TR ANS I ZI O N I Il Villaggio Artigiano di Modena ovest
Diego Fiori
TRANSIZIONI Il Villaggio Artigiano di Modena ovest
Diego Fiori
Politecnico di Torino a.a. 2016/2017 Tesi di Laurea Magistrale Architettura Costruzione CittĂ Relatore: Cristina Bianchetti Candidato: Diego Fiori settembre 2017
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TRANSIZIONI
Indice
p.4_Abstract
p.150_Parte III
p.7_Introduzione
6. Pratiche artistiche e riqualificazione urbana
p.11_Ringraziamenti
- Amigdala
p.12_Parte I 1. Il Modello Emiliano - Il Modello Emiliano - L’economia dei distretti - Mutamenti economici nei distretti - Una visione urbana
2. Modena - Al centro del Modello - Spazi della produzione - La creazione dei villaggi artigiani - Incongruenze
3. Assetti urbani
- Periferico Festival al Villaggio Artigiano Modena ovest - Il Community Hub come innesco
p.176_Parte IV 7. Scenari di nuove localizzazioni e implicazioni sullo spazio del Villaggio Artigiano - Il Villaggio Artigiano non è uno spazio fermo - Inserimenti - Il Villaggio Artigiano: una playground
p. 226_Note conclusive p. 234_Bibliografia
- Politiche abitative - I piani urbanistici - Le università - Il CAPAS
p.90_Parte II 4. Gli spazi intorno al Villaggio Artigiano - Modena Ovest
5. Gli spazi del Villaggio Artigiano - Mappe - Rilievo fotografico
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Abstract
Really well-defined relationships and roles characterize the history of the Villaggio Artigiano Modena ovest. A well-meaning administration conceived an urban space where people could live and work at the same time: as a providential project, the main idea was based on a clear integration of two distinct dimensions of daily life. This model village stands out as one of the most important part of the city and anticipates many contemporary urban rhetoric: in fact, different ways of living and various spaces of production intertwine the same way Labour and Politics do. Time has nowadays brought this village into an undefined grey zone of difficult problems to solve: from one side, the scattered dismantling of enterprises created fragmentations and changed the urban balance. From the other side, housing deeply changed as well because of filtering down processes combined with spatial decay. More in general, what changes is the grain of both built and lived spaces. What is the Villaggio Artigiano Modena ovest today? It is at first a sort of big playground: an articulated space made of plants, warehouses, factories, houses, manoeuvring areas, streets where it is still possible to play different actions. For instance, the local regeneration policies, though defeatist even if focused on the terri-tory identity. The growth of new social networks thanks to organisations such as Amigdala. The improbable but not impossible production relocation through space and infrastructures re-design. This thesis explores the conditions and the background of the Villaggio Artigiano Modena ovest and tries to conceive dereliction and dismantlement not only as a tragic condemnation and neither only as an abstract simplistic opportunity.
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La storia del Villaggio Artigiano a Modena è una storia di rapporti e ruoli chiaramente definiti. Una amministrazione bene intenzionata inventa una parte di città dove si abita e si lavora. É un progetto prov videnziale: due ambiti del quotidiano distinti che si integrano in modo chiaro. É un villaggio modello che sembra anticipare tante retoriche contemporanee. É uno dei luoghi importanti della città in cui forme dell’abitare e luoghi di produzioni si intrecciano allo stesso modo in cui si intrecciano culture del lavoro e culture politiche. Il tempo trasforma questo progetto in una zona grigia (e in un problema di non facile soluzione): da una parte si osserva una dismissione selettiva delle imprese che toglie in questo modo alcuni tasselli e che cambia gli equilibri. Dall’altro lato, cambia profondamente anche l’abitare, segnato da un processo di filtering down che si accompagna ad una trascuratezza generale dello spazio. Cambia più in generale la grana degli spazi costruiti e abitati. Cosa è oggi il Villaggio Artigiano Modena Ovest? Una sorta di grande playground: uno spazio articolato, in cui insistono capannoni grandi e piccoli, magazzini, fabbriche, case, spazi coperti da tettoie, spazi di manovra, strade. In questo spazio si possono ancora giocare giochi diversi. Quelli della rigenerazione delle politiche amministrative (peraltro rinunciatarie, ancorché pronte ad affermare il valore identitario del luogo). Ma non solo. Quelli che riguardano l’emersione di nuove reti sociali, attraverso le azioni dell’associazione Amigdala. O le improbabili, ma non impossibili ri-localizzazioni produttive attraverso i ridisegni del supporto spaziale e infrastrutturale del Villaggio. La tesi esplora le condizioni di sfondo del Villaggio Artigiano Modena ovest e prova a considerare la dismissione non solo come una drammatica condanna e neppure solamente come un’astratta, semplicistica, opportunità.
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Introduzione
La mia tesi si occupa del rapporto tra città e produzione per come esso si sta riconfigurando, a valle di un periodo di grandi difficoltà economiche e sociali. Da dieci anni stiamo attraversando una delle più importanti crisi economiche, forse la più importante dal dopoguerra, che solo oggi vede diminuire la sua irruenza, pur lasciando alcune serie implicazioni sul piano economico e sociale, riconfigurandone a fondo le relazioni. L’ipotesi della tesi è che la crisi abbia cambiato sostanzialmente l’orizzonte dei problemi nei rapporti tra città e produzione e che ciò richieda non solo nuove forme di governo (nuove politiche), ma una diversa capacità di immaginarne lo spazio e i suoi usi. Lo “spazio della produzione” diventa un tema diverso dal passato per il mutare radicale di occupazioni, popolazioni, abilità artigiane e industriali. La tesi esplora queste transizioni entro un caso emblematico che in passato lo è stato dell’incrocio tra culture del lavoro e culture amministrative. Il Villaggio Artigiano di Modena ovest. Ciò av viene attraverso alcune mosse di ricerca che richiamo brevemente. La prima mossa è stata di carattere esplorativo e ricostruttivo. Mi sono chiesto cosa è stato in passato e cosa è oggi il Villaggio Artigiano di Modena ovest. Quale è stato il suo “peso” (sociale oltre che produttivo), entro una città e un territorio molto caratterizzati sotto il profilo dei rapporti produzione città. A Modena, l’assetto produttivo (“The Emilian model”, per utilizzare i termini di Sebastiano Brusco), mantiene ancora oggi un legame particolarmente forte col territorio e deve la sua fortuna a particolari condizioni che hanno favorito la nascita di un sistema di piccole e medie imprese anche di carattere artigiano, la cui solidità deriva dal fatto che questo tipo di struttura industriale più di altre favorisce le competenze e l’iniziativa dei suoi imprenditori, oltre che da un clima di indiscusso consenso politico. Il Villaggio Artigiano ovest di Modena si inserisce di diritto tra quelle situazioni che maggiormente hanno contribuito allo sviluppo del modello emiliano, tra le prime ad essere realizzate tramite un pionieristico e coraggioso intervento pubblico negli anni cinquanta, un vero e proprio “tentativo di futuro”. In un certo senso permette di dire che industria creativa e fab lab esistessero, in qualche forma iniziale, già sessant’anni fa. Il Villaggio si è trovato ad essere nel tempo un modello f lessibile ed efficiente. Ma le cose ad un certo punto sono cambiate, dando luogo ad una situazione ibrida che ha generato uno strano luogo sospeso, nel quale si alternano decadenza, mantenimento di usi produttivi e residenziali, riappropriazioni ad opera della società civile. Capire le condizioni del Villaggio Artigiano ha implicato numerose operazioni di ricerca. Innanzitutto uno studio della letteratura del modello emiliano e delle condizioni della città di Modena (cap. 1 e 2). In secondo luogo, uno studio della vicenda della pianificazione della città e dell’”invenzione” del Villaggio Artigiano ad
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opera della sua classe amministrativa e politica (cap. 3). Queste esplorazioni sono state condotte sulla letteratura di matrice economica, su basi di informazioni quantitative relative alla struttura della popolazione e del lavoro e sugli strumenti e gli atti della pianificazione locale. L’esito di questa prima parte del lavoro è stata la ricostruzione di alcune conoscenze di sfondo, in gran parte mutuate dalla letteratura, che mi sono sembrate indispensabili alla comprensione delle condizioni del Villaggio e allo sviluppo successivo del mio ragionamento. La prima parte della tesi restituisce queste operazioni di ricerca.
La seconda mossa (in ordine espositivo, in realtà parallela a tutto il lavoro) ha implicato un’indagine precisa e tecnicamente pertinente, delle condizioni spaziali e sociali del Villaggio Artigiano, in rapporto alla città e agli altri analoghi villaggi industriali istituiti dall’Amministrazione locale. Ho effettuato numerose ricognizioni incontrando persone e osservano i luoghi in modo puntuale. Ogni volta restringendo il mio campo di osservazione ad un singolo incrocio di strade, ad un capannone o ad uno spazio aperto, o allargandolo all’intero quartiere e all’insieme dei Villaggi produttivi di Modena, all’intera città. Ho prodotto così numerosi rilievi, disegni e costruzioni di mappe, in parte raccolti in questo volume. Tutto ciò ha restituito una rappresentazione delle condizioni del Villaggio Artigiano. Questa parte è riportata nella seconda parte della tesi (cap. 4 e 5). Una terza mossa è stata quella di farmi coinvolgere nel Festival promosso dal collettivo Amigdala che nel 2017 ha scelto il Villaggio Artigiano come luogo del festival “Periferico”. La rete Amigdala riunisce in forma di associazione soggetti che operano nell’ambito dell’arte contemporanea: arti visive, teatro, musica, letteratura, danza. Opera a Modena dal 2005 entro un rapporto molto stretto con i luoghi fisici e sociali della città: con l’Amministrazione, le associazioni e le impese. Dal 2005, anno della sua istituzione, ha una forte presa sul tessuto sociale. Dal 2008 cura il festival Periferico che si occupa di rigenerazione urbana. E da due anni osserva i luoghi del lavoro (attivi e dismessi) del Villaggio Artigiano di Modena ovest. La mia attiva partecipazione al Festival nasce dall’interesse che questa iniziativa ha posto non tanto e non solo al luogo di cui la mia tesi si occupa, ma alla sfida posta: qual è la possibilità per l’immaginazione (artistica, ma anche urbanistica, architettonica) di riattivare usi e processi? E’ possibile attraverso l’immaginazione (artistica e progettuale) operare trasformazioni in luoghi che appaiono sospesi? Il fatto che il Festival si occupasse specificamente del Villaggio, mi è parso una importante condizione per poter ragionare su questi aspetti, strettamente disciplinari, provando ad osservarli entro una diversa angolazione. Questa mia esperienza è riportata nella seconda parte della tesi (cap. 6)
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La quarta mossa coincide con la costruzione di una suggestione progettuale. Non un vero e proprio progetto che si sommasse ai numerosi già formulati (e spesso falliti), ma un semplice esercizio dettato dal ragionamento svolto nei capitoli precedenti. Modena è una città che continua a vedere una importante presenza produttiva. Questa si esprime in una richiesta di suolo produttivo che si accosta alle sempre più numerose aree dismesse, andando ad incidere su un significativo e progressivo consumo di suolo. So bene, per aver a lungo parlato con i responsabili del Consorzio Attività Produttive, che gli imprenditori che av viano attività a Modena, preferiscono collocarsi in aree diverse e che l’economia cosiddetta creativa, ha esigenze localizzative che la tengono, salvo alcune interessanti eccezioni, lontana dal Villaggio Artigiano. Nondimeno mi è parso possibile fare un esercizio di ricollocazione di nuovi spazi produttivi entro il Villaggio. Riposizionando qui imprese che si sono recentemente localizzate a Modena. E’ chiaramente un esercizio astratto che poco ha a che fare con un tradizionale progetto di riqualificazione urbana. Intanto perché il mio ruolo è differente, perché di questo si sta occupando il gruppo di lavoro che sta ripensando al piano regolatore di Modena e perché un esercizio di tesi di laurea non si presta a ciò. Il mio esercizio, che come ho detto si sostanzia nella rimessa in ordine di alcune condizioni, nell’ immaginazione di un diverso scenario e nel ragionamento sulle conseguenze che a questo diverso scenario potrebbero generare, si regge su due convinzioni. La prima è che il progetto (in generale, ma anche questo mio progetto) può contribuire a costruire argomenti per una discussone pubblica sui rapporti tra produzione e città. Evita che la questione del Villaggio Artigiano sia messa da parte con qualche imbarazzo. La rimette in gioco. La seconda convinzione, di ordine più disciplinare, è l’affermazione di un importante ruolo conoscitivo che il progetto ha. Sono in molti a ribadire questa posizione che ha trovato, ad esempio negli studi e nell’esperienza progettuale di Paola Viganò, espressione compiuta. Mi sono posto in questa posizione e ho cercato di utilizzare il progetto come strumento per capire la natura, la misura e le condizioni dello spazio del Villaggio Artigiano. Per fare un passo avanti rispetto alle ricostruzioni dei capitoli precedenti e per offrire al dibattito locale, qualche argomento in ordine al suo futuro. Questo esercizio è compreso nella quarta parte della tesi, nel capitolo 7. Nelle conclusioni riporto alcune idee più generali su questa parte della città di Modena, che, a valle di tutto il mio ragionamento, mi appare ancora come una parte passibile di trasformazioni interessanti, nonostante le difficoltà legate alla crisi e a politiche orientate con più determinazione su altre parti di città. L’interesse di Amigdala è una risorsa. Altre se ne possono trovare nell’importante contesto sociale e istituzionale della città.
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Foto Š Laddove non indicato, le fotografie sono da considerarsi scattate dall’autore in data compresa tra ottobre 2016 e agosto 2017. Mappe, schemi e disegni, dove non indicata la fonte, sono da considerarsi prodotti dall’autore.
