Leonardo Ramondetti Chelas Cinque esplorazioni

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leonardo ramondetti

CHELAS LISBOA

cinque esplorazioni



CHELAS LISBOA

cinque esplorazioni

tesi di laurea magistrale in Architettura, Costruzione, CittĂ I FacoltĂ di Architettura Politecnico di Torino a.a. 2013-2014

Candidato: Leonardo Ramondetti

Relatore: Angelo Sampieri



NOTA Questo lavoro è stato elaborato e presentato in sei scritti separati al fine di enfatizzarne la divisione fra le parti, evidenziandone la non sequenzialità. Per una maggiore praticità nella lettura la pubblicazione digitale ha subito piccole variazioni fra cui l’accorpamento degli scritti.



CHELAS, LISBOA. CINQUE ESPLORAZIONI 1. Atlante Lisbona ............................................................................................................... 12 Chelas ................................................................................................................. 24 2. Chelas, Lisboa. Una città moderna Chelas, Lisboa. Una città moderna? ............................................................. Il colpo di coda del morente Movimento Moderno in Portogallo ........... Piani Urbanistici 1948-1962 ........................................................................... Chelas città lineare .......................................................................................... Un mosaico .......................................................................................................

41 42 48 60 70

3. Racconti dal tempo presente Flânerie .............................................................................................................. Ritmi ................................................................................................................... Impronte ............................................................................................................ Cartoline ............................................................................................................

94 104 114 126

4. Un palinsesto di progetti Un arcipelago .................................................................................................... 142 Castelli ................................................................................................................ 154 Partecipazioni e condivisioni ......................................................................... 168 5. Less Zona J. Esercizi di sottrazione ...................................................................... 186 Sottrarre volumi (privati) eccedenti .............................................................. 188 Sottrarre superfici (pubbliche) eccedenti .................................................... 220



PREMESSA Oggetto di questa tesi è il quartiere Chelas di Lisbona, decostruito entro cinque esplorazioni tese a fare emergere caratteri peculiari di questa parte di città. Caratteri non ricomponibili entro un'immagine omogenea, tanto meno entro un racconto lineare. La prima esplorazione si affida all'oggettività della geografia quantitativa: un atlante prova a restituire Chelas, a Lisbona, in Portogallo, attraverso l'uso di indagini statistiche ed elaborazioni cartografiche. Mappe e dati. La seconda esplorazione tenta una ricostruzione storica dei luoghi. Chelas è riletto quale laboratorio in cui la cultura architettonica portoghese del secondo novecento mette a punto una propria specifica espressione della tarda modernità: una megastruttura organica e democratica, da subito deflagrata in un mare di frammenti non ricomponibili. La terza esplorazione prova a restituire un’esperienza dei luoghi. Fotografie e racconti catturano passaggi di un territorio costretto nella morsa di una trasformazione difficile, duramente segnata dalla crisi economica e demografica in corso. La quarta esplorazione guarda al futuro e al suo progetto. Al palinsesto di progetti impliciti che Chelas nasconde. Progetti impossibili in questo momento storico, che meritano però di essere messi in evidenza per essere eventualmente ripresi una volta che nuove e più favorevoli condizioni potranno riscoprirne il potenziale. La quinta esplorazione torna al presente, esorta rispetto la necessità di fare i conti con lo stato di emergenza che attanaglia i luoghi, e sollecita l’urgenza di un’azione capace di salvare il salvabile, anche a costo di rinunciare, temporaneamente, o per sempre, a pezzi di città eccedenti, non riciclabili. Le cinque esplorazioni seguono logiche tra loro differenti e adottano differenti strumenti d'indagine, arrivando a formulare domande che non consentono risposte univoche, tanto meno progetti capaci di risolvere la complessità entro uno scenario pacificato e unitario. Non si tratta di eludere le possibilità del progetto, quanto di discutere, in un contesto particolarmente difficile della città contemporanea europea, il potenziale di progetti impossibili, l’inefficacia di progettualità rimediali, l’urgenza di azioni incisive e risolute.



I atlante



Il viaggiatore esce nella via, è un viaggiatore smarrito. Dove andrà? Che luoghi andrà a visitare? Che altri tralascerà, per deliberazione propria o impossibilità di vedere tutto e parlare di tutto? E che cosa significa vedere tutto? José Saramago


LISBONA


PORTOGALLO 11

/27

popolazione su EU27

18

/27

PIL nominale su EU27

-0.1

%

crescita popolazione 2008 - 2013

10.487.289 ab. portogallo

47

%

popolazione attiva su totale

-2.3

129

variazione PIL 2005 - 2013

debito pubblico

%

%

1900

REGIAO LISBOA DE

27

%

popolazione portoghese

30

%

imprese portoghesi

3.2

%

della supericie del Portogallo

-14

%

pop. occupata 2008 - 2013

18 numero di municipalità

31

%

disoccupazione giovanile

GRANDE LISBOA 19

%

popolazione portoghese

1.5

%

dell superficie del Portogallo

23

-9.1

imprese portoghesi

pop. occupata 2008 - 2013

%

%

9

2.819.433 ab. regiao de lisboa

1.993.584 ab. grande lisboa

numero di municipalità

42

%

disoccupazione giovanile

547.631 ab. lisboa

13


demograďŹ a

assi viari principali assi viari secondari

547.733 ab

6.452 ab/kmq

5,2 %

popolazione di lisbona

densitĂ di pop. a lisbona

pop. portoghese

237.584 ab

5.736 ab/kmq

2,4 %

popolazione di porto

densitĂ di pop. a lisbona

pop. portoghese

3.236.344 ab 0

14

1000

2000m

popolazione di lisbona

5.390 ab/kmq densitĂ di pop. a madrid

6,9 % pop. spagnola


demograďŹ a di lisbona familie residenti

popolazione residente

300.000

900.000

150.000

250.000

700.000

110.000

200.000 1970

1991

500.000 1971

2011

1991

2011

< 14 anni

50.000 1960

> 65 anni

1971

1981

1991

2011

2001

analisi quadro demograďŹ co generale portogallo

regione di lisbona

0 - 14

15 - 24

lisbona

24 - 64

> 65

15%

12%

55%

18%

16%

11%

56%

17%

13%

11%

53%

percentuale della popolazione < 14 anni

23%

tassi di crescita

> 65 anni

lisbona

regione di lisbona

portogallo

36

18

5

1960

1971

1981

1991

2001

2011

tasso di natalitĂ

tasso di mortalitĂ

15


mobilitĂ

assi viari principali tracciati ferroviari e stazioni tracciati metropolitana e stazioni connessioni fluviali

0

16

1000

2000m

25min incremento di popolazione dovuto a movimenti pendolari per lisbona

-27% pendolari che utilizzano il sistema ferroviario rispetto al 2004


MAFRA

VILA FRANCA DE XIRA

LOURES SINTRA

ODIVELAS

AMADORA

ALCOETE

LISBONA CASCAIS

OEIRAS

MONTIJO

MOITA

PALMELA

BARREIRO

ALMADA SEIXAL

38.000 - 67.000 persone 16.000 - 38.000 persone 5.500 - 16.000 persone 200 - 5.500 persone

SESIMBRA

SETUBAL

45%

trasporto privato

75% incremento di popolazione dovuto a movimenti pendolari per lisbona

13% decremento di popolazione dovuta a movimenti pendolari da lisbona

30%

trasporto pubblico

20%

piedi o bicicletta

5% altro

17


topografia

monsanto mt. 200

lapa mt. 150 vale do alcântara

18

santa catarina mt. 80 vales do santos

sant’ana mt. 50

são jorge mt. 100

marquês vales do de pombal anjos

vales de chelas

bela vista mt.150

braco da prata mt. 20 vale fundão


19


assi viari principali tracciati ferroviari aree naturali altro aree naturali aeroporto

0

20

1000

2000m

lo br ndr ux a el vie les n be na rli n pr o la aga va lle am a ta st ten er e da m pa ris lis b co m oa pe ad na rid bu ghe da n pe s st rom t oc co a br lm at a is la v lu ss o a em sl bu o rg be o he rna ls va inki rs a lu via bi an a s bu oďŹ ca a r ni est co s du ia bl in vil o ni us rig a ta llin

aree naturali

10000

8000

940.5 ab/kmq

6000

densitĂ di popolazione regione di lisbona

4000

116.9 ab/kmq

2000

densitĂ di popolazione regionale europea

0


densitĂ e tessuti urbani

21


spazi della produzione

assi viari principali tracciati ferroviari industrie ex aree industriali aree di industria portuale

15% 10% 5%

tasso di disoccupazione lisbona portogallo

22

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008

2009

2010

2011

2012

2013


addetti ai diversi settori

indicatori percentuali demografici delle imprese 2013

primario

48,8

lisbona

secondario

42,8

portogallo 13%

terziario

1960 3% 30%

20,4 17,4 87%

67%

13,8

12,4

natalità

mortalità

adetti alle imprese non finanziarie

numero di imprese non finanziarie

1.450.000

380.000

1.325.000

350.000

1.200.000

2004 2005 2006 2007 2009 2010 2011

2012

320.000

sopravvivenza a 2 anni

2004 2005 2006 2007 2009 2010 2011

2012

analisi quadro economico generale numero di imprese

finanziarie

personale per impresa

non finanziarie

volume degli affari

individuali

società

2,5%

97,5%

64,3%

4,8%

95,2%

16,9%

83,1%

16,7%

83,3%

1,9%

98,1%

tasso di variazione annuale

piccole-medie

35,7%

grandi

99,8%

0,2%

61,4%

36,5%

38,6%

63,5%

0,9% -0,3% -2,1% -4,2% -3,6%

-2,6%

-2,8%

-3,5%

-6,1% -5,9%

-1,8% -1,9% -1,3% -4,1% -4,3% -7,7%

-9,1%

-14,1% finanziarie

non finanziarie

individuali

società

piccole-medie

grandi

23


CHELAS


chelas

parque das naçþes olivais alvalade

centro

beato

25


edificato e demografia

assi viari principali assi viari secondari

37.793 ab

5.308 ab/kmq

7,0 %

popolazione di chelas

densità di pop. a chelas

pop. lisbona

2/24

3/24

7,2 kmq

freguesia con pop. maggiore

freguesia con area maggiore

estensione

547.733 ab 0

26

200

500m

popolazione di lisbona

6.452 ab/kmq densità di pop. a lisbona

85 kmq pop. portoghese


analisi demografica dei principali comparti variazione percentuale popolazione residente nei principali comparti 2001-2011 100

-7,9%

25 20

famiglie con persone con meno di 15 anni

10 5

37.793 ab

-1,3%

0 -5

+8,3%

popolazione totale

famiglie con persone con più di 65 anni

- 10 - 15 - 20 Zona I Zona M Zona J Zona N1 Zona N2 Zona O

0 - 14

15 - 24

24 - 64

> 65

analisi edificato dei principali comparti distribuzione dell’edificato nei principali comparti

occupazione dell’edificato

proprietà delle abitazioni

2.500 2.000 1.500 1.000 500 0 Zona I Zona M Zona J Zona N1 Zona N2 Zona O

abitazioni non occupato

distribuzione temporale degli edifici realizzati

commercio

pubblica privata

stato di conservazione dell’edificato

160

buono

140

accettabile

120

male

100

molto male

80 60

15 %

40 20 0

1970

1980

1990

1995

2000

2005

2011

edificato in condizioni non accettabili

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mobilitĂ

assi viari principali tracciati ferroviari e stazioni tracciati metropolitana e stazioni

0

28

200

500m


connessioni con mezzi pubblici OLIVAIS AEROPORTO ZONA N1

ZONA I

ORIENTE ZONA N2

ZONA O

PRODAC

ALAMEDA

ZONA M

ZONA J

LITORALE ZONA L

ottima buona sufficente scarsa insufficente

MARVILA

CENTRO

3min tempo medio attraversamento del territorio in macchina

25min tempo medio di attraversamento del territorio con mezzi pubblici

45min tempo medio di attraversamento del territorio a piedi

29


orograďŹ a

30


31


sezioni territoriali: sistema vallivo e litorale

infrastrutture sedime ferroviario

0

32

200

aree industriali commercio e servizi

500m

verde residuale verde attrezzato

sistemi vallivi ediďŹ cato residenziale


33


aree naturali

assi viari principali tracciati ferroviari aree naturali pubbliche aree naturali private e orti altro aree naturali

0

34

200

500m


abitazioni e spazi pubblici

assi viari principali tracciati ferroviari abitazioni pubbliche abitazioni private o coperative spazi pubblici o permeabili

0

200

500m

35


spazi della produzione

assi viari principali tracciati ferroviari industrie attive industrie inattive ex aree industriali aree di industria portuale

0

36

200

500m


analisi economica dei principali comparti percentuale popolazione disoccupata

percentuale famiglie con un disoccupato a carico

25

6

20

5 4

15

3

10

2

5 0

1 0

Zona I Zona M Zona J Zona N1 Zona N2 Zona O

percentuale popolazione senza attivitĂ economica

Zona I Zona M Zona J Zona N1 Zona N2 Zona O

chelas, dati generali

60

15%

39%

3,2%

popolazione disoccupata

persone senza attivitĂ economica

famiglie con un disoccupato a carico

9,3%

58%

20%

popolazione analfabeta

popolazione con istruzione elementare

popolazione con istruzione superiore

50 40 30 20 10 0 Zona I Zona M Zona J Zona N1 Zona N2 Zona O

analisi scolastica dei principali comparti percentuale della popolazione residente per livello di istruzione analfabeti

elementari

medie

superiori

80

70

60

50

40

30

20

10

0

Zona I

Zona M

Zona J

Zona N1

Zona N2

Zona O

Nuovi EdiďŹ cati

Totale

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II

una cittĂ moderna



CHELAS, LISBOA. UNA CITTÀ MODERNA?

La progettazione e la realizzazione di Chelas ha attraversato un lungo periodo di tempo che va dal 1938 fino al 1964 per quanto riguarda il progetto urbano, mentre si estende fino al 2001 per quanto riguarda la realizzazione architettonica della maggior parte delle opere previste. In questo ampio arco di tempo, più di mezzo secolo, in Portogallo vi sono stati mutamenti di carattere politico, economico e sociale che hanno segnato con forza questa parte di città, e dei quali è non è possibile riferire in modo esaustivo in questo documento. Nella trattazione che segue ci si limiterà a sviluppare quattro punti di interesse per meglio mettere a fuoco le linee guida che hanno portato alla realizzazione dei luoghi. Il primo punto riguarda l'esposizione sintetica di alcune linee evolutive riguardanti le culture del progetto architettonico e urbanistico, nel tentativo di fornire uno sfondo minimo ma essenziale a comprendere alcune scelte compiute nella progettazione dell'area di Chelas. Tale operazione verrà svolta con il supporto della letteratura portoghese che ne descrive passaggi essenziali e della riflessione critica condotta da Nuno Portas. Il secondo punto ha a che fare con i piani che sono stati elaborati per l'area a partire dalla seconda metà degli anni Quaranta fino alla prima metà degli anni Sessanta, e con le scelte che hanno maggiormente influenzato l'assetto attuale di questa parte di città. Successivamente verrà esposto il piano finale del 1964, la svolta metabolista che ha portato ad assumere l'area come intero: un organismo che prova a lavorare all'unisono secondo i dettami della città lineare. Infine l'emergenza di una figura inattesa: il mosaico. La realizzazione di una città tutt’altro che organica, che lavora per parti e in modo problematicamente frammentario. Nel complesso, il tentativo è quello di mostrare Chelas quale sorta di laboratorio di idee sulla città prodotte durante la particolare stagione del moderno lusitano. Una modernità ambigua, attraversata da numerose contraddizioni che Chelas mette in scena, per molti aspetti, in modo esemplare.

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IL COLPO DI CODA DEL MORENTE MOVIMENTO MODERNO IN PORTOGALLO Dagli anni Quaranta agli anni Sessanta il dibattito portoghese attorno al progetto urbano non ha la forza di superare due posizioni predominanti che lo costringono entro uno sguardo rivolto prevalentemente all’architettura: da un lato coloro che appoggiano la corrente vernacolare, riscoperta, promossa e arricchita dagli echi retorici dal regime di Salazar, dall’altro coloro che la osteggiano in nome del razionalismo internazionale. La polemica va scemando soltanto negli anni Sessanta, quando la forte urbanizzazione delle aree costiere e della periferia della capitale diventa sempre più rilevante costringendo le competenze tecniche lusitane a superare la faziosità di vecchie posizioni, e volgere lo sguardo ai temi di trasformazione urbana, intrecciando con più forza, seppure in modo del tutto particolare, il progetto architettonico con quello della città. Sono questi gli anni in cui le crescenti ondate migratorie, l'esiguità dell'investimento statale nell'edilizia popolare e la debolezza dell’imprenditoria immobiliare locale, determina forti problemi di suburbanizzazione abusiva. Questo fenomeno riguarda in particolar modo le città più grandi, dove sono anche più forti gli interessi fondiari strettamente legati al regime. L’inadeguatezza del settore burocratico rispetto alla capacità di pianificare l’espansione delle città è palese. Le ragioni sono molteplici ma la mancanza di un robusto supporto amministrativo e manageriale, e la forte concentrazione della proprietà fondiaria, possono certamente essere ritenute le cause prioritarie.

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In questo contesto la pianificazione urbana è letteralmente morta: i piani non riescono ad avere forza giuridica, né garantiscono le aree necessarie agli interventi per le case popolari o per le infrastrutture pubbliche, […] la politica dei nuovi quartieri residenziali popolari è attuata dal potere centrale in base a valutazioni che considerano unicamente l'economicità nell'acquisizione dei terreni: grandi, isolati, malserviti, gli insediamenti che sorgono sono in definitiva dei quartieri dormitorio (N. Portas, 1991, 11).

In questi anni, l’adozione di piani urbanistici è sostanzialmente impedita dal potere politico. Ovvero, si producono piani, il più delle volte con il contributo di esperti stranieri come Auzelle, MeyerHeine, Dodi, Gruppo Ceta, ma poi se ne ostacola l’applicazione trasformandoli in “piani rappresentativi” o “piani alibi” (N. Portas, 1991) e riducendoli, ove e quando applicati, a strumenti burocratici tesi a conciliare l'autorità del regime con operazioni speculative condotte in favore del regime stesso. Rispetto a Chelas questo spiega il motivo per cui nonostante nel periodo fra il 1938 e il 1964 furono elaborati ben quattro piani, nulla venne costruito. E’ entro questo quadro che dobbiamo collocare lo scarso interesse da parte dei migliori architetti lusitani nei confronti dell’urbanistica e delle pratiche di pianificazione, e la loro maggiore attenzione allo studio di tipologie edilizie da applicare alla scala di quartiere. Come noto, questa inclinazione ha prodotto una notevole raffinatezza linguistica che ha trovato ampia espressione anche nei grandi interventi di edilizia popolare, molti dei quali denunciano ancora oggi un’autonomia rispetto alla città che ne fa dei veri e

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propri “oggetti critici” (N. Portas, 1991). Un’osservazione complessiva della città è però poco contemplata dai migliori professionisti portoghesi; per lo meno fino a quando l'estrema parcellizzazione dei suoli e la crescita disordinata delle periferie non inizia a richiamare l'attenzione su questo tema. Questo cambiamento si verifica a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta quando si rende possibile una maggiore apertura verso il dibattito internazionale su architettura e città, e si archivia definitivamente l’annoso contrasto tra vernacolaristi e razionalisti. Questo passaggio porta all'affermazione di quella che Portas ha indicato come terza via, maturata dal pensiero di Fernando Tàvora, che svolge una sintesi fra queste due correnti (P. Baìa, 2014). La neonata “tradizione del nuovo” (N. Portas, 1991) inizia anche ad esplorare con maggiore frequenza le relazioni tra progetto architettonico e città, accogliendo con determinazione le contraddizioni implicate dal richiamo al paesaggio, alla ruralità e al locale. In questo nuovo clima culturale assume sempre maggiore rilevanza l'attenzione ad alcuni materiali urbani capaci di costruire “località”: la strada, la piazza, il patio; materiali che vengono trattati come ordinatori di nuove parti di città. Tale revisione critica del movimento moderno portoghese trova scambi e riscontri, tra gli altri, nelle posizioni elaborate dal Team 10. Come scrive Portas nella prefazione alla traduzione portoghese della Storia dell’architettura moderna di Bruno Zevi del 1970: Ci sono due tendenze, con obbiettivi quasi contrapposti, sebbene entrambe sono derivate da uomini chiave nella storia del pensiero razionalista ed entrambe sono nate nello stesso periodo fra il 1950 e il 1970. Da un altro vi fu il lavoro del Team 10. Questa è la prima corrente e più positiva, poiché ricettiva ai principali problemi urbani, proponendo

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l’integrazione fra architettura e urbanistica in un unico sistema e traducendo questo in nuove forme dell’abitare che ripropone un contatto con l’ambiente circostante attraverso dispositivi come la strada, la galleria, la piazza e il cortile che si trovano nell’architettura tradizionale e storica. [...] L’altra tendenza, più grave e diffusa [...] si perde invece in una ricerca sterile per i nuovi layout, le nuove volumetrie e, soprattutto, le nuove facciate.

