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SPECIAL FREE ISSUE - N.387 - 25 GIUGNO 2019

YAMAHA XSR700 XTRIBUTE

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SUPERBIKE

EDITORIALE

BMW S1000RR e Yamaha YZF-R1 stock

A Misano un podio tutto Kawasaki

Toprak e Kenan, gli amici di Erdogan

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la prova

YAMAHA XSR700 XTRIBUTE

9.490 EURO

MOTORE BICILINDRICO PARALLELO TEMPI 4 CILINDRATA 689 cc RAFFREDDAMENTO A LIQUIDO CAMBIO A 6 MARCE TRASMISSIONE FINALE CATENA POTENZA MASSIMA 75 CV A 9.000 GIRI COPPIA MASSIMA 68 NM A 6.500 GIRI EMISSIONI EURO 4 TELAIO IN ACCIAIO A DIAMANTE PNEUMATICO ANT. 120/70-17” PNEUMATICO POST. 180/55-17” CAPACITÀ SERBATOIO 14 LT ALTEZZA SELLA 815 MM PESO 166 KG IN ORDINE DI MARCIA

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YAMAHA XSR700 XTRIBUTE: TEST, OMAGGIO AL MITO XT

Yamaha rende omaggio alla mitica XT 500 dell’81 con la XTribute, che ne riprende la linea e sfrutta l’ottima base meccanica della XSR700. Cambiano ergonomia e dettagli

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Chi non ricorda la meravigliosa Yamaha XT500 dell’81 (guarda lo speciale di Nico Cereghini) col serbatoio in alluminio contornato dal filetto rosso? Negli anni è diventata una vera icona dell’emergente nicchia delle enduro stradali. Nel 2019 Yamaha le rende omaggio, non con una nuova versione, ma con un allestimento speciale della apprezzata XSR700 che si chiama per l’appunto XTribute XSR700 e entra di diritto nella collezione Faster Sons di Yamaha.

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La base è dunque il bicilindrico CP2 da 689 cc che spinge anche la nuovissima XTZ700 Ténéré, inserito nella ciclistica con telaio in acciaio di quella XSR700 che tanto ci è piaciuta nella nostra comparativa delle classiche. La XTribute però cambia anche nelle sovrastrutture e figura quindi a ragione nei nostri listini come modello che si affianca alla XSR classica.

di Andrea Perfetti

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Cambia infatti la posizione di guida, con un

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manubrio più largo di 4 cm e una sella più alta di 3. Le pedane sono pensate specificamente per il fuoristrada, così come le gomme Pirelli MT60RS, che hanno un disegno tassellato che ricorda da vicino le rain da pista. Sono montate su cerchi da 17 e davanti troviamo un 120, dietro un enorme 180. Di marcata ispirazione fuoristradistica sono anche i soffietti sulla forcella, le leve e il manubrio verniciati in nero così come la protezione del serbatoio. Il faro posteriore a gemma - con luci LED - ricorda molto quello della XV 950, mentre lo scarico Akrapovič 2-in-1 verniciato in nero è (purtroppo) un accessorio. Troviamo poi la strumentazione nera e asimmetrica ripresa dalla XRS900. Il prezzo è di 8.490 euro. Come va La Yamaha XSR700 XTribute riprende quanto di buono, anzi di buonissimo, abbiamo già visto in sella alla XSR700. E’ una moto facile, agilissima, perfetta per iniziare. Ma sa accontentare anche i palati fini: nel misto è davvero efficace, frena forte e ha un motore tra i più riusciti sul mercato. Riprende senza uno strappo da 2.000 giri e allunga fino a 10.500. E’ pieno a metà, fa un bel rumore ed è servito da un classico cambio giappo, preciso e leggero. Certo, non è una moto da viaggi in due. Il passeggero ci sta, ma non è comodissimo e c’è poco spazio per le eventuali borse. Ma la XSR nasce per far divertire senza costare una

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follia e ci riesce molto bene. Tra l’altro anche le finiture sono curate e la moto si presenta davvero ben realizzata. Non potrebbe essere altrimenti, è pur sempre un tributo alla mitica XT500 col serbatoio cromato. Chi la può dimenticare?

ABBIGLIAMENTO

Pro Finiture - Motore davvero riuscito Agilità nel misto Contro Spazio per il passeggero ridotto

PIÙ INFORMAZIONI

CASCO XLITE X502 CARBON

METEO: 25 GRADI, SOLE

GIACCA TUCANO URBANO BRED

LOCATION: TORTOSA

JEANS TUCANO URBANO

TESTER: ANDREA PERFETTI (185 CM, 87 KG)

GUANTI TUCANO URBANO GUANTI TUCANO URBANO

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comparativa

BMW S1000RR E YAMAHA YZF-R1M STOCK PIRELLI

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BMW S1000RR MOTORE 4 CILINDRI IN LINEA TEMPI 4 CILINDRATA 999 cc RAFFREDDAMENTO A LIQUIDO CAMBIO A 6 MARCE TRASMISSIONE FINALE CATENA POTENZA MASSIMA 199 CV A 13.500 GIRI COPPIA MASSIMA 113 NM A 10.500 GIRI EMISSIONI EURO 4 TELAIO TELAIO IN ALLUMINIO COMPOSITO PNEUMATICO ANT. 120/70 ZR 17 PNEUMATICO POST. 190/55 ZR 17 CAPACITÀ SERBATOIO 17,5 LT ALTEZZA SELLA 815 MM PESO 204 KG IN ORDINE DI MARCIA

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YAMAHA YZF-R1M MOTORE 4 CILINDRI IN LINEA TEMPI 4 CILINDRATA 998 cc RAFFREDDAMENTO A LIQUIDO CAMBIO A 6 MARCE TRASMISSIONE FINALE CATENA POTENZA MASSIMA 200 CV A 13.500 GIRI COPPIA MASSIMA 112 NM A 11.500 GIRI EMISSIONI EURO 4 TELAIO IN ACCIAIO A DIAMANTE PNEUMATICO ANT. 120/70 ZR17M/C (58W) PNEUMATICO POST. 190/55 ZR17M/C (75W) CAPACITÀ SERBATOIO 17 LT ALTEZZA SELLA 860 MM PESO 200 KG IN ORDINE DI MARCIA

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BMW S1000RR E YAMAHA YZF-R1 STOCK PIRELLI: LE MOTO DI LUCA SALVADORI E FABRIZIO LAI Un test da sogno: le due stock utilizzate da Pirelli per lo sviluppo delle slick Diablo Superbike per una giornata sul circuito di Pergusa

di Edoardo Licciardello

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Andare in moto è sempre molto bello. Oddio, magari non in condizioni di pioggia e freddo, ma una bella giornata di sole diventa sempre più bella se la si passa in sella a una moto. Ecco perché noi giornalisti di settore veniamo (giustamente) visti spesso come dei privilegiati: perché a fronte di tanto lavoro in redazione - più di quanto molti si immaginino - viviamo spesso giornate in sella. Magari in pista, e con moto dell’ultima generazione. Però, però, però. Però ci sono test più belli di altri, come quello che mi è stato proposto a corollario della folle sfida in pista con le tre maxienduro assieme al Perfetto che vi abbiamo regalato qualche giorno fa. Una roba da sogno: provare le nuove slick Pirelli Diablo Superbike SC1 - e dopo capirete perché diciamo “nuove” - in sella a due moto piuttosto particolari: quelle che vengono utilizzate dai due piloti che sviluppano la gamma racing Pirelli nei loro test.

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Una è la BMW S1000RR normalmente impiegata dal nostro amico Luca Salvadori (che i più

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attenti di voi ricorderanno come protagonista del nostro test delle Pirelli Diablo Superbike SC3) l’altra la Yamaha YZF-R1 che costituisce l’ufficio di Fabrizio Lai. Insomma, una di quelle giornate che lasciano il segno… Come sono fatte? Senza scendere troppo nel dettaglio, le Diablo Superbike sono le stesse coperture che Pirelli schiera nel Mondiale Superbike. Proprio per questo motivo sono soggette a una costante evoluzione, che fa sì che anno dopo anno cambino in dettagli piccoli e grandi in termini di mescole e carcasse. Lasciando a dopo considerazioni più ap-

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profondite in termini di… consigli per l’uso, qui ci limitiamo a dare qualche informazione di base in merito alla disponibilità e alle pressioni. Le Diablo Superbike sono sostanzialmente disponibili in tutte le misure utilizzate su moto sportive con cerchi da 17”, quindi 120/70 per tutte le mescole all’anteriore, e 125/70, 110/70 e 100/70 per la SC1. Al posteriore c’è da perdersi, perché le misure spaziano dal 120/70 al 200/65 come avrete notato, abbiamo citato i due “gommoni” (il 125/70 e il 200/65) introdotti in gamma quest’anno, di cui vi parleremo a breve con un servizio separato. Per quanto riguarda le pressioni, Pirelli raccomanda valori a freddo fra 2,1 e 2,2 all’anteriore e 1,6 e 1,8 al posteriore. Le slick si usano pre-

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feribilmente con termocoperte, con cicli di riscaldamento di 45/50 minuti (ricordarsi che è necessario scaldare anche il cerchio, non solo la gomma) per portarle a 85/90°. Le pressioni variano di conseguenza, secondo la tabella di cui sotto. Come vanno Se amate le supersportive, la guida con le slick è un’esperienza di cui non potete privarvi. Non intendiamo naturalmente su strada - dove, a parte i divieti di legge, non riuscireste mai a tenerle costantemente calde e quindi le prestazioni sarebbero peggiori di una normale gomma scolpita - ma in pista, possibilmente con termocoperte a portarle e mantenerle alla tempe-

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ratura d’uso ottimale. Iniziamo con una considerazione di carattere generale: non è affatto scontato che una moto di serie benefici dell’uso delle slick, nel senso che l’aumento del grip disponibile potrebbe sì renderle più performanti in percorrenza, ma anche indurre reazioni anomale da sospensioni e telaio. Insomma, le moto più pronto pista digeriscono le slick e anzi ne guadagnano moltissimo in prestazioni, altre richiedono un po’ di lavoro per poterle sfruttare al meglio. Per questo, e anche per offrire un livello prestazionale paragonabile alle moto che vanno poi ad equipaggiare, in Pirelli hanno allestito due “stock” - usiamo le virgolet-

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te perché, non dovendo correrci, il motorista Marco Minin si è preso qualche libertà in più in zona termica - che esaltano le caratteristiche delle due moto. Che, manco a farlo apposta, un po’ come dicono avvenga fra cani e padroni, finiscono per assomigliare ai rispettivi piloti la BMW S1000RR a Luca Salvadori, la Yamaha YZF-R1 a Fabrizio Lai - o almeno al loro stile di guida. Il test si svolge partendo, per ciascuna, dalla versione stradale calzata con Diablo Supercorsa SP v3, per poi passare alla stock con Diablo Superbike SC1, per cogliere al meglio la differenza di prestazioni delle due moto e delle gomme. BMW S1000RR Iniziamo dalla BMW, con la S1000RR nella sua penultima evoluzione (trovate la prova nella nostra comparativa al Paul Ricard del 2017) che ormai consideriamo una vecchia amica. Gran motore, ciclistica stabile e capace di rendere sfruttabili un po’ a chiunque i suoi 200 cavalli, è sempre un gran bel guidare. Gli unici limiti che mostra sono nell’impianto frenante, un po’ troppo propenso ad affaticarsi (e a Pergusa la cosa porta ad una certa ansia…) e in una relativa mancanza di agilità derivante da proporzioni più accoglienti della media e pensate anche per l’uso stradale. E sono una certezza anche le Diablo Supercorsa SP nella loro ultima evoluzione, anche se sui velocissimi curvoni di Pergusa fa comunque una certa impressione sentirsi in sella ad una moto che

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non si muove di un millimetro, ginocchio a terra, con il tachimetro che oltrepassa i 240 all’ora. Passando in sella alla stock - con una bella posizione di guida abitabile e con i manubri belli aperti - serve un po’ più di qualche curva per riparametrarsi su spinta del motore e grip a disposizione. La S1000RR di Luca Salvadori spinge come una furia ad ogni rotazione dell’acceleratore, con il motore che urla come una strega e il tachimetro del cruscotto GPS che mostra in pochissimo tempo velocità surreali. Però, a suo modo, è anche relativamente facile, perché le sospensioni gestiscono molto meglio i carichi - in accelerazione, staccata e percorrenza - mantenendo la moto nettamente più composta, e le gomme offrono un’aderenza pazzesca. Il problema è proprio questo: il cronometro automatico riporta impietosamente distacchi dell’ordine della decina di secondi dal riferimento (attorno all’1’40”) e non ho bisogno di confrontare l’acquisizione dati per capire dove li incasso. Serve manico, ma soprattutto abitudine al grip offerto da queste slick per poterle sfruttare al meglio. Bisogna imparare a fidarsi entrando con i freni in mano fino praticamente alla corda, e spalancare il gas con velocità e riferimenti a cui l’istinto di autoconservazione va abituato. Non è solo il grip a fare una gran differenza. La maggior rigidità della carcas-

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sa e il profilo decisamente più appuntito velocizzano l’inserimento, aumentano la precisione e riducono lo sforzo necessario per far cambiare traiettoria alla S1000RR. Per non parlare della comunicativa e del senso di appoggio che sanno trasmettere le Supercorsa alla massima inclinazione, giocoforza nettamente superiori a quanto non sia possibile con una gomma scolpita. Yamaha YZF-R1M E’ il momento di passare alla Yamaha YZFR1M, anche lei una nostra vecchia conoscenza, che apprezziamo moltissimo da diverso tempo. E che nonostante l’età, sa ancora farsi valere molto bene anche nel confronto con concorrenti più recenti e sulla carta prestanti. Nella versione di serie è piacevolissima da guidare, come da grande tradizione Yamaha (e come aveva sottolineato Luca Cadalora, guest tester ai tempi della comparativa 2015) motore e ciclistica sono perfettamente in sintonia. E’ una moto facile (per un missile da 200 cavalli) che aiuta il suo pilota, invece che metterlo in difficoltà, stanca poco e soprattutto offre una ripetibilità delle prestazioni senza rivali nella categoria. Nel test di Pergusa, con le Supercorsa v3, ha naturalmente confermato tutte queste doti, pagando però pegno - come previsto - in staccata, dove l’impianto frenante ha ceduto allo

