L’Alta via dei monti liguri

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Riccardo Carnovalini Anna Rastello Alberto Dragone

L’Alta Via dei Monti Liguri Di un cammino e dell’amicizia



Introduzione

L’

Alta Via dei Monti Liguri è diventata nella mia testa qualcosa di molto concreto durante l’estate del 1987. Ero a casa di Riccardo Carnovalini e della moglie Cristina, sulle colline sopra Fosdinovo, dalla balconata vedevamo la foce del Magra e un po’ del mare che abbraccia il confine tra Liguria e Toscana, lo sguardo limitato dalle colline sopra La Spezia. Li conoscevo da tre anni, ma era la prima volta che andavo a trovarli nella loro tana, dove abitavano poche settimane l’anno, tra un viaggio appena terminato e uno nuovo ancor più impegnativo da progettare. Tutte avventure per me irraggiungibili, data la normale vita sedentaria con cui fare i conti, ma sentirli raccontare e desiderare di provarci, il passo era breve. Lo feci una sera, quel passo, dopo averli ascoltati ricordare di come nel 1980 avessero ripercorso e provato a rilanciare quel cammino, che inizia – o finisce – quasi sotto quella casa: poco più di 400 chilometri, quattro settimane, perché le tappe così ricche di saliscendi sono 5


abbastanza impegnative; ma in fondo che cosa sono 400 chilometri, in Liguria, così vicina e domestica anche per me? E allora mi sono fatto promettere che mi avrebbero accompagnato sui sentieri di quell’Alta Via, non appena mi fossi organizzato per avere il tempo necessario, le quattro settimane fatidiche, magari un mese pieno, per potermi ripigliare alla fine, prima di tornare al lavoro. Così per anni me la sono sognata l’Alta Via: migliaia di passi lungo una sorta di sentiero di crinale, rocce, prati e boschi da una parte, scogli e mare in basso dall’altra, Alpi e Appennini che si incontrano, esperienza davvero unica e irripetibile; anno dopo anno si rivelava però impossibile trovare tanto tempo tutto assieme – lavoro tiranno – e così rinviavo a quello successivo, senza rassegnarmi. Ho dovuto attendere il 2017, finalmente in pensione, per rendermi però conto che ora avrei avuto il tempo, ma non più il fisico, salvo rischiare di rientrare a casa prima della fine, sconfitto. E allora decidiamo di progettare l’avventura a pezzi, di programmarla così, senza sfide inutili, per vivere al meglio un’esperienza immaginata per oltre trent’anni. Riccardo decide di coinvolgere anche alcuni suoi amici: un piccolo gruppo, provenienze diverse (Torino, Milano, Padova), tre o quattro persone; e ciascuno avrebbe potuto allargare, rigorosamente per cooptazione, ad altrettanti amici stretti e con analoghe passioni, una dozzina al massimo. Lunedì 5 giugno 2017 ci troviamo, per la prima volta tutti assieme, a Ventimiglia, per percorrere l’intera Alta Via dei Monti Liguri, un cammino di circa 440 chilometri che partendo appunto da Ventimiglia raggiunge La Spezia, dove arriviamo sabato 3 ottobre 2020. Uomini e donne, nessuno sotto i 50 anni, la maggior parte passati i 60, qualcuno sopra i 70. Alcuni appassionati di montagna e di percorsi a piedi, tutti della natura e della lentezza, 6


con la voglia di cimentarci lungo un cammino di grande fascino, ma anche di non poco impegno. Per terminarlo ci abbiamo messo quattro anni, con un appuntamento di una settimana e circa 100 chilometri alla volta, compatibile con le diverse vite di ciascuno, per alcuni ancora gli impegni di lavoro, per altri quelli di famiglia, per tutti il fare i conti con un fisico che non ha più la freschezza e la resistenza di un tempo. Questa esperienza presto va ben oltre il cammino in sé, nascono e si rafforzano legami di vicinanza e di intesa, che poi diventano di amicizia; durante le giornate poche parole, il fiato serve per scarpinare, ma bastano per dirsi chi si è, cosa si pensa, cosa si prova, e poi ci sono gli sguardi, che dicono molto, intensi di fatica e di convinzione; si condividono le sere, quando si chiacchiera di più: cambia nel corso del tempo la dimensione umana ed esistenziale di questo gruppo di persone, che si è trovato quasi “per caso”, ma che alla fine ha voglia di rivedersi ancora, magari cercando un altro cammino da percorrere assieme, nei prossimi anni, prima di appendere gli scarponi al chiodo. Abbiamo deciso di raccontare questa “nostra” Alta Via tutti assieme, perché davvero si è trattato di una vicenda collettiva; abbiamo chiesto a Riccardo di scrivere e firmare un’introduzione perché pensiamo che chi leggerà debba conoscere il senso essenziale del percorso, il contesto geografico e storico in cui si sviluppa, ma poi il racconto non ha più firme: il testo è la rielaborazione di appunti scritti da tutti, che abbiamo deciso di non distinguere tra loro: esiste un’unica voce narrante in prima persona plurale, ogni tanto qualche virgolettato dà voce a qualcuno di noi, ma nelle parole che raccontano ci siamo tutti, sempre, a ogni svolta, a ogni passo. Alberto Dragone 7