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Ringraziamenti Ringrazio innanzitutto Cristina Bianchetti per la passione, la dedizione e la professionalità con cui mi ha seguito nella stesura del lavoro. Un vero e proprio punto di riferimento. Ciascuna di queste mosse è stata possibile grazie all’aiuto di numerose persone, dentro e fuori gli uffici amministrativi di Modena, nel Consorzio Attività Produttive, nell’associazione Amigdala, nei seminari di tesi e tra gli studiosi che si sono occupati di Modena e del Villaggio Artigiano. Un sincero ringraziamento a Federico Zanfi per il contributo in termini di conoscenza fornitomi in merito agli argomenti trattati e a Cristiana Mattioli che direttamente, ma soprattutto indirettamente con il suo studio mi ha fornito una base importante per costruire gli sfondi della mia tesi. Ringrazio immensamente Federica Rocchi e tutti gli amici di Amigdala e Perifericovper avermi dato l’opportunità di partecipare dall’interno al festival e avermi fornito così materiale, suggestioni e idee su cui ragionare. Con loro ringrazio gli artisti, Isabella Bordoni in primis, e gli abitanti del Villaggio che hanno fornito le loro testimonianze con entusiasmo ed interesse. Ringrazio Catia Mazzeri che, mostrando da subito interesse, ha fatto da tramite mettendomi in contatto diretto con persone, amministrazioni ed enti che si sono rivelati fondamentali. Tutti i dati relativi l’economia produttiva modenese sono stati forniti dal Consorzio Attività Produttive Aree e Servizi di Modena del quale ringrazio oltre al direttore Luca Biancucci per l’interessante dialogo, Silvio Berni, che mai ha lasciato le mie e-mail e telefonate senza una risposta e mai si è sottratto dal fornirmi dati a qualsiasi ora, in qualsiasi giorno. Ringrazio inoltre: Margherita Russo per aver condiviso con me la sua idea in merito al Villaggio Artigiano; Il Comune di Modena per avermi fornito tutti i dati relativi alla demografia ed i supporti grafici; Michele Cerruti But per i preziosi consigli e con lui Massimo Bricocoli, Agim Enver Kercucu, Ianira Vassallo, Eloy Llevat Soy e tutti coloro che hanno partecipato ai seminari di tesi. Il raggiungimento di questo obiettivo non sarebbe stato possibile senza la mia famiglia, che mai in questi anni mi ha fatto mancare il supporto necessario, e senza gli amici vecchi e nuovi che mi sono stati vicini. Grazie a Sonia per avermi sopportato.
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PARTE I.
1. Il Modello Emiliano
1.1 Il “Modello Emiliano”
Il sistema economico emiliano è stato a lungo al centro
imprese e per la differente settorializzazione oltre che
di rif lessioni e ricerche, che partono dalla sua nasci-
per una struttura in cui le imprese minori sono sa-
ta, passano dai distretti industriali, arrivando fino ad
telliti delle imprese maggiori oppure coprono aree di
oggi. Già nel 1975 Bagnasco inserisce l’Emilia Roma-
mercato secondarie o interstiziali (ibidem). La teoria è
gna tra quelle regioni a sviluppo economico “perife-
stata in seguito approfondita fino ad arrivare ad una
rico” . La specializzazione settoriale considerata per
definitiva suddivisione fra i tre diversi modelli di svi-
dati aggregati ha confermato una netta prevalenza dei
luppo presenti in Italia: quello centrale del nord-ovest,
settori periferici rispetto a quelli assunti come centrali
quello del meridione e, appunto, quello periferico del-
(Bagnasco, 1975). In altre parole si tratta di quelle aree
la Terza Italia 2 .
dell’Italia centronord-orientale che si sono sviluppate
Ancora Bagnasco afferma, però che questo intenso e
a partire dal secondo dopoguerra che hanno avuto uno
rapido sviluppo non si costruisce evidentemente sul
sviluppo totalmente diverso, e in ritardo, rispetto alle
niente e dobbiamo pensare che precedenti strutture
aree del nord-ovest (definite economicamente centra-
economiche, patrimoni culturali, tradizioni politiche
li). Si differenziano per i caratteri dimensionali delle
e congruenza fra questi elementi abbiano costituito
1 Bagnasco A., Messori M., Tendenze dell’economia periferica, Torino, Valentino, 1975
2 Bagnasco A., Tre Italie. La problematica territoriale dello sviluppo italiano, Bologna, Il Mulino, 1977
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Veduta aerea sel quartiere Crocetta negli anni sessanta. Foto Comune di Modena Scuderia Ferrari in viale Trento e Trieste anni trenta. Foto Comune di Modena
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un insieme di prerequisiti particolarmente favorevoli
santi da sapere sul cosiddetto Modello Emilia.
(Bagnasco, 1989).
Innanzitutto la presenza dei distretti industriali 4 . A
Come accennato, la singolarità delle vicende ha por-
Modena, producono principalmente beni di consu-
tato l’Emilia-Romagna ad essere oggetto di molti di
mo, ma hanno permesso la creazione di altri distret-
questi studi, tra cui per noi più importante, è sicu-
ti, magari più disgregati, che si occupano di fornire
ramente quello di Sebastiano Brusco1 che nello spe-
macchinari per le industrie dei primi, ad esempio ciò
cifico coglie attraverso numerose ricerche dettagliate
che fa il distretto metalmeccanico per quello cerami-
i caratteri del sistema economico modenese che nella
co, tessile o alimentare. In secondo luogo il decen-
fattispecie è quello più rappresentativo a livello re-
tramento produttivo. Prendendo in considerazione le
gionale. Esistono numerose affinità tra il lavoro di
province di Modena e Reggio Emilia come unica area
Brusco e quello condotto da Giacomo Becattini, che
metropolitana, si vede come le imprese siano orga-
differiscono essenzialmente per la loro localizzazione
nizzate per lo più attraverso un’integrazione di tipo
geografica. Entrambi colgono come punto di parten-
orizzontale anziché verticale, ov vero ci sono un cer-
za la teorizzazione dei distretti produttivi proposta
to numero di gruppi industriali che commissionano
da Alfred Marshall , per poi ampliarla e trasporla nel
ad imprese artigiane del territorio alcune lavorazioni
contesto italiano. Nello studio di Brusco è presen-
secondarie, queste imprese “lavorano direttamente o
te una preponderante territorializzazione e, inoltre,
indirettamente per lo stesso gruppo di mercati finali;
molto peso viene dato alla componente politica che
condividono una serie di valori e di competenze così
intrecciata alle caratteristiche sociali ed economiche
importante da definire un ambiente culturale; sono
tipiche di questi luoghi, gli permette di parlare per la
collegate l’una all’altra da relazioni molte specifiche
prima volta nel 1980 di Modello Emilia .
in un mix complesso di concorrenza e cooperazione
Senza entrare troppo nel dettaglio tecnico, il che sa-
(Brusco, 1980).
rebbe inutile e noioso, ci sono alcuni aspetti interes-
economico generale: la massima espansione del mo-
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3 Sebastiano Brusco, è stato professore ordinario di Economia e politica industriale ed è stato uno dei fondatori della Facoltà di Economia di Modena. Si è occupato in particolare dello studio dell’economia locale, dalle basi del Modello Emilia ai distretti industriali 2 Marshall A., Principles of economics, Macmillan, London, 1920 3 Il Modello Emilia viene teorizzato per la prima volta da Sebastiano Brusco nel 1980 all’interno del saggio “Il Modello Emilia: disintegrazione produttiva ed integrazione sociale” pubblicato sulla rivista “Problemi della Transizione” ed in seguito su “Industrializzazione senza fratture” e sul “Cambridge Journal of Economics”. C’è in questo pezzo il primo tentativo esplicito di combinare l’analisi della struttura industriale con quella della segmentazione del mercato del lavoro (Brusco, 1989). La definizione che segue deriva direttamente dal saggio.
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Il terzo punto è legato al contesto
dello è av venuta in un periodo di relativa ostilità nei confronti del potere sindacale, il che ha permesso a chi volesse aprire un’azienda in proprio di godere di condizioni non troppo dissimili a quelle di un operaio di una grande fabbrica, il quale si vedeva sempre meno rappresentato. Inoltre, la crescente differen4 Par. 1.2 “L’economia dei distretti industriali”.
ziazione di prodotto indotta dal mercato ha fatto sì
(Brusco 1980).
che prendessero piede le imprese specializzate, ov ve-
In generale concludendo per dirla con Brusco: “si è qui
ro quelle che non producevano prodotti standard sul
realizzata in sostanza, una miscela armonica, ma così
modello Taylorista-Fordista. In quarta battuta si può
complessa che difficilmente può essere assunta come
parlare della f lessibilità. La grande varietà di impre-
modello” (Brusco 1980). A 37 anni dalla formulazione
se implicate, da quelle più grandi in prima linea alle
della frase e guardando agli sviluppi odierni non si
sub-fornitrici, permetteva quasi ad ogni tipo di lavo-
può fare a meno di notare la sua veridicità. Si trat-
ratore di scegliere il posto in base alle proprie carat-
ta quindi di un Non-Modello Emilia. Nello specifico
teristiche; nel caso in cui non fosse soddisfacente il
sono stati tanti gli studiosi stranieri (Sabel, Zeitlin,
lavoro come operaio dipendente ci si poteva licenzia-
Piore) che hanno analizzato il modello auspicandosi
re, provando ad aprire un’attività inerente alla propria
una sua applicazione per aumentare la competitività
specializzazione sapendo di poter contare su una base
delle imprese tessili di Nottingham, o delle piccolis-
di appoggio forte costituita dall’impresa leader. Con-
sime imprese di maglieria a Ridgewood, ai Queens,
dizione di base importante è stato poi il rapporto con
o delle piccole imprese metalmeccaniche di Detroit
la campagna; la grande mole di mezzadri disoccupati
(Brusco, 1989); come si è tentato in diversi frangenti
presenti dopo la guerra ha permesso al settore dell’in-
di esportarlo nel mezzogiorno, che pure aveva la pos-
dustria oltre che di assorbire un’importante quantità
sibilità, grazie alla dimensione ristretta delle imprese
di forza lavoro, la creazione delle grandi cooperative
presenti di poterlo assorbire.
agricole, che si sono agevolmente integrate nel siste-
Il Modello Emilia ha subito nel tempo una profonda
ma produttivo. In ultimo, ma non per importanza c’è
metamorfosi. Questa trasformazione gli ha permes-
l’apporto della politica statale e locale. Come detto, lo
so di rigenerarsi ed evolversi mantenendo una pur
stato centrale riuscì ad avere un’inf luenza minima in
sempre importante relazione con il territorio. Ciò è
questi territori, mentre un grande lavoro venne svolto
dovuto a importanti cambiamenti che implicano sia
dai Comuni secondo due principali direttrici: da una
la struttura industriale che il contesto socio-politico
parte l’efficiente offerta di servizi, dall’altra la lotta
(Rinaldi, 2005). Sempre strettissima rimane la rela-
alla speculazione, perseguita attraverso strumenti ur-
zione con i distretti industriali che ne fanno parte:
banistici che permettessero politiche di welfare effi-
Un’importanza sempre maggiore di alcune imprese
caci, sia in campo abitativo che produttivo attraverso
leader dei distretti fa sì che si scrivano nuove gerar-
la politica delle aree; il tutto reso possibile grazie alla
chie al loro interno. Il numero delle imprese e degli
presenza di un tessuto sociale coeso e assai compatto
occupati cala, e chi ci rimette sono ov viamente i pic-
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coli imprenditori, i quali vengono investiti dal repen-
importante da cui partire per la nascita di qualcosa di
tino diffondersi delle nuove tecnologie e dall’av vento
nuovo; è questo un aspetto che l’azione progettuale in
dell’economia globalizzata; tutto ciò invece va a van-
campo urbano deve tenere ben presente.
taggio dei più grandi che diventano in qualche modo
Ora, importante è capire come i distretti industriali si
coloro che guidano questa rigenerazione economica
sono formati ed evoluti nel particolare contesto emi-
attraverso investimenti importanti in nuovi macchi-
liano, ma ancora di più lo è capire cosa resta di essi
nari e in R&S. Altro fattore importante è l’aumento
dal punto di vista economico e come stanno reagen-
considerevole delle contraddizioni sociali. Le ondate
do le imprese alla fase recessiva odierna. Per farlo, si
migratorie e le instabilità politico-economiche han-
farà riferimento ad alcuni esempi rilevanti all’interno
no, di fatto, scardinato le basi sociali e culturali che
del territorio, con particolare interesse per il distretto
avevano permesso un repentino sviluppo dagli anni
della ceramica di Sassuolo.
sessanta, questo ha generato la creazione di nuovi equilibri all’interno delle relazioni che, oggi, sono molto meno formali di un tempo. Questo mutamento
1.2 L’economia dei distretti industriali
va di pari passo con la scomparsa negli anni novanta
All’inizio del novecento, Marshall (1920) ipotizza che,
del PCI, il quale aveva sostenuto la crescita economica
per alcuni settori caratterizzati da divisibilità tecni-
in un clima di consenso sostanzialmente totale, e con
ca ed economica, un sistema di piccole imprese possa
l’aumento di potere delle associazioni di categoria,
ottenere risultati analoghi alla grande fabbrica verti-
come ad esempio Confindustria. Queste, insieme ad
calmente integrata. Nella visione Marshalliana, le im-
altre, sono le ragioni di questo grande mutamento che
prese facenti parte di questi gruppi non sono isolate,
hanno portato progressivamente l’economia emiliana
ma inserite all’interno di un’”atmosfera industriale”,
verso la trasformazione in un mercato neo-liberale e,
cioè di un particolare contesto sociale ed economico
al contempo, hanno indebolito la fascia della piccola
che favorisce lo scambio di informazioni e le relazioni
impresa e in particolare dell’artigianato .
fiduciarie tra imprese e istituzioni (Mattioli, 2015).
Quello che si cerca di dire, è sostanzialmente che sì il
Partendo da questo punto la ricerca italiana si è foca-
Modello non è più come lo conoscevamo, ma neanche
lizzata in particolare sui rapporti tra imprese, territo-
ha terminato la sua esistenza. Se continuerà ad esistere
rio ed enti pubblici, e lo ha fatto tramite i contributi di
in futuro non siamo noi a poterlo e doverlo stabilire;
vari studiosi quali Bagnasco, Becattini, Brusco e altri.
ciò che si può dire è che potrebbe fornirci una traccia
Definisco il distretto industriale come un’entità so-
1
1 Rinaldi A., The Emilian Model revisited: twenty years after. Business History, 47(2): 244-266. DOI: 10.1080/0007679042000313675, 2005.