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sforzo allungando la corsa della leva fino a consigliare un rientro ai box. Anche in questo caso, la versione stock di Fabrizio Lai si rivela fantastica. Al netto della posizione di guida, questo va detto, perché salire in sella è poco meno che traumatico: le pedane sono ad un’altezza pazzesca - e Minin mi giura di averle abbassate - e portano a sedere con le ginocchia piegatissime. Ma basta in effetti fare un attimo mente locale e tutto torna, Fabrizio viene dalle 125 e 250 GP, e probabilmente trova questa R1 quasi spaziosa… In pista serve un attimo di abitudine, perché la prontezza di risposta all’acceleratore del quattro cilindri crossplane sulle prime prende in contropiede. Ma basta poco,

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un mezzo giro, per recuperare quel piccolo ritardo di reazione iniziale e trovarsi a condurre le danze. Rispetto alla BMW, la Yamaha si rivela più armonica, equilibrata e propensa a farsi guidare di percorrenza: sulla S1000 di Salvadori sembra di perdere tempo tutte le volte che non si ha il gas spalancato, sull’R1 di Lai la sensazione è quella di fare comunque strada. Il problema è che, non tenendola probabilmente alta di giri come Fabrizio, mi trovo ad aprire il gas dove la botta di coppia è ancora piuttosto elevata, e ci si trova a passare più tempo su una ruota di quanto non sia abituato a fare normalmente. Ma anche così, soprattutto grazie a un’elettronica sopraffina, la R1 va dove la si punta e so-

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prattutto intimidisce molto meno rispetto alla S1000RR. Insomma, fa venire voglia di spingere sempre di più, invece di pervaderti di un senso di inadeguatezza. Meglio però smettere, prima di prendersi troppe confidenze. I ragazzi di Pirelli ci vogliono molto bene, ma non sarebbero felici di dover ricostruire da zero una moto come questa R1… Come si usano le slick Pirelli? Iniziamo da una considerazione: le Supercorsa SP sono gomme incredibili, considerando l’omologazione stradale, e mai come con le v3 la differenza con le scolpite Supercorsa SC (grazie all’utilizzo della stessa mescola sulle spalle) si è assottigliata. Sem-

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briamo sicuramente dischi rotti, ma una gomma omologata capace di infondere sicurezza curvando, ginocchio a terra, a 240 e passa all’ora, onestamente non ci sembra una cosa da poco. Ma avendone già parlato diffusamente ai tempi della presentazione, passiamo alle sorelle Diablo Superbike. Tralasciando le SC0 e le SC3, agli estremi della gamma (le prime sono praticamente coperture da qualifica o da climi caldissimi, le seconde da Endurance o comunque dedicate ad un impiego più disimpegnato) preferiamo concentrarci sulle proposte intermedie SC1 ed SC2, cercando nel contempo di eliminare qualche luogo comune, che porterebbe ad utilizzare mescole morbide con il freddo e dure con il caldo. Il

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piloti. Se infatti da un punto di vista della mescola la SC1 rende al meglio con il freddo o asfalti molto levigati, e la SC2 invece offre più aderenza con asfalti più aggressivi, è soprattutto il comportamento in frenata a fare la differenza. La SC1, dotata di carcassa più morbida, tende a schiacciarsi di più in staccata e ad offrire un maggior feeling, adattandosi meglio a piloti più dolci sui freni. La SC2, invece, più rigida, offre un maggior supporto in frenata ed è la preferita - per fare un esempio - da piloti come Melandri o Davies, molto aggressivi in staccata.

tutto perché, molto semplicemente, nell’equazione sono da considerare anche altre variabili come la struttura della carcassa e l’abrasività dell’asfalto. E inoltre, anteriore e posteriore non sempre si possono scegliere secondo gli stessi criteri, senza contare i casi come la SC0 che viene proposta al solo posteriore. Partiamo dal posteriore, dove l’SC1 è caratterizzato da una mescola più morbida mentre l’SC2 è la soluzione “hard”. Contrariamente a quanto spesso si pensa, però, l’utilizzo della soft è legato ad asfalti caldi o poco abrasivi, mentre quello della hard è consigliato con il freddo, e/o con asfalti molto abrasivi. Il perché è presto spiegato: la mescola morbida, dotata di un elevato grip chimico, serve a compensa-

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re la scarsità di grip meccanico dell’asfalto, che può essere intrinseca (cioè un asfalto liscio e usurato) oppure dovuta ad un’elevata temperatura, situazione che porta in superficie composti bituminosi più oleosi che quindi ne aumentano la scivolosità. Al contrario, con il freddo l’asfalto è dotato di elevato grip meccanico (provate a far scivolare una mano sull’asfalto caldo o freddo e capirete…) ed è necessaria una mescola più dura per evitare che “strappi” sotto le sollecitazioni della guida. In sostanza: caldo e/o asfalto con poco grip, SC1. Freddo, o asfalto con buon grip, SC2. Sull’anteriore il funzionamento è un po’ il contrario, anche se nella maggior parte dei casi dipende più dalle preferenze e dallo stile di guida dei

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Conclusioni Da prodotto riservato a pochi professionisti a scelta perfettamente praticabile per tutti gli appassionati che frequentano le piste: le slick, nel giro di pochi anni, sono diventate protagoniste di una diffusione semplicemente impensabile fino a qualche tempo fa. Senza piaggeria, ci sentiamo di ascrivere parte del merito a Pirelli per un motivo molto semplice: in qualità di fornitore unico per il Mondiale Superbike - intendendo con questo tutte le categorie, dalla Stock 600 alla Superbike - Pirelli si è trovata di fatto obbligata a sviluppare coperture che sapessero unire prestazioni molto elevate con la versatilità necessaria ad adattarsi a ciclistiche diversissime. A differenza di quanto avviene fra i prototipi, dove dall’avvento del monogomma

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è assolutamente normale che i costruttori sviluppino i telai per sfruttare al meglio le gomme fornite, è impensabile che le Case scaravoltino le loro moto di serie per adattarle agli pneumatici del Mondiale. Ripetendo peraltro potenzialmente l’operazione ogni anno, perché mescole e carcasse delle coperture racing sono in costante evoluzione. Da questo lavoraccio nascono slick Diablo Superbike e coperture scolpite come le Diablo Supercorsa SP v3 che richiedono davvero poco in termini di messa a punto della moto, a differenza di quanto avveniva qualche anno fa quando il passaggio alle slick più quotate nelle gare comportava diverse giornate di mal di testa alla ricerca di un assetto che facesse chiudere le curve, o semplicemente impedisse che vi servisse tutta la larghezza del rettilineo del Mugello per far andare dritta la moto in piena accelerazione. Soluzioni, insomma, dedicate a chi corre per davvero, ed è disposto ad investire tempo e denaro nella messa a punto. Questo per dire che, anche oggi, è più che possibile che ci siano proposte concorrenti più performanti in termini di prestazione assoluta, o magari semplicemente con una gamma più ampia e quindi adattabile a diverse condizioni. Così su due piedi, però - accettiamo volentieri smentite, possibilmente con dimostrazione pratica - non ci viene in mente nessun altro costruttore

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che metta in vendita al pubblico la stessa identica copertura utilizzata nel Mondiale (al netto, naturalmente, delle soluzioni sviluppo che ciclicamente vengono proposte ai piloti nei test, per definire il prodotto delle stagioni successive) né coperture che risultino così Plug & Play come Pirelli.

con le sportive di adesso, dopo aver terminato l’allestimento di sicurezza - sovrastrutture, magari uno scarico completo e altri due dettagli - l’investimento migliore che potete fare è un bel treno di slick. Magari con un bel set di cerchi aggiuntivo se usate la moto anche per strada, uno calzato Supercorsa SP e l’altro Superbike SC…

Tralasciando, come dicevamo nel nostro discorso iniziale, SC0 ed SC3 (le prime per evidenti motivi, le seconde perché ne abbiamo già parlato) rimangono le due proposte più utilizzate, sulle quali speriamo di avervi aiutato a fare chiarezza. Date retta:

ABBIGLIAMENTO

PIÙ INFORMAZIONI

CASCO AGV PISTAGP R STACCATA

METEO: SERENO, 20°

TUTA DAINESE MISANO 2 D-AIR

TERRENO: CIRCUITO DI PERGUSA

GUANTI DAINESE FULL METAL 6

VIDEO: ANTONIO PRIVITERA, DANIELE ONORATO

STIVALI DAINESE AXIAL D1 IN

PNEUMATICI: PIRELLI DIABLO SUPERBIKE MOTO: BMW S1000RR, YAMAHA YZF-R1M IN ALLESTIMENTO STANDARD E SUPERSTOCK

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SPORTIVE, IL RITORNO DELLE MEDIE. FORSE DIVERSE DA QUELLE CHE PENSIAMO Diversi modelli in uscita, dall’Aprilia 660 alla Triumph Daytona 765 alla nuova Ducati 959. Un gradino sopra le 600 e uno sotto le 1000, lasciano prefigurare una tendenza di nuove sportive più umane e accessibili. L’Euro-5 potrebbe, paradossalmente, aiutare le Case a scegliere. E i regolamenti sportivi delle derivate di serie ad adeguarsi, come avviene sulle auto

di Edoardo Licciardello

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Le sportive di media cilindrata sono morte. O almeno, questo è quello che ci hanno ripetuto fino alla nausea: le 600 supersport come Honda CBR 600RR, Kawasaki ZX-6R, Yamaha R6 e Suzuki GSX-R 600, ma anche le fuori quota come Ducati 749 e Triumph Daytona 675, non hanno più senso. Le moto che hanno fatto sognare tantissimi appassionati, soprattutto fra i più giovani, negli anni 90 e 2000, non hanno più mercato - parlate con qualunque dirigente delle Case e vi sentirete rispondere con una delle varianti di questo ragionamento. Uccise dalla crisi finanziaria di fine anni 2000, che ha colpito durissimo proprio la fascia di popolazione tipicamente interessata a questi modelli, portando al collasso un mercato drogato dal continuo ricambio dei modelli, le 600 quadricilindriche sono all’agonia. Oppresse da costi di sviluppo che non si riescono più a distribuire sui numeri dei tempi d’oro, quando sul mercato mondiale una 600 si vendeva come il pane appena sfornato, effettivamente le medie cilindrate hanno perso molto significato. Una Yamaha YZF-R6 costa da nuova 13.990 euro, di seconda

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mano “viene via” a poco di meno perché le poche vendite del nuovo ne determinano la rarità sul circuito dell’usato. Le stesse considerazioni valgono per la Kawasaki ZX-6R, che costa qualcosa di meno - 11.890 euro, ma siamo oltre la barriera psicologica dei 10.000 euro, a cui si iniziano a trovare delle 1000 di poche stagioni fa. E sull’usato vale la stessa considerazione fatta per la rivale. L’anno scorso avevamo - va bene, avevo, mi assumo le mie responsabilità - prefigurato un ritorno delle 600 già dai saloni autunnali 2018. Non è andata esattamente così, anche se effettivamente Kawasaki ha rinnovato la sua Ninja ZX-6R, ma Honda, ad esempio, ha compiuto una scelta molto diversa con la sua CBR 650R. Una scelta che nel vecchio continente, dove il ricordo della CBR 600RR è ancora fresco, non abbiamo apprezzato come meritava, ma che altrove - in paesi “emergenti” è risultata molto più gradita. Il futuro delle medie cilindrate, se volete un parere, è altrove. Sta in quelle medie cilindrate che una volta sarebbero state considerate maxi, con potenze e cubature vicine alle 1000 di inizio anni 2000. Che però, con pesi da medie e tecnologie da maxi (magari della penultima generazione) diventano sportive più accessibili nelle prestazioni, e - se le Case decidono di crederci veramente - anche nel prezzo. E l’Euro-5, paradossalmente, potrebbe essere un aiuto. Iniziamo con una considerazione a latere: di-

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versamente dall’Euro-4, la nuova normativa non comporta aggravi di sviluppo a corollario dell’anti-inquinamento, e non dovrebbe quindi comportare aumenti dei costi come avvenuto nel 2015. Le penalizzazioni sulle prestazioni, invece, arriveranno, perché ovviamente i limiti su rumore ed emissioni nocive sono più stringenti. Ma volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, la cosa potrebbe cancellare definitivamente il segmento delle 600 (o trasformarlo in qualcosa di diverso, come l’esempio sopra citato della Honda CBR 650R) e spingere le Case a investire su quella fascia di cilindrate intermedie che potrebbero essere la perfetta sintesi fra prestazioni, costi accessibili e tecnologia. E’ vero, gli esempi che abbiamo portato in apertura, MV Agusta F3 800 e Ducati Panigale 959, non sono esattamente calzanti in termini di accessibilità dei costi, ma stiamo parlando di due marchi un po’ particolari. Ducati, anche ai tempi d’oro delle 600, si faceva pagare la 749 cifre ben diverse rispetto alla concorrenza giapponese. E non ci immaginiamo che la nuova Panigalina, ormai confermata da diverse foto spia in circolazione, farà eccezione. Al contrario, la scelta Aprilia - una bicilindrica 660, che se dovessimo scommettere, come abbiamo già detto all’epoca della presentazione sarà un po’ meno raffinata rispetto al concept visto ad EICMA, magari almeno nella sua versione base. Nulla esclude, tanto per restare in casa Aprilia, che non ci sia

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una 660 Factory. Lo svincolarsi dalla cilindrata potrebbe essere una scelta molto comoda per le Case giapponesi. Che potrebbero sviluppare motori-piattaforma più versatili, da impiegare su modelli dalla destinazione d’uso differente come sta facendo Triumph. Il tre cilindri 765 che ha debuttato sulla Street Triple (e che ci aveva convinto tantissimo ai tempi della prova) si sta dimostrando eccellente anche sulla Moto2, e anche se la Casa di Hinckley non lo ha ancora ammesso ufficialmente, spingerà una nuova Daytona 765 che vedremo all’EICMA o giù di lì. E ancora, è evidente come il bicilindrico Aprilia potrà (dovrà, se volete il nostro parere) sì spingere una RS 660, ma anche una Tuono 660 e auspicabilmente una Tuareg con anteriore da 19, una Caponord con il 17, e magari anche una Dorsoduro. Il limite, in questo caso, diventa solo la fantasia. E, certo, le indagini di marketing. Una strategia che permette di contenere i costi, distribuendo l’onere economico dello sviluppo motoristico su più modelli. Strategia praticabile se la cilindrata è abbastanza alta da poter… spostare la coperta fra spinta agli alti e coppia ai bassi ottenendo buoni risultati in entrambe le declinazioni. Pensate a un tre cilindri tipo il CP3 Yamaha capace di spingere una naked come la MT-09, una crossover come la Tracer, e con qualche accorgimento anche una YZF-R8. O a un GSX-R 750 - facciamo 850, magari - il cui quattro cilindri potrebbe finire sotto una GSX-S naked e a quella crossover che nella gamma di Hamamatsu

