REGOLAMENTO Art.1 – La coop. soc. Se.Po.Fa’ onlus, con sede a Napoli, indìce la I edizione del Concorso Letterario Nazionale per racconti inediti “Radici Emergenti”. Il Concorso si propone di incentivare la diffusione dell’Arte della scrittura e del racconto, favorendo gli autori meritevoli che non hanno ancora conosciuto la notorietà presso il grande pubblico. Il Concorso è aperto a tutti e a tutte le età (anche i minorenni possono partecipare, in caso di qualificazione come finalista è necessario la presenza di uno dei genitori per il ritiro del premio). L’iscrizione al concorso è gratuita. L’iniziativa ha lo scopo di promuovere e stimolare la scoperta di nuovi talenti, invitandoli ad affrontare la tematica delle radici, del loro essere ben piantate nel terreno, da cui prendono il sostentamento quotidiano, ma allo stesso tempo il loro spingere verso l’alto, della difesa del territorio e dell’ambiente, tematiche di cui si fa promotrice la coop. soc. Se.Po.Fà. Art.2 - Il concorso prevede la sola sezione di “Racconti” e si fa riferimento al seguente regolamento: Il Tema: le radici, lo slancio verso l’alto, la cura del territorio. Ogni singolo racconto non dovrà superare la lunghezza massima di 6000 battute, spazi bianchi compresi. La formattazione è libera. Il tema è: “Radici Emergenti”, nel senso specificato nell’art.1. Art.3 – L’opera e la scheda di partecipazione dovranno essere spediti per mezzo posta elettronica, in un unico messaggio, all’indirizzo e-mail coop.sepofa@gmail.com entro e non oltre le ore 24 del 15 maggio 2016 (farà fede l’ora di ricezione della e-mail). Art.4 - Le opere che partecipano al Concorso devono essere inedite, pena l’esclusione. Per inedite s’intende mai pubblicate sia in forma cartacea sia in forma digitale (ebook o su Internet) fino alla data dell’annuncio dei finalisti. Art.5 – I finalisti (min. 10 max. 20), saranno selezionati da una giuria di qualità composta da personalità del mondo della letteratura e dell’informazione di settore e cioè: Pino Imperatore – Presidente di Giuria, scrittore Iris Corberi – Direttrice BioEcoGeo, giornalista Pietro Dommarco - Direttore “Terre di Frontiera”, giornalista e scrittore Giuliano Pavone – scrittore Pino Sassano – scrittore
I premi saranno così distribuiti: Tutti i finalisti scelti (min. 10 max. 20) vedranno la propria opera pubblicata nella raccolta “Radici Emergenti”, con uscita ottobre 2016, sia in formato cartaceo che elettronico (e-book) edita dalla casa editrice Infinito Edizioni, partner della coop. soc. Se.Po. Fà. L’ente promotore del concorso provvederà, poi, alla promozione del libro su territorio nazionale. I Premi 1° Classificato: pubblicazione dell’opera sulla rivista di settore “Bio Eco Geo”, partner della coop. soc. Se.Po.Fà, 5 copie del libro “Radici Emergenti” e una targa premio del concorso; 2° Classificato: 4 copie del libro “Radici Emergenti” e una targa premio del concorso 3 Classificato: 3 copie del libro “Radici Emergenti” e una targa premio del concorso 4° Classificato: 2 copie del libro “Radici Emergenti” 5° Classificato: 1 copia del libro “Radici Emergenti” Premio Menzione Speciale “Terre di frontiera”, per l’opera che meglio rappresenta i valori e lo spirito del progetto editoriale “Terre di frontiera”, partner della coop. soc. Se.Po.Fà, con pubblicazione dell’opera scelta sulla rivista on-line “Terre di frontiera”, e targa premio. Art.6 - I finalisti saranno informati della decisione della giuria almeno venti giorni prima della Serata di Gala di premiazione “Radici Emergenti”, in programma nel mese di ottobre 2016, in concomitanza dell’uscita del libro. In caso di rinuncia o di altri impedimenti, anche per cause non imputabili agli stessi finalisti, è prevista l’esclusione. Art.7 - Il materiale inviato non verrà restituito. Art.8 - La casa Editrice Infinito Edizioni, partner della Coop.Soc. Se.Po.Fà, provvederà alla pubblicazione delle opere premiate in formato cartaceo ed elettronico (ebook). Art.9 – I partecipanti al concorso cederanno i diritti d’autore per l’antologia a titolo gratuito alla coop. soc. Se.Po.Fà, che si farà carico delle spese di edizione con il marchio Infinito Edizioni. DOVE SCARICARE IL BANDO E LA SCHEDA DI PARTECIPAZIONE www.sepofa.com www.ossopensante.org/radici-emergenti/
L’editoriale di Pietro Dommarco
L’idea di Terre di Frontiera nasce agli inizi del 2004.
Pochi mesi dopo la manifestazione pacifica dei centomila contro la realizzazione del deposito nazionale di scorie a Scanzano Jonico, nel novembre del 2003. Che ha aperto una stagione di diritto alla conoscenza.
Dodici anni di incubazione. Quanto basta per affrontare questa nuova sfida con consapevolezza. Un’avventura non facile, guardando i numeri dell’editoria, ma determinante. Perché, a piccoli passi, cercheremo di riempire un vuoto informativo - e fram-
mentario - sui temi dell’ambiente. Tutelare l’ambiente è vita.
Lo faremo partendo sempre e solo da una prospettiva: guardare le realtà dal basso nelle frontiere mutevoli. Raccontando, documentando, tracciando i profili per dare un volto ai territori e a quelle comunità invisibili che non trovano spazio nel panorama informativo nazionale.
Terre di Frontiera è un contenitore di testimonianze, di storie di colonizzazione energetica e di sfruttamento delle risorse e degli uomini, ma anche di esaltazione di quei valori del patrimonio paesaggistico e culturale del Sud e del bacino del
Mediterraneo. Un contenitore aperto che va oltre i confini delle terre di frontiera, che rappresentano il punto di partenza in
grado di trasferire centralità alle periferie. In cui il tempo scorre lento e nel silenzio. Dobbiamo invece correre e scrivere, contemporaneamente. Ora o mai più.
Ringrazio chi sta rendendo possibile questo progetto, con una forza propulsiva senza paragoni. Chi lo sosterrà. Chi ha deciso, senza remore, di far parte di una straordinaria squadra di collaboratori.
Che per me rappresentano insostituibili guide.
“
“
La battaglia di tutte le battaglie è scrivere Herman Melville
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In questo numero
20-31 8 11 34 38 44
In copertina
Gela profonda
Emma Barbaro, Pietro Dommarco, Daniele Esposito Paternò
Rifiuti connection
La fabbrica di percolato Maurizio Bolognetti
47 50
Rifiuti connection
I rifiuti dimenticati Daniela Spera
Orientamenti
Il Corpo Forestale non c’è più Vito L’Erario
Meridiano
Il cielo intorno Polizzi Alessio Di Modica
Panorami
Alla salvezza del Pollino
Rubriche
Franco Tassi
Panorami
Rottamiamo la centrale del Mercure Antonio Bavusi
Orientamenti
Delitti contro l’ambiente Vincenzo Portoghese, Vicenzo Briuolo
51
Sud e cinema
52
Libri
17
È la stampa, online, bellezza!
Domenico D’Ambrosio
Domenico Lamboglia
Direttore responsabile Pietro Dommarco
mensile indipendente
anno 1 numero 1 - marzo 2016
Un progetto di Associazione Culturale Ossopensante Codice Fiscale 97870810583 Sede legale: Via Montello 30 - 00195 Roma www.ossopensante.org Terre di Frontiera Testata registrata il 23 dicembre 2015 al n.359 del registro della Stampa del Tribunale di Milano www.terredifrontiera.info
Hanno collaborato Emma Barbaro, Antonio Bavusi, Maurizio Bolognetti, Vincenzo Briuolo, Matteo Di Giovanni, Alessio Di Modica, Domenico D’Ambrosio, Roberta Dommarco, Daniele Esposito Paternò, Domenico Lamboglia, Vito L’Erario, Vincenzo Portoghese, Gianmario Pugliese, Saverio Romanelli, Daniela Spera, Franco Tassi Copertina e impaginazione Ossopensante Lab
Contatti redazione@terredifrontiera.info Twitter @terre_frontiera
Si ringrazia per la gentile concessione
Campagna ad inserzione gratuita
Rifiuti connection
La fabbrica di percolato I rifiuti dimenticati
La fabbrica di percolato
In località Campolescia di Castrovillari c’è una discarica che testimonia il fallimento della gestione dei rifiuti in Calabria. L’ennesimo ‘monnezzificio’ che minaccia l’agricoltura di qualità di Maurizio Bolognetti
@mbolognetti
Ferdinando Laghi, vice presidente nazionale dell’ennesima procedura di infrazione a carico dell’ISDE (Medici per l’Ambiente) è un fiume del nostro Paese. Una procedura aperta nel 2011 in piena e mentre ci dirigiamo alla volta della dalla Commissione Europea per la reiterata e discarica comunale di Castrovillari, ubicata in prolungata violazione della direttiva 1999/31/CE, località Campolescia, parla di rifiuti, della sua che dispone rigorosi standards “per prevenire o Calabria, della bella Piana di Cammarata, di ridurre le conseguenze negative, per la salute un futuro altro e possibile da costruire. Laghi umana, riconducibili all’azione delle discariè un kalashnikov che spara parole che punche”. La direttiva in oggetto è stata recepita dal tano decise l’obiettivo. Sono parole venate di nostro legislatore attraverso il decreto legislatitristezza e rabbia, pesanti come pietre. Convo 36/2003. dannano senza appello una gestione del ciclo dei rifiuti folle e dissennata che - in terra di Ci avviciniamo all’ennesimo monnezzificio Calabria e nell’intero Mezzogiorno incastonato nel cuore di una preha prodotto disastri, arricchito mafie, ziosa zona che produce agricoltura gestori di discariche e signori dell’indi qualità e guardo nuovamente “le discariche cenerimento. Gente infame e senza l’ultimo rapporto Ispra sugli RSU ci fanno scrupoli ha affondato nei nostri mari (Rifiuti Solidi Urbani). Un bollettino le cosiddette ‘navi a perdere’, mentre di guerra: una guerra dichiarata al mangiare in superficie si creavano i presupposti diritto, allo Stato di diritto, alla e bere per ‘terre dei fuochi’ note e ignote. Costituzione, alla salute, all’amNel mare le ‘navi dei veleni’, sulla biente. Un Rapporto che fa emergerifiuti” terraferma discariche paralegali e re con solare evidenza il tradimento illegali. “Le discariche ci fanno mandel diritto comunitario e statale e giare e bere rifiuti” - dice il dottor Laghi - , ed è in cui, opportunamente, si evidenzia che solo davvero difficile dargli torto. nel 2014 l’Italia ha raggiunto il 45% di raccolta differenziata, obiettivo che, in base a quanto Basta rifiuti. Subito il tombamento prescritto dall’art. 205 del Codice dell’Ambiente, Percorriamo quella che un tempo fu la via Popi- avremmo dovuto raggiungere già nel 2008. Del lia e l’indignazione di Ferdinando Laghi monta resto, ancora oggi, buona parte del Sud è lontametro dopo metro. Il medico calabrese mi ripenissima anche da quel 35% di raccolta differente che la discarica di Campolesce - chiusa nel ziata che rappresentava il target da raggiungere 2002 dal Commissario per l’Emergenza Ambiennel 2006, nonché dagli obiettivi prescritti nel tale - non può accogliere nemmeno un altro 1997 dal Decreto Ronchi per il 2003 e, addirittugrammo di rifiuti, va solo bonificata e tombata. ra, da quelli che lo stesso prevedeva per il 1999. Siamo in Calabria, ma potrebbe essere Sicilia, Basilicata, Puglia o Molise. Regioni che da lustri Nella cornice di uno Stato incapace di rispettaoccupano gli ultimi posti nella graduatoria re la legalità, il nostro Sud con le sue monneznazionale in materia di raccolta differenziata, zopoli e i suoi fiumi di percolato arranca anche con buona pace di direttive comunitarie e leggi sul fronte della gestione degli RSU. Nel 2014 dello Stato. Siamo nel cuore di quel Mezzogiorla Basilicata e la Puglia hanno fatto registrare no che ha dato il suo bel contributo all’apertura rispettivamente un misero 27,6% e un 25,9% di 8
Terre di Frontiera / marzo 2016
Sulla discarica di Campolescia / Foto di Maurizio Bolognetti
differenziata, con Molise, Calabria e Sicilia che sono riuscite a fare ancora peggio, regalandoci percentuali che vanno dal 18,6% della Calabria al 12,5% della Sicilia, passando per il non lusinghiero 22,3% del Molise. Questo per non dire della gestione bancarottiera dei rifiuti nella città di Matera, assurta a Capitale europea della cultura per il 2019. Nelle regioni canaglia del nostro Mezzogiorno registriamo il totale tradimento dell’art.4 della direttiva 2008/98/ Ce e dell’art. 179 del Codice dell’Ambiente, cioè dell’ordine di priorità nella gestione degli RSU previsto dalla cosiddetta ‘gerarchia dei rifiuti’, in base alla quale la migliore opzione viaggia sul binario prevenzione-preparazione per il riutilizzo-riciclaggio. In Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia e Molise viene rispettato quell’art.13 della direttiva 2008/98/Ce, nel quale si afferma che la gestione dei rifiuti deve essere “effettuata senza danneggiare la salute umana e senza recare pregiudizio all’ambiente”? La risposta è no. Così come non c’è rispetto e applicazione dei principi di precauzione, sostenibilità e prevenzione di cui all’art. 178 del Codice dell’Ambiente.
scarica di Castrovillari, aperta negli anni ‘90 e velocemente saturata dai rifiuti indifferenziati provenienti da 25 comuni, come detto, fu chiusa nel 2002 per le sue condizioni igienico-strutturali. Sono davanti all’ennesima fabbrica di percolato ed è impossibile non notare il contrasto tra un manufatto, che di certo non darà lustro all’ingegno umano, e la bellezza della piana di Sibari, cuore pulsante di un fiorente distretto agro-alimentare che dà lavoro ad oltre 5000 persone.
La discarica colabrodo Ascoltando Laghi e leggendo alcuni documenti, siamo finalmente arrivati in località Campolescia per osservare ‘dal vivo’ una discarica colabrodo, che assurge a simbolo della fallimentare gestione dei rifiuti in terra di Calabria. La di-
L’oggetto del contendere non dovrebbe nemmeno esistere, considerando che nel giudizio di compatibilità ambientale, espresso dal nucleo Via-Vas-Ipcc, è chiaramente prescritto che un ulteriore conferimento di rifiuti può essere effettuato “esclusivamente ai fini del raggiun-
La discarica è una ‘bomba ecologica’ da bonificare e tombare. Croce ma non delizia di un nutrito gruppo di associazioni ambientaliste da tempo impegnate a parare i colpi di coloro che, invece, vorrebbero accrescerne le capacità di abbanco, violando le indicazioni contenute nel decreto con il quale la Regione Calabria, nell’agosto del 2013, ha dato il suo placet al progetto proposto dal Comune di Castrovillari e denominato “Messa a norma, adeguamento ed aumento delle capacità di abbanco della discarica dismessa di Castrovillari sita in c/da Dolcetti-Campolescia”.