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cio-territoriale caratterizzata dalla compresenza at-
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Geografia dei distretti distretti industriali tradizionali sul territorio regionale, monitor dei distretti Emilia Romagna, Intesa San Paolo, 2017
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tiva, in un’area territoriale circoscritta, naturalistica-
cora una volta a Brusco, che riassumendo a sua volta
mente e storicamente determinata, di una comunità di
da altri autori, fa un “tentativo di spiegazione della
persone e di una popolazione di imprese industriali.
formazione del distretto industriale”. 2
Nel distretto, a differenza di quanto accade in altri
Innanzitutto la diffusione della mezzadria ha solle-
ambienti (ad esempio, la città manifatturiera), la co-
citato il crescere di capacità imprenditoriali (Brusco,
munità e le imprese tendono, per così dire, ad interpe-
1986); infatti larga parte dei territori oggi distrettuali,
netrarsi a vicenda (Becattini, 1989).
erano coltivati da mezzadri che svolgevano attività di
L’Emilia è una regione ad alta densità di distretti indu-
gestione e contabilità non troppo dissimili da quelli
striali e non è possibile ragionare della sua economia
dell’imprenditore. La misura in cui vale questa si-
e degli spazi che vi si rapportano senza tenere in con-
militudine va ricercata in decenni di lente sedimen-
siderazione tale assunto. Il Villaggio Artigiano in sé,
tazioni sociali non semplificabili in questa sede. In
non rientra pienamente in queste logiche in quanto la
secondo luogo abbiamo l’importanza delle città e la
sua costituzione non poteva prevederne la nascita, ma
loro capacità di tessere relazioni commerciali. In que-
è interessante entrare nel merito vista la stretta rela-
sto Modena, capitale di un Ducato in strette relazioni
zione che oggi si può leggere tra “creazione dei villaggi
con l’Austria fino al 1861, aveva un enorme vantaggio
– Modello Emiliano – Distretti”.
dato dai rapporti di conoscenza tra commercianti che
Giacomo Becattini, oltre a definire i distretti indu-
probabilmente hanno avuto un ruolo successivamente.
striali, ne estrapola le peculiarità rimarcando l’impor-
Terzo importante punto, la presenza, anche in tempi
tanza di doverli studiare obbligatoriamente in chiave
precedenti, di una grande industria che ha operato nel
interdisciplinare intersecando “processi tradizional-
settore di sviluppo delle piccole imprese artigiane: nel
mente propri degli studi economici, come il funzio-
caso di Modena, ad esempio, la Fiat Trattori, oppure
namento del mercato e l’accumulazione capitalistica,
le Officine Reggiane a Reggio Emilia. Infine va citato
processi propri degli studi sociologici, come la socia-
il ruolo del sistema scolastico, il quale ha fornito agli
lizzazione e la formazione-dissoluzione delle istitu-
operai la base teorica e pratica per svolgere il mestiere
zioni sociali, e processi a cavallo fra le due discipline
di artigiano, ponendosi alla base dell’intero sistema
come la divisione sociale del lavoro e l’organizzazione
manifatturiero per buona parte del secolo.
del processo produttivo” (ibidem).
Fin dalla loro riscoperta, i distretti, hanno destato so-
1
Provando ad indirizzare il discorso sulle vicende e le caratteristiche proprie della regione, ci affidiamo an1 Si veda Becattini G., Il distretto industriale marshalliano come concetto socio-economico, Firenze, Studi e informazioni - quaderni 34, 1989
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2 All’interno del saggio “Small firms and industrial district: the experience of Italy” ,1986, pp. 184-202, Brusco cerca di individuare le tipologie di imprese presenti nei distretti e tenta di spiegarne la formazione. I punti sono costruiti ricorrendo a studi precedenti: (Bagnasco e Pini, 1981), (Capecchi, 1981), (Brusco, 1982), (Forni, 1985), (Bagnasco e Trigilia, 1985).
30000
tessile
metalmeccanico
agro-alimentare
2500
ceramico
0
Geografia dei distretti distretti industriali nel territorio provinciale
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21
spetti e scetticismi tra gli economisti, alcuni dei quali
che verticalmente. La provincia può essere conside-
li definivano incapaci di produrre capitale. Le for-
rata un distretto multi-settoriale composto da una
me distrettuali venivano guardate con sospetto (Ca-
serie di distretti mono-settoriali (Castronovo 1989).
stronovo, 1989), ritenute basate su uno sfruttamento
Ai primi distretti storici, ov vero quello meccanico e
selvaggio della manodopera e su un depauperamento
dell’Automotive nel capoluogo, quello tessile a Carpi,
delle risorse naturali e dell’ambiente. Definiti residui
quello della ceramica a Sassuolo e quello dell’indu-
storici destinati a scomparire (Becattini 2000), sono
stria agro-alimentare ancora a Modena e nei comuni
in realtà quell’elemento che permette alle regioni ci-
limitrofi, si è sviluppato negli anni ’70 quello del bio-
tate in precedenza di compiere straordinari balzi in
medicale nell’area di Mirandola. In stretta relazione a
avanti in termini di sviluppo, benessere e ricchezza.
questi, negli anni 2000, ha poi visto la luce il distret-
Durante tutta la seconda parte del secolo, contribu-
to dell’ICT, nato per far fronte ai grandi avanzamenti
iscono oltre che a determinare un’economia f lorida,
tecnologici necessari per la soprav vivenza degli altri
anche a costituire un tessuto sociale forte e radicato
distretti industriali 2 . Caratteristica tra le principa-
sul territorio. La peculiarità dei distretti è quella di
li dei distretti modenesi ed emiliani oggi, è quella di
riuscire a produrre in modo competitivo sui mercati
non aver operato una vera delocalizzazione. La gran-
al di fuori della rigidità della grande impresa fordista.
de quantità di export è infatti frutto di politiche di
Non solo, l’integrazione principalmente orizzontale
internazionalizzazione che hanno contato molto sulla
permette lo sviluppo in sequenza di una multi-setto-
promozione del prodotto - territorio; ov vero ogni im-
rialità , che è legata il più delle volte alle esigenze del
presa che esporta in tutti i continenti del pianeta, lo
settore trainante principale. Questa caratteristica, che
fa riferendo e legando il prodotto venduto al territorio
ha permesso all’industria modenese di resistere alle
nel quale è nato e nel quale, spesso, è prodotto. Questo
f lessioni degli anni passati, potrebbe essere l’arma
ha portato ad un limitato abbandono dei territori di
vincente per far fronte ad una crisi economica come
nascita da parte delle aziende, contribuendo a raffor-
quella in corso.
zare questo tipo di modello; il quale, si può dire, è per
Oggi, Modena è ancora al centro di uno dei sistemi
lo più caratteristico anche delle rimanenti aree della
produttivi più attivi d’Italia. Sono presenti nel ter-
Terza Italia.
1
ritorio sei distretti industriali che operano in forte simbiosi tra loro, integrandosi sia orizzontalmente
1.3 Mutamenti nei distretti Dopo decenni di crescita espansiva, negli ultimi quin-
1 Caratteristica citata da Valerio Castronovo all’interno di Vicende economiche e sociali del modenese dal 1945 ad oggi. Primo rapporto sui risultati della ricerca, pp. 9-10, documento del 1989.
22
TRANSIZIONI
2 Si veda Bulgarelli V. et al., Città e architetture industriali. Il novecento a Modena, Franco Cosimo Panini, Modena, 2015, pp. 67-71.
dici anni i distretti industriali sono profondamente
gia è stata favorita da una già presente frammentazio-
cambiati (Mattioli, 2015). Se la bibliografia sui di-
ne del ciclo produttivo e dall’organizzazione a rete. E’
stretti è molto ampia e varia, la bibliografia sulla loro
ov vio che delocalizzare cercando di abbassare i costi
evoluzioni e trasformazioni più recenti lo è altrettan-
può essere utile per aumentare i profitti, ma non basta
to. Globalizzazione, introduzione della moneta unica,
per garantire il successo di un marchio.
ingresso di nuovi competitor sul mercato mondiale,
Il paese in cui maggiormente si è attuata questa poli-
rivoluzione tecnologica e aumento delle conoscenze
tica sono gli Stati Uniti, mentre in Italia, ad esempio,
con conseguente bisogno di capitale umano, sono le
si è riusciti più facilmente a mantenere la produzione
motivazioni principali del cambiamento profondo che
all’interno del paese e di conseguenza si è conservata
hanno subito. 3
quasi intatta la capacità manuale di produrre. E’ pro-
A seguito di questa breve introduzione, Mattioli spiega
prio per questo motivo che già da alcuni anni è in cor-
che “le imprese italiane del Made in Italy rispondono a
so, negli Stati Uniti, un dibattito sull’importanza della
tale situazione essenzialmente in due modi: o con una
manifattura nazionale. 4
strategia offensiva che privilegia l’innovazione di pro-
La crisi economica in particolare ed il bisogno di recu-
dotto e processo e che consente loro di riposizionarsi
perare alcune caratteristiche del prodotto o dei meto-
nel top di gamma, o con un approccio difensivo che
di produttivi hanno indotto alcune aziende a compie-
prevede percorsi di delocalizzazione della manifattura
re il processo inverso alla delocalizzazione; sono solo
verso i Paesi dell’est Europa o dell’estremo oriente”.
una piccola percentuale ma è comunque significativo
In generale, per quanto riguarda la delocalizzazione
parlarne per rimarcare ancora una volta l’importanza
produttiva, sono tante le imprese facenti parte dei
del fattore territorio, inteso in senso fisico ma anche
distretti che decidono di attuarla, sia aprendo nuovi
sociale, nel processo produttivo, perlomeno in alcuni
stabilimenti all’estero che spostandovi letteralmente i
settori.
propri. Nel caso contrario, negli ultimi anni si è visto
In questo caso si parla di “Back Reshoring” 5 , ov vero
un aumentare considerevole della manodopera a bas-
il ritorno da parte di un’impresa alla terra di origine,
so costo all’interno delle imprese, strategia difensiva
oppure di “Near Reshoring”, con il quale le aziende
definita “delocalizzazione inversa” (Belussi & Sedita,
decidono di av vicinare l’attività produttiva o di for-
2010). Nei distretti in modo particolare questa strate3 Mattioli C., Ritorno a Sassuolo. Metamorfosi della produzione e dei territori distrettuali, Tesi di dottorato, Politecnico di Milano, 2015, pp. 259-283. Questo interessante studio si focalizza sulle dinamiche che hanno investito il distretto ceramico di Sassuolo a partire dalla sua crescita iper-accelerata fino alla sua metamorfosi odierna per trarne ipotesi di “scenari evolutivi”.
4 Alcuni ricercatori del MIT hanno svolto uno studio sull’importanza della manifattura nazionale negli Stati Uniti d’America, gli esiti sono contenuti in Berger S., Making in America. From Innovation to Market, The MIT Press, Cambridge Massachussets, 2013. 5 Il “back reshoring” è una strategia di impresa – deliberata e volontaria – orientata alla ri-localizzazione domestica (parziale o totale) di attività svolte all’estero (direttamente o presso fornitori) per fronteggiare la domanda locale, regionale o globale (Fratocchi et al., 2014: 428 – 249)
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nitura al Paese di origine. (Mattioli, 2015). Guardan-
ed hanno molteplici effetti. In primis è aumentata la
do nella fattispecie al territorio modenese, il distretto
“verticalizzazione”: se è vero che all’interno di un di-
della piastrella di Sassuolo sta subendo una quantità
stretto la componente orizzontale è prevalente, oggi
di fenomeni molto variegata: alcune imprese hanno
in questa situazione, lo è molto meno; è andata for-
delocalizzato la loro produzione, una grande quantità
mandosi una struttura piramidale tra imprese leader,
sono state comprate da investitori stranieri (es. Ma-
aziende di “seconda schiera” e sub – fornitori locali,
razzi Group), mentre altre hanno deciso di prendere
all’interno della quale però esistono ancora rapporti
un’altra strada: quella dell’innovazione.
di cooperazione e di competizione. Questo porta ad
Volgendo lo sguardo alla seconda strategia preceden-
una situazione abbastanza gerarchicamente ordinata
temente elencata, si può vedere come i principali pro-
in cui l’impresa leader potrebbe “sfruttare opportu-
tagonisti siano le medie imprese . Sono principalmen-
nisticamente” 2 il distretto e allo stesso tempo fare da
te imprese italiane perlopiù a controllo famigliare che
“interfaccia cognitiva” 3 per lo stesso. Si è andata a co-
sono nate solitamente da processi di crescita di PMI
stituire quindi una situazione in cui l’impresa ha biso-
o da percorsi di loro fusione e acquisizione o, ancora,
gno del distretto nel suo insieme e viceversa.
sono l’esito del ridimensionamento di grandi imprese
Questo è quello che sostanzialmente è successo e sta
(ibidem). Uno scenario da esse dominato, risulta per
succedendo nel distretto ceramico, ed è un esempio
ov vi motivi profondamente differente da quello del di-
significativo per la provincia, anche se in realtà i vari
stretto industriale come lo conoscevamo; rispetto alle
distretti e cluster, più o meno recenti si comportano
imprese distrettuali, le medie imprese si differenziano
in modi differenti a seconda di fattori sia esogeni che
per un diverso “rapporto con le forme di conoscenza”
endogeni che li caratterizzano.
incorporando all’interno della produzione la nuova
Sono stati individuati da De Marchi e Grandinetti nel
componente immateriale (ibidem). In secondo luogo,
2014 4 quattro diversi scenari evolutivi per i territori
sono caratterizzate da considerevoli processi di inter-
dei distretti. Un primo scenario è quello del declino:
nazionalizzazione che hanno permesso di aumentar-
se le imprese e la rete non hanno la forza per ov via-
1
ne la competitività pur trattenendo nel territorio di origine la componente strategica del valore aggiunto (ibidem). I risultati di queste metamorfosi che hanno
24
2 Mattioli vede lo “sfruttamento opportunistico” come ipotesi pessimista in cui la “media impresa una volta consolidatasi potrebbe staccarsi dal livello locale” (Mattioli, 2015: 270)
coinvolto questa tipologia di azienda sono molteplici
3 “E’ il profilo delle imprese molla individuate da Bonomi e Abruzzese (2004) che, partendo dal locale (e grazie alle competenze accumulate all’interno del sistema), vanno nel Mondo ma ritornano portando con sé un bagaglio di nuove conoscenze, diffuse poi all’interno del distretto” (Mattioli, 2015: 270)
1 Sono definite “Medie Imprese” tutte quelle aziende con fatturato compreso tra 15 e 330 milioni di euro, un numero di addetti tra 50 e 499, attive nel comparto manifatturiero e con assetto societario autonomo.