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manca come l’acqua nel deserto. Oppure, volendo volare un po’ (ma nemmeno tanto) con la fantasia, si potrebbe pensare alla sovralimentazione, come hanno già sperimentato Suzuki con il concept Recursion e Kawasaki con il Soul Charger, soluzione che fra le auto sta andando di gran moda. Ma perché le Case dovrebbero scommettere su modelli del genere? Semplice: perché se i prezzi di modelli del genere, come immaginiamo, dovessero essere sufficientemente distanti dalle superbike attuali, la clientela ci sarebbe anche nel vecchio continente. Ma soprattutto perché, a breve, modelli del genere sarebbero quelli capaci di diventare sogni realizzabili per i tantissimi appassionati asiatici. Quelli che oggi comprano le 3-400, che impazziscono per la MotoGP (vi siete chiesti perché squadre e piloti fanno sempre più spesso tappa da quelle parti?) e per cui è stata creata la 300 SSP, che piano piano iniziano ad avere la cultura, l’infrastruttura stradale e la disponibilità economica a salire di un gradino nella scala delle prestazioni motociclistiche. E’ vero, da tutto questo bel discorso resta fuori il ragionamento sui regolamenti sportivi, perché moto del genere si vendono (anche in oriente) se le si fa correre da qualche parte. Ma anche in questo caso, seguire l’esempio delle auto è facile e relativamente economico. Nelle quattro ruote, soprattutto fra le sportive, la cilindrata è diventata poco più che una variabile come un’altra, che non impedisce affatto di mettere a confronto due concorrenti molto

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diverse da questo punto di vista. E se già dal 2018 nel Mondiale Superbike esiste un regolamento pensato per applicare la filosofia del Balance of Performances come avviene nelle quattro ruote dove nei vari campionati Turismo e GT, e fin nella WEC, si riesce a far correre supercar statunitensi con cubature navali con europee più o meno sovralimentate, che di cilindrata ne vantano si e no la metà - non si intravedono grosse difficoltà per stendere un regolamento che consenta a tutti di partecipare a una serie-vetrina che possa rendere nuovamente valido il concetto del Race on Sunday, sell on Monday se non in Europa, almeno a livello mondiale. Wishful Thinking, come dicono gli anglofoni? Stiamo cercando a tutti i costi i segnali di una rinascita più per speranza che per reale evidenza? Forse. Ma la storia è fatta di cicli, e quella delle moto non fa eccezione. E se è vero che i giovani stanno tornando ad interessarsi - è presto per dire appassionarsi - alle due ruote anche in Europa, dove le patenti A1 sono in costante crescita, lo scenario è molto più che plausibile. Chi non ha mal di schiena e tutti i problemi di chi è già negli “anta” non sogna moto comode e sofisticate. Sogna mezzi prestazionali, dinamici, divertenti e affascinanti. Forza ragazzi, salvateci voi!

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KTM 790 ADVENTURE R RALLY: ANCORA PIÙ SPECIALISTICA! Una versione in serie limitata ancora più adatta al fuoristrada. Sospensioni WP XPLOR, scarico Akrapovic e diversi tocchi estetici per una on-off davvero totale

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Arriva un po’ a sorpresa questa nuova versione della KTM 790 Adventure R, modello attesissimo e piaciuto tantissimo al nostro Perfetto in occasione del test anteprima in Marocco. Un modello che, stavolta nella sua versione base, proprio in questi giorni stiamo sottoponendo ad un test a 360°, di cui abbiamo appena pubblicato la prima puntata scoprendo come si comporta su strada. Ma non divaghiamo: KTM ci ha fatto, appunto, una bella sorpresa lanciando una versione in serie limitata (solo 500 esemplari) dell’allestimento più pregiato e specialistico chiamandola (in maniera piuttosto appropriata) 790 Adventure R Rally. La base è quella, ovviamente, della KTM 790 Adventure R, dalla quale prende telaio a

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traliccio in acciaio e motore bicilindrico parallelo da 95 cv a 8.000 giri e 88 Nm a 6.600 giri. Dove arrivano le novità è nella dotazione delle sospensioni, dove le unità di serie vengono sostituite da raffinatissime WP XPLOR PRO sviluppate in stretta collaborazione con il reparto corse di Mattighofen. L’escursione passa quindi a 270 mm, con un’altezza sella di ben 910 mm. La forcella, una WP XPLOR PRO 7548, è caratterizzata da valvole coniche per offrire maggiori possibilità di regolazione e una miglior scorrevolezza, migliorando prestazioni e comfort allo stesso tempo. All’altra estremità troviamo un monoammortizzatore WP XPLOR PRO 6746 con tecnologia PDS completamente regolabile. Non finisce naturalmente qui: la 790

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Adventure R Rally è dotata di una livrea dedicata, di alette trasparenti, ma anche di cerchi e camere d’aria più stretti per calzare pneumatici più adatti al fuoristrada estremo, una sella dalle linee più dritte per migliorare gli spostamenti longitudinali e pedane Rally per aumentare il comfort e la presa degli stivali nella guida in piedi. Prezzi, disponibilità e modalità di acquisto della nuova KTM 790 Adventure R Rally

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verranno divulgati nei prossimi mesi. Restate sintonizzati! Le differenze fra 790 Adventure R e 790 Adventure R Rally non finiscono però con le sospensioni: la versione in serie limitata è dotata anche di scarico Akrapovič (più leggero dell’unità di serie) e di protezioni serbatoio in fibra di carbonio. Non solo: il motore è dotato del cambio elettroassistito Quickshifter+ che troviamo sulla 790 Duke.

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BETA ENDURO 2020: SCOOP, ECCO COME SARANNO!

Beccate nei boschi coi collaudatori della Beta! Vi mostriamo in anteprima mondiale le Beta del 2020, qui in versione 4 tempi. Non siamo ovviamente in grado di dirvi nel dettaglio cosa cambia. Risulta però evidente una svolta generazionale a livello estetico. Anche motore e telaio appaiono in larga parte inediti

di Andrea Perfetti

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Beccate nei boschi coi collaudatori della Beta! Vi mostriamo in anteprima mondiale le Beta del 2020, qui in versione 4 tempi. Non siamo ovviamente in grado di dirvi nel dettaglio cosa cambia. Risulta però evidente una svolta generazionale a livello estetico e non solo. Anche motore e telaio appaiono in larga parte inediti. Rispetto alle Beta Enduro 2019 le novità sono davvero tante. Le plastiche sono del tutto nuove e, soprattutto a livello dei convogliatori dell’aria anteriori, si nota un disegno moderno e più slanciato verso la ruota davanti. Appare immediatamente nuovo anche il serbatoio, che sembra abbassare il baricentro e abbracciare maggiormente la testa del motore. Il propulsore a 4 tempi mostra diverse novità, tanto che si può a ragione parlare di novità assoluta. Sono nuovi i carter e anche la pompa dell’acqua, sul lato destro, è diversa. Non solo, anche il collettore di scarico fa un giro differente.

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Le novità proseguono anche nella ciclistica. Le sospensioni sembrano essere ancora le Sachs e ZF dei modelli 2019. Ma il telaio, sempre in acciaio verniciato di rosso, evidenzia alcune differenze sostanziali sia nella zona del cannotto di sterzo, che accentua l’immagine di una nuova moto, più compatta e leggera, che dell’ancoraggio del mono posteriore.

rivo delle nuove moto per la metà di luglio. (Grazie al lettore Mirko di Lucca per le foto). Guarda il listino di Beta Leggi gli annunci di Beta su Moto.it

Queste osservazioni riguardano la gamma 4 tempi, ma è lecito pensare che anche le 2 tempi riceveranno lo stesso upgrade a livello di plastiche ed estetica. Se siete impazienti di vederle, sappiate che manca poco al lancio ufficiale. Abbiamo contattato la Casa italiana, che ha confermato l’ar-

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HARLEY-DAVIDSON E QIANJIANG: UNA PARTNERSHIP PER MODELLI DI PICCOLA CILINDRATA La Casa di Milwaukee apre al mercato asiatico con una partnership di primaria importanza. L’accordo prevede un modello di piccola cilindrata entro il 2020

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Un clamoroso accordo fra Harley-Davidson e la cinese Qianjiang Motorcycle Company Limited - in barba a minacce e dazi del Presidente Donald Trump - è stato annunciato il 19 giugno. I due colossi lavoreranno insieme per sviluppare e commercializzare modelli di piccola cilindrata - si parla già di una cilindrata precisa, 338 cc - destinati al mercato asiatico, iniziando dalla Cina per poi espanderne la distribuzione in tutto il continente. Il modello sarà di alto livello (il comunicato di H-D parla espressamente di “premium small displacement motorcycles” e l’obiettivo è quello di avere la moto nelle concessionarie cinesi già entro fine 2020. Un’operazione che naturalmente è volta ad aumentare le vendite Harley-Davidson in Cina (già cresciute del 27% nel 2018 rispetto all’anno precedente) in accordo con gli obiettivi dichiarati nel piano More Roads to Harley-Davidson. Il piano, annunciato dall’amministratore de-

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legato Matt Levatich, punta ad avere un peso del 50% dei mercati internazionali sul totale immatricolato di Harley-Davidson entro il 2027. Un obiettivo che evidentemente diventa molto più realizzabile aprendo a modelli di piccola cilindrata, più adatti ai mercati in via di sviluppo del continente asiatico. Modelli più accessibili che però, nelle intenzioni di H-D, manterrà linea, suono e feeling dei modelli prodotti a Milwaukee. La produzione cinese - in uno stabilimento Qianjiang - verrà supervisionata da

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Harley-Davidson stessa per garantirne gli standard qualitativi. Qianjiang, già proprietaria di Benelli (la cui denominazione ufficiale è appunto Benelli QJ) dal 2005, è un colosso nato nel 1985 e diventata successivamente leader di mercato: è il maggior produttore cinese da sette anni consecutivi, con esportazioni in 130 paesi nel mondo. Qianjiang ha la sede principale a Wenling, a 480 km da Shanghai e 14.000 dipendenti. La produzione annua si attesta a 1.200.000 veicoli a due ruote e oltre 2 milioni di motori.

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KAWASAKI KX250 M.Y. 2020: TANTE LE NOVITÀ Cambiamenti rilevanti per la Kawasaki KX250 m.y. 2020, modifiche radicali per il potenziato motore (+3,3 cv), nuove le sospensioni, aggiornato il telaio e nuovi i freni

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Forte del suo storico palmarès di vittorie nell’AMA Supercross, la Kawasaki KX si presenta nella sua edizione 2020 con una serie di importanti novità. Il monocilindrico quattro tempi di 249 cc, bialbero a quattro valvole e con cambio a 5 marce, ha nuove misure di alesaggio e corsa (78x52,2 mm), potenza aumentata di 3,3 cavalli e allungo superiore. Le valvole di diametro maggiorato sono azionate da bilancieri a dito; sono nuovi il pistone, i cuscinetti a strisciamento per l’albero motore, il tendicatena della distribuzione; il corpo farfallato ha diametro maggiore (44 mm), e così anche la presa dell’airbox. Infine è nuovo il disegno dell’impianto di scarico. Il peso in ordine di marcia è di 105 kg. Sempre ricche le possibilità di personalizzazione delle mappature di iniezione e accensione, e di serie ci sono tre accoppiatori DFI che selezionano le mappe. Aggiornato anche il sistema di assistenza alla partenza dal cancelletto. Il telaio perimetrale di alluminio è composto

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da parti forgiate, la sua rigidezza è stata rivista grazie anche a nuovi attacchi per il motore. Riviste anche le misure geometriche di base di telaio e forcellone. E’ nuova la forcella KYB da 48 mm (escursione ruota di 314 mm), e lo stesso vale per il mono posteriore della sospensione Uni Track (310 mm alla ruota), che ha ricevuto molle più rigide. L’impianto frenante: il disco posteriore è salito a 250 mm di diametro, con nuovo pistone di comando e materiale d’attrito cambiato; il disco anteriore, sempre Braking, è invece da 270 mm. Confermata la possibilità di personalizzazione del manubrio e delle pedane, per una ergonomia personalizzabile; la sella è a 945 mm da terra. Chiudono il quadro colori e grafiche rivisti. Prezzo, e arrivo nelle concessionarie, non ancora comunicato. Guarda il listino della KX250

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YAMAHA MOTOR E MUSIC: VISITA ALLA SEDE DI GERNO, DOV’È NATA LA TÉNÉRÉ 700 Abbiamo visitato la sede italiana: qui c’è il centro design che ha dato vita anche alla Ténéré 700. Ci sono i reparti MotoGP e SBK, e c’è la divisione Music. Entrate con noi!

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Yamaha Motor e Yamaha Music, per la prima volta, hanno aperto le porte della struttura a Gerno di Lesmo per raccontare, attraverso l’evento “Two Yamahas, One Passion - heART Lab”, l’universo Yamaha e tutte le attività che si svolgono all’interno di quello che è un vero e proprio laboratorio strategico, creativo e logistico. La storia di Yamaha iniziò nel 1887, quando Torakuso Yamaha costruì il primo organo a canne. A partire dal 1900 fu avviata la produzione dei pianoforti verticali e a coda. Nel 1955 la Divisione Moto diventò indipendente. Da quel momento in poi presero il via anche altri progetti industriali in diversi settori.