La nuova tendenza influenza fortemente l’elaborazione dei nuovi piani urbanistici ed è ben visibile confrontando il piano per Chelas del 1962 con quello del 1964. Nel secondo, rispetto al precedente, vengono indicati numerosi spazi pedonali interni agli edifici che avrebbero dovuto avere funzione aggregativa. Le “fasce a vita urbana intensa” (GTH-CML, 1965) ben si prestavano ad essere declinate architettonicamente in piazze, cortili e patii. Ciò resta evidente in alcuni progetti e realizzazioni come quelli dei complessi residenziali di G. Byrne e A. Reis Cabrita o di T. Taveira, mentre invece nelle prevalenti parti del piano, viene riproposta la tipologia a blocchi intervallati da ampi spazi liberi, così come dettati dai principi dell’architettura razionalista. E’ in tal senso, e in base alle riletture critiche che prendono in esame questa parte della città, che Chelas può essere definito il colpo di coda del morente movimento moderno in Portogallo. La rivoluzione, il crollo del regime ed il radicale cambiamento culturale e politico del 1974 provoca mutamenti che hanno forti ripercussioni anche in ambito architettonico e urbanistico. Ad esempio, il periodo immediatamente successivo alla rivoluzione vede lo sviluppo di numerose iniziative che tentano di rispondere alla grande problematica del tempo: la questione abitativa. Le politiche pubbliche elaborano nuovi strumenti per ottenere una più facile acquisizione dei terreni, delegando molte competenze agli enti territoriali, e promuovendo nuovi progetti attraverso il “Fondo per lo Sviluppo della Casa”. Contemporaneamente si ha la fioritura di nuovi programmi tesi a favorire l’autopromozione e la autogestione abitativa, i più noti dei quali sono il “Programma SAAL” e il “Programma Cooperativo della Casa”. L’investimento su pratiche partecipative ha importanti ripercussioni soprattutto nel nord del Paese dando luogo a modelli abitativi ancora oggi molto osservati e celebrati. Tuttavia, nonostante il clima di forte cambiamento, le esperienze in grado di esprimere un fertile connubio tra progetto architettonico e piano urbanistico restano relativamente esigue. Le difficoltà relative all’applicazione di normative urbanistiche, così come quelle di radicare il piano entro una robusta e chiara idea di spazio, non vengono meno dopo la caduta del regime. 45


Condizionata da uno spontaneismo assoluto delle iniziative, la priorità dell'urbanistica è ancora grande assente, se si considerano i deboli rapporti funzionali e spaziali dei nuovi insediamenti tra di loro e le zone circostanti. Particolarmente marcate da soluzioni architettoniche parcellari e sfasate, le concentrazioni residenziali si evidenziano per le forme e progettuali che fanno violenza ai codici della città tradizionale – la strada commerciale, la piazza, il mito del verde collettivo e l'indifferenza per il “verde quotidiano”. Se a questo si aggiunge la carenza di attrezzature – cosa che determina la dipendenza dei nuovi complessi rispetto al centro tradizionale della città – le aree residenziali rivelano ancora i limiti dell'iniziativa politica marcatamente assistenziale, preoccupata soprattutto dall'aspetto quantitativo delle realizzazioni. […] Le parti architettoniche in cui si suddividono queste grandi operazioni sono edifici-complessi o complessi di edifici dello stesso autore che inizialmente tenta di risolvere all'interno dell'opera i problemi di identità dello spazio pubblico e poi si contraddice con un ulteriore parte che segue o che precede il primo nucleo (N. Portas, 1991, 27).

In questo contesto, se il progetto urbanistico nella forma del piano, continua a non trovare forza e piena applicazione, il progetto architettonico lusitano trova occasioni di realizzazione di estremo interesse. Fino ad ottenere la ben nota attenzione internazionale negli anni Ottanta attraverso l’enfasi sul frammento e l'affermazione degli straordinari interpreti portoghesi della nuova stagione. Sempre Portas scrive: La crisi della costruzione ideologica che va sotto il nome di pianificazione contribuisce a mettere in discussione l'ambito e il valore operativo della normativa urbanistica. Questo fattore suscita inoltre, anche se in modo poco esplicito e teorizzato, la percezione del progetto urbano come orizzonte e campo di azione a partire dal frammento. La presa di coscienza di questa condizione progettuale – in mancanza o data l'impossibilità di un fondamento assoluto – consente inoltre la possibilità di lavorare alla legittimazione del progetto sapendo che “il problema essenziale è indagare sulle norme di articolazione di elementi molto

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diversi, perché la città oggi è un insieme di frammenti molto diversi […] Frammenti che, nella loro struttura compositiva o nel modo con cui si insediano nel contesto, sottintendono il senso o l'idea di città nella loro qualità di “edifici-monumento”, unità di abitazione, o complessi residenziali.” (A. Siza).

Anche di questa storia Chelas è laboratorio di qualche interesse. Per la capacità di mettere a punto eccezioni, nella forma di frammenti, che pesano per la loro qualità nel complessivo assetto di uno spazio che mantiene elementi di elevata criticità. La storia di Chelas non si ferma certamente agli anni ottanta. Ma ciò che avviene tra gli anni quaranta e la fine del secolo scorso in questa parte di città testimonia quel coacervo di contraddizioni che è parte essenziale della storia del Moderno in Portogallo: conflitti di carattere formale e stilistico, chiusura nel locale ed aperture internazionali, tensioni contratte tra progetto architettonico e progetto urbanistico, attenzioni normative e loro impossibilità applicativa, politiche urbane spesso eccellenti entro un governo della città che fatica a trovare coerenti e robuste forme di regolazione.

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PIANI URBANISTICI 1948 - 1962

La progettazione e la realizzazione di questo enorme intervento di edilizia pubblica ha un travaglio lungo che si protrae dagli anni Quaranta fino al 2001. La gestazione è di seguito divisa attraverso le quattro ipotesi progettuali elaborate nei piani fra il 1948 e il 1962: il Plano De Gröer, il Plano do GEU, il Rapporto Auzelle e il Plano-Base do GTH (la proposta finale del 1964 sarà discussa nel paragrafo successivo).

1948. Plano General de Urbanização e Expansão de Lisboa (Plano De Gröer) Il Plano General de Urbanização e Expansão de Lisboa, più noto come Plano de Gröer dal nome del suo progettista, viene elaborato fra il 1938 e il 1948. Tale piano è il primo a prevedere un'espansione della città verso oriente, nell’area di Marvila, che all'epoca si presentava come un territorio agricolo alle porte della capitale portoghese. Questa regione era caratterizzata dai complessi dell'industria portuale lungo la costa e dalle dimore ottocentesche dei grandi proprietari terrieri della capitale nell'entroterra. Il piano si basa sulla creazione di un nuovo sistema di grandi infrastrutture territoriali e sulla ricomposizione dei suoli a partire da logiche e strumenti tradizionali tesi a zonizzare le funzioni sulle diverse parti del territorio. Per quanto riguarda le infrastrutture i due assi principali, tra loro perpendicolari, corrono nel fondovalle collegando, da un lato, il nascente quartiere di Olivais con il centro di Lisbona, dall’altro, la costa con l'entroterra lungo il prolungamento di Avenida Estados Unidos, parallelarmente alla ferrovia. Dalla conseguente divisione del suolo deriva la ripartizione delle funzioni. La maggior parte del territorio orientale viene destinata ad attività di carattere industriale che secondo De Gröer si sarebbero sviluppate lungo la ferrovia e la strada Avenida Marechal Gomez da Costa, giovando della vicinanza a queste infrastrutture nonché delle industrie esistenti. A ridosso del nuovo asse è invece proposta la creazione di abitazioni a bassa densità, case per lo più unifamiliari, collocate nelle attuali aree di Condado-Zona J e Vale Fundão-PRODAC, e separate dall'area industriale da una sottile striscia verde che avrebbe dovuto svolgere la funzione di filtro. L'area occidentale, al contrario, è destinata a funzioni residenziali con l’aggiunta di due grandi parchi: uno sul limite nord-ovest, vicino allo svincolo della Segunda Circular, e a ridosso 48


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dell'aeroporto, l'altro a sud-ovest, nel fondovalle, in modo tale da facilitarne l’utilizzo da parte degli abitanti della vicina zona di Alvalade. Il Plano De Gröer subì numerose revisioni durante gli anni cinquanta, anni di una progressiva ed importante espansione urbana per lo più dovuta ai flussi migratori di persone povere provenienti dalle regioni interne o settentrionali del Portogallo. La nuova popolazione occupa diverse aree di Lisbona stabilendosi in quartieri informali con condizioni di vita problematiche. Nella stessa area di Marvila e Chelas, da sempre poco popolate, si assiste a un'enorme crescita della popolazione a ridosso della fascia industriale. Il quartiere più noto è il Bairros Chinese. Nel 1961 delle 2.801 famiglie censite, 806, circa il 30%, vive in baracche (GTH-CML, 1965) e nel 1969, a seguito dell'ulteriore espansione industriale, solo il 26% delle persone vive in edifici con condizioni minime di abitabilità (Heitor 2001, 95). Nel tentativo di affrontare o perlomeno contenere questi fenomeni nel 1959 viene approvato il decreto legge n° 42 454 che promuove in maniera decisa l'intervento pubblico per la realizzazione di residenze a basso costo, segnando una svolta nelle politiche urbane portoghesi. Nel comune della capitale vengono stanziati i fondi per la realizzazione dei quartieri di Madre de Deus, Padre Cruz, Quinta das Mouras, Padralvas, Charquinho e infine Olivais e Chelas. Ancora a metà degli anni Sessanta una relazione della municipalità di Lisbona prevede il fabbisogno di 128.000 abitazioni da costruire in 30 anni, delle quali 58.000 per rispondere alla crescita di popolazione e 70.000 per la sostituzione dei bairros de lata (GTH-CML, 1967). E’ in questo clima che, nel 1954, il Gabinete de Estudos de Urbanização (GEU) inizia la revisione e l’attuazione del piano regolatore. Tale lavoro termina nel 1959 con la redazione del Plano Director de Urbanização de Lisboa, o Plano Director do Gabinete de Estudos de Urbanização.

1959. Plano Director de Urbanização de Lisboa (Plano Director do Gabinete de Estudos de Urbanização) Il Plano Director do Gabinete de Estudos de Urbanização ingloba un nuovo piano di urbanizzazione che prevede, per Chelas, una popolazione totale di 65.000 abitanti, di cui 60.000 da insediare nella parte di nuova realizzazione, mentre 5.000 nell'area fra la ferrovia e il fiume. Il Plano do GEU viene sviluppato sulla base del Plano De Gröer, del quale ripropone caratteri e zonizzazione, tuttavia vengono apportati diversi cambiamenti. Tra questi, il più signi50


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ficativo risulta essere lo sviluppo concentrico dell'area, teso a marcare una forte polarizzazione dell’intero quartiere verso il suo centro. Tale sviluppo è messo in evidenza dalla conformazione della maglia infrastrutturale, che al pari del piano precedente ha la forte pretesa di strutturare l’intero territorio. Nel piano della GEU, da un lato vengono riproposte le principali arterie dal progetto di De Gröer, tese a rafforzare l'importanza dell'asse nord-sud attraverso un migliore raccordo alla rete infrastrutturale di Olivais, e quello est-ovest di congiunzione tra Avenida de Estados Unidos ed il litorale. Dall'altro particolarmente significativa è la progettazione di una rete interna, di carattere secondario. Tale maglia concentrica diviene essenziale per evidenziare il nuovo polo centrale e per delimitare le nuove aree funzionali. Tale maglia serve le aree residenziali e le collega, ma al contempo anche separa, dagli spazi naturali o industriali attigui. Nel mezzo della rete è individuata un'area indicata come il “centro”, cuore previsto di questa parte di territorio, nonostante le difficoltà orografiche poco facilitino questo tipo di soluzione. La zonizzazione risulta alquanto differente rispetto a quella del piano di De Gröer. Gli spazi della produzione, che prima occupavano gran parte della zona orientale, vengono ridotti e divisi in due parti distinte. La prima, collocata al limitare sud-est si trova a ridosso di Marvila Antiga, a contatto con la zona portuale. La seconda si colloca nella parte settentrionale dell'anello esterno, a ridosso di Avenida Marechal Gomez da Costa, creando una fascia che separa nettamente Chelas da Olivais. Anche i parchi subiscono forti modifiche. La parte di confine con la fascia industriale viene eliminata, mentre il parco a ovest si allarga abbracciando la restante parte occidentale dell'anello più esterno. L'incremento di questa area cambia radicalmente i vecchi propositi. Infatti, se nelle intenzioni di De Gröer il parco sarebbe potuto “servire agli abitanti di Alvalade a cui mancano spazi liberi” (GTHCML, 1965) ora questo territorio assume il carattere di un grande parco metropolitano capace di influenzare l’intera parte orientale della città. In realtà la decisione di dilatare quest'area naturale risultò più una imposizione che una scelta, infatti il territorio preso in esame, ovvero la cresta collinare più elevata di Chelas, è anche quello maggiormente prossimo all'area aeroportuale e per tale motivo non edificabile. Il piano elaborato nel 1959 può essere considerato la vera pietra d'angolo delle trasformazioni che si succederanno in quest’area. Esso è infatti produttore delle principali linee guida che caratterizzeranno i piani seguenti e l’assetto attuale.

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1962. Rapporto dell'architetto Auzelle sopra il Plano Director do Gabinete de Estudos de Urbanização La mancanza di una cultura disciplinare urbanistica in Portogallo spinge molte municipalità del Paese a rivolgersi a competenze esterne. Questo accade anche a Lisbona quando nel 1962, per elaborare un rapporto sopra il piano del Gabinete de Estudos de Urbanização, viene chiamato l'architetto francese Robert Auzelle che nello stesso anno sta lavorando al piano urbanistico per la città di Porto. Il documento da lui redatto per la capitale sottolinea le criticità del piano del 1959, ma nonostante la sua stesura avvenga nel 1962, viene pubblicato soltanto dopo la conclusione del progetto del Plano-Base di Chelas sul quale non ebbe quindi alcuna influenza. Al contrario fu preso maggiormente in considerazione nella stesura del piano definitivo del 1964, nonché nella revisione del piano di Lisbona compiuta da Meyer e Heine nel 1967. L'analisi dell'urbanista francese per Chelas si divide sostanzialmente in due parti: la prima mette in luce le difficoltà derivate dalla particolare topografia del luogo e dalla sua collocazione nei pressi della zona aeroportuale; la seconda presenta invece una critica sostantiva a molteplici aspetti del piano elaborato dal GEU. La prima parte consiste in un invito alla valorizzazione del patrimonio storico, ovvero le case patronali ottocentesche, i conventi, il patrimonio agricolo e i numerosi punti panoramici rilevati in quest'area. A questo si lega un richiamo a prestare particolare attenzione al suolo di Chelas, uno dei più franosi e accidentati di Lisbona, non solo quindi l’orografia, ma anche i caratteri geologici, che a suo avviso avrebbero potuto creare notevoli difficoltà all'espansione urbana. Auzelle sottolinea inoltre, a più riprese, il problema della vicinanza all'infrastruttura aeroportuale affermando che “per la pianificazione di Chelas la presenza dell'aeroporto conduce a tipologie di soluzione che non si sarebbero presentate normalmente” (GTH-CML, 1965). Con questo si riferisce in primo luogo alla decisione del piano del 1959 di porre il parco urbano in quest'area, impossibile da attrezzare con un adeguato equipaggiamento infrastrutturale, e conseguentemente lontano da attrezzature quali scuole o biblioteche, che potrebbero beneficiarne. La vera e sostanziale critica di Auzelle consiste però nel contestare per intero il piano elaborato per Lisbona, dove lo sviluppo della città era previsto attraverso la creazione di anelli concentrici a densità decrescente supportati da un unico centro: quello storico e tradizionale della Baixa. Al contrario Auzelle sostiene la 54


necessità di abbandonare la logica monocentrica attraverso un processo di ristrutturazione urbana basato su una ridistribuzione della popolazione, creando quindi nuove aree a maggiore densità e dando origine a una gerarchia di poli urbani. In quest'ottica l'urbanista francese indica il territorio di Chelas come spazio potenziale per la creazione di una nuova centralità. Vicino all'aeroporto e ponte fra il centro e i neonati quartieri di Olivais, questo luogo era il cardine per una riorganizzazione urbana del territorio orientale. Tale ragione lo porta a considerare in modo negativo la formazione della fascia industriale a nord di Chelas, che occupava un territorio a suo avviso utile per costituire un legame con la parte settentrionale della regione. Allo stesso modo considera insufficienti le connessioni stradali, e soprattutto indica come necessaria la progettazione di una nuova radiale tesa ad unire la zona ovest alla costa, passando per la zona centrale del nuovo quartiere. Sebbene Auzelle non fu mai coinvolto direttamente nella progettazione del piano, alcune linee guida da lui indicate saranno rilevanti per la stesura del documento finale. Inoltre, sebbene non venga riscontrato un contatto diretto fra l'urbanista e i tecnici del Gabinete Técnico de Habitaçao, non si può escludere una certa contaminazione di idee poiché alcune delle istanze emerse sono chiaramente esplicitate già nel progetto del 1962.

1962. Plano-Base do Gabinete Técnico de Habitaçao Nello stesso periodo in cui Auzelle elabora la sua critica al Plano do GEU, il compito di redigere il progetto urbano per Chelas passa dal Gabinete de Estudos de Urbanização al Gabinete Técnico de Habitação. Tale passaggio di competenze è importante, infatti il GTH aveva come compito principale la progettazione e l'esecuzione di residenze pubbliche e non la redazione di piani urbanistici. Tale discrepanza viene chiaramente indicata dagli stessi tecnici sia nel piano base pubblicato nel 1962 che in quello definitivo del 1964, dove essi lamentano la mancanza di direttive generali di pianificazione e sottolineano come la realizzazione di un piano di urbanizzazione sia un'operazione estranea ai loro compiti. La maggiore conseguenza è l’estrema assertività che caratterizza il piano, il quale viene presentato attraverso un elenco di punti che a detta degli stessi operatori mirano alla “programmazione di una struttura urbana che non è soggetta ad alcuno schema rigidamente stabilito a priori, ma che è semplicemente la 55


risultante dei fattori in precedenza enunciati, i quali sono stati contestualizzati e adattati alle condizioni territoriali esistenti” (GTH-CML 1965). Tali punti sono: 1 – Integrazione della nuova zona con la città storica attraverso l'utilizzo di grandi arterie stradali che permettano una penetrazione più profonda possibile nel tessuto urbano esistente. 2 – Integrazione con l'area metropolitana e la regione di Lisbona, in particolar modo con la regione fluviale. 3 – Creazione di un nuovo polo di attrazione per la zona orientale della città. 4 – Posizionamento delle principali attrezzature di interesse collettivo in modo che siano facilmente accessibili attraverso le principali vie di distribuzione. 5 – Creazione di un parco per la zona orientale di Lisbona che permetta di attenuare l’inquinamento legato all'industria. 6 – Concentrazione delle abitazioni nelle zone dove è possibile avere una maggiore densità, in modo da poter avere la massima possibilità di alloggiamento senza intaccare le molte aree naturali o destinate ad ospitare attrezzature territoriali. 7 – Valorizzazione del paesaggio e attribuzione di specifiche funzioni alle aree di maggiore interesse geografico.

Se si confrontano i punti elencati con il progetto elaborato si possono fare alcune osservazioni che confermano l’essenzialità delle scelte e la loro ricaduta sul territorio senza alcuna loro sofisticata declinazione entro specifiche forme e spazi. O meglio, ogni principio porta con sé una forma perentoria, rigida, riflesso incondizionato dell’assertività ideologica che la sottende, con due emergenze fondamentali. La prima riguarda il peso delle grandi arterie stradali ed il loro potenziamento rispetto ai precedenti piani: le infrastrutture assorbono tutto, senza al contempo costru-

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ire un sistema di nessi e relazioni con il territorio che esse attraversano e che hanno la pretesa di servire. La seconda riguarda il “centro”, una sorta di “cuore consolatorio” rispetto al brutalismo infrastrutturale che lo genera, in realtà un altro nodo monumentale, incapace di costruire alcuna attrattività per gli spazi ad esso attigui, tanto meno in grado di costituirsi quale centralità alla scala metropolitana. Così concepiti gli spazi residenziali si presentano come delle isole entro un arcipelago privo di relazioni e connessioni (nonostante l’apparente grande abbondanza). Sono proprio tali considerazioni che spingono i progettisti del piano finale del 1964 a compiere delle sostanziali modifiche al progetto urbano: non solo un'operazione di revisione ma una vera ridefinizione di alcuni dei principi che si erano andati affermando lungo l'intero iter progettuale fin qui condotto.

