversi colori e declinazioni: oltre alla base, in vendita a 5.990 euro, c'è la Super (oggetto della nostra prova) che a 6.090 euro offre cerchi neri diamantati e sella con doppio rivestimento con cadenino. In arrivo anche la SuperSport, con cerchi neri e colorazioni opache, e la Touring, con 34

cupolino e portapacchi. Ultima, ma non ultima, vedremo presto sulle strade la GTS SuperTech, per chi non può proprio fare a meno delle notifiche del proprio smartphone anche sul cruscotto TFT della Vespa...

PIÙ INFORMAZIONI Location: Costa ligure Meteo: sole, 15 gradi Foto di: Rudy Carezzavoli

ABBIGLIAMENTO

Casco Nolan N21 Visor Giacca Tucano Urbano 4tempi Lady 2G Guanti Tucano Urbano Jeans Spidi Lady Scarpe Stylmartin

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Prove

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NEWS

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Attualità

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IL GRUPPO PIAGGIO SEGNA UN +9,2%. LE MOTO A +25% di Maurizio Gissi LE VENDITE MONDIALI DEL GRUPPO PIAGGIO HANNO SUPERATO LE 600.000 UNITÀ. IN POSITIVO TUTTI I PRINCIPALI INDICATORI ECONOMICI. VENDITE SU, GRAZIE SOPRATTUTTO AI VEICOLI COMMERCIALI, BENE L’ASIA E LA VESPA. SALE IL TITOLO IN BORSA

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Sono numeri positivi quelli riportati nel progetto di bilancio 2018 del Gruppo Piaggio, che lo scorso 25 febbraio è stato esaminato e approvato dal consiglio di amministrazione di Piaggio & C. SpA, presieduto da Roberto Colaninno. Il raffronto con l’anno precedente vede tutti i maggiori indicatori economici in crescita, a partire dai ricavi consolidati, fissati in 1.389,5 milioni di euro: +4,3% (+8,2% a cambi costanti) per una differenza positiva di 57,1 milioni di euro. E questo grazie a un incremento superiore ottenuto nel secondo semestre, dopo che il primo si era chiuso a +1,2%. I veicoli con i marchi del gruppo venduti nel mondo durante il 2018 hanno raggiunto le 603.600 unità, un incremento del 9,2% che deriva da 50.800 veicoli venduti in più. Due terzi di questo incremento numerico si deve ai veicoli commerciali. Le aree che hanno visto i maggiori incrementi sono l’India (+23,5%) e l’Asia-Pacific (+9,7%), mentre all’opposto ci sono l’area Emea (Europa, Medio Oriente, Africa) e Americhe che hanno accusato una flessione del 4,3%. Per quanto riguarda il segmento delle "due 40

ruote" propriamente dette, quindi senza "tre" e "quattro ruote" commerciali, i numeri sono di 393.100 veicoli venduti. Rispetto ai precedenti 376.000 il risultato si traduce in un aumento di +4,6%. Il relativo fatturato netto (che comprende 125,2 milioni della parte ricambi e accessori, +3,3%) è stato invece di 957,9 milioni di euro, ovvero +1,7%. Anche per il settore "due ruote" il maggiore incremento di vendita percentuale si è registrato in India, con oltre il 30% e con in evidenza Vespa e Aprilia RS 50, mentre l’area Asia Pacific ha ottenuto un +9,7%. In Europa Piaggio conferma la leadership nel settore scooter, con una quota di mercato del 25,3% pur perdendo in assoluto. Da parte sua il marchio Vespa ha ottenuto nel mondo il migliore risultato dal 2007, grazie a un +16%. In aumento anche le vendite delle moto del Gruppo, quelle che vanno da 50 a 1.400 cc, da Aprilia a Moto Guzzi, con incremento di 24,8 punti percentuali rispetto al 2017. In questa occasione non sono stati però diffusi i numeri assoluti, e nemmeno la suddivisione per marca del comparto moto. I veicoli commerciali venduti sono passati da 176.800 a 210.500, ovvero +19,1% (+33.700 unità), per un fatturato netto di

431,6 milioni di euro (41 in più sui 57 globali), pari a un +10,6%. Anche in questo caso è importante il mercato indiano che per quanto riguarda i veicoli a tre ruote registra il 15,9% di unità vendute in più. Passando agli altri dati economici e finanziari, il margine lordo industriale è stato di 4.236,6 milioni di euro (+4,5%), con un’incidenza sul fatturato netto del 30,5% (30,4% in precedenza). L’EBITDA consolidato è stato di 201,8 milioni di euro (+4,9%, contro il +2,3% del primo semestre), con EBITDA margin del 14,5%. Il risultato operativo (EBIT) è stato pari a 92,8 milioni di euro (in aumento del 28,3%) con EBIT margin del 6,7% (5,4% nel 2017). Il risultato ante imposte è stato positivo per 67,8 milioni (ovvero +69,4% sul 2017). L’utile netto di 36,1 milioni di euro è stato in crescita dell’80,6% rispetto

al risultato precedente di 20 milioni. L’indebitamento finanziario netto è a -429,2 milioni di euro, in miglioramento per 17,5 milioni di euro rispetto ai -446,7 al 31 dicembre 2017. Il debito è composto per metà circa da obbligazioni, e per un terzo circa da finanziamenti bancari. Nel corso del 2018 il Gruppo ha effettuato investimenti per 115,3 milioni di euro (+28,6 milioni) in aumento del 33%. E’ stato infine proposto un dividendo di 9,0 centesimi di euro per azione, per un totale di 32.155.184 euro. In seguito alla diffusione dei dati di bilancio, risultati superiori rispetto alle stime su fatturato e redditività, le azioni di Piaggio sono in questi giorni commentate positivamente dagli analisti, e sono nell’elenco dei migliori FTSE Mid Cap con un incremento del 3,45% rispetto ai precedenti valori. 41


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LE BELLE E POSSIBILI DI MOTO.IT: DUCATI 1299 SUPERLEGGERA di Antonio Privitera DUCATI 1299 SUPERLEGGERA: 156 KG PER 220 CV, MA LA RICHIESTA È DI BEN 100.000 EURO. SE NON AVETE FATTO IN TEMPO AD AGGIUDICARVI UNA DELLE 500 ESCLUSIVE SUPERBIKE DUCATI, NON PREOCCUPATEVI: NE ABBIAMO TROVATA UNA PRATICAMENTE NUOVA TRA I NOSTRI ANNUNCI!