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Oggi le due Yamaha, Musica & Motor sono unite. Nell’Heart Lab convivono quattro realtà: le filiali italiane di Yamaha Motor e Yamaha Music, Yamaha Motor Racing, e Yamaha Motor R&D Europe.

di Andrea Perfetti

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Abbiamo quindi visitato le quattro aziende e

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incontrato Andrea Colombi, Country Manager di Yamaha Motor: “Yamaha si esprime attraverso un unico linguaggio, che è in grado di raccontare passioni diverse. Per questo abbiamo voluto sviluppare il progetto Two Yamahas, One Passion - heART Lab e dare l’opportunità ai nostri ospiti di entrare in contatto con luoghi e persone che, ogni giorno, costruiscono un pezzo della nostra storia, di pari passo con la filosofia Yamaha. Sono il motore e la melodia più nascosti del nostro passato e del nostro presente”. Per l’occasione è stato aperto, in via del tutto eccezionale, il Concurrent Creative Center, il luogo dove vivono i segreti industriali di YMRE, Yamaha Motor R&D Europe. A Gerno di Lesmo prendono vita diversi modelli che vediamo sulle strade di tutti i giorni. La nuovissima Ténéré 700 è stata disegnata e messa a punto proprio a Gerno. Siamo entrati nelle stanze segrete del Centro Stile e visto come nasce una moto: dalla prima linea che esce dalla matita dei designer, fino ai prototipi e alle fasi di progettazione e testing del progetto, per arrivare alla moto di serie. “Credo che questo evento, aprendo le porte (anche quelle più segrete) ai nostri ospiti, possa far capire in quale modo e con quale passione le persone di queste quat-

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tro aziende, seppur in ambiti differenti, lavorano insieme con passione e con l’unico scopo di far diventare realtà un’idea, che possa accelerare il cuore di tutti gli appassionati”, ha detto Alessandro Ghezzi, President Managing Director di Yamaha Motor R&D Europe. Il DNA sportivo di Yamaha si concretizza in Yamaha Motor Racing. Un’attività curata in ogni minimo dettaglio - dalla gestione dei piloti, alla preparazione delle Yamaha YZR-M1 prima di ogni gara, alla logistica di spostamento di tutti i materiali necessari via terra o via aria pronti per affrontare l’intera stagione MotoGP. Abbiamo visitato l’incredibile struttura che ospita i nove (!) bilici che Yamaha impiega in MotoGP (cucina, hospitality, ricambi, sala ingegneri, camere dei piloti ecc). Inoltre, è stata ricostruito l’intero box Monster Energy Yamaha MotoGP. “È un grande piacere accogliere i rappresentanti dei media italiani nella nostra “casa” come un’unica famiglia Yamaha. Yamaha Corporation e Yamaha Motor Company vivono e lavorano insieme sotto la bandiera “Two Yamahas, One Passion”. Ci scambiamo idee, impariamo gli uni dagli altri e creiamo nuove ed entusiasmanti iniziative per il nostro network e per i nostri clienti”, ha raccontato Lin Jarvis, Managing Director di Yamaha Motor Racing Srl

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e Team Principal del Team Monster Energy Yamaha MotoGP. La musica L’amore per il suono e per la musica sono alla base della mission di Yamaha Music, che da più di 130 anni continua instancabilmente a generare e condividere nuove emozioni e stimoli culturali in tutto il mondo. Yamaha Music è leader nella progettazione e produzione di strumenti musicali, di sistemi audio professionali, high end e consumer, che regalano una esperienza unica e sublime nella creazione, nella pro-

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duzione e nell’ascolto di musica. Negli ultimi anni Yamaha ha integrato varie aziende (Line6, Bösendorfer, Ampeg, Steinberg, Revolabs, Nexo) per contribuire alla crescita futura delle sue attività. Inoltre, da più di 60 anni, Yamaha Music si impegna nella diffusione dell’educazione e della cultura musicale attraverso le proprie scuole e numerose altre iniziative, grazie ad un sistema didattico innovativo e costantemente aggiornato. “Yamaha è una realtà unica, complessa,

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ma con un denominatore comune: la passione per le emozioni. Che si parli di Moto o Musica lo spirito che anima l’azienda ci spinge sempre ad una ricerca continua nel cuore delle emozioni, per aiutare le persone a viverle ed esprimerle. In Italia con tutte le realtà Yamaha concentrate in un unico luogo abbiamo la possibilità di raccontare il significato di “2 Yamahas 1 Passion””, ha affermato Raffaele Volpe, Managing Director di Yamaha Music. Video Editing di Massimo Di Trapani

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LIMITI, VELLEITÀ E DEMAGOGIA: GLI ECOINCENTIVI ALLE “DUE RUOTE”, UN SUCCESSO A METÀ Il punto di vista del nostro opinionista Enrico De Vita sul decreto che dovrebbe spingere all’acquisto di motoveicoli a basso impatto ambientale

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Gli incentivi alle “due ruote” riguardano indistintamente quelle con motore a combustione, quelle ibride e quelle a batteria. In ogni caso, il decreto afferma che si tratta di un aiuto economico a un settore in crisi, e che è destinato a migliorare l’ambiente. Per decenza non cita - come invece fanno gli incentivi per le auto - che serve a migliorare la sicurezza e a ridurre i consumi. Moto con motore termico: lo sconto è una percentuale del prezzo, e poiché il mercato è monopolio del Sol Levante e dintorni, mentre le superstiti Case motociclistiche nazionali appartengono quasi tutte a gruppi stranieri, il destino dell’incentivo è di finire per oltre il 95% all’estero.

di Enrico De Vita

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Moto ibride: non esistono, sono esistite, e non fanno testo perché inutilmente costose e poco utili. Un incentivo alle ibride è un po’ come quello dato alle auto a idrogeno, vellei-

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tario e demagogico.

della batteria.

Moto a batteria: qui ci siamo, nel senso che i limiti delle attuali batterie al litio (poca energia per chilo di peso) diventano più sopportabili se il veicolo è leggero. Pertanto, la soluzione più razionale per l’impiego degli accumulatori che la tecnica offre oggi è quella delle biciclette elettriche: cioè elevato rapporto fra la tara (peso totale del veicolo con gli occupanti) e il peso

Nelle biciclette tale rapporto raggiunge il 10 (col guidatore in sella). Nelle auto scende fino a 3. Anche negli scooter e nelle moto il rapporto è favorevole, ma mentre negli scooter l’impiego urbano e il conveniente prezzo di acquisto giustificano ampiamente l’incentivo, nel caso delle moto di elevata potenza nutriamo qualche perplessità.

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MOTORI BICILINDRICI PARALLELI: GUERRA ALLE VIBRAZIONI Funzione e storia degli equilibratori dinamici, dispositivi spesso indispensabili per far funzionare bene un motore e ridurre le vibrazioni. Iniziamo con quelli dedicati ai motori a due cilindri paralleli

di Massimo Clarke

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Questo servizio è realizzato in ottica tecnico-storica e quindi cominciamo con i bicilindrici paralleli, che in campo motociclistico sono stati i primi motori ad impiegare gli equilibratori dinamici. L’argomento è comunque complesso e non può essere trattato in un unico articolo. Questa è solo la prima puntata. Le vibrazioni sono causate da forze o da coppie non equilibrate. Con alcune architetture motoristiche la sola equilibratura dell’albero a gomiti, ottenuta mediante contrappesi opportunamente disposti, non è sufficiente a bilanciare le forze (o le coppie) squilibranti. Quelle in gioco in questo caso sono le forze d’inerzia dovute alle parti in moto alterno e al fatto che per trasformare il movimento rettilineo alternato in moto di rotazione si fa ricorso a un sistema a biella e manovella. Per ragioni di semplicità e di chiarezza espositiva vediamo cosa accade in un monocilindri-

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co verticale. Mediante contrappesatura dell’albero possiamo equilibrare le masse in moto alterno ai punti morti, ovvero le forze d’inerzia che agiscono secondo l’asse del cilindro. Diciamo di equilibrarle al 100%. Quando il perno di manovella ha compiuto una rotazione di 90° (rispetto ai punti morti), i contrappesi “tirano” l’albero in direzione perpendicolare all’asse del cilindro, ma dall’altra parte, opposta alla manovella, non c’è nulla che agisca in senso contrario. Si crea cioè una forza orizzontale che non è bilanciata. Il risultato sono vibrazioni inammissibili. Come ovvio, se non si impiegasse alcun contrappeso avverrebbe il contrario (vibrazioni inaccettabili da forze agenti secondo l’asse del cilindro). Di conseguenza si fa una scelta di compromesso, equilibrando solo parzialmente le masse in moto alterno (pistone, spinotto e parte della biella). In genere si adotta una equilibratura dell’ordine del 50 – 65%. Il motore comunque non è equilibrato e durante il funzionamento genera in ogni caso vibrazioni. In effetti la situazione è ancora più complessa. In aggiunta a quelle appena descritte, cioè alle forze d’inerzia del primo ordine, ci sono anche quelle del secondo ordine. Sono di entità notevolmente minore ma in certi casi possono originare vibrazioni

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fastidiose. Vengono originate dal movimento della biella che, inclinandosi ora da un lato e ora dall’altro rispetto all’asse del cilindro influisce considerevolmente sulla legge del moto del pistone. In pratica, l’inclinazione della biella determina una accelerazione che si somma algebricamente a quella dovuta al solo spostamento verticale del perno di manovella. Fermo restando il regime di rotazione, quando parte dal punto morto superiore (PMS) il pistone accelera più forte di quando parte dal punto morto inferiore (PMI)! Se la biella non si inclinasse ma rimanesse sempre verticale le forze del secondo ordine non ci sarebbero! Per completare il quadro, nei policilindrici ci sono anche le coppie, da equilibrare… Per abbattere le vibrazioni nei monocilindrici e negli altri motori nei quali la sola contrappesatura dell’albero non è sufficiente a eliminare le forze perturbanti, occorre adottare un equilibratore dinamico. Si impiegano cioè uno o più alberi rotanti con masse eccentriche opportunamente disposte o un organo ausiliario di altro genere, che in genere è costituito da una massa oscillante che viene mossa da una “falsa biella” (sistema detto in gergo “a batacchio”). In questo modo si generano forze che agi-

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scono in senso opposto rispetto a quelle squilibranti, col risultato di annullarne gli effetti. Via con i bicilindrici paralleli Ormai da alcuni decenni gli equilibratori dinamici sono una realtà importante e consolidata nel panorama tecnico del nostro settore. Sulle moto hanno esordito per merito della Yamaha che li ha utilizzati sui motori bicilindrici in linea di due modelli dei primi anni Settanta. Gli alberi ausiliari di equilibratura erano due (controrotanti) nella sfortunata TX

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750, dotata di manovelle a 360°. Questa moto è entrata in produzione nel 1973 ed è stata seguita pochi mesi dopo dalla TX 500 con testa bialbero a quattro valvole per cilindro; in questo caso le manovelle erano a 180° e veniva utilizzato un solo albero di equilibratura munito di due masse eccentriche. Perché gli equilibratori dinamici iniziassero ad affermarsi davvero su vasta scala non è stato necessario attendere molto. La Kawasaki ha rapidamente adottato sulla KZ 400 la soluzione a due alberi ausiliari,

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che è importante equilibrare sono le forze d’inerzia del primo ordine mentre quando esse sono a 180° quella da bilanciare è una coppia, che si genera in quanto gli assi dei due cilindri sono inevitabilmente a una certa distanza uno dall’altro. In questo caso infatti un pistone sale al PMS (e quindi tende a tirare verso l’alto il relativo perno di manovella) mentre l’altro scende al PMI (e quindi tende a spingere verso il basso la sua manovella). Dopo mezzo giro dell’albero a gomiti la situazione si inverte e così via. Di conseguenza il motore tende ad oscillare alternativamente in senso trasversale. In altre parole, si crea una coppia squilibrata. Con un albero ausiliario a due masse è possibile originare forze che agiscono in senso opposto ed ottenere così una efficace bilanciatura. collocati in maniera simmetrica nel basamento, uno davanti e l’altro dietro all’albero a gomiti, che aveva le manovelle a 360°. Poco dopo è stata la volta della Suzuki che sulla GS 400, rapidamente evolutasi nella 450, ha optato per manovelle a 180° e di conseguenza per lo schema con un singolo albero di equilibratura. Nel 1977 sono state presentate le Honda CB 400 T e N a due cilindri paralleli con manovelle a 360°, dotate di due alberi ausiliari. Ormai la strada era chiaramente indicata e negli anni successivi hanno fatto la loro comparsa diver-

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si modelli a due cilindri paralleli muniti di equilibratori dinamici. Quando le manovelle erano a 360° si impiegavano due alberi ausiliari di equilibratura, rotanti entrambi con la stessa velocità ma in senso opposto rispetto all’albero a gomiti. Quando invece erano a 180° veniva utilizzato un solo albero ausiliario (anche in questo caso la velocità era uguale a quella dell’albero a gomiti e il senso di rotazione era opposto), di norma azionato mediante una coppia di ingranaggi. Quando le manovelle sono a 360° quelle

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Tra i bicilindrici paralleli apparsi negli ultimi anni va menzionato in particolare il BMW F800 bialbero raffreddato ad acqua, nel quale le manovelle sono a 360°. Per abbattere le vibrazioni i progettisti in questo caso hanno optato per un sistema “a batacchio”, con una falsa biella centrale montata su un perno eccentrico e collegata a una leva oscillante piazzata inferiormente e dotata di una massa di equilibratura. Questa scelta, molto razionale ed efficiente, ha reso necessario l’impiego di quattro supporti di banco, con la falsa biella collocata tra quelli centrali. Inoltre tale so-

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luzione ha indubbiamente influito sulla scelta dei tecnici di adottare un sistema di lubrificazione a carter secco, con poco olio all’interno del basamento, cosa che riduce drasticamente lo sbattimento. Di recente sono entrati in scena alcuni bicilindrici paralleli con manovelle dell’albero a gomiti disposte in maniera non convenzionale. In altre parole, né a 360° né a 180°. L’idea in questo caso è quella di avere un pistone che viaggia con elevata velocità mentre l’altro si ferma momentaneamente in corrispondenza di un punto morto per invertire il senso del suo movimento. Per intenderci, un pistone “fa da volano” all’altro. Per ottenere questo si dispongono le manovelle a 270°. In questi casi le esigenze di equilibratura sono intermedie tra quelle dei bicilindrici paralleli con manovelle a 360° e di quelli con manovelle a 180°. Per ottenere una buona bilanciatura in genere è sufficiente impiegare un solo albero ausiliario con masse eccentriche opportunamente disposte. Le manovelle possono anche essere disposte in maniera differente da quelle fin qui indicate. Nel 2011 ha fatto la sua comparsa la Husqvarna a due cilindri paralleli di 900 cm3 con manovelle a 315° e una rumorosità di scarico non molto dissimile da quella di un bicilindrico a V….