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CHELAS, CITTÀ LINEARE Il Plano de Urbanização de Chelas del 1964 risulta essere l'ultimo atto di questa storia progettuale durata più di quindici anni. Il piano, approvato il 22 maggio 1964, prevedeva la realizzazione di 11.500 appartamenti, in diverse categorie di affitto, per un totale di 55.300 abitanti. Il consiglio superiore delle opere pubbliche si espresse in modo favorevole, sollecitando però la necessità che il progetto di inserisse nel contesto di revisione al piano regolatore vigente che si stava attuando in quegli anni al fine di collocare il PUC in una strategia più ampia di espansione urbana e garantirne una più stretta integrazione con le altre parti della città. La suddetta revisione terminò nel 1966 (CML 1966) ma venne approvata in seguito a variazioni minime solamente 10 anni più tardi (CML 1976) e si limitò principalmente a inglobare il PUC nel piano regolatore, garantendo la connessione della rete viaria indicata. La struttura urbana proposta si discosta molto dalle precedenti, essa “non segue il modello razionalista, e evidenzia, attraverso le opzioni formali assunte, l'influenza delle ultime concezioni di progettazione che dominarono gli anni Sessanta” (Heitor, 2001, 143). Questo cambiamento di rotta è principalmente dovuto alla figura guida dell'equipe di progettazione: l'architetto José Rafael Botelho. Formatosi come urbanista nell'università di Parigi e successivamente stagista presso il British Council di Londra, Botelho conosce bene le tendenze progettuali in corso nel resto d'Europa ed è fortemente influenzato dal pensiero del Team X. Egli inoltre subisce il fascino di alcuni progetti pilota come Le Mirail a Tolosa, Park Hill e Hyde Park a Sheffield, Robin Hood Gardens e Golden Lane a Londra e il progetto di Federico Gorio per Salerno. Questi modelli si concentravano nella critica “dell'urbanesimo di costrizione” (Duarte, 1966), ripudiando la visione normalizzante del funzionalismo (necessità-tipo, uomo-tipo), assumendo come principio di valore la pluralità e le differenze culturali (Heitor, 2001). Tale tendenza può essere riscontrata nelle principali scelte morfologiche elaborate dal piano, basate sulla reinterpretazione degli elementi architettonici tradizionali come la casa, la strada, il quartiere, alla ricerca di un compromesso fra modernità e tradizione storica. Come visto in precedenza, le stesse tendenze stavano prendendo piede in Portogallo durante quegli anni soprattutto grazie al lavoro di Fernando Tavora e alcuni esponenti di spicco dell'università di Porto. A Lisbona fu proprio Botelho a introdurre questo mutamento, in primo luogo con il quartiere di 60


Olivais Sul, all'inizio degli anni Sessanta, la cui idea di fondo, seppur notevolmente rafforzata e proposta a scala più ampia, venne poi ripresa nel 1964 per la revisione del piano di Chelas. La revisione è tesa all'utilizzo di un linguaggio semplice entro il quale il disegno di spazi aperti e costruiti avrebbe dovuto definire un quadro fisico formalmente completo e facilmente coglibile dagli abitanti. Un intervento unitario la cui concezione è di matrice artistica, e nel quale la qualità dei luoghi sarebbe stata determinata dalla totalità delle parti (Heitor, 2001). Questa condizione prevede, tra le altre cose, una logica paesaggistica d’insieme che assume l'intervento “come un unicum estremamente identificabile, che avrebbe restituito un'immagine di area-residenza e non di insieme di singoli edifici” (Portas, 1968). Internamente questo unicum avrebbe dovuto “intrecciare servizi e residenze, prolungandoli in un sistema capillare che fonde spazi ad uso collettivo, con diverse tipologie abitative” (ibidem). In quest'ottica, gli spazi della circolazione esterna avrebbero strutturato lo sviluppo interno agli edifici, i quali a loro volta si sarebbero sviluppati per dare forma agli spazi di circolazione interna (Heitor, 2001). Con questo espediente il passaggio di scala fra abitazione e città doveva essere suggerito da un sistema di circolazione, orizzontale e verticale, che avrebbe dovuto dare dinamicità all'edifico rendendolo “un artefatto meccanico strutturato per creare movimento” (Banham, 1962). Questa condizione di interdipendenza fra infrastruttura, edificato e spazi pubblici, cambia notevolmente le linee guida del vecchio progetto. Come già emerso nei piani precedenti, il primo elemento strutturante risulta essere da sempre la rete viaria per la

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connessione di Chelas con gli altri comparti urbani. La grande importanza riservata a questa componente è in gran parte dettata dal peso demografico dei nuovi quartieri di Chelas e Olivais. Secondo la previsioni, la loro realizzazione avrebbe infatti portato all'insediamento in questi territori di 110.000 abitanti, di cui 15.000 in Olivais-Norte, 40.000 in Olivais-Sul e 55.000 in Chelas (GTH-CML, agosto 1965). L’inefficacia e l’impossibilità di ampliamento dei percorsi esistenti, conduce i progettisti ad immaginare “un congiunto più vasto di arterie, che disperdano il traffico attraverso il maggior numero possibile di intersezioni” (GTH-CML, agosto 1965, 27). Queste connessioni vengono progettate come strade a doppia corsia e sensi di marcia separati, in modo tale da riuscire a garantire la fluidità del traffico e risolvere più facilmente i nodi di connessione attraverso l'impiego di ampie rotatorie. A livello di quartiere, nonostante il riesame dei problemi ambientali che caratterizzano il luogo, vengono riproposte le infrastrutture già presentate nel Plano-Base del 1962. Ovvero, una croce formata da due assi viari principali. Il primo si estende lungo tutto il fondovalle da Nord-Est a Sud-Ovest e mira a congiungere il centro storico con la Secunda Circular, in modo da permettere una migliore connessione fra il cuore della capitale e la regione metropolitana. Il secondo si sviluppa da Nord-Ovest a Sud-Est mettendo in comunicazione i nuovi quartieri di Olivais e Moscavide con la parte nord orientale della città storica, ovvero i quartieri di Alameda e Areeiro. Secondo l'intenzione dei progettisti l'intersezione di queste due principali arterie in un nucleo centrale caratterizzato dalla presenza di attività commerciali e sevizi pubblici, avrebbe dato vita a quello che Auzelle aveva definito nel suo rapporto “cenro das Avenidas Novas”, ovvero una nuova centralità concorrente con il centro storico della Baixa. Per sottolineare questo aspetto viene anche previsto un percorso della metropolitana, che proseguendo fino all'aeroporto, avrebbe dovuto congiungere il centro dell'area con la zona occidentale di Lisbona e le linee per il centro. Per quanto riguarda la complessiva organizzazione delle funzioni, si assiste a un sostanziale mantenimento della zonizzazione precedente: le fasce industriali sono ormai occupate e le aree naturali vengono mantenute dove già indicato (con analoghe motivazioni elencate dai precedenti piani). Di conseguenza anche i comparti residenziali vengono riproposti negli stessi luoghi, tuttavia una più specifica definizione delle aree porta a una notevole restrizione dello spazio per l'edificazione. Viene infatti sottolineato come i rilievi a maggiore pendenza limitano il territorio idoneo alla costruzione alla sommità delle alture e alle coste 62


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meno inclinate (GTH-CML, agosto 1965). Questa riduzione implica due importanti conseguenze. In primo luogo sollecita la massima occupazione degli spazi disponibili attraverso la creazione di edifici ad alte densità per raggiungere il numero di alloggi previsti. In secondo luogo emerge una sostanziale frammentazione delle aree residenziali che porta i progettisti ad elaborare una struttura lineare di connessione atta a creare coesione sociale ed evitare scompensi infrastrutturali: le fasce a vita urbana intensa. Dal documento del GTH si può leggere: Il metodo utilizzato per l'elaborazione del Piano-Base era condizionato a una struttura centripeta che aveva alla base una compartimentazione cellulare della vita urbana. Nello sviluppo di questo piano, che ha come risultato lo schema definitivo presentato, si abbandona questa struttura a favore di una distribuzione lineare dei servizi di equipaggiamento in modo di costituire delle fasce con ramificazioni, il più lungo possibili, che attraversano l'intero territorio della maglia, per creare una distribuzione lineare e continua che penetri in tutte le aree di nuova espansione. [...] Dall'inizio dei lavori sono stati riconosciuti i problemi di frammentarietà delle aree abitative, fattore che deriva dalle condizioni topografiche. La conseguente divisione, che una struttura cellulare evidenzierebbe, viene evitata grazie alla struttura lineare proposta, dove le diverse zone abitative sono legate fra loro attraverso fasce di vita urbana intensa che le attraversano completamente. La struttura della zona residenziale ripropone quindi il tradizionale concetto di strada come elemento di unione (GTH-CML agosto 1965).

Le fasce a vita urbana intensa sono i veri elementi innovatori del piano e la loro composizione viene declinata in modo specifico, queste devono essere formate da: 1 – abitazioni di altezza elevata, raggiungendo alte densità in aree ristrette; 2 – luoghi per il commercio, che devono accompagnare lo sviluppo delle vie pedonali che costituiscono queste fasce per tutta la loro lunghezza; 3 – equipaggiamenti di tipo assistenziale e strutturale 4 – poli di vita notturna, cinema, caffè e associazioni ricreative; 5 – punti di lavoro del settore terziario, servizi pubblici e banche, per generare flussi di popolazione fra l'area e la città, favorendone una più veloce integrazione.

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La scelta di passare da una “struttura cellulare” a una “struttura lineare” è l'elemento rivoluzionario presentato da questo progetto, che abbandona l'idea di centro che si era sviluppata a partire dal piano del GEU del 1958 e che era stata ribadita e accentuata nel Plano-Base del 1962. Al contrario mira alla creazione di quelle che vengono indicate come “zonas lineares de vida urbana intensa” (GTH-CML agosto 1965, 24). Si assiste quindi a uno stravolgimento della progettazione passando dalla concezione di territorio che gravita attorno a un unico polo centrale a una proposta di città lineare. I principi che hanno portato a tale cambiamento vengono indicati in quattro punti principali: 1 – associare le diverse attività urbane anziché tenerle separate; 2 – distribuire su tutta la maglia, in concomitanza con le residenze, gli elementi generatori della vita urbana; 3 – vivificare queste fasce attraverso il traffico simultaneo di pedoni e automobili, creando percorsi relazionati fra loro ma distinti l'uno dall'altro. I percorsi pedonali devono essere connessi alle strade carrabili ma senza mai fondersi con esse. 4 – vivificare e intensificare i tracciati connettendoli all'area urbana e regionale per allargarne l'influenza. Tutto il traffico esterno che passa per Chelas rende più vive le fasce.

Per realizzare questo ambizioso programma il progetto si spinge a indicare con precisione l'equipaggiamento territoriale necessario e la sua distribuzione. I servizi, che dovrebbero essere volti a soddisfare le esigenze economiche, culturali, ricreative e sociali, vengono distribuiti sull'area con l'intenzione di creare una sequenza di poli gerarchizzata, che vanno dai centri locali destinati ad attività di carattere quotidiano, al grande polo centrale di attrazione regionale. Questi elementi vengono catalogati in quattro tipologie in base a frequenza di utilizzo, portata e raggio di influenza. Nella prima tipologia viene inserito l'equipaggiamento di uso quotidiano da integrare con le zone abitative: scuole primarie, luoghi del commercio quotidiano e spazi per la ricreazione infantile. Nella seconda fascia vengono invece comprese le scuole di livello secondario, le logge del commercio settimanale, i luoghi assistenziali e i poli di ricreazione notturna. La terza tipologia viene indicata come insieme di luoghi di utilizzo occasionale, da edificare successivamente al funzionamento del piano di abitazione per stabilire un maggiore legame fra queste aree; qui rientrano mercati, chiese, sedi di attività terziarie e particolari poli di vita notturna quali i cinema. Infine la quarta tipologia comprende un equipaggiamento che dovrebbe essere destinato a una 66


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scala regionale e situato nel centro che lega le due grandi fasce a vita urbana intensa. Vengono comprese in tali strutture le sede di attività terziarie, il commercio di lusso e servizi di ristorazione e albergo e luoghi di ricreazione festiva e notturna. Se si confronta la gerarchia tra i poli che viene a crearsi con la maglia urbana e viaria proposta si può notare come il piano in realtà non rinunci alla creazione di un “nucleo a interesse cittadino” (GTH-CML agosto 1965). Al contrario i progettisti pongono grande enfasi su questo punto, ribadendo più volte all'interno del documento del 1965 la necessità di creare una zona centrale che serva a raccordare le fasce a vita urbana intensa e che ospiti all'interno servizi di interesse urbano in modo tale da sfruttare la vicinanza alle grandi arterie di connessione per poter costituire un polo di attrazione urbana e non solo locale. Viene quindi auspicata la formazione di un nucleo principale attorno al quale possa gravitare l'intera area orientale della città, attraverso il posizionamento di grandi servizi commerciali e anche soprattutto amministrativi. Questa decisione concorre anche al fine di “evitare che Chelas sia una zona della città occupata esclusivamente da abitazioni e i loro rispettivi servizi” (GTH-CML agosto 1965, 30). Rimane però incerto come realizzare il ponte fra le fasce che avrebbe dovuto attraversare la valle sottostante. La proposta progettuale del 1964 risulta quindi essere quella di una città moderna, basata su una struttura lineare ad alta densità ospitante abitazioni e servizi, con un polo di interesse urbano al centro. Nel complesso, un grande habitat unitario che ha l’ambizione di adattarsi alle condizioni topografiche naturali, enfatizzandone caratteri in grado di fornire comfort e servizi di alta qualità ambientale attraverso la rilettura in chiave moderna di stereotipi architettonici propri della città lusitana. Come in passato, il tentativo di restituire Lisbona entro un’immagine moderna e tradizionale al contempo.

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UN MOSAICO

Nel 1966 iniziano i lavori per l'esecuzione del piano e subito si rende evidente l’impossibilità di compiere un’operazione globale di realizzazione così come prevista dai tecnici. Tra i numerosi impedimenti i più importanti sono la mancanza di risorse in grado di sostenere l'operazione, la difficoltà nell'esproprio dei terreni (difficoltà che si protrasse per più di quarant'anni), infine la mancanza totale di infrastrutture preesistenti sul territorio. Ne deriva una realizzazione molto frammentaria, condotta attraverso modalità e progetti differenti a seconda dei diversi comparti e dell'epoca di realizzazione. Tale condizione pone alcune difficoltà ad un’osservazione che intenda mantenere Chelas quale quartiere unitario. Realizzato attraverso l'accostamento di tessere, esso emerge oggi come un mosaico per lo più scomposto, il cui disegno complessivo diventa leggibile soltanto se ci allontana. Tale caratteristica ne rende difficile la narrazione, se non come sequenza di tasselli entro una composizione i cui pezzi collidono. Di seguito questi tasselli sono illustrati secondo le linee di piano e l'ordine temporale di realizzazione. L’obiettivo è quello di evidenziare la specificità di ogni pezzo e l’impossibilità di una loro ricomposizione entro uno sfondo ambientale e sociale coeso, in grado di fornire un supporto all’abitare adeguato e di qualità.

Bairro do Relógio L'occupazione della prima area a Chelas avviene tra il 1966 e il 1967 in modo del tutto estraneo alle linee guida elaborate dal piano regolatore. Si trattò della realizzazione, in assenza di qualsiasi piano urbanistico, di un quartiere di case prefabbricate a carattere emergenziale atte a ospitare la popolazione sfrattata dalla valle di Alcântara dove si stavano realizzando le opere per il ponte XXV de Abril. All'agglomerato urbano viene dato il nome di Bairro do Relógio, ma ben presto assunse il soprannome di “Cambogia” a causa del degrado degli edifici e della presenza di attività illegali come lo spaccio di droga. Questo quartiere, situato nell'area settentrionale del previsto parco di Bela Vista, in realtà rimase stabile fino agli anni Novanta e influì molto sulla formazione dell'immaginario che vedeva Chelas come zona pericolosa e marginale.

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PRODAC La seconda occupazione del territorio avvenne, come nel primo caso, al di fuori di qualsiasi indicazione di piano. L'area colonizzata fu la parte inferiore di Chelas, a est della Zona J, lungo le pendici di Vale Fundão, dove era stata prevista la realizzazione di un parco per la separazione dell'edificato dall'area industriale. Si tratta di un quartiere realizzato in autocostruzione da migranti, per lo più provenienti dalle regioni settentrionali del Portogallo, che stavano invadendo l'area richiamati dalle vicine industrie portuali. La costruzione del quartiere all'inizio degli anni Settanta avvenne per mezzo dell'Associação de Produtividade de Auto Construção (PRODAC) e vennero realizzate 580 abitazioni attraverso quattro tipologie: singola, singola a due piani, doppia, doppia a due piani. L'edificato fu realizzato in materiale scadente, utilizzando lastre prefabbricate in calcestruzzo, tuttavia gli appartamenti presentano buone condizioni di comfort. Data l'assenza di pianificazione la morfologia del costruito è data per lo più dai vincoli orografici e dalla pendenza del terreno. Ne risulta un tessuto abbastanza compatto simile a quello di una tradizionale città collinare, permeato di piccoli spazi pubblici, di carattere comunitario, domestico. Spazi ben controllati dagli abitanti, e molto vissuti, nonostante la carenza di servizi, alcuni dei quali realizzati solo dopo le residenze ed in aree esterne al sito.

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Zona I Nel 1966 si assistette anche alla stesura del primo piano particolareggiato, che riguardava la Zona I, attuale Amendoeiras, situato nell'area nord orientale di Chelas. I tecnici del GTH optarono per la realizzazione di edifici alti non meno di otto piani che, facendo riferimento all'esempio di Park Hill a Sheffield, vengono disposti secondo linee sinuose che si adattano ai rilievi. Le aree pedonali interne vengono realizzate mediante l'accostamento di due fronti di edificato e identificate attraverso una diversa pavimentazione. Queste si presentano ampie come le altre normali strade carrabili che attraversano l'area. Zona I è il primo comparto ad essere realizzato e il termine della costruzione avvenne in concomitanza con l'evento più importante che coinvolse il Portogallo negli anni Settanta ovvero la Rivoluzione dei Garofani che segnò la fine della dittatura parafascista. In questo clima di cambiamento molte abitazioni della neo-costruita Zona I, che erano state progettate secondo quattro tipologie per diverse classi sociali, vennero occupate da parte della popolazione residente negli slums limitrofi al quartiere. Quest'atto, unito all'aggravarsi della questione abitativa che minacciava di far esplodere rivolte nella capitale, costrinse il governo a legittimare l'occupazione, avvenimento che segnò ulteriormente Chelas alimentandone l'immagine di quartiere pericoloso e povero.

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Zona N2 Il successivo comparto a essere realizzato è l'area N2, attuale Loios, situata nella parte più settentrionale di Chelas. Il comparto viene edificato fra il 1976 e il 1983 e segue appieno la logica del frammento che si afferma in quel periodo. Non si assiste infatti alla redazione di alcun piano particolareggiato, al contrario i tecnici del GTH scelgono di dividere l'area in sotto-comparti che vengono affidati a diversi architetti. Ne deriva una maggior libertà compositiva che, seppur sacrificando la continuità organica dello spazio, produce alcune fra le più interessanti architetture di Chelas. Queste spesso si cimentano in una diversa declinazione degli spazi pubblici e delle fasce a vita urbana intensa che vengono interpretate e integrate nel costruito in modo da creare specifici e differenti scenari. I due esempi più rilevanti sono il progetto di Gonçalo Byrne, noto come “a Pantera Cor-de-Rosa” (la Pantera Rosa) a causa del

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colore, e quello di V. Figueiredo, E. Trigo de Sousa e J. Gil il comparto sud-orientale, noto come “Cinco Dedos” (Cinque Dita). Il primo propone l'accostamento di due fabbricati a barra collegati da camminamenti sopraelevati e separati da una piccola via pedonale interna che sfocia a formare una piazza. Il secondo ospita 321 appartamenti di qualità abitativa molto bassa, all'interno di cinque edifici a barra alti dieci piani disposti in modo circolare a formare un ventaglio. Questi sono uniti da una fascia che raggiunge il terzo livello e sono caratterizzati da ballatoi che strutturano l'intero complesso e fungono da strumento di aggregazione. Tuttavia si può affermare che nonostante lo sforzo plastico nella realizzazione degli edifici, gli spazi pubblici si sono rilevati in questo secondo intervento più deboli rispetto a quelli nel blocco di Byrne. Nonostante il notevole interesse architettonico della Zona N2, il risultato è una sommatoria di unità autonome, dotate di uno spazio esterno proprio, ma senza corrispondenze fra loro (Heitor, 2001).

