Qualcuno mi aspetta dietro la neve

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Timothée de Fombelle

Qualcuno mi dietroaspetta la neve

Illustrazioni di Thomas Campi

Traduzione di Maria Bastanzetti

Le rondini non festeggiano il Natale.

Quando arriva l’inverno, sono sopra le foreste d’Africa a nuotare nell’aria umida. Disegnano ghirigori nel cielo. Salgono molto in alto e poi

scendono in picchiata, rimangono qualche secondo a pancia in su, sfiorando le cime degli alberi, fendendo la nuvola di foglie e fiori che fluttua sulla superficie delle foreste.

Le rondini non capiscono perché sono tornate a passare l’inverno lì, sopra le colline, sui tetti ardenti di questo villaggio in terracotta e lamiera.

Hanno solo ricordi. Ricordi sepolti nei loro piccoli

corpi da venti grammi di peso o in quelli delle loro antenate.

Perché tutto a un tratto sono partite verso sud?

Non ne hanno idea. Non stanno neanche davvero fuggendo dalla neve, di cui hanno solo sentito

parlare, né dal freddo, ma si sentono incapaci di non essere lì, a disperdere i moscerini, a scarabocchiare l’azzurro del cielo.

Le rondini non si occupano nemmeno di quei

piccoli esseri che si agitano sotto di loro: gli uomini.

Li vedono muoversi da un continente all’altro senza

potersi staccare dal suolo. Li vedono attraversare il deserto, in fila indiana, a volte affondare nella sabbia e sparire. E quando sorvolano le onde, li contano a centinaia, invischiati nella forza di gravità, mentre

attraversano il mare bianco su un guscio di noce.

La maggior parte delle rondini non conosce nient’altro dell’umanità, delle sue tragedie e della sua bellezza, che queste minuscole sagome, laggiù in basso, che si credono grandi sulla terra ma non superano il più piccolo dei loro alberi.

Perché non bisogna idealizzare gli uccelli. Al di là della passione del volo che dà vita alla loro anima e alla loro poesia, le rondini si occupano unicamente

di sé stesse. Ci sono solo tre punti cardinali nel minuscolo triangolo della loro testa: il nido, i piccoli, la sopravvivenza.

Gloria, lei, non aveva niente di tutto ciò.

Non aveva mai fatto un nido, mai avuto piccoli.

Le importava poco di sopravvivere: lei viveva.

Allora perché, una mattina di dicembre, volava

controcorrente nel cielo?

Perché quella rondine aveva lasciato da vari giorni il filo dell’equatore che avrebbe dovuto trattenerla in quel periodo dell’anno? Gloria era sola. Volava da molto tempo. Aveva visto il deserto gettarsi nel mare, poi la terra rinascere di nuovo nella bruma.

Si dirigeva verso nord nel cuore dell’inverno.

Un po’ più lontano, in quel momento, Freddy

d’Angelo procedeva nella stessa direzione. Guidava

un piccolo camion frigorifero giallo su cui era scritto, con eleganti curve rosse:

Gelati Pepino & Schultz

Partito dalla città di Genova a mezzanotte, aveva

superato tutti i tunnel che costeggiano il mare tra

l’Italia e la Francia.

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