4 De Marchi V., Grandinetti R., industrial districts and the Collapse of the Marshallian Model: looking at the Italian Experience, Competition and Change, vol. 18, n. 1, febbraio 2014, pp. 70-87
TRANSIZIONI
Costruzione di una nuova immagine per l’impresa Interventi all’interno di rotatorie finanziati da Casalgrande Padana spa, azienda ceramica di primaria importanza. Progetto: Daniel Libeskind Foto: Archinfo, Area
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re ai mutamenti tecnologici ed alle sfide della glo-
te di quello meccanico che è nato per esigenze del pri-
balizzazione il distretto è destinato a scomparire. In
mo e che poi è riuscito a ritagliarsi una propria fetta
un secondo scenario potrebbero emergere poche me-
di mercato. Ad oggi è molto complicato distinguere i
dio-grandi imprese internazionali andando a creare
confini distrettuali, anche a causa delle implicazioni
un “oligopolio distrettuale” con il conseguente assot-
spaziali che dismissione, abbandono, ricolonizzazio-
tigliarsi delle relazioni interne. Nel terzo scenario le
ne, degrado di intere aree verdi e policentrismo causa-
imprese citate potrebbero attuare una gerarchizzazio-
no ovunque sul territorio.
ne attraverso reti di sub-fornitura; in questo caso il distretto avrebbe una vitalità minore ma non morirebbe. Infine, lo scenario migliore, in cui un buon numero di medie imprese leader fungono da intermediari tra interno ed esterno del distretto; in questa maniera, si mantengono buone relazioni con le imprese minori e al tempo stesso si riescono ad assorbire elementi provenienti dall’esterno, soprattutto in termini di innovazione. Questi nuovi distretti sono detti “glocali”. Questa quanto mai semplificata panoramica sull’economia distrettuale e suoi mutamenti porta ad alcune importanti rif lessioni che sono strettamente connesse con l’economia dell’odierno Modello Emiliano. Innanzitutto i distretti non sono più gli stessi; da un concetto di “atmosfera produttiva” si è passati ad un sistema molto più gerarchizzato. Di conseguenza si evince che i bordi sono divenuti molto più porosi e non si può più parlare di sistema uniforme e immodificabile. Inoltre, essendosi sfaldata la rete di imprese originaria, i distretti sono diventati molto più eterogenei al loro interno; talvolta incorporano altri settori oppure addirittura altri distretti. Nel caso modenese ad esempio il distretto ceramico ha al suo interno par-
26
TRANSIZIONI
1.4 Una visione urbana Se è vero che i distretti industriali sono cambiati, se è vero che si sono sfaldati i rapporti imprenditoriali e sociali al loro interno, allora cosa rimane degli spazi e come vengono utilizzati? Di quali spazi gli “abitanti” dei nuovi distretti necessitano? Partendo dall’analisi di Mattioli sul distretto sassolese, possiamo estrapolare le caratteristiche principali dei cambiamenti spaziali av venuti, in base alle nuove categorie imprenditoriali che si sono andate a formare negli ultimi decenni. In primis serve ribadire che il problema dell’abbandono industriale in seguito al passaggio dall’epoca fordista a quella post-fordista, è un problema noto, al centro del dibattito urbanistico e architettonico da almeno mezzo secolo. Contestualizzando, va detto anche che nei territori della Terza Italia la questione si è presentata, con un notevole ritardo, all’inizio degli anni ottanta in una veste abbastanza diversa da quella più conosciuta delle grandi fabbriche: l’abbandono è molecolare e diffuso sul territorio, quindi più difficile da identificare. L’altro dato da tenere in considerazione è legato al periodo in cui viviamo; è ormai deci-
Riuso produttivo. Capannoni ristrutturati ed occupati da aziende diverse da quelle originarie
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27
samente alle spalle la stagione del “progetto urbano”
il cattivo tempo del mercato ceramico italiano. Sono
volto a modificare funzioni, ruolo e immagini di in-
imprese che hanno saputo diversificare il loro prodot-
tere parti di città (Secchi, 2005) applicato in pochis-
to andando verso un mercato legato al contemporaneo
simi frangenti all’interno del territorio italiano, per
aumentando, in molti casi, gli investimenti in ricerca
riqualificare aree ex industriali (per esempio Bicocca
e sviluppo e sfruttando al massimo il know-how del
a Milano o Lingotto a Torino). In attesa di capire quali
territorio aumentato dall’alto livello di conoscenza
saranno gli sviluppi di quella che sembra una nuova
della componente umana. Spesso queste imprese si
stagione, possiamo attingere alle “Biografie d’Impre-
sono trovate (e si trovano tutt’ora) a dover fare i conti
sa” relative al distretto che, in un panorama in con-
con una diversificazione che obbliga alla sostituzione
tinuo cambiamento all’interno di un territorio che
di macchinari, oppure alla necessità di nuovi spazi da
mantiene una sua forte identità produttiva, possono
destinare alla logistica. In questi casi si riscontra un’a-
aiutarci a capire se “le nuove forme della produzione
zione da parte degli imprenditori che mira spesso al
sono in grado di generare (o contribuire a generare)
riuso adattivo dei capannoni già presenti: sono molti
una nuova e diversa città ” 2 .
gli esempi in cui imprese in crescita hanno acquistato
In precedenza si è potuto vedere come la metamorfosi
un’area dismessa per poi riconvertirla oppure demo-
profonda del distretto abbia fatto nascere nuove cate-
lire gli edifici e costruirci nuovi stabilimenti. Tutto
gorie di attori, che nella fattispecie sono rappresentati
comunque rivolto ad una diminuzione (se possibile)
dalle imprese vecchie e nuove che hanno saputo crea-
del consumo di suolo. Questo è un dato estremamente
re nuovi legami con il territorio. A questo proposito
importante, in quanto ci dice che aziende con elevate
si possono suddividere in tre differenti categorie: Le
quantità di denaro a disposizione decidono comunque
grandi imprese vincenti, le piccole e medie imprese
di continuare ad investire nel territorio per non per-
ancora vivaci e le imprese in crisi.
dere un legame con esso. Al tempo stesso questi stessi
Tutta una serie di imprese innovative e grandi gruppi,
soggetti decidendo di accentrare la produzione in un
sono oggi presenti a Sassuolo e da soli fanno il bello e
singolo luogo lasciano liberi altri spazi che spesso sono
1
occupati da altre aziende minori in crescita che neces-
28
1 All’interno della ricerca di Mattioli un intero capitolo (Biografie d’impresa, storie di spazi produttivi) è dedicato alla cronaca di venti biografie di impresa. Il capitolo indaga la metamorfosi degli spazi della produzione attraverso la ricostruzione di alcune micro-storie individuali. L’indagine assume la forma di un approfondito lavoro di esplorazione sul campo con il quale si è inteso interrogare i diversi operatori economici presenti nel distretto ceramico ed entrare all’interno degli spazi dove essi operano quotidianamente (Zanfi, 2013)
sitano di un capannone in una sorta di “av vicenda-
2 City and Production, post all’interno del blog Shared territories / Territories in crisis, in cui Cristina Bianchetti introduce i lavori del Workshop 9 alla Conferenza nazionale SIU di Roma (2017), inerente il rapporto tra città e produzione.
3 Situazione in cui le aziende che necessitano di maggiori o diversi spazi per la loro produzione non valorizzano le aree liberate con interventi di rifunzionalizzazione, ma le vendono ad altre imprese (per usi produttivi) (Mattioli, 2015: 222)
TRANSIZIONI
mento aziendale” 3 . Altro tema fondamentale è quello dell’immagine. Un’impresa innovativa e dinamica ha
Spazi sospesi Capannoni, laboratori e appartamenti sospesi all’interno di diverse aree produttive di Modena. 2017
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29
bisogno di un’immagine altrettanto convincente, per
l’attività. Sono per lo più produttive ma anche società
questo gli investimenti vanno sempre più verso la cura
commerciali, di logistica o progettazione meccanica
estetica degli stabilimenti; l’azienda ricerca in misura
che ingrandendosi vanno ad occupare spazi lasciati
sempre maggiore la comunicazione diretta, e nel caso
liberi o da grandi aziende o da fallimenti, prov veden-
della ceramica risulta di fondamentale importanza vi-
do ad una ristrutturazione minimale degli ambienti
sta la tendenza ad attrarre in maniera diretta il buyer
interni, lasciando spesso l’aspetto esterno immutato.
alla sede produttiva a scapito dell’incontro in fiera,
Queste aziende hanno una limitata disponibilità eco-
anche a valle del crescente fenomeno del “turismo di
nomica, pertanto hanno la necessità di adattarsi a si-
impresa” . A questa tendenza si affianca poi l’esigen-
tuazioni preesistenti arrivando ad un compromesso
za di intervenire sul territorio attraverso episodi di
tra grado di produttività e esigenze spaziali; questo
“rinnovo urbano” , che potrebbero, alla lunga essere
è in realtà sinonimo di un alto grado di incertezza,
l’incipit decisivo per la nascita di una nuova partner-
pertanto non c’è la sicurezza che in situazioni econo-
ship tra pubblico e privato, in cui gli interessi dell’uno
micamente più favorevoli tali aziende avrebbero la ne-
e dell’altro si incontrano producendo vantaggi per la
cessità di adattarsi mantenendo basso il consumo di
collettività.
suolo agricolo.
A fianco di queste imprese leader c’è una seconda tipo-
In ogni caso gli interventi che tali soggetti possono
logia di attori che è formata prevalentemente da tutte
attuare sono di entità minima, ed anche se frequenti,
quelle piccole e medie imprese che hanno saputo stare
difficilmente riusciranno a innescare modificazioni
al passo con le più sofisticate tecnologie e che formano
tangibili bel paesaggio in cui si inseriranno. Infine,
un tessuto vivo, ma che non hanno la forza, soprat-
l’ultima tipologia analizzata ci porta a considerare lo
tutto economica, di innovarsi ai livelli delle altre.
spegnimento, ov vero la condizione in cui riversano le
Spesso hanno stabilimenti produttivi nei territori più
imprese maggiormente colpite dalla crisi. Sono per lo
marginali del distretto e possono essere frutto di un
più aziende di medie dimensione con non più di 100
ridimensionamento di un’azienda più grande o ancora
dipendenti, che si trovano in grande difficoltà e, spes-
la rinascita di aziende fallite o che hanno terminato
so, sono costrette a disattivare parte della produzione
1
2
e, ancor più frequentemente a re-internalizzare alcune
30
1 Tendenza degli ultimi anni per la quale l’impresa apre le porte al compratore che entrando può vedere direttamente gli spazi e i sistemi della produzione. Il concetto è ben spiegato in Micelli S., Fare è innovare. Il nuovo lavoro artigiano, Bologna, Il Mulino, 2016.
fasi, causando la chiusura di molte aziende dell’indot-
2 Episodi che, entro un nuovo welfare aziendale di territorio, vedono l’azienda protagonista nella riqualificazione, dotazione e risistemazione dell’ambiente esterno alla fabbrica (Mattioli, 2015: 230). Esempio significativo sono la costruzione di landmark all’interno delle rotatorie da parte di “Casalgrande Padana”, importante industria ceramica del distretto.
colare di diverse tipologie di edifici tra cui capanno-
TRANSIZIONI
to. Questo spesso si rif lette in un abbandono moleni, case – capannone, palazzine per uffici ma anche
terreni diversi, che magari necessitano di bonifiche.
media impresa è in uno stato intermedio e per questo
Al fianco di questi episodi troviamo poi tutto ciò che
non ha le forze per determinare un mutamento tan-
è legato al patrimonio invenduto, ov vero prodotto da
gibile nel panorama urbano. Infine rimangono le im-
quella “forma mercantile di urbanistica che considera
prese dell’indotto in difficoltà che perlopiù lasciano
gli oggetti nient’altro che merci da proporre al consu-
un patrimonio in abbandono che può rimanere in uno
matore per soddisfare le sue differenziate e mutevoli
stato di sospensione anche per anni prima che se ne
esigenze (Lanzani & Zanfi, 2013; Mattioli, 2015) e che
decida la sorte; molto spesso sono piccoli contenitori
quindi ha prodotto più di quanto non fosse vendibile.
e case, che per le loro dimensioni e forme sono i più
Ov viamente, tutte le categorie descritte sono asso-
difficili da riutilizzare.
ciabili ad una geografia ben precisa all’interno del
Nel contesto più propriamente urbano di Modena,
distretto: mano a mano che ci si allontana dai centri
quest’ultima tipologia è molto frequente e, nella mag-
maggiori, il prestigio ed il benessere delle imprese di-
gior parte dei casi è collocata all’interno dei Villaggi
minuisce, questo a rimarcare una forte connotazione
Artigiani.
urbana che assimila di fatto il distretto alla città. Gli esempi proposti potrebbero sembrare un po’ distanti dalla dimensione propria di cui questa tesi si occupa, in realtà sono molto attinenti se si considerano gli aspetti di somiglianza tra il distretto della ceramica e la dimensione generale dell’industria nella provincia. Quindi provando a tirare le somme si può affermare che oltre ad avere una buona vitalità nel settore industriale, il territorio di Modena deve fare fronte a problematiche varie ed originali che sono determinate da diversi gradi di “salute” imprenditoriale che determinano a loro volta, questioni spaziali di differente entità e gravità. La grande impresa generalmente si ingrandisce, ma nel territorio, cercando di non consumare nuovo suolo e, nella migliore delle ipotesi potrebbe avere ruolo attivo dal punto di vista progettuale agendo nello spazio urbano pubblico. La
PA R T E I
31
2. Modena
2.1 Al centro del modello Modena oggi è una città di medie dimensioni si-
nazionale che è diminuita nell’ultimo anno1.