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gimento del piano campagna attuale” e “senza dimostra inconfutabilmente come il rispetto alcuna sopraelevazione e realizzazione di opere delle prescrizioni renda impossibile ogni ultemurarie”. Il tutto - chiariscono gli uffici della riore conferimento di monnezza. Non so come Regione Calabria - al fine di garantire il “racandrà a finire questa storia, ma so che Ferdicordo geomorfologico con le linee nando Laghi è galantuomo e persona naturali dei terreni circostanti”. E onesta, e so anche che c’è chi vende“un progetto rebbe l’anima al diavolo pur di ricainvece la contesa c’è e va avanti da mesi, anche a colpi di esposti inviati vare un tornaconto dalla gestione di che non alla Procura della Repubblica, nei tutto ciò che ruota attorno allo smalrispetta le timento dei rifiuti. E so, e ne sono quali gli ambientalisti segnalano “difformità tra il progetto definitivo prescrizioni certo, che se vogliamo fare in modo autorizzato dalla Regione e il proche nel nostro Paese e nel nostro date” getto esecutivo inserito nella gara Sud si arrivi a una gestione virtuosa pubblica di appalto” e la costruzione degli RSU è necessario liberarsi dai di un terrapieno eretto in discordandue monopoli che hanno letteralza rispetto a quanto indicato dalle prescrizioni. mente sabotato negli anni la raccolta differenSembrerebbe essere un’opera realizzata per ziata: quello ‘arcaico’ dei clan delle discariche accrescere le capacità di abbanco della disca- che da sempre inquinano terreni - e quello rica. Le denunce degli ambientalisti trovano ‘tecnologico’ delle lobby degli inceneritori, che riscontro nel verbale redatto il 2 dicembre 2015 eliminano le discariche, ma inquinano l’aria con dal dottor Aldo Borzillo di Arpacal, nel quale micidiali emissioni. si afferma “che gli argini non consentiranno il raccordo del profilo della discarica con il piano Guarda il reportage di Radio Radicale campagna”, e in un certosino lavoro di rilevazioni, effettuato anche tramite un drone, che
I cittadini: “Vicenda poco chiara” Su Campolescio è intervenuto - a margine di una riunione organizzata dall’amministrazione comunale di Castrovillari - il locale comitato di cittadini che si oppone alla riapertura della discarica. La preoccupazione è tanta e ad essere minacciata, ricordano alcuni residenti, è la produzione alimentare della Piana di Cammarata. Come del resto già accaduto agli inizi degli anni duemila. Si chiede l’immediata chiusura dell’impianto, in virtù delle enormi problematiche esposte nel nostro reportage “La fabbrica di percolato”, a cura di Maurizio Bolognetti. Al fianco dei cittadini Comitato “Cammarata contro la riapertura della discarica di Campolescio” - che hanno fatto sentire la loro incessante voce in una manifestazione di piazza sabato 20 febbraio 2016 - si è schierata anche la Flai Cgil, in difesa dei diritti degli occupati nel settore dell’agro-industria. E lo ha fatto lanciando una denuncia molto forte che contribuisce a rendere più fosca la situazione, che non renderebbe “appetibile un’eventuale bando di gara per la gestione dopo la chiusura per una qualsivoglia azienda del settore. Pertanto l’assenza di compatibilità economica, in rapporto alla illegittima riapertura della discarica, impone un’attenta valutazione circa i rischi d’infiltrazione mafiosa in questa tipologia di appalti e senza nessuna garanzia di efficacia ed efficienza delle buone pratiche di gestione della discarica chiusa”. L’incompatibilità della discarica di Campolescio con tutela e valorizzazione ambientale è il grido d’allarme. Bonifica e messa in sicurezza sarebbero auspicabili. 10
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I rifiuti dimenticati
La storia infinita del deposito di rifiuti radioattivi Cemerad di Statte, in provincia di Taranto, che da oltre trenta anni attendono di essere smaltiti
L’ex-Cemerad / Foto di Daniela Spera
di Daniela Spera
Statte è un comune pugliese come tanti altri. È un comune giovane, ex frazione di Taranto, diventato autonomo nel maggio del 1993. Il territorio è costituito da un parco naturale circondato da gravine, ampie campagne e antiche masserie. Un paesaggio straordinario pesantemente solcato dall’impronta velenosa dell’industria della diossina che ha portato all’abbattimento di numerosi capi di bestiame contaminati. Basterebbe questo a provocare la nostra indignazione. Ma la storia di Statte è segnata da un’altra vergogna d’Italia: i rifiuti radioattivi. Quella che stiamo per raccontare è una vicenda fatta di rimpalli di responsabilità, di denunce e annunci d’intenti mai concretizzati, di finanziamenti erogati ma mai impiegati. Una storia in-
finita nella quale il silenzio istituzionale è stato assordante per 10 lunghi anni, mentre cittadini preoccupati attendevano, e attendono, atti concreti. Tutto ha inizio nel lontano 1995 quando la Guardia Forestale scopre un deposito di fusti accatastati, in stato di palese degrado, a circa 2 chilometri di distanza dall’ospedale civile ‘Giuseppe Moscati’ e a pochi metri dalle abitazioni di Vocchiaro e Sabatini, contrade in agro di Statte. Si tratta di un’azienda, la Cemerad, di proprietà di Giovanni Pluchino, destinata allo stoccaggio e al trattamento di rifiuti radioattivi ospedalieri e industriali, in attività dal 1984. Scatta l’inchiesta della Procura di Taranto e il 19 giugno 2000 il gip Ciro Fiore dispone il sequestro preventivo dell’area. Il 4 luglio successivo i Nas attestano la presenza di 30 mila fusti metallici in stato di grave deterioramento, 60 container e 42 silos, esposti alle intemperie e contenenti scorie radioattive. A completare il quadro, già inquietante, le autorità preposte segnalano la presenza di un capannone abusivo, costituito da circa 18 mila fusti colmi di rifiuti radioattivi di ogni genere e provenienza. Con l’accusa di discarica non autorizzata di rifiuti pericolosi e gestione illegale di rifiuti radioattivi, si apre un procedimento penale a carico di Giovanni Pluchino che il 10 giugno del 2003 viene condannato ad un anno di reclusione e al pagamento della sanzione pecuniaria di 12 mila euro. La Procura impone la bonifica del sito entro 6 mesi a partire dalla data di pubblicazione della sentenza. Dichiarata fallita nel 2005, l’ex Cemerad viene affidata in custodia al Comune di Statte. Da allora l’unico intervento effettuato è stato la rimozione dei fusti situati fuori dal capannone. I 3,7 milioni di euro deviati Nel 2011 sono i comitati locali a riaccendere i marzo 2016 / Terre di Frontiera
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L’ex-Cemerad / Foto di Daniela Spera
riflettori sul caso, che si arricchisce di nuovi ne. Senza l’esperto non si può procedere alla elementi utili a far emergere rilevanti responsa- definizione delle metodiche di caratterizzazione bilità politiche. Si scopre, infatti, che la delibera utili. Per intenderci, conoscere l’esatto contenuCipe n.35/05 - per il triennio 2005-2008 - aveva to dei fusti. Per questo motivo i termini di conprevisto il finanziamento di 3,7 milioni di euro segna del progetto definitivo vengono sospesi. per la bonifica dell’ex Cemerad, cifra poi ‘deviata’ verso altri interventi, non del tutto chiariti, Continua intanto la costante azione di pressioindividuati in accordo con le amministrazioni ne esercitata dalle associazioni sull’amminiprovinciali. Secondo la giunta regionale - prestrazione del Comune di Statte. Unico interlocusieduta dall’allora governatore Nichi Vendola tore politico è l’assessore all’ecologia Vincenzo - per la particolare natura di rifiuto radioattivo, Chiarelli, che nel frattempo dispone la nomina date le procedure stabilite dal D.lgs. 230/95, dell’esperto in radioattività, il dottor Domenico l’intervento non poteva garantire il rispetto Mola, che riceve infine l’autorizzazione da parte della tempistica fissata al 31 dicemdella Asl di Taranto. Il 22 dicembre bre 2008, motivazione che, tradotta, 2011 l’assessore Vincenzo Chiarelli, suona all’incirca così: “è una bomba “una bomba interrompendo un Consiglio comunaradioattiva che non siamo in grado le, avverte che manca il parere finale radioattiva dei Vigili del Fuoco, prima dell’apdi disinnescare”. Il primo finanziamento sfuma. che non si provazione del progetto definitivo, e annuncia che a gennaio del 2012 ci vuole Ma quel deposito non è idoneo e nel sarà il bando di gara per l’affidamencorso degli anni la situazione si agdisinnescare” to delle operazioni di caratterizzaziograva a causa del deterioramento dei ne e successiva bonifica. fusti. Solo nell’aprile 2011 il Comune di Statte affida allo studio associato RomaLa vicenda non passa inosservata, tanto che nazzi-Boscia l’incarico di elaborare il progetto la Commissione parlamentare d’inchiesta sulesecutivo per la caratterizzazione dei rifiuti e di le attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, coordinare in fase di esecuzione la successiva nella relazione del 18 dicembre 2012, approvata bonifica, al costo lordo di oltre 50 mila euro. all’unanimità, riporta: ”Dalla stampa locale e Il contratto di appalto viene sottoscritto il 16 dai siti delle associazioni ambientaliste attive maggio 2011, ma si verifica un nuovo intoppo: nella zona traspaiono chiaramente le condizioni manca la nomina dell’esperto in radioproteziodi pressione in cui si trova l’amministrazione 12
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Foto di Daniela Spera
comunale, alla quale vengono richiesti passi con determinazione n. 270/2012 all’operatore concreti per la bonifica del deposito Cemerad, e economico Gesteco spa (con sede in Povoletto la caratterizzazione dei rifiuti, di cui si parla da Udine Via Pramollo,6 frazione Grions del Tordiverso tempo, è attesa come un passo concrere), all’esito di procedura aperta con il criterio to e decisivo.” Nel corso dell’inchiesta, il primo dell’offerta economicamente più vantaggiosa agosto 2012, viene anche convocato in audizio(n.1 offerta), l’appalto di realizzazione dei lavori ne il sindaco di Statte Angelo Miccoli di caratterizzazione chimica e fisica che rassicura sull’avvio imminente del sito ex Cemerad in Statte per l’ della fase di caratterizzazione dei “il degrado importo di Euro 1.191.515,52 al lordo rifiuti stoccati nel deposito, poiché dell’ iva’. Responsabile unico del in cui specifica - il bando di gara è in fase procedimento è l’ingegnere Mauro di assegnazione. Intanto la Provincia De Molfetta, funzionario del Comune versa il di Taranto stanzia 1,5 milioni di euro di Statte. La svolta sembra definitiva capannone per la caratterizzazione del matequando nuovamente cala il silenzio, riale radioattivo ma in seguito ad preoccupa” per circa un anno. Il sindaco di Statuna ispezione dei Nas e dell’Ispra si te Angelo Miccoli tace, non si prodecide di modificare la procedura a nuncia pubblicamente sull’esito dei causa della preoccupante condizione di degrado lavori commissionati. in cui versano sia il capannone sia i fusti stoccati all’interno. L’anno 2012 scorre rapidamente. Ma a farci intuire cosa sta accadendo è una Ora è questione di tempo, se non si agisce in nota diffusa il 10 dicembre 2014 da Alessandro fretta c’è il rischio di perdere i finanziamenti. Bratti, presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite nel ciclo Solo il 15 maggio 2013 viene sottoscritto il condei rifiuti: “La situazione in cui versa il sito a tratto tra Comune di Statte e Gesteco che dovrà Statte (TA) dell’ex deposito rifiuti della occuparsi dei lavori di caratterizzazione chimica Cemerad, dove sono ancora oggi stoccati mie fisica del sito ex Cemerad entro 364 giorni gliaia di fusti, molti dei quali radioattivi è seriaconsecutivi dalla data del verbale di consegna mente preoccupante, non solo per le condizioni dei lavori. Si legge, infatti, in Gazzetta Ufficiale, oggettive del deposito, inadeguato struttu(GU 5a Serie Speciale - Contratti Pubblici n.56 ralmente a contenere rifiuti speciali e privo di del 15-5-2013) il seguente esito di gara: ‘Si rende efficaci difese sia contro agenti meteorologici noto che il Comune di Statte ha aggiudicato esterni sia contro eventuali malintenzionati, ma
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soprattutto per la disparità tra le risorse finanziarie e di competenza specialistica disponibili e quelle invece necessarie per intervenire”. La nota si riferisce a quanto inoltrato dal Prefetto di Taranto al Ministero dell’Ambiente: una relazione, fatta pervenire dal Comune di Statte, recante i quadri economici di due ipotesi alternative di intervento. Secondo l’informativa, esistono due modalità con cui procedere: nell’ipotesi di caratterizzazione dei fusti in loco e successivo smaltimento dei rifiuti speciali non radioattivi, i costi ammontano a 5 milioni e 125 mila euro, nell’ipotesi dell’allontanamento di tutti i fusti con successiva bonifica e avvio dello smaltimento il conto è di 9 milioni e 24.600 euro. Cifre ben diverse rispetto a quelle previste nel contratto con la Gesteco, che nel frattempo esce silenziosamente fuori dalla scena senza alcun chiarimento da parte dell’ amministrazione locale circa la destinazione del finanziamento stanziato dalla Provincia di Taranto. Commissione europea vs Governo A questo punto il Governo non può più ignorare un problema che rischia di esplodere anche a livello europeo. La Commissione europea infatti attende da tempo il programma nazionale di gestione delle scorie nucleari e dei rifiuti radioattivi, che doveva essere pronto già entro la fine del 2014, per poi essere applicato mediante un decreto del Presidente del Consiglio. Ma l’Italia è ancora in alto mare e il rischio di una procedura d’infrazione è reale. La reazione è immediata. Il 5 gennaio 2015 il governo emana il decreto n.1 recante: “Disposizioni urgenti per l’esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della città e dell’area di Taranto.” Il decreto contiene una serie di norme finalizzate al ‘salvataggio’ dell’azienda siderurgica ma, nella sua conversione in legge (Legge n. 20/15 del 4 marzo 2015) spunta, all’art. 3, dopo il comma 5, il 5-bis che recita: “Ai fini della messa in sicurezza e gestione dei rifiuti radioattivi in deposito nell’area ex Cemerad ricadente nel comune di Statte, in provincia di Taranto, sono destinati fino a dieci milioni di euro a valere sulle risorse disponibili sulla contabilità speciale aperta ai sensi dell’articolo 1, comma 4, del decreto-legge 7 agosto 2012, n. 129, convertito dalla legge 4 ottobre 2012, n. 14
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171.’’ Con un ulteriore decreto - e si spera sia l’ultimo -, il 19 novembre 2015, il Governo nomina la dottoressa Vera Corbelli come commissario straordinario per la messa in sicurezza e la gestione dei rifiuti pericolosi e radioattivi del deposito ex Cemerad. Con lo stesso decreto il governo riconosce ai lavori di bonifica del sito ‘carattere d’interesse nazionale’. Sì, perché dalle indagini conoscitive effettuate sulla base di quanto riportato sulle etichette dei fusti e nella documentazione allegata, sarebbero ancora 3.344 i fusti contenenti rifiuti radioattivi di ogni genere e provenienza. Si passa dagli scarti derivanti da attività sanitarie - ospedali e cliniche pubbliche e private, laboratori RIA - a fusti contenenti sorgenti radioattive di materiali quali parafulmini, rivelatori di fumo, sorgenti di taratura, fili di Iridio, vetrino con Uranio naturale. Ma non è tutto. Nel capannone degli ‘orrori’ sono almeno 57 i fusti che contengono materiale contaminato in seguito al disastro nucleare di Chernobyl. Nel complesso il materiale radioattivo stoccato è costituito da radioisotopi dalla stabilità impressionante: U-238 (4,5x109 anni), Ra-226 (1600 anni), Am-241 (458 anni), Cs-137 (30 anni). Mentre sono oltre 379 mila i chilogrammi di radiorifiuti, radioattivi e decaduti, da smantellare. Il commissario straordinario Vera Corbelli assicura che presto partiranno i lavori. Nel frattempo molti cittadini di Statte hanno costituito un comitato spontaneo con l’obiettivo di impedire la costruzione di un nuovo deposito dove trasferire i rifiuti radioattivi, possibilità affatto remota. Il progetto, infatti, esiste già con tanto di area deposito, laboratori e uffici ed è stato commissionato dal Comune di Statte che il 18 febbraio 2015 si è riunito in conferenza dei servizi per la sua approvazione. A chi sarà affidato il progetto? L’ipotesi più accreditata è che sarà Sogin ad occuparsene, la società di Stato che ha anche il compito di localizzare, realizzare e gestire il deposito delle scorie nucleari e dei rifiuti radioattivi di tutta Italia. Ed è sempre Sogin a dover fornire ad Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) la proposta di Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Ido-
nee. Ottenuto l’ok da parte di Ispra e del Ministero dell’Ambiente la fase successiva prevede la consultazione pubblica. Così non è accaduto. Sembra, infatti, che il sito sia stato già scelto senza previa consultazione, in violazione delFONTI ARTICOLO http://www.camera.it/_dati/leg16/lavori/documentiparlamentari/ indiceetesti/023/015/d000r.htm https://legamionicicontroinquinamento.wordpress.com/?s=cemerad http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2014/03/italia-il-giallo-delle-scorie-nucleari.html http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2016/01/in-puglia-il-deposito-nazionale-di.html
la convenzione di Aarhus. Si tratta della Fossa Bradanica, in Puglia, che, come anche specificato sul sito della Regione, è un ‘territorio lievemente ondulato scavato dal Bradano e dai suoi affluenti, caratterizzato da un paesaggio fortemente omogeneo di dolci colline con suoli alluvionali profondi e argillosi’, dunque per nulla idoneo come sito di deposito nazionale. Il timore è che a Statte venga comunque costruito un nuovo deposito ‘parcheggio’ di rifiuti radioattivi. Per questo, vuole vederci chiaro il comitato ‘Vocchiaro-Sabatini’, dal nome delle contrade di Statte dove ci sono famiglie che vivono ormai da anni con un misuratore di radioattività a portata di mano.
Statte, le pecore e la diossina Nel dicembre 2008 vengono portate al macello circa 1600 pecore allevate in 8 masserie situate tra Taranto e Statte. Nelle loro carni risultano valori di diossina oltre i limiti consentiti dalla legge. Nel 2010 la Procura di Taranto, dopo aver acquisito numerose denunce da parte di associazioni e allevatori, chiede al giudice Patrizia Todisco di avviare un incidente probatorio nello stabilimento Ilva di Taranto. Vengono nominati periti chimici e successivamente periti epidemiologi con l’incarico di produrre due perizie. Le ipotesi di reato sono: disastro ambientale doloso e colposo, getto e sversamento pericoloso di cose, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici. Nel 2012 la perizia chimico-ambientale conferma le responsabilità dello stabilimento nella gestione degli impianti e la provenienza della diossina che ha contaminato gli allevamenti. La perizia epidemiologica di supporto conclude che a causa dell’esposizione continuata agli agenti inquinanti prodotti dallo stabilimento Ilva si sono verificate, e ancora si verificano, fenomeni degenerativi a carico di diversi organi che portano casi di malattia e morte nella popolazione tarantina. Parte degli impianti dell’area a caldo (quella più inquinante) viene sequestrata e da questo momento in poi il governo interviene con una serie di leggi ad hoc per il ‘salvataggio’ dell’azienda. Con l’ultimo decreto, l’Ilva sarà ceduta al privato. I risultati delle perizia, unitamente ad un secondo filone di indagini, riguardante responsabilità politiche, che nel frattempo si conclude, confluisce nel maxi-processo ‘Ambiente Svenduto’. In tutto sono 51 gli imputati e oltre 1000 le costituzioni di parte civile. Il processo è ancora in corso. E lo stiamo seguendo per voi. marzo 2016 / Terre di Frontiera
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Dieselgate
L’isola infelice
Italia e Francia sono gli unici due Stati membri dell’Unione a non aver risposto alla richiesta di informazioni connesse al Dieselgate da parte della Commissione europea. A rilevarlo è l’agenzia Reuters che ha consultato fonti dell’esecutivo comunitario incaricate di indagare sulle violazioni delle norme sulle emissioni delle auto dopo lo scandalo Volkswagen. Travolta da prove schiaccianti, l’azienda tedesca ha ammesso lo scorso autunno di aver utilizzato un software vietato per mascherare le emissioni di ossidi di azoto e – in Europa – anche della CO2. Scoperta dalle autorità statunitensi, la frode ora rischia di costarle decine di miliardi. Del Dieselgate si è occupata anche la trasmissione televisiva Presadiretta (RaiTre), nella puntata andata in onda il 14 febbraio 2016.