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BRUNO RUFFO E IL PRIMO TITOLO MONDIALE MOTO GUZZI NELLA VELOCITÀ Educato e cavalleresco, il pilota veronese ha conquistato tre titoli mondiali, il primo nel 1949, e lasciato un segno. Molto legato alla Moto Guzzi vinse anche su Mondial

di Augusto Borsari

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Nel 1949 moto e piloti italiani quasi monopolizzarono il primo mondiale: Nello Pagani fu primo con la Mondial nelle 125 e secondo per un punto nelle 500 con la Gilera, mentre nella classe 250 furono Bruno Ruffo e la sua Guzzi a scrivere per primi il loro nome sull’albo d’oro del circuito iridato. Il primo Campionato del Mondo di Velocità La Federazione Motociclistica internazionale inaugurò in quel 1949 il primo campionato mondiale della storia articolandolo su cinque Gran Premi, di cui solo quello di Monza programmato su una pista permanente; tutti gli altri - il TT di Man, Svizzera, Belgio, Olanda e Ulster - su tracciati stradali aperti alla normale circolazione. Su questi percorsi che erano ormai entrati nella leggenda delle due ruote si sfidarono piloti quasi tutti europei, più qualche australiano e neozelandese; e le moto che si imposero nelle quattro classi (125, 250, 350 e 500) furono le

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inglesi e le italiane. Nelle 500 fu un arrivo al fotofinish tra Leslie Graham con la sua AJS “Porcospino”e Pagani sulla Gilera: la Federazione, con un verdetto discutibile, assegnò all’inglese quel punto in più che gli fu sufficiente per vincere il titolo. Nella 250 dominarono Bruno Ruffo sulla Moto Guzzi e Dario Ambrosini sulla Benelli, ma alla fine fu Ruffo a vincere il titolo piloti e la Guzzi ad aggiudicarsi quello dei costruttori. Bruno Ruffo era nato vicino a Verona e sin dalla tenera età familiarizzò con moto e motori nell’officina di famiglia; da ragazzo era già un esperto conoscitore e pilota. Arrivò la guerra e Bruno venne mandato in Russia con mansioni diverse, fu anche portaordini motociclista; così a guerra finita, quando tornò tutto intero e con tutta la passione, lavorando duramente riuscì ad avere la sua prima moto da gara: una Guzzi 250 Albatros, con la quale fece nel 1946 il suo esordio in gara vincendo a Monza per poi chiudere il primo anno di attività con nove successi. Fu nel 1948, quando al GP di Monza si mise dietro le due Benelli e tutte le Guzzi ufficiali, che Guzzi lo volle come pilota ufficiale. Nacque lì un amore per l’aquila di Mandello che durò tutta la vita. Per Ruffo la Moto Guzzi era, parole sue,“una Casa valida, con un buon reparto corse e buone macchine”. Bruno Ruffo era un pilota che guidava con cuore, occhi e cervello. Era freddo, calcolatore e si poteva essere certi che una volta partito sarebbe arrivato al traguardo e pure tra i primi.

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Ricercava forse troppo la perfezione, era formale, riservato e molto educato. Significativa del suo cavalleresco carattere era una sua frase, la sua definizione di come si riconosce un vero campione: ”Dall’umiltà con cui tratta coloro che ha battuto”. Dopo aver vinto il mondiale del 1949, a causa del ventilato disimpegno della Guzzi dalle gare per l’anno successivo, chiese e ottenne la possibilità di rimanere in allenamento andando a gareggiare nel 1950 con la Mondial 125 dove, nonostante la squadra fosse già ben fornita di campioni come Leoni, Pagani e Ubbiali riuscì a ritagliarsi il suo spazio e diventò pure campione del mondo, aiutando la Mondial ad occupare i primi tre posti della classifica piloti. Nel ‘51, tornato in Guzzi, il veronese capì che qualcosa era cambiato. Si sentiva anche dire ”la gente non sa se a vincere ora è la Guzzi o ancora Ruffo..” e da allora cominciò ad essere coinvolto nei giochi di squadra tanto comuni a quei tempi. Come al TT di Man, dove la vittoria di un pilota inglese avrebbe avuto una superiore risonanza, con risultati commerciali e pubblicitari ben diverse. Ebbene, per quella gara Ruffo non fu considerato prima guida e gli fu chiesto addirittura di non vincere.. Piloti come normali dipendenti Questo gioco di squadra è difficilmente concepibile con il moderno metro di valutazione delle corse, ma allora l’ingerenza

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delle Case era notevolmente maggiore, i piloti erano considerati dalla dirigenza dei dipendenti stipendiati e pure bene, visto che in Guzzi l’appannaggio di uno come Ruffo era circa dieci volte quello di un operaio. Per i piloti, oltre ai premi degli sponsor tecnici (catene, candele, gomme) era prevista una ulteriore dimostrazione di gratitudine: nel caso di vittoria del titolo c’era un congruo assegno più una moto di serie (il Falcone) in regalo: nulla di lontanamente paragonabile ai compensi dei piloti di oggi. Alla luce di questo comportamento padronale si può ben immaginare quanto fosse difficile metabolizzare gli ordini di scuderia, sebbene ben compensati, e come attuarli. Per carattere e personalità, però, Bruno Ruffo si comportò sempre cavallerescamente nei confronti dei colleghi piloti e fu sempre a disposizione del “datore di lavoro”. In un mondo perfetto ci si aspetterebbe il medesimo rispetto del codice cavalleresco da parte di tutti i piloti, ma non fu sempre così: si racconta per esempio che un giorno Ruffo, obbedendo agli ordini di farsi superare dal compagno, aspettò per rispetto di arrivare in un tratto del percorso dove non c’era pubblico. Però non gli fu riservato lo stesso trattamento dal medesimo pilota, alla prima gara di rientro dopo un serio incidente:

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questo collega lo fece passare solo a poche centinaia di metri dal traguardo, davanti a migliaia di occhi. Bruno ci rimase male, con quel compagno di squadra non ebbe quel “feeling” che ebbe, invece, anche se avversario, con Leslie Graham. Del grande campione di quel periodo Bruno apprezzava le doti di umanità e il carattere “mediterraneo”, e ne ammirava la completezza di guida in tutte le cilindrate dalla 125 fino alla 500. Contemporaneamente alle gare in moto, Bruno Ruffo fece esperienze anche nelle gare automobilistiche: con l’Alfa Romeo partecipò alla Mille Miglia del 1952, nonché alla 1000 km del Nurburgring e alla 24 ore di Spa. Sfortunatamente arrivò l’incidente al TT dell’isola di Man, durante le prove del ‘53 quando si ruppe malamente le gambe. Fu in una intervista televisiva che annunciò il suo ritiro dalle competizioni, e da persona di parola quale era mantenne la sua decisione, forte della convinzione che “Bisogna lasciare con in testa l’alloro da campione, perché poi si diventa una persona qualunque”. .

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EDITORIALE

EDITORIALE

TOPRAK E KENAN, GLI AMICI DI ERDOGAN Il primo, Razgatlioglu, è la stella nascente della Superbike mondiale. L’altro, è ovviamente il fuoriclasse turco Sofuoglu, il suo mentore, con i suoi successi, il ritiro, la sua vita da romanzo, gli affari e oggi anche la politica. Due storie da raccontare e, sullo sfondo, la Turchia e il suo discusso presidente di Nico Cereghini

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Ciao a tutti! Le gare SBK di Misano, e in particolare quella di domenica pomeriggio, hanno consacrato a livello internazionale il ventitreenne turco del team Puccetti: Razga va forte, Razga è un fenomeno, Razga andrà a correre la 8 ore di Suzuka con la ZX-10RR ufficiale, probabilmente finirà per sostituire Leon Haslam nel team interno Kawasaki. Mentre ammiravo la guida del lungo Toprak tra le curve del circuito consacrato al Sic, i suoi numeri, le sue derapate in entrata di curva e la rapidità delle sue uscite -bravo davvero!- la mente mi andava al suo maestro Sofuoglu. Ovviamente ero in sintonia con la regia della Dorna, che andava a pescare Kenan nel box, sorridente e felice. Kenan e Toprak, la Turchia che sorprende il mondo. Il giovane, classe 1996, ha avuto la vita relativamente facile: in moto da bambino, quattro titoli nel cross, a 13 anni la pista, nel 2015 il titolo europeo della Superstock 600. La sua famiglia era

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appassionata di moto, tutti stunt per passione, lui stesso è un acrobata. Per Sofuoglu, classe 1984 la vita è stata più dura. Anche la sua era una famiglia di motociclisti, ma la tragedia da quelle parti incombe da anni: due fratelli persi in altrettanti incidenti nel 2002 e nel 2008, il figlioletto deceduto quattro anni fa per un’emorragia cerebrale. Lutti terribili, che lui ha cercato di superare impegnandosi anima e corpo su nuovi obiettivi, economici (soprattutto nell’edilizia) e politici. Dopo i cinque titoli mondiali della Supersport, centrati dal 2007 al 2016 con Honda prima e Kawasaki poi, annunciato (a Imola) il forzato ritiro per infortuni vari, Kenan si è presentato al fianco del presidente turco Erdogan per le elezioni nazionali del giugno 2017. Un campione del mondo di motociclismo, sportivo dell’anno nel 2015, fiore all’occhiello della politica e senza nessuna esperienza in materia, è diventato senatore e punta in futuro

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EDITORIALE DI NICO

Nico Cereghini

al ministero dello sport. Il discusso Erdogan è sulle pagine di tutti i giornali: giusto domenica il suo candidato è stato battuto nella corsa a sindaco di Istanbul. Non una sconfitta qualsiasi, per il premier: in prima votazione gli era andata male per dodicimila voti, di prepotenza ha preteso una nuova tornata e questa volta l’opposizione democratica ha stravinto. Istanbul, oltre a essere la prima città turca e il vero centro economico, è anche la città natale di Erdogan: questa potrebbe essere una svolta politica importante. Non è la prima volta che un grande campione del motociclismo finisce, volente o nolente, nel tritacarne della propaganda politica. Mi vengono in mente Angel Nieto, tredici volte campione del mondo, le cui gesta venivano esibite dal generalissimo Franco che si proclamava suo amico personale; o il tedesco orientale Ernst Degner, che negli anni Sessanta scappò in Giappone (alla Suzuki) con i disegni del motore a due tempi più avanzato dell’epoca provocando la chiusura di tutte le attività sportive in Germania Est. Kenan Sofuoglu ha toccato i 400 all’ora con la Kawasaki H2R sul nuovo ponte sospeso Osman Gazi, dieci mesi fa ha inaugurato il nuovo aeroporto di Istambul battendo con la H2R, sui 400 metri da fermo, una F1 e un F16. Poi è stato premiato in pompa magna dall’amico Erdogan, le immagini inviate in tutto il mondo. Tutti i regimi sfruttano i successi sportivi, non è una novità, e capisco la soddisfazione di un motociclista che diventa un riferimento internazionale. Però mi domando: Kenan è un eroe o una vittima?

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MOTOGP CATALUNYA. LO SAPEVATE CHE...?

Che Márquez punzecchia Lorenzo? Che Ducati potrebbe schierare 4 GP20? Che nel 2020 si arriverà a 22 GP all’anno?

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CONFRONTO 2019/2018 Ecco il confronto tra i punti realizzati da alcuni piloti nel 2018 e nella passata stagione. Márquez 140/115 (+25); Dovizioso 103/66 (+37); Rins 101/33 (+68); Petrucci 98/71 (+27); Rossi 72/88 (-16); Miller 53/49 (+4); P.Espargaró 47/28 (+19); Crutchlow 42/69 (-27); Viñales 40/77 (-37); Morbidelli 34/19 (+15); A.Espargaró 27/13 (+14); Lorenzo 19/66 (-47); Iannone 12/66 (-54). CONFRONTO IN CASA Ecco invece il confronto tra compagni di squadra o di moto: chi è arrivato davanti in gara durante la stagione (tra parentesi il confronto in prova) Márquez/Lorenzo 6-0 (7-0); Dovizioso/Petrucci 5-2 (4-3); Rossi/Viñales 4-2 (2-5); Rins/Mir 7-0 (6-1) A.Espargaró/Iannone 4-2 (6-0); P.Espargaró/Zarco 7-0 (7-0).

di Giovanni Zamagni

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MÁRQUEZ PUNZECCHIA LORENZO Marc Márquez, come tutti i campionissimi, non guarda in faccia a nessuno, e da un paio di GP, appena può, punzecchia il compagno di squadra Jorge Lorenzo. “Quando nel 2013 sono arrivato alla Honda mi sono adattato alla moto e alle misure di Stoner” ha detto alla vigilia del GP di Catalunya, facendo intendere che non ha avuto bisogno di chissà quali modifiche per andare subito forte. Poi, venerdì, Márquez è stato ancora più chiaro: “Vanno bene le modifiche aerodinamiche e di ergonomia, ma telaio e motore non si toccano: la moto così è super competitiva”. Poi, nelle FP3, Márquez ha mandato platealmente a quel paese Lorenzo, colpevole di averlo rallentato (involontariamente) nel “time attack”. Insomma, come sempre, Jorge non ha un rapporto facile con il compagno di squadra, come peraltro era già successo in Yamaha con Rossi e in Ducati con Dovizioso. PUIG STA CON… MÁRQUEZ Sulle modifiche alla moto, il team manager HRC Alberto Puig la pensa come Marc Márquez: “Se arrivi in un posto - ha detto l’ex pilota in una intervista a pecinogp. com - dove c’è una moto che vince, devi stare zitto e adattarti a quello che c’è, sapendo che con quella moto si può vincere”. Abbastanza chiaro, no? MILLER FILMA I FINANZIERI

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Venerdì mattina, la guardia di finanza locale ha fatto visita a Jorge Lorenzo per consertargli il mancato pagamento di tasse in Spagna. Lorenzo, da tempo, vive a Lugano, ma il fisco spagnolo chiede dei soldi per il lavoro svolto in terra iberica. Non è una novità: l’anno scorso, sempre qui al Montmelò, la finanza aveva bussato alla porta di Pol Espargaró, residente, come tanti piloti spagnoli, ad Andorra. La novità è che Jack Miller ha filmato quanto accaduto, postando poi il video sui social… DUCATI PENSA A QUATTRO GP20 In Casa Ducati due piloti su quattro sono ancora senza contratto per il 2020, ma a Borgo Panigale hanno tutta l’intenzione di confermare Danilo Petrucci e Jack Miller. Per quanto riguarda Petrucci, la conferma nel team ufficiale a fianco di Andrea Dovizioso è data per cosa fatta: addirittura si ipotizza che si sia già arrivati all’accordo. Per quanto riguarda Miller, l’intenzione della Ducati è lasciarlo nel team Pramac, dove Bagnaia, per contratto, avrà sicuramente la GP20. Il nodo è proprio questo: per rimanere alla Pramac, Miller chiede di avere la GP20, e la Ducati è disposta ad accontentarlo, aumentando così da tre a quattro il numero delle Desmosedici ufficiali: ma bisogna vedere se Paolo Campinoti sia disposto a sostenere la maggiore spesa economica. Paolo Ciabatti, direttore sportivo Ducati, sta lavorando per mante-