tuata nella Regione Emilia-Romagna. Il capoluogo
I dati riguardanti economia ed occupazione, vedono
ha 184.973 abitanti e in totale la provincia ne conta
Modena ancora nelle posizioni di testa per quel che
701.642 (Istat 2016), pressoché stazionari dopo la cre-
riguarda la ricchezza pro capite nonostante la crisi
scita degli ultimi anni dovuta all’immigrazione. In
economica. Nel 2015 il reddito pro capite italiano è sa-
generale, il numero di stranieri residenti è in forte au-
lito dello 0,7% attestandosi a circa 27.000€; la Regione
mento dai primi anni novanta e, ad oggi, sono arriva-
Emilia-Romagna sta facendo da locomotiva, insieme
ti ad essere il 15,4% del totale degli abitanti contro il
ad altre regioni del nord Italia a questa ripresa, infat-
13,1% del dato provinciale, il 12,0% di quello regionale
ti, oltre che attestarsi quarta a livello nazionale (dopo
e l’8,3% di quello italiano. I dati della popolazione re-
Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta e Lombardia) col-
sidente relativi alle fasce di età ci dicono che gli over
loca 4 province nelle prime posizioni della classifica
65 sono in costante aumento dal 2001, con gli under
del reddito pro capite: Bologna (terza), Modena (quar-
14 stazionari e i 15-64 in lieve decrescita. La popola-
ta), Parma (sesta) e Reggio Emilia (dodicesima), il PIL
zione, come detto stazionaria, si confronta con quella
in Emilia-Romagna è di 33.600€ per abitante, in cre-
regionale, che invece risulta in lieve aumento, e quella
32
TRANSIZIONI
1 Tutti i dati nazionali relativi alla demografia sono ricavati da ISTAT, Italia in cifre 2016, Istituto Nazionale di Statistica, 2017.
scita dell’1%. (ISTAT 2016)
annuo. Il bilancio complessivo dell’anno 2016 mostra
Buoni segnali arrivano anche dal fronte della disoccu-
un incremento produttivo medio del +2,6%, il più alto
pazione, con un dato regionale al 6,6% e provinciale,
degli ultimi cinque anni. Anche il fatturato è cresciu-
per quanto riguarda Modena, al 6,4% al fronte di un
to, ad un ritmo del +3% in media d’anno. Leggermente
dato nazionale ancora piuttosto elevato (11,9%) che
più debole la dinamica degli ordini domestici (+1,8%)
si abbassa con un ritmo troppo lento rispetto a quasi
mentre appare più sostenuto il trend di quelli prove-
la totalità degli altri stati dell’Unione Europea. I dati
nienti dai mercati internazionali (+6,5%). La quota di
Istat sono relativi al quarto trimestre del 2016 e da
fatturato proveniente dalle esportazioni sfiora in me-
questi si può vedere come la disoccupazione in Regio-
dia il 40% anche se per alcuni settori raggiunge il 60%
ne sia ad oggi minore rispetto a quella della Lombar-
(Camera di Commercio di Modena 2017) 3 . La statistica
dia e maggiore solo di quella della Provincia Autono-
settore per settore mostra in netta ripresa quello mec-
ma di Bolzano.
canico e dei metalli, quello alimentare, quello cerami-
Osservando la divisione degli occupati per settore si
co e quello bio-medicale; mentre risulta in f lessione il
nota come ci sia una notevole differenza rispetto alle
settore del tessile e della maglieria. Infine altro dato
altre regioni del nord, infatti se in Italia oggi quasi
importante per inquadrare lo stato di salute dell’eco-
il 70% dei lavoratori è occupato nei servizi a scapito
nomia territoriale è quello relativo alle esportazio-
dell’industria, che rimane ferma al 20%; In Emilia-Ro-
ni. Secondo il rapporto della Camera di commercio:
magna, quest’ultima ha ancora una relativa importan-
anche il 2016 si conferma un anno in crescita per le
za occupandone il 27,2%, che diventano addirittura
esportazioni modenesi: la variazione media annua ri-
il 34,6% nel caso specifico della provincia di Modena
sulta del +2,2% con un aumento di 262 milioni di euro
(Unioncamere, 2016) . Lo stesso si può evincere dai
che portano l’export del 2016 a superare per la prima
dati Istat del 2016 dove in provincia l’industria incide
volta i 12 miliardi, valore assoluto più elevato raggiun-
sul PIL in termini di valore aggiunto per 11.000 €; va-
to finora, con un incremento del +10,5% rispetto ai va-
lore più alto in assoluto in Italia.
lori del 2008 (ibidem, 2017)
Entrando nel dettaglio del settore dell’industria,
Il confronto con il resto d’Italia mostra come la per-
si può notare che è ancora il settore manifatturiero
formance modenese sia piuttosto positiva, infatti l’an-
quello trainante. Infatti, dopo un’importante f lessio-
damento del dato annuale dell’Emilia Romagna risulta
ne durata dal 2008 al 2013, negli ultimi anni ha avuto
pari a +1,5%, mentre quello italiano è pari a +1,2%.
una crescita media della produzione pari a circa l’1,3%
Modena rimane quindi salda in ottava posizione nel-
2 Unioncamere Emilia-Romagna, Rapporto 2016 sull’economia regionale, Unioncamere, 2016.
3 Camera di Commercio di Modena, Rapporto economico sulla provincia di Modena 2016, Camera di Commercio di Modena, 2017.
2
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33
184.727
popolazione residente (ISTAT, 1940 - 2016)
103.247 1940
1950
1960
1970
1980
1990
2000
2010 2016
15,4% Modena (comune)
13,1% Modena (provincia) 12,0% Emilia-Romagna
8,3% Italia
Stranieri residenti: percentuale sul totale della popolazione (ISTAT, 2001 - 2015)
6,9% 5,2% 4,1% 2,7% 22,1% over 65 20,4%
14,3% under 14 popolazione per fasce di etĂ : percentuale sul totale della popolazione (ISTAT, 2001 - 2015)
34
TRANSIZIONI
12,6%
2001
2005
2010
2015
42,7% 38,6%
37,8% Italia 34,9%
Tasso di disoccupazione 23,5% giovanile (ISTAT)
20,4%
12,7% 11,3%
10,7%
22,0% Emilia-Romagna 19,6% Modena (provincia)
2,8%
12,7%
11,7% Italia
8,3%
8,0% 7,9%
Tasso di disoccupazione (ISTAT)
6,6% Emilia-Romagna 6,4% Modena (provincia)
6,1%
3,1%
3,7%
2,8%
35.700 € Modena (provincia) 33.600 € Emilia-Romagna
Prodotto Interno Lordo pro capite (ISTAT)
27.000 € Italia
2004
2006
2008
2010
2012
2014
2016
PA R T E I
35
66.348 58.025 53.064
45.173
18.491 Imprese attive totali (censimenti ISTAT 1951 2011, dato 2016)
15.046
Imprese attive settore manifatturiero (censimenti ISTAT 1951 2011, dato 2016) 7.926
9.784
9.340
7.518
42,9% Incidenza manifatturiero su totale (censimenti ISTAT 1951 - 2011, dato 2016)
33,3%
28,6%
14,7%
1951
36
TRANSIZIONI
1961
1971
1981
1991
2001
2011
2015
263.716
260.950
215.049
63.219 Addetti totali (censimenti ISTAT 1951 - 2011)
124.820
93.419 Addetti totali settore manifatturiero (censimenti ISTAT 1951 - 2011)
32.337
56,7% 51,2% Incidenza settore manifatturiero sul totale (censimenti ISTAT 1951 - 2011)
35,8%
1951
1961
1971
1981
1991
2001
2011
2015
PA R T E I
37
2,4%
2,6% 2,3%
2,2%
2,2%
1,3% 1,0% 0,1% Italia 0,5% Modena (provincia)
-0,1%
0,0%
-0,5% Emilia-Romagna
Tasso di iscrizione netto al registro delle imprese 1995-2015 (Unioncamere Emilia-Romagna 2016 2015
-1,8%
1995
Italia
3%
Emilia-Romagna
3,4%
Modena (provincia)
2000
20,1%
2005
2010
6,5%
27,2%
69,6%
5,6%
3,4%
34,6%
63,8%
6,8%
55,3%
Numero addetti per settore economico (ISTAT 2015)
Agricoltura | Industria | Costruzioni | Servizi
Italia
1.000
Emilia-Romagna
1.000
Modena (provincia)
1.000
4.000 1.000
6.000
9.000 1.000
11.000 1.000
7.000
6.000
5.000
9.000
6.000
5.000
9.000
4.000
Agricoltura | Industria | Costruzioni | CR-AR-TC | IMF-AI-NAPI | Altri servizi CR-AR-TC: Commercio e riparazioni; Alberghi, bar, ristoranti; Trasporti e Comunicazioni. IMF-AI-NAPI: Intermediazione monetarie e finanziaria; Attività immobiliari; Noleggio, attività professionali e imprenditoriali. Atri Servizi: Amministrazione pubblica e difesa; assicurazione sociale obbligatoria; Istruzione; Sanità e assistenza sociale; Attività artistiche, di intrattenimento e divertimento; Altre attività di servizi; Attività di famiglie e convivenze.
38
TRANSIZIONI
Valore aggiunto pro-capite a prezzi base, dati in € (ISTAT 2015)
24,1%
Italia Emilia-Romagna
19,4%
Modena (provincia)
18,7%
Bologna (città metropolitana) Milano (città metropolitana)
Numero addetti per classe di impresa. Settore manifatturiero (ISTAT 2015)
Torino (città metropolitana)
30,1%
22,3%
29,4%
24,0%
28,7%
17,5%
19,2%
28,7%
24,7%
25,8%
14,6%
27,2%
23,9%
27,8%
15,7%
23,5%
29,9%
24,2%
34,4%
16,7%
49,5%
0-9 | 10-49 | 50-249 | 250 e oltre
Agricoltura, silvicoltura pesca Estrazione di minerali da cave e miniere Attività manifatturiere Fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata Fornitura di acqua; reti fognarie Costruzioni Commercio all'ingrosso e al dettaglio; riparazione di autoveicoli Trasporto e magazzinaggio Attività dei servizi di alloggio e di ristorazione Servizi di informazione e comunicazione Attività finanziarie e assicurative Attività immobiliari Attività professionali, scientifiche e tecniche Noleggio e servizi di supporto alle imprese Istruzione
Imprese attive per settore di attività in Provincia di Modena (Unioncamere Emilia-Romagna 2016)
Sanità e assistenza sociale Attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento Altre attività di servizi
Industria alimentare Tessile abbigliamento Industria del legno e dei prodotti in legno e sughero Fabbricazione di carta e di prodotti di carta Stampa e riproduzione di supporti registrati Industria chimica e farmaceutica Fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche Fabbricazione di altri prodotti ceramica e terracotta Metalmeccanico
Imprese attive nei settori manifatturieri della Provincia di Modena (Unioncamere Emilia-Romagna 2016)
Fabbricazione mezzi di trasporto Fabbricazione di mobili Altre industrie manifatturiere Riparazione, manutenzione ed installazione di macchine
PA R T E I
39
la classifica delle province italiane per valore delle
permesso un riassestarsi delle condizioni anche grazie
esportazioni.
alla capacità di queste di competere sui mercati esteri
Quali sono i luoghi di questa, seppure lenta, crescita?
con i paesi in via di sviluppo, dove il costo della mano-
Ci viene in aiuto in questo caso, il rapporto del CAPAS
dopera è sensibilmente più basso.
(§ cap.3.4), il quale suggerisce che stanno ripartendo
Rimane ora da chiedersi se e in quale modo questa ri-
le richieste di capannoni industriali in particolare ai
presa si intrecci con le dinamiche urbane e se le ammi-
due poli, est e ovest, della città. I dati non possono
nistrazioni sapranno sfruttarla per evitare una nuova
prevedere dove sarà e come sarà un futuro sviluppo
ed, apparentemente, inevitabile stagione del consumo
dei luoghi dell’industria, ma anche grazie a colloqui
di suolo.
con alcuni dirigenti del Consorzio, si può tentare la ricostruzione di scenari possibili 1. Provando ad interpretare i dati raccolti nell’indagine,
2.2 Gli spazi della produzione
si può dunque affermare che la ripresa dell’economia
Oltre a trovarsi entro un’importante area produttiva
modenese, passi attraverso quella della sua industria
che per anni si è sorretta sulla stabilità e la dinami-
manifatturiera; dato senza dubbio interessante e, in
cità dei distretti industriali, Modena è al centro di
parte, in controtendenza rispetto alle aspettative. In-
un sistema metropolitano che potremmo definire cit-
fatti osservando i dati di tutte le regioni italiane si
tà-territorio 2 . Si tratta in genere di ampie aree dove
vede come, in particolare in Lombardia e Piemonte, sia
l’urbanizzazione diffusa ha prodotto immaginari
completata la transizione da un’economia industriale
in cui centri urbani più o meno grandi si alternano
ad un’economia di servizi, e sembra che la produzione
a campi coltivati e aree produttive, in un insieme nel
sia ancora forte soltanto nei territori della “Terza Ita-
quale è difficile individuare i bordi urbani originari.
lia” in cui lo sviluppo è av venuto nei modi e nei tempi
Nel caso del territorio emiliano si è andata a formare
già largamente esplicati in precedenza.
nel tempo un’area metropolitana di circa 2900 km 2 e
Altra caratteristica che emerge, è la apparente tenuta
1,2 milioni di abitanti che comprende oltre ai centri
del sistema dei distretti industriali multi-settoriali, i
sull’asse della Via Emilia tra Parma e Modena, anche
quali tramite l’internazionalizzazione e l’esportazio-
i centri delle fasce pedemontana e bassa padana (Car-
ne dei prodotti hanno saputo evitare un declino che
pi, Sassuolo, Scandiano etc.) 3 . Ov viamente non è un
era già scritto nei primi anni di crisi; gli investimenti in ricerca e le collaborazioni forti tra imprese hanno 1 Conversazione privata con il dott. Silvio Berni dirigente del Consorzio Attività produttive Aree e Servizi, Modena. (§ cap. 2.3)
40
TRANSIZIONI
2 Calafati A. G., Le città della Terza Italia: evoluzione strutturale e sviluppo economico, Franco Angeli, Milano, 2012 3 Il tema non è stato studiato profondamente. Una possibilità per approfondire dal punto di vista geografico-territoriale e demografico è attraverso Spinosa A., Città d’Italia 2040. Proiezioni demografiche di medio e lungo periodo, Cityrailways quaderni, Loop Page, Lugano, 2016
col gua bus nov
mir
nov
sor cs
pr
sfe
carpi sil
col
corr
bag
sol bas
mon re
cav
pc
tra lan
cre
cam
non sg
rub
mo
alb cf
scand cas
for sass
cast
bo
cr fior
mar
spi
vig
CittĂ Mediopadana
PA R T E I
41
territorio riconosciuto come area metropolitana dalle
dare ben oltre la concezione di distretto industriale
istituzioni, tuttavia le relazioni sociali ed economi-
o semplicemente di eccellenza produttiva territoriale
che interne ad esso hanno spinto alcuni a studiarne
ma collocarsi in maniera ancora più competitiva nel
le possibilità soprattutto in termini di mobilità. Ad
mercato globale.
esempio è auspicabile, da parte di molti comuni e di
La tensione tra città e produzione è da tutto il nove-
gran parte dei cittadini, che tutti gli sforzi fatti per
cento in continuo cambiamento. Un tira e molla che ha
ottenere infrastrutture importanti quali la stazione
portato al formarsi di intere aree urbane e suburbane,
alta velocità Mediopadana, siano in un futuro in qual-
di interi quartieri totalmente industriali e di quartieri
che modo coronati con la costruzione di un sistema di
misti, ha lasciato un’ingente quantità di contenitori e
mobilità integrato che la unisca al resto dell’area, si
spazi a ridosso dei centri storici, senza contare le in-
pensa attraverso un sistema di Tram-treno che sfrut-
frastrutture che sono servite prima per garantirne la
ti le linee ferroviarie locali storiche, comprese quelle
soprav vivenza e che ora sembrano poter scomparire o
dismesse . Tuttavia è in termini economici che la città
al più mutare il loro ruolo.