PRIMA SETTIMANA

Le Alpi nascono dal mare Da Ventimiglia a Ormea (tra Liguria e Piemonte, provincia di Imperia e di Cuneo), 6 giorni: fioriture e panorami inusuali per sentieri dolomitici.

Percorriamo i primi 100 chilometri dell’itinerario alpino e appenninico che abbraccia la Liguria da un estremo all’altro. Non illuda la vicinanza del mare e la sua vista quasi costante: il cammino è, a tutti gli effetti, un cammino di montagna, lontano da paesi e civiltà. Culmina con i 2.200 metri del Monte Saccarello, la vetta più elevata della Liguria. Straordinario è l’intreccio fra la vegetazione mediterranea e quella alpina. Lecci fra abeti bianchi e pini silvestri, lavanda a pochi passi dai rododendri, cespugli della macchia mediterranea non distanti dai lariceti. Un’immersione nella natura in grado di stupire i sensi e di regalare bellezza. Con lunghi tratti di cammino nel Parco naturale regionale delle Alpi Liguri.


Limone Piemonte Panice Soprana

Upega

Colle San Bernardo di Mendatica

Tenda

Monesi Monte Saccarello

Cosio di Arroscia

Rifugio Sanremo Bassa di Sanson

Colla Melosa Sentiero degli Alpini Monte Toraggio Colle Scarassan Gola di Gouta Pigna

Testa d'Alpe

Colle dei Saviglioni Ceriana Pozzuolo di Dolceacqua Dolceacqua

Ventimiglia

Ciaixe San Biagio della Cima Vallebona Ospedaletti Vallecrosia Bordighera

Sanremo


Calizzano Colle del Melogno Garessio

Bric Agnellino Giogo di Giustenice Tovo San Giacomo Monte Carmo Rifugio Pian delle Bosse Rifugio Le Collette Giogo di Toirano Borgio Ormea Rocca Barbena Pietra Ligure Colle Scravaion Monte Armetta Boissano Loano Monte della Guardia Toirano Bardineto