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nere così come sono le due squadre: una scelta assolutamente ragionevole e condivisibile. BAGNAIA SPIEGA LE DIFFERENZE MOTO2MOTOGP Il campione del mondo della Moto2 e debuttante in MotoGP, Pecco Bagnaia, spiega la più grande differenza tra le due categorie: “La gara è molto differente: in Moto2 spingi al tuo limite dal primo all’ultimo giro, in MotoGP non lo puoi fare: qui devI gestire tanto le gomme quanto il consumo, e in MotoGP il limite è molto più sottile rispetto alla Moto2, c’è molto meno margine di errore”. DOVIZIOSO: “DIFFICILISSIMO PARLARE CON I BOX” Tra il GP d’Italia e quello della Catalunya, Andrea Dovizioso ha corso a Misano con una Audi nel campionato DTM. Un’esperienza che Dovizioso ha commentato dettagliatamente, con le mille novità da imparare in pochissimo tempo. Tra l’altro, Andrea aveva naturalmente il contatto radio con il box, qualcosa che in passato si era pensato di introdurre anche in MotoGP. Ma Dovi esclude questa possibilità. “Mentre guidi è difficilissimo parlare con i box, non credo sia qualcosa che si possa fare in moto. E’ vero che gli automatismi sarebbero completamente differenti, dato che per me in auto era tutto nuovo, mentre in moto sa-

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rebbe più naturale, ma assicuro che non è una cosa facile”. GUINTOLI TRE WILD CARD Il collaudatore Suzuki Sylvain Guintoli ha disputato il GP di Catalunya con una wild card; la Suzuki ha fatto richiesta per schierare il collaudatore anche in Rep.Ceca e in Giappone. APRILIA DUE GIORNI DI TEST SUPPLEMENTARI Oltre ai test di lunedì collettivi, l’Aprilia ha programmato altri due giorni di test: mercoledì e giovedì sarà di nuovo in pista a Montmelò, assieme alla KTM. Ci sarà anche il collaudatore Bradley Smith, mentre per la Casa austriaca ci sarà anche Dani Pedrosa. 22 GARE? TROPPE. MA SI FARANNO Sia i team sia i piloti sono contrari, ma è molto probabile che dal 2022 i GP diventeranno 22. Secondi i piloti, il numero massimo di gare dovrebbe essere 20, mentre le squadre sono preoccupate dal lievitare dei costi, perché nono solo bisogna tenere conto del costo della trasferta - circa 150.000 euro -, ma anche dei meccanici e del personale: aumentando il lavoro, di conseguenza deve salire anche lo stipendio. E così via. La maggior parte delle squadre contestano le quattro gare in Spagna: secondo molti, la soluzione ideale sarebbe sì introdurre nuo-

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vi GP, ma dimezzando quelli in terra iberica, fermandosi così a quota 20. FENATI BLOCCATO DAL GRUPPONE Cosa sta accadendo a Romano Fenati? Dopo test invernali da protagonista e un GP del Qatar molto promettente, al di là del risultato, Fenati non è più riuscito a essere veloce in gara. “Credo sia soprattutto un problema psicologico: in prova gira sempre da solo ed è veloce, ma in gara soffre il “gruppone”, non riesce a essere aggressivo come dovrebbe. E in Moto3 si formano sempre dei gropponi” spiega il capo tecnico Mirko Cecchini. A Montmelò, Romano ha fatto vedere qualche miglioramento.

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ARBOLINO: TANTE OFFERTE Con la vittoria al Mugello, Tony Arbolino si è definitivamente messo in mostra, anche se, per la verità, è seguito da tempo da tanti team manager. La squadra di Giancarlo e Mirko Cecchini gli ha già fatto un’offerta per la prossima stagione, ma Arbolino sta pensando anche alla Moto2. Ci sono però altre squadre che lo vorrebbero in Moto3, come, tra gli altri, il team Leopard. Insomma, pare che Arbolino abbia l’imbarazzo della scelta. IO L’AVEVO DETTO Jorge Lorenzo, fino a sabato: “Con la Honda sono in difficoltà in frenata, faccio fatica a fermare la moto”. Domenica, Lorenzo ha azzardato un sorpasso nella frenata più difficile del circuito…

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DOPOGP CON NICO E ZAM: IL GP DI CATALUNYA

Cominciamo dai test del lunedì: Bernardelle ci riporta tutte le news. Poi la gara con Márquez unico superstite all’azione di Lorenzo, che abbatte Dovi, Viñales e Rossi alla famigerata 10. Quartararo e Petrucci sul podio, solo tredici classificati. Grip, gomme e controlli

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L’errore di Jorge Lorenzo, che pareva finalmente in palla, ha tolto di mezzo tre protagonisti e non è stato sanzionato. Perché l’analogo errore di Smith nella stessa curva è stato invece analizzato e punito? I giudici FIM non sono abbastanza chiari. Il campionato è già finito alla settima gara, con Márquez unico superstite a +37? Zam ci racconta le reazioni nei vari box. Bernardelle analizza che, nonostante il caldo, molti hanno scelto di correre con la soft posteriore: un segnale che le Michelin non erano perfettamente a posto qui a Barcellona.La situazione è migliore degli anni scorsi, però non è ancora stata sistemata. La gomma davanti, inoltre, tende ad andare in sovra-temperatura ogni volta che un pilota decide di forzare, e alla fine il solo Márquez riesce ad utilizzare la dura.

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Resta l’impresa dei piloti Yamaha in qualifica, con Quartararo in pole e finalmente Rossi in forma fin dal primo turno. Il francese chiude secondo, e terzo è Petrucci, autore di una gara tutta da leggere. La delusione è Rins, che con la Suzuki aveva mostrato un gran passo nelle prove: la sua moto era la più efficace in ingresso e percorrenza di curva, cosa hanno sbagliato in gara, quindi?In Moto3, Dalla Porta e Arbolino stoppati dai guasti quando erano in testa alla gara. Guarda il video su YouTube Scarica l’audio della puntata

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IL GP DI CATALUNYA RACCONTATO DALLE IMMAGINI Le foto più spettacolari per raccontare attraverso una gallery il GP di Catalunya 2019

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REA VINCE GARA-1 SOTTO LA PIOGGIA A MISANO Rea vince gara1 davanti a Sykes e Bautista. Sesto Melandri. Tanti i colpi di scena e le cadute, che hanno tolto di scena Lowes, Haslam, Pirro, Rinaldi e Razgatlioglu

di Carlo Baldi

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MISANO - Jonathan Rea torna alla vittoria e lo fa in una gara difficile, corsa sotto la pioggia e dopo due partenze. Dopo il giro di ricognizione la pioggia era talmente intensa da indurre la Direzione Gara a rispedire i piloti nei rispettivi box. Dopo una pausa, con la pioggia che aveva ridotto la sua intensità, la gara partiva regolarmente, ma veniva interrotta al quarto giro sotto un vero nubifragio, con Lowes al comando tallonato da Rea. Quando già si temeva la replica di quanto successe a Imola, la gara viveva la sua seconda partenza e questa volta arrivava sino in fondo. Sotto la pioggia erano ancora Rea e Lowes a portarsi in testa e a lottare per la vittoria. L’inglese della Yamaha sembrava averne di più e dopo che Johnny era stato in testa

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per i primi sei giri, prendeva il comando. Lowes restava in testa per due sole tornate perché nel corso dell’ottavo giro era vittima di una caduta che lo costringeva al ritiro. A quel punto era semaforo verde per Rea che acquisiva un vantaggio di oltre cinque secondi sui suoi inseguitori, tra i quali il migliore era senza dubbio Tom Sykes. Terzo sin dal primo giro, il pilota della BMW veniva superato da Haslam nel corso dell’ottavo giro, ma in seguito il pilota della Kawasaki pensava bene di scivolare nella via di fuga, lasciando così a Sykes una terza posizione che diventava seconda dopo la caduta di Lowes. Intelligente ed accorta la gara di Alvaro Bautista, che non è mai stato in grado di avvicinarsi alla vet-

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ta della classifica, ma che non ha sbagliato niente ed ha approfittato degli errori dei suoi avversari per salire sul terzo gradino del podio e conquistare 16 punti che gli permettono di limitare i danni in una classifica, che lo vede al comando con 32 punti di vantaggio su Rea. Sfiora il podio Loris Baz al quale il bagnato piace particolarmente. Il francese della Yamaha è partito fortissimo dalla quinta fila per portarsi subito a ridosso dei primi e regalare una bella soddisfazione al suo team che ha debuttato in questo campionato solo a Jerez. La pista bagnata ha fatto bene anche a Chaz Davies che è sempre stato nel gruppo degli immediati inseguitori ed ha chiuso con un quinto posto che speriamo gli dia morale soprattutto in vista del prosieguo

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del campionato. Dopo un lungo che lo ha relegato in fondo alla classifica Marco Melandri è risalito sino al sesto posto finale. Complimenti per la rimonta, ma cosa avrebbe potuto fare il ravennate senza quell’errore commesso al secondo giro? Cortese aveva fatto sperare il suo team dopo il secondo posto in Superpole, ma ha fatto la stessa gara del suo compagno di squadra. Dopo una buona partenza l’italo tedesco al terzo giro ha commesso un errore che gli ha fatto perdere molte posizioni. Da li in poi Cortese ha fatto bene il suo compitino, ma non ha potuto andare più in la del settimo posto. Sfruttando le cadute dei suoi avversari, Takahashi chiude ottavo e conquista

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il miglior risultato stagionale per la Honda, davanti ad un concreto Zanetti con la V4 del team GoEleven e a Mercado. Undicesimo posto per Alessandro Delbianco, che senza un problema tecnico nel giro finale, avrebbe potuto stare davanti al suo compagno di squadra giapponese, ma si accontenta con quello che è sino ad ora il suo miglior risultato in Superbike. Raccolgono qualche punto anche Torres, la wild card Cavalieri, Kiyonari e Reiterberger che sembra regredire mano a mano che il suo compagno di squadra migliora. Genio e sregolatezza per Razgatlioglu che nel penultimo giro ha superato i suoi avversari come birilli per poi cadere a poche curve dalla fine. Oltre ai già citati Haslam e Lowes, sono caduti anche entrambi i piloti del team Barni Racing, Pirro e Rinaldi, e la wild card Schmitter. Leggi la classifica

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BAUTISTA VINCE LA SUPERPOLE RACE A MISANO Bautista domina davanti a Lowes e Haslam. Rea cade, si rialza ed è quinto. Sesto Melandri davanti a Rinaldi e Pirro. La BMW tradisce Sykes all’ultimo giro quando era terzo di Carlo Baldi

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Chi si aspettava un acceso duello tra Bautista e Rea è stato deluso. Il campione del mondo è partito in testa e ha spinto subito forte, ma la sua leadership è durata solo un giro, il tempo necessario a Bautista per prendergli la scia sul rettilineo dei box e di sfruttare tutti i cavalli della sua V4 per staccargli gli adesivi dalla carenatura. Un sorpasso che ha chiarito subito quali fossero i valori in campo. Da lì in poi lo spagnolo della Ducati ha girato mezzo secondo più veloce di Johnny mettendo in cassaforte il suo quattordicesimo successo in questo campionato. Il pilota della Kawasaki non si è voluto arrendere all’evidenza e ha continuato a spingere forte sino all’ottavo giro, quando è scivolato. Risalito prontamente in sella Rea ha chiuso al quinto posto. Alex Lowes ringrazia, e porta a casa un secondo posto che lo ripaga in parte della delusione patita ieri, quando è caduto mentre era in testa alla gara. La terza posizione è stata nelle mani di Sykes sino all’ultimo giro,

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quando alla curva del tramonto la sua BMW si è fermata, regalando il podio a Leon Haslam, insidiato sin sulla linea del traguardo da un grintoso Razgatlioglu, che ha chiuso quarto a due decimi dall’inglese della Kawasaki. Sesta posizione per Melandri, che ha preceduto i due piloti del Barni Racing Rinaldi e Pirro. Buona la gara di Mercado nono davanti a Zanetti, sostituto di Laverty, sulla V4 privata del team GoEleven. Gara da dimenticare per Chaz Davies e Sandro Cortese. Il gallese è caduto nel corso del terzo giro, si è rialzato, ma ha concluso mestamente all’ultimo posto della classifica. E’ andata ancora peggio all’italo tedesco che con una scivolata al settimo giro ha gettato al vento un secondo posto che sembrava avere saldamente in pugno e che sarebbe stato il suo primo podio in Superbike. Una caduta anche per Delbianco e per la wild card Cavalieri, scivolato nelle prime curve delle gara.

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VITTORIA DI REA IN GARA2. BAUTISTA CADE Gara bellissima vissuta sul duello tra Rea e Razgatlioglu che ci prova sino alla fine. Haslam completa un podio tutto Kawasaki. Cadono Bautista, Cortese e Melandri. Bravo Rinaldi quinto di Carlo Baldi

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MISANO - Quando il BaBau non c’è le Kawasaki ballano; ed è stata una danza tutta irlandese e turca, che ci ha divertito molto. Il colpo di scena è avvenuto subito al secondo giro, quando Bautista, che era partito in testa, ha ripetuto il copione di Jerez ed è scivolato nella via di fuga, lasciando via libera alle Kawasaki. La prima Ninja a portarsi in testa è stata quella di Haslam che ha condotto le danze per soli tre giri, prima di venir superato da un irresistibile Toprak Razgatlioglu, che dopo la caduta di ieri, con il quale aveva gettato al vento un possibile sesto posto, ci aveva detto: “Domani vado sul podio”. Detto fatto il pilota del Turkish Puccetti Racing è partito come un ossesso dalla seconda fila, frutto del suo quinto posto nella Superpole race e nel corso del quarto giro si è portato in testa. Alle sue spalle Rea ha capito subito che non doveva farsi scappare il giovane turco e una volta liberatosi di Haslam è rimasto incol-

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lato agli scarichi della Ninja di Puccetti sino a quattro giri dal termine quando si è portato in testa ed ha resistito alla pressione di Razgatlioglu che ci ha provato sino alla fine. Una vittoria importante per Johnny, per la Kawasaki e per tutto il campionato, che si riapre clamorosamente visto che ora Bautista ha un vantaggio di soli 16 punti sul campione del mondo. Haslam completa un podio tutto verde e nero e precede Lowes, ed un bravissimo Rinaldi, primo dei piloti Ducati al traguardo. Il giovane pilota del Barni Racing team si dimostra sempre più a proprio agio sulla Panigale V4 ed in grado di trovare il miglior set up per la sua Ducati, l’unica che utilizza sospensioni Showa. Sykes è sesto davanti a Davies, che non sembra trovare il bandolo della matassa, avvolto in una crisi che sembra non passi mai. Michele Pirro, wild card nel team Barni Racing, chiude ottavo, precedendo Lorenzo Zanetti che qui a Misano