Mediopadana potrebbe recare i maggiori benefici col-
Se la tendenza generale che coinvolge le città indu-
lettivi. Infatti, oggi le imprese dinamiche dei distretti
striali di tutta Europa, e non solo, è legata ad un ne-
necessitano di un “ambito di riferimento” diverso dal-
cessario e totale ripensamento dei luoghi in questione,
la città-distretto, dal semplice capoluogo di provincia
Modena si pone in una posizione trasversale rispetto a
e pure dalla città policentrica modenese auspicata già
queste. A Modena non ci sono grandi aree che neces-
dagli anni sessanta dal PRG Camposiano. Necessi-
sitano di interventi di recupero, ma soltanto piccole
tano di “uno spazio metropolitano che si colloca tra
o minuscole parti “spente” all’interno di aree attive.
il globale e il locale, tra global cities e aree interne.
Questo può essere considerato positivo in quanto i
Le aziende più innovative hanno bisogno della città
grandi vuoti urbani post-fordisti sono oggi un ingom-
“lontana”, dove trovano servizi avanzati, attrezzature
brante fardello per la collettività, che si trova a dover
collettive e occasioni di visibilità ” (Lanzani & Mattio-
risolvere, spesso senza risorse, problemi di degrado
1
li, 2016) . In questo, la città policentrica Mediopada-
e ambientali su larga scala. Al tempo stesso però la
na potrebbe offrire una “connessione metropolitana”
necessità di interventi puntuali complica le cose; si
(ibidem) determinante per uno sviluppo che possa an-
manifesta il bisogno di agire considerando un intorno
2
1 Spinosa A., Le ferrovie locali: da rami secchi a risorsa per la città diffusa. Il caso Mediopadano, disponibile all’indirizzo: https://issuu.com/andreaspinosa/docs/le_ferrovie_locali_da_rami_secchi_a 2 Lanzani A., Merlini C., Zanfi F., a cura di, Riciclare distretti industriali. Insediamenti, infrastrutture e paesaggio a Sassuolo, Aracne, Roma, 2016, pp 50-51.
42
TRANSIZIONI
complicato e spesso denso, che conserva caratteristiche economiche e sociali ben delineate. Risale al 1857 Il primo stabilimento industriale di di-
12000
1000
0
PA R T E I
43
mensioni rilevanti, si tratta della Rizzi che costruiva
Queste si sviluppano, appunto, a partire dalla tipolo-
materiale fisso e rotabile per ferrovie (Rinaldi 2015)1.
gia della casa-officina, nella fascia direttamente ad est
Inizia così una prima fase di storia della città indu-
del centro, poco fuori le mura, in una zona già preva-
striale che sarà caratterizzata prevalentemente dall’in-
lentemente residenziale.
dustria pesante siderurgica. Gli stabilimenti iniziano
Come è noto, lo sviluppo industriale e urbano di
a diffondersi nell’area a nord del centro urbano, ol-
Modena av viene tardivamente, rispetto alle zone del
tre la stazione ferroviaria dove intorno al 1940 era-
Triangolo Industriale. E’, pertanto dal secondo dopo-
no presenti numerose industrie meccaniche, fonderie,
guerra che maggiormente si inizia ad aver a che fare
opifici e in particolare une dislocazione della FIAT, la
con i problemi spaziali ed i conf litti dovuti alla cresci-
FIAT-OCI, che si occupava della costruzione di mac-
ta economica; una crescita tardiva ma esplosiva che ha
chine agricole. La città, dai primi del secolo alla fine
portato la provincia ad essere, tra le più povere d’Italia
della seconda guerra mondiale, sembrava aver preso
nel 1950, alla più ricca nel 1980 (Rinaldi, 2015).
una connotazione industriale simile a quella di molte
I Villaggi Artigiani hanno in questo un ruolo fonda-
città italiane, con stabilimenti a ridosso del centro sto-
mentale. Diventano gli spazi simbolo di questa cre-
rico, al fianco dei quali erano sorti svariati quartieri
scita esponenziale, connotata dalla nascita di imprese
popolari, più in generale si era venuta a formare una
piccole e medie, legate al territorio, di settori diffe-
divisione tra nord e sud della città, dove quest’ultimo
renti, che daranno vita al sistema dei distretti indu-
aveva una chiara vocazione residenziale.
striali. Questi spazi, sono collocati abbastanza al di
Importante per capire le dinamiche del rapporto spa-
fuori di quelli che allora erano i bordi urbani, in aree
ziale tra città-produzione, è, dal 1907, la suddivisione
estese e ben collegate alla principale direttrice, la Via
tra le industrie classificate insalubri e quelle defini-
Emilia. La loro collocazione non è certamente casuale,
te salubri. Le prime sarebbero dovute rimanere a una
visto che in quel periodo (anni cinquanta), in assen-
distanza minima dalle residenze, mentre le seconde
za di piani urbanistici, l’amministrazione non era in
potevano mescolarsi con tutte le altre funzioni; è in
possesso di strumenti efficaci di esproprio, pertanto
questo contesto che si iniziano a sviluppare piccole of-
la posizione è strettamente legata alla possibilità da
ficine legate al nascente settore dei mezzi di trasporto
parte del Comune di acquistare o meno aree agricole
a motore che avrebbero poi portato alla nascita dei più
da privati in determinate zone della campagna circo-
importanti marchi di automobili sportive al mondo.
stante.
1 Si veda Rinaldi A., L’industrializzazione del territorio modenese, in Bulgarelli V. et al., Città e architetture industriali. Il novecento a Modena, Franco Cosimo Panini, Modena, 2015.
44
TRANSIZIONI
Di fatto, però, non è stata una semplice creazione di quartieri specializzati, ma di qualcosa oggi difficil-
10
1
9
6
5
2
8
3
4
11
7
12000
2000
Geografia della produzione. Spazi produttivi presenti nel territorio comunale
0 1. 2. 3. 4. 5. 6.
Via Emilia Ovest / Barchetta Modena Nord Torrazzi Via Emilia Est Fascia ferroviaria Villaggio Artigiano Ovest
7. Villaggio Artigiano Est 8. Fascia ferroviaria 9. Cognento 10. Baggiovara 11. San Damaso
PA R T E I
45
mente definibile che sarebbe riduttivo persino inse-
Lo studio individua dodici ambiti suddivisi tra cinque
rire nella definizione di quartiere misto, vista la loro
tipologie.
complessa natura costitutiva, dove l’intersecarsi di
-
relazioni produttive, sociali e di appartenenza ne fa
commerciale sull’asse storico e tessuti produttivi di
esempi di frammenti di città unici.
varia natura verso gli altri tessuti urbani o il territorio
La vera svolta si ha quando, nei primi anni settanta,
rurale;
con la costituzione del Consorzio attività produttive
-
(CAP), il pubblico inizia a fare da guida all’impianto
levata specializzazione soprattutto nel settore mani-
di imprese produttive, lottizzando nuove aree ai confi-
fatturiero (meccanica, lavorazione di metalli) e nella
ni della città e, in seguito, fuori dai confini comunali,
logistica;
in modo da ridurre i problemi di congestione del traf-
-
fico e di aumentare la qualità ambientale. In questo
le aree più prossime al centro storico dove sono pre-
modo il consorzio riusciva anche a dislocare in tutto
senti complessi proto-industriali in parte riconvertiti,
il territorio “metropolitano” la forza lavoro, cercando
in parte in attesa di essere riqualificati;
di garantire uno sviluppo più omogeneo e meno cen-
-
tralizzato. Dal 1975 ad oggi, il consorzio, anche grazie
est e a ovest della città, realizzati soprattutto nel ven-
allo strumento dei PIP è riuscito ad attuare in totale
tennio compreso tra gli anni ‘60 e ‘70 sulla spinta della
oltre 2,6 milioni di mq di aree produttive, dei quali 1,2
domanda di nuovi spazi per le imprese;
milioni di mq solo nel comune capoluogo. (dati CA-
-
PAS 2016)
o in contesto rurale.
Oggi gli spazi della produzione della città sono vari
Elaborando una mappa di insieme della sospensione 3 ,
ed eterogenei, collocati in particolare nelle zone più
è interessante vedere quanti siano gli edifici “disponi-
esterne a semicerchio nella parte nord . Nei primi mesi
bili” all’interno delle aree; scopo del Consorzio è pro-
del 2017, il CAPAS ha commissionato una schedatura
prio capire se ci sarà o meno la possibilità di usufruire
di tutte le aree industriali suddivise per tipologia,
ancora di questi spazi, nell’ottica di dettare le linee
elaborando poi una mappatura degli edifici allo sco-
guida di intervento. Altro dato interessante da notare
po di capire l’entità del fenomeno della sospensione.
è la limitata presenza di edifici e capannoni in dismis-
1 Vedi la mappa della produzione
sione intesa come totale abbandono: quelle del Villag-
1
2
2 L’Atlante degli ambiti produttivi del Comune di Modena si compone di 12 Schede relative agli ambiti di indagine individuati sia nel capoluogo, sia nelle frazioni e presenta una breve descrizione delle realtà produttive di maggiore consistenza localizzate, nel territorio rurale o nel territorio urbano, in forma isolata.
46
TRANSIZIONI
ambiti sulla via Emilia, con destinazione
distretti specializzati, caratterizzati da un’e-
ambiti in trasformazione, che comprendono
villaggi artigiani, insediamenti produttivi a
Nuclei produttivi isolati, in contesto urbano
gio Artigiano ovest insieme alle ex-fonderie sembrano 3 Vedi mappa delle sospensioni
essere gli unici casi, segno che anche se non se ne co-
sua storia agricola prima e artigianale poi, ed è quindi
noscono a pieno le modalità ed i tempi, un ricambio
per questo che si può affermare che la produzione ha
spontaneo c’è stato, ed è stato efficace, resta da capire
costituito e fatto evolvere la città, ov vero ha costru-
se ci sarà ancora, vista la massiccia quantità di edifici
ito spazi e relazioni che sono cresciuti contempora-
che sono in attesa di un nuovo utilizzo.
neamente allo sviluppo urbano. C’è stato un distacco
Alla luce di quanto detto, è necessario fare alcune ri-
tra le due dimensioni nel periodo dopo il 1970, ma,
f lessioni su quel che l’indagine ci mostra sul rapporto
grazie all’intervento del pubblico, l’espansione è av-
produzione-città a Modena negli ultimi sessant’anni.
venuta in modo più “democratico” e ponderato, tanto
Gli spazi della produzione hanno determinato la for-
che oggi il fenomeno della dismissione sembra preoc-
ma urbana in maniera decisiva, in quanto Modena
cupare meno che altrove. Non è un caso che i problemi
era ed è una città a forte carattere industriale mani-
maggiori siano relativi alla fascia ferroviaria, quella
fatturiero. La produzione artigianale di derivazio-
di più antica industrializzazione, quindi connotata da
ne medievale ha sicuramente inf luito nello sviluppo
grandi edifici per lo più di origine tardo ottocentesca.
della nuova industria manifatturiera, la quale ne ha
Oggi sembra potersi intravedere un riav vicinamento,
riproposto i modelli tipologici della casa-bottega, poi
o meglio, un tentativo di riav vicinamento della sfera
casa-officina seppur con i dovuti avanzamenti tecno-
produttiva all’urbano, e, se da un lato c’è una spinta
logici. Questa derivazione che può essere ancor più re-
che permetterebbe una ri-colonizzazione degli spazi,
trodatata fino ad arrivare al casolare con stalla tipico
dall’altra c’è un’impossibilità che questo av venga data
della campagna, non può essere ridotta ad una sempli-
dall’incongruenza tra domanda e offerta, causata da
ce inf luenza nel tipo architettonico, ha infatti traman-
divergenze sui caratteri dimensionali e dalle mutate
dato negli anni una dimensione di “saper fare” e di
necessità delle imprese.