Passo di Prale

Borghetto Santo Spirito

Colle di Nava

Ceriale

Cisano sul Neva

Ortovero

Pieve di Teco

Albenga

Villanova d'Albenga

Alassio Borgomaro

Laigueglia Andora Pontedassio

Diano Castello Dolcedo

Imperia Cipressa

San Lorenzo al Mare

Diano San Pietro Cervo Diano Marina


0m 0 km

20

INIZIO: Lunedì

40

60

80

ORMEA

RIF. SANREMO

COLLE DI NAVA

500

COLLA MELOSA

1.000

VENTIMIGLIA

1.500

POZZUOLO DI DOLCEACQUA

2.000

GOLA DI GOUTA

2.500

100

120

140

5 giugno 2017 alle 14 alla stazione ferroviaria di Ventimiglia. Da Milano alle 9.10 parte un treno che arriva a Ventimiglia alle 12.56. FINE: Sabato 10 giugno alle 16 a Ormea (CN). In corriera a Ceva e poi in treno a Torino e Milano, che si raggiungeranno in serata. CAMMINO: Si cammina su sterrate e su sentieri di montagna. Il terreno in genere è agevole ma a volte anche roccioso e ripido e richiede pratica dell’ambiente montano e attenzione in alcuni passaggi. NOTTI: Agriturismo, rifugi, albergo. In rifugio camere multiple e bagni in comune. PASTI: Pranzi al sacco, prima colazione e cene nelle strutture che ci ospitano. COSA PORTARE: Scarponcini da trekking (alti, collaudati e con buona suola spessa e scolpita), calze a imbottitura differenziata, borraccia, asciugamano in microfibra, sacco lenzuolo. Utile la tessera Cai per gli sconti nei rifugi. DIFFICOLTÀ: Si tratta di un viaggio itinerante con zaino medio sulle spalle in ambiente montano (dai 6 ai 9 kg in tutto). Prepararsi allenandosi ai dislivelli indicati. SPESE PREVISTE: 300 € circa, da portare con sé per mangiare, dormire. Sono suscettibili di piccole variazioni in più o meno legate a differenze di prezzi e a esigenze del gruppo. NOTE: Si consiglia di arrivare in treno. Gli appuntamenti sono studiati per favorire questo modo di viaggiare e disincentivare l’uso dell’auto!

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LUOGHI E INCONTRI

· Fortificazioni preromane, sabaude e prebelliche · Le foreste di Gouta le fioriture di peonia · Lavanda e rododendri · Camosci, ermellini, galli forcelli · Il Monte Saccarello, tetto dell’Alta Via · Ormea, il cui nome deriva dal latino ulmeta, per la gran quantità di olmi presenti un tempo sul territorio LUNEDÌ 5 GIUGNO

Ventimiglia (5 m) - Pozzuolo di Dolceacqua (550 m) 12 km, 3h30 effettive di cammino, dislivello totale +745 m -200 m Si sale e si aggira il Monte delle Fontane. Poi fra olivi, vigne e panorami sulla Val Roja e la Val Nervia si risale il Monte Baraccone con agevole sentiero. Al termine della tappa il paesaggio inizia ad assumere aspetti montani. Cena e notte all’agriturismo Piccola Sparta sulle alture di Dolceacqua. MARTEDÌ 6 GIUGNO

Pozzuolo di Dolceacqua - Gola di Gouta (1.212 m) 21 km, 6h30 effettive di cammino, dislivello totale +1.000 m -338 m Si attraversano i monti Abelliotto e Abellio, dominando l’incassato borgo di Rocchetta Nervina. Poi si segue la linea di confine con la Francia per oltrepassarla in corrispondenza della Testa d’Alpe. Con tratti di sentiero e di ex rotabile militare sullo spartiacque RojaNervia si giunge al Colle Scarassan e, nuovamente in territorio italiano, si conclude il cammino alla Gola di Gouta in un’area forestale di pregio. Cena e notte al locale rifugio-ristorante. MERCOLEDÌ 7 GIUGNO

Gola di Gouta - Colla Melosa (1.542 m) 18 km, 5h30 effettive di cammino, dislivello totale +860 m -530 m Si torna al Colle Scarassan per percorrere il versante orientale del Monte Lega fino alla Gola del Corvo. Con ripido sentiero si sale

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il Monte Toraggio e, passati in territorio francese, si raggiunge la Gola dell’Incisa. Un comodo sentiero permette di aggirare la dolomitica cima del Pietravecchia. Sul versante sud si sviluppa, invece, l’ardito e malagevole Sentiero degli Alpini. Discesa finale su sterrata al rifugio Cai Allavena. GIOVEDÌ 8 GIUGNO

Colla Melosa - Rifugio Sanremo (2.054 m) 17 km, 6h effettive di cammino, dislivello totale +1.040 m -528 m Si sale alla Sella d’Agnaira per ritrovare l’Alta Via, che si dirige a nord su strada ex militare con quote intorno ai 1.900 metri. Si scende alla Bassa di Sanson e, con un breve tratto in territorio francese, al Passo di Collardente. Si sale ripidamente ai 2.200 metri del Monte Saccarello, vetta dell’Alta Via e della Liguria e, con un breve percorso su dorsale prativa, si arriva alla Sella della Valletta e al rifugio Cai Sanremo. Cena e colazione in autogestione, rifornendoci del necessario a Colla Melosa. VENERDÌ 9 GIUGNO

Rifugio San Remo - Colle di Nava (934 m) 19 km, 5h effettive di cammino, dislivello totale +260 m -1.380 m Aggirato il Monte Frontè e percorsa la sua cresta nord-orientale, si scende su scoscesi pendii al Colle S. Bernardo di Mendatica. Da qui l’itinerario segue alcuni tratti della provinciale Colle di NavaMonesi. Infine, dal Forte Possanghi si scende con una mulattiera a svolte nel bosco al Colle di Nava. Cena e notte nel confortevole albergo Lorenzina. SABATO 10 GIUGNO