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Zona J La successiva realizzazione della Zona J, attuale Condado, risulta più complessa. Nel 1970 viene redatto il primo piano particolareggiato da parte del Comune. In accordo con il documento del GTH pubblicato del 1969 si assiste all'incremento del numero di appartamenti passando da 1.750 a 2.028, e quindi da 8.400 a 9.126 abitanti (Divisão de Planeamento CML, 1970). Dato l’aumento della densità, per mantenere le linee guida del PUC, si procede con la creazione di un corridoio interno, molto ristretto, fra due linee di edificato. A questo spazio di distribuzione si aggiungono ambienti ibridi, creati attraverso la realizzazione di braccia ortogonali al corridoio principale, che si presentano come piazze semi-pubbliche. […] un terzo spazio, intermedio fra lo spazio interno e lo spazio esterno, che permette a un abitante della zona di percorrerla nella sua quasi totalità, sempre circondato dalle costruzioni e, pertanto, in condizioni spaziali di conforto e sicurezza. (Divisão de Planeamento CML, 1970)

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Nel 1974 in seguito all'approvazione del piano viene bandito un concorso di progettazione in due fasi, l'intenzione è quindi quella di costruire il comparto a partire da un progetto unitario, attribuendo l'intero complesso ad un unico progettista. Dal bando esce vincitore l'architetto Tomàs Taveira, la cui proposta viene realizzata parzialmente tra il 1978 e il 1985 e ultimata negli anni Novanta. Taveira in conformità con il piano particolareggiato, realizza due braccia parallele il cui corridoio interno risulta simile a una galleria, coperto in parte da aggetti e sormontato da passaggi sopraelevati che ne inquadrano lo sviluppo longitudinale. Proprio l'incastrarsi di questi elementi porta a considerare questo spazio come una sequenza di ambienti, piccole celle private, coperte dall'aggetto del piano superiore e chiuse lateralmente dagli elementi strutturali dell'edificio. Anche il disegno del prospetto si presenta altrettanto ricco, con rientranze, ballatori e aggetti identificati rispettivamente da finestre rettangolari e circolari. L'elemento della strada così declinato, viene intervallato unicamente in alcuni punti in cui l'edificato si apre a formare delle piazze interne. Contrariamente alle intenzioni del progettista tali spazi pubbli-

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ci divennero da subito luoghi ottimali per pratiche illegali, la cui pericolosità fruttò loro il triste appellativo di “corredor da morte”. La conformazione architettonica non facilitava certo aperture e trasparenze, la composizione sociale degli abitanti fece il resto. Infatti il complesso di social housing, diversamente rispetto a quelli elaborati per le aree precedenti, ospitava unicamente appartamenti per le fasce più deboli della popolazione, per maggioranza immigrati giunti dalle ex colonie portoghesi con difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro e poveri provenienti da baraccopoli. La situazione spinse all'alba del nuovo millennio l'architetto Taveira ad ammettere il fallimento del suo progetto, individuandone come causa principale il senso di alienazione prodotto dalla massa di edifici bianchi che componevano il quartiere. Infatti secondo l'idea iniziale l'edificato avrebbe dovuto essere interamente bianco, ad eccezione delle cisterne per la raccolta dell'acqua piovana che sormontano le torri più alte, le quali, presentandosi con colori vivaci, avrebbero permesso ai residenti di identificarsi coi rispettivi comparti. Nel 2000 Taveira, che aveva abbrac-

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ciato la corrente post-moderna seguendo la scia di Graves e Bofill, decise di esasperare l'elemento del colore con lo scopo di creare una base identitaria, distinguendo le diverse parti degli edifici e ponendoli in risalto sul paesaggio circostante. L'architetto fece quindi pitturare le diverse facciate e alcune loro parti con colori forti e sgargianti. Questa decisione non aiutò la fama del quartiere che, rimanendo uno fra i più problematici di Chelas, si connotò di ulteriori elementi distintivi che lo portarono ad essere rinominato ironicamente “United Colors of Benetton” e nel 1998 lo resero protagonista del film di Leonel Vieira Zona J riguardante le problematiche giovanili legate all'immigrazione e al crimine organizzato a Lisbona. La situazione risultò talmente grave che dieci anni dopo, nel settembre 2009, la municipalità decise di intervenire attraverso la demolizione di alcune parti del costruito che formavano parte degli ambienti interni.

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Zona N1 La successiva area ad essere realizzata è la Zona N1, attuale Flamenga, che vede nel 1978 la stesura del proprio piano particolareggiato. Questa volta sono i tecnici del GTH a riprendere in mano il progetto con la conseguente realizzazione di un area molto fedele alle linee guida del PUC. Gli edifici seguono le creste collinari formando due fasce parallele che vanno da nord-ovest a sud-est, lungo un asse che muove dalla Zona N2 verso la Zona O. Tali fasce sono composte da due blocchi di edificato a barra, i quali strutturano l'insieme marcando da un lato una netta separazione rispetto all'ambiente circostante e dall'altro identificando un percorso pedonale interno costituente le fasce lineari a vita urbana intensa. L'intero quartiere viene realizzato fra il 1981 e il 1996 in uno stile architettonico che ripropone i dettami del razionalismo classico, discostandosi solamente, e in maniera molto contenuta, nel complesso “Matriz H” (Matrice H) progettato dall'architetto Raul Cerejeira. L'architettura da lui proposta tende a monumentalizzare la struttura attraverso la creazione di rientranze che lasciano visibili gli elementi strutturali, simili a un alto colonnato, ai quali si aggiungono nella parte interna corridoi rialzati e passerelle che uniscono le due fasce di edificato. La realizzazione di questo comparto, proprio per la sua fedeltà alle linee guida della progettazione urbana, porta alla luce molte delle contraddizioni insite nel piano. Questo si può notare in particolar modo nelle fasce a vita urbana intensa che, in questo caso, vengono realizzate seguendo in modo fedele le direttive indicate, ma che nonostante questo si rivelano uno strumento inefficace a costruire un legame fra le diverse parti e inadatte a costruire spazi pubblici in grado di creare coesione sociale.

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Zona M il piano particolareggiato per la Zona M, attuale Armador, viene sviluppato in parallelo con quello della Zona N1 e dalla stessa equipe tecnica. Ne consegue l'elaborazione di un impianto urbano simile e, anche in questo caso, molto fedele alle direttive del PUC. La costruzione, che si protrasse dal 1992 e al 1998, portò alla realizzazione di quattro fasce di edifici a sviluppo lineare, posti sulla sommità dell'altura in direzione nord-sud. Queste fasce, come per la zona N1, delimitano internamente ambienti prettamente pedonali, con la differenza di una maggiore coesione del complesso data dalla maggiore aggregazione dei blocchi residenziali e da una dilatazione degli spazi interni che integrano alcuni servizi e ospitano una maglia viaria secondaria. Dal punto di vista architettonico questa zona risulta essere la più anonima, salvo la realizzazione di un braccio terminante in una grande esedra nella parte occidentale dell'area, espressione monumentale mal riuscita che non aiuta l'integrazione del complesso con il parco adiacente né riesce a costituire un luogo di qualche interesse per l'area.

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Zona L La Zona L, le attuali Salgadas e Alfinetes, fu l'ultimo comparto a essere realizzato. Per quest'area non viene redatto alcun piano particolareggiato o studio atto ad ottenere un progetto unitario. L'occupazione avviene attraverso la realizzazione di tre complessi differenti. Il primo, terminato negli anni Ottanta, è costituito da edificati a media densità disposti in modo da creare tre corti indipendenti fra loro cui si accede tramite spazi che avrebbero dovuto essere occupati da servizi e attività commerciali. Il secondo, edificato negli anni Novanta, al contrario si presenta come un insieme di complessi ad alta densità, di tipologia a barra, che affiancano la prima realizzazione senza stabilire alcuna relazione con essa. Entrambi i complessi risultano essere di bassa qualità e senza alcuna caratteristica architettonica di rilievo. Infine il terzo intervento, realizzato all'alba del nuovo millennio, è andato a sostituire il precedente Bairro Chinés, proponendo una tipologia a corti aperte simile a quella utilizzata per la realizzazione della maggior parte dei complessi residenziali del vicino Parque das Nações. Nonostante questo cambiamento lo spazio pubblico prodotto risulta essere privo di continuità, incapace di legare questo comparto alle aree urbane limitrofe e soprattutto all'area storica di Marvila che con le sue, seppur molto esigue, infrastrutture avrebbe potuto compensare il totale isolamento che caratterizza questa zona.

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Zona O A metà degli anni Novanta buona parte dei comparti a carattere prevalentemente residenziale, ovvero le Zone I, J, L, M, N, risultano realizzate: le Zone I ed N sono completamente ultimate, la J e la M in procinto di essere concluse mentre della L sono stati realizzati solo alcuni fabbricati. Tuttavia, entro tali comparti, di tutti i servizi elencati nel PUC, solo una minima parte è stata realizzata. Si tratta per lo più di piccoli manufatti nei comparti I e J, mentre le zone N1 e la M paradossalmente, pur rispettando con maggior vigore le direttive formali del piano, presentano un edificato che al piano terra non prevede spazi per la realizzazione di quei negozi e servizi che dovrebbero svolgere un ruolo chiave nella formazione delle fasce lineari a vita urbana intensa. Nonostante queste lacune, la realizzazione della Zona O, che avrebbe dovuto costituire il nucleo principale dei servizi, nonché il fulcro dell'intera area urbana, viene continuamente posticipata. Così come posticipata è la realizzazione degli assi di collegamento tra il quartiere e le altre parti della città, in particolare il centro. La precedenza che viene attribuita alla realizzazione delle arterie interne porta a posticipare l'inizio dei lavori per la connessione nord-sud fino agli anni Ottanta, mentre il cantiere per la costruzione del viadotto sulla valle di Chelas, che permette il raccordo con l'area di Alameda a sud-ovest, viene iniziato solamente nel 1995, anno in cui i previsti prolungamenti di Avenida Rodrigo da Cunha e Avenida Estados Unidos d'America non erano ancora cominciati. La spinta per la realizzazione di queste connessioni avviene soltanto in occasione dell'Expo '98, che designa come principale area di insediamento il “vuoto urbano” a nord di Marvila. Chelas diviene così la più veloce connessione fra questa zona e il centro, e grazie a questa opportunità, non solo vengono terminate le opere carrabili di collegamento, ma viene anche realizzata la linea orientale della metropolitana, che nell'area presenta due stazioni: “Chelas” in Zona I e “Bela Vista” in Zona O. Quest'ultimo settore viene edificato a partire dalla seconda metà degli anni Novanta, in seguito alla revisione del PUC effettuata dal Departamento de Construção e Habitação (DCH-CML 1992), quale parte del piano strategico elaborato dal nuovo governo municipale che porterà alla stesura del piano regolatore del 1994. Il documento evidenzia come una delle tre priorità necessarie per l'area sia la realizzazione della Zona O quale nuovo nodo per attrezzature collettive in grado di collegare aree occidentali e orientali di Chelas. 84


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Il progetto, terminato nel 2011, vede la realizzazione di un grande complesso megastrutturale basato su una piastra quadrata, con infrastrutture che la circondano e l'attraversano. Tale spazio monumentale è marcato agli angoli da alte barre ad uso prettamente residenziale, ed è interamente cintato da edifici, che permettono la permeabilità solo attraverso alcuni varchi presenti nella parte meridionale. Internamente lo spazio pedonale poggia sulla piastra che si presenta divisa in due dalla grande arteria stradale di Avenida Santo Condestavel che scorre una decina di metri più in basso nella valle. I due lembi sono connessi da una passerella, unico attraversamento pedonale in Chelas a unire le due creste su cui si sviluppano i diversi quartieri. Da tale area si può entrare all'interno di un grande centro commerciale che svolge anch'esso la funzione di “ponte”; questo si estende per un'altezza di tre piani connettendo attraverso parcheggi interrati il complesso alla Avenida Santo Condestavel, permettendo quindi alle persone esterne di accedervi senza dover uscire dalla superstrada. Rispetto alle intenzioni espresse nei piani il modello proposto presenta quindi dei paradossi: la totale chiusura e mancanza di integrazione con l'edificato circostante nonché la sostanziale carenza di servizi. Tali scelte furono dettate dal voler realizzare alloggi per il ceto medio, la cui ricerca di sicurezza rispetto all'ambiente circostante portò alla realizzazione di un ambiente videosorvegliato e pattugliato, isolato rispetto l’intorno e dal quale si può rapidamente fuggire con mezzi privati. Il modello (ancora considerato l'unico valido per costruire, e soprattutto vendere, a Chelas), a partire dal duemila è emulato da molte integrazioni dei comparti, in particolare nei settori N1 e J, cooperative continuano a realizzare edifici sorvegliati, chiusi e completamente indipendenti rispetto al contesto.

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III

racconti dal tempo presente



Descrivere Chelas oggi è operazione complessa. La varietà e le contraddizioni che compongono un mosaico territoriale fatto di innumerevoli tessere che continuamente si disgiungono e si moltiplicano non consentono un'esaustiva rappresentazione unitaria. Di seguito si tenta di fornire una descrizione di questo territorio attraverso quattro racconti che fanno riferimento a distinti modi di osservarlo attraverso lo sguardo del flaneur, attraverso “scatti” capaci di mettere in luce ritmi, attraverso impronte capaci di ricostruire storie passate, per finire con le immagini stereotipate delle cartoline. I quattro racconti fanno capo ad un'idea di città quale “insieme di processi spesso disgiunti e di eterogeneità sociale, un luogo di connessioni vicine e lontane, una connotazione di ritmi, sempre in movimento verso nuove direzioni” (Amin, Thrift, 2005, 26).


flânerie Da Baudelaire in poi la flânerie sta a indicare un vagabondare guidato dai sensi per la città. Walter Benjamin ne problematizza l'accezione cogliendo nel termine un particolare tipo di indagine che rinuncia a cogliere la verità nella sua interezza esaminando piuttosto caratteri minori e sfumature. La flânerie sottolinea quindi l'impossibilità di fornire una descrizione unitaria dello spazio osservato e predilige la messa a fuoco di alcuni dettagli, spesso di secondo piano. Di seguito, alcuni particolari percorsi guidano il viaggio. Autostrade e sentieri. Grandi allacciamenti urbani contro minute ricuciture dei rapporti di prossimità. Contrapposizioni che, attraverso il loro comporsi per salti e sconnessioni permettono di leggere “la città come un luogo di mescolanza e improvvisazione” (Amin, Thrift, 2005, 28).


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ritmi Henri Lefebvre contrappone alla flânerie di Benjamin, la contemplazione della città a partire da un punto di vista fisso, la finestra su Parigi, al fine di riuscire meglio a cogliere la “musica della città” (Lefebvre, 1996, 101) attraverso vedute e prospettive “prolungate nella mente in modo tale che le implicazioni di codesto spettacolo portino con se le relative spiegazioni” (Lefebvre, 1996, 224). Un'osserazione di questo tipo prova a interpretare la città come “tempo localizzato” e “luogo temporalizzato” (Lefebvre, 1996, 227). Di seguito si riportano tre racconti ed una sequenza fotografica. I racconti descrivono tre viaggi svolti attraverso Chelas in tre differenti momenti della giornata e con l'ausilio di diversi mezzi di movimento: con l'autobus, con la macchina, a piedi. Successivamente alcune fotografie tentano di mettere in evidenza alcune “perturbazioni” che avvengono sul territorio in modo ciclico. La Feira do Relógio, che si svolge ogni domenica, e i grandi concerti che periodicamente trasformano il Parque da Bela Vista in uno dei punti di ritrovo più importanti della città.


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Autobus 794 Sono le sette di sera di martedì 9 settembre e l'autobus 794 è pieno di gente che arriva dal centro. Molti sono giovani, vestiti con le tute da lavoro, altri più anziani portano borse della spesa. L'autobus imbocca la strada che risale il fondovalle e, passando sotto ai viadotti stradali e ferroviari, giunge fino al convento di Chelas. Non si ferma; nessuno sale o scende a queste fermate che portano unicamente alle poche case rurali rimaste. L'autobus passa oltre e accelera, qui la strada si fa più larga, le corsie aumentano, il traffico è inesistente. Andando dritto l'autobus raggiungerebbe Olivais in pochi minuti ma alla prima rotatoria svolta a sinistra e risale il crinale. Entra in Zona M. In strada c'è molta gente, giovani di colore seduti all'uscita delle abitazioni o appoggiati ai muri. Il fumo esce da dietro l'angolo di un edificio, qualcuno sta grigliando le sardine per la cena. L'autobus sguscia via dall'edificato passando di fronte a un parco giochi pieno di bambini, pronto ad immettersi nuovamente nel gioco di svincoli e rotatorie. Improvvisamente una brusca frenata; l'autista impreca mentre tre giovani ragazzine attraversano di corsa le tre corsie che le separano dall'isola verde fra le arterie stradali. Sono dirette al supermercato della Zona O distante un'altra decina di corsie, non più di duecento metri. Anche l'autobus è diretto lì e la fermata brulica di borse della spesa e tute da lavoro che lo aspettano. Per la maggior parte, le persone arrivano da altri luoghi della città e l'autobus è l'unico mezzo in grado di traghettarle dalla stazione metro ai comparti settentrionali. Dopo una breve sosta riparte lungo la strada in pendenza che porta alla Zona N1. I reparti interni in questa zona non sono molto popolati e si scorge unicamente qualche sagoma che cammina sulle passerelle della Matriz H. Intanto l'autobus continua il suo tragitto, perdendo molta della sua popolazione giovane man mano che avanza nei comparti. Oltrepassata la Zona N1, l'età media ha ormai raggiunto i cinquant'anni. L'autobus imbocca un ponte e oltrepassa l'autostrada sottostante. Arriviamo in Zona I, ultima fermata prima del terminal, l'autista si ferma e l'autobus si svuota.

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Dinner in Chelas P. «So because you're studying Chelas, tonight we're going to have a dinner in Chelas» «I made a research on the web and there is only one place where we can eat, “Zé do Chelas” is its name». Mentre mi dice questo P. accende la macchina, una sigaretta e partiamo. Seguendo i cartelli “Chelas, Olivais” risaliamo la piazza di Alameda e dopo pochi minuti siamo già sul viadotto che attraversa la vallata. L. «In which part of Chelas is the restaurant?» P. «For me there is only one part that it's really Chelas, I searched only in this part» Mentre mi dice questo imbocca un'uscita della superstrada e iniziamo a risalire il crinale verso Zona J (Condado). P. «For me this is Chelas, this is the ghetto» Facciamo un giro in macchina nel comparto, tutto è tranquillo, silenzioso, solo macchine parcheggiate e poche persone ferme ai lati degli edifici. Usciamo nuovamente e costeggiamo il complesso fino alla discesa che porta verso Vale Fundão finché non scorgiamo il locale, più un bar che un ristorante. Un uomo fuori che sta ritirando i tavoli e la saracinesca mezza abbassata ci fanno capire che è ora di chiusura. P. guida la macchina giù per la discesa ed entriamo in un gruppo di edifici degli anni Sessanta che occupano la parte settentrionale di Vale Fundão, anche qui non c'è nessuno. P. «Oh come on! Where is the fucking highway? Let me go back» P. fa inversione e ripercorriamo la strada di prima per un breve tratto, poi imbocchiamo la superstrada. Attraversiamo velocemente Zona I, dove la luce di qualche locale è ancora accesa, e passiamo attraverso al fascia industriale dove un'enorme insegna in cinese campeggia lungo un magazzino. P. scuote la testa. P. «I'm sorry, we have to move to another place»

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Passeggiata notturna Da qua è tutto in discesa fino al fondovalle, mi dice Augusto di fronte all'insegna neon “Olaias Plaza” (della quale rimane solo “ias Plaza” quale indicazione di un altro poco fortunato complesso residenziale). Augusto imbocca una piccola strada che scende affiancata da una striscia di case per lato. Man mano che proseguiamo queste si fanno più antiche. Architettura anni Ottanta, Sessanta, Quaranta, poi più nulla, siamo nel fondovalle. Quelli che ci hanno visto scendere penseranno che siamo pazzi, mi dice Augusto, non c'è più nulla oltre queste case, qua in fondo ci abitano solo pochi gitani. Oltrepassiamo la ferrovia e la stazione abbandonata, e di fronte a noi in cima alla collina si stagliano le torri di Zona J. Le luci di segnalazione per gli arei sono le uniche accese, poste sulla sommità delle cisterne per l'acqua piovana fanno sembrare le torri tanti fari di guardia per avventori. Passiamo davanti al convento e attraversiamo la strada del fondovalle, percorsa da macchine veloci. Augusto cerca nell'oscurità una azinhagas che si arrampica per il crinale. Imbocchiamo la vecchia strada circondata da muri che inizia subito a salire ripida. La pavimentazione, logorata dal tempo, ci costringe a guardare in basso ma di tanto in tanto uno squarcio nei muri attira la nostra attenzione. L'interno dei recinti è diviso fra piccoli orti e spazi incolti e le abitazioni sono per la maggioranza abbandonate, prossime al crollo. La strada svolta verso sud est e si fa meno ripida, fino a raggiungere il piano. Davanti a noi la via procede affiancata da un gruppo di vecchie case con davanti alcune macchine ferme con fari e motori accesi. Questa è la vecchia strada per Marvila e Beato, dice Augusto, oltre quelle case c'è un ponte che attraversa la ferrovia, ma ora prendiamo la strada nuova perché questo tratto è pieno di spacciatori. La nuova strada passa giusto lì a fianco e costeggia la Zona L. numerose luci sono accese mentre qualcuno passeggia con il proprio cane. Un gruppo di giovani è seduto all'angolo di un edificio mentre di fianco un bar sta chiudendo. Attraversiamo il nuovo ponte e entriamo in Beato.

