Quando i capelli di papà andarono in vacanza

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TITOLO ORIGINALE: Als Papas Haare Ferien machten Text & lllustrations: Jörg Mühle @2022 Moritz Verlag GmbH, Frankfurt am Main Italian language edition arranged through mundt agency, Düsseldorf

Edizione italiana © 2023 Cart’Armata edizioni Srl Terre di mezzo Editore via Calatafimi 10, 20122 Milano Tel. 02-83.24.24.26 e-mail editore@terre.it terre.it acchiappastorie.it

Direzione editoriale: Miriam Giovanzana Coordinamento editoriale: Giulia Genovesi

Prima edizione italiana: marzo 2023 Rubbettino print, Soveria Mannelli (CZ)

Questo prodotto è composto da materiale che proviene da foreste ben gestite, da foreste certificate FSC® e da altre fonti controllate.

Jörg Mühle è nato nel 1973 a Francoforte sul Meno e ha studiato illustrazione a Offenbach e a Parigi. Con Terre di mezzo Editore ha pubblicato anche l’albo Due a me uno a te, e i board book Buonanotte Coniglietto, Coniglietto fa il bagnetto, Coniglietto ha la bua, Vola vola Coniglietto!, che intrattengono i bimbi di tutto il mondo, da Stoccolma fino a Tokyo. Questo è il suo esordio come autore nella narrativa per primi lettori.

Quando i capelli di papà andarono in vacanza

Jörg Mühle Traduzione di Claudia Valentini

Un bel giorno

i capelli di papà si stancarono di pettine e spazzola. Non avevano più nessuna voglia di starsene sempre lì, fermi sulla sua testa.

Volevano fare le loro esperienze. Vedere qualcosa del mondo, per una volta. Uno slancio e saltarono via!

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Shock!

Anche papà si mise subito a saltare di qua e di là per riacciuffarli.

Cominciò ad agitare le braccia facendoli disperdere per tutto il bagno.

Provò a minacciarli. A sgridarli.

A supplicarli. E a implorarli.

“Fermi!” gridava. “Tornate subito qui!” Ma quelli non si fermavano. Non lo ascoltavano. E non tornavano da lui. Gli frusciavano via sotto il naso senza farsi prendere.

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Papà, allora, perse la pazienza. Afferrò un asciugamano. Cominciò a sventolarlo, a lanciarlo. A farlo vorticare dappertutto. E stava quasi per colpirli.

Ma poi andò a sbattere contro lo sgabello. Forse inciampò anche sulla carta igienica. E probabilmente finì pure contro la lavatrice. O era lo scopino che gli si era incastrato tra le gambe? Di preciso non lo so. Lui, di questo punto, non ne parla volentieri. In ogni caso scivolò, perse l’equilibrio e finì nella vasca da bagno con un bel tonfo. Allora mamma aprì la porta per guardare dentro. Voleva capire che cosa stesse combinando papà, con tutto quel trambusto.

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I capelli non si lasciarono sfuggire un’occasione così ghiotta.

Sfrecciarono lungo il corridoio fino in salotto, sorvolarono il tavolo della cucina e uscirono attraverso la finestra socchiusa volando via verso la libertà. “Che fulmini!” dissi io. “Se ne sono andati!”

Mio padre però non era pronto ad arrendersi così alla svelta. S’infilò l’accappatoio e in un lampo anche calzini e scarpe. “Torno subito!” borbottò. Ed era già sparito.

Una volta fuori

dalla porta di casa, papà pensò che i capelli fossero rimasti in giardino a giocare sul prato. Proprio lì, davanti ai suoi occhi. Allora prese ad avvicinarsi furtivo. Come un leone a caccia. Solo senza criniera.

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Lento e cauto. Molto cauto. Nascosto nell’ombra, controvento. In perfetto silenzio. Si accovacciò a terra

e saltò all’attacco!

Ma non trovò nient’altro che fili d’erba.

Rimase così per un po’, disteso immobile sul prato. Poi, piano piano, si rialzò. Si ripulì i vestiti, fece uno sbuffo bello sonoro e si avviò deciso in cantina. Lo sentimmo trafficare parecchio. Quando uscì aveva in mano un retino. E un vasetto pieno di colla. Il retino lo avevamo comprato una volta in vacanza. Per prendere le farfalle. O i pesci. Cosa invece papà volesse fare con la colla, io proprio non lo so. Eppure questa storia dei capelli me l’ha raccontata mille volte.

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Insomma, di punto in bianco si mise in cammino, così come stava!

Eh, già, perché i capelli se n’erano andati e ormai erano lontani. Ma si erano lasciati dietro una traccia. E quella traccia portava in città.

Papà era molto attaccato ai suoi capelli.

O, per meglio dire, era stato molto attaccato. Adesso quelli non c’erano più. E gli mancavano da morire. Insomma, bisogna capirlo, erano sempre stati lì, fin da quando lui era solo un bimbo. Avevano sempre fatto tutto insieme, fino a quel momento!

Erano andati insieme all’asilo e poi a scuola. Insieme avevano imparato a leggere, a scrivere e a fare i conti. Si erano arrampicati sugli alberi, avevano imparato ad andare in bicicletta e a nuotare. Avevano dormito per la prima volta a casa di un amico.

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Quando non sapeva cosa fare, papà si metteva le mani nei capelli. Se aveva paura, quelli si drizzavano come aculei.

Gli erano sempre stati vicino quando arrivava il momento di andare dal dentista.