Colle di Nava - Ormea (715 m) 16 km, 5h30 effettive di cammino, dislivello totale +985 m -1.204 m Si sale prima nel bosco poi in un ambiente più aperto fino al Passo di Prale. Dopo un breve tratto di strada s’imbocca il sentiero che risale la dorsale del Monte della Guardia fra boschi e balze

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rocciose. Passata la Colla Bassa si sale alla panoramica cima del Monte Armetta (1.739 m) per poi lasciare l’Alta Via dei Monti Liguri e scendere ripidamente nelle faggete e nei castagneti della Valle Bossietta e, con un ultimo tratto lungo il Tanaro, fino al centro di Ormea.

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Salite e discese ardite

LUNEDÌ 5 GIUGNO 2017

L’

appuntamento è alle 14 davanti alla stazione di Ventimiglia, punto di incontro del nostro composito gruppo di camminatori. Per chi ha lasciato Torino già arrivare a Ventimiglia è un viaggio da assaporare. Il treno delle Meraviglie che parte da Cuneo è storia e paesaggi, una linea ferroviaria così suggestiva da meritarsi un posto tra le dieci più belle del mondo. Furono i Savoia a volerla, per collegare Torino alla Contea di Nizza, ripiegando su Ventimiglia quando nel 1860 divenne Nice. Novantasei chilometri tra gallerie elicoidali e a ferro di cavallo, viadotti arditi e stazioni graziose. Tende, La Brigue, Saint-Dalmas-De-Tende, Breil-Sur-Roya, Airole. Paesaggi maestosi, tra le strette valli Roya, francese, e Vermenagna, italiana, la Vallée des Merveilles ai piedi del Monte Bego, la potenza nel nome indoeuropeo, signore divino, confermata dalle quaranta33


mila incisioni rupestri. Un primo assaggio di Alpi Marittime, e poi Ventimiglia, una frontiera che è speranza e timore per molti migranti, che da qui tentano di trovare il momento giusto per cambiare nazione. È estate, più facile confondersi tra i turisti, ma il passaggio in Francia è comunque un terno al lotto, un sogno difficile da realizzare. Appena dopo l’ora di pranzo arriviamo quindi alla spicciolata, facilmente identificabili: anagraficamente attempati, negli occhi bagliori di curiosità, ai piedi pedule e in spalla lo zaino. Pedule lavorate dall’esperienza abbinate a zaini ben impostati e spallacci ben regolati sulla schiena; ma anche scarponi quasi nuovi abbinati a zaini troppo pieni, a conferma che non per tutti è facile trovare la misura di cosa sia necessario, essenziale. In ciascuno di noi albergano sensazioni ed emozioni alterne, che scaturiscono dalla diversa dimestichezza con settimane di impegno come questa, e anche con la maggiore o minore facilità di fraternizzare con altre persone, mai viste prima, con le quali sappiamo di dover condividere tutto quello che capiterà, giorno e notte, senza poter scantonare. “La prima tappa di un nuovo trekking è un momento speciale: si concentrano emozioni diverse, il trasferimento in treno da Milano, il contatto col mare che non vedevo da mesi, l’incontro con un gruppo di sconosciuti con i quali dovrò condividere una settimana di cammino, i luoghi, diversi sia dagli abituali sentieri valdostani sia dalla “mia” Liguria di Levante. La tappa non prevede grandi dislivelli né un percorso troppo lungo, ma cominciare a camminare nel pomeriggio, dopo un viaggio in treno mette sempre un po’ di disagio; nei prossimi giorni andrà meglio, è questo il bello 34


dei trekking, ci si alza presto e si è già sul cammino, senza trasferimenti. E poi bisognerà capire che tipi sono i nuovi compagni di viaggio. Che siano tutti amici di Riccardo è già una garanzia, ma vedremo stasera a cena, perché è a tavola che si capiscono molte cose.”