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impronte “La storia viene vista come processo di selezione cumulativa dove il presente è l'esito del deposito di un'estesa serie di pratiche che hanno portato a distruggere, modificare, conservare o costruire ex novo qualcosa che prima non poteva neppure essere immaginato, i passaggi da un epoca all'altra [...] non sono improvvisi; ogni forma evoluta contiene al proprio interno tracce delle forme precedenti.” (Secchi, 2012, 76)

Le impronte sono quelle dei differenti paesaggi che Chelas restituisce: il paesaggio rurale, il paesaggio industriale e la città moderna. Una restituzione per frammenti che, seppur accostati l'uno all'altro, raramente cooperano fra l'oro. Coesistono, senza prevalere.


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cartoline “Cartoline, fotografie, dipinti, immagini televisive, decrizioni testuali, poesie e così via […] sistemano, ordinano, includono ed escludono, rendono conoscibile uno spazio a chiunque possa scegliere di osservare tali rappresentazioni e permettono di paragonarlo ad altri spazi […]. Quelle rappresentazioni affermano delle verità (non necessariamente scientifiche) a proposito di uno spazio. Esse mettono in atto mitologie del luogo rappresentandole come se fossero i luoghi stessi.” (Hetherington, 1997, 189)

Le città prendono forma anche attraverso una serie di identificazioni fisse, di etichette. Di seguito si tenta di restituire Chelas attraverso alcune immagini (di insiders e outsiders) che sostanzialmente coincidono con stereotipi. Questi restituiscono l'immagine di Chelas come territorio pericoloso, marginale, segmentato e abitato da tribù urbane (Maffesoli). La descrizione mette assieme materiali eterogenei,: segni, interviste, impressioni, tra i quali alcune frame del film Zona J realizzato nel 1998 da Leonel Vieira e cinque storie raccontate da Francisco Silva Diaz all'interno del libro Lisboa Capital do Nada, Marvila 2001.


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Etichette Sitío divido em zonas com letras do alfabetoZonas divídas em lotes com mau aspectoChibaria em todo lado, tem cuidadoAmbiente pesado para um mal habituado Rapper Sam the Kid, Chelas Perché Marvila “capital do nada”? Perché è un'area della città il più delle volte dimenticata e non amata. Perché è un gruppo di edifici con una grande storia, ma anche un grande futuro. Perché è un'area ricca e variegata con moltissime persone e associazioni dinamiche. Mário Jorge Caeiro, Lisboa Capital do Nada, Marvila 2001, 2001 Marvila is an island. Arch. João da Veiga Gomez, associazione Viver Marvila Chelas is the ghetto. P. In the 80s they ask us to make a concert in the hight school of Chelas. It really was interesting, really hardcore. There was nothing. At that time the buldings were not all finished and even the streets and so we had to pick all the instrument to the school walking by foot. And was funny to watch all the students coming from outside of Chelas just passing by the paths or by field to reach the school. It was really hardcore, but most of the people was coming from the outside, the majority of the guys from Chelas were just trying to make business selling drugs. A.

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Rivoluzione nelle strade Il giovedì che seguì il 25 Aprile 1975, accadde dell'incredibile. Giù dalla Avenida do Aeroporto giunse un carro armato ricoperto da bandiere rosse. Subito la strada si riempì di pugni levati a salutare il nuovo arrivato. In quel giorno e in quelli seguenti, senza alcun preavviso, esplose l'occupazione a Chelas. Ci furono coloro che salirono sulle impalcature e coloro che tentando l’impresa caddero di sotto. Intere famiglie, uomini, donne, vecchi e bambini corsero all'interno degli edifici ancora da terminare, riempiendoli con qualsiasi cosa e sparando dalle finestre, occhi vuoti nelle facciate di mattoni, a chiunque tentasse di avvicinarsi. In quel giorni un giovane architetto del Concilio, che stava visionando i lavori nella Zona I, si sentì improvvisamente come una comparsa di un film neo-realista. Passando per il quartiere ritrovò circondato da una piccola folla guidata da un uomo, 25 o 26 anni, armato con un enorme bastone e accompagnato da un bambino sempre presente alle dimostrazioni. Il giovane architetto si sentì circondato e tradito. Tradito dai vestiti, dagli occhiali, dall'aspetto. Tradito dalla sua immagine. Perplesso nel vedere così all'improvviso la storia rotolare davanti ai suoi occhi, perplesso per comportamento animalesco, per l'ingiustizia del “chi primo arriva meglio alloggia”. L'uomo lo guarda e chiede al bambino: «è anche lui uno di loro?» Il bambino lo guarda. Il giovane architetto chiede con un filo di voce: «è lui cosa?» «cos'è lui?» l'uomo chiede al bambino il bambino guarda l'architetto. «lui è della capitale...» L'uomo chiede all'architetto «Sei della capitale?» «no... sono per la costruzione degli edifici» «lui è per la costruzione degli edifici» loro si danno delle pacche sulle spalle e urlano «Viva!» allontanandosi lungo la strada. Il giovane architetto corre a dire ai suoi colleghi, muratori, imbianchini, fabbri, di occupare il prima possibile le case che stanno costruendo. Erano il frutto del loro duro lavoro e se le erano meritate. E così loro fecero. 133


Una storia d'amore Un giovane architetto stava conducendo interviste su coloro che facevano richiesta per avere un appartamento a Chelas. Le richieste erano normalmente fatte da donne arrabbiate e strillanti «Ho bisogno di un posto dove stare perché ho tre bambini (o quattro, o cinque), vivo in una baracca, il tetto mi sta per crollare in testa, i bambini sono sempre malati... ci sono topi e ratti grossi come conigli... mio marito è disoccupato...» Finché arrivò un giovane lavoratore di un industria di Braço da Prata, residente nel Bairro Chinês. Questo mormorò la sua richiesta come se fosse in un confessionale: «Vorrei un posto per fare l'amore con mia moglie...» E raccontò che si ricordava ancora dopo molti anni l'imbarazzo (o la vergogna) che lui provava quando, ancora giovane, la domenica pomeriggio vedeva la complicità fra i suoi genitori e sentiva la pressione da parte di entrambi, più forte da suo padre, più paziente da sua madre, affinché lasciasse la baracca, per fare una passeggiata, per sparire, per lasciarli soli affinché potessero fare l'amore insieme. E lui disse che non avrebbe voluto che i suoi figli provassero una pena del genere, e che lui non avrebbe voluto provare l'imbarazzo che probabilmente i suoi genitori avevano patito. Epilogo Era molto improbabile che un'abitazione venisse assegnata a un giovane lavoratore, ma è possibile che una volta che il Bairro Chinês scomparve, i suoi figli riuscirono meglio a fare l'amore.

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Le chemin des ecoliers Preambolo Nel piano di urbanizzazione di Chelas (1966) si può leggere quanto segue: “... invece di una distribuzione puntuale dei poli di vitalità urbana (come a Olivais), una distribuzione lineare e continua che penetra in tutte le aree di nuova espansione... … riabilitando gli spazi pedonali come accompagnamento allo sviluppo della vita urbana (uno spazio comune per la socializzazione tipico della tradizione Mediterranea) facilmente accessibile dalle strade carrabili, ma senza che si mischi con esse...” Fu così che un giovane architetto andò alla scuola superiore Liceu D. Diniz per spiegare agli studenti di geografia la pianificazione dello spazio urbano in cui vivevano. Era una cosa che gli stava molto a cuore e aveva notato con dispiacere che gli studenti correvano per le strade che lui e i suoi colleghi avevano predisposto per il traffico carrabile e non le vie pedonali belle e sicure, piene di alberi, con negozi e una bellissima pavimentazione disegnata da un famoso artista. Colto dal complesso del demiurgo, che attacca spietatamente i giovani architetti, andò a lamentarsi con gli studenti indisciplinati. Il primo si scusò: «andiamo sempre per le vie pedonali...» Il secondo, soprannominato Ketchup, più sincero e spigliato, disse: «Perché c'è un negozio di torte là, buone e poco costose!» Morale Senza un negozio di torte non c'è piano urbanistico. Avevano tutti ragione: Kevin Lynch, Jane Jacobs e anche Cesário Verde e Alexandre O'Neil.

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I passerotti della Zona N2 Se andate in Zona N2 a Chelas, potete vedere che lungo Rua Cristino da Silva gli spazi aperti sono stati cintati dai locali. Il che è scioccante per uno spirito beauxartiano. Perché non c'è un'idea di comunità. Perché tutti cintano la loro terra e la coltivano con qualsiasi cosa preferiscano: ravanelli, patate, insalata, cavoli, fiori e molto altro. Questo finché Dona Eliza chiese a tutti aiuto per costruire una grande gabbia. Quando questa fu conclusa venne riempita di picchi, fringuelli e cardellini e venne posta dove poteva essere vista dalla strada, tra alberi di limone e peri. La povera divenne subito preda ambita per i gatti, un'attrazione per i cani e vittima di scherzi da parte di vandali e ubriachi, il che dispiacque molto a Dona Eliza e tutti i suoi vicini. Per porre rimedio decisero dunque di fare la guardia: installarono un allarme e ogni volta che suonava, giorno o notte, Dona Eliza saltava fuori dal letto, inverno o estate che fosse, e vestita com'era correva a scacciare i gatti, allontanare i cani o minacciare i vandali o sparare agli ubriachi. Lei o qualsiasi del quartiere che era di turno a controllare. Definizione Patrimonio è una qualsiasi cosa in grado di inspirare un sentimento collettivo di affetto e appartenenza.

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Cricket in Bela Vista Molto tempo dopo l'occupazione un architetto stava camminando nel parco di Bela Vista. Un gruppo di persone di colore (indiani? Pachistani? Africani?), impeccabilmente vestiti di bianco, stavano giocando a cricket in Chelas. Esattamente dove nel film Verdes Anos il giovane calzolaio si dispera per l'indifferenza della cameriera. Viaggiando di film in film, di amore in amore, arriviamo a Zona J. Flash-back In un'assemblea municipale del 1995 l'ingeniere Krus Abecassis afferma: “Zona J fu del tutto nuova per la città sotto vari aspetti, per l'altezza dei suoi edifici, per la loro posizione, inoltre la cessione degli appartamenti coincise con l'ondata migratoria proveniente dalle ex colonie. Questa condizione ebbe, e ha ancora, delle grandi potenzialità legate al fatto che può essere uno strumento positivo per combattere la xenofobia a Lisbona e incoraggiare persone diverse a vivere assieme in numeri significativi, più del 15% della popolazione è composto da minoranze etniche...” Questo è vero. Un minorenne stava marcando un muro in Zona J con dei graffiti quando gli architetti municipali passarono lungo la strada. «Sono nei pasticci» disse il bambino nero «voi siete di sicuro del municipio, o dei poliziotti...» «Né uno né l'altro, vogliamo solo sapere se hai visto il film Zona J e se ti è piaciuto» «Sì, l'ho visto e ci ho recitato! È stato bello, ci hanno dato dei panini! A me piace, ma qui attorno non ha preso molto piede. E poi sono stato sfortunato...» «Perché?” «Un ragazzo nero è stato baciato dalla ragazza... e io niente!» Domanda Sarebbe possibile ambientare il film “Zona J” in qualsiasi zona di Lisbona? In Buraca? In Miratejo? In Pedreira dos Húgaros? In qualsiasi di questi posti possono un ragazzo nero e una ragazza bianca diventare Romeo e Giulietta?

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IV

un palinsesto di progetti



At a glance Marvila presents itself as an inhospitable territory, disconnected, discontinuous. When you gaze, it reveals itself fluid, full of highs and lows, of colours and contrasts. To a close look, there are many Marvilas. Alves et al., 2001, 23

Ci sono molte Marvilas, ci sono innumerevoli Chelas. L’impianto organicista del progetto moderno non si è realizzato, è deflagrato in frammenti che mettono in scena molti luoghi diversi e danno luogo a molte progettualità possibili. Tutte sospese. La crisi economica in corso incide, tanto che anche le più piccole azioni paiono oggi impossibili. Anche le più minute, quelle tese alla manutenzione del patrimonio costruito, delle abitazioni degradate, degli spazi pubblici, dei parchi, delle infrastrutture. Sono sospesi i progetti così come gli immaginari che li sostengono, che però persistono e vanno a comporre una sorta di palinsesto di progetti unitari e impliciti. Nelle pagine che seguono si prova a metterne in evidenza tre. Il primo fa riferimento all’immagine dell’arcipelago ed insiste sulla possibilità di transitare in ogni sua parte il mare che esso definisce. Il secondo richiama un principio insediativo medievale, i nuclei abitati sulle creste sono riletti quali castelli, nuclei compatti da delimitare e potenziare. Il terzo immaginario insiste sulla possibilità di un progetto che fa tesoro del capitale sociale insediato, che azioni bottom up, partecipative, centrate su pratiche di condivisione, possano attivare le trasformazioni necessarie a riconfigurare l’intero assetto. Nessuno di questi progetti impliciti pare adesso praticabile, efficace alla risoluzione dei problemi cui Chelas è oggi esposto. La loro segnalazione è però importante perché ci dice, e ci ricorderà probabilmente in futuro, dell’esistenza di potenziali impossibili da esprimere.

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UN ARCIPELAGO


Instead of a city organized through its built form, Melun-Sénart will be formless, defined by this system of emptynesses that guarantees beauty, serenità, accessibilità, identità regardless – or even in spite of – its future architecture. Rem Koolhaas, 2006, 981

Chelas è un arcipelago che si costruisce a partire dagli spazi tra le cose: le aree residuali, i luoghi che intervallano il costruito, i grandi assi viari e gli spazi costieri abbandonati. Questa visione è ben coglibile da chi transita attraverso il territorio. L'immagine che ne deriva è quella di uno spartito in cui la musica è costruita attraverso pause che diventano dominanti rispetto alle note che compongono la melodia. Attraverso una percezione di questo tipo, Chelas tende ad emergere come uno spazio unitario, un gruppo di isole costitutive di uno specifico habitat. Come rilevato da Simone Tulumello “per i Lisbonesi Chelas è praticamente un unicum, un enorme quartiere che, seppur nel mezzo dell'urbanizzazione densa della città, non sembra farne parte: come un'entità a parte della quale si (ri)conoscono solo i sistemi infrastrutturali che l'attraversano” (Tulumello, 2012, 240). Leggere questo territorio come un insieme di “islands, surrounded by the almost inaccessible sea of motorways” (Alves et al., 2001, 24) permette di osservare alcune problematiche ed alcune opportunità presenti in questo luogo. Ad esempio, appare indispensabile partire dall'osservazione del mare, il quale costituisce l'elemento dominante dell'insieme. Mentre tutte le letture del territorio svolte, a partire dalle prime revisioni del piano, fino ai tempi recenti, tendono a mettere in evidenza Chelas quale “territorio do nada” (Alves et al., 2001) il mare è qualcosa di denso, di ricco, il contrario di un vuoto. Al contempo, anche le isole sono tra loro differenti, e con la loro differenza influenzano coste e mare stesso, determinando paesaggi e funzionamenti diversi fra loro. Il “mare di Chelas” è quindi un campo eterogeneo, connotato da ampi spazi di naturalità (alcuni disegnati, altri meno) e dalla forte presenza dell'infrastruttura viaria. Quest’ultima, sebbene neghi rapporti di prossimità tra le isole, garantisce un'ottima connessione con l'intera area metropolitana. Tuttavia a causa della topografia del luogo, essa è diventata la principale generatrice di no man's land. Esattamente come ne parlava Bernardo Secchi in riferimento alla città moderna:

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i grandi canali della mobilità hanno trasformato in modo evidente i rapporti spaziali e l'estetica della città: costruendo barriere invalicabili, ostacolando o impedendo relazioni visive e spostamenti consolidati da una lunga tradizione, costruendo nuovi luoghi dell'oscurità no-man lands delle quali si sono appropriate pratiche al margine della legalità, instaurando rapporti violenti, anche se talvolta suggestivi, con il contesto (Secchi, 2000, 103).

L’arcipelago di Chelas prende forma a partire dalla forte connotazione negativa delle infrastrutture. Spazi marginali, residuali che potrebbero essere letti in modo diverso: come reti strutturanti l’intero bacino di naturalità. Reti composte da fili e corde che se adeguatamente intrecciate potrebbero svolgere il ruolo di collante fra i vari tasselli del mosaico di Chelas, le isole, ricucendo così alcuni rapporti di prossimità. In questa direzione vanno alcune delle progettualità in corso a Chelas. Ad esempio il progetto del 2009 per il parco dell’Ospedale Orientale.

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IL PROGETTO PER IL PARQUE OSPITALAR ORIENTAL Il progetto per il parco dell’Ospedale Orientale è stato redatto nel 2009 dallo studio di architettura João Pedro Falcão De Campos, insieme allo studio paesaggista NPK. De Campos era stato chiamato dalla CML e dalla freguesia di Marvila ad elaborare un piano di raccordo fra il progetto per il nuovo ospedale e l'area urbana limitrofa, ma la proposta finale si è rivelata una riscrittura di gran parte del territorio di Chelas. Il piano, approvato nel 2011, non ha ancora una data certa di attuazione e l'attuale congiuntura economica sembra destinarlo a un futuro molto lontano. La Troika si è infatti pronunciata favorevolmente solo alla realizzazione del policlinico, che dovrebbe operare in sostituzione di cinque ospedali cittadini, la cui attuazione è comunque incerta a causa dei numerosi ricorsi presentati contro il progetto di Souto do Moura, vincitore nel 2010 del bando indetto dallo Stato. Il conseguente annullamento del concorso ha comportato la necessità di un nuovo bando di progetto che verrà probabilmente presentato il prossimo anno, in seguito alle prossime elezioni nazionali. Per quanto riguarda invece il progetto del parco urbano i funzionari municipali avvertono che ci vorrà tempo, prevedendo l'inizio dei lavori a una data posteriore al 2020. Nonostante questo, risulta comunque di interesse prendere in esame lo scenario di sviluppo proposto. Il lavoro svolto dal team di progettazione mira a rispondere a tre principali problematiche. In primo luogo la riscrittura dello spazio urbano oggi indefinito, fornendone una chiara connotazione: il parco. In secondo luogo il piano tenta di operare una ricucitura fra i comparti abitativi. Infine l'ultimo nodo che la proposta tenta di sciogliere riguarda la densificazione del costruito. L'area urbana di Chelas infatti, a causa delle sue notevoli dimensioni e della frammentazione dei comparti abitativi, necessita di infrastrutture e servizi, soprattutto per quanto riguarda il trasporto pubblico, che agiscano in modo capillare. Questi servizi nel periodo attuale di crisi non risultano più sostenibili da parte della municipalità salvo un aumento degli abitanti-utenti, e con essi dell’investimento immobiliare. Dei tre aspetti affrontati dalla proposta, i primi due risultano quelli di maggiore interesse per quanto concerne la definizione di un arcipelago. Il progetto elaborato studia attentamente le particolarità ecologiche del luogo al fine di sfruttarne al meglio le potenzialità. Inoltre risulta notevole l'attenzione riposta nella progettazione del fondovalle nella parte meridionale della Zona M (Armador) che per la prima volta non viene semplicemente consi145


derato un ostacolo per il raccordo fra Chelas e l'area urbana centrale o un luogo idoneo al solo passaggio delle infrastrutture. Al contrario viene trasformato in un ambito di integrazione fra le diverse parti urbane. Le criticità che si possono cogliere riguardano la scarsa osservazione di altri caratteri specifici connotanti le diverse parti di Chelas. L'estensione del modello parco all'intera area sembra risolversi con una proliferazione generale del verde che va a permeare indistintamente tutto, portando a un'omologazione generale del territorio. Inoltre, nonostante attualmente il Parco da Bela Vista risulti essere il dispositivo meglio funzionante sul territorio, sorgono riserve sul fatto che un'estensione di questo modello all'intera area urbana possa portare uguali benefici. Infatti il parco attuale gode di buona manutenzione e, dopo la realizzazione nel 2012 della passerella sulla Valle di Chelas, viene sempre più utilizzato anche da abitanti provenienti da altre aree urbane. Al contrario molti spazi interni, attualmente destinati ad aree verdi, appaiono abbandonati. Per evitare un ripetersi di queste operazioni il progetto dovrebbe prevedere di estendere le infrastrutture, le quali al contrario vengono concentrate unicamente nell'area ospedaliera. Il secondo tema, quello dei raccordi, viene affrontato attraverso il progetto del parco, che funge da strumento principale per la ricucitura delle aree urbane, e attraverso la progettazione di passerelle pedonali atte a congiungere i diversi comparti scavalcando i due fondovalle, principali cause di frammentazione. A queste due azioni si aggiunge la progettazione di edifici che, insieme all'ospedale, vanno a colmare i vuoti fra i le aree abitative dovuti alla mancata realizzazione del vecchio piano metabolista. Proprio tale nodo, ovvero l'espansione del costruito, risulta il più critico. La prima osservazione viene mossa alle tipologie insediative proposte. Il piano infatti non si limita a indicare le aree idonee alla costruzione ma elabora diverse tipologie di edificato a seconda delle aree, proponendone forma, disposizione e densità. Mentre le soluzioni a ridosso del comparto N1 risultano di qualche interesse, poiché immaginano una maggiore compenetrazione fra la naturalità proposta e costruito, per lo più si assiste alla riproposizione di schemi già presenti in loco: edificato a barre, torri e una ripresentazione fedele del progetto “Cinco Dedos” di Victor Figueiredo. Poca attenzione viene data all'integrazione delle nuove abitazioni con il parco, particolare che non deve essere dato per scontato visto che attualmente il Parco di Bela Vista e il comparto residenziale di Zona N1 (Falmenga), nonostante la loro vicinanza, rimangono entità del tutto sconnesse. La seconda critica all'espansione abitativa viene invece mossa a 146


partire da un'analisi più ampia sull'area urbana di Lisbona e sulla crescita di questa città negli ultimi anni. Risulta infatti difficile credere che sia attuabile una colonizzazione di tali dimensioni dell'area di Chelas principalmente per tre motivi. Il primo riguarda il trend demografico di Lisbona, non favorevole a tale scenario. Il secondo emerge esaminando la congiuntura urbana attuale e gli investimenti in atto da parte della municipalità. Negli ultimi vent'anni la città di Lisbona ha visto una notevole espansione della cintura esterna, spesso legata a interventi di riconversione urbana ben riusciti; fase culminata con la realizzazione del quartiere Oriente, legato all'Expo del 1998. Tale fenomeno, notevolmente rallentato dalla crisi, è ancora oggi in corso, anche se pare non possedere più la forza per contagiare aree limitrofe. La ragione principale si deve allo spostamento dei grandi investimenti pubblici: la municipalità infatti si trova oggigiorno ad affrontare come principale problema lo spopolamento e il degrado delle aree centrali, insieme alle necessità di rinnovamento e manutenzione necessarie al loro funzionamento, ad incentivare il turismo e a fornire una migliore immagine della città. Per tale motivo l'organismo pubblico sta compiendo notevoli investimenti sulla fascia costiera della Baixa e delle aree limitrofe, dove si stanno realizzando, o si sono appena conclusi, importanti progetti come la ristrutturazione del Terreiro do Paço, di Ribeira das Naus o la costruzione del nuovo terminal delle crociere e del nuovo edificato nel quartiere di Boavista. Se a questo si aggiungono i processi di gentrification in atto nei quartieri di Bairro Alto, Baixa, Alfama e Mouraria risulta molto difficile prevedere un investimento di privati per la costruzione di abitazioni a Chelas. Infine il terzo motivo risiede nel falso ideologico che vede nella costruzione dell'Hospital de Todos os Santos una possibile fonte di attrazione per investimenti di privati in loco. Più probabile, nella migliore delle ipotesi, che l'ospedale si traduca nella costruzione di una nuova isola all'interno dell'arcipelago. Come è stato durante la modernità, come ancora una volta ci ricorda Secchi: nella città moderna le principali attrezzature urbane sempre più diventano luoghi specialistici e esclusivi. L'ospedale è un luogo ad alta specializzazione, una “macchina per guarire”. Il suo accesso è riservato agli addetti ai lavori e ai pazienti, le visite dei parenti sono sottoposte a rigidi orari e controlli. [...] Le attrezzature collettive diventano così isole separate dal contesto urbano. In molti casi, pur essendo grandi attori di specifiche popolazioni, non sono più luoghi centrali. L'interno è separato dall'esterno da cancellate invalicabili e da muri impenetrabili alla vista (Secchi, 2000, 89).