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Non è decisamente colpa nostra se questa rubrica si sta popolando di moto da sogno per il loro fascino, e da incubo per il loro prezzo. È vero, lo ammettiamo per la seconda volta consecutiva: come per la Ducati 888 Sp4S che vi avevamo presentato su queste righe poco tempo fa, anche questa provocante Ducati Panigale 1299 Superleggera ha un prezzo fuori orbita (solare, mica terrestre...) che temiamo possa costringere qualcuno tra gli appassionati meno solidi psicologicamente a darsi al gratta e vinci compulsivo nella – illusoria – speranza di vincere i ben 100.000 (sì, sono cinque zeri) euro richiesti per scrivere il proprio nome nel libretto di circolazione di questa magnifica moto. Siamo poco interessati ad entrare nel merito del giudizio sulla giustificabilità di questa cifra ma, magari, vorremmo dare una dimensione più concreta all'impegnativa proposta che si qualifica come “Bella” senza ombra di dubbio ma “Possibile” solo limitatamente alla possibilità di potersi ancora accaparrare una di queste vere e proprie opere d'arte motociclistiche. La dodicinovantanove Superleggera nasce nel 2016 (per essere commercializzata nel 42

gibile, non solo nel senso della sua velocità in pista, la ricerca di prestazioni fuori scala e di leggerezza inarrivabile ha portato Ducati a rivedere totalmente il validissimo progetto Panigale, ve ne abbiamo parlato approfonditamente qui; la 1299 Superleggera fa infatti uso di carbonio per il telaio monoscocca, i cerchi, il codino autoportante e il forcellone: tutti questi componenti sono stati testati, numerati e verificati singolarmente sulla rispondenza al progetto per garantire l'assoluta integrità e affidabilità. All'avantreno spicca una forcella Öhlins FL936 con steli da 43 mm, più leggera di 1,35 kg rispetto alla NIX30 della Panigale R, mentre al mono posteriore, l'outstanding Öhlins TTX36 della Panigale R, viene donata una molla in titanio per un

risparmio di mezzo chilo. Dando libero spazio ai progettisti – e svincolandoli dalla mannaia dei costi di produzione - il bicilindrico 1299 diventa un monumento alla tecnica da corsa grazie ai pistoni a due segmenti da 116mm di diametro che portano il rapporto di compressione fino a 13:1, alle valvole di aspirazione e scarico in titanio di diametro maggiorato rispetto alla Panigale R (che viene quasi da definire una moto “normale”) e dall'alzata aumentata fino a 17,3mm; si continua con le teste totalmente ridisegnate e carter fusi in sabbia per capitolare, più storditi di prima, con l'albero motore – il singolo componente più pesante dell'intero veicolo – da 5,5 kg con contrappesi in tungsteno. La 1299 Superleggera rappresenta una

2017) con la precisa volontà di Ducati di portare su una moto euro 4, omologata e con intervalli di manutenzione da grande produzione, il top della raffinatezza e il massimo della tecnologia. Una sfida tecnologica impressionante e forse anche un po' fine a sé stessa, ma che, una volta portata in pista, ha fruttato un terzo posto con Alessandro Valia – tester della casa bolognese - nel Campionato Cinese Superbike 2017 sul circuito di Zhuhai, correndo come wild card con targa e fari in mezzo a piloti di caratura internazionale. Due i numeri della Panigale Superleggera 1299 che fanno ancora adesso girare la testa: 156 kg a secco e 220 cv (entrambi i valori ottenuti con lo scarico racing a corredo), cifre da Superbike vera, che si commentano da sole con capogiri e senso di stordimento quando si realizza che di questa moto sono stati prodotti solamente 500 esemplari al costo (nel 2017) di 80.000 euro cad. Quella che vedete in vendita, oltretutto, è la numero 1 - uno, come i chilometri percorsi: del resto, si possono notare la presenza della pellicola protettiva sul dashboard, e i pneumatici intonsi, segni che parlano di una moto che non ha mai messo le ruote su strada. Per realizzare questa motocicletta irragiun43


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delle vette più evolute, raffinate e costose in campo motociclistico: certamente lo è riguardo la conclusa stagione delle Ducati bicilindriche Superbike; potrebbe forse condividere lo scettro dell'esclusività con la Honda RC213V-S che, a differenza della bolognese, prendeva le mosse dal progetto MotoGp Open, e concedeva i suoi 159 cv solo dopo un versamento di 192.000 euro; per arrivare ad una potenza degna di una MotoGp bisognava poi compilare un altro assegno di 11.000 euro, ma questa è un altra storia: anzi, se vogliamo, questa è la stessa identica storia di moto nate più per passione e per voglia di stupire che per pensare di far breccia nel grande pubblico; motociclette pensate per dare libero sfogo 44

alle capacità tecnologiche delle Case, e per far sognare gli appassionati e i... milionari. Lo stesso Claudio Domenicali, amministratore delegato di Ducati, all'atto della presentazione della Superleggera dichiarò che non era stato fatto alcun compromesso, e il prezzo elevato sarebbe stato l'ultimo dei problemi per i 500 fortunati acquirenti. Una moto da collezione, allora? No, una moto raffinatissima e inebriante che già due anni fa realizzava il sogno di poter guidare un mezzo realizzato con gli stessi principi ispiratori delle Ducati da competizione, e con la quale poter provare inimmaginabili sensazioni riservate solo a piloti del calibro di Rea o Davies. Come quella di fare un assegno a cinque zeri. 45


Storia

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YANETH: GIRAMONDO IN MOTO NEL NOME DELLE DONNE di Alfonso Rago UNA DONNA, UNA MOTO, UNO SPIRITO DA COMBATTENTE: È LA STORIA DI YANETH ALVAREZ, CHE PORTA NEL MONDO IL SUO MESSAGGIO A TUTELA DELLE DONNE CONTRO LA VIOLENZA DI GENERE

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La moto come terapia contro la violenza, o anche come potente strumento per dimostrare come il desiderio di felicità e libertà sia comunque più forte dei sentimenti negativi che spesso dominano l’animo umano. Maschile, soprattutto. Yaneth Alvarez, biker colombiana che, da sola, in sella ad una Honda CB 500 F gira il mondo, ad ogni giro di ruota, confine superato, nuova città porta il suo messaggio contro la violenza sulle donne. Alle spalle un’esperienza drammatica, purtroppo condivisa da migliaia di altre donne: non ci sono confini, né differenze di cultura, religione o razza, visto che ad ogni latitudine il maschio suole esercitare con la forza la sua (presunta) superiorità, che sovente nasconde debolezza invece che forza. La storia di Yaneth inizia a Bogotà, Colombia, terra meravigliosa ma anche teatro di terribili vicende, come gli abusi sui bambini o le violenze sessuali sulle donne. Poi, per colmo di ingiustizia, capita che sia l’abusato a portare il marchio di intoccabile, come fosse stata colpa sua l’aver subito violenza, mentre i colpevoli godono di incomprensibili complicità e di paradossali 46