Peacelink e Cova Contro hanno inviato alla Commissione Europea una lettera riguardante i diffusi problemi ambientali riguardanti il territorio della Basilicata. Le due associazioni denunciano che su un’area di neanche 10 mila chilometri quadrati si concentrano impianti per il trattamento del nucleare in via di dismissione (l’Itrec Trisaia di Rotondella), unitamente a discariche, cementifici, Siti di interesse nazionale (Tito e Val Basento), centinaia di pozzi petroliferi perforati, due Centri olio in funzione ed un terzo - quello di Tempa Rossa, a Corleto Perticara - in fase di realizzazione. Al Commissario Ue all’Ambiente, Karmenu Vella, viene sollecitata una immediata indagine volta a far luce sugli impatti derivanti da queste attività.
Fonte: www.rinnovabili.it
Fonte: www.olambientalista.it
No Triv
Sì Triv
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha firmato il decreto che conferma il referendum sulle attività petrolifere a mare - entro le 12 miglia dalla costa - per i titoli abilitativi già rilasciati. I cittadini, pertanto, saranno chiamati ad esprimersi il 17 aprile 2016. Ecco il quesito approvato: ‘Volete voi che sia abrogato l’art.6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art.1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?
“Ci sono tanti ambientalisti a senso unico. La nostra risorsa sono il mare e le spiagge, viviamo di queste e sappiamo perfettamente quanto siano importanti, ma non per questo sono contrario alle trivellazioni. Non è la paura di un incidente che può fermarci nell’andare avanti nelle cose”, dice il sindaco di Pozzallo (Ragusa), Luigi Ammatuna. Favorevole anche il vicesindaco di Ravenna, Giannantonio Mingozzi: “Le nuove tecnologie realizzate in questi anni rappresentano un’eccellenza. È democrazia poter dire che le nostre risorse energetiche vanno utilizzate al meglio perché l’alternativa delle energie rinnovabili è ben lungi dal soddisfare la domanda energetica del nostro Paese. […] Non si può affidare a un sì o a un no il futuro di parte dell’economia ravennate e di tante imprese.”
Fonte: www.rinnovabili.it
Fonte: www.e-gazzette.it marzo 2016 / Terre di Frontiera
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Rinnovabili ed efficienza
Zone umide
Generazione distribuita, rinnovabili, sviluppo dell’efficienza energetica, oramai non sono più una minaccia ma rappresentano un’opportunità per le utilities italiane ed europee. Le imprese hanno metabolizzato i cambiamenti in atto e stanno adottando strategie di successo per aggredire un mercato sicuramente diverso dal passato ma in netta ripresa. Queste le principali indicazioni che emergono dagli studi Agici sulle utilities leader in Italia e in Europa, studi realizzati nell’ambito dell’Osservatorio sulle Alleanze e le Strategie nel Mercato Pan-Europeo delle Utilities giunto alla sua XVI edizione. In Italia, dopo un periodo post-crisi finanziaria globale che ha portato molte aziende a registrare pesanti perdite, finalmente nel 2015 quasi tutti i player sono tornati in utile.
Cento milioni di ettari: a tanto ammontano le aree designate dalla Convenzione Ramsar (firmata da 169 Paesi) che ha il compito di salvaguardare le zone umide. Si sono appena aggiunti, infatti, sette nuovi siti in Zimbabwe, una designazione fortemente voluta e sostenuta dal Wwf: tra le aree ‘new-entry” figurano le Cascate Vittoria, la più grande cascata del mondo, e il sito di Monavale Vlei un’importantissima zona umida che si estende in ambiente urbano. Le zone umide sono gli ecosistemi con la più alta biodiversità sulla Terra. In Italia, ad esempio, quasi il 50% delle specie di uccelli presenti sono legate alle zone umide e agiscono come giganti spugne giganti in grado di assorbire l’acqua delle precipitazioni, immagazzinandola e restituendola nel tempo.
Fonte: www.qualenergia.it
Fonte: www.greenreport.it
Energia solare e cavalli
Ladri di paesaggio
Beni per 7 milioni di euro, cinque società che operavano nei settori dell’energia solare, delle costruzioni e dei cavalli. Sono stati sequestrati dalla Direzione investigativa antimafia di Catania ad un imprenditore ritenuto vicino al clan Nardo, egemone nella zona di Lentini. Il Tribunale di Siracusa ha accolto la proposta della Dda catanese, facendo scattare i sigilli e cinque società operanti nel settore della progettazione, costruzione e montaggio di carpenteria metallica e nella produzione di energia solare. Sigilli anche ad un’azienda operante nel settore delle corse dei cavalli, ad una villa di lusso e a rapporti finanziari e appezzamenti di terra.
A parecchi mesi dall’approvazione della Legge n.10/2013 su “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani”, sono ancora molte le lacune sull’applicazione delle disposizioni per la salvaguardia degli alberi monumentali. E intanto, specialmente al Sud, vengono depredati veri e propri “tesori” del paesaggio: ulivi secolari, querce, muretti a secco, trulli, scogli di granito, terra rossa. Le regioni più colpite sono Puglia, Calabria, Sardegna, Sicilia, Campania. Per ‘albero monumentale’ s’intende “l’albero ad alto fusto isolato o facente parte di formazioni boschive naturali o artificiali ovunque ubicate ovvero l’albero secolare tipico, che possono essere considerati come rari esempi di maestosità e longevità […]”.
Fonte: www.siracusaoggi.it
Fonte: www.salviamoilpaesaggio.it
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Racconti fossili Gela profonda
Il miraggio industriale Il petrolchimico e le malformazioni L’intervista del mese Una storia lunga un cloro-soda
Il miraggio industriale La nascita del polo petrolchimico nella Piana di Gela, una delle aree più depresse del Paese, da speranza economica ad illusione e forti impatti ambientali. Tra inchieste giudiziarie e studi epidemiologici @pietrodommarco
L’area industriale di Gela / Foto di Civa61 / Wikimedia Commons
di Pietro Dommarco
Quando agli inizi degli anni Sessanta Enrico Mattei - commissario liquidatore e vice-presidente dell’Agip prima, fondatore e presidente dell’Eni poi - pose le basi per la nascita del polo petrolchimico di Gela, fin da subito sembrò di essere di fronte ad una vera e propria rivoluzione economica e sociale per una delle aree più depresse del nostro Paese. Fu così per lungo tempo. Ma l’eredità che l’industria di Stato ha lasciato ai gelesi ha un sapore amaro. Siamo in provincia di Caltanissetta, sulla costa meridionale della Sicilia, in località Piana del Signore. Anche se a volte si ha l’impressione 20
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che qui il Signore non sia mai passato. Su Gela una città di poco più di 76 mila abitanti - capita di non vedere il sole, nonostante la posizione aperta sul Mediterraneo. Il polo petrolchimico, entrato in funzione nel 1962, e la Raffineria - dal 2003 passata di mano da Agip Petroli a Raffineria di Gela srl, in seguito divenuta spa - occupano un’area di 5 chilometri quadrati. Una vera e propria città nella città. Nel corso degli anni si è passati da una capacità di lavorazione di 3 milioni di tonnellate all’anno di greggio a 5 milioni. Fino alla quasi totale dismissione degli impianti e al progetto di riconversione in bio-raffineria. Il territorio di Gela - nel 1990
sa e quali siano le misure di risanamento e di tutela adottate.” I periti evidenziano la presenza contaminante di oli minerali ed idrocarburi totali. In particolare, stimano che “la massa di olio presente nel sottosuolo in 54 mila metri cubi, e ipotizzando un contenuto di benzene La ricostruzione dei fatti, nell’olio di 0,01 per cento, stima molto per tra indagini e autorizzazioni difetto, nel sottosuolo si troverebbero attualTra il 2000 e il 2014 sono state 20 le Conferenze mente almeno 5,4 metri cubi di benzene pari a dei servizi indette dal ministero dell’Ambiente 4.700 chilogrammi equivalenti a 4.741.000 gramin merito ai progetti di messa in sicurezza di mi, teoricamente in grado di contaminare 4.741 emergenza delle matrici ambientali contamina- miliardi di litri di acqua; questo volume d’acqua te (suoli, acque di falda, area marino-costiera) è maggiore di quello che mediamente il fiume e bonifica. Il 13 novembre del 2000 vengono Po scarica nell’Adriatico in un intero mese.” Ed approvati i piani di caratterizzazione, presentati aggiungono che la presenza di queste sostanze dalle aziende il 30 marzo. Le società Agip Petroli sia certamente da attribuire alle attività dell’inspa, Agricoltura spa, Polimeri Europa sediamento petrolchimico, dove venspa, Enichem spa, Isaf spa, Eni-Divigono preparati e stoccati i derivati “nel 2003 sione Agip dichiarano che non ritendei prodotti petroliferi. Il problema gono di dover partecipare allo stato sembra derivare da una quindicina di il Gip delle procedure di bonifica avviate serbatoi di stoccaggio. dispone il dal ministero stesso. La Conferenza dei servizi ritiene che, comunque, sequestro Il 3 novembre del 2003 il Giudice per resta fermo l’obbligo di provvedere le indagini preliminari dispone il dei serbatoi” sequestro dei serbatoi. Il 17 novemagli interventi di messa in sicurezza d’emergenza necessari per garantire bre lo stesso Gip nomina un Collegio la tutela della salute e dell’ambienperitale che deve identificare se te, su poco più di 10 mila ettari inquinati, tra questi serbatoi perdono sostanze che vanno ad terra e mare, da benzene, composti clorurati inquinare le matrici ambientali. La perdita viene cancerogeni, ammoniaca, PCB e metalli pesanti. certificata. Che potrebbero aumentare se dovesse essere completato l’ampliamento dell’attuale perimeNel 2005 si concludono le prime indagini trazione del SIN. Infatti, tre Conferenze di servi- C’è un solo rinvio a giudizio. I reati contestati zi svoltesi tra il 2007 e il 2008 evidenziarono la riguardano la violazione di norme ambientali in necessità di includere nel programma di intertema di inquinamento delle acque e dei suoli e vento urgente anche 80 postazioni di estrazione possibile smaltimento di rifiuti non autorizzadi greggio (appartenenti al campo petrolifero to. Nel 2009 la Procura di Gela nomina un altro scoperto dall’Agip negli anni Sessanta), i centri perito con il compito di controllare lo stato dei di raccolta oli di competenza Enimed, l’ex disca- servizi di manutenzione dei serbatoi, che derica Cipolla di contrada Marabusca (interventi in vono essere dotati di doppio fondo. Nel 2010 corso di esecuzione) e il Consorzio per l’Area di il processo si conclude con l’assoluzione per Sviluppo Industriale di Gela. prescrizione. dichiarato ad elevato rischio di crisi ambientale - fa parte dei 57 Siti di Interesse Nazionale (SIN). La perimetrazione ufficiale è avvenuta con decreto del ministero dell’Ambiente del 10 gennaio 2000.
Nel 2002 sulle attività della raffineria posa gli occhi la Procura della Repubblica di Gela. E nomina tre periti incaricandoli di accertare “quale sia la qualità delle acque sotterranee presenti nell’area dello stabilimento petrolchimico Agip petroli spa […] e nelle sue adiacenze. Nel caso che risultino contaminate, quale ne sia la cau-
Alla fine del 2012, anno in cui la raffineria ottiene la prima Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), la Procura entra in scena con nuove indagini, che sono ancora in corso. Come le opere di bonifica finora condotte che - come dichiara Eni - sono parzialmente concluse, per un investimento complessivo di circa 38 milioni marzo 2016 / Terre di Frontiera
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Aree pubbliche e private del Sito di Interesse Nazionale di Gela
Il petrolchimico / Foto di Valerio De Carlo / Wikimedia Commons
di euro sulle aree private di competenza. Sulle aree pubbliche, invece, è intervenuto lo Stato confermando i 20 milioni di euro già impegnati 21 anni fa, di cui solo 5 milioni già spesi. Mentre le attività della raffineria sono quasi ferme - con il petrolchimico di fatto chiuso e lavoratori in cassa integrazione - dovrebbero arrivare a breve le autorizzazioni per attuare la riconversione della raffineria in bio-raffineria, secondo il Protocollo d’intesa del 2014 firmato tra ministero dello Sviluppo economico, enti locali, società e sindacati. Per un rilancio da 2,2 miliardi di euro di investimenti.
Lo Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento Come riporta il progetto Sentieri dell’Istituto Superiore di Sanità, per quanto riguarda il SIN di Gela sono state effettuate diverse indagini. L’ultima, con dati per il solo Comune di Gela, riporta sia dati sulla mortalità dal 1995 al 2000, sia dati sui ricoveri ospedalieri dal 2001 al 2003. I periodi di riferimento sono sovrapponibili con lo studio Sentieri, che riporta differenti eccessi di mortalità per cause tumorali, in particolare tra gli uomini. “Per gli eccessi osservati a Gela è probabile 22
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Le aree pubbliche da bonificare comprese nel perimetro del SIN Gela - come ricostruito dall’Associazione italiana di epidemiologia, sulla rivista “Epidemiologia & Prevenzione” - sono il Biviere di Gela (Zona Ramsar, Riserva Naturale Orientata); i tratti terminali dei torrenti Gattano, Acate e del fiume Gela; la discarica Cipolla; le aree costiere e tratto di mare, a rischio radioattività, interessate dalla presenza di fosfogessi. La produzione di acido fosforico e acido solforico è attribuibile alla Isaf, proprietaria anche della discarica di fosfogessi ubicata a circa 4 chilometri dell’abitato di Gela. La discarica ha una superficie di 55 ettari. Dagli anni Cinquanta fino agli anni Ottanta, è stato accertato che parte dei fosfogessi prodotti venivano sversati direttamente in mare. Il quantitativo di fosfogessi sversati nell’area marina antistante il polo petrolchimico è stimabile in circa 5 milioni di tonnellate. Nelle aree private, invece, operavano od operano Syndial spa (ex Agricoltura spa, ex Enichem), Eni Mediterranea Idrocarburi spa, Raffineria di Gela spa, Isaf spa (Industria siciliana acido fosforico), Polimeri Europa spa (ex Enichem).
che i fattori di rischio siano riconducibili all’attività lavorativa; tuttavia gli eccessi riscontrati nelle donne fanno ipotizzare un ruolo eziologico degli inquinanti ambientali (...). Questo studio ha evidenziato una serie di patologie in eccesso - tumore del polmone, disturbi cardiovascolari e respiratori, asma nei bambini, malattie renali - per le quali è indispensabile un accurato monitoraggio epidemiologico che includa l’analisi della contaminazione dell’aria, del suolo, delle acque e della catena alimentare”. Una luce è stata accesa anche sui casi di malformazioni neonatali: “La prevalenza alla nascita di ipospadie è risultata tra le più elevate mai riportate in letteratura.” […] “Per le ipospadie e il totale delle malformazioni (...) sono
Il petrolchimico e le malformazioni
Esiste un legame tra le attività industriali svolte nel polo petrolchimico gelese ed alcune patologie croniche e non ereditarie che da decenni colpiscono soprattutto i neonati? di Emma Barbaro
Le malformazioni congenite registrate a Gela sono ascrivibili, sotto il profilo causale, agli inquinanti industriali derivati dalla presenza ed operatività degli impianti attivi e dismessi della RaGe (Raffineria Gela), Syndial spa (ex Agricoltura spa, ex Enichem) ed Eni spa? Esiste un nesso di causalità che leghi indissolubilmente sotto il profilo qualitativo, modale, cronologico e topografico quelle patologie croniche e non ereditarie all’attività continuativa svolta dal gruppo Eni sul territorio gelese? I sette periti incaricati dall’ex Presidente del Tribunale di Gela, Alberto Leone, sono stati chiamati a rispondere ad un quesito che non può esaurirsi nel momento stesso in cui lo si formula. Il germe del sospetto si è insinuato in una comunità che, per oltre cinquant’anni, ha convissuto con la raffineria e tutto ciò che ha rappresentato: il miraggio dello
risultati forti eccessi di rischio per i consumatori di pesce, frutta e verdura se acquistati da venditori ambulanti o pescati/prodotti in proprio (...). Nonostante i limiti dell’indagine, i risultati conseguiti rappresentano un segnale di preoccupazione a carico della catena alimentare e dei possibili effetti sulla salute”. A seguito dell’aggiornamento delle indagini condotte nelle aree comprese nel SIN di Gela, l’Istituto Superiore della Sanità ha dichiarato urgente l’identificazione delle sorgenti di esposizione ambientale e la definizione del contributo delle emissioni in aria dell’industria petrolchimica.
sviluppo condizionato dalla fame di lavoro. Oggi, pensare al petrolchimico come all’ago attraverso cui sono stati iniettati nell’ambiente mutageni e teratogeni tali da produrre malformazioni congenite e non ereditarie, fa un certo effetto. A prendere il sopravvento è la fame di giustizia. La storia del procedimento sulle malformazioni neonatali non è unidirezionale È come un solido fusto sui cui hanno iniziato ad innestarsi, volta per volta, una serie di lunghe ramificazioni fatte di esami, inchieste, sopralluoghi, perizie e controperizie. I sei membri iniziali del Collegio scelgono di prendere in esame comparti specifici della RaGe. Vengono analizzati impianti primari della raffineria come quelli di Coking (1 e 2) e Fluid Catalytic Cracking (FCC). Vengono scandagliate anche strutture attinenti alla chimica di base come l’impianto di cloro-soda, quello di trattamento delle acque di scarico (TAS) e il biologico industriale, adibiti alla depurazione delle acque industriali, nonché la centrale termoelettrica per la produzione di facilities. Vapore ed energia elettrica. Per ciascuno degli impianti analizzati è stata redatta una relazione a parte, formulata su precisi monitoraggi e dati: quelli dell’Eni. Da ognuna di quelle strutture sono stati individuati e separati inquinanti riconosciuti come interferenti endocrini o potenzialmente tali. Cambiamenti nel Ctu Il 5 febbraio 2015 il Collegio dei Ctu - dopo le dimissioni del professor Francesco Patania - viene integrato di altri due membri scelti sulla base marzo 2016 / Terre di Frontiera
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di competenze tecnico-scientifiche inoppugnabili: entrano in scena i docenti Benedetto De Vivo e Alessandro Bacaloni. Il primo - ordinario di Geochimica Ambientale presso l’Università Federico II di Napoli - con una lunga competenza alle spalle in materia di bonifica di ex siti industriali; il secondo, professore associato presso il dipartimento di Chimica dell’Università La Sapienza di Roma.
di euro per andare incontro alle esigenze dei lavoratori rimasti esclusi dal ciclo produttivo. L’Eni ha già risposto. Tramite i suoi legali ha fatto sapere che qualora il ricorso fosse accolto, potrebbe compromettere, non solo la possibilità di rispettare il protocollo d’intesa e gli oltre due miliardi di euro di investimenti per il sito di Gela, ma persino la permanenza della multinazionale nell’area. Il braccio di ferro è solo all’inizio.