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sostituisce Eugene Laverty. Samuele Cavalieri, wild card con il team Motocorsa Racing ripete anche su pista asciutta la tredicesima posizione conquistata ieri sotto l’acqua e cancella così la sua sfortunata Superpole race nella quale era caduto al primo giro.

stessa sorte: sono caduti entrambi. Non hanno concluso la gara Leandro Mercado, a causa di problemi tecnici alla sua Kawasaki privata, e i due piloti Honda Yuki Takahashi e Alessandro Delbianco. Leggi la classifica

Bautista dopo l’errore e la conseguente caduta che hanno in pratica riaperto il campionato risale dall’ultima alla quattordicesima posizione, conquistando due punti per la sua classifica. Da dimenticare la gara dei due piloti del team GRT Yamaha. I due hanno scelto di utilizzare in gara2 la stessa gomma che tutti gli altri piloti hanno utilizzato solo nella Superpole race. Stessa scelta e

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A MISANO UN PODIO TUTTO KAWASAKI

Ecco cosa hanno dichiarato i tre piloti della Kawasaki che sono saliti sul podio di Misano in Gara2. Sono gli stessi piloti che rappresenteranno la casa di Akashi alla prossima 8 ore di Suzuka

di Carlo Baldi

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Jonathan Rea: «Vincere due gare a Misano è stato molto importante per noi. Purtroppo nella Superpole Race ho commesso un grosso errore alla curva dieci, quando ho perso aderenza all’anteriore. Per fortuna sono riuscito a ripartire ed a chiudere in quinta posizione che è stato molto importante nell’economia del weekend. Gara 2 è stata molto difficile soprattutto perché faceva molto caldo. Non ero sicuro di quale potesse essere il mio passo gara. Mi sembrava di andare piano, ma non volevo spingere più forte, per non commettere errori. Ho visto che Bautista era caduto quasi subito ed ho avuto la conferma che le condizioni della pista erano molto difficili soprattutto per quanto riguardava l’aderenza all’anteriore. Anche il posteriore scivolava, ma sono riuscito a controllarlo ed alla fine abbiamo vinto, che è la cosa più importante. È stata una giornata molto bella per la Kawasaki perché abbiamo messo tre moto sul podio con i piloti che costituiranno la squadra Kawasaki alla 8 ore di

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Suzuka. Il prossimo round si disputerà a Donington ed andremo su ogni pista con una mentalità aperta e pronti ad affrontare ogni situazione». Toprak Razgatlioglu. «Gara2 è stata la mia più bella gara da quando corro in Superbike. Nella gara sprint non avevo un buon feeling con la moto, perché ieri sono stato vittima di una brutta caduta ed il team mi ha dovuto preparare una seconda moto. Non avevo un buon feeling perché la ruota posteriore scivolava molto. Sapevo che gara2 sarebbe stata importante e che avrei potuto fare bene, perché partivo dalla quarta posizione, assieme ai primi. In gara, dopo la caduta di Bautista, ho seguito Johnny e Leon ed ho capito subito che la mia moto stava funzionando benissimo, specialmente nelle staccate. Ho spinto forte per tutti i giri ed ho creato un piccolo gap, ma poi ho visto che Rea si stava avvicinando. Negli ultimi giri ho provato a tornare in testa alla gara, ma non è stato possibile. Dopo la mia caduta di ieri questo podio lo dedico ai miei tecnici che hanno fato un ottimo lavoro e che hanno anche fatto un piccolo cambiamento al set up che si è rivelato azzeccato. Sono davvero contento di essere riuscito a salire sul podio a Imola, a Jerez ed ora qui a Misano».

sprint di oggi era solo una questione di riuscire a colmare il distacco che avevo nei confronti di Tom Sykes, e sono riuscito a superarlo nell’ultimo giro. Questo pomeriggio stavo faticando sin dal primo giro e non ho mai trovato un buon feeling con l’anteriore della mia Ninja, ma penso che fosse così un po per tutti. Quando Johnny e Toprak mi hanno superato ho sentito che avrei potuto spingere per andare con loro, ma avevo già rischiato troppo e quindi ho preferito fare la mia gara. Alex Lowes era dietro di me e non volevo rinunciare al podio, per cui alla fine ho forzato ujn poco il mio ritmo per non farmi prendere. Abbiamo fatto alcuni buoni passi avanti nei test di Jerez, ma ci sono tante piccole cose che stiamo ancora scoprendo».

Leon Haslam. «Il terzo posto nella gara

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LE PAGELLE DEL GP DI MISANO E LA ZAMPATA DI REA Diamo i voti dopo le tre gare corse a Misano. Nove e mezzo a Rea, 8,5 a Razgatlioglu e 8 a Bautista. C’è chi parla di campionato riaperto, ma forse in realtà non si era mai chiuso... di Carlo Baldi

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C’è chi parla di campionato riaperto, ma forse in realtà non si era mai chiuso. Bautista quando vince lo fa con largo margine e con distacchi sempre importanti, ma quando sbaglia non raccoglie punti e negli ultimi tre round la determinazione di Rea e della Kawasaki è stata premiata. Ora sono solo 16 i punti che dividono il campione del mondo dall’ex pilota MotoGP. E’ senza dubbio il campionato più combattuto degli ultimi anni, anche se ancora non abbiamo assistito ad un duello diretto tra i due titani di questa stagione. Ed è un campionato appassionante anche grazie a quelli che sino a qualche tempo fa venivano considerati degli outsider, come i due alfieri della Yamaha e come il giovane talento Razgatlioglu. Latitano invece due piloti che sino allo scorso anno erano stati protagonisti: Chaz Davies e Marco Melandri. Kawasaki uber alles a Misano in gara2, con il

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solo Rinaldi a tenere alto il vessillo di Borgo Panigale. La Yamaha dovrà fare a meno di Van der Mark per almeno due round, ma la R1 è senza dubbio la terza forza del campionato. Mentre la Honda annaspa nelle zone basse della classifica, in BMW fanno sul serio ed il nuovo propulsore ha dato ulteriore vigore a Sykes, che ha regalato alla casa tedesca il primo podio stagionale. Una Superbike che torna a destare interesse, come ha dimostrato anche il pubblico di Misano, con presenze sempre basse in valore assoluto, ma nettamente superiori a quelle degli scorsi anni. La Supersport continua a vivere sul duello fratricida tra Randy Krummenacher e Federico Caricasulo, con lo svizzero che è andato a vincere proprio a casa del suo compagno di squadra, allungando in classifica. Primo podio per Mahias con la Kawasaki di Puccetti, mentre purtroppo una scivolata ha tolto di scena De

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Rosa e la MV Agusta. Ecco il nostro giudizio sui protagonisti di Misano. Jonathan Rea voto 9,5. Sarebbe stato un 10 e lode senza la scivolata nella Superpole race, per la quale si è subito onestamente accusato. Johnny sta ancora una volta dimostrando di essere un campione vero. Gli va dato il merito di non aver mai mollato e di non essersi mai dato per vinto, anche se Bautista lo svernicia in rettilineo. Corre ogni gara come fosse quella decisiva per l’assegnazione del titolo mondiale e porta sempre a casa il miglior risultato possibile. Forse questo mondiale lo vinceranno Bautista ed il suo missile rosso, ma se lo dovranno sudare. Never give up.

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Alvaro Bautista voto 8. La caduta in gara2, che sommata a quella di Jerez ha riaperto il campionato, ha acceso una lampadina rossa sul cruscotto della Ducati, che inizia a chiedersi se le cadute siano dovute all’irruenza dello spagnolo, che vuole staccare tutti nei primi giri, o se invece ci sia sotto qualche problema tecnico, visto che sia a Jerez che a Misano, gara2 è stata più calda dal punto di vista meteorologico. Se va avanti così bisogna che il buon Alvaro tiri fuori gli attributi. Ammesso li abbia. Toprak Razgatlioglu voto 8,5. Quando al

talento cristallino si sommano grinta e determinazione, allora siamo di fronte ad un pilota certamente al di sopra della media. Forse ad un campione. Il giovane turco di Puccetti prosegue

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nella sua maturazione, con tre podi negli ultimi tre round. L’inesperienza (non ha ancora 23 anni) lo porta a strafare in Gara1, ma dopo aver distrutto la sua Ninja promette al team che il giorno dopo salirà sul podio e cede al campione del mondo solo nel finale. Ora che ha rotto il ghiaccio aspettiamoci grandi cose da questo ragazzo, che parla in modo ermetico, ma che in pista si fa capire benissimo.

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iamo a pensare che sia troppo brutto per essere vero. Nightmare. Leon Haslam voto 7. Due podi sono un bel

bottino, se non fosse che in Gara2 prende paga da una Ninja privata e sul bagnato, dove dovrebbe fare la differenza, butta tutto alle ortiche con una scivolata. Bene, ma non benissimo.

Tom Sykes voto 8. Si sente a ragione al cen-

Alex Lowes voto 7. Senza la caduta di saba-

tro del progetto BMW e tira fuori il meglio dal suo repertorio. A Misano la casa tedesca gli consegna il tanto desiderato nuovo motore e lui ringrazia con il primo podio stagionale. Può ripetete con la S1000RR lo stesso fantastico lavoro che aveva fatto con la Ninja.

to sotto la pioggia, sarebbe stato un weekend estremamente positivo per l’inglese della Yamaha. Alex cade meno di prima, ma lo fa nei momenti peggiori. Ha fatto un grande passo in avanti rispetto allo scorso anno, ma gli manca ancora qualcosa.

Michael Ruben Rinaldi voto 7,5. Dopo Bau-

Sandro Cortese voto 6,5. Stupisce tutti con

tista è il pilota che riesce a sfruttare meglio la nuova V4. La sua è diversa da quella ufficiale (sospensioni) e lui non ha ancora l’esperienza dello spagnolo, ma assieme alla sua squadra sta facendo un ottimo lavoro e si affaccia sempre più spesso nelle zone alte della classifica.

il secondo posto in Superpole, ma poi cade due volte in gara. La seconda volta per un’errata scelta della gomma posteriore. Ha alzato il suo livello, ma ora deve trovare il limite, se non serve a poco. Diamogli tempo, in fondo è al suo primo anno in Superbike.

Chaz Davies voto 5. Sta diventando un caso.

Marco Melandri voto 5,5. Ci aspettavamo

Che tra lui e la nuova Panigale non corra buon sangue ormai lo abbiamo capito, ma ci sembra impossibile che un pilota della sua caratura non riesca proprio ad adattarsi ad una moto dal grande potenziale come la V4. Dopo aver schiumato rabbia per anni in attesa della moto competitiva, ora che ce l’ha si è perso. Continu-

molto di più da lui a Misano. Ha fatto un netto passo indietro rispetto ai round precedenti, dove sembrava aver finalmente fatto pace con la R1. Così come il suo compagno di squadra sbaglia la scelta della gomma posteriore in Gara2 e va in terra. Deludente.

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SBK. BAUTISTA: “LE VERE MOTO DA CORSA SONO A DUE TEMPI” Sono venuto in Superbike con tanta fame di vittorie. I piloti della Superbike sono bravi ma il loro metodo di lavoro non è il massimo. In GP c’è più sicurezza rispetto alla Superbike

di Carlo Baldi

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E’ bello intervistare Alvaro Bautista perché dice quello che pensa, senza tanti timori reverenziali. Con lui si può parlare di tutto senza mai ricevere risposte banali e di questi tempi non è cosa da poco, visto che purtroppo spesso i piloti dicono tutti le stesse cose e si guardano bene dal dare risposte “politicamente scorrette”.

sotto la supervisione di Dall’Igna. Il progetto mi ha stimolato e motivato, ed è per questo che ho accettato di cambiare il mio mondo, passando alle derivate dalla serie. Ora posso dire che ho fatto la scelta giusta. Mi sto divertendo molto, sono in una grande squadra ed il mio rapporto con Ducati è ottimo”.

Qual è stata la tua reazione quando hai saputo che avresti corso in Superbike? “Inizialmente l’opportunità di correre in Superbike non era prevista. Io ho trascorso gran parte della mia vita in GP e per me quello era l’unico mondo che conoscevo. Però Ducati mi ha parlato di un progetto ben strutturato e molto importante per la casa bolognese, con una moto nuova e

Non sei il primo pilota che passa dalla GP alla Superbike e qualcuno ha fatto questa scelta per tornare a vincere. “Sono venuto in Superbike per vincere. Ho fame di vittorie e mi sto impegnando al massimo per cercare di vincere il titolo mondiale. Non ho mai pensato al campionato delle derivate come ad una pensione dorata, dove concludere la mia carriera.

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Sono qui per lavorare sodo per me, per la mia squadra e per la Ducati. Nel mondo delle corse conta solo la vittoria. Arrivare quarto o quinto non interessa a nessuno. Io ho una moto molto competitiva, sono in una squadra altamente professionale e stiamo vincendo molto. Questo mi rende felice. Inoltre vedo che le mie vittorie stanno rilanciando la Superbike in Spagna e questo è per me un motivo di orgoglio”. Ti piace l’ambiente della Superbike? “In molti mi avevano detto che qui l’ambiente è più rilassato e che c’è meno stress. Personalmente per me non è cambiato molto. Io continuo a lavorare e ad impegnarmi come ho sempre fatto, con la stessa professionalità. In effetti l’ambiente è più rilassato. Il rapporto tra i piloti è più sereno, anche per quanto riguarda i social. Ma la differenza più sostanziale la fa il pubblico, che qui è composto per la maggior parte da appassionati. La MotoGP per molti è come una moda. Vengono alle gare per stare nel paddock e per fare le foto con piloti dei quali spesso non sanno nemmeno con quale moto corrano. Qui tra gli spettatori ci sono molti motociclisti, appassionati di moto, che se ti chiedono di fare una foto con loro non è perché sei Alvaro Bautista, ma perché sei un pilota della Superbike. Questo è bello e mi piace molto”.