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piste ciclabili nuove connessioni pubbliche aree pedonali edificato presente area per la costruzione dell’ospedale edificato di nuova costruzione

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IL MARE DI CHELAS La creazione di un arcipelago e il ripensamento dello spazio tra le cose come parco è centrata sull’enorme predominanza degli spazi naturali all'interno dell'aera urbana. Considerando quindi l'attore pubblico come predominante, unico in grado di compiere un'azione complessiva di riscrittura territoriale, si prova a reinterpretare questi spazi tenendo conto della necessità di una loro maggiore strutturazione tesa a favorire connessioni. Può essere in questo senso interessante riprendere il progetto di Oma per Melun Senart per ripensare, sulla base della grande disomogeneità del mare di Chelas, il progetto del parco per l’ospedale e la sua idea di parco omogeneo. Quanto segue può essere letto come una contestualizzazione dei principi per Melun Senart a Chelas. Un esercizio costruito attraverso tre fasce e tre riserve. Fasce che presentano velocità differenti, laddove il termine velocità non indica unicamente la rapidità di percorrenza ma anche il grado di permeabilità del territorio, nonché gli elementi interni che lo caratterizzano. A queste si contrappongono riserve, ambienti in cui è prevista la costruzione di nodi/centralità a scala locale. Una strutturazione di questo tipo tende a preservare l'ambiente come eterogeneo, sfruttando questa caratteristica a proprio vantaggio. Tale condizione viene ulteriormente posta al servizio di una ipotetica realizzazione del progetto. La circostanza che vede alcuni elementi di più facile attuazione rispetto ad altri, date le condizioni presenti, implica la possibilità di diluire l'azione in tempi differenti, con risorse differenti. Requisito necessario visto l'impossibilità emersa di fornire una risposta omnicomprensiva nel contesto economico attuale.

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Fascia a percorrenza veloce La fascia a percorrenza veloce attraversa il territorio da nord a sud. Data la specificità topografica e la presenza di importanti infrastrutture, è necessario qui accentuare il carattere prettamente connettivo di tale area attraverso la creazione di un ambiente ad alta permeabilità il cui compito principale è quello di servire gli ambienti limitrofi, ristabilendo connessioni di prossimità fra le due creste e garantendo un attraversamento veloce e sicuro del fondovalle, anche senza l'utilizzo dell'automobile come mezzo di trasporto. Fascia a percorrenza media La fascia a percorrenza media si presenta come un transetto strutturante il territorio. Il tentativo è quello di costruire una fascia di servizi di interesse non soltanto locale, che attraversi il territorio trasversalmente, superando i rilievi orografici e creando un ponte non solo fra i comparti ma anche fra la città e il litorale.

Fascia a percorrenza lenta La fascia a percorrenza lenta è il territorio delle azinhagas, strade di campagna incanalate fra i muri delle tenute agricole. Il territorio si connota qui per la forte naturalità e le difficili condizioni orografiche, esso può essere indicato come luogo del loisir, atto ad ospitare piccoli parchi, orti urbani, ed elementi di naturalità meno programmata.

Riserve Le riserve sono luoghi attualmente sottoutilizzati ma che presentano forti potenzialità per gli elementi presenti al loro interno: particolari situazioni di naturalità, la stazione, la collocazione in luoghi strategici. Tali spazi necessitano di essere rafforzati al fine di creare nuove centralità alla scala locale.

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CHELAS. UN MARE ETEROGENEO

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CASTELLI


Più ciascuna isola celebra valori differenti, più l'unità dell'arcipelago come sistema è rafforzata. Poiché il cambiamento è contenuto nella componente isole, un sistema così fatto non dovrà mai essere rivisto. Paola Viganò, 2010, 184

I castelli impongono una lettura per molti aspetti contraria alla precedente. I castelli sarebbero isole se il mare dell'arcipelago fosse davvero navigabile. In realtà questo mare è ostile alla navigazione esattamente come lo è un territorio impervio e frammentato come quello di Chelas. Una catena montuosa più che un mare, composta di alture poco raggiungibili, molto compatte e difficilmente scalfibili. Al contrario del progetto metabolista esse sono fortezze che disegnano uno spazio disgregato. Entro questa figura progettuale, i castelli sono l'esito (inevitabile) di una realizzazione del piano urbanistico che si è data per pezzi ed “a singhiozzo”, determinando ambiti territoriali estremamente diversi fra loro, che difficilmente consentono una lettura unitaria. Inutile quindi la ricerca di “unità improbabili e astratte”, al contrario, occorre lavorare su “molteplicità e incoerenze” (Viganò). Ancora una volta però bisogna interrogarsi su cosa effettivamente sono questi castelli. L'immagine prova ad esprimere tanto un carattere degli spazi dell'abitare in Chelas, tanto un modo di funzionare del territorio. Come città collinari, i grandi agglomerati urbani, alti diversi piani e posti sulle creste delle alture, si guardano senza mai venire davvero a contatto. Separati da valli impossibili da attraversare a causa dei sistemi infrastrutturali che vi scorrono, tali zone presentano rari spazi pubblici ovunque ipersorvegliati (Tulumello). L'accesso a tali spazi avviene solitamente mediante l'attraversamento di un'arteria stradale che circonda l'edificato e funziona come un fossato. Successivamente, oltrepassando la prima fascia di edificato, le mura, attraverso portali o passaggi più piccoli, si accede agli spazi interni. Questi sono troppo introversi per essere luoghi pubblici, spazi “della città”, ma allo stesso tempo troppo controllati per creare situazioni intime e dare vita a una socialità di quartiere. In questi luoghi si è sotto assedio, si è in guerra, e qualsiasi intruso è sospetto. Camminando per Chelas, (...) appena si entra nelle strade pedonali ci si sente immediatamente oggetto di osservazione, intrusi in uno spazio non nostro. Nei dialoghi che ho avuto in questi spazi la sensazione di

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essere in “casa altrui” continuava ad essere fortemente presente (Tulumello, 2011, 237).

Non è chiaro al contempo a chi “appartengano” gli spazi protetti. Spesso sono teatro delle pratiche più disparate, ad esempio di operazioni di appropriazione da parte di tribù urbane (Maffesoli), altrove di forte identificazione (e privatizzazione) da parte degli abitanti. A partire da queste considerazioni, e dalle progettualità in atto entro una logica di questo tipo, emerge la necessità di operare attraverso una strategia additiva facente capo al paradigma more is more, e che mira ad una fortificazione dei castelli atta alla creazione di vere e proprie città dentro la città. Tale operazione si attua entro logiche differenti. Ad esempio a partire da interventi sull'edificato tesi a riqualificare gli alloggi, ma non solo. Attraverso un lavoro di ridefinizione degli spazi collettivi interni, spesso intervenendo con strategie di forte connotazione e gerarchizzazione delle parti, la cui attuale indeterminatezza è indicata negli studi di Teresa Heitor e Simone Tulumello come principale generatrice delle problematiche sociali relative agli insediamenti abitati.

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ZONA O La Zona O è esemplare della configurazione di Chelas per castelli. La sua realizzazione è avvenuta in ritardo rispetto a quella degli altri comparti. Il piano regolatore varato dalla municipalità nel 1994 poneva come obbiettivo la realizzazione di un edificato monumentale che non solo fungesse da connettore urbano e incubatore di servizi ma diventasse esso stesso strumento di risignificazione dell'area. L'accento sulla monumentalità, portò alla realizzazione di qualcosa che oggi assomiglia davvero ad un castello, e che pur tradendo largamente gli obbiettivi proposti risulta di interesse per l'organizzazione interna e il rapporto che esso instaura con il contesto. Il progetto dello studio paesaggista italiano Proap ha configurato Zona O come territorio autarchico, il cui rapporto con l'intorno è di netta chiusura. Il basamento degli edifici è confine netto, un muro nero alto due piani, privo di finestre, e con poche aperture videosorvegliate. Lo spazio interno è caratterizzato da una piazza con una passerella e qualche negozio, da qui si accede al grande centro commerciale che ha la pretesa di essere il vero connettore fra le parti edificate sulle creste, nonché il fulcro della “vita pubblica”. In realtà non funziona così. Resta lo spazio pubblico di un centro commerciale rivolto alla città (anziché al quartiere). Ad esso si può accedere infatti direttamente dall'autostrada, entrando in un parcheggio sotterraneo collegato al centro commerciale mediante scale e ascensori. Questa infrastruttura funge da basamento. Sopra di essa si trovano due giardini ai quali possono accedere unicamente gli abitanti del complesso attraverso un piano porticato. L'intero comparto è inoltre circondato da un nodo autostradale che divide completamente la Zona O dai comparti limitrofi, pur consentendo qui l'intersezione di più linee di trasporto pubblico, tra le quali la metropolitana.

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ZONA O. SEZIONE E SPACCATO ASSONOMETRICO

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giardino privato porticato privato

magazzino

supermercato

parcheggio

supermercato

ingresso superstrada inferiore

superstrada


EdiďŹ cato come mura di separazione, torre di controllo. Netta deďŹ nzione del territorio.

Autostrada come fossato. Negazione dei rapporto di prossimitĂ . Potenziamento delle connessioni distanti. Via di fuga.

OrograďŹ a come barriera, posta al servizio delle infrastrutture.

Il castello: territorio autarchico chiuso, controllato, collegato alla rete urbana.

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FORTIFICAZIONI. LA CREAZIONE DI CASTELLI Pensare al territorio come ad unità autonome e distinte porta in prima istanza a considerare il fallimento di un progetto che ha enfatizzato connessioni e legami di prossimità. La città è un insieme di frammenti piuttosto sconnessi. Quel che si può fare è lavorare al loro interno dove spesso non mancano gli spazi pubblici. Tutt'altro, essi sono presenti in gran quantità ma non sono né adeguati, né pertinenti. Ad esempio, l'overdose di spazi pubblici che permea le aree interne porta spesso alla creazione di zone indefinite, spazi che soffrono la mancanza di una chiara connotazione. Un progetto che lavori nei castelli deve tenerne conto, facendo tesoro di alcune azioni minori già in atto in questa direzione, come la riorganizzazione e privatizzazione di alcuni giardini nella zona N2, il cui risultato è apprezzabile ancora oggi. Un'operazione di questo tipo mira a chiudere alcuni spazi, trovare la giusta scala per renderli abitabili, anche privatizzando parte dell'ambiente pubblico oggi inutilizzato, in modo da riscrivere il suolo all'interno di più chiare gerarchie ed usi. Il privato diventa quindi l'attore predominante, che attraverso azioni di appropriazione e messa in sicurezza riesce a dare nuova definizione ai luoghi. A tali azioni si deve accompagnare una necessaria riqualificazione degli edifici, azioni come quelle compiute da Lacaton & Vassal, che mirano a fornire più spazio e più qualita; accompagnate da densificazione puntuali che non mirino tanto a connettere i diversi comparti quanto a distinguerli. Una densificazione entro luoghi strategici, funzionale anche a risolvere il problema legato alla bassa densità di abitanti sul territorio. In conclusione lacerare, separare, chiudere e densificare al fine di creare un territorio estremamente disomogeneo in cui risaltano poche ma forti centralità. Rimane aperta la questione di quanto questo sia possibile in una realtà di edilizia sociale, poco ambita dal soggetto privato e abitata da una popolazione che riscontra gravi problemi economici.

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PARTECIPAZIONI E

CONDIVISIONI


La ricerca dello “spazio felice” può essere un atto rivoluzionario ma non è l'”atto rivoluzionario” per eccellenza: la prima trasformazione rivoluzionaria potrà essere la creazione dello scenario in cui si evolverà la società futura. Paula de Oliveira, Francesco Marconi, 1977, 45

Il terzo ambito osserva Chelas a partire da azioni minute, spesso pilotate “dal basso”, che “accadono” sul territorio creando un certo riverbero. Tali azioni sono numerose a Chelas e, con l'affermarsi della crisi economica che ha portato alla quasi totale paralisi dei grandi interventi sia pubblici che privati, sembrano rafforzarsi e propagarsi. Gli enti locali spesso supportano tali azioni, utili ad arginare problematiche che si stanno via via inasprendo. Allo stesso modo la Municipalità di Lisbona favorisce tali iniziative attraverso programmi tesi a promuovere forme di partecipazione attiva degli abitanti. Entro questa osservazione i protagonisti principali del mutamento non sono più né i grandi investitori privati né gli enti pubblici (per lo meno in forma diretta). I processi di trasformazione avvengono piuttosto attraverso una negoziazione fra quest'ultimi e le associazioni di cittadini. Lo scenario che ne deriva ridisegna Chelas come una sorta di piattaforma in grado di supportare e amplificare azioni minori. Un po’ come nel manifesto “Non Plan”, redatto nel 1969 da Banham, Barker, Hall e Price, e così via entro una storia che ha enfatizzato l'azione non come mezzo ma come fine. Chelas diviene una sorta di paesaggio minore, dove “il concetto di minoranza esprime la potenzialità di una situazione, la potenza di divenire, contro quella di maggioranza che risulta essere espressione di una forza di un modello” (Di Campli, 2009, 111). L’enfasi sul processo si contrappone alla lentezza dell'urbanistica “espressione di mode e produttrice, nel migliore dei casi, di effetti secondari non pianificati spesso più interessanti del progetto iniziale” (Viganò, 2010, 125). “Il punto fondamentale della questione è questo: lo spazio esiste non per decreto, ma solo in virtù dell'azione” (Vidler, 2000, 202). A partire da questo assioma l'intervento sul territorio deve essere in grado di “ampliare la potenzialità di uno spazio specifico attraverso mezzi tecnici generali” (Amin) e prestarsi ad una “appropriazione tattile” (Benjamin), che ne trasformi costantemente l'uso, rinegoziando confini in base alle abitudini. L'architettura in questo scenario deve porsi come obbiettivo la creazione di un territorio flessibile in grado di creare ”incertezza calcolata” (Price) enfatizzando la malleabilità di spazi pensati come constructional toys: un gioco sociale di scambio di conoscenze che avviene attraverso la costruzione e la modificazione degli spazi stessi. 169


PROGRAMMA VIVER MARVILA Il programma “Viver Marvila” è stato elaborato nel 2008 dalla Câmara Municipal de Lisboa (CML) insieme all'Instituto de Habitação e Reabilitação Urbana (IHUR) con gli obbiettivi di mobilitare la popolazione, favorire lo sviluppo economico e riqualificare lo spazio pubblico a Chelas (Programa di Intervenção Integrata, 2013, 21). In modo specifico le aree di intervento sono i quartieri di Zona I (Amendoeiras), Zona J (Condado), Zona M (Armador), Zona N1 (Flamenga), Zona N2 (Loios), Zona O e, dal 2013, di parte dello spazio industriale a confine con Olivais. L'associazione Viver Marvila è composta da un team eterogeneo di architetti e sociologi che si fanno portatori delle istanze della popolazione locale al fine di pilotare gli interventi della municipalità in Chelas. Il programma integra azioni di carattere sociale ad operazioni di riqualificazione urbana. La partecipazione degli abitanti è necessaria ma l’investimento pubblico (in forma di capitali, organizzazione, progetti e programmazione) è entro questo tipo di interventi essenziale. Quelli di maggior impatto sono stati compiuti nei primi anni, 2008 e 2009, quando per esempio sono stati demolite parti degli edifici che formavano il “Corredor da Morte” in Zona J, nonché riqualificati alcuni spazi pubblici. Numerose operazioni di carattere puntuale sono state attuate o sono in corso all'interno dei comparti abitativi, come la manutenzione degli spazi pedonali interni, della rete viaria e dello stesso edificato. La riqualificazione viene attuata attraverso la ritinteggiatura di alcune costruzioni e la loro conservazione attraverso la sostituzione di parti obsolete. Tali iniziative sono accompagnate da azioni di sensibilizzazione della popolazione residente rispetto all'ambiente in cui vivono e all'utilizzo degli spazi della collettività, i quali talvolta sono stati riattrezzati con infrastrutture minori come parchi giochi. Attualmente questo programma si sta occupando della riprogettazione e manutenzione degli spazi interni nella Zona I nonché della rintinteggiatura e manutenzione di numerosi edifici in Zona J. Allo stesso modo l'ente è intervenuto sugli ambienti esterni, in particolare nella valle che separa i comparti N1 e N2 dove sono stati pianificati sedici ettari di terreno destinati ad orti urbani ed è stata promossa la costruzione di uno skate-park (Programa di Intervenção Integrata, 2013). A questi interventi si aggiungono

iniziative di carattere sociale, come la riscrizione toponomastica, che è opera dell'ente, e assistenziale verso le fasce di popolazione più deboli.

