Agnès de Lestrade - Valeria Docampo
Traduzione di Rita Dalla Rosa
C’è un paese dove le persone non parlano quasi mai.
È il paese della grande fabbrica delle parole.
In questo strano paese, per poter pronunciare le parole bisogna comprarle e inghiottirle.
La grande fabbrica delle parole lavora giorno e notte.
Dai suoi macchinari escono tutte le parole di tutte le lingue del mondo.
Ci sono parole più care di altre. Non si pronunciano spesso, a meno di non essere ricchissimi.
Nel paese della grande fabbrica, parlare costa molto.
Ecco come è nata
La grande fabbrica delle parole
Valeria Docampo:
“La parola ha un potere enorme, però oggi è più difcile comunicare in modo sincero”.
Qui sopra i modellli su carta realizzati da Valeria Docampo per disegnare le strisce di parole prodotte dalla grande fabbrica e le parole che volteggiano nell’aria
La grande fabbrica delle parole è un libro molto speciale per me, non solo perché ha contrassegnato l’inizio della mia carriera di illustratrice, ma anche perché è stato letto in cinque continenti da migliaia di bambini e adulti con bagagli culturali molto diversi.
La comunicazione, l’amore e le regole della società sono temi che riguardano tutti, indipendentemente dal nostro Paese o dalla lingua che parliamo. Comunicare
è di importanza vitale perché siamo esseri sociali, anche se a volte esprimere ciò che sentiamo non è facile, soprattutto quando il contesto in cui viviamo complica la situazione. Quando ho illustrato questo libro, ho immaginato un Paese con grandi disuguaglianze sociali, dove le regole del mercato si mescolano alla poesia dadaista nascosta tra le strisce uscite dalle macchine-bocche della fabbrica. In quel mondo, che ha delle somiglianze con il nostro, il protagonista diventa un eroe superando gli ostacoli grazie alla certezza che un sentimento sincero non può essere racchiuso in semplici lettere.
Secondo me, questo è particolarmente vero in un’epoca in cui le nostre parole sono utilizzate con un significato e con il suo esatto contrario, spesso svuotandole di contenuto e rendendo più difcile una comunicazione sincera.
La storia che Agnès ci ha regalato fa risaltare l’enorme potere che ha una parola quando è pregna di un significato genuino.
In questi quindici anni, mi sono arrivati centinaia di messaggi da persone che hanno usato “ciliegia, polvere, seggiola” per esprimere amore o amicizia, come parole d’ordine, una lingua segreta. Persone che, come molti di noi, hanno provato la soddisfazione di imparare una nuova parola in una lingua che non è la loro ma che esprime esattamente ciò che volevano dire. Ho ricevuto messaggi di persone che, per diverse ragioni, faticano a comunicare, e anche di chi, a causa della propria condizione sociale, trova una consolazione in questo racconto, perché i soldi non possono comprare tutto.
Mi emoziona profondamente che così tante persone abbiano trovato nel nostro libro una fonte di ispirazione e un mezzo per esternare le proprie emozioni più intime. Sono grata di essere stata parte della sua creazione.
(Traduzione di Sara Ragusa)