Per fortuna siamo tutti abbastanza maturi da non abbandonarci a giudizi sommari quando la curiosità si ammanta di perplessità, pronti a cogliere il buono che sta nel diverso. “Ho imparato a stimare Riccardo per le sue guide e i suoi scritti e poi percorrendo, con lui e un gruppo di amici, una fantastica Basilicata coast to coast, ma non nego di aver messo in dubbio quel giorno la sua ragionevolezza. Lui non era ancora arrivato, ma alcuni dei compagni di avventura erano facilmente individuabili. Noto subito un personaggio con uno zaino e due borse: dopo le presentazioni di rito, chiedo ad Antonio: ‘Le borse dove le lasci?’ La risposta fu: ‘Metto tutto nello zaino’. Poi vedo un altro personaggio (con il quale entro subito in competizione per altezza e stazza) munito di una coppia di bastoncini da trekking stranamente ricurvi. ‘Ti trovi bene con questo tipo di bastoni?’ E lui, Alberto, prontamente mi fa notare che la curvatura consente di scaricare meglio il peso e aggiunge che sono frutto dello studio di un suo carissimo amico. Le perplessità stanno aumentando, ma arrivano Anna, Riccardo e tutti gli altri, quindi dopo le presentazioni ufficiali, partiamo. Le perplessità presto svaniscono, lo zaino di Antonio si è dimostrato capiente oltre misura e Alberto ha fornito subito ampie rassicurazioni sull’uso dei suoi strani bastoni.”

In ogni caso a prevalere è soprattutto il desiderio di cimentarsi con la sfida che ci aspetta; ciascuno di noi intu35


isce che sta iniziando un’esperienza del tutto particolare e che le fatiche di quel primo giorno, anche quelle per raggiungere il luogo di partenza, saranno ripagate: “Ventimiglia, partenza! Semplice per chi abita a Milano o Torino, noi padovani sempre i più distanti, con levataccia all’alba per arrivare in tempo, però va bene lo stesso, certi che l’organizzazione perfetta stile Carnovalini, avrebbe considerato per il primo giorno anche la nostra lontananza. E così è iniziata l’avventura della nostra Alta Via dei Monti Liguri: io non conoscevo la Liguria, solo passaggi frettolosi, ma durante le settimane di questa esperienza ho scoperto l’interno, una regione molto varia, con paesaggi incantevoli. E c’è chi parla solo delle Cinque Terre!... Comunque arrivare a Ventimiglia con più cambi di treno e poi cominciare a camminare subito non è stato facile, specialmente per la prima mezz’ora, ricordo che faceva anche molto caldo. Abbiamo incontrato il gruppo, all’appuntamento fissato, ci siamo presentati, osservati, ma neanche più di tanto, e via per la prima tappa, però già a fine pomeriggio è netta la sensazione che ci fossimo sempre conosciuti e soprattutto che nessuno voleva dimostrare niente: una gran cosa.”

Siamo tutti consapevoli che non sarà una passeggiata, ma abbiamo voglia di vivere un percorso impegnativo nella maniera più lieve possibile. Quattrocentoquaranta chilometri di itinerario di crinale, quasi sempre sopra i mille metri di altitudine, antica rotta di mercanti e contadini ora utilizzata da escursionisti alla ricerca di paesaggi con cui riempirsi occhi e polmoni. E parecchia solitudine perché i luoghi non sono troppo frequentati, e anche i posti tappa sono ridotti al minimo. Sentieri intersecano l’Alta Via per tornare a fondovalle: discese o salite impervie, quelle degli antichi contrabbandieri del sale, ripidi e 36


rapidi per sfuggire agli archibugi del Ducato di Savoia e della Repubblica di Genova. Sentieri che percorreremo all’inizio e al termine di ogni frazione di cammino. Riccardo ha deciso la cadenza: quattro settimane, quante sono le province liguri, circa cento chilometri per ogni settimana. La prima ci porterà a Ormea, in Piemonte, Alta Val Tanaro. Siamo dodici impavidi, persone d’esperienza perché d’età. Tra noi c’è chi ha scalato il Monte Bianco e chi ha preferito le colline alle montagne, chi ha fatto lunghi cammini e chi passeggiate nei boschi, chi ama il brivido dei sentieri esposti e chi prova un senso di vertigine anche solo ad attraversare un ponte sospeso su un torrente. Con la guida di Riccardo, ecco chi siamo, suddivisi per provenienze: c’è un sottogruppo veneto, o meglio padovano, con Alessandro e Paola che hanno coinvolto Luisa; il sottogruppo milanese costituito da Alberto C. e Antonio; un sottogruppo lombardo-piemontese di amici di Alberto D. che vede Marco e Tommaso in prima linea, senza dimenticare Luciano e, infine, Anna, compagna di Riccardo. L’ultimo ad aggiungersi alla compagnia è stato Lorenzo, torinese, grande camminatore (basti ricordare che nel 2008 ha percorso in solitaria i 4.200 chilometri del Pacific Crest Trail), amico di lunga data di Alberto D., che per combinazione aveva programmato proprio per quella settimana la partenza per una lunga traversata (da Ventimiglia verso est/sud-est, le ultime Alpi, gli Appennini liguri e quelli tosco-emiliani, fino a La Verna) e che ha deciso di aggregarsi a noi per i primi giorni di cammino. Il primo passaggio simbolico è toccare il punto in cui le acque dolci del Roja si vanno a confondere con quelle salate del Mar Ligure, e poi dalla spiaggia subito in sa37