E lui li accompagnava dal barbiere. Insomma non si erano mai separati, nemmeno per un giorno, nemmeno per un minuto. Nemmeno quando papà doveva andare al bagno.

Perché i capelli non fuggono così all’improvviso, questo lo sanno tutti.

Papà rintracciò di nuovo i suoi capelli

in un ristorante. Nel menù c’era la zuppa del giorno. E la zuppa, a detta sua, attira i capelli in modo incredibile.

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Quelli si fiondarono all’interno del ristorante e si lanciarono dritti in cucina, seguendo il profumo. E come uno sciame si abbatterono sul pentolone. Ma il cuoco fu lestissimo. E

bamm!

sbatté il coperchio sul pentolone, scacciò i capelli dalla cucina e li inseguì in lungo e in largo per il locale.

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Si incontrarono tutti fuori.

I capelli. Il cuoco. E papà.

Il cuoco, furibondo, scagliò il mestolo contro i capelli.

I capelli reagirono sveltissimi e scartarono di lato.

Evitando così anche il retino.

Il mestolo centrò in pieno papà.

E i capelli fuggirono di nuovo.

Ma questa volta papà gli fu subito dietro.

I capelli se la squagliarono in gelateria. Filarono dalla sarta. Se la svignarono dal fruttivendolo e si imboscarono nel parco. Sgattaiolarono poi in un canile, tagliarono la corda in una ferramenta e si eclissarono al planetario.

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Una vera e propria caccia al tesoro.

Ma per papà non era certo un gioco!

Ai grandi magazzini, papà c’era quasi.

E li avrebbe senz’altro acciuffati...

... se il cavo non fosse stato tanto corto!

E così continuò

quel folle inseguimento. I capelli che scappavano e papà dietro. Ormai abbiamo capito. Quindi la faccio breve: a un semaforo rosso papà fu costretto a fermarsi. I capelli erano riusciti a passare con il verde. Ma lui era arrivato con un solo passettino di ritardo. E così era rimasto a guardare i capelli attraversare dall’altro lato della strada e sparire nello zoo.

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Come poteva ritrovarli là dentro?

Dalla volpe del deserto, niente da fare.

Dalle zebre: negativo. Nessun capello (suo) nella gabbia del leone. (Per fortuna, dico io!) E non erano neppure dall’ippopotamo. No.

Con diffidenza, papà si avvicinò all’orso spinoso. L’animale se ne stava spaparanzato al sole con l’aria tutta innocente. Un guardiano armato di carriola e stivali di gomma si stava giusto occupando di lui. Lavava le rocce e annaffiava l’intrico di sterpaglie. L’orso spinoso lo guardava pigramente socchiudendo gli occhi. E poi d’un tratto venne centrato dal getto d’acqua.

Sorpresa!

Quello non era affatto un orso spinoso, bensì un orso normalissimo. Le spine che aveva addosso erano i capelli di papà!

Che svanirono subito nello scarico. Ai gorgoglii e agli sciabordii nel canale di scolo seguì una specie di ruttino. E i capelli non c’erano più. A quel punto papà non poteva davvero fare più niente.

I capelli scivolarono di tubo in tubo e finirono nella rete fognaria sotterranea. Passarono attraverso l’impianto di depurazione e arrivarono in un ruscello, proprio come si studia a scuola.

Zoo

Città

Rete fognaria

Impianto di depurazione Griglia Vasca di pretrattamento Vasca di chiarificazione Vasca di depurazione
Ruscello

Da lì in avanti si lasciarono semplicemente trasportare da un fiume all’altro, sempre più grande del precedente, fino al mare. Perché è lì che finiscono tutti i fiumi.

Fiume

Ruscello

E una volta che sei in mare, puoi girare tutto il mondo.

America Mare

Fiume più grande

Da quel momento in poi

papà restò calvo. La barba ce l’aveva ancora. Così come tutti gli altri peli che non servono proprio a niente, tipo quelli nelle orecchie o nel naso per esempio. Ma i capelli, la pettinatura di sempre, i compagni di una vita, quelli non più. Gli scrivevano però. Gli mandavano cartoline, selfie e tanti cari saluti.

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Da CapELLO di Buona Speranza e da RICCIone. Da PElugia e da BULBao. Dal CAPELLOponneso e dalla FranGia.

I capelli andavano matti per i giochi di parole e si divertivano un mondo. Papà, invece, non ci trovava niente da ridere.

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Andò avanti così per un po’.

Finché un giorno successe una cosa davvero incredibile.

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Era autunno. Papà aveva voluto per forza uscire a fare una passeggiata, e io e mamma eravamo andati con lui. Ma il tempo non era dei migliori. Vento forte, cielo grigio e nuvole minacciose. Così io e mamma tornammo subito al calduccio. Ma papà proprio non ne voleva sapere. Rimase fuori. Gli piaceva quel tempaccio e di colpo prese a fissare le nuvole. Come se cercasse qualcosa. Mamma lo chiamò, ma lui non reagì in alcun modo. Se ne stava lì impalato senza dire niente. Intorno, intanto, diventò sempre più scuro. Il cielo si coprì del tutto. Proprio sopra papà. Davvero inquietante. E poi di punto in biancò cominciò a diluviare fortissimo.

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Solo che non era pioggia, quella. Erano i capelli di papà!

Erano tornati, e avevano un sacco di cose da raccontare.

Per tutti i ciuffi se siete cresciuti!

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