connivenze. Accade che possano essere scusati per il loro comportamento, quando non proprio assolti. IN MISSIONE PER UN MONDO MIGLIORE Per chi ha conosciuto sulla sua pelle l’orrore, il carico degli incubi non si dissolve con gli anni, anzi diventa sempre più pesante: «Ad un certo punto - ci dice Yaneth - ho pensato di farla finita. Ma mio figlio mi ha fermato prima del passo senza ritorno: mi ha convinta a denunciare i miei aggressori, e da quel gesto liberatorio è poi nata l’idea del viaggio, per portare alle donne di tutto il mondo il messaggio che alla violenza possiamo opporci. Sono partita nel 2014, ed ho scoperto quanto meravigliosa sia la nostra Terra, malgrado la malvagità di alcuni che la abitano». Senza pensare, all'inizio, di arrivare fin dove è oggi arrivata, Yaneth si è trovata via via a riempire il suo giubbino in pelle con le patch delle Nazioni attraversate, ovunque sventolando la sua bandiera a difesa delle donne. In questo modo, ha acquisito, miglia dopo miglia, la consapevolezza di essere biker donna senza complessi, anzi: esibendo come un vezzo la coda di cavallo che ne 47


Storia

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orna il casco. Il messaggio di Yaneth non è complicato ma, anzi, terribilmente semplice da comprendere: «Una donna che subisce violenza, che viene ricattata ed indicata come una poco di buono, non deve vergognarsi o chinare la testa». Dopo migliaia di chilometri, Yaneth ha cambiato il suo giudizio sugli uomini? «Nel mio viaggio mi affido alla solidarietà tra motociclisti: la passione per le "due ruote" si trasforma in generosità infinita, con case che mi accolgono, tavole con un piatto caldo e tante persone sincere che ascoltano il mio messaggio e mi incorag-

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giano ad andare avanti. Nella vita è così: puoi incontrare santi o briganti, assassini o angeli. E se all’inizio mi sono imbattuta nei diavoli, poi sul mio cammino ci sono state solo belle persone». Coraggiosa al punto da viaggiar da sola anche in luoghi poco sicuri, Yaneth forse racconterà in un libro i momenti più belli e quelli paurosi, oltre alle foto dei luoghi più incredibili dove ha portato le ruote della sua Honda; chi volesse saperne di più sul suo viaggio e seguirla nelle prossime tappe, la può incontrare sui canali social più seguiti, #enmotoporelmundo

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Campioni

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VITTORIO BRAMBILLA, “IL MAGO DELLA PIOGGIA” LA RECENSIONE di Nico Cereghini E’ USCITO UN BELLISSIMO LIBRO SULLA VITA E LA CARRIERA DI VITTORIO BRAMBILLA, PILOTA DI MOTO E DI AUTO, PERSONAGGIO DI GRANDE CARISMA. STORIE DI TEMPI VISSUTI CON PASSIONE, CORAGGIO E POCHI MEZZI

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Vittorio Brambilla, monzese del 1937, è stato un pilota di moto e di auto, anche contemporaneamente come si usava una volta. Kart, moto piccole e grandi, auto delle serie Prototipi Turismo e Sport, le monoposto dalla Formula 3 fino alla F1, Vittorio ha guidato di tutto. E se in carriera ha vinto un solo GP di Formula 1, quello d'Austria del 1975 sotto l’acqua, con la March davanti a James Hunt, la ragione è una sola: a correre ha iniziato tardi, c’era da mandare avanti l’officina di famiglia di fianco all’autodromo, e poi non ha mai avuto grandi mezzi. Ma è stato un gran talento, un piede di quelli pesanti, anche campione del mondo di kart. E un grande uomo. “Vittorio Brambilla, il mago della pioggia” è il libro sulla sua vita, appena uscito in libreria. Scritto dai monzesi Walter Consonni ed Enzo Mauri per la Giorgio Nada Editore, ha 312 pagine, una nutrita serie di bellissime fotografie e prezzo di copertina di 28 euro. E’ una bella lettura, di quelle che fanno 50

bene al cuore. Vittorio e Tino, il fratello maggiore, sono stati due personaggi autentici del nostro motorismo: spirito di iniziativa, passione, manetta e tanta voglia di correre con qualsiasi mezzo provvisto di ruote, dalla bici in su. E anche per chi come me ha conosciuto bene Vittorio - e ha condiviso le 500 chilometri e l’Endurance (lui con l’amatissima Guzzi V7 Sport, io con le Laverda), come le uscite nel triangolo lariano con le moto da trial - scoprire attraverso questa lettura la famiglia intera, l’officina, i retroscena, le confidenze, i racconti degli amici e le tante imprese al limite è una grande avventura. Vittorio è scomparso nel 2001: ironia della sorte, il suo cuore ha ceduto mentre tagliava il prato di casa con il rasaerba. Ha lasciato un meraviglioso ricordo di se: alla presentazione del libro, opportunamente organizzata nella sala stampa dell’autodromo, c’era Tino Brambilla, arzillo nonostante gli 85 anni, e c’era una vera folla di amici e conoscenti. Felici di sentir parlare del “Vittorione”. 51


Tecnica e Storia

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DOVE NASCONO I CAVALLI. LE ASTUZIE DEI PREPARATORI di Massimo Clarke A PROPOSITO DI CAMERE DI COMBUSTIONE, TOLLERANZE E ASTUZIE DEI PREPARATORI. TERZO CAPITOLO DELLA SERIE

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Affermare che le camere di combustione sono costituite da cavità ricavate nella testa del motore non è del tutto esatto. Occorre infatti tener conto anche della parete mobile, costituita dal cielo del pistone. Essa influenza non solo la geometria della camera ma anche il suo volume. Se il pistone è bombato, riduce lo spazio a disposizione dei gas quando il pistone è al punto morto superiore (PMS). In altre parole, riduce la capacità della camera. Maggiore la bombatura, minore quest’ultima e quindi più elevato il rapporto di compressione. È per questa ragione che i preparatori molto spesso sostituiscono i pistoni originali con altri dotati di un cielo più bombato. In diversi casi il cielo del pistone è però conformato in modo tale che aggiunge volume a quello della cavità nella testa. In passato sono stati realizzati motori con valvole parallele e testa completamente piatta, nei quali le camere di combustione erano ricavate interamente nel cielo del pistone (camere Heron). Ricordiamo i bicilindrici Morini della serie 3 ½, così popolari negli anni Settanta, e i Guzzi V 35 e V 50. In svariati motori moderni una parte della camera, relativamente modesta, è ricavata

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che. Inoltre in condizioni di impiego esasperate si possono verificare dei fuorigiri, causati ad esempio da scalate al limite. Un piccolo margine di sicurezza è chiaramente indispensabile. Nei motori con una potenza specifica che arriva a 200 CV/litro e oltre, debitamente preparati per impiego sportivo, si è arrivati a distanze minime dell’ordine di soli 2,0 mm allo scarico (e talvolta addirittura un po’ meno) e di appena 1 mm alla aspirazione. Il diametro degli incavi è in genere di un paio di millimetri superiore a quello dei funghi delle valvole.