lita, a confermare con l’esperienza che la montagna nasce dalle acque. E saliamo rapidamente, tra ginestre e macchia mediterranea. Di dosso in dosso, tra salite e tratti pianeggianti, oltre le ultime abitazioni, belle ville che dominano paesaggi incantevoli, oltre gli oliveti e i vigneti fino a superare la cappella di Nostra Signora della Neve, in località Ciaixe, sulle alture di Camporosso, un sentiero a mezza costa profumato di rosmarino ci porta prima a salire sul Monte Baraccone e poi a ridiscendere verso i suggestivi calanchi di Terre Bianche, erosi da vento e pioggia. Poco meno di cinque ore di cammino e 750 metri di dislivello in salita per misurarsi con se stessi: la saggezza conquistata con l’età ci esime dalla competizione con l’altro, piuttosto ci aiuta a capire il nostro fisico e a superare qualche piccolo limite. “Gli ultimi due chilometri sono stati davvero difficili, grandi fitte di dolore alle spalle – non le gambe come temevo – devo aver messo male lo zaino, stasera cercherò di capire cosa ho sbagliato, altrimenti domani sarà dura...”

L’agriturismo Piccola Sparta sulle alture di Dolceacqua è un posto tappa panoramico. Il gestore è Leon, un personaggio dal passato avventuroso, grande affabulatore capace di rendere avvincente persino la spiegazione di come si fa l’estratto di lavanda. Parla italiano e francese (in passato ha militato sia nella Legione straniera sia nell’Arma), mentre la moglie parla francese e un dialetto occitano. Qui nel Dopoguerra si è tenuto un referendum per scegliere se stare con la Francia o con l’Italia, e ogni paesino sulla linea di frontiera ha fatto la propria scelta. Siamo in un mondo a parte. La prima cena conviviale è l’occasione per fare gruppo: in cammino hanno prevalso i rapporti già esistenti tra 38


alcuni di noi, amici che si ritrovavano magari dopo qualche tempo e avevano voglia di raccontarsi le ultime novità della vita; ma prendendo posto alla lunga tavolata si scompigliano le carte e ci si mescola. Superato il timore del primo passo, l’animo si rinfranca, il cuore è lieto e le gambe son pronte a proseguire.

MARTEDÌ 6 GIUGNO

È

mattina. È salita. 1.476 metri di altitudine il punto più alto, raggiunto marciando su strada militare, prima, e su cresta di confine tra profumate fioriture di rose selvatiche, poi. Le nostre ricalcano orme antiche di soldati che qui transitarono per difendere un confine che ora, grazie al trattato di Schengen, possiamo dimenticare: solo i messaggi che arrivano ai cellulari ci avvisano che stiamo camminando con un piede in Italia e uno in Francia. Mille metri di dislivello in salita nemmeno si sentono se la compagnia è allegra e ben disposta, se il percorso è vario, se ci si muove tra nuvole, spettacolari abetaie ultracentenarie e agresti tratti tipicamente alpini: eppure il mare è laggiù e l’aria ce lo ricorda. D’altra parte il rodaggio di ieri è stato importante. “Oggi le spalle respirano, aver legato più strettamente lo zaino in vita, facendolo ben poggiare sulla parte superiore delle anche, dà un grande sollievo, il suo peso solo in parte è sostenuto dagli spallacci, è l’uovo di Colombo.”