Il 10 luglio la perizia formulata dal Collegio dei sette entra material“la comunità Ricostruendo il caso Gela ci siamo mente a far parte degli atti del trovati di fronte a malformazioni, combatte procedimento. Trentuno le relazioni richieste di risarcimento danni midepositate, dodici i casi di malforper il diritto lionarie, bonifiche e la plausibile mazioni riguardanti i bambini, più di riconduzione a ipotesi di disastro alla dodicimila le pagine su cui verteranambientale. Ma cosa sostiene efno le prossime udienze del processo fettivamente la perizia tecnica? salute” guidato dal giudice Valentina Balbo. Parla, come pure si è scritto di una Tale è la portata della relazione di causalità manifesta? Lo abbiamo consulenza tecnica depositata dai membri del chiesto a chi, su quella documentazione, ha Ctu che quello stesso documento, oggi, è asse stilato l’analisi di rischio. Il professor Beneportante del ricorso cautelativo d’urgenza predetto De Vivo non può, per la natura della casentato da oltre 500 cittadini gelesi per danno rica peritale a cui è stato chiamato, farsi trada inquinamento ambientale. Gela chiede il sportare dalla rabbia e la frustrazione di una sequestro degli impianti del petrolchimico, un rinata comunità che combatte per affermare indennizzo per danni morali ed esistenziali, la il proprio diritto alla salute. Deve attenersi ai sospensione di nuove trivellazioni e, sopratfatti. E i fatti dicono che la partita si gioca su tutto, le bonifiche. Il Comune, da parte sua, una multifattorialità ambientale manifesta e non solo aderisce alle istanze dei ricorrenti ma un nesso di causalità con le attività svolte dalla esige lo stanziamento di un fondo di 80 milioni RaGe fragile e sottile come un capello.
L’intervista di Emma Barbaro
Professor De Vivo, lei viene nominato membro del Collegio dei Ctu solo una manciata di mesi prima che la relazione fosse effettivamente depositata. Qual è stato il suo contributo, in termini scientifici, alla redazione della perizia? Sì, in effetti sono arrivato in questo Collegio solo negli ultimi mesi quando il lavoro era stato in buona parte già svolto. Uno dei componenti del Collegio si era dimesso e il Tribunale di Gela 24
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era alla ricerca di un sostituto. Contemporaneamente è venuto fuori anche l’incarico di Ctu per il procedimento penale inerente alla RaGe. Per quanto riguarda le analisi chimiche non sono state prodotte misurazioni ex novo. Mi sono basato sui dati già in possesso del Collegio che vertono sulle documentazioni delle emissioni di inquinanti già disponibili e depositate agli atti del procedimento. Sulla base di quei dati è stata stilata l’analisi di rischio.
Mi perdoni, dunque non sono stati effettuati studi ex novo? In termini di rilevamento di contaminazioni no. Per le mie analisi mi sono basato sui dati già in possesso del Collegio, come ho specificato.
di certo il campo che produce pomodori e broccoli.
Lei però sostiene che tutto dipende dalla bontà del dato di partenza. Dunque avete ritenuto affidabili i dati Eni… Sui dati Eni? Personalmente, come ho specificato, non avevo Esatto. Sulla base dei dati Eni è la possibilità materiale in un mese di stata redatta un’analisi di rischio. poter effettuare analisi che, nel caso Questa analisi si compone di della raffineria, avrebbero richiesto “sui suoli un’ottima conoscenza della sialmeno qualche anno. Sostanzialmensuperamento te il mio ruolo consisteva nel ‘validare’ tuazione ambientale e di tutti gli elementi presenti nell’ambiente e quanto era stato fatto nel periodo predelle soglie nelle varie matrici. Tutto dipende cedente alla mia nomina dal Collegio fino a un po’ dalla bontà del dato di pardi Ctu. A me è stato messo a dispositenza: se il dato mi dice che non un file che riportava essenzialquattro volte” zione c’è inquinamento, l’analisi che viemente i dati di emissione della RaGe. ne fuori indica assenza di rischio. Si trattava di dati risultanti da misure e stime su ciascuno dei comparti industriali E a Gela cosa raccontano i dati Eni? Anche in analizzati. Non sarebbe stato possibile effettuaquesto caso il rischio non è ammissibile? re misurazioni ex novo, sia da me che da parte Nel caso Gela, pur volendo, non avrei avuto il del professor Bacaloni, in quanto siamo intervetempo materiale per produrre dati miei e ho nuti quando i tempi per depositare la relazione utilizzato quelli forniti dal Collegio di Ctu. Siaerano praticamente quasi scaduti. mo partiti dai riferimenti dell’Eni stessa e dai suoi dati. Non ho fatto nuove analisi di caratte- Quali sono i contaminanti che sforano i parare chimico. Da quella analisi è venuto fuori che metri legislativi? c’è un rischio non ammissibile per alcuni dei Principalmente arsenico, mercurio, benzene, contaminanti riportati dall’Eni. cloruro di vinile e dicloretano provenienti da caratterizzazioni effettuate all’interno dell’area Questo dimostra che c’è un nesso di causalità SIN di Gela. Sui suoli, per quanto concerne i tra questo rischio non ammissibile e le malcomposti organici, si parla di un superamento formazioni? delle soglie fino a quattro ordini di grandezza. Assolutamente no. Questo tipo di analisi va Nell’acqua si parla di un superamento pari adfatto a livello specifico analizzando caso per dirittura a sette ordini di grandezza. Per altro, in caso, con nuove misure. A stabilire il rapporto letteratura scientifica sono disponibili dati reladi causa effetto deve essere la medicina sulla tivi alla concentrazione di alcuni elementi come base di rilievi specifici. antimonio, piombo, rame e zinco nella polvere stradale dell’area urbana di Gela. Quindi non c’è nesso di causa effetto? Potrebbe essere un dato indiretto. Se abbiamo Ma si può scientificamente affermare che la delle malformazioni X che si manifestano per fonte di quei contaminanti sia la RaGe? Lei effetto di anomalie, e questo accade in prosd’altra parte è anche membro del Collegio simità di un apparato industriale che produce peritale dell’altro procedimento, quello pequei contaminanti, ciò potrebbe essere una nale. In quel caso, ci risulta siano state conplausibile conseguenza. Ma diventa un discorso dotte misurazioni ex novo. Da quelle analisi probabilistico. Può essere, cioè, altamente prosi evince che la sorgente degli inquinanti è la babile che sia stata quell’attività e non un’altra. RaGe? A Gela c’è una raffineria enorme. È evidente che In quel caso, per quanto riguarda i suoli, abbial’eventuale sorgente dei contaminanti non sarà mo effettuato rilievi in tre punti: a monte marzo 2016 / Terre di Frontiera
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dell’area RaGe, al suo interno e a valle. La misurazione di alcuni metalli risultava già alta a monte della raffineria: non si poteva pertanto affermare che quella fosse l’unica sorgente. Però bisogna considerare che quella è un’area circondata da pozzi petroliferi estrattivi. Se isoliamo la raffineria è un conto, se parliamo dell’attività petrolifera e dei sondaggi che possono aver prodotto inquinamento, è un altro. Ma anche i pozzi petroliferi rientrano tra le attività cosiddette ‘antropiche’. Se l’area è altamente caratterizzata dall’estrazione di idrocarburi, è chiaro che quei parametri li riscontro anche all’esterno della RaGe. Dunque l’alterazione di quelle misurazioni non è imputabile alla sola raffineria ma anche alla complessità delle attività estrattive che contornano l’area. Questo discorso vale anche per la contaminazione di arsenico nei suoli? L’arsenico non è forse uno di quei metalloidi di sicura provenienza industriale? Certo. Ma quella serie di metalli e metalloidi nei suoli li abbiamo rilevati anche a monte della RaGe. Mi spiego. Se io a monte non li avessi riscontrati, e poi li avessi invece misurati all’interno e a valle della RaGe, si sarebbe potuto sostenere che la sorgente fosse la raffineria. Se quegli stessi elementi li ritrovo anche a monte della RaGe, è un po’ difficile sostenere la tesi che sia colpa unicamente della raffineria. Il tipo di attività svolto dalla RaGe può assolutamente produrre quel genere di contaminante, ma bisogna comunque andare sullo specifico. Tuttavia l’arsenico è legato in ogni caso alla presenza di idrocarburi nell’area. Ne viene fuori una multifattorialità che può essere ricondotta anche all’attività estrattiva e non solo a quella di raffinazione. Cosa accade se invece quelle stesse concentrazioni di arsenico vengono misurate nell’aria? Beh, se trovo queste concentrazioni di arsenico nell’aria allora è molto più probabile che la sorgente siano le emissioni industriali. In quel caso, è chiaro che il soggetto potenzialmente ‘colpevole’ diventa la RaGe. Ma tutto va dimostrato scientificamente in modo deterministico. Nel caso dell’analisi di rischio, ci esprimiamo in 26
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La posizione ufficiale di Eni sulla questione malformazioni Il tema dell’impatto ambientale dell’attività industriale a Gela è stato oggetto di numerosi accertamenti espletati nell’ambito di procedimenti giudiziari, civili e penali. Tra i vari temi affrontati in tali contesti vi è quello relativo alle malformazioni riscontrate nel tempo tra i bambini nati nella città di Gela e la possibilità che tali patologie possano essere riconducibili in termini di causa-effetto all’impatto ambientale delle attività industriali dello stabilimento di Gela. Ebbene, tutti gli studi finora eseguiti su tale argomento non hanno fornito evidenze scientifiche apprezzabili circa la sussistenza di un tale nesso di causa. Di converso, fin dalla seconda metà degli anni Novanta sono emersi degli indizi concordanti circa il possibile impatto dell’utilizzo dei pesticidi/anticrittogramici nell’agricoltura locale (consulenza tecnica effettuata dai consulenti incaricati dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Gela sulla base dei quali è stata disposta l’archiviazione del procedimento penale n. 344/96 R.G.N.R.). Nel mese di luglio 2015, nell’ambito di un accertamento tecnico stragiudiziale, sono state depositate delle relazioni predisposte da un collegio di consulenti incaricati dal Tribunale di Gela a seguito di un ricorso promosso da alcune famiglie di Gela al fine di accertare nuovamente la sussistenza o meno di tale nesso di causa.
termini di probabilità. Per quanto riguarda le emissioni sono anche stati condotti studi che avrebbero correlato al rilascio di particolari inquinanti la contaminazione delle produzioni agricole e, nel contesto, dell’intera catena alimentare. In questo caso la principale sorgente di contaminazione viene principalmente dall’aria, dall’acqua o dal suolo? Vuol conoscere il mio punto di vista? Certo, mi dica… Si fanno tante battaglie, anche in Campania, per la bonifica dei suoli inquinati. Ma per me il
problema grosso viene dall’aria, non dai suoli. ca in posizione di controllo in Enti di primaria I contaminanti presenti nei suoli al 99 percenimportanza per il Paese? I requisiti ottimali? to non passano nei prodotti agricoli. Discorso Questo è un Paese dove merito e competendiverso è se quel che si trova nei suoli passa ze non esistono, esiste solo l’appartenenza. nella falda. Insomma, bisogna ragionare in terManca la terzietà dei controlli a tutti i livelli. mini di biodisponibilità e non di concentrazioni E questo è un problema politico. Chi dovrebbe totali che si riscontrano nei suoli. Per quanto premiare la competenza? Tanti centri etichetriguarda i metalli, solo circa lo 0.1 tati nelle Università come ‘Centri di percento diviene biodisponibile. Vale Appartenenza’? Andrebbero chiusi a dire che passa dalla matrice soli“la bonifica tout court. Ne viene fuori una cateda (suoli) a quella liquida (acqua di na degenerativa per cui tutti sono perfetta falda). Qual è poi la percentuale che responsabili di tutto ma nessuno è dalla falda si sposta alle radici e da veramente responsabile di niente. E per me queste alle parti edibili delle piante? naturalmente chi “non appartiene” non Ancora di meno. Il grosso dei metalli non è nemmeno “competente”. viene bloccato a livello di apparato esiste” radicale. Sono quindi potenzialmente Alla luce di tutti questi elementi, più a rischio colture tipo ortaggi, ma a Gela è ipotizzabile una bonifica? non gli alberi da frutta. Dall’aria, invece, i conE nel caso in cui questa dovesse aver luogo, taminanti si depositano su foglie e frutti. Potrei dovrebbe riguardare la sola RaGe o anche piantare paradossalmente un frutteto sulla tutta un’altra serie di aree? peggiore delle bonifiche e ottenere comunque Cosa si bonifica? La raffineria? Se partiamo frutta buona. Se il problema è legato all’atmodal presupposto che il grosso degli inquinanti sfera, si genera un effetto di ricaduta al suolo venga da quei camini e le emissioni non siano pertanto le conseguenze sono pressoché imme- adeguate ai parametri fissati dalla legge, è lì diate. Le emissioni monitorate nell’area di Gela che bisogna agire. In sostanza, uno Stato che attengono a scomparti specifici della RaGe. Abdisponga di organi di controllo terzi, dovrebbe biamo valutato se fossero o meno sotto soglia. costringere l’azienda a dotarsi di quelle tecnologie necessarie a contenere le emissioni. ParLa società ha dichiarato di aver ottemperato liamo di investimenti che abbiano come specia tutte le prescrizioni imposte dal Ministero fico oggetto una tecnologia più avanzata, di cui per quanto riguarda i contaminanti. È così? le grosse società dovrebbero essere obbligate a Quali dovrebbero essere in questo caso gli dotarsi pena la chiusura dell’impianto. Si può organi terzi preposti al controllo? fare anche in modo che non si inquini, che non Guardi, questo è un problema tutto italiano. vengano contaminate le matrici ambientali. Nel La regola, qui, è il conflitto d’interesse a tutti caso di Taranto, non si sta dicendo che non si i livelli e in tutti gli organi preposti al monitodebba più produrre acciaio. Semplicemente, non raggio e al controllo. C’è una commistione di bisogna inquinare. Il problema per le aziende è interessi fra politica e scienza incredibile. Cito che dotarsi delle tecnologie avanzate per impeil caso della nomina alla Presidenza dell’Ingv di dire le contaminazioni ambientali costa. Ma si un professore universitario che, nell’atto di nopuò fare. mina, viene definito dal Ministro del MIUR che lo propone come “un ricercatore universitario di Professore, esiste la bonifica perfetta? È posmedio livello”. Lo dice il Ministro, non lo dico io. sibile ripristinare esattamente lo stato dei O potremmo invece citare il Presidente dell’Iluoghi e renderli così com’erano prima delle spra, unico caso di un condannato con sentenza attività antropiche? definitiva in Cassazione che resta ancora in caPer me la bonifica perfetta non esiste. O merica nonostante la condanna. Quali scelte volete glio, costa talmente tanto che bisogna chiederche possano discendere da persone che, con si se l’impresa vale la spesa. Negli Stati Uniti, siffatte premesse, vengono messe dalla politinel 99 percento dei casi, si parla di messe in marzo 2016 / Terre di Frontiera
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Il procedimento civile sulle malformazioni, passo dopo passo Il Collegio dei Ctu composto di sei membri viene nominato il 12 giugno 2013. Il giudice del procedimento è il dott. Alessandro Laurino. A partire dal mese di novembre il giudice sarà la dott.ssa Valentina Balbo. Il Collegio è costituito di tre medici (prof. Pierpaolo Mastroiacovo, prof.ssa Teresa Mattina e dott. Ignazio Morselli) e tre tecnici (dott. Fabrizio Nardo, ing. Alida Cosenza e il prof. Francesco Patania). Viene nominato Presidente del Collegio il prof. Pierpaolo Mastroiacovo. Gli impianti indagati nel corso degli accertamenti peritali sono: Impianto di Coking (1 e 2); Impianto Biologico Industriale; Impianto di Trattamento delle acque di scarico (TAS); Impianto Fluid Catalytic Cracking FCC; Impianto Cloro- Soda; Centrale Termoelettrica (CTE). I periti rilevano la complessità impiantistica intrinseca degli apparati petrolchimici coinvolti e delle facilities integrate. Ma, considerate le tempistiche, il Collegio non riesce ad analizzare altri impianti, pur ritenendoli meritevoli di attenzione. Documentazione disponibile oggetto dell’analisi peritale: dati relativi alle campagne di monitoraggio sui sedimenti marini; relazioni tecniche; rapporto SEBIOMAG (Studio Epidemiologico di Biomonitoraggio nell’Area di Gela); relazioni eco-tossicologiche prodotte dall’Ispra sul territorio gelese; dati relativi agli scarichi nel corpo idrico ricettore (Mar Mediterraneo) e allo stato delle
sicurezza permanenti non di bonifiche. È utopistico pensare di ristabilire esattamente lo stato dei luoghi naturali. Bisogna ipotizzare, prima di porre in essere scriteriati interventi, delle analisi costi-benefici. È molto meglio pensare a monte a destinazioni d’uso dei suoli compatibili sulla base della medesima analisi costi-benefici. Quindi lei ritiene che la bonifica sia un business? L’ambiente, in generale, è il più grande busi28
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discariche dell’area della RaGe; risultanze delle conferenze di servizi; documentazioni prodotte da Enti preposti al controllo e al monitoraggio: Aeronautica Militare, Arpa Sicilia, Provincia di Caltanisetta, Ispra; indagini e studi specifici sulla raffineria e i suoi trentadue comparti; visite mediche dei ricorrenti espletate nel corso del 2012; ricerca bibliografica di studi (medici e chimici) attinenti con il caso in analisi e in ottemperanza al quesito promosso dal Giudice. A corredo della documentazione ottenuta, i periti effettuano dei sopralluoghi: da luglio 2013 a febbraio 2014 si susseguono analisi e perizie di natura strettamente tecnica sugli impianti presi in considerazione. Il 3 dicembre 2013 il prof. Francesco Patania si dimette. Il 18 novembre 2014 il Collegio deposita presso la cancelleria del Tribunale di Gela le relazioni definitive. Il 5 febbraio 2015 l’ex Presidente del Tribunale di Gela, Alberto Leone, integra i membri del Collegio nominando i prof. Benedetto De Vivo e Alessandro Bacaloni. Nella medesima ordinanza il giudice dispone che i membri del Collegio integrato ridiscutano i singoli casi, provvedendo in ogni caso ad esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione. Il 10 luglio 2015 il Collegio dei Consulenti Tecnici d’Ufficio deposita la relazione finale su cui si basa l’intero procedimento.