Nella maggior parte delle teste le camere di combustione sono ricavate direttamente di fusione. Questo significa che in un policilindrico esse non sono tutte esattamente eguali. La loro capacità varia da una all’altra. La situazione migliora ovviamente se le camere vengono ottenute per lavorazione alle macchine utensili. Pure se il cielo dei pistoni viene spesso finito di lavorazione meccanica, esistono le tolleranze, che interessano non solo tali componenti ma anche le bielle e lo stesso albero. Non tutti i pistoni quindi raggiungono esattamente la stessa posizione una volta al PMS. Se ciò si somma alla diversa

nel cielo del pistone; a questa soluzione fanno ricorso con notevole frequenza e in misura accentuata i motori automobilistici delle ultime generazioni. Nelle moto di elevate prestazioni si impiegano rapporti di compressione molto alti e leggi del moto delle valvole decisamente spinte. Questo vuol dire che al PMS di fine corsa di scarico il cielo del pistone è molto vicino alla testa e al tempo stesso le valvole sono sensibilmente sollevate dalle sedi (è la fase di incrocio, durante la quale quelle di scarico non hanno ancora finito di chiudersi mentre quelle di aspirazione hanno già iniziato ad aprirsi). Occorre mantenere una certa distanza di sicurezza tra il pistone e i funghi delle valvole onde evitare che, in qualunque condizione di funzionamento, possano verificarsi dei contatti che potrebbero avere conseguenze deleterie. È interessante osservare che la minima distanza tra le valvole e il cielo del pistone si ha non esattamente in corrispondenza del PMS ma nelle sue vicinanze. Per questo motivo il controllo va effettuato da 15° prima del punto morto a 15° dopo. Una distanza di sicurezza è necessaria per via delle deformazioni elastiche che organi mobili (albero, biella e pistone) subiscono durante il funzionamento e delle dilatazioni termi53


Tecnica e Storia

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capacità delle camere ricavate nella testa è chiaro che non in tutti cilindri si ottiene lo stesso rapporto di compressione geometrico. E che nella produzione di serie non tutti i motori, anche se dotati di un solo cilindro, hanno esattamente il medesimo rapporto di compressione. Alcuni costruttori indicano per quest’ultimo gli scostamenti che si possono riscontrare rispetto al valore nominale. Naturalmente quando si cercano le massime prestazioni questo non basta. E infatti i tecnici “da corsa” (o quasi) e i preparatori hanno cura non solo di ottenere esattamente il rapporto di compressione previsto ma anche di far sì che esso sia eguale per tutti i cilindri. Questo obiettivo si raggiunge selezionando i pistoni (ed eventualmente anche le bielle) e asportando materiale ove opportuno e in

misura adeguata. Per calcolare il rapporto di compressione è necessario conoscere il volume della camera di combustione. Per misurarlo spesso si procede con la testa rovesciata, utilizzando una lastra di plexiglass opportunamente forata (per l’ingresso del liquido e l’uscita dell’aria) e una buretta graduata contenente olio molto fluido. In questo modo però si misura solo il volume della parte di camera ricavata nella testa. Se i pistoni sono a cielo piano, cosa che oggi non accade praticamente mai, si può così ottenere davvero la capacità di ciascuna camera (come detto non tutti i pistoni arrivano alla stessa altezza, una volta al PMS). La misura in questione consente comunque di calcolare il rapporto di compressione qualunque sia la geometria del cielo del pi-

stone. Occorre conoscere l’esatta posizione nella quale viene a trovarsi il pistone una volta al PMS, il volume che il cielo sottrae o aggiunge a quello della camera e lo spessore della guarnizione. Un sistema più semplice, anche se forse un filo meno rigoroso, prevede che con il pistone esattamente al PMS e la testa montata sul cilindro si introduca olio fluido attraverso il foro della candela. L’operazione si effettua utilizzando la solita buretta graduata e un tubetto forato da avvitare nel foro della candela (serve perché nei motori moderni in genere quest’ultima è alloggiata in un profondo pozzetto). Per fare le cose come si deve occorre ovviamente conoscere la capacità del foro e del tubetto in questione. Prima di montare la testa, per migliorare la tenuta da parte dei segmenti si utilizza un sottile velo d’olio. 54

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Editoriale

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NICO CEREGHINI "IL DIAVOLO E L'ACQUA SANTA" DOVIZIOSO E MARQUEZ NON POTREBBERO ESSERE PIÙ DIVERSI, EPPURE FINISCONO PER ESSERE SPESSO MOLTO VICINI E CONDIVIDERE IL MAGGIOR NUMERO DI FINALI SPETTACOLARI IN MOTOGP. BELLO VEDERLI QUANDO GUIDANO, PER CAPIRE DOVE UNO PREVALE SULL’ALTRO

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Ciao a tutti! Tocca aspettare chissà fino a quando per sapere chi ha vinto davvero la MotoGP di Losail, e d’altra parte la materia è delicata e non si può liquidare con leggerezza: vittorie, titoli, regole, immagine e capitali, un intricata materia da tribunali e (purtroppo) non da forum o da bar. Sarebbe bello se lo fosse. Per esorcizzare questa brutta ombra mi piace riportare i riflettori -invece dei deflettori- sul Dovi e su Marquez, sul duello che ha vivacizzato la gara al top di domenica. Marc contro Andrea, il diavolo e l’acqua santa, ancora una volta lo zeroquattro opposto al 93, sempre quei due così diversi eppure spesso così appiccicati.