La meta è il rifugio Gola di Gauta nei pressi della sella omonima, a cavallo tra le valli Roja e Nervia. Tutto sa di montagna e a 1.200 metri d’altitudine la birra va giù che è un piacere, specie quando l’acqua è scarsa e la sete è tanta. 39


Pietre

L’

Alta Via dei Monti Liguri non si nega all’escursionista inesperto. Però qualche cautela prima di affrontare allegri saliscendi zaino in spalla è necessaria. Questo vale naturalmente anche per la gita fuori porta, perciò qui si accenna a questioni filosofiche che attengono al mondo dei liguri cosiddetti di “scoglio”. Cioè di quelli che da sempre hanno voltato le spalle al mare. Come noi dell’Alta Via. Il paesaggio ligure dell’entroterra si mostra aspro e deserto, ma all’ospite occhiuto e recettivo appare vitalmente innervato da una ragnatela fitta di tracce umane che si sono sovrapposte nel corso del tempo. Le più leggibili sono quelle dei sentieri. Soprattutto nel settore occidentale del percorso che corre lungo il confine con i francesi: lì alpini e finanzieri hanno sgobbato per anni crivellando la zona con straordinarie opere d’arte che Renzo Piano, che è un ligure di mare non a caso, ha ancora parecchio da studiare. Ma fate attenzione a quei sentieri, spesso quasi invisibili, che conducevano non solo i piccoli eserciti di un tempo, ma mercanzie, idee anche o forse soprattutto sbagliate, ragazze in cerca di marito o ragazzi in cerca di spose. Soprattutto merce di contrabbando come il sale tra Liguria e Piemonte. Fate attenzione a questi seduttori che si aprono allettanti a destra e a manca della via principale per farvi lasciare la strada giusta. Non fatevi ingannare. Oppure se lo desiderate seguiteli per un po’ 50


e perdetevi pure volentieri in una natura tentatrice e bellissima. I soldati d’una volta ci hanno lasciato anche forti, casermette e posti di guardia. Ma piuttosto che da questi tetri artefatti mortiferi la nostra attenzione è stata attratta da altre tracce, umanissime, della cultura di questi luoghi. Cioè i segni commoventi della vita strappata a questa terra da gente che altro non ha oltre ai calli alle mani. I fitti boschi di castagni. I magri pascoli lungo pendenze che nemmeno con le corde fisse. Le terrazze pietrose per coltivare poca segale e qualche patata. Magari, perché no, anche l’uva per un po’ di vino, che diamine! Insomma, ce ne voleva davvero di carattere per resistere, tirar su famiglia e anche morire da queste parti.

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Digressioni, letterarie e non solo

A

camminare per queste montagne capirete perché gli scrittori liguri, o che alla Liguria si ispirano, son speciali mica per niente. Anche loro partecipano di questa visione della vita senza sconti. Dove capisci da subito che nessun pasto è gratis. Solo in Liguria si poteva immaginare un barone Cosimo Piovasco di Rondò che per uno sdegno capriccioso decide di stare come una scimmia sugli alberi tutta la vita. E anche un Sanguineti l’è mica un ragazzo tanto delicato. E pure Montale che passa la vita a lucidare i suoi ossi di seppia e di meriggio se ne va pallido e assorto sì, ma anche ben pietroso. Allora, non è che ve lo suggeriamo, ma ve lo intimiamo. Da subito, già mentre salite da Ventimiglia: portate pazienza e ascoltate sempre attenti la voce di questi liguri che, in fondo, sono i nostri comuni antenati italiani. Fate una piccola digressione per il paese di Dolceacqua. Bevete pure un bicchier di Rossese. Ma soprattutto osservate la straordinaria struttura insediativa di quel borgo. In piccolo, non ha nulla da invidiare ai calanchi di Matera o alle chiese ipogee dell’Anatolia. Oppure concedetevi una sosta, per mangiare qualcosa di buono nel ristorantino del piccolo borgo di San Bernardo di Mendatica, poco prima del Colle di Nava. Quattro case come il Rio Bo in mezzo ai boschi. Poco lontano da due impossibili villaggi affacciati lungo pendici 52


franose che si fronteggiano a neanche un chilometro in linea d’aria: ma uno è in Piemonte e l’altro in Liguria. Lì la frana c’è stata per davvero e s’è portata via mezzo paese ligure anni fa. Quando la ferita sarà rimarginata non lo sa nessuno. Come troppo spesso avviene in questa nostra Italia che perde la memoria.

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