ness che esista. Le bonifiche lo sono di conseguenza. Bisogna stare attenti quando si parla di bonifiche. Ci sono moltissime associazioni ambientaliste che, in perfetta buona fede, fanno tante battaglie invocando le bonifiche: ma poi nessuno controlla il risultato di quelle operazioni di risanamento ambientale. Perché si invocano le bonifiche in Terra dei Fuochi più sulla base di emozioni che di solidi dati scientifici? Perché chi ha inquinato ora deve proporsi sotto mentite spoglie per occuparsi della bonifica. E così, ci guadagna dieci volte.
La bonifica è ciò che a gran voce viene invocato anche a Gela. Chi dovrebbe pagare? La legge in teoria stabilisce che chi inquina, paga. In questo caso, se la RaGe o una qualsiasi attività collegata determinano l’inquinamento, per legge dovrebbero essere loro a pagare.
contaminante. Capire se bisogna intervenire sui camini, nel caso delle emissioni, o piuttosto sulle falde.
Nel caso di contaminazione delle falde, prenderebbe in ipotesi la bonifica? No, parlerei di messa in sicurezza. Come nel caso di Terra dei Fuochi. “la legge Si può per Gela supportare scientipossibilità, cioè, di individuare la stabilisce in La ficamente e tecnicamente l’ipotesi sorgente e circoscrivere l’area. Poi, di disastro ambientale permanenteoria che a livello di sito specifico, si possono te? creare opere di contenimento intorchi inquina Se il disastro ambientale è correno alle aree inquinate con barriere lato alle sole emissioni, è evidente reattive capaci appunto di bloccare paga” che non possa essere ‘permanenla diffusione dei contaminanti. Vi te’. L’inquinamento cessa nel mosono per esempio argille particolari, mento in cui vengono contenute le emissioni trattate per incrementare anche di mille voldella sorgente inquinante. Se invece facciamo te la capacità naturale di contenimento delle riferimento alle falde, non può essere consisostanze organiche. Si dovrebbe iniziare poi a derato permanente ma ha sicuramente tempi discutere della destinazione d’uso e, dopo un di smaltimento più lunghi. Se si parla di connumero X di anni, si controlla se effettivamente taminanti come diossina, PCB o pesticidi si c’è stata una progressiva decontaminazione. può usare il termine permanente. Non a caso Solo in casi eccezionali, a mio avviso, si può questi inquinanti vengono definiti in letteratura parlare di bonifica. Se volessimo bonificare tutti come POP, vale a dire Persistent Organic Poli siti potenzialmente inquinati d’Italia, certo lutants. Persistenti, perché a livello di attuali non basterebbero i soldi dell’intera Europa. Se conoscenze, non si sa che durata avranno nelle estendessimo il ragionamento a tutto il mondo matrici dove sono dispersi. Tornando a Gela, la industrializzato, ci renderemmo conto che è una necessità è quella di individuare la sorgente del follia.
Una storia lunga un cloro-soda
L’obiettivo, da buon gelese, era quello di poter lavorare nella Raffineria di Gela. Stipendio e continuità lavorativa mi avrebbero permesso di sistemarmi. La ‘chiamata’ non arrivò mai per tutta la durata della mia prima vita di Daniele Esposito Paternò
“Siamo tutti lì, di fianco al mio papone. Sono gli ultimi respiri affannosi e noi tutti vogliamo essergli vicini quando il cuore smetterà di battere.” Le dita sono diventate nere, il respiro è faticoso e angosciante. Alle parole di mia sorella “papà ti vogliamo bene”, le facevamo eco noi. Poi mia madre tra le lacrime, ma con una
voce forte, rassicura la sua metà: “Franco basta soffrire, vai se devi andare, ti vogliamo bene.” Alle parole di mia madre fa seguito l’ultimo respiro di un uomo povero di soldi, ma con un cuore e con degli ideali che pochi hanno. Quell’uomo è mio padre. Quell’uomo è morto dopo una lunga agonia il 16 ottobre 2006, marzo 2016 / Terre di Frontiera
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Il petrolchimico / Foto di Valerio De Carlo / Wikimedia Commons
La nascita del Comitato spontaneo ex lavoratori cloro-soda dicloroetano Il continuo numero di decessi di ex dipendenti del cloro-soda dicloroetano di Gela sconvolse un po’ tutti i cittadini gelesi. La paura tra i colleghi era, ed è tanta. La rabbia pure. Così nel novembre del 2006 venne costituito il Comitato spontaneo ex lavoratori cloro-soda dicloroetano di Gela. Il Comitato sosteneva il movimento pro polo oncologico Il cloro-soda di Gela - reparto ataffinché venisse istituito un reparto “tra gli tivato nel 1971 e poi dismesso nel di Radioterapia a Gela, e porre fine 1994 - utilizzava la scissione elettroex lavoratori all’esodo dei malati di tumore verso litica per scindere il cloruro di sodio altre città. Ma si rendeva necessala paura ed ottenere cloro, sodio, idrogeno rio avviare cause in sede civile nei solforato, dicloroetano, acido solfoconfronti di Eni ed Inail per ottenere era ed è rico, ipoclorito di sodio. Un reparto il riconoscimento dei danni morali e tanta” in cui le emergenze erano routine. biologici. E collaborare con la ProcuIl campo magnetico faceva fermare ra della Repubblica. le lancette degli orologi e l’oro giallo a causa del mercurio sparso ovunque diventava bianco. Il primo obiettivo si concretizzò nel 2011 quando L’esposizione continua a cloro comportava un per la prima volta il cloro-soda dicloroetano di senso di nausea così forte da costringere gli Gela veniva riconosciuto come causa o concauoperai a bere litri di latte. La stampa locale ha sa della morte di un ex-lavoratore. Il secondo battezzato quel maledetto impianto come “kilobiettivo fu raggiunto nel gennaio 2014 quando ler”. Forse perché ha mietuto vittime innocenti. la Struttura ospedaliera gelese, adibita alla raPiù di venti operai nel corso degli anni. dioterapia, prese in cura i primi quattro circondato da amici e parenti che lo amavano e che lo rispettavano. Il 16 ottobre 2006 è iniziata la mia vita. A Gela, vivere un’esperienza del genere ti mette di fronte ad un bivio: andare avanti nell’indifferenza pensando che sia stata la vita ad uccidere tuo padre o scoprire perché tuo padre - come altri otto ex dipendenti del cloro-soda dicloroetano di Gela - è morto di cancro.
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pazienti. Il terzo obiettivo, invece, fu raggiunto nel momento in cui la Procura della Repubblica avviò un’indagine, per ipotesi di omicidio colposo, a carico di diciassette ex-dirigenti Eni e del cloro-soda dicloroetano di Gela.
aver introdotto nell’ambiente sostanze endocrine che attraverso il bio accumulo umano potrebbero aver causato problemi di salute a chi ne è venuto a contatto attraverso la respirazione, la catena alimentare e alla sua prole.
Le famiglie, circa cento, fanno causa Successivamente partirono anche le azioni giudiziarie di diverse famiglie gelesi nei confronti delle aziende del gruppo Eni. Chiedevano un risarcimento danni per le malformazioni neonatali che hanno colpito i loro figli. Un’azione che cade come un macigno sull’intero petrolchimico, nel momento in cui il Tribunale di Gela nomina un Collegio peritale formato da esperti e studiosi di indiscussa fama internazionale (prof. P. Mastroiacovo, prof. T. Mattina, dott. E. Morselli, dr. F. Nardo, ing. A. Cosenza, prof. B. De Vivo e prof. Bacaloni). Il Collegio è chiamato ad indagare sul possibile nesso tra le malformazioni congenite accertate e l’esposizione prolungata negli anni dei loro genitori a inquinanti chimici, nonché stabilire il grado di invalidità permanente e quanto questa possa incidere sulla capacità lavorativa dei pazienti I periti si sono affidati al criterio della plausibilità biologica ed epidemiologica, valutando il nesso causale dei singoli casi trattati come possibile e non possibile.
Nel caso specifico il ristoro non viene chiesto solo ad Eni ma anche a tutti gli organi di controllo che avrebbero dovuto far rispettare la legge. Dal presidente del Consiglio al ministero dell’Ambiente, dal Comune di Gela alla Regione Sicilia, dall’Arpa regionale alla Protezione civile, fino all’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Pertanto, l’azione legale promossa dallo Studio Maganuco non richiede un ristoro per un danno subito (danno biologico o danno morale) ma per danni esistenziali.
Nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee che interessano il polo industriale dell’Eni ormai in fase di dismissione - sono state riscontrate, in altissima quantità, sostanze tossiche, nocive, cancerogene e mutagene. Molte di esse classificate come endocrine disruptors chemicals. In considerazione del tipo di contaminazione, l’esposizione ambientale ad agenti chimici della popolazione di Gela potrebbe essere considerata mediamente attribuibile più a fattori industriali, piuttosto che ad altri. Ed è proprio di fronte a questa probabilità che due Studi legali gelesi - Maganuco e Fontanella – decidono di avviare delle cause giudiziarie particolari ed uniche nel loro genere. Sono un centinaio le famiglie che hanno aderito all’azione legale dello Studio dell’avvocato Maganuco. Si richiede all’azienda un ristoro di 50 mila euro procapite in quanto accusata di
In una città in cui il tasso di bambini malformati supera la casistica nazionale e, in una città in cui ci si ammala di più che nel resto d’Italia i cittadini non vivono serenamente la loro quotidianità. Devono fare i conti ogni giorno con la paura di morire o di mettere al mondo un figlio che possa avere problemi di salute.
Su Gela abbiamo deciso di aprire una finestra informativa permanente. Raccoglieremo nuove testimonianze, racconteremo storie di ex lavoratori, seguiremo l’evolversi dei fatti e della situazione ambientale e lavorativa. Sempre nel rispetto delle inchieste giudiziarie in corso su più fronti. Lo faremo già dal prossimo numero. La redazione
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Si ringrazia per la gentile concessione
Campagna ad inserzione gratuita
Panorami
Alla salvezza del Pollino Rottamiamo la centrale
Alla salvezza del Pollino
Ascesa all’Olimpo del Mezzogiorno, sempre in bilico tra la salvezza e la dannazione. Il racconto appassionato del fondatore del Comitato Parchi Nazionali Italiani e Riserve Analoghe
Pino loricato del Pollino / Foto di Franco Tassi
di Franco Tassi
Non ricordo più se a spingermi laggiù fossero le indimenticabili pagine di Norman Douglas, o di qualche altro viaggiatore straniero con le sue incantate descrizioni del mondo che fu. Certo, bruciavo dalla curiosità di esplorare il Pollino, la più sconosciuta tra tutte le montagne del Mezzogiorno. Ne avevo sentito parlare da tanto. Eppure mi sembrava ancora lontanissimo. Quasi irraggiungibile. Così mi accontentavo di leggere avidamente quel poco che si poteva trovare su di esso. Riuscii a trovare alcune foto di pino loricato, l’albero più straordinario dell’Appennino. Una specie di gigante decrepito, dalla forma contorta, avvolto nella nebbiolina delle alte quote. Ma non sto parlando di ieri. Tutto avvenne nella magica estate 34
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del 1960. C’erano poche strade, allora. Una volta saltati giù dal trenino delle ferrovie calabro-lucane a Frascineto, si saliva poi a piedi con zaini pesantissimi dal livello infuocato del mar Jonio all’aria refrigerante dei duemila metri. Gli immensi boschi pullulavano di mulattieri, bovari, boscaioli e carbonai. Bene, fu come una rivelazione per me, e per i pochi altri che riuscii a trascinare negli angoli più remoti del massiccio. A prezzo di solitudini assolate, marce estenuanti e bivacchi all’addiaccio. La sera si sentivano canti e persino suoni di fisarmonica. Di giorno era tutta una festa di scampanellare di animali al pascolo, lasciati allo stato semibrado. E tuttavia il cuore della montagna restava selvaggio, inviolato, miste-
rioso. “Cosa vieni a cercare quaggiù, tu che arrivi dalla città”, brontolava bonariamente la gente del posto. “Vedi piuttosto di trovarci un posto di operaio, nelle fabbriche.” È passata mezza vita, molte cose sono cambiate. Ma so che l’ascesa al monte sacro ad Apollo (o dedicato ai puledri, o polledri. Ma importa davvero scoprire la vera matrice del monte Pollino?) fu in realtà ritornare indietro di mille anni, e ritrovare le origini di tutto. Comprese le radici di quei colossali, remoti pini loricati, verdi patriarchi flagellati spesso da folgori e tormente, abbarbicati sulle creste più elevate e sospesi alle pareti più inaccessibili. Altri alberi straordinari avrei visto poi, altri prodigi della natura mi avrebbero ammaliato: ma nessuno quanto la gigantesca conifera venuta dall’Oriente, dal tronco talvolta bianco e disseccato, ma ancora in piedi a sfidare i venti, guerriero dalla corteccia arabescata simile a una corazza. Solo molto più tardi, sulle balze del monte Olimpo in Tessaglia - trono di Giove e casa degli Dei - avrei rivisto qualcosa di simile. Un altro esercito di pini loricati, antichi e colossali. E avrei meditato a lungo, in silenzio, a quasi tremila metri di quota, contemplando l’azzurro del mare greco. Di quello stesso Mediterraneo culla della nostra civiltà, lontana patria dove nacquero divinità e miti, odissee e leggende, arte e poesia, scienza e filosofia. Tutta la cultura, insomma, che impregna la nostra stessa vita. “E allora dicci un po’, tu che hai viaggiato”, mi apostrofavano con aria tra lo scanzonato e il provocatorio i montanari calabresi e lucani. “Ma cos’ha poi di tanto speciale questa montagna?”. Ci sono altre montagne, è vero. Altri alberi e pascoli. E forse in certi angoli sperduti del Mezzogiorno si celano altre meraviglie sco-
nosciute. Ma nessun luogo ha per me la storia, il valore culturale e il richiamo emotivo del Pollino, né custodisce segrete risorse altrettanto preziose. E la sua stessa vicenda, sempre in bilico tra salvezza e dannazione, ne ha fatto un caso unico. Quasi un simbolo del profondissimo rapporto tra l’uomo e la natura.