4
“lavoro in famiglia” che non si è mai persa totalmente. Tale dimensione compone, insieme ad altre, le fondamenta del Modello Emilia teorizzato poi da Sebastia-
2.3 L’invenzione dei Villaggi Artigiani
no Brusco nel 1980. Risulta quindi molto complicato
Tutto ebbe inizio il 9 gennaio del 1950. E’ questa la
scindere la produzione industriale di Modena dalla
data a cui gli storici tendono a ricondurre l’inizio della rinascita di Modena. Quel giorno fu il culmine di
4 Tipologia molto frequente nel panorama urbano produttivo modenese, in particolare nei primi Villaggi Artigiani, dove costituisce la matrice principale di occupazione dei lotti, stretti e lunghi: davanti la casa, con al piano terra lo spazio per ufficio o mostra, sopra l’abitazione, dietro il capannone, in mezzo un piccolo spazio-filtro. Con molte varianti, ovviamente: la casa separata, più lotti messi assieme con casa allungata e capannoni a schiera, e così via (Capucci, 2015)
un periodo di conf litti e lotte operaie che perduravano dalla fine del secondo conf litto mondiale, e non fu di certo un bel giorno. Fu il giorno in cui 6 lavoratori
PA R T E I
47
delle Fonderie Riunite furono uccisi dalla polizia du-
di diffusa tensione che si allargò ad altre fabbriche. In
rante una protesta contro i licenziamenti di massa de-
tutta la provincia s’allungavano le file dei disoccupa-
cisi dal proprietario, Adolfo Orsi, in seguito alla crisi
ti. Nel gennaio ’50 l’Ufficio provinciale del lavoro ne
della produzione iniziata nell’immediato dopoguerra.
contò addirittura 53.000 (Muzzioli, 1993). La mancan-
L’economia modenese degli inizi del novecento era
za, quindi, di una politica aziendale di innovazione di
basata in particolare sull’industria manifatturiera pe-
prodotto aveva costretto al licenziamento della classe
sante. Erano presenti infatti, fonderie e industrie spe-
operaia specializzata, ov vero quella che percepiva i
cializzate nella costruzione di materiale per ferrovie.
salari più elevati e quella più sindacalizzata. Il clima
Durante la prima guerra mondiale si insediarono al-
politico ov viamente non aiutava; il governo centrale
cuni grandi proiettifici, ma l’anno decisivo fu il 1928,
a maggioranza DC non vedeva di buon occhio la po-
quando la Fiat decise di dislocare a Modena la propria
litica locale, a maggioranza PCI che molto spesso si è
fabbrica di trattori, denominata Fiat-OCI, rilevando
trovata a dover risolvere problemi di ogni tipo, anche
un impianto di proprietà delle Officine Reggiane. La
economici, senza poter contare sull’aiuto del governo
Fiat-OCI divenne sin dal suo insediamento il princi-
nazionale1.
pale stabilimento metalmeccanico della città con circa
Porre come inizio delle vicende il 1950 è tuttavia erra-
900 addetti, superato solo dalla Manifattura Tabacchi
to, infatti il sindaco di allora, Alfeo Corassori, insieme
(Rinaldi 1996). Il periodo del fascismo ha visto un
all’assessore e ingegnere Mario Pucci aveva già prova-
aumento dell’industria del comparto meccanico con
to a tracciare, un anno prima, le linee per un progetto,
l’arrivo della Maserati, delle Fonderie riunite e delle
per allora, altamente innovativo, che sarebbe poi sfo-
Acciaierie; come già accennato tutte queste imprese
ciato nella creazione del primo “Villaggio degli Arti-
si convertirono durante il secondo conf litto mondiale
giani”, così veniva chiamato il progetto. L’intuizione,
per far fronte alle commesse belliche per poi ritrovarsi
naufragata a causa di una indisponibilità delle aree
con gli ordini più che dimezzati al termine della guer-
demaniali individuate, vide la luce definitivamente
ra.
nel 1953, quando il comune riuscì a trovare un’area
Come in tante altre fabbriche cittadine legate alla si-
abbastanza grande di proprietà privata da poter acqui-
derurgia ed al comparto meccanico, anche alle Fonde-
sire.
rie si era deciso di adottare la politica dei licenziamen-
La strategia è molto semplice, anche se non scontata
ti a causa di una sostanziale incapacità da parte della
in quel periodo. La legge non permetteva ancora l’e-
classe dirigente capitalista di porre rimedio alla fine
sproprio di aree, ma al Comune restava uno strumento
delle commesse belliche. L’episodio ingenerò un clima
48
TRANSIZIONI
1 Un approfondimento storico dettagliato è possibile consultando Muzzioli G., Modena, Laterza, Roma – Bari, 1993.
il Villaggio Artigiano Modena ovest anni settanta Fonte: Comune di Modena
PA R T E I
49
Villaggio Artigiano. Foto aerea anni sessanta Fonte: Comune di Modena
50
TRANSIZIONI
Villaggio Artigiano. Mappa dei primi anni settanta Fonte: Comune di Modena
PA R T E I
51
di pressione sui privati: solo i Comuni potevano di-
All’interno del primo Villaggio Artigiano si insedia-
chiarare fabbricabile un’area, consentendo ai privati
rono dapprima soprattutto piccolissime imprese che
di farne enormi profitti di natura speculativa. Questa
lavoravano direttamente col pubblico, altre che lavo-
strategia permise all’azione pubblica di acquistare l’a-
ravano come sub-fornitrici delle grandi aziende, come
rea dal privato a patto che un lotto, reso fabbricabi-
Fiat e Ferrari, e altre ancora che furono da subito au-
le, rimanesse al proprietario. Si individuò un’area nel
tonome e destinate in seguito a diventare grandi fab-
quartiere Madonnina compresa tra l’autodromo citta-
briche e costrette quindi ad andarsene dal villaggio.
dino e la linea della ferrovia Milano - Bologna, venne
Un passo significativo estratto da una pubblicazione
tracciato il disegno delle strade a maglia regolare for-
di Beppe Manni, abitante e parroco del Villaggio, può
mando lotti più o meno grandi e di forme abbastanza
meglio far intendere come si presentava questo luogo
regolari. I lotti poi vennero venduti a prezzo di poco
negli anni 60.
superiore a quello agricolo a chiunque volesse av viare
52
un’impresa costruendovi il proprio capannone, oppu-
La parte est del Villaggio è caratterizzata da palazzi-
re a coloro che per necessità dovevano spostare la loro
ne e case unifamiliari. La parte ovest del Villaggio Ar-
produzione in un’area più idonea ed il comune si im-
tigiano vero e proprio, ha una tipologia abitativa che
pegnava ad urbanizzarlo. La vera miniera d’oro furo-
ancora risente della vecchia bottega artigianale che
no tutti gli operai specializzati licenziati dalle grandi
doveva essere vicina alla casa dove l’artigiano abita-
fabbriche cittadine (Fiat trattori, Fonderie, Maserati),
va. L’artigiano infatti non conta le ore, si alza presto il
che si affiancavano ad ex contadini provenienti dalle
mattino e lavora fino a tarda sera. Spesso si fa aiuta-
campagne ed altri artigiani, già attivi in città, biso-
re dai familiari. Negli anni ’60 la bottega si chiamava
gnosi di una nuova localizzazione produttiva. Nel giro
laboratorio oppure of ficina, non si chiamava ancora
di pochi anni nei primi 74 lotti si insediarono altret-
fabbrica, ditta o azienda. L’artigiano costruiva il la-
tante imprese artigiane. Seguì un secondo villaggio
boratorio al piano terra e l’abitazione al primo piano,
di 38 ettari, realizzato tra il 1962 ed il 1967, per 178
per lo più da solo o aiutato dai familiari o dagli amici,
stabilimenti; ed un terzo, esteso per 35 ettari per l’in-
nelle ore serali, il sabato e la domenica. Lavorava come
sediamento di 124 aziende, attuato tra il 1969 e il 1972.
si diceva allora in economia, con materiale di recupero
Complessivamente, nel periodo 1954-1971 il comune
e costruendo egli stesso molti componenti metallici e
di Modena ha acquistato ed urbanizzato una superfi-
di legno. Lo spazio intorno veniva riempito di tettoie
cie di 98 ettari, e ceduto lotti edificabili a 398 aziende
e capannoncini. Il cortile era occupato dal materiale
(Brusco e Righi, 1985).
grezzo che serviva alla sua lavorazione o dai rottami e
TRANSIZIONI
il sindaco Corassori durante l’inaugurazione nel 1953; lo stabilimento delle edizioni Panini nel 1964 ; la chiesa del Villaggio Artigiano alla fine degli anni sessanta; Fonte: Manni G., Un Villaggio tra la ferrovia e la campagna.
PA R T E I
53
legname di scarto. Qualche striminzita pianta, un faz-
La domanda continuava a salire (sono 212 le domande
zoletto d’orto e qualche gallina razzolante tra i trucioli
di lotti artigianali rimaste inevase), pertanto se deci-
di legno e di metallo, ricordava le origini contadine de-
se di continuare attuando un secondo villaggio arti-
gli artigiani. (Manni, 2004)
giano dall’altra parte della città, a Saliceto Panaro. Il “Villaggio Organico Modena Est”, iniziato nel 1963,
Manni, oltre raccontarci in poche righe la sua testimo-
era inizialmente di 38 ettari e la sua costruzione fu
nianza ricorda anche che nel 1961 al Villaggio erano
accompagnata da una pianificazione più consapevo-
insediate 85 aziende e 1500 erano gli occupati. Si era
le. Gli spazi erano suddivisi in maniera più regolare
al cospetto quindi di una vera e propria comunità, in
e le strade di una sezione maggiore; inoltre diminu-
cui i ritmi incessanti del lavoro nelle officine erano
isce sensibilmente la presenza della tipologia mista
scanditi soltanto dalle funzioni religiose nella chiesa
casa-officina a favore di una divisione più netta tra
appositamente costruita nei primi anni di vita del Vil-
dimensione del lavoro e dell’abitare. In questo modo
laggio, e dalle riunioni ed eventi culturali che veniva-
le aziende hanno più facilità nello sfruttare gli spazi
no organizzate nel centro civico inaugurato nel ’70.
esterni e il tipo di produzione diventa inevitabilmente
La comunità riconosciuta non era semplicemente una
più pesante. Tuttavia non c’è ancora, qui, una sepa-
Modena in miniatura trasportata a ovest, ma era una
razione netta, rimane visibile una certa indetermina-
realtà a se stante, dove famiglie di artigiani e operai
tezza che fa sì che gli spazi ancora oggi, come nel caso
vivevano insieme nel clima di rinnovamento che ca-
del Villaggio Ovest, nonostante un forte ridimensio-
ratterizzò gli anni della rivoluzione culturale iniziata
namento, mantengano una connotazione piuttosto
nel ’69 (Manni, 2004).
eterogenea degli usi. Caratteristica che si perde quasi
Il Comune, in questa fase pionieristica, non sceglie tra
completamente con la creazione del terzo villaggio: i
azienda e azienda 1. Se da una parte questo permette a
Torrazzi. Completato nel 1972, ha caratteristiche qua-
tutti di poter av viare un’attività, dall’altra è un fattore
si completamente industriali, sancisce il passaggio de-
che alla lunga alimenta disordine, ma soprattutto pe-
finitivo dall’esperienza dei Villaggi Artigiani a quella
nalizza le piccolissime aziende, le quali hanno meno
dell’attuazione delle aree PIP. La commistione abita-
convenienza nel costruirsi uno stabilimento dal nulla.
re-lavoro è quasi completamente scomparsa e gli spazi
L’esperienza del primo villaggio aprì scenari che all’i-
estremamente dilatati, il traffico pesante è prevalente
nizio degli anni cinquanta erano decisamente lontani.
e gli spazi paiono abbastanza ostili alla dimensione
1 Righi E., Smargiassi M., Dalla città al villaggio: cinquant’anni di un’esperienza di avanguardia, in Comune di Modena, L’invenzione dei Villaggi Artigiani. Governo del territorio e sviluppo economico nell’esperienza modenese, Comune di Modena, 2003.
54
TRANSIZIONI
del vivere. Dopo il 1971, con l’entrata in vigore della legge sull’e-
il Villaggio Artigiano Torrazzi poco dopo il suo completamento negli anni settanta. Fonte: Comune di Modena
PA R T E I
55
Villaggio Artigiano Modena est. strada interna 2017
56
TRANSIZIONI
Villaggio Artigiano Torrazzi. strada interna 2017
PA R T E I
57
sproprio, i Comuni ebbero più facilità nell’acquisire
re costantemente tra pubblico e privato portava spesso
aree da rendere fabbricabili, tuttavia ancora una volta
ad un dilatamento importante delle tempistiche, ma
a Modena si riuscì ad utilizzare lo strumento in modo
permise al privato di accedere agli immobili e ai cre-
pragmatico e innovativo, riducendo al minimo i ricor-
diti più agevolmente, e al pubblico di mantenere alto
si dei privati che fossero contro l’esproprio dei propri
il consenso politico. Contemporaneamente si decide
terreni. Le aree che vennero lottizzate in seguito era-
di rendere più rigorosa la scelta delle imprese a cui
no puramente industriali, dove non c’era spazio per la
assegnare ma, cosa più importante si decide la loca-
residenza, per la quale si iniziarono ad attuare i com-
lizzazione in base al tipo di produzione, dando così
parti PEEP. La nascita, nel 1974, del Consorzio Atti-
un’ulteriore spinta alla già solida base distrettuale.
vità Produttive (§cap. 3.4), diede av vio alla cosiddetta
Dopo gli anni ottanta, la crescita è diminuita, c’è stato
“politica delle aree” che dal ’73 era regolata dal Piano
un lungo periodo di assestamento nel quale l’espan-
comprensoriale delle attività produttive. Davanti ad
sione è venuta meno a favore di una saturazione degli
una domanda completamente mutata, si punta a raf-
spazi disponibili. La ripartenza, grazie a nuove scel-
forzare la natura policentrica del territorio e non si
te amministrative, della metà degli anni novanta ha
opera più nel solo Comune capoluogo. Inoltre, si cer-
avuto poi una brusca ri-attenuazione all’av vento della
cano di intercettare anche quelle aziende piccole che
crisi economico finanziaria del 2008.
non necessitano di ampi spazi attraverso i “condomi-
Il paradosso, a cui spesso si fa riferimento, è che no-
ni” di imprese.
nostante il peso che una retorica contemporanea come
Perciò all’interno delle nuove aree PIP non si vendono
quella della mixitè, ha oggi all’interno dei primi due
più soltanto lotti ma anche capannoni finiti, i quali,
Villaggi costruiti, ci si trova davanti ad una realtà dei
quasi tutti di oltre i 5000 mq vengono suddivisi in par-
fatti che ci parla di una città industriale che sembra
ti più piccole (fino a 150 mq) in modo da accontentare
aver bisogno ancora di quartieri specializzati; è pa-
anche i piccoli, ma soprattutto ceduti con diritto di
lese infatti come il grado di sospensione all’interno
superficie e non in proprietà, per evitare speculazioni
dei Torrazzi e delle aree PIP di successiva attuazione
eccessive. Questa politica delle aree permise al comu-
sia prossimo ad una percentuale fisiologica 1. Questo
ne di tenere i prezzi dei capannoni molto più bassi del
rende ancora più incerta e difficile la discussione che
loro prezzo di mercato (fino al 50%), ma soprattutto
riguarda i primi villaggi che, a causa della loro im-
permise al Consorzio di attuare una superficie tale di
portanza storica, troppo spesso sono stati decretati in
aree senza eguali in Italia. Il sistema era semplice, ma
possesso di una fantomatica capacità auto-rigenerati-
la sua applicazione complicata. La necessità di media-
58
TRANSIZIONI
1 Frutto della discussione con Luca Biancucci, direttore del CAPAS e riscontrato nell’atlante del dismesso redatto dallo stesso CAPAS.