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Hai visto cosa è successo a Lorenzo a Barcellona? Cosa ne pensi? “E’ successa più o meno la stessa cosa a me a Valencia nel 2011. Nella prima curva dopo la partenza ci siamo urtati io e Dovizioso e abbiamo trascinato fuori anche Hayden, Rossi e De Puniet. In questo caso non ho potuto fare nulla, mentre nel caso di Lorenzo ritengo che quella non sia una curva che debba stare in un autodromo. E’ una curva fatta per la Formula1 ma non è adatta per le moto. Devi quasi fermarti e curvare come se dovessi fare un’inversione. Assurdo. Penso che siano arrivati tutti un poco lunghi, ma se fossero stati in una curva diversa non sarebbe successo nulla”. A Imola sei stato tra i piloti che non hanno voluto correre gara2. Parlando di sicurezza ritieni che si stia facendo abbastanza? “Ritengo che la sicurezza dovrebbe andare di pari passo con la tecnologia, ma purtroppo non sempre è così. Dieci anni fa le gomme, le moto non consentivano di raggiungere le prestazioni odierne. Ora si va sempre più forte, specialmente nella percorrenza delle curve. In MotoGP ho spesso richiesto di aumentare lo spazio delle vie di fuga, perché con le moto attuali gli spazi si allungano. Per fortuna sono stati fatti dei grandi passi in avanti per quanto riguarda l’abbigliamento, con caschi e guanti più sicuri e tute munite di airbag.

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In GP penso ci sia maggiore attenzione alla sicurezza rispetto alla Superbike che corre su circuiti dove la GP non corre da tempo”.

arrivo sono molti i piloti che stanno cambiando metodologia di lavoro e questo penso sia un bene per la categoria”.

Quale ritieni che sia il livello dei piloti della Superbike? “Il livello dei piloti è alto, ma a mio parere il metodo di lavoro è meno valido rispetto a quello della MotoGP. Anche qui ci sono piloti con molto talento, alcuni dei quali potrebbero provare a correre in MotoGP”.

Ti aspettavi un inizio di campionato così travolgente e vittorioso? “Sinceramente no. Sono venuto qui con una grande fame di vittorie e sapevo di poter contare sull’appoggio della Ducati e di una grande squadra. Però sono stato sorpreso anche io dal feeling che ho trovato subito con la V4 e dai risultati che stiamo ottenendo.

Ti riferisci a Rea? “Johnny a mio parere è a metà strada tra la Superbike e la GP, nel senso che non è ancora pronto per i prototipi, ma allo stesso tempo è ad un livello superiore rispetto agli altri piloti delle derivate. Con il mio

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Di certo sono rimasti stupiti anche i nostri avversari che sono passati dal dire che la nostra Panigale non era nulla di speciale ad accusarci di aver portato in Superbike

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addirittura una MotoGP”. A 34 anni sei ancora giovane, ma pensi mai al tuo futuro? “Ora mi sto divertendo molto e mi sembra di vivere una seconda giovinezza. Sto bene qui e sinceramente non sto nemmeno pensando a quello che farò il prossimo anno. Sono sereno, ho una famiglia e degli affetti alle spalle che mi rendono felice e quindi mi godo il momento e basta”. Quanto sono importanti i soldi per te? “Sono importanti perché servono per vivere, ma se ti riferisci alle corse allora ti dico che non lo sono, nel senso che non sono certamente il motivo per cui corro. Probabilmente guadagnavo di più in GP rispetto ad ora, ma i soldi non sono mai stati determinanti nelle mie scelte sportive. Anche in passato ho rinunciato ai soldi quando ho ritenuto che il progetto che mi veniva proposto fosse importante per me e per la mia carriera. Io corro perché mi piace e perché è la mia vita, ma ovviamente è anche la mia professione e quindi mi deve dare la possibilità di vivere bene”.

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spondere. E’ senza dubbio strano che con una moto performante come questa io sia l’unico a vincere ed è strano soprattutto che gli altri piloti siano così lontani, anche perché la mia moto non è diversa dalle altre. Sono io che guido in modo diverso e forse il motivo è questo”. Hai iniziato in 125 ed in 250. Pensi che le due tempi aiutassero maggiormente i giovani a crescere? “Le vere moto da corsa sono a due tempi. Richiedevano maggiore attenzione ed abilità di guida. Sbagliare e cadere era più facile. Dovevi essere preciso e dare il gas nella quantità e al momento giusto. Ora con le quattro tempi e l’elettronica è tutto più facile e ti vengono perdonati molti errori. Le quattro tempi hanno livellato molto i valori”.

Come ti spieghi il fatto che sino ad ora solo tu hai portato al successo la V4 in SBK? “Sinceramente non ho mai controllato i dati degli altri piloti Ducati e quindi non ti so ri-

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MXGP GERMANIA. GAJSER E PRADO COME DA PRONOSTICO Una doppietta ciascuno gli permette di rafforzare il ruolo di leader rispettivamente della MXGP e della MX2; 4° Guadagnini nella EMX125 e 3° Forato nella 250

di Massimo Zanzani

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Neanche le impegnative buche e le carreggiate del tracciato di Teutschenthal hanno rallentato il cammino vittorioso di Tim Gajser e Jorge Prado che hanno letteralmente volato anche nella 10a tappa iridata. L’ufficiale HRC ha centrato la 6a doppia affermazione con il solito ruolino di marcia, leggermente adulterato da un’innocua scivolata nella prima manche, recuperata immediatamente, alla quale sono seguiti 18 giri al fulmicotone in testa al gruppo, che ha poi replicato in Gara 2. Un successo di pregio per lo sloveno, il cui vantaggio in classifica dopo il giro di boa è salito a 83 punti nei confronti di Tony Cairoli, il quale mantiene comunque il posto d’onore con il discreto vantaggio di 69 lunghezze nei confronti di Jeremy Seewer. Lo svizzero dopo il 3° conquistato nella prima manche si è visto sfumare il podio causa la caduta alla partenza successiva, alla quale ha rimediato recuperan-

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do dalle retrovie sino all’8a piazza che gli ha permesso di chiudere 5° assoluto. Il podio è quindi stato completato dai due piloti della Yamaha Wilvo Arnaud Tonus e Gautier Paulin, quest’ultimo 3° assoluto grazie al sorpasso su Max Anstie all’ultimo giro, che sono anche a pari punteggio nella classifica iridata rispettivamente al 4° e 5° posto. Alle loro spalle l’iridato MX2 Pauls Jonass, che piano piano sta trovando il passo giusto per recitare un ruolo da protagonista anche nella classe regina. La sfortuna ha invece continuato ad inveire sul team Kawasaki ufficiale, che dopo aver perso Clement Desalle nel Gran Premio di Russia in Germania ha visto infortunarsi anche Julien Lieber che si è fratturato un gomito, ragion per cui la squadra KRT non sarà al via della prossima trasferta doppia in Indonesia; solo 10° questa volta Ivo Monticelli, impegnato in una rimonta dalle retrovie in apertura e poi protagonista di una scivolata dopo oltre la metà della successiva, che lo ha relegato dalla 7a alla 10a posizione. Il film della MX2 è stato la replica di quelli precedenti, con Jorge Prado primattore assoluto, mattatore indiscusso e solitario delle due manche. Sul podio lo hanno accompagnato il compagno di squadra Tom Vialle e il sorprendente francese Mathys Boisrame che ha centrato il suo primo podio in carriera in sella alla

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Honda Redmoto Assomotor. Il francese, protagonista di alcune pesanti cadute giusto nel GP precedente, ha addirittura preceduto Thomas Olsen, il pilota di casa Henry Jacobi e l’australiano Jed Beaton; bravi anche gli azzurri Michele Cervellin e Morgan Lesiardo, terminati rispettivamente 8° e 9°. Dopo aver aperto alla grande assicurandosi la vittoria della 1a manche EMX125, il leader Mattia Guadagnini nelle prime battute della successiva si è scontrato con un avversario e nel contatto ha piegato la leva del cambio, che a qualche giro dal termine ha collassato costringendolo a chiudere la prova in seconda marcia rallentandolo sino al 13° posto, così da chiudere la 5a prova al 4° posto. Il buon margine che aveva in classifica gli ha permesso di mantenere la tabella rossa con un margine di 13 punti sul vincitore di giornata, Tom Guyon. Non è stato così invece per Alberto Forato, ritornato al comando del campionato giusto nella prova lettone, e che invece, non essendo riuscito a fare meglio di 3°, è stato di nuovo costretto a mollare il ruolo di leader al francese Stephen Rubini, impostosi in entrambe le frazioni sull’olandese Roan Van De Moosdijk e sul veneto del team Husqvarna Maddii Racing; 7° Nicholas Lapucci, 12° Giuseppe Tropepe e 14° Andrea Adamo.

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SALVINI GIGANTE, VERONA MONDIALE: FINALE TRAVOLGENTE A ROVETTA Il Gran Premio Acerbis d’Italia ha decretato un Alex Salvini gigantesco e un Andrea Verona mondiale, con la TM, per un finale travolgente dell’EnduroGP a Rovetta

di Piero Batini

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Andrea Verona. Rovetta. È il Gran Premio dell’anno, L’EnduroGP allo stato dell’arte, una Valli Bergamasche di un’altra Galassia, che poi è la culla di quelle galassie in cui lo Starbust dell’Enduro trasforma i Piloti in Stelle dandoci… del gas. È formazione stellare derivata dall’unione promotrice di ABC Communication e funzionale del Moto Club Bergamo, a sua volta le stelle dipendenti delle Sezioni. Bene, direte voi, ecco un’esagerazione retorica con la quale si cerca di dare enfasi alla qualità della 43ma edizione della Valli Bergamasche, ovvero quinta Prova del Mondiale EnduroGP. Visto il risultato… l’enfasi è niente affatto esagerata, anzi strettamente obiettiva, e se poi si dovesse notare una vela di “tifo”, troviamo che sia del tutto legittima e coeren-

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te con la passione traboccante che sversa dall’Enduro delle Valli. Eccoci, torniamo a noi e in noi. È stato il “violento” debutto del lungo week end con il Super Test e la EnduroGP 30th Anniversary Legends Race. È stato il Sabato d’inferno di pioggia e fango sull’anello delle cinque Speciali e del Controllo “punitivo”, in pieno e assoluto rispetto della natura e della tradizione di una Gara non a caso di riferimento. Ed è stato il finale da coronarie non in disordine, martellamento di exploit, colpi di scena e generosità che, sotto un sole cocente e sullo sfondo delle Valli tirate a lucida luce, passa alla Storia per l’Opera vittoriosa di Alex Salvini e per il Titolo di Campione del Mondo

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Junior assegnato dal Gran Premio di Casa a Andrea Verona, vincitore della Gara e talento straordinario da oggi a disposizione della Storia dell’Enduro. Alex Salvini. EnduroGP. Non era dato sapere e neanche più, forse, immaginare che stava per succedere. Alex “Rocky” Salvini aveva sofferto il sabato micidiale del Gran Premio Acerbis d’Italia urlando dentro il casco l’impotenza e il dolore alla spalla lussata in Grecia e rimessa a posto dopo troppo tempo. Solo 9°. C’erano altri leit motiv nell’aria domenicale e tersa della Valli, e una dannata paura inglese dominata a stento e rimessa nelle mani di

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Matteo Cavallo e Thomas Oldrati, i migliori di Sabato, ma non di Alex Salvini. Invece il “Vendicatore” è uscito da un acuto di coraggio e di generosità e carattere che lascia senza parole. Di forza, rabbia, intransigenza, prima di tutto con sé stesso. Si parte con il migliore Holcombe definitivamente “dimesso” dall’infermeria. Sabato ha vinto McCanney, stai a vedere che gli inglesi raddoppiano. Il controllo “tirato” è stato avvilito, più tre minuti, ma il terreno è ancora demolito e il caldo nell’umido fa ribollire. Holcombe, Oldrati, Salvini, l’inglese resiste in testa, poi vince Larrieu e alla fine del primoi di tre giri Salvini

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passa a comando con due Cross Test-capolavoro. Ancora Larrieu e ancora Oldrati, poi Salvini e di nuovo Larrieu. Bravo il francese, ma intanto alla fine del secondo giro Alex Salvini ha preso il volo, 40 secondi di vantaggio su Holcombe. L’ultimo giro registra la bella pressione di Larrieu e il miracolo Freeman, che riesce addirittura a vincere una Speciale nel suo Gran Premio Calvario con una clavicola rotta. Larrieu scavalca Holcombe ma Salvini è inarrivabile, gigantesco. La domenica assoluta della EnduroGP è sua! Thomas Oldrati. il Gran Premio Acerbis d’Italia è un forziere inesauribile di emozioni e di enormi soddisfazioni. Tranne che per Matteo Cavallo, vicinissimo ormai al successo storico ma piegato da una batteria fallata domenica. È la nota stonata dal Valli 2019, che però ci restituisce il migliore Thomas Oldrati, vincitore perentorio della E1 davanti a Rudy Moroni e allo stoico, incredibile, eterno Brad Freeman. Freeman conserva la leadership di EnduroGp e E1, Salvini è in testa alla E2, Holcombe riprende il suo camino nella E3. C’è posto nel Gran Premio d’Italia delle Vali anche per un buon francese, Loic Larrieu vincitore della E2, per un bell’inglese tornato tra noi e primo della E3, Steve Holcombe, e per il

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fantastico Claudio Spanu alla prima vittoria nella Youth Enduro di cui… è leader. Leggi i risultati delle gare Titoli di Coda EnduroGP Super Stars Daniel McCanney, TM, Saturday - Alex Salvini, Honda, Sunday Enduro 1 Star Matteo Cavallo, Sherco - Thomas Oldrati, Honda Enduro 2 Star Loic Larrieu, TM, Saturday – Alex Salvini, Honda, Sunday

Franco Acerbis 1 Moto Club Moto Club Bergamo (+ il firmamento delle Sezioni)

Mario Rinaldi, Joan Roma, Gian Marco Rossi, Matteo Rubin, Angelo Signorelli, Fausto Scovolo, Didier Tirard, Dany Wirz (Vince Ivan Cervantes)

1 Motor Party (x tre giorni nonstop)

Red Bull Epic Rise Star Andrea Gasparini - Team SU BEL DRIS

Leggende Anders Erikson, Jarno Boano, Alessandro Botturi, Ivan Cervantes, Giuseppe Gallino, Giorgio Grasso, Gionni Fossati, Paul Edmondson, Ciryl Esquirol, Dario Croci, Alfons Hoevers, Joakim Johanson, Pierfranco Muraglia, Jeff Nilsson, Alessio Paoli, Tullio Pellegrinelli,

Campione del Mondo Junior Andrea Verona 7 Magnifici Comuni Rovetta, Clusone, Gandino, Cerete, Songavazzo, Onore, Fino del Monte.

Enduro 3 Star Daniel McCanney, TM, Saturday – Steve Holcombe, Beta, Sunday 10.000 Paletti 90 Mazze da 3KG (per piantare i paletti) 50 KM di Fettuccia 350 Lunch Box (corrisponde al dato per difetto dei Volontari) 1 2 Promoter – ABC Communication Blanchard Alain + Bastien 3 Presidenti Mr. Giuliano Piccinini – Mr. Andrea Gatti – Mr.

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