Nella foresta magica Più che una visita, il mio fu quasi un pellegrinaggio di scoperta. Di quella realtà poco si sapeva. Ascendendo alle cime dominate dai plurisecolari pini loricati, mi ero reso conto che si trattava di qualcosa di unico al mondo. D’un monumento della storia e della natura che non doveva assolutamente dissolversi. Ecco perché, in segreto, decisi di adottarli. E con pochi altri amici, finii con l’intraprendere una lunga battaglia che, in fondo, non è ancora del tutto conclusa. Era assai arduo, all’epoca, evocare l’ecologia. Le parole d’ordine erano: bisogno, sfruttamento, progresso. Si suscitava, tutt’al più, qualche risolino di compatimento. Nessuno sembrava accorgersi che nel nome dello sviluppo - si stavano bruciando, in un effimero falò, le più preziose risorse che avrebbero potuto stimolarlo e nutrirlo. Anni di lotte, ansie e peregrinazioni. Ma poi quel lungo sogno impossibile parve avverarsi. Quel Parco tanto desiderato - e con esso anche gli altri, dalla Sila all’Aspromonte - stavano finalmente trasformandosi in realtà. Sono tornato allora con il fiato sospeso nei boschi di una volta, trovando molte cose profondamente cambiate. La natura riprendeva pian piano il proprio dominio, illuminata dalla curiosità e dall’interesse di italiani e stranieri, giovani e anziani, che percorrevano con gioia gli antichi sentieri. Gente vera, sulla montagna, marzo 2016 / Terre di Frontiera
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non ce n’era quasi più. Ma forse le comunità legate a questa terra (d’origine italica o bruzia, arberesh o grecanica) stavano cercando altrove un nuovo avvenire per sé e per i propri figli.
ricerche dendrocronologiche per carpire i segreti di quella natura straordinaria. Trovammo moltissimi alberi vetusti, monumenti imponenti testimoni di epoche lontane.
S’era discusso a lungo sul futuro di questo In occasione del centenario della Società Botasplendido albero, la cui solenne maestosità nica Italiana, nel 1988, ebbi la grande soddisfarappresenta uno degli emblemi più intensi del zione di rivelare agli studiosi italiani e stranieri nostro Mezzogiorno. Si temeva che i colossi che un pino loricato del versante calabro del solitari delle vette non fossero più in grado di Pollino - alla quota di circa mille metri - aveva produrre seme fertile, mancavano piante giovacertamente almeno 920 anni. Era il più vecchio ni, né si percepiva una capacità di rinnovazione. albero del Mezzogiorno, un gigante millenario Tanto da indurre qualche esperto a lanciare che da solo avrebbe aumentato il prestigio e il un drammatico allarme per il pericolo di futuvalore di quelle montagne. Non fu soltanto per ra estinzione. Ma poi la situazione questo, ma l’interesse per il Pollino, prese a migliorare, si scoprirono e si la curiosità anche internazionale e il studiarono altri nuclei di pini rigofervore per la sua conservazione sta“un pino gliosi, più in basso, tra i boschi. Ci vano crescendo di giorno in giorno. eravamo accorti che qualche giovane loricato pino - nato dal seme dei patriarchi I progetti di assalti distruttivi e del versante secolari - vegetava benissimo al speculativi si sgretolarono allora centro dei pulvini prostrati di gineuno dopo l’altro, mentre un pugno di calabro pro. Là dove il morso del bestiame naturalisti decisi si batteva con tutte da 920 anni” al pascolo non poteva insidiarlo. E le forze per assicurare a quei luoghi allora capimmo che il vero fattore e a quelle genti un destino diverso. pesantemente limitante risiedeva nel pascolo Molti giovani locali cominciarono ad accarezzaeccessivo che andò gradualmente diminuendo re l’idea di riscattare l’immagine della loro terra negli anni successivi. Anzi, cessata la pressione agli occhi del mondo, dedicandosi convinti alla zootecnica anomala, il pino loricato è tornato causa della conservazione. a vegetare rigoglioso, espandendosi addirittura verso nuove località. Tutto questo non rallentò, E finalmente - dopo anni di attesa - tra speanzi galvanizzò, il nostro impegno. ranze e sofferenze, nel 1993 il Parco Nazionale del Pollino e dei Monti di Orsomarso diventava E così, dopo alterne vicissitudini, potemmo fati- realtà. Si concludeva la fase eroica, per aprire la cosamente organizzare spedizioni esplorative e strada a una nuova vita.
Il Comitato Parchi Nazionali Italiani e Riserve Analoghe Nasce nel 1977 nella cornice dell’Orto Botanico di Roma per mano di Franco Tassi, Direttore del Parco Nazionale d’Abruzzo dal 1969 e 2002. Il Comitato raggruppa i responsabili dei parchi nazionali italiani, e nel corso della sua storia è stato patrocinato dai Ministeri dell’Ambiente (dal 1987) e della Marina mercantile (dal 1988). Vanto del Comitato è la sua autonomia e la fermezza nel mantenimento della mission originale, lontano da sirene lusingatrici e contributi economici esterni ed interessati. Memorabile la “sfida del 10%” di Camerino del 1980, portata a termine nel 2000, e le sue continue sfide in difesa dei parchi nazionali e delle specie che in esso vivono. www.comitatoparchi.it 36
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Si ringrazia per la gentile concessione
Campagna ad inserzione gratuita
Pollino, rottamiamo la centrale del Mercure
Tutelare il Parco nazionale del Pollino, a cavallo tra Basilicata e Calabria, o difendere gli interessi delle lobby energetiche sostenendo la centrale Enel del Mercure, già funzionante? di Antonio Bavusi
Il Parco nazionale del Pollino - istituito con recita l’articolo 9 della Costituzione. Un “dedecreto del Presidente della Repubblica 15 noclino” attuato attraverso scelte in contrasto vembre 1993 - si appresta a compiere il venticon le finalità istitutive del parco. Fa un certo treesimo anno di vita. Figlio dei principi ispieffetto poi leggere e riflettere sull’articolo 32 ratori della Legge Quadro in materia di Aree della Costituzione italiana inserito nella Legge Protette (la n.394/1991, ndr), avrebbe dovuto Quadro sui Parchi e le Aree Protette allorquanattuare gli articoli 9 e 32 della Costituzione, do recita: “La Repubblica tutela la salute come ovvero “garantire e promuovere, in forma coor- fondamentale diritto dell’individuo e interesse dinata, la conservazione e la valorizzazione del della collettività, e garantisce cure gratuite patrimonio naturale del paese, ovvero le foragli indigenti. Nessuno può essere obbligato a mazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche un determinato trattamento sanitario se non e biologiche, o gruppi di esse, che per disposizione di legge. La legge hanno rilevante valore naturalistico non può in nessun caso violare i e ambientale” (art.9). “il Pollino limiti imposti dal rispetto della persona umana”. è ostaggio A compimento dei venti anni di vita - così come gran parte dei parchi degli interessi Ma cosa centra l’articolo 32 della italiani ‘storici’ come il parco del Costituzione con il parco del Polpiù Gran Paradiso, Lo Stelvio, quello lino? È un errore o una svista del d’Abruzzo - il Pollino è diventato disparati” legislatore? È del tutto evidente che ostaggio degli interessi più dispala salute è strettamente ed inscinrati che mirano allo sfruttamento dibilmente connessa nella legge sui commerciale del suo patrimonio naturale. Ma è parchi alla salvaguardia dell’ambiente e del nella decennale storia amministrativa e geterritorio. La gestione del Parco del Pollino, in stionale del parco che vanno ricercate le cause sostanza, è lo strumento per salvaguardare il del suo snaturamento, ovvero nelle scelte dei patrimonio naturale attribuendo ad esso uno vertici, in simbiosi con le logiche dei governi scopo culturale, che non è poco, ma capace di del Paese, a partire dagli anni Novanta. Aver conservare il benessere individuale e sopratrinunciato a gestire il parco, ovvero alla centutto la salute umana, unitamente alla tutela tralità della difesa del ‘patrimonio naturale delle biocenosi tra regni animale, vegetale e del Paese’ rappresenta - a parere di chi scrive minerale. È quanto impone la Carta Costituzio- un tradimento dei principi della Costituzionale. ne italiana da parte dell’organo di gestione, che così rinnega la promozione della cultura, Centrale del Mercure. La storia la ricerca scientifica e tecnica ottenuta attraA dicembre 2015 è stato pubblicato il decreto verso la tutela e salvaguardia del patrimonio della Regione Calabria per l’autorizzazione unistorico, artistico, ed ambientale, così come ca (ai sensi dell’articolo 12 del decreto legisla38
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Manifestazione contro la centrale del Mercure / Foto di Vito L’Erario
tivo n.387/2013) che autorizza la riattivazione della centrale del Mercure dalla potenza di 35 MW elettrici netti, dandone avviso pubblico sui quotidiani locali. Il decreto autorizza l’Enel con le procedure di urgenza, pubblica utilità e indifferibilità delle opere da eseguirsi entro i novanta giorni successivi, demandando al Comune di Laino il controllo sulla esecuzione delle opere. Con la riattivazione della centrale “come già accaduto in passato, anche questa volta, le popolazioni della valle con i Comuni di Rotonda e Viggianello non staranno certo con le mani in mano. La centrale è stata spenta una volta, lo sarà ancora”, afferma il comitato calabro-lucano ‘Stefano Gioia’. “Una megacentrale in un Parco nazionale non ci può stare. E non ci può stare tanto più con tutte le autorizzazioni ambientali incomplete o scadute e un iter autorizzativo che fa acqua da tutte le parti. È già imminente la presentazione al TAR di Catanzaro dei ricorsi amministrativi contro l’autorizzazione emessa dalla Regione Calabria, ricorsi già accolti in passato dai magistrati. In ogni caso, stiano pur certi Enel e soci che, come abbiamo più volte ribadito, questa oscura e torbida vicenda prevede una sola con-
Le tappe della riconversione della centrale del Mercure per il funzionamento a carbone 1984 Il progetto di trasformazione viene presentato ed illustrato alle amministrazioni comunali, sia lucane sia calabresi della Valle 1985 Il progetto viene formalmente trasmesso alla Regione Calabria e alla Regione Basilicata per acquisire il parere di fattibilità 1986 Viene nominata una specifica Commissione scientifica per lo studio di impatto ambientale 1987 La Commissione scientifica presenta alla lo società Enel lo studio di impatto ambientale elaborato
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clusione: lo spegnimento prima e lo smantellamento dopo di quell’ammasso rugginoso noto come centrale del Mercure.” Gli anni Sessanta L’autorizzazione alla costruzione della centrale del Mercure risale al 1962, epoca in cui venne rilasciata alla S.M.E. (Società Meridionale Elettrica) con il decreto del Ministero per l’Industria e per il Commercio di concerto con il Ministro per i Lavori Pubblici emanato in data 22 maggio 1962. La centrale termoelettrica del Mercure, sita nel comune di Laino Borgo, a cento metri dal confine lucano, con l’istituzione del Parco Nazionale del Pollino viene inclusa in Zona 2 nella perimetrazione. Costituita da due unità da 75 MW, predisposte inizialmente per il funzionamento a OCD (olio combustibile denso) e lignite. Le due unità vennero realizzate rispettivamente in data 14 novembre 1965 (sezione 1) e in data 16 febbraio 1966 (sezione 2) con lo scopo di utilizzare prevalentemente le miniere di lignite presenti nella zona. Nel 1966 iniziò il periodo di sfruttamento della lignite nella Valle del Mercure, senza l’adozione da parte della società, delle misure minime atte a preservare l’ambiente e i cittadini dalle abbondanti emissioni dei fumi. Nessun filtro risultava essere installato nell’impianto. I fumi uscivano dalla ciminiera (alta solo 80 metri) e stagnavano nella Valle del Mercure a causa della particolare conformazione pedoclimatica dell’area industriale (inversione termica e catino). I danni alle persone, agli animali e alle coltivazioni furono enormi, tanto da essere riconosciuto - dopo varie lotte che hanno visto impegnate popolazioni locali in una sorta di movimento tipo Scanzano ante litteram -, il diritto al risarcimento. Gli anni Ottanta Nel 1970 divenne poco conveniente lo sfruttamento del giacimento linifero. Quello di Pianette si esaurì e lo sfruttamento degli altri due giacimenti - La Guardia e Caricchio - non vennero ritenuti convenienti dal punto di vista prettamente economico dall’Enel che decise quindi di utilizzare l’olio combustibile denso, in piena austerity per lo scandalo petrolio e la crisi petrolifera. Per la riconversione 40
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a carbone non furono investite né le Istituzioni calabresi né quelle lucane. In seguito, avendo ritenuto per motivi di ordine economico, sempre in virtù del binomio costi-Benefici, di non procedere alla riconversione, i due generatori nonostante vari e costosi interventi di ammodernamento effettuati vennero definitivamente collocati a riposo. Più precisamente la prima sezione fu interrotta, con cessazione di servizio a partire dal primo maggio 1997, in quanto non adeguata dal punto di vista ambientale. La seconda sezione venne disattivata e dismessa in data 1 ottobre 1993. Ma arriviamo alle vicende attuali. Nonostante i gravi danni ambientali e di immagine che arreca alla Valle del Mercure e al Parco nazionale del Pollino viene da chiedersi perché l’Ente Parco dal 1997 al 3 ottobre 2000 - data di presentazione del progetto di riconversione - non si sia battuto per chiedere la bonifica e lo smantellamento del sito industriale? Il 3 ottobre 2000 e il 28 marzo 2001 viene esaminato il progetto di riconversione. All’epoca erano già evidenti le pressioni sull’ex presidente verde da parte dell’ex presidente dell’Enel, considerando anche le autorizzazioni date dall’Ente Parco a Terna (società dell’Enel) per la realizzazione del megaelettrodotto Rizziconi-Laino da 380.000 V, che oggi deturpa alcune tra le aree più belle e significative del Parco Nazionale del Pollino.
Le sentinelle silenziose I millenari Pini Loricati, sopravvissuti indenni alle glaciazioni, ai disboscamenti, agli incendi e alle motoseghe, conoscono una nuova minaccia. È quella della cosiddetta mafia del legno che avrebbe messo gli occhi sulla riconversione a biomassa della centrale del Mercure, con traffici di legname destinato alle fumanti caldaie, così come ha denunciato il settimanel l’Espresso in un articolo pubblicato nel mese di ottobre 2014. Una centrale che vorrebbe giustificarsi per compensare le emissioni fossili del petrolio, attraverso la vendita di certificati verdi, incentivati però con fondi pubblici.
Il nuovo Millennio disce la necessità di sottoporre il progetto a Il 25 settembre 2001 l’Enel deposita alla ProvinValutazione d’Incidenza. Con autorizzazione rilasciata in data 20 giugno 2002 l’allora diretcia di Cosenza il progetto di riconversione con utilizzo di biomasse, come combustibile, della tore del parco dà però il via libera alla messa in esercizio della riconversione a biomassa. sezione 2 della centrale. L’8 aprile 2002 alla prima seduta della conferenza dei servizi il Parco Perché questa nota del ministero dell’Ambiente chiede che Enel produca la seguente è così importante? Il DPR 357 dell’8 settembre 1997, all’articolo 5 comma documentazione integrativa al Pro“tutto getto: uno studio di impatto ambien3 fa notare che per i progetti indicati tale con particolare riferimento al il Pollino è nell’allegato A e B del DPR 12 aprile 1996 non sottoponibili alla procedura traffico veicolare, emissione di fumi Important di Valutazione d’impatto ambientale e inquinamento ed un piano dettaEnel deve presentare alle autorigliato sulla reperibilità del materiale Bird tà competenti (Regione Calabria e oggetto di lavorazione. Area (IBA)” Regione Basilicata) una relazione documentata (Valutazione d’IncidenL’8 maggio 2002 viene convocata la za) per individuare e valutare i prinseconda seduta della conferenza cipali effetti che il progetto può avere sul Sito dei servizi. L’Enel consegna la documentazione di Importanza Comunitaria (SIC) o sulla Zona di integrativa che viene inoltrata all’Ente Parco. Il Protezione Speciale (ZPS), tenuto conto degli 10 maggio 2002 il Comitato tecnico-consultivo per il rilascio delle autorizzazioni e concessioni, obiettivi di conservazione del medesimo. Tutto il Parco nazionale del Pollino è considerato area “vista la documentazione integrativa acquisita IBA (Important Birds Areas). La Commissione agli atti in data 8 maggio 2002, esprime parere Europea ha indicato queste aree come zone da favorevole al rilascio dell’autorizzazione per la prendere da riferimento da parte degli Stati riconversione della centrale.” Membri dell’Unione Europea per l’istituzione di aree ZPS. Il 16 maggio 2002 la Provincia di Cosenza invia un quesito al Ministero dell’Ambiente per verificare se è necessaria la procedura di Valutazione Perche l’ex direttore non ha attivato tale procedura? Che cosa accadde nel Parco Nad’impatto ambientale per il progetto di riconzionale del Pollino? Un comitato d’affari versione della centrale. Il ministero dell’Ambiente risponde con una nota il 30 maggio 2002, energetico sta cercando di ottenere la deregolamentazione delle norme di tutela a sostenendo che per il progetto di riconversione discapito della salute dei cittadini e del loro della sezione 2 non è necessaria la Via regiofuturo? nale (D.P.R. 12 aprile 1996), poiché l’impianto termoelettrico è destinato in via esclusiva alla Due anni dopo, in data 4 novembre 2004 - con produzione di energia e non di vapore e acqua calda. Questa interpretazione sommaria contra- la delibera n.39 - il Consiglio Direttivo del Parco all’unanimità, con la sola eccezione di un sterebbe con le caratteristiche reali dell’opera membro, approva la riperimetrazione del Parco in quanto è una centrale termoelettrica, quindi che libera 9.560 ettari da vincoli e limiti, tra cui infrastruttura industriale complessa formata anche una parte del territorio di Laino Borgo, principalmente da due impianti: il primo, la dove ricade la centrale. È chiaro l’intento di caldaia, che brucia il combustibile derivante escludere questo territorio dal parco consentenda biomassa creando vapore e acqua calda per do all’Enel di sottrarsi agli obblighi di impatto una potenza termica di 134 MW; il secondo, la e compensazioni ambientali. Con decreto n.536 turbina che serve per generare energia elettridell’ 8 febbraio 2007 (BUR Calabria n.5 del 16 ca per 35 MW netti (41 MW lordi), nella quale marzo 2007) a firma del dirigente generale vicaviene successivamente immesso il vapore e/o rio, settore 55 del Dipartimento Ambiente della acqua calda prodotti dal primo impianto. Il 18 Regione Calabria retto dall’assessore Diego giugno 2002 il ministero dell’Ambiente ribamarzo 2016 / Terre di Frontiera
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Tommasi (Verdi), nel prendere atto del parere della Commissione di Valutazione d’Incidenza, esprime parere favorevole con prescrizione al progetto centrale termoelettrica del Mercure riattivazione sezione 2 con “impiego di biomasse ricadenti in area SIC-ZPS – Valle del Fiume LaoPollino Orsomarso nel Comune di Laino Borgo.” Contro questa decisione Legambiente, WWF e Forum ambientalista nazionale ricorrono al TAR
mentre i Comuni della Valle del Mercure, con capofila Rotonda e Viggianello, hanno dichiarato la volontà di impegnarsi per la costituzione in giudizio nel procedimento. Secondo la Ola (Organizzazione lucana ambientalista) la Valutazione d’incidenza rilasciata dalla Regione Calabria appare vistosamente carente e non supportata da studi e pareri obbligatori da parte di organismi nazionali e comunitari.