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Gran bella sfida, limitata dalle gomme ma combattuta sul filo della strategia e della perfezione di guida. I pneumatici sono inadeguati per una gara giocata liberamente fin dalle prime battute, questa è la dura realtà, e allora non resta che amministrare: individuare (e non è facile) il ritmo ideale per preservare il grip, imporre questo ritmo alla compagnia e condurre le danze senza perdere posizioni, rimettere le cose a posto quando dalla fila salta fuori uno più vivace, arrivare al finale con la moto in ordine e infine mantenere la lucidità nell’inevitabile corpo a corpo. Come vedete, tanta scienza. E questa è la parte che a mio parere Dovizioso ha recitato alla perfezione e che gli calza a pennello: pragmatico e metodico fino al punto di rischiare l’apprezzamen-

to di una parte del pubblico, come spesso ha riconosciuto per primo dicendo: “So che il mio atteggiamento può non piacere ad alcuni, ma non ho alcuna intenzione di cambiare”. Il Dovi non ama fare lo show, guida con pugno di ferro in guanto di velluto, è dolce con la moto ed aggressivo con i rivali soltanto quando serve. Ma guida benissimo ed è perfetto per la sua moto e per le gare di oggi: per la Ducati di Dall’Igna che mantiene un vantaggio sul piano del bilanciamento dinamico e sa risparmiare le gomme, per la MotoGP attuale che non perdona i colpi di testa. Tutto sotto controllo. E dall’altra parte c’è Marc Marquez che lo show lo adora, e fa spettacolo tutte le volte che può. Temibile ancora di più, adesso che la Honda gli

ha fornito un supermotore che nulla ha da invidiare al Desmoducati. Nessuno sa guidare come Marc, nessuno sa spingersi come lui oltre il limite senza farsi male. Il pilota catalano è anche bravissimo a caricare l’avantreno il minimo indispensabile e di solito sa tenere la gomma fresca, e invece al finale del GP del Qatar è arrivato quasi sulle tele e forse più degli altri: eppure non ci ha pensato due volte, ha cercato il varco fino all’ultima curva, si è infilato, è stato battuto soltanto dalla lucida intelligenza del rivale. Una volta di più, secondo un copione già visto e

che ormai è il “loro” copione. E questa volta a Marc sarebbero bastati cinquanta metri di rettilineo in più, facendo suonare un campanello di allarme per Ducati. Non trovate anche voi che sia una bellissima sfida? Certo, molto differente da quelle epiche che opposero per esempio Schwantz a Rainey nella furibonda staccata di Hockenheim 1991, o a quella tra Rossi e Stoner a Laguna Seca nel 2008. Più scientifica, meno colorata e meno acrobatica. Ma in un certo senso ancora più sottile e apprezzabile per i palati fini. Se siete d’accordo.

Ì DOVIZIOSO PRAGMATICO E METODICO FINO A RISCHIARE L’APPREZZAMENTO DEL PUBBLICO, E DALL’ALTRA PARTE C’È MARQUEZ CHE LO SHOW LO ADORA, E FA SPETTACOLO TUTTE LE VOLTE CHE PUÒ. NON TROVATE ANCHE VOI CHE SIA UNA BELLISSIMA SFIDA?

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MOTOGP GP DEL QATAR

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MotoGP

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DOVIZIOSO VINCE IL GP DEL QATAR di Giovanni Zamagni DOVIZIOSO VINCE IL GP DEL QATAR DOPO UNA BATTAGLIA SPETTACOLARE CON MARQUEZ, BATTUTO IN VOLATA PROPRIO SUL TRAGUARDO

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Vittoria strepitosa di Andrea Dovizioso, davanti a Marc Marquez e Cal Crutchlow. Quarto Alex Rins, quinto Valentino Rossi, sesto Danilo Petrucci, 11esimo Franco Morbidelli, 14esimo Andrea Iannone dietro a Jorge Lorenzo. Gara poco spettacolare, tranne gli ultimi due giri: voto 6. E’ stato perfetto, Andrea Dovizioso. Non ha sbagliato nulla, dalla partenza, fantastica grazie anche al nuovo sistema Ducati, all’arrivo, al solito ultimo giro da infarto con Marc Marquez, che come nel 2018 ci ha provato all’ultima curva, è finito largo ed è stato ripassato da un Dovizioso in forma straordinaria. Nell’ultimo giro, i due si sono superati cinque volte, con Dovizioso sempre lucido a replicare agli attacchi disperati del rivale: la Ducati va forte, è una moto competitiva, ma è lui che fa la differenza. Perché anche la Honda è super competitiva e adesso corre anche in rettilineo. E’ stata quindi una sfida alla pari tra piloti, vinta da Dovizioso contro Marquez: tanta roba. CHE ROSSI Al terzo posto, Cal Crutchlow, bravo a stare lì tutta la gara, al quarto Alex Rins, l’unico che ha provato in qualche modo a rompe-

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re il ritmo di Dovizioso, che davanti voleva tenere i tempi alti, per non consumare le gomme. Rins ci ha provato, ma alla fine un paio di errori lo hanno costretto a perdere il podio, anche perché la sua Suzuki in rettilineo era veramente lenta. Al quinto posto Valentino Rossi, che dopo essere stato 14esimo e lontanissimo in prova e in qualifica, è tornato Valentino Rossi in gara, recuperando a suon di sorpassi. Il ritmo basso davanti gli ha permesso di stare lì, ma lui ha fatto la differenza ed è ancora una volta il primo pilota Yamaha al traguardo, con Vinales settimo che subisce così una grave batosta psicologica. Rossi, è sempre un incubo per tanti. MALE PETRUCCI La delusione del GP è per certi versi Danilo Petrucci, che dopo essere stato splendido primo in quasi tutti i test invernali e in tante sessioni, si ritrova sesto e un po’ “attapirato”: deve crescere ancora. Purtroppo le qualifiche lo hanno penalizzato e non è stato fulmineo nemmeno in partenza; poi, però, è risalito fino al terzo posto, poi, però è calato. Aprilia nei dieci con Aleix Espargaro, iannone 14esimo,dietro a Lorenzo, che non può essere giudicabile per questa gara. 61


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CLASSIFICA, GP DEL QATAR

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ANDREA DOVIZIOSO "STRATEGIA DA PAURA"

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Appena sceso dal podio e già si parla di reclami e di possibili squalifiche. Quasi tutte le squadre (Aprilia Racing Team Gresini, Red Bull KTM Factory Racing, Repsol Honda Team e Team Suzuki Ecstar) infatti hanno presentato un reclamo additando come irregolare l'alettone montato sotto al forcellone della Ducati. Il reclamo è però stato respinto dalla Direzione gara che ha confermato la vittoria di Dovizioso. Per Andrea, che quando intervistato non era ancora informato sui fatti, la vittoria non sarebbe stata meno bella. «Sinceramente non mi cambia tanto, io la gara l'ho vinta. Poi se ci tolgono i punti è una bega per il campionato, ma non cambia niente per la prestazione che abbiamo fatto. Abbiamo fatto una strategia perfetta, non eravamo i più veloci e abbiamo vinto. Questa è una soddisfazione enorme. Eravamo messi male però il team ha lavorato bene tra i test e la gara. Piano piano siamo migliorati e i problemi li abbiamo risolti nei quattro turni di prove con calma. Sinceramente guardando la gara e gestendo sembra che avessi tutto questo margine invece secondo me non ne avevo tanto di più di altri piloti. Sono stato bravo a stare là davanti e soprattutto a capire cosa dovevo fare con la moto. Perché è incredibile come siano diverse le moto. Devi essere molto sveglio ad adattarti velocemente e capire cosa fare.