170


171


PROGRAMMA BIP/ZIP Nello stesso anno in cui viene elaborato il programma “Viver Marvila”, da parte degli stessi enti, viene promosso un'altro tipo di interventi. Il BIP/ZIP (Bairros de Intervenção Prioritária/Zonas de Intervenção Prioritária) è un piano di interventi compreso nel più ampio Programa Local de Habitação de Lisboa (PHL) contenuto all'interno del Plano Estrategico de Habitação. L'iniziativa, che si colloca sulla scia del programma SAAL, sta riscuotendo sempre più attenzione anche a livello internazionale non solo per i risultati ottenuti ma soprattutto per la metodologia messa in atto. Si tratta di un programma quinquennale che si colloca all'interno di quello che viene definito “piano strategico per lo sviluppo sostenibile di seconda generazione” (Cartas dos BIP/ZIP, 2010, 5), che mira ad azioni partecipate individuate nella città sulla base di una selezione multicriterio. I tre obbiettivi finali del programma sono: migliorare la città, attirare nuova popolazione e trasformare la crisi in opportunità (Cartas dos BIP/ZIP, 2010, 5). L'intervento è stato diviso in tre fasi. La prima, conoscere, è stata svolta nei mesi fra ottobre 2008 e aprile 2009 sia attraverso la realizzazione di mappe e lo studio di indici sociali, urbani e ambientali; sia attraverso forum e workshop, al fine di mettere in contatto e far interagire diversi attori che operano sul territorio. La seconda fase, dibattere, è stata svolta fra marzo e giugno 2009 da un gruppo di quattordici politici e tecnici della CML e del DPE, e ha portato all'elaborazione di una matrice strategica per la classificazione dei programmi e all'individuazione delle aree di intervento. Vengono identificati 61 “Bairros Criticos” (Cartas dos BIP/ZIP, 2010, 6), successivamente ampliati a 67, soggetti a problematiche di natura socio-economica, ambientale e urbanistica. Per la maggior parte si tratta di quartieri ACRRU (Área Critica de Recuperação e Reconversão Urbanistica), AUGI (Área Urbana de Génese Ilegal), PER (Programas Especiais de Realojamento), ex-SAAL, di gestione GEBALIS (ente che amministra l'edilizia sociale), o facenti parte del programmi SRU Ocidental e “Viver Marvila”. A questa è seguita la terza fase, intervenire, che a partire dal 2010 viene attuata ciclicamente ogni anno. Tale parte dell'intervento si attiva attraverso la candidatura di progetti differenti per ogni area. Le iniziative devono essere presentate in partnership fra almeno due enti, che possono essere istituzionali, come le freguesie, o non istituzionali, ovvero associazioni, fondazioni, cooperative o enti terzi. Queste devono essere elaborate su un piano di sviluppo annuale che identifica chiaramente gli obbiettivi da perseguire e possono richiedere un finanziamento municipale 172


fino a 5.000 euro, il quale viene elargito a rate in base a report elaborati dagli enti, che ne monitorano l'efficacia. Le candidature vengono poi esaminate da una giuria di tecnici municipali che, attraverso l'attribuzione di punteggi e criteri di priorità differenti a seconda dell'area, valutano il progetto più praticabile. Nel 2014 si è concluso il primo ciclo quadriennale dell'iniziativa, il cui successo ha fatto aumentare candidature e budget messo a disposizione da parte della municipalità (passato da un milione a un milione e seicentomila euro). Nell'area di Chelas i BIP/ZIP attivi negli ultimi anni sono variati mediamente fra sette o nove, presentando progetti di diverse entità e natura. Nonostante il programma sia considerato uno strumento di intervento urbanistico, la maggior parte delle iniziative promosse hanno un carattere prettamente sociale. Tale aspetto è considerato da alcuni un punto critico del programma, che spesso tende a catalogare come “elefanti bianchi” (ovvero progetti di interesse ma di difficile attuazione) le proposte a carattere maggiormente architettonico. In questo modo l'ente si fa più che altro promotore di interventi sociali. Per fare un esempio: l’attivazione di iniziative teatrali di quartiere piuttosto che di workshop di design. Tuttavia nell'area di Chelas, da quattro anni, il BIP/ZIP di PRODAC Nord viene vinto dall'associazione di architetti guidata dallo studio Ateliermob che agisce in collaborazione con l'associazione degli abitanti del quartiere. Per i primi anni l'obbiettivo proposto ha riguardato la risoluzione di un problema di carattere giuridico inerente all'area. PRODAC venne infatti edificato in autocostruzione negli anni Settanta su un terreno appartenente alla municipalità ma lasciato in concessione agli abitanti. Negli anni successivi si è andato sempre più acuendo il problema riguardo al conflitto di proprietà, che vedeva i residenti possessori degli immobili ma non del terreno su cui essi sorgono. Tale problema è stato messo in evidenza dalla stesura del piano per il Parque Ospitalar Oriental, che inizialmente prevedeva l'abbattimento delle abitazioni e l'estensione del parco anche in quest'area. Dal 2011 le due associazioni partecipanti hanno lavorato per la costruzione di un iter processuale che consentisse l'acquisizione del terreno da parte degli abitanti compiendo tutte le operazioni di rilievo catastale e architettonico necessarie. Il processo, terminato lo scorso un anno, ha aperto una nuova fase in cui in i due enti operano attraverso azioni di consolidamento territoriale e manutenzione degli spazi pubblici. Nonostante il successo di questa esperienza, un’intervista all'architetto Rita Aguiar Rodrigues di Ateliermob ha reso note 173


molte delle criticità insite nel programma BIP/ZIP. In primo luogo la scelta dei progetti (problematica messa in evidenza anche Roberto Falanga, docente di scienze sociali presso l'università Cattolica Portoghese e consulente municipale per il programma BIP/ZIP). Ovvero i metodi di scelta, che spesso non riescono a valutare in modo opportuno le varie proposte. Ne è un esempio l'esperienza di PRODAC, il cui progetto durante il primo bando era riuscito a malapena a qualificarsi, mentre nel secondo risultava primo in graduatoria. Il secondo problema è il carattere non partecipato di questa decisione, che non include direttamente la popolazione interessata. Tale fattore comporta spesso la scelta di progetti non prioritari per il territorio. Ancora una volta l'esperienza di Ateliermob funge da esempio in quanto lo stesso progetto attuato è stato presentato per il BIP/ZIP di PRODAC Sud, comparto che presenta la medesima problematica, ma non essendo considerato il più idoneo è stato scelto un progetto alternativo per il finanziamento di un parco infantile. Tale scelta ha provocato nella popolazione un ulteriore sentimento di frustrazione determinando un effetto opposto al suo scopo. Vi è poi un problema legato ai limiti temporali e finanziari imposti, esigui, che non permettono l'elaborazione di piani a lungo termine, o l'approvazione di progetti di maggior impatto territoriale. A questo alcune volte si aggiunge l'esiguità del numero dei soggetti effettivamente coinvolti sul territorio nelle azioni proposte. Come riscontrato anche da Roberto Falanga, il progetto necessita di maggiore integrazione territoriale. L'azione attualmente troppo puntuale porta a interventi che non sono inseriti all'interno di una logica più vasta che potrebbe coordinarli e amplificarne l'azione. Infine la criticità maggiore riguarda il bilancio finale di questi progetti. Il termine del ciclo quadriennale ha visto lo svolgersi di una riunione che ha messo in evidenza i risultati ottenuti sui diversi territori. Non v'è dubbio sul fatto che molte iniziative siano state di grande interesse culturale tuttavia proprio per il loro carattere prettamente sociale è elevato il rischio di evanescenza di quanto costruito al termine del finanziamento o della loro attuazione.

174


175


UNA RETE SENZA SUPPORTO Gli interventi promossi dai programmi partecipativi in atto si presentano di notevole interesse soprattutto per il tipo di programmazione e processi messi in pratica (ancor più che per gli esiti). L'attuazione di politiche bottom-up non può che essere ritenuta apprezzabile. Tuttavia i progetti risultano spesso una sorta di antidolorifico contro una crisi strutturale che difficilmente può essere così affrontata (vista anche la criticità dei luoghi). E’ evidente che ciò che manca è un’infrastruttura non soltanto sociale, ma anche spazializzata, che tenga assieme gli interventi, che li coordini e li faccia lavorare all'unisono evitandone l'efervescenza, che li radichi all'interno del contesto territoriale. Questa infrastruttura non è da intendersi come “finita”, o “da completarsi”, quanto piuttosto come un sorta laboratorio in divenire. Forse il più grande merito dei programmi attivati è quello di dimostrare la possibilità di una progettualità di questo tipo. Chelas, che da sempre è un territorio incompleto, in attesa (in attesa del completamento dell'edificato, in attesa di infrastrutture efficienti, in attesa del parco), oggi non può attendersi il completamento di ciò che manca. Oggi che molti processi di trasformazione si sono arrestati, è necessario attivare una diversa progettualità, che faccia tesoro dell’incompletezza quale tensione verso una progettualità partecipata, tesa alla creazione di un territorio in trasformazione, un territorio in potenza.

176


ni azio oci

er id ts ou

o

nut

enz

s

ass

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abitanti

colt

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litorale

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ti

zone naturali

m

ma

ind

ust

rial

e


SPAZIO APERTO. FULCRI DI AZIONE

178


VIVER MARVILA ORTI E SKATE PARK PARCO DO VALE FUNDÃO

ORTI ZONA L PARCO DO VALE FUNDÃO

ORTI VALE DE CHELAS NATURALITÀ VALE DE CHELAS

179


SPAZIO EDIFICATO. FULCRI DI AZIONE

180


LISBOA CAPITAL DO NADA VIVER MARVILA/ZONA I

BIP/ZIP PRODAC FÁBRICA BRAÇO DE PRATA

VIVER MARVILA/ZONA J BIP/ZIP PROYECTO REMIX

181



V less



LESS Il progetto per Chelas è incompiuto. Il piano si è realizzato soltanto in alcune sue parti, e ciò che manca consente di immaginare nuove e diversificate traiettorie di progetto. La crisi economica in corso incide profondamente sulle possibilità di operare, portando a una limitazione, ad una negazione degli scenari attuabili. Non solo, la totale mancanza di risorse economiche rende difficile realizzare anche quelle opere di manutenzione degli spazi capaci di garantire minime condizioni di comfort e qualità dell'abitare. Questa situazione evidenzia un momento di frattura importante nelle politiche pubbliche e nei progetti finora messi in campo per Chelas. Fino ad indicare un vero e proprio stato di emergenza. Tanto che, se vi è un progetto che appare oggi necessario, e forse unico possibile, è quello che provi a fare davvero i conti con questa condizione, ed a mettere in salvo il salvabile. A Chelas manca tutto. Manca una dimensione abitativa dignitosa, manca quella qualità dello spazio pubblico capace di indicare un presidio istituzionale agli spazi aperti, mancano le infrastrutture, i giardini, i parchi, manca quel capitale sociale necessario per attivare reti associative e forme di condivisione a supporto dello stato di difficoltà e degrado. Un'emergenza appunto, aggravata dalle condizioni di difficoltà strutturali di questa parte di città e dalla crisi demografica che sta colpendo Lisbona non meno di altre città occidentali. Le indagini statistiche rivelano un'importante diminuzione della popolazione a Chelas, oltre ad un invecchiamento dei residenti e ad una sostanziale riduzione dei nuclei familiari. Tale condizione è una delle principali cause del progressivo abbandono degli alloggi. Il dieci per cento delle abitazioni è ormai vuoto, ed il dato pare destinato ad aggravarsi, mentre oltre il quindici per cento degli edifici è considerato, per usare un eufemismo, in cattivo stato di conservazione (quando è evidente l’inabitabilità). Progettare l'emergenza entro questa condizione di spazio eccedente (rispetto alle risorse, al numero degli abitanti e al costruito) implica ragionare in termini di sottrazione. Less invita a praticare un esercizio che è il contrario di quello che Lacaton, Vassal e Druot compiono in Plus (Les grands ensembles de logements Territoires d'exception) in ragione di una maggiore quantità di spazio a garanzia (anche) di una maggiore qualità. Tutto questo, a Chelas, adesso, semplicemente non è possibile. Si tratta piuttosto di compiere un esercizio che provi a togliere, a sottrarre spazi e funzioni senza ridurre qualità ed usi possibili degli spazi che restano. Svolgere un'operazione di questo tipo comporta il superamento di molte idee maturate attorno allo spazio da costruire, in modo tale da farci trovare meglio attrezzati di fronte alla necessità di progettare temporanei (o definitivi) abbandoni.

185


ZONA J. ESERCIZI DI SOTTRAZIONE Come agire rispetto a quelle parti di città, a quegli spazi che si stanno perdendo? Come metterli in sicurezza, nell'impossibilità di riqualificarli, e talvolta di demolirli? Come evitare la loro occupazione abusiva ove questa andrebbe ad incidere negativamente entro contesti già fragili e conflittuali? Tali questioni trovano sempre maggiore forza all'interno di contesti urbani come quello della capitale lusitana. A Lisbona la Municipalità possiede attualmente un grande quantitativo di edificato in abbandono o forte stato di degrado a fronte di risorse sempre più esigue. Partendo da questa condizione, nelle pagine che seguono si tenta di rispondere alle domande poste. Ipotizzando una strategia di sottrazione, praticata entro un un contesto ridotto di Chelas: la Zona J, Condado. Costruita alla fine degli anni Settanta da un architetto attenutosi fedelmente al piano regolatore, la Zona J è quella maggiormente stigmatizzata, il simbolo della ghettizzazione, certamente uno dei comparti più problematici di Chelas. La Zona J è inoltre oggi particolarmente colpita dai processi di invecchiamento e riduzione della popolazione nonché da un estremo degrado del patrimonio edificato. L’esplorazione progettuale qui proposta, seppure entro una dimensione più evocativa che tecnica (ma non cieca rispetto alla sua praticabilità), propone azioni che agiscono in modo diverso. E su diversi territori: volumi e superfici, gli spazi costruiti e gli spazi aperti, o meglio, gli spazi privati (quelli dell’abitazione, per lo più convenzionata) e quelli pubblici. Il progetto prova a sottrarre spazio a questi ambienti, cercando così di aumentare la qualità di quello che resta.

186


DATI RELATIVI A ZONA J analisi demografica

27

+85

%

popolazione con più di 65 anni

-7 2

+9 4

%

,

aumento della popolazione con più di 65 anni 2001-2011

,

%

%

famiglie con persone di età inferiore a 14 anni

famiglie con persone di età maggiore di 65 anni

analisi economica

45

15

%

popolazione inattiva

+20

+2 8

%

,

popolazione disoccupata

%

aumento delle persone che ricorrono ai sussidi statali 2001-2011

famiglie con un disoccupato a carico 2001-2011

analisi sociale

45

15

%

13

39

%

%

%

%

popolazione disoccupata

giovani con problemi di alcolismo

giovani che fanno uso di droghe

attività presenti nell’edificato non abitativo

proprietà edificato

stato di conservazione

popolazione inattiva

analisi edificato funzione edificato

abitazioni

vuoto

uffici

pubblico

buono

misto

in restauro

servizi

cooperative

accettabile

rovina

commercio

parrucchieri

privato

equipaggiamenti

magazzini

officine

cattivo molto cattivo

servizi

rovina

spazi dell’edificato e luoghi dell’abbandono abitazioni

altro

totale

abitazioni abbandonate

altro abbandonati

totale abbandonati

2.045

128

2.173

210

28

238

stato di conservazione dell’edificato buono

accettabile

cattivo

molto cattivo

in rovina

in costruzione

38

28

43

1

7

0

187


SOTTRARRE VOLUMI (PRIVATI) ECCEDENTI Nel 1998 il Comune di Lisbona ha iniziato un intervento di riqualificazione di Zona J. L'iniziativa, non ancora terminata, ha portato alla demolizione di cinque edifici che componevano il “Corredor da Morte” e alla riprogettazione degli spazi urbani limitrofi. Tuttavia nonostante questa operazione, costata alla municipalità circa sette milioni di euro, gli spazi dell'abitare presentano ancora gravi carenze che si riscontrano fortemente nella manutenzione del costruito. Né è un esempio il non funzionamento di alcune infrastrutture di base, come gli ascensori che ad eccezione delle torri non sono attivi all'interno del complesso. Questo dimostra come attualmente tali costruzioni richiedano grandi investimenti, sempre però inadeguati e insufficienti. Tale dato si scontra con il progressivo abbandono che colpisce questi spazi. Ambienti non utilizzati ma che richiedono ugualmente spese, portando a diluire le risorse disponibili in azioni poco incisive. Attualmente tali volumi risultano essere il 20% del totale: l'equivalente di quattro delle torri che compongono il complesso di Taveira. I locali non occupati sono 238, dei quali 210 abitazioni. Numero che sarebbe molto maggiore se non fossero stati demoliti gli edifici citati in precedenza. Non è quindi possibile immaginare qui strategie à la Plus per offrire migliori livelli di comfort. Piuttosto si potrebbe immaginare una sottrazione di volume (inutilizzato). In conclusione immaginare l'abbandono di parte del costruito, attualmente inutilizzato, permetterebbe quindi una possibile condensazione delle risorse all'interno di un ristretto campo d'azione, garantendo una maggiore incisività degli interventi. Nell'ambito di tale strategia è stata comunque privilegiata l'indagine sui territori sottratti, provando ad individuare due scenari d'azione.

188



MONUMENTI: TUMULI E SCHELETRI Il primo scenario agisce sul costruito immaginando l'amputazione di intere parti edificate. L'abbandono dei rami più periferici e problematici dei grandi complessi residenziali, quelli in stato di peggiore conservazione, e il rispettivo addensamento dei residenti nelle aree in prossimità della spina centrale del quartiere, dove sono presenti maggiori servizi e possibilità di connessioni con l'esterno del comparto. Le parti sottratte potrebbero trasformarsi in una sorta di monumento, in ragione di quella che Beniamino Servino chiama “necessità monumentale nella città sbilanciata”. Assolvendo eventualmente anche alcune nuove funzioni (in attesa di un riutilizzo), entro un necessario regime di sicurezza. I volumi sottratti possono essere svuotati e mantenuta la struttura nuda, gli scheletri, oppure murati e trasformato il fabbricato in una sorta di tumulo (in memoria di operazioni come il Cretto di Gibellina realizzato da Alberto Burri, o degli impacchettamenti di Cristo and JeanneClaude). Entrambe le trasformazioni devono essere accolte come transitorie. In attesa di una possibile riapertura del tumulo, dell’innesto nella struttura portante di architetture parassite, dell'invasione della natura, o della futura definitiva demolizione.

190



MONUMENTI. TUMULO

STATO DI FATTO prospetto ovest

TRASFORMAZIONE 01

5

10

muri esistenti

muri di chiusura

pianta piano terra

A

192

pianta piano primo

A’

A

pianta copertura

A’

A

A’


REALIZZAZIONE FINALE prospetto ovest

sezione A-A’

193




MONUMENTI. SCHELETRI



EROSIONI. LINEARI E PUNTUALI Il secondo scenario ipotizza invece una sottrazione puntuale di alcune parti edificate. Per svolgere questo esercizio l'attenzione è stata rivolta in particolar modo ai duplex presenti negli edifici a barra della Zona J, al quarto, quinto e sesto, settimo piano. Nello specifico sono state ipotizzati due possibili modi di sottrazione. Il primo si basa sul presupposto che il duplex attualmente sia una struttura architettonica inadeguata ad ospitare il nuovo tipo di popolazione che abita il quartiere. I dati statistici riportano una sostanziale riduzione del nucleo familiare e un progressivo invecchiamento della popolazione che abita il comparto. Per soggetti come “il giovane lavoratore single” e “l'anziano rimasto solo”, il duplex presenta svantaggi dati dalle dimensioni eccessive e dalla presenza della ripida scala interna. Per tale motivo si è deciso di negare la parte superiore degli appartamenti, immaginandola come (eventuale) possibile terrazza. Nel complesso viene sottratto il 20% della superficie dell'edificio. La seconda modalità prova ad immaginare l'eliminazione della sola metà dei duplex, ed in modo non lineare, ma cadenzato. La superficie ceduta può essere utilizzata privatamente dagli abitanti degli alloggi rimasti, oppure quale spazio condominiale servito dal ballatoio comune.