Perché ambiente e salute sono a rischio nel parco del Pollino? A fronte dei principi ispiratori e gestionali dei parchi sanciti dalla Costituzione, da una lettura delle cosiddette faide tra presidenti ed ex presidenti del Parco del Pollino, tra commissariamenti e restaurazioni, con ex direttori succeduti a se stessi (ne risparmiamo ai lettori i dettagli), emerge un quadro desolante della gestione del parco che si intreccia con la vicenda ultradecennale della centrale Enel del Mercure, alle prese con forzate compatibilità e sostenibilità, di autorizzazioni e dinieghi. Una vicenda che fa emergere, con prepotenza, gli interessi economici delle società energetiche. Le stesse che dal dopoguerra ad oggi condizionano le scelte dei governi del Paese e non solo. Responsabilità ben individuabili che riconducono anche ad alcune sigle verdi scomparse dallo scenario politico ed istituzionale italiano dopo aver nominato i vertici del parco. Gli stessi vertici che sono presenti da venti anni - salvo casi di pensionamenti forzosi per raggiungimento dei limiti di età anagrafica - dopo siluramenti ed estromissioni di quanti non graditi, che sono i veri responsabili di questo fallimento. In questo, così come per altri casi, il termine ‘rottamazione’ è solo una definizione verbale, oggi inserito nel gergo politico del Governo che ha molte eccezioni anche negli anni passati. Confermano l’unica regola sempre in voga, quella cioè di salvaguardare gli interessi dei potenti.
Bocciati i mega elettrodotti nel Parco Il ministero dell’Ambiente ha bocciato - ed archiviato il 16 febbraio 2016 - gli elettrodotti della rete di trasmissione nazionale nell’area del Pollino. Annullando così il parere favorevole concesso al progetto di Terna spa dall’Ente Parco, in data 29 maggio 2015. Contro la realizzazione degli elettrodotti si era già espressa la Commissione ministeriale VIA/AIA in data 10 luglio 2015, poiché incompatibile con l’area protetta. Terna aveva eccepito la bocciatura in quanto basata “su valutazioni in parte non corrette, frutto di considerazioni non obiettive e, relativamente al contesto elettrico, fuori dal quadro di competenza proprie della stessa Commissione”, chiedendo la revisione del parere. Ma la Commissione tecnica, il 6 novembre 2015, ha invece confermato il rigetto, spingendo Terna a ritirare l’istanza di Valutazione d’impatto ambientale, in previsione di presentare un 42
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La centrale del Mercure / Foto di Vito L’Erario
nuovo progetto, al fin di evitarne l’archiviazione definitiva. Una vicenda, questa, che fa emergere vistose incongruenze ed incapacità da parte degli organi di gestione del Parco nazionale del Pollino. Che andrebbe commissariato. Come chiedono da tempo diverse associazioni locali. Contro gli elettrodotti si è schierata fin da subito l’associazione calabrese Acanta, evidenziando impatti significativi sugli ecosistemi protetti della Rete Natura 2000.
Orientamenti
Delitti contro l’ambiente Il Corpo Forestale non c’è più
Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente La legge n.68 del 22 maggio 2015, presentata dall’onorevole Ermete Realacci, dalla prima stesura del 19 marzo 2013 ha subìto diverse modifiche. Un percorso tormentato tra Commissioni e Parlamento. L’analisi, i quesiti e le preoccupazioni di due geologi di Vincenzo Portoghese e Vincenzo Briuolo
Prima Parte
Titolo VI-bis / Dei delitti contro l’ambiente Articolo 452-bis (Inquinamento ambientale) È punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 100.000 chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili: 1) delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sotto-suolo; 2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna. Quando l’inquinamento è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata. Il termine ‘abusivamente’ suscita qualche perplessità sul senso da dare all’avverbio adoperato. Aggiungendo ‘compromissione’, ‘deterioramento’, ‘significativi’ e ‘misurabili’ le perplessità aumentano. Prendendo a riferimento i parametri stabiliti dal decreto legislativo n.152/2006 risulta difficile e arduo definire il danno generato e la misura. Cosa si intende per porzioni estese o significative? Che valore attribuire? Chi lo stabilisce? È una riformulazione del rischio accettabile?
superiore ai venti giorni […] In Italia alcune tipologie di attività concorrono in modo inequivocabile all’insorgenza di patologie gravi e letali. Basti pensare all’amianto, alle raffinerie ed ad altre attività che utilizzano sostanze nei processi di lavorazione (es. mercurio e arsenico) i cui effetti letali sono ben conosciuti. Le conoscenze acquisite scientificamente sulle diverse interazioni tra attività industriali e conseguenze per la salute umana consentono di avere ampie e dettagliate informazioni prima dell’insediamento di attività su un territorio. Risulta, quindi, difficile pensare che il ‘reo’ non ne sia consapevole.Stesso discorso su tutte le attività in essere.
Articolo 452-ter (Morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale) - Se da uno dei fatti di cui all’articolo 452bis deriva, quale conseguenza non voluta dal reo, una lesione personale, ad eccezione delle ipotesi in cui la malattia ha una durata non
Articolo 452-quater (Disastro ambientale) Fuori dai casi previsti dall’articolo 434, chiunque abusivamente cagiona un disastro ambientale è punito con la reclusione da cinque a quindici anni. Costituiscono disastro ambientale alternativamente: 1) l’alterazione irrever-
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Amianto abbandonato in Val Basento / Foto di Roberta Dommarco
sibile dell’equilibrio di un ecosistema; 2) l’alte- ti (baseline). Pertanto le attività industriali ed razione dell’equilibrio di un ecosistema la cui agricole andrebbero ben definite. 3) I confini eliminazione risulti particolarmente onerosa e naturali non seguono i confini definiti da norconseguibile solo con provvedimenti ecceziomative. Un corso d’acqua sotterraneo che vienali; 3) l’offesa alla pubblica incolumità in rane inquinato in un suo tratto a monte dell’area gione della rilevanza del fatto per l’estensione da preservare porterà nel tempo il suo carico della compromissione o dei suoi effetti lesivi inquinante anche in quell’area. Quindi il danno ovvero per il numero delle persone ambientale è un danno provocato offese o esposte a pericolo […] indirettamente. E qui entra in diSembrerebbe emergere - così come “la caratteriz- scussione la caratterizzazione di anche nell’articolo precedente - il sito che non viene attuata, consenzazione ricorso frequente al cosiddetto tendo a chi inquina di trincerarsi ‘rischio accettabile’. Ovvero, quandietro al paravento del fattore di sito do si parla di quantizzazione delle non viene dell’imprevedibilità del danno. persone coinvolte in un evento e/o porzioni di territorio, il danno possa Articolo 452-quinquies (Delitti colattuata” assumere caratteri di minor gravità posi contro l’ambiente) - Se taluno al di sotto di un certo limite non dei fatti di cui agli articoli 452-bis definito (numero delle persone offese o espoe 452-quater è commesso per colpa, le pene ste a pericolo). Ciò non è del tutto vero poiché previste dai medesimi articoli sono diminuite gli effetti di alcune azioni possono verificarsi da un terzo a due terzi. Se dalla commissione a distanza di tempo dall’accertamento del dei fatti di cui al comma precedente deriva il fatto (es. il tempo di insorgenza di patologie pericolo di inquinamento ambientale o di diconnesse all’amianto, come il mesotelioma sastro ambientale le pene sono ulteriormente pleurico, superiore ai 20 anni). Inizialmente, i diminuite di un terzo. soggetti coinvolti possono sembrare pochi ma Come si pone ai fini dell’accertamento delle nel medio e lungo periodo può darsi che auresponsabilità la figura di un amministratore mentino significativamente. Come trattata, la delegato di una società? E la società stessa? questione potrebbe causare incertezza negli Chi è il soggetto responsabile del reato comorgani giudicanti ed ampie possibilità per gli messo? inquisiti di sminuire notevolmente la portata criminogena dell’evento. Articolo 452-sexies (Traffico e abbandono di materiale ad alta radio“cosa si Articolo 452-quater (Disastro amattività) - Salvo che il fatto costituintende bientale) - […] Quando il disastro è isca più grave reato, è punito con prodotto in un’area naturale protetla reclusione da due a sei anni e per ta o sottoposta a vincolo paesaggicon la multa da euro 10.000 a euro area stico, ambientale, storico, artistico, 50.000 chiunque abusivamente architettonico o archeologico, ovprotetta?” cede, acquista, riceve, trasporta, vero in danno di specie animali o importa, esporta, procura ad altri, vegetali protette, la pena è aumendetiene, trasferisce, abbandona o tata. si disfa illegittimamente di materiale ad alta Cosa si intende per area protetta? 1) Se tale radioattività. La pena di cui al primo comma porzione di territorio è vincolata non vi può è aumen-tata se dal fatto deriva il pericolo essere alcun utilizzo a fini diversi da quelli di compromissione o deterioramento: 1) delle previsto dal vincolo stesso. 2) Se in quell’area acque o dell’aria, o di porzioni estese o signifiprotetta ci sono programmi o progetti di valocative del suolo o del sotto-suolo; 2) di un ecorizzazione alimentare le tre matrici suolo, aria sistema, della biodiversità, anche agraria, della e acqua devono conservare sempre le caratteflora o della fauna. Se dal fatto deriva pericolo ristiche dei valori di fondo naturale determina- per la vita o per l’incolumità delle persone, la marzo 2016 / Terre di Frontiera
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Foto di Roberta Dommarco
d’ufficio. Si applica ai casi già in corso? Ciò avrebbe valore di retroattività?
pena è aumentata fino alla metà. Si parla unicamente di alta radioattività. Nulla è stabilito per quanto riguarda la media e bassa radioattività. Mancano all’appello i rifiuti ospedalieri, di laboratori analisi e similari (bassa radioattività), rifiuti industriali dei fosfati, dalle attività petrolifere, da laboratori di ricerca nucleari (media radioattività). I rifiuti di bassa e media radioattività non sono affatto meno pericolosi di quelli ad alta radioattività, non fosse altro per i quantitativi di materiali prodotti. In Italia i quantitativi di alta radioattività si aggirano intorno alle 500 tonnellate, mentre quelli associati a media e bassa radioattività assommano a circa 28 mila tonnellate, con produzione di rifiuto per anno a 7 mila tonnellate. L’esposizione ad un’alta radioattività è letale. Quindi ci si deve tenere debitamente distanti, mentre l’esposizione prolungata a medie e basse radiazioni ha a che fare ad altre tipologie di radionuclidi (alfa) pericolosi per inalazione e ingestione. Il rilascio di tali sostanze nei territori può non essere identificato e causare danni alla salute e all’ambiente! Articolo 452-novies (Aggravante ambientale) - Quando un fatto già previsto come reato è commesso allo scopo di eseguire uno o più tra i delitti previsti dal presente titolo, dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, o da altra disposizione di legge posta a tutela dell’ambiente, ovvero se dalla commissione del fatto deriva la violazione di una o più norme previste dal citato decreto legislativo n. 152 del 2006 o da altra legge che tutela l’ambiente, la pena nel primo caso è aumentata da un terzo alla metà e nel secondo caso è aumentata di un terzo. In ogni caso il reato è procedibile 46
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Articolo 452-undecies (Confisca) - Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti, a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per i delitti previsti dagli articoli 452-bis, 452-quater, 452-sexies, 452-septies e 452-octies del presente codice, è sempre ordinata la confisca delle cose che costituiscono il prodotto o il profitto del reato o che servirono a commettere il reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato. Quando, a seguito di condanna per uno dei delitti previsti dal presente titolo, sia stata disposta la confisca di beni ed essa non sia possibile, il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilità e ne ordina la confisca. I beni confiscati ai sensi dei commi pre-cedenti o i loro eventuali proventi sono messi nella disponibilità della pubblica am-ministrazione competente e vincolati all’uso per la bonifica dei luoghi. L’istituto della confisca non trova applicazione nell’ipotesi in cui l’imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza e, ove necessario, alle attività di bonifica e di ripristino dello stato dei luoghi. Non risulta la responsabilità a carico di aziende ma solo a carico di singole persone. Anche l’eventuale sanzione economica è correlata alle facoltà economiche del singolo e non delle aziende. Articolo 452-terdecies (Omessa bonifica) - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, essendovi obbligato per legge, per ordine del giudice ovvero di un’autorità pubblica, non provvede alla bonifica, al ripristino o al recupero dello stato dei luoghi è punito con la pena della reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 20.000 a euro 80.000. A chi saranno addebitati i costi di bonifica? Per le grandi aziende, a chi è riferito il pronome ‘chiunque’? Continua sul prossimo numero
Renzi cancella le sentinelle dell’ambiente
La soppressione e l’assorbimento del Corpo Forestale dello Stato e della Polizia provinciale - nel nome delle riforme chieste dall’Europa - lasciano un vuoto incolmabile nell’ambito delle operazioni di controllo dei territori contro i reati ambientali di Vito L’Erario
@vitolerario
Nel nome delle riforme chieste dall’Europa il Governo di Matteo Renzi prima ha soppresso la Polizia provinciale - trasferendone le relative competenze alla Polizia locale (municipale) - e poi, dopo 193 anni di storia, assorbendo nell’Arma dei Carabinieri il Corpo Forestale dello Stato (CFS).
varia natura (tra cui Paolo Maddalena, Salvatore Borsellino, Franco Tassi, Daniela Poggi, Red Ronnie, Brian May, Mario Biondi, Rita Pavone, Piero Pelù, Ricky Tognazzi). Il Governo Renzi è andato avanti senza battere ciglio. Stesso discorso per la Polizia provinciale che, dopo lo snaturamento delle Province, si è ritrovata in balìa delle onde e rassegnata forse a vestire compiti in stile Alberto Sordi nel famoso film “Il Vigile”.