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Io ho fatto tutto per cercare di salvare la gomma e cercare di essere competitivo nel momento che mi serviva. Ho fermato Rins tutte le volte perché sapevo che aveva un gran passo. E' partito troppo presto per cercare di andare forte e avremmo consumato tutti troppo la gomma. Ci saremmo trovati a fine gara a fare a pugni tra ciechi». Oggi non basta essere veloci. «Sì, la velocità non conta nulla. Guarda Valentino, se fai le cose giuste per la gara poi se riesci a fare tutto con un senso alla fine paga». L'anno scorso Ducati qui aveva più margine. Quest'anno invece eravate più alla pari. E' stata più una gara di piloti. «No, secondo me l'anno scorso Marc era più forte di quest'anno ma per varie situazioni. Loro si stanno lamentando tanto per la gomma davanti, problemi che nel 2018 non avevano. L'anno scorso secondo me poteva dire più la sua, ci credeva di più. Loro sanno benissimo che cambiamenti hanno fatto e quindi hanno la situazione più sotto controllo. Non sappiamo cosa ci si può aspettare. Se veramente hanno migliorato quello che dicono sarà una bega. Saranno ancora più forti e in certe piste sarà difficile batterli. Non ero preoccupato e non ha senso preoccuparsi di Argentina e America dove sappiamo che facciamo fatica. Se continuiamo a lavorare così si può sempre trovare una soluzione. Ci rimane anco-

ra da migliorare a centro curva, è un tallone d'Achille troppo grosso. Noi vinciamo quando ci sono certe piste e certe gomme che vanno bene per noi. Quando andiamo in altre piste non facciamo 2° o 3° come Marquez, facciamo 5° o 6° e prendiamo dei secondi. Questo non ci permette di giocarci il campionato. Dobbiamo focalizzarci su questa cosa e cercare di migliorarla». Hai raggiunto Max Biaggi e sei il terzo italiano più vincente. «Non corro per questi numeri. Però fa capire che sei uno tra i grandi. Tanta roba!». L'intelligenza è la tua più grande dote? «Sì, ce l'ho sempre avuta, fin da quando correvo con le minimoto. E' importante lavorate su tutte quelle cose che ti permettono di migliorare i tuoi lati negativi e di sfruttare quelli positivi» 65


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VALENTINO ROSSI "STESSI PROBLEMI DEL 2018"

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Valentino Rossi, sabato sera: «Una rimonta è impensabile, perché non sono 14esimo per aver sbagliato il “time attack”: non ho il passo, la gomma anteriore finisce troppo presto». Domenica sera: Rossi quinto a 0”600 da Dovizioso e a 0”280 dal podio, prima Yamaha al traguardo. Non è uno scherzo, è tutto vero. «Studiando i dati ieri sera, abbiamo fatto una modifica importante alla moto sul bilanciamento dei pesi e ne abbiamo fatta un’altra per la gara. Alla fine, mi sono anche divertito, ho fatto un sacco di sorpassi, sono arrivato vicino ai primi. Ma questa è una pista a noi favorevole: temo che la situazione sia più o meno come l’anno scorso. Abbiamo migliorato in alcune aree, ma continuiamo a soffrire in altre». Dove, esattamente? «In accelerazione, in uscita di curva. E, di conseguenza, in velocità massima».

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Ma se fossi partito più avanti, saresti salito sul podio? «Difficile dirlo, ma forse sarebbe stato un po’ più facile» Alla fine, sei sempre tu la prima Yamaha al traguardo. «Sempre, no… Ieri Vinales era stato impressionante, aveva fatto due giri capolavoro. Ma la verità è che sono la prima Yamaha al traguardo, ma dietro a una Ducati, a una Honda ufficiale, a una Honda di un team satellite e a una Suzuki. Ecco, rispetto all’anno scorso, c’è in più la Suzuki da considerare: tutti escono più veloci di noi dalle curve. Così è difficile fare la gara, fatichi a superare gli altri. Qui io ho fatto una buona gara, ma in altri circuiti sarà più complicato, la situazione è come l’anno scorso».

E’ un problema elettronico o meccanico? «Entrambe le cose, soffriamo parecchio, siamo a livello del 2018».

Le gare stanno diventando sempre più di strategia: ti piace? «Quelli davanti fanno strategia, ma non è una scelta: devi fare così, se vuoi finire la gara. Ma è così in tutti gli sport del motore, anche in F.1 non possono tirare dal primo all’ultimo giro».

Ma perché arrivate solo alla domenica a trovare l’assetto giusto? «Abbiamo i nostri tempi… E’ vero però che in qualifica dobbiamo fare meglio, essere più veloci a fare certe cose».

Dall’Argentina cosa ti aspetti? «Intanto speriamo che l’asfalto sia in buone condizioni e che non piova. Come ho detto, però, la nostra competitività è simile al 2018». 67


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I COMMENTI DEI PILOTI DOPO IL GP DEL QATAR di Giovanni Zamagni LE DICHIARAZIONI DI MARQUEZ, PETRUCCI, VINALES E CRUTCHLOW

MARC MARQUEZ: “IL RECLAMO? PER ME CONTA SOLO LA PISTA” «Sono molto contento, perché questo è un circuito molto difficile per noi. Inoltre, le gomme portate qui dalla Michelin non erano perfette per noi: ho dovuto correre con la media anteriore, invece della dura che preferisco e questo mi ha obbligato a correre tutto il GP usando molto di più il posteriore. Sapevo che Dovizioso era messo meglio di

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me: ho spinto, c’ho provato perché se no non vado a letto tranquillo, ma sapevo che non potevo battere Dovizioso. E’ stata una gara un po’ strana, ho sperato che il ritmo fosse basso e in questo Andrea mi ha dato una mano… Il motore mi ha consentito di arrivare secondo, per il resto ero più in difficoltà rispetto al 2018. Il reclamo contro la Ducati? A me non importa, per me conta solo la pista e in pista Dovizioso mi ha battuto».

CAL CRUTCHLOW: “NON SAPEVO NEPPURE SE SAREI TORNATO A CAMMINARE” «Dopo l’incidente, non sapevo neppure se sarei riuscito a camminare normalmente, invece sono tornato in moto e, adesso, sul podio: è un sogno… Mi sono giocato bene le carte a mia disposizione, in una gara molto complicata da gestire. Ho tante persone da ringraziare, dal mio dottore a casa, fino alla mia squadra, che mi ha sempre sostenuto nei momenti difficili».

ce e infatti sono riuscito a riportarmi nel gruppo dei primi abbastanza velocemente. Purtroppo però facevo fatica a sorpassare e ad essere incisivo in staccata. Col senno di poi probabilmente la scelta della gomma morbida sia all’anteriore che al posteriore è stata un po’ azzardata, ma ci aspettavamo che le temperature scendessero maggiormente e inoltre non eravamo veloci come al solito in rettilineo. Comunque il campionato è appena iniziato e sono fiducioso che ci rifaremo presto”.