198


STATO DI FATTO

piano quarto

piano quinto

piano sesto

piano settimo

prospetto ovest

199


EROSIONE LINEARE

legenda 0 1

5

10

muri esistenti muri di chiusura area di trasformazione privata area di trasformazione pubblica

200


IPOTESI DI TRASFORMAZIONE

piano quarto

piano quinto

piano sesto

piano settimo

prospetto ovest

201




PIANO QUARTO

204

PIANO QUINTO


APPARTAMENTO

STATO ATTUALE Totale superďŹ cie sui due piani: 140 mq Due appartamenti duplex T3: - area totale per duplex: 70 mq - cucina: 7,5 mq - salotto: 16 mq - zona notte: 10 mq - due camere 9 mq - tre bagni: 2,5 mq - ambienti di servizio: 11 mq

0

1

5

10

TRASFORMAZIONE Eliminazione della parte superiore dei due appartamenti T3 con creazione di una terrazza privata al quinto piano, colonizzabile da parte degli abitanti Processo: - eliminazione delle partizioni non portanti interne - chiusura del vano scala al quinto piano - realizzazione di parapetti per la messa in sicurezza al quinto piano

REALIZZAZIONE FINALE Totale superďŹ cie: 140 mq Due appartamenti duplex T3: - area totale per appartamento: 35 mq + - ambiente destinato terrazza privata o ambiente colonizzabile per appartamento: 35 mq

205


PIANO SESTO

206

PIANO SETTIMO


APPARTAMENTO

STATO ATTUALE Totale superďŹ cie sui due piani: 140 mq Due appartamenti duplex T3: - area totale per duplex: 70 mq - cucina: 7,5 mq - salotto: 16 mq - zona notte: 10 mq - due camere 9 mq - tre bagni: 2,5 mq - ambienti di servizio: 11 mq

0

1

5

10

TRASFORMAZIONE Eliminazione della parte inferiore dei due appartamenti T3 con creazione di una terrazza privata al sesto piano, colonizzabile da parte degli abitanti Processo: - eliminazione delle partizioni non portanti interne - chiusura del vano scala al sesto piano - realizzazione di parapetti per la messa in sicurezza al sesto piano

REALIZZAZIONE FINALE Totale superďŹ cie: 140 mq Due appartamenti duplex T3: - area totale per appartamento: 35 mq + - ambiente destinato terrazza privata o ambiente colonizzabile per appartamento: 35 mq

207




EROSIONE PUNTUALE

legenda 0 1

5

10

muri esistenti muri di chiusura area di trasformazione privata area di trasformazione pubblica

210


IPOTESI DI TRASFORMAZIONE

piano quarto

piano quinto

piano sesto

piano settimo

prospetto ovest

211




PIANO QUARTO

214

PIANO QUINTO


APPARTAMENTO

STATO ATTUALE Totale superficie sui due piani: 140 mq Due appartamenti duplex T3: - area totale per duplex: 70 mq - cucina: 7,5 mq - salotto: 16 mq - zona notte: 10 mq - due camere 9 mq - tre bagni: 2,5 mq - ambienti di servizio: 11 mq

0

1

5

10

TRASFORMAZIONE Eliminazione di un appartamento T3 con conseguente creazione di uno spazio sociale condiviso al quarto piano e di una terazza privata potenzialmente colonizzabile al quinto piano. Processo: - eliminazione delle partizioni non portanti interne - eliminazione del vano scala esterno con rispettiva chiusura del solaio - realizzazione di parapetti per la messa in sicurezza

REALIZZAZIONE FINALE Totale superficie sui due piani: 140 mq Un appartamenti duplex T3: - area totale per appartamento: 70 mq + - ambiente potenzialmente colonizzabile da parte degli inquilini: 35 mq + - ambiente destinato ad attività sociali di condominio o colonizzabile: 35 mq

215


PIANO SESTO

216

PIANO SETTIMO


APPARTAMENTO

STATO ATTUALE Totale superficie sui due piani: 140 mq Due appartamenti duplex T3: - area totale per duplex: 70 mq - cucina: 7,5 mq - salotto: 16 mq - zona notte: 10 mq - due camere 9 mq - tre bagni: 2,5 mq - ambienti di servizio: 11 mq

1

5

10

TRASFORMAZIONE Eliminazione di un appartamento T3 con conseguente creazione di uno spazio sociale condiviso al sesto piano e di una terazza privata potenzialmente colonizzabile al settimo piano. Processo: - eliminazione delle partizioni non portanti interne - eliminazione del vano scala esterno con rispettiva chiusura del solaio - realizzazione di parapetti per la messa in sicurezza

REALIZZAZIONE FINALE Totale superficie sui due piani: 140 mq Un appartamenti duplex T3: - area totale per appartamento: 70 mq + - ambiente potenzialmente colonizzabile da parte degli inquilini: 35 mq + - ambiente destinato ad attività sociali di condominio o colonizzabile: 35 mq

217




SOTTRARRE SUPERFICI (PUBBLICHE) ECCEDENTI La municipalità di Lisbona ha molteplici difficoltà nella gestione degli spazi pubblici di Chelas. Recentemente sono stati spesi cinquecento mila euro per la manutenzione della Zona J. Appena visibili i risultati. Gli spazi pubblici, di prossimità, condominiali restano degradati, inospitali, spesso pericolosi. Sottrarli significa perderli (per lo meno temporaneamente) per salvaguardarne altri. Un'operazione analoga a quella svolta sul costruito prova a capire cosa significhi questa eventuale perdita. Anche in questo caso vengono esaminate due logiche di sottrazione che agiscono in modo diverso.

220



RINATURALIZZAZIONE Il primo scenario ipotizza il depotenziamento della spina portante interna, la sottrazione di parti di essa, con una conseguente maggiore concentrazione di risorse nelle corti periferiche. Lo spazio che si articola lungo la direttrice centrale si presenta attualmente come spazio in gran parte eccedente, uno spazio tecnico, sovradimensionato, di un’infrastruttura che non sembra costruire legami sociali, che non accoglie pratiche oltre a quelle legate alla circolazione veicolare. Gli spazi verdi sono degradati, le piazze vuote. L’esercizio qui condotto immagina che la sottrazione di parti di questi spazi implichi qualche forma (guidata) di ri-naturalizzazone dei luoghi. Per far sì che ciò avvenga si sfruttano condizioni orografiche esistenti immaginando che una modificazione del sistema di deflusso e raccolta acque possa favorire la formazione di una spina verde all'interno del comparto.

222



AREA DI DEFLUSSO E RACCOLTA DELLE ACQUE. FLORA E FAUNA vegetazione

prunus atropurpurea

celtis australis

pinus pinae

animali

grevillea robusta

cupressus sempervirens

platanus orientalis

area di deflusso e raccolta delle acque 01

224

5

10

platanus orientalis

nymphaea

juncus effusus

gabbiano

garzetta

cormorano



LA SPINA VERDE

226


0 2

10

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FRAMMENTAZIONE DELLO SPAZIO DI PROSSIMITÀ Il secondo scenario parte dal presupposto che la spina interna, nonostante le sue carenze, sia il luogo da potenziare e su cui investire perché in grado di fornire una relazione (funzionale e simbolica) forte con l'esterno del comparto, nonché principale asse pubblico lungo il quale è presente la maggior parte dei servizi. Lo scenario si concentra così sulla sottrazione delle corti condominiali periferiche, negando, ove ragionevole e possibile, il loro uso pubblico. Le corti, ove utilizzate e curate, sono peraltro già occupate da attività private, sono frammentate e spesso recintate. La loro sottrazione (in quanto spazio pubblico o di prossimità) implica due momenti distinti di intervento. Un primo, in cui viene immaginata la loro chiusura delle corti a mezzo di recinzioni. Un secondo, in cui viene riorganizzato lo spazio interno per favorire la sua nuova colonizzazione.

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PRIMA FASE. CHIUSURA DELLE CORTI

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SECONDA FASE. RIAPERTURA PARZIALE DELLE CORTI

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TERZA FASE. COLONIZZAZIONE DELLE CORTI

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Il viaggiatore sta per concludere questo suo giro per Lisbona. Ha visto molto, ha visto quasi niente. Voleva vedere bene, forse ha visto male: è il rischio costante di qualunque viaggio. JosÊ Saramago


BIBLIOGRAFIA 1. Atlante AA.VV., ATLAS do programa local de Habitação, Câmara Municipal de Lisboa, Lisbona, 2009 AA.VV., Carta dos BIP/ZIP, Bairros e Zonas de Intervenção Prioritária de Lisboa, Câmara Municipal de Lisboa, Lisbona, 2010 AA.VV., Censos 2001, resultados definitivos, Instituto Nacional de Estatistica, Lisbona, 2002 AA.VV., Censos 2011, resultados definitivos. Lisboa, Instituto Nacional de Estatistica, Lisbona, 2012 AA.VV., Censos 2011, resultados definitivos. Portugal, Instituto Nacional de Estatistica, Lisbona, 2012 AA.VV., Economia de Lisboa em Números, Câmara Municipal de Lisboa, Lisbona, 2014 AA.VV., Estudo para avaliar e monitorizar os objectivos estratégicos do VIVER MARVILA, Viver Marvila, Lisbona 2010 AA.VV., Programa de intervenção integrada UIT Oriental. Caracterização Viver Marvila, Câmara Municipal de Lisboa, Lisbona, 2013 AA.VV., Retrato de Lisboa PORDATA, indicadores 2011, Fundação Francisco Manuel dos Santos, Lisbona, 2011 AA.VV., Síntese Económica de Conjuntura. Junho de 2014, Instituto Nacional de Estatistica, Lisbona, 2014 João Seixas, Nation-states crises, austerity and cities transformation in Europe. International Seminar, 2014 2. Chelas, Lisboa. Una città moderna AA. VV., Arquitectura Popular em Portugal, Ordem dos Arquitectos, Lisbona, 2004 AA.VV., Boletim GTH n. 17, Gabinete Técnico de Habitação da Câmara Municipal de Lisboa, n.17, Lisbona 1972 AA.VV., Boletim GTH n. 18, Gabinete Técnico de Habitação da Câmara Municipal de Lisboa, n.18, Lisbona 1973 AA.VV., Boletim GTH n. 19, Gabinete Técnico de Habitação da Câmara Municipal de Lisboa, n.19, Lisbona 1973 AA.VV., Boletim GTH n. 20, Gabinete Técnico de Habitação da Câmara Municipal de Lisboa, n.20, Lisbona 1974 AA.VV., Boletim GTH n. 26, Gabinete Técnico de Habitação da Câmara Municipal de Lisboa, n.22, Lisbona 1975 AA.VV., Boletim GTH n. 27, Gabinete Técnico de Habitação da Câmara Municipal de Lisboa, n.27, Lisbona 1976 AA.VV., Boletim GTH n. 28, Gabinete Técnico de Habitação da Câmara Municipal de Lisboa, n.28, Lisbona 1976 AA.VV., Boletim GTH n. 29, Gabinete Técnico de Habitação da Câmara Municipal de Lisboa, n.29, Lisbona 1977 AA.VV., Boletim GTH n. 35, Gabinete Técnico de Habitação da Câmara Municipal de Lisboa, n.29, Lisbona 1980 AA.VV., Boletim GTH n. 50/51, Gabinete Técnico de Habitação da Câmara Municipal de Lisboa, n.50/51, Lisbona 1988 AA.VV., Plano de Urbanização de Chelas, Gabinete Técnico de Habitação da Câmara Municipal de Lisboa, Lisbona 1965


Baìa P., Appropriating Modernism: From the Reception of Team 10 in Portuguese Architectural Culture to the SAAL Programme (1959-74), Footprint, Delft architecture theory journal n. 11, 2014, pp. 49-69 Banham R., Age of the master architectural press, in Heitor V. T., A vulnerabilidade do espaço em Chelas: uma abordagem sintáctica, Fundação Calouste Gulbenkian, Lisbona 2001, p. 143 De Oliveira P., Marconi F., Politica e Progetto. Un esperienza di base in Portogallo, Feltrinelli, Milano 1977 Duarte C., O fenomeno urbano, o tempo e o modo, in Heitor V. T., A vulnerabilidade do espaço em Chelas: uma abordagem sintáctica, Fundação Calouste Gulbenkian, Lisbona 2001, p. 145 Gonçalves F., Urbanizar e construir para quem? A propósito do plano de Chelas, Afrontamento, Porto 1972 Heitor V. T., A vulnerabilidade do espaço em Chelas: uma abordagem sintáctica, Fundação Calouste Gulbenkian, Lisbona 2001 Portas N., Mendes M., Portogallo. Architettura, gli ultimi vent'anni, Electa, Milano 1991 Portas N., A cidade como arquitectura, in Heitor V. T., A vulnerabilidade do espaço em Chelas: uma abordagem sintáctica, Fundação Calouste Gulbenkian, Lisbona 2001, p. 141 Portas N., Prefácio à Edição Portuguesa da História da Arquitectura Moderna in Baìa P., Appropriating Modernism: From the Reception of Team 10 in Portuguese Architectural Culture to the SAAL Programme (1959-74), Delft architecture theory journal n. 11, 2014, p. 62 Tulumello S., Fearscapes. Sentimenti di paura, retoriche sulla sicurezza e pianificazione urbana nella città contemporanea, Dipartimento d'Architettura, Università di Palermo, 2012, pp. 230-244 3. Racconti dal tempo presente Alves et al., Lisboa Capital do Nada, Marvila 2001, Extra]muros[, Lisbona 2001 Amin A., Thrift N., Città, ripensare la dimensione urbana, Il Mulino, Bologna 2005 Lefebvre H., Writings on Cities in Amin A., Thrift N., Città, ripensare la dimensione urbana, Il Mulino, Bologna 2005, pp. 36, 37, 43 Hetherington K., In Place of Geometry. The materiality of place in Amin A., Thrift N., Città, ripensare la dimensione urbana, Il Mulino, Bologna 2005, pp. 44, 45 Secchi B., Prima lezione di urbanistica, Laterza, Bari 2012 Walter B., Parigi, capitale del XIX secolo. Progetti appunti e materiali 1927-1940, Giulio Einaudi Editore, Torino, 1986 4. Un palinsesto di progetti AA. VV., Arquitectura Popular em Portugal, Ordem dos Arquitectos, Lisbona, 2004 AA.VV., Estudo para avaliar e monitorizar os objectivos estratégicos do VIVER MARVILA, Viver Marvila, Lisbona 2010 AA. VV., Idee per la città comunista, Il Saggiatore, Milano, 1968 AA.VV., Programa de intervenção integrada UIT Oriental. Caracterização Viver Marvila, Câmara Municipal de Lisboa, Lisbona, 2013 AA.VV., Programa de intervenção integrada UIT Oriental. Caracterização Viver Marvila 2020, Câmara Municipal de Lisboa, Lisbona, 2014 AA.VV., Viver Marvila. Sessão apresentação Amendoeiras, Câmara Municipal de Lisboa, Lisbona, 2014


Alves et al., Lisboa Capital do Nada, Marvila 2001, Extra]muros[, Lisbona 2001 Amin A., Thrift N., Città, ripensare la dimensione urbana, Il Mulino, Bologna 2005 Banham R., Barker P., Hall P., Price C., Non-Plan: an experiment in freedom, New Society, Londra, 1969 Di Campli A., Adriatico, la città dopo la crisi, LISt Lab, Trento, 2009 Di Campli A., La ricostruzione del Crystal Palace. Per un ripensamento del progetto urbano, Quodlibet Studio, Roma, 2011 Di Campli A., Forme di Comunità. L'abitare condiviso a Ibiza, Skopje, Hiroshima, Carrocci Editore, Roma, 2013 Druot F., Lacaton A., Vassal J. P., Plus. Les grands ensembles de logements. Territoire d'exception, Gustavo Gili Editorial, Barcellona, 2007 Ferrario V., Sampieri A., Viganò P., Landscapes of urbanism, Officina Edizioni, Roma, 2011 Heitor V. T., A vulnerabilidade do espaço em Chelas: uma abordagem sintáctica, Fundação Calouste Gulbenkian, Lisbona 2001 Obrist U. H., Re:CP, Cedric Price, LetteraVentidue, Palermo 2011 Koolhaas R., Mau B., S, M, L, XL, Monacelli Press, New York, 2006 Sampieri A., L'abitare collettivo, Franco Angeli, Milano, 2011 Secchi B., Prima lezione di urbanistica, Laterza, Bari 2012 Tulumello S., Fearscapes. Sentimenti di paura, retoriche sulla sicurezza e pianificazione urbana nella città contemporanea, Dipartimento d'Architettura, Università di Palermo, 2012, pp. 230-244 Viganò P., I territori dell'urbanistica. Il progetto come produttore di conoscenza, Officina Edizioni, Roma, 2010 5. Less AA.VV., Estudo para avaliar e monitorizar os objectivos estratégicos do VIVER MARVILA, Viver Marvila, Lisbona 2010 AA.VV., Programa de intervenção integrada UIT Oriental. Caracterização Viver Marvila, Câmara Municipal de Lisboa, Lisbona, 2013 Aravena A., Iacobelli A., Elemental. Incremental housing and participatory design manual, HatjeCantz, Ostfildem, 2012 Aureli P. V., Giudici S. M., Platon I., Dalla Dom-ino alla Polykatoikia, Domus n. 962, Milano, 2012 Beniamino S., Obvius. Diario [con poco scritto e molte figure]., LetteraVentidue, Siracusa, 2012 Beniamino S., Monumental need/Necessità monumentale, LetteraVentidue, Siracusa, 2012 Di Campli A., Adriatico, la città dopo la crisi, LISt Lab, Trento, 2009 Druot F., Lacaton A., Vassal J. P., Plus. Les grands ensembles de logements. Territoire d'exception, Gustavo Gili Editorial, Barcellona, 2007 Obrist U. H., Re:CP, Cedric Price, LetteraVentidue, Palermo 2011 Viganò P., I territori dell'urbanistica. Il progetto come produttore di conoscenza, Officina Edizioni, Roma, 2010 FILMOGRAFIA Os Verdes Anos, 1969, Paulo Rocha, Portogallo Ossos, 1997, Pedro Costa, Portogallo Zona J, 1998, Leonel Vieira, Portogallo



CREDITI 2. Chelas, Lisboa. Una città moderna Immagini di Chelas, Lisboa. Il colpo di coda del morente movimento moderno in Portogallo da: www.cm-lisboa.pt : pp. 42, 43 Baìa P., Appropriating Modernism: From the Reception of Team 10 in Portuguese Architectural Culture to the SAAL Programme (1959-74), Footprint, Delft architecture theory journal n. 11, 2014, pp. 49, 69: pp. 44, 45 AA.VV., Boletim GTH n. 17, Gabinete Técnico de Habitação da Câmara Municipal de Lisboa, n.17, Lisbona 1972: p. 47 Immagini di Piani urbanistici 1948 - 1962 da: AA.VV., Plano de Urbanização de Chelas, Gabinete Técnico de Habitação da Câmara Municipal de Lisboa, Lisbona 1965 Immagini di Chelas, città lineare da: AA.VV., Plano de Urbanização de Chelas, Gabinete Técnico de Habitação da Câmara Municipal de Lisboa, Lisbona 1965 Immagini di Un mosaico da: www.byrnearq.com: p. 74 www.tomastaveira.com: pp. 78, 79 Portas N., Mendes M., Portogallo. Architettura, gli ultimi vent'anni, Electa, Milano 1991: p. 75 AA.VV., Boletim GTH n. 17, Gabinete Técnico de Habitação da Câmara Municipal de Lisboa, pubblicati fra il 1972 e 1988: altre Le piante e gli alzati architettonici presenti in questo capitolo sono stati raccolti presso l’archivio della Câmara Municipal de Lisboa grazie all’aiuto e alla collaborazione dell’arch. João Miguel Gomes-Teixeira e dell’arch. João da Veiga Gomes. 3. Racconti dal tempo presente Tutte le immagini fornite in questo scritto sono state raccolte dall'autore attraverso diversi “attraversamenti” sul territorio. Lo stesso vale per i racconti nel secondo capitolo “ritmi” e alcune “etichette” nell'ultimo, elaborati dall'autore a seguito di esperienze personale. Fanno eccezione: Immagini: da Alves et al., 2001: p. 127 dal film Zona J: pp. 128, 129 Narrazioni: di Francisco Silva Diaz all'interno del libro Lisboa Capital do Nada, Marvila 2001: pp. 133, 134, 135, 136, 137 liberamente tradotte dall’autore


4. Un palinsesto di progetti Immagini di Un arcipelago da: AA. VV., Idee per la città comunista, Il Saggiatore, Milano, 1968, pp. 108, 109: p. 144 www.falcaodecampos.pt: pp. 148, 149 www.npk.pt: pp. 148, 149 Immagini di Castelli da: AA. VV., Arquitectura Popular em Portugal, Ordem dos Arquitectos, Lisbona, 2004 p. 234: p. 158 AA. VV., Idee per la città comunista, Il Saggiatore, Milano, 1968, pp. 119, 136, 137: p. 157, 159 www.socks-studio.com: p. 156 www.hawkinsbrown.com: p. 164 Immagini di Partecipazioni e condivisioni da: AA.VV., Viver Marvila. Sessão apresentação Amendoeiras, Câmara Municipal de Lisboa, Lisbona, 2014, pp. 60, 64, 76: p. 171 Alves et al., Lisboa Capital do Nada, Marvila 2001, Extra]muros[, Lisbona 2001, p. 245: p. 168 www.ateliermob.com: p. 175 Per questa sezione è stato indispensabile l'aiuto di diverse persone che sono state estremamente disponibili nel fornirmi con pazienza aiuto e informazioni: Associação Moradores PRODAC Sur Atelirmob, studio di architettura João da Veiga Gomes e il team del programma Viver Marvila João Seixas Roberto Falanga Simone Tulumello



RINGRAZIAMENTI Questa tesi nasce a margine della ricerca Territori nella crisi. Architettura e urbanistica a fronte dei mutamenti economici e istituzionali (Progetto di internazionalizzazione della ricerca 2013-2014, coordinato da Cristina Bianchetti, DIST Politecnico di Torino, e dal referente dell’università partner Elena Cogato Lanza, Lab-U EPFL). Desidero pertanto ringraziare la Prof.ssa Bianchetti ed il gruppo di ricerca da lei coordinato per avermi permesso di partecipare ad alcuni seminari di lavoro tenutisi a Torino nel corso del 2014. Un caloroso grande ringraziamento va a Angelo Sampieri che con instancabile pazienza ha saputo guidarmi, consigliarmi e stimolarmi, standomi accanto anche quando la distanza non lo consentiva, A tutti coloro che mi hanno aiutato a Lisbona assecondando con pazienza ed estrema disponibilità le mie più disparate richieste: João da Veiga Gomes, João Seixas, João Miguel Gomes-Teixeira, Roberto Falanga, Simone Tulumello, lo studio di architettura Ateliermob, gli abitanti di PRODAC, Pedro e tutti coloro che ho incontrato lungo il mio cammino. Ad Augusto, con il quale ho affrontato in bicicletta tutte le colline più ripide di Lisbona. Non avrei potuto chiedere guida migliore. A tutti i compagni di viaggio lungo questi cinque anni, in particolare a Cinzia che non mi ha lasciato solo neanche questa volta. Ai compagni di una vita che mi sono sempre stati vicino. A Massi, Ste e Gib. La mia seconda famiglia per questi cinque anni. A mamma e papà e a tutta la nostra piccola grande famiglia che mi ha sempre supportato in ogni mia decisione. A Daniela





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