Due operazioni - la prima con l’articolo 5 del decreto legge n.78 del 19 giugno 2015, la seconda con il decreto legislativo 1 febbraio 2016 ai sensi dell’articolo 8 comma 1 lettera A della legge n.124 del 7 agosto 2015 - che sembrano detTuttavia, pur conservando le funzioni di polizia tate più da una logica di chiudere giudiziaria e controllo della circolal’epoca delle ‘specificità’ dedite al zione, la Provinciale “municipalizzacontrollo dei territori contro i reati “il Governo ta” dovrebbe continuare a garantire ambientali. A rischio la tutela e la il presidio del territorio, la tutela è andato salvaguardia del ricco patrimonio dell’ambiente, la vigilanza ittico agrofaunisticoforestale e storico- avanti senza venatoria.Come scrive Claudio Zucarcheologico-monumentale, di chelli, presidente di Archeoclub d’Itabattere quello che speriamo possa ancora lia, su ‘Salviamo la Forestale’, “il CFS chiamarsi Belpaese. Due decreti è un soggetto dedito allo studio come ciglio” (sugli enti locali e riorganizzazione precondizione e presupposto per il delle amministrazioni pubbliche) conseguente intervento ambientale che fondono Polizia provinciale e CFS in altre floro-faunistico che necessita di conoscenze e forze di polizia e armate, che rischiano di metspecializzazioni che nessuno ha in Italia”. tere a nudo i territori proprio per la complessità dei provvedimenti, che da più parti vengono de- Le nuove competenze. Cosa cambia finiti un vero e proprio guazzabuglio normativo. Gli articoli 7 e 8 Capo III del Decreto Legislativo 1 febbraio 2016 definiscono l’assorbimento del La levata di scudi della petizione online ‘Salvia- CFS nell’Arma dei Carabinieri (art. 7) e le funmo la Forestale’ - che ha visto più di 115 mila zioni assegnate (art. 8) alla “nuova” Arma, tra adesioni - non è bastata a convincere il Governo le quali: prevenzione e repressione delle frodi a ritirare il provvedimento. Non ci sono riusciti agroalimentari; controlli derivanti dalla normanemmeno i sindacati di categoria (UGLCFS e tiva comunitaria agroforestale e dell’ambiente, SNF), così come associazioni e personalità di tutela del patrimonio faunistico e naturalistico marzo 2016 / Terre di Frontiera
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nazionale e valutazione del danno ambientale e sicurezza alimentare; vigilanza, prevenzione e repressione delle violazioni a danno ambientale; sorveglianza e accertamento degli illeciti in materia di tutela delle acque e loro inquinamento e relativo danno ambientale; repressione dei traffici illeciti e di smaltimento illegale di rifiuti; concorso nella prevenzione e nella repressione delle violazioni compiute nei danni degli animali e in materia di incendi boschivi; vigilanza e controllo dell’attuazione delle convenzioni internazionali in materia ambientale; sorveglianza delle aree naturali protette di rilevanza nazionale e internazionale, nonché delle altre aree protette secondo le modalità della legislazione vigente; concorso al monitoraggio e nel controllo del territorio finalizzato alla prevenzione del rischio idrogeologico, e collaborazione nell’attività straordinaria di polizia idraulica; educazione ambientale; attività di studio su qualità e quantità delle risorse forestali, inventario forestale nazionale, monitoraggio fitosanitario delle foreste, controllo dell’inquinamento del sistema forestale; tutela del paesaggio e dell’ecosistema. Sono, invece, escluse tutte quelle attività inerenti l’intervento per lo spegnimento degli incendi boschivi che passano di esclusiva competenza ai Vigili del fuoco (art. 9). Competenze assorbite e assegnate anche alla Polizia di Stato in materia di ordine e sicurezza pubblica e di prevenzione e contrasto delle criminalità organizzata in ambito di interforze, mentre alla Guardia di Finanza passa il soccorso in montagna, sorveglianza delle acque marine confinanti con le aree naturali protette e contrasto al commercio illegale di flora e fauna in via di estinzione ai sensi delle convenzioni internazionali e delle normative nazionale vigenti in materia (art. 10). Scompare anche lo storico numero 1515 delle emergenze ambientale del CFS sostituito e “assorbito” dal 112, un numero unico delle emergenze europee (art.6). Viene, inoltre, costituito il Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare alle dipendenze dell’Arma dei Carabinieri dal Capo Stato Maggiore della Difesa. Il Ministero dell’Ambiente si avvale di questo Comando 48
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Foto di Paolo Elli / Wikimedia Commons
limitatamente alle specifiche funzioni ad esso attribuite (art. 8 comma 2). A tal fine resta da capire la nuova organizzazione dei CTA all’interno degli Enti Parco, che da quanto si legge passerebbero anch’essi di competenza all’Arma dei Carabinieri. Resterebbe irrisolta anche la vigilanza nelle aree protette regionali. Due forze di polizia ambientale, il Corpo Forestale dello Stato e la Polizia provinciale, ben distinte, al quale va il merito di aver garantito il controllo del territorio. Restano in piedi tanti dubbi, soprattutto nel periodo di riorganizzazione dell’Arma dei Carabinieri e della Polizia locale (municipale), proprio a seguito dello smembramento di quelle che mi sento di definire le “sentinelle dell’ambiente”, che potrebbero creare un buco temporale a vantaggio della criminalità organizzata. LINK UTILI Campagna “Salviamo la Forestale” https://salviamolaforestale.wordpress.com/ Petizione “Salviamo la Forestale” https://www.change.org/p/campagna-salviamolaforestale
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Meridiano
Il cielo intorno Polizzi Le mani sulla cittĂ Sotto il segno dei Borbone
Il cielo intorno Polizzi
Teatro narrativo
di Alessio Di Modica
Polizzi Generosa è una cittadina di poco più di 3000 anime nel parco delle Madonie, in provincia di Palermo. La sua piazza è un palco sulle montagne. Ha una vista suggestiva ma quando cala la maretta - così i suoi abitanti chiamano la nebbia - diventa un palcoscenico sul mondo. Sembra di poter essere e poter arrivare molto lontano, in qualsiasi luogo. Tutto sembra sospeso. Se cammini sulle stradine che dal paese portano alla piazza sembra di camminare verso il cielo. Polizzi è a un passo dal cielo. Il suo nome secondo diverse tesi ha origine greca, normanna e latina. Nel 1234 Federico II attribuisce alla città di Polizzi, in quanto demaniale, il titolo di Generosa. Anni fa alcuni anziani che abbiamo incontrato ci hanno detto che l’appellativo generosa nasce perché la città pagava ricchi tributi a Federico II, ma queste sono voci di strada. Nel 2013 il Comune di Polizzi Generosa è stato sciolto per infiltrazione mafiosa. Il decreto della Presidenza della Repubblica diceva “I lavori svolti dalla commissione d’indagine hanno preso in esame, oltre all’intero andamento gestionale dell’amministrazione comunale, il contesto ambientale ove si colloca l’ente locale, con particolare riguardo ai rapporti tra gli amministratori e le cosche locali ed hanno evidenziato come l’uso distorto della cosa pubblica si sia concretizzato, nel tempo, in favore di soggetti o imprese collegati direttamente od indirettamente ad ambienti malavitosi.” In questo luogo parlare di cultura e di memoria è una necessità, una esigenza precisa ma soprattutto una scelta. In questo palco sul mondo nasce la cooperativa “Eco Culture e Viaggi”, che promuove lo sviluppo locale e valorizza il patrimonio materiale e immateriale del territorio. Insomma promuove la vita sostenibile a misura d’uomo. I princìpi che la animano sono la tutela dell’ambiente e il recupero 50
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della memoria storica. Ogni anno studenti da tutta Italia attraversano lo stretto per salire sulle Madonie per incontrare Roberta e Francesco che li conducono in un viaggio nelle pieghe della storia dell’antimafia siciliana. Da Portella della Ginestra a Cinisi gli studenti conoscono una storia moderna e la toccano con mano. Vanno in luoghi e sentono nomi che ancora non sono presenti nella maggior parte dei libri di storia. Ascoltano racconti di lotte entusiasmanti e spesso drammatiche di questa terra, di questa mischia di lutto e luce, di magia e ragione (Gesualdo Bufalino). Possono sentirne l’eco incontrando i protagonisti, come i superstiti di Portella. La conoscenza della Sicilia diventa autentica, va al di là del folclore e dell’immagine di un’isola dove il turismo di massa si ferma alla coppola, al vulcano, alla siccità e al traffico. Però il mare è bello. Ecoculture li porta in cammino nella storia quotidiana, nelle realtà locali, nella memoria e nel presente di questo popolo. Un popolo che è stato raccontato in migliaia di modi, ma c’è solo un modo per conoscerlo veramente: ascoltarlo mentre racconta se stesso. La memoria qui a Polizzi ha un sapore. Quello del fagiolo tipico che la cooperativa ha recuperato e messo sul mercato: il fagiolo a Badda, detto così per la sua forma arrotondata, diventato da diversi anni presidio Slow Food. A Polizzi ci sono stato soltanto d’estate, diverse volte. Mi piaceva passeggiare di notte per guardare il buio che si infrangeva sulle montagne, dopo pranzo quando la luce rende tutto rarefatto, in pieno giorno, quando passando dai barbieri e salutando puoi anche guadagnarti un bicchiere di liquore locale rigorosamente distillato in casa e qualche buona storia da conservare. Qui sembra che vicende di esseri umani, personaggi inventati - e della storia - possano convivere in uno scenario di contadini, di
Teatro narrativo
natura, di fiabe, di inganni, di corruzione moderna e antichi scenari. Se dovessi usare il titolo di un’opera da darle direi Sogno di una notte di mezza estate (William Shakespeare, 1595). Perché nonostante tutto in questo luogo è ancora possibile sognare, scoprire e innamorarsi del mondo. Alessio Di Modica è teatrante, clown, cuntastorie o meglio - come lui ama definirsi – cantautore. Nasce e cresce ad Augusta, in provincia di Siracusa, nel bel mezzo del polo petrolchimico più grande d’Europa. A un certo punto, dopo anni di lavoro sul territorio, comprende l’importanza e la gioia di vivere qui e decide di dare vita a un percorso artistico significativo e radicato. Sperimenta e ricerca un linguaggio che arriva dalla contaminazione di diverse tecniche teatrali. Il suo lavoro teatrale si snoda tra la realizzazione di spettacoli sia singoli ma anche con collaborazioni importanti, lavori nelle scuole sui tema della Legalità, Diritti Civili, Memoria, progetti di formazione per lo Youth Programm della Comunità Europea e programmi di Cooperazione Internazionale per ragazzi provenienti da tutto il mondo, laboratori in case famiglia e centri diurni, workshop e conferenze atte a diffondere la conoscenza del teatro popolare del “Cunto”, del Clown e dei Pupazzi nelle Università. Una parte del suo tempo Alessio lo passa in strada tra gli anziani ad ascoltare le loro storie e a recuperare le memorie sepolte dalla storia ufficiale, per dare luce alla letteratura orale che oggi sembra perduta ma per cui ancora c’è speranza. Dal 2011 Alessio fa parte della rete internazionale di narratori. Spettacoli Da Faro a Faro Favola Industriale Blues Cunti Etna Ossa Zio Ciano Dream Libri Da Faro a Faro Sulle Orme di un nome Invertebrata Night Il sogno di Zio Ciano www.alessiodimodica.com
Sud e Cinema
Le mani sulla città di Domenico D’Ambrosio
Quando abbiamo iniziato a discutere di questa rubrica sul cinema il pensiero è andato immediatamente al Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini. Non poteva essere diversamente, considerando il capolavoro pasoliniano incentrato sulla bellezza tragica e al tempo stesso struggente di Matera. Designata Capitale europea della Cultura 2019. Eppure ho ritenuto che parlare subito del Vangelo sarebbe stato ovvio. Ne parleremo nei prossimi numeri. Pensando, invece, a quale film potesse inaugurare questo spazio la scelta è ricaduta su Le mani sulla città di Francesco Rosi (1963, bianco e nero, 105 minuti). Il film narra le vicende di un certo Nottola, speculatore edilizio napoletano che - con l’appoggio della maggioranza comunale - fa i suoi affari senza curarsi di nulla, passando anche sui cadaveri causati dai crolli dei palazzi fatiscenti messi in pericolo dalle trivellazioni effettuate per realizzare le nuove case. Un’operazione trasformistica (fin troppo abituale nella nostra politica) lo conduce in un altro partito che lo accoglie a braccia aperte, pur di vincere le elezioni: un accordo tra il nuovo ed il vecchio partito di Nottola lo porterà a fare l’assessore e gli consentirà di curare i suoi interessi unitamente ai politici del suo vecchio e del nuovo partito.
Le mani sulla città, girato per larghi tratti quasi come un documentario - per accentuarne il profilo realistico - è uno dei capolavori del cinema di impegno civile non soltanto italiano, ma mondiale. La pellicola vinse il Leone d’Oro alla mostra del cinema di Venezia nel 1963. A proposito di quest’opera, mi piace effettuare un parallelo con un altro capolavoro uscito qualche anno prima (1960): I cattivi dormono in pace di Akira Kurosawa. Rosi conosceva il film di Kurosawa? Non lo sappiamo. Quel che è certo è che i due film trattano una materia simile, anche se con un linguaggio marzo 2016 / Terre di Frontiera
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Sud e Cinema
parzialmente diverso. In entrambi, però, non c’è spazio per l’ottimismo ed i buoni vengono inevitabilmente sconfitti. A rivederlo oggi non si può non notare la modernità del film di Rosi, attuale sia per la forma narrativa che per il contenuto, agevolato in questo dalle cronache politiche degli ultimi decenni: altre mani continuano ad essere ancora oggi sulle città. Conoscere per deliberare
Sotto il segno dei Borbone di Domenico Lamboglia
La verità può essere alterata, nascosta, dimenticata, ma non può essere cancellata. La verità, anche quando è stata sostituita da una bugia, vive nel buio come una sorgente sotterranea. Prima o poi troverà la strada giusta per rivedere la luce, sgorgare e dissetare chi di quella verità ha bisogno. Forse è per questo che stiamo assistendo ad un fiorire di testi, e non solo, che analizzano e talvolta mettono in seria discussione il nostro Risorgimento. Sotto il segno dei Borbone è un pamphlet che ripercorre sinteticamente tutta la storia del Regno delle Due Sicilie. L’autrice - la storica Maria Lombardo - fa risalire l’inizio della fine del Regno al Congresso di Plombierés del 1859, in cui gli interessi economici delle nazioni dominanti di allora - Francia e Inghilterra - ne decretarono a tavolino la fine. Lo stesso Tomasi di Lampedusa nel suo Gattopardo nel 1859 già denunciò alcuni aspetti dell’infedeltà dell’esercito ma non fu capito. Il tema del tradimento della Patria è molto forte nel testo di Maria Lombardo. A tratti, tra le righe, vi si può leggere chiaramente la totale 52
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stigmatizzazione per la sequela di tradimenti che hanno preceduto la fine del Regno Duosiciliano. È l’inizio della sua Apocalisse. Anche perché nell’analisi finale dei fatti storici rapportati all’attuale presente questo tradimento appare perpetuo. Il Governo italiano attuò nel Mezzogiorno una politica colonialista. La scrittrice calabrese ha evidenziato questo importante aspetto storico-politico con trasporto quasi patriottico. Tuttavia nel parlare dell’industrializzazione e nella elencazione dei primati del Regno non si è lasciata sedurre dall’enfasi con la quale eccedono alcuni suoi colleghi i quali, talvolta, fanno apparire il Regno delle Due Sicilie come un Eden. Il libro termina con l’immancabile tema del Brigantaggio riepilogando causa, fenomeno e conseguenze. Rileggendo il testo è riduttivo definire il brigantaggio un fenomeno. Fu una vera e propria guerra civile seguita da barbarie, violenze e saccheggi. Dalla lettura si evince che i Briganti furono sconfitti perché in un certo qual modo tutto era già stato scritto. Perché il Sud era la vittima sacrificale per onorare la nuova nazione voluta dall’Europa, le cui fondamenta furono gettate sull’insanguinato fango meridionale. Ciò che ne derivò fu soprattutto l’emigrazione che impoverì ulteriormente il Sud. L’emigrazione ebbe inizio dopo l’Unità d’Italia, e fu una causa dell’Italia fatta, fenomeno che prima di tutto ciò riguardava le zone del nord, Piemonte in testa. Il libro si conclude con il proclama reale di sua maestà Francesco. È un epitaffio intriso di rimpianto con il quale il Re Borbone dice addio per sempre alla sua amata terra. Io sono napolitano; nato tra voi, non ho respirato altra aria, non ho veduto altri paesi, non conoscevo altro che il suolo natio. Autore: Maria Lombardo Casa editrice: Bonfirraro Collana: Historica Pagine: 112 Prezzo: 13,00 € Link: www.bonfirraroeditore.it
Conoscere per deliberare
Silenzio di piombo
Terre in disordine
Autore: Mariangela Maturi Casa editrice: Round Robin Collana: Scialuppe Pagine: 132 Prezzo: 12,00 € Link: www.roundrobineditrice.it
Curatore: Maurizio Braucci, Stefano Laffi Casa editrice: Minimum Fax Collana: Indi Pagine: 317 Prezzo: 16,00 € Link: www.minimumfax.com
Poligoni e veleni in Sardegna Esperimenti militari e contaminazioni ambientali: in Sardegna è un binomio già noto, ma sempre difficile da dimostrare. Nel 2011, la magistratura apre un’inchiesta e mette sotto accusa i vertici dell’aeronautica. Al centro c’è il poligono di Quirra: per 60 anni, militari di tutto il mondo vi hanno compiuto esercitazioni. Dal 2001 si susseguono denunce di malattie e morti sospette fra soldati e abitanti della zona circostante, così come accade anche per il poligono di Teulada. Però non ci sono prove certe: Commissioni parlamentari, indagini e analisi non approdano mai a risultati definitivi. Sul tavolo troppi interessi e segreti industriali e militari, accuse e omissioni, mentre sulla partita aleggia, più tossico dei veleni, il silenzio delle istituzioni.
Racconti e immagini della Campania di oggi Cinque aree attorno a Napoli, dal litorale domizio alle campagne di Sarno, passando per luoghidrammaticamente noti all’attualità come Castel Volturno, Aversa, Villa Literno. Cinque gruppi di indagine, formati da scrittori, ricercatori e fotografi, che in diversi mesi di lavoro hanno dato vita a un racconto per parole e immagini. L’idea madre: quella di esplorare cosa succede nel territorio, cosa muove la vita quotidiana dei suoi cittadini, quale umanità abita terre sempre rappresentate come degradate e camorriste. Terre in disordine è un’inchiesta ad altezza uomo. Una ricostruzione delle contraddizioni di aree segnate da fantasie di sviluppo e promesse tradite. Con l’idea ostinata di stare nei luoghi, lasciando che sia il territorio stesso a restituire il proprio racconto.
in quarta di copertina
La foto del mese di Gianmario Pugliese
Gianmario Pugliese scopre la passione per la fotografia nel 1996. Ritiene che la fotografia digitale, grazie ai suoi innovativi strumenti, sia molto vicina alla pittura che alla fotografia tradizionale, lasciando più spazio alla soggettività dell’artista. Su questa spinta, nel 2004 decide di dedicarsi alla pittura sotto la guida dell’artista albanese Enkeleyd Rrasa. Nel 2006 è tra gli artisti segnalati alla II edizione del premio internazionale di fotografia “Viaggio in Basilicata. I giovani e il futuro: la percezione di una speranza”. Le foto sono state esposte in una mostra collettiva itine-
rante, ospitata dall’Università di Westmister di Londra, dalla Biblioteca nazionale centrale di Roma, dalla Casa dell’Energia di Milano e dal Palazzo Lascaris di Torino. Nel luglio 2006 con il cortometraggio “La terra mi tiene” primo premio nella categoria professionisti alla V Edizione del concorso opere d’arte “Potenza in video” e partecipazione al Festival internazionale di Milano. Dal 2009 collabora come volontario con la Fondazione “Aiutare i bambini”, visitando alcuni progetti a Ryandu in Kenya, in Arunacal Pradesh e nello stato di Meghalaya in India, a Muotko, presso l’ospedale ‘Luisa Guidotti’ e a Chegutu in Zimbabwe. marzo 2016 / Terre di Frontiera
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di Gianmario Pugliese
@Tripolino00