DANILO PETRUCCI: “DUE GOMME MORBIDE: SCELTA AZZARDATA” “Il mio sesto posto è comunque positivo perché abbiamo preso dei punti importanti per il campionato. Sfortunatamente la mia partenza non ottimale mi ha penalizzato, ma il ritmo in gara non era molto velo-

VINALES: “IN GRUPPO NON POSSO SUPERARE” «Il problema è che quando sono in gruppo non posso guidare come voglio, non avendo accelerazione non posso superare, fatico troppo a recuperare quello che perdiamo in rettilineo» 69


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LE PAGELLE DI LOSAIL di Giovanni Zamagni DIECI TONDO AL DOVI, 9 A MARQUEZ E CRUTCHLOW. A ROSSI 7,5 MENTRE SOLO 5 A LORENZO

ANDREA DOVIZIOSO VOTO 10 La solita sicurezza, la solita determinazione, la solita capacità di leggere perfettamente la gara, la solita lucidità nei momenti che contano: ormai conosce perfettamente l’avversario, sa come gestirlo, anche quando sembra un po’ in difficoltà. Questo è il sesto arrivo in volata tra i due (Qatar 2017 per il secondo posto; Austria 2017, Giappone 2017, Qatar 2018, Thailandia 2018 e Qatar 2019), ne ha vinti cinque. Campione vero. MARC MARQUEZ 9 Come al solito ci ha provato in tutti i modi, anche con tentativi disperati, come l’attacco all’ultima curva. I n alcuni tratti della gara sembrava ne avesse di più, invece, in un certo senso, è stato costretto a giocare in “difesa”. E, come sempre, l’ha fatto alla grande. Punto di riferimento. CAL CRUTCHLOW 9 Nei test non aveva impressionato, tutt’altro. Il ritmo basso della gara gli ha dato una mano, ma lui si è giocato molto bene le sue carte, conquistando un podio totalmente insperato alla vigilia. Ha ammesso di aver temuto di non poter più camminare normalmente: che bello vederlo sul podio. Tosto. ALEX RINS 8 In prova ha deluso, ma in gara è tornato competitivo. Ha anche tentato di cambiare 72

il ritmo imposto da Dovizioso, ma la sua moto era troppo lenta in rettilineo per consentirgli la fuga. Lui, però, ha fatto il suo piuttosto bene: ha perso il podio, ma non ha colpe specifiche. In crescita. VALENTINO ROSSI 7,5 Peccato per le prove e per quel 14esimo posto sullo schieramento. Ma in gara è sempre fortissimo, la sua rimonta è stata bella e avvincente, la sua capacità di ribaltare la situazione è unica e inimitabile. Questa volta sembrava veramente in crisi, ma, ancora una volta, ha stupito tutti per la sua velocità. Immenso. DANILO PETRUCCI 6 Durante l’inverno è stato grande protagonista e lo è stato anche qui fino alle qualifiche. Poi è caduto nel trappolone di Marquez, in gara ha sbagliato la partenza e ha azzardato le gomme soffici: il podio sembrava ampiamente alla sua portata, invece raccoglie meno delle aspettative. Ma anche questo fa parte del cammino di crescita. Dai Danilo, dai. MAVERICK VINALES 4 Fenomenale fino al momento della partenza, poi assolutamente anonimo. Afferma che con la Yamaha non si può superare, ma lo dice dopo che il suo compagno di squadra ha fatto una grande rimonta dalla 14esima posizione. E’ fortissimo, ma non sfrutta al meglio il suo talento. Per certi versi, sconcertante. 73


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JOAN MIR 8 Il debuttante ha messo in mostra una grande velocità, ma anche una buona gestione della gara. Bravo davvero: se il buon giorno si vede dal mattino… Talento puro. ALEIX ESPARGARO 7 Porta l’Aprilia in Q2 e nei dieci al traguardo: ha fatto un buon lavoro. FRANCO MORBIDELLI 5 Ci si aspettava un po’ di più, ma soffre alla distanza: c’è ancora da fare per adattarsi a questa moto. Lavori in corso. JORGE LORENZO 5 Venerdì aveva sorpreso perfino Marquez per la sua velocità, ma nelle FP3 ha fatto un errore per lui inconsueto, facendosi tradire dalla troppa foga e cadendo malamente al primo giro. La botta rimediata è stata fortissima, al ritorno in Europa dovrà fare ulteriori accertamenti alla schiena. La sua gara, di fatto, è finita prima di iniziare. Ingiudicabile. ANDREA IANNONE 5 Ha la scusante – non da poco – di conoscere poco questa moto, ma da uno con il suo talento e la sua velocità ci si aspetta che sia sempre davanti al compagno di squadra, non sempre dietro. In salita. JOHANN ZARCO 4 Non riesce a guidare questa moto, fa una gran fatica e non si vedono miglioramenti. Scomparso. FABIO QUARTARARO 8 L’errore di aver fatto spegnere la moto in partenza del giro di ricognizione è grave, ma fino a quel momento aveva fatto qualcosa di incredibile. Ed è suo il giro veloce in gara. Per me, comunque bravissimo. JACK MILLER 7 Dopo un inverno difficile, è tornato protagonista, perlomeno in prova. Anche in gara 74

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stava facendo bene, ma il distaccamento della sella l’ha costretto al ritiro, ma lui non ha colpe. Iniezione di fiducia.

a utilizzare la media anteriore invece della dura, faticano un po’. Ma nel complesso, era a livello della Ducati. Almeno per me.

PECCO BAGNAIA 5 Un debutto più complicato del previsto. Poi, in gara è stato costretto al ritiro per il distaccamento di una aletta della carenatura, dopo un contatto al via con Petrucci.

SUZUKI GSX-RR VOTO 8,5 E’ una gran moto, le manca solo un po’ di potenza: il povero Rins veniva sverniciato in rettilineo come se fosse fermo. Ma in altre piste, sarà durissima batterla.

DUCATI DESMOSEDICIGP VOTO 9 La vittoria è arrivata per merito, non per presunte irregolarità tutte da accertare. Questo deve essere chiaro, lo sa bene anche chi ha fatto reclamo; poi, se l’appendice sotto il forcellone risultasse irregolare, sarà giusto toglierla, ma i meriti della Desmosedici rimangono. In Qatar è sempre il punto di riferimento.

YAMAHA M1 VOTO 7,5 E’ la più lenta in assoluto e la più in difficoltà in uscita dalle curve. E’ cresciuta, ma le rivali rimangono avanti. E adesso, anche la Suzuki è più competitiva.

HONDA RC213V VOTO 9 Ha impressionato nel motore: da anni non si vedeva una moto superare una Ducati in rettilineo. L’avantreno continua a rimanere un po’ critico e se i piloti sono costretti 76

APRILIA RS-GP VOTO 6,5 Con Espargaro ha dimostrato un buon potenziale, il passo in avanti rispetto al 2018 è evidente. E’ un punto di partenza. KTM RC16 VOTO 4 Purtroppo non si vedono miglioramenti: solo Pol Espargaro ci mette una pezza, tutti gli altri sono in grandissima difficoltà. 77


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DUCATI SOTTO PROCESSO. RISCHIA LA SQUALIFICA QUATTRO TEAM MOTOGP PRESENTANO RECLAMO CONTRO L'ALETTONE SOTTO AL FORCELLONE DELLA DUCATI. LE ROSSE ASSOLTE DALLA DIREZIONE GARA, MA ORA LA DECISIONE PASSA ALLA CORTE DI APPELLO

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Appena sceso dal podio Dovizioso già stava rischiando di perdere punti in classificae vittoria. Perché? Perché Aprilia Racing Team Gresini, Red Bull KTM Factory Racing, Repsol Honda Team e Team Suzuki Ecstar hanno segnalato al FIM MotoGP Stewards Panel come potenzialmente irregolari l'appendice aerodinamica posta sotto al forcellone delle Ducati ufficiali. "Sulla base delle linee guida e dei regolamenti attualmente in vigore - si legge nella comunicazione ufficiale Dorna -, il comitato degli steward MotoGP della FIM ha respinto le loro proteste. Il risultato del Gran Premio VisitQatar rimane valido. È in corso una procedura di ricorso". 78

La FIM MotoGP stewards, composta da Freddie Spencer, Bill Cumbrow e il direttore tecnico Danny Aldridge ha deciso di rimandare la decisone finale alla Corte di Appello della FIM. Adesso le Case avranno la possibilità di mandare le loro valutazioni, poi verrà presa la decisione definitiva. La classifica, quindi, rimane subjudice. Dovizioso intervistato sulla vicenda non si è preoccupato più di tanto: «Sinceramente non mi cambia tanto, io la gara l'ho vinta. Poi se ci tolgono i punti è una bega per il campionato, ma non cambia niente per la prestazione che abbiamo fatto. Abbiamo fatto una strategia perfetta, non eravamo i più veloci e abbiamo vinto. Questa è una soddisfazione enorme». 79


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PAOLO CIABATTI: “SIAMO SERENI” IL D.S. DI DUCATI CORSE SOSTIENE CHE IL REGOLAMENTO TECNICO È STATO RISPETTATO ALLA LETTERA. E DI PIÙ: CHE IL DEFLETTORE RISPETTA ANCHE UNA RECENTISSIMA CIRCOLARE DIFFUSA TRA I COSTRUTTORI, MOLTO SPECIFICA SULLE SOLUZIONI AERODINAMICHE CONSENTITE

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Alta tensione tra Ducati e le altre case (Yamaha esclusa) dopo il reclamo e il successivo appello circa la vittoria di Dovizioso in Qatar. La questione non si risolverà tanto presto e i tempi della decisione finale da parte della FIM non sono certi (guarda il video commento di Zam). Paolo Ciabatti, direttore sportivo di Ducati Corse, in piena notte così si è espresso sulla vicenda. "Il reclamo fatto dai quattro costruttori contro Ducati, riferito all'utilizzo del deflettore montato sotto al forcellone posteriore, è stato respinto dal collegio dei commissari, e il regolamento però prevede che questo verdetto sia appellabile. Dunque Honda, Suzuki, Aprilia e KTM si sono appellate. Successivamente il collegio d'appello ha fatto sapere di non avere abbastanza elementi per una decisione, che quindi è demandata alla Corte d'Appello della FIM. Nei prossimi giorni credo che la FIM chiederà ai cinque costruttori in causa le proprie considerazioni, per prendere una decisione definitiva".

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Qual è la vostra posizione ora? "Siamo tranquilli perché abbiamo seguito il regolamento tecnico e non solo: anche una precisa circolare con i chiarimenti relativi all'aerodinamica, che è stata distribuita ai costruttori alcuni giorni fa: tra l'altro chiariva proprio come si poteva utilizzare questo tipo di deflettore sulla parte posteriore della moto, che nel nostro caso serve a raffreddare la gomma. Questo appello non ci ha sorpreso del tutto, anche se noi riteniamo che le questioni relative ai regolamenti tecnici vadano discusse all'interno dell'associazione dei costruttori e c'era il tempo per farlo”. Ma voi restate tranquilli. “Abbiamo già visto nel passato che alcune innovazioni che Ducati ha portato per prima nel campionato, a partire dalle alette, si è sempre cercato di limitarle. Non credo che queste cose facciano bene al campionato, ma noi siamo sereni e ci rimettiamo alla decisione della Corte d'Appello della FIM". 81


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MOTOCROSS LE FOTO PIÙ BELLE DEL GP DI PATAGONIA

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EDITORE: CRM S.r.l., Via Melzo 9 - 20129 Milano P. Iva 11921100159 RESPONSABILE EDITORIALE Ippolito Fassati RESPONSABILE SVILUPPO EDITORIALE: Andrea Perfetti CAPO REDATTORE: Edoardo Licciardello REDAZIONE Maurizio Gissi Maurizio Tanca Cristina Bacchetti Marco Berti Quattrini Aimone Dal Pozzo Umberto Mongiardini Francesco Paolillo COLLABORATORI Nico Cereghini Giovanni Zamagni Carlo Baldi Massimo Zanzani Piero Batini Antonio Gola Enrico De Vita Antonio Privitera Alfonso Rago Massimo Clarke Max Morri Andrea Buschi Pietro Ambrosioni Luca Frigerio Alberto Capra Alex Hodgkinson PROGETTO GRAFICO: Camilla Pellegatta VIDEO: Luca Catasta, Fabrizio Partel, Camilla Pellegatta, Giovanna Tralli COPYRIGHT Tutto il materiale contenuto in Moto.it Magazine è oggetto di diritti esclusivi di CRM S.r.l. con sede in Milano, Via Melzo 9. Ne è vietata quindi ogni riproduzione, anche parziale, senza l’autorizzazione scritta di CRM S.r.l. MOTO.IT Via Melzo 9- 20129 Milano Reg. trib. Mi Num. 680 del 26/11/2003 Capitale Sociale Euro 10.000 i.v. Email: staffmoto@moto.it

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