Area PIP 10 Ponte Alto; Area PIP Via Pica ; Area PIP 10 Ponte Alto; 2017
PA R T E I
59
va.
da una parte è confortante in virtù del fatto che l’economia è in ripresa, dall’altra desta preoccupazioni
2.4 Incongruenze
date dal fatto che è impensabile che un riav vio della
I dati del CAP (oggi Consorzio attività produttive aree
crescita possa, ancora oggi, coincidere con l’espansio-
e servizi) aggiornati al 2016 mostrano come si sia ri-
ne urbana e l’aumento delle dimensioni di una città
dotta sensibilmente, a partire dall’inizio della crisi
che, lo si vede chiaramente, è già abbastanza diffusa 3 .
economica del 2008, la richiesta di capannoni e aree
Esaminando i dati e gli estratti del bilancio del CAPAS
attrezzate da parte delle imprese. Un dato che sicu-
per il 2016 4 , si possano provare ad estrapolare le cause
ramente salta agli occhi immediatamente è quello re-
principali che determinano queste incongruenze. In
lativo ai singoli comuni; mentre dal 1975 al 2008, si
primis il numero delle aziende che richiedono un’a-
ha avuto una buona richiesta in tutti i comuni facenti
rea è drasticamente diminuito, ed in particolare si è
parte del Consorzio, nell’ultimo periodo l’impren-
ristretto molto il numero di piccoli imprenditori ed
ditore che ha intenzione di acquistare un capannone
artigiani. Infatti, le imprese che oggi a Modena richie-
preferisce acquistarlo a Modena, ov vero nel capoluogo
dono un capannone sono soprattutto di medio-grande
e non all’esterno, nonostante i valori di mercato siano
dimensione ed hanno esigenze specifiche di immagine
nettamente più alti. Un’inversione di tendenza quin-
e di localizzazione vicino alla grande viabilità, oppu-
di che riav vicina in qualche modo la sfera produttiva
re hanno bisogno di grandi spazi per collocare grandi
al centro urbano che è figlia di esigenze prettamente
macchinari e questo non converge con le disponibilità
contemporanee legate agli avanzamenti tecnologici e
immobiliari, che includono spesso capannoni di pic-
all’immagine.
cola dimensione, in contesti spesso anonimi. Inoltre
Ci sono tuttavia una serie di incongruenze che fanno
la richiesta molto raramente si riferisce ad un bisogno
sì che gli spazi non utilizzati non siano compatibili
nel presente, il più delle volte l’azienda è interessata
con le esigenze delle imprese che ne fanno richiesta,
all’acquisto in prospettiva futura, quindi senza im-
è per questo motivo che, a detta di molti, è probabile
pegni economici immediati. A questo va aggiunta la
che il comune sia costretto a rendere edificabili alcu-
difficoltà odierna di accedere al credito soprattutto
ni suoli, ancora agricoli, che si trovano in prossimità
per le imprese minori che è spesso causa di rinunce.
delle aree produttive attuali . Questa eventualità, se
Dall’altra parte ci sono questioni relative all’offerta:
1 Fondamentali sono oggi per le aziende le connessioni a “banda ultra-larga” che permettono a prescindere dalla collocazione fisica, di essere presenti nel mercato globale.
3 Indovina F., a cura di, La città diffusa, DAEST-IUAV, Venezia, 1990.
1
2
2 Eventualità in fase di studio da parte del Comune e del Consorzio della quale non si ha ancora alcuna ufficialità.
60
TRANSIZIONI
4 All’interno del bilancio si considera in particolare l’elenco delle aree richieste e assegnate nell’ultimo anno, insieme al numero di imprese (circa 70), alla tipologia di impresa richiedente, alle offerte di capannoni e i valori di mercato degli stessi.
263.953 231.609
123.516 97.606
12.252 Comune di Modena 0 altri Comuni del consorzio
0 -30.522
1975
1980
1985
1990
1995
2000
2005
2010
2016
Assegnazioni di lotti da parte del CAPAS nel periodo 1975 - 2016 (dati in m2)
PA R T E I
61
molti capannoni apparentemente liberi sono in re-
sumando inevitabilmente altro suolo agricolo 2 .
altà in una condizione di transizione perché legati a
Si nota come vi siano molte somiglianze tra il modo
concorsi fallimentari che hanno tempi burocratici di
di agire delle imprese qui soltanto ipotizzato e quel-
anni, quindi rendono impossibile un riuso immediato.
lo effettivo raccontato da Mattioli per il distretto di
Senza contare che altrettanto spesso la qualità archi-
Sassuolo-Scandiano, tuttavia, una componente impor-
tettonica, energetica e sismica dei manufatti è molto
tante gioca a sfavore dei comparti modenesi: la dimen-
bassa, così da scoraggiare ulteriormente un potenziale
sione dei contenitori nel distretto ceramico è media-
acquirente.
mente molto maggiore rispetto a quella dei capannoni
A valle di queste considerazioni si possono individua-
e case-capannone tipici di una realtà prettamente ur-
re tre diversi modi con cui un’impresa intenzionata ad
bana come quella di Modena.
investire a Modena agisce nella ricerca di una colloca-
In secondo luogo si rileva un’ulteriore incongruenza
zione produttiva:
che non è immediatamente visibile che prende in con-
-
Nel caso in cui le esigenze spaziali conver-
siderazione la questione molto attuale delle start-up 3 ,
gano c’è un adattamento, ov vero l’impresa compra a
e delle PMI innovative 4 . Secondo i dati Infocamere
costi contenuti il contenitore e adatta i macchinari al
2016, la provincia di Modena è settima in Italia per
manufatto in maniera molto simile alle medie imprese
numero di start-up innovative con 145 imprese tota-
del distretto ceramico (§ cap.1.4). Molto spesso questa
li, di queste ventidue sono imprese produttive, mentre
strada è scelta da piccole aziende produttive tradizio-
le altre si occupano di commercio o servizi. In città
nali o innovative, oppure da aziende di servizi o R&S . 1
-
In un’altra ipotesi, un’azienda già inserita in
un’area produttiva acquista il lotto adiacente, demolisce il capannone per poi costruire il suo ampliamento. In questo caso non c’è un riuso dell’edificio esistente, ma c’è comunque la riutilizzazione del terreno. -
Nell’ultima ipotesi, quella peggiore, l’azienda
richiede un lotto non ancora costruito per edificarvi il proprio stabilimento secondo le proprie esigenze con1 Un esempio è il capannone recentemente riconvertito dal gruppo FCA in via Emilia Ovest precedentemente sede della Carrozzeria Orlandi (autobus), oggi sede del Centro Ricerca e Sviluppo Maserati - Alfa Romeo. In questo caso l’immobile non ha cambiato proprietario ma ha cambiato destinazione. All’interno dello stabilimento lavorano oggi circa 800 ricercatori (Comune di Modena, 2016).
62
TRANSIZIONI
2 Molte aziende tra cui la “Pagani Automobili”, avendo l’esigenza di ampliare i loro stabilimenti hanno comprato ed edificato suoli vergini. Nello specifico Pagani ha creato un nuovo stabilimento di 6000mq a S.Cesario sul Panaro a fianco del vecchio trasferendovi la produzione. 3 16 La start-up innovativa è un’impresa con i seguenti requisiti: 1.è costituita da non più di sessanta mesi dalla data di presentazione della domanda e svolge attività di impresa; 2. Ha la sede principale dei propri affari e interessi in Italia; 3. A partire dal secondo anno di attività, il bilancio della produzione annua, non supera i 5 milioni di euro; 4. Non distribuisce e non ha distribuito utili; 5. A quale oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico; 6. Non è stata costituita da una fusione, scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o ramo aziendale; 7. Uno tra: ricerca e sviluppo > 15%, laureati magistrali > 2/3, brevetti per industria, biotecnologie, semiconduttori, varietà vegetali (http://startup.registroimprese.it). 4 La PMI innovativa è un’impresa con i seguenti requisiti: 1. Ha la sede principale dei propri affari e interessi in Italia; 2. Le azioni non sono quotate su un mercato regolamentato; 3. L’impresa ha già depositato un bilancio certificato al registro imprese; 4. Fatturato massimo annuo di 50 milioni di euro; 5. L’impresa occupa meno di 250 persone; 6. Almeno due tra: ricerca e sviluppo >3%, laureati magistrali > 1/3, brevetti per industria, biotecnologie, semiconduttori, varietà vegetali; 7. Non è una start-up innovativa (http://startup.registroimprese.it).
stabilimento Energica (nuova costruzione); stabilimento Tecnord (ampliamento); centro ricerche Maserati - Alfa Romeo (riuso) 2017
PA R T E I
63
12000
2000
0
Geografia della sospensione. spazi inutilizzati (nero) e dismessi (rosso) all’interno delle aree produttive (da schede CAPAS 2017)
64
TRANSIZIONI
12000
2000
0
Geografia dell’innovazione. rete di imprese (start-up e PMI definite innovative dal registro delle imprese), incubatori e fab-lab (dati primo trimestre 2017)
PA R T E I
65
sono, inoltre, stati aperti da pochi anni tre fab-lab al
peso in termini di superficie, non è in conf litto di
servizio di imprese e privati che hanno in dotazione
spazi con l’impresa tradizionale e che sostanzialmen-
diverse stampanti 3d.
te ignora gli spazi disponibili nelle aree produttive,
Ora, osservando la “geografia dell’innovazione”, si
possiamo ipotizzare che, almeno per ora, molto dif-
possono trarre alcune conclusioni apparentemente ba-
ficilmente potrà trainare una rinascita produttiva a
nali sul rapporto che essa ha con la città e con le altre
Modena. Se si aggiunge che negli ultimi anni, le po-
fasce della produzione più tradizionale:
che richieste giunte al CAPAS sono in prevalenza di
-
In primis la superficie di occupazione da par-
aziende di tipo tradizionale, che operano nei settori
te delle aziende. La mappa dell’innovazione mostra
tradizionali di questo territorio (meccanica, automa-
quale sia in termini di mq l’area che occorre alle im-
zione, automotive), abbiamo forse costruito la prima
prese; spesso si trovano nei piani terra di edifici resi-
linea guida da seguire per proporre un’azione proget-
denziali, altre volte nei centri direzionali e più rara-
tuale. E’palese, infatti, che molte delle medio-grandi
mente in capannoni ristrutturati, in ogni caso risulta
imprese della provincia, partendo da quelle del settore
molto difficile azzardare un paragone con gli spazi
ceramico fino alle aziende meccaniche e di automobili
dell’industria tradizionale.
storiche1, abbiano al loro interno intere branchie dedi-
-
In secondo luogo la loro collocazione. A dif-
cate alla ricerca e all’innovazione che oltrepassano di
ferenza delle imprese tradizionali, le imprese innova-
gran lunga le disponibilità economiche di cui potreb-
tive si trovano ovunque all’interno della città, possono
be disporre una start-up. Con questo non si intende
essere nelle aree produttive come nel centro storico, o
minimizzare l’importanza che potranno avere questi
addirittura in aperta campagna. Apparentemente non
nuovi soggetti, ma si intende ribadire che servono
esiste una logica che le accorpa, è evidente che queste
connessioni più forti tra i due mondi, per far si che
aziende non sono (e probabilmente non serve che lo
il know-how si possa conciliare anche con la piccola
siano) in rete o stretto contatto fisico tra loro, al netto
azienda così da permettere una crescita più equilibra-
di qualche caso particolare.
ta, come da queste parti è sempre av venuto. Un ruolo
-
Infine notiamo un’assoluta non coincidenza
determinante nel permettere questo dovrà averlo la
con il patrimonio della sospensione. Ov vero è raro che
politica a tutti i livelli, visto che fino ad ora poco si è
una delle imprese in questione abbia riutilizzato un
pensato alle logiche di riuso; basti pensare all’attiva-
capannone precedentemente “abbandonato” da un’al-
zione dei tecnopoli 2 , che sono oggi collocati in nuove
tra azienda. Appurato quindi che l’innovazione ha un limitato
1 Tra le principali ricordiamo Ferrari, Maserati, Pagani (automobili); Caprari, Rossi, Tetrapak (meccanica). 2 Sono stati attivati in provincia tre tecnopoli: al campus del dipartimento di
66
TRANSIZIONI
alto sx: produzione tradizionale; alto dx: innovazione; basso sx: sospensione; basso dx: innovazione manifatturiera
PA R T E I
67
costruzioni, spesso vicini alle universitĂ ma troppo lontani dalle aree produttive.
ingegneria di UNIMORE, a Spilamberto (MO) e Mirandola (MO).
68
TRANSIZIONI
Sospensione. 2017
PA R T E I
69
3. Assetti urbani
3.1 Politiche abitative Dalla metà del Novecento in poi Modena è, come tante
getto abitativo, talvolta con il contributo economico e
altre città italiane, al centro di uno sviluppo prepon-
urbanistico dell’Amministrazione Municipale, soste-
derante dell’edilizia residenziale pubblica di iniziativa
nuto da norme nazionali. Le tipologie edilizie ricalca-
statale o locale che mira a garantire una casa alle classi
no le linee stilistiche codificate dell’edilizia popolare,
meno abbienti. Agli inizi del secolo i progetti vengo-
e nel caso dei “villini a riscatto” di quella residenziale
no portati avanti attraverso l’Istituto Autonomo Case
d’iniziativa privata 1.
Popolari, che realizza palazzine e villini caratteristici
Nel secondo dopoguerra i progetti INA-Casa e GE-
della prima espansione oltre le antiche mura, case po-
SCAL, propongono una particolare qualità edilizia e
polari e altri interventi di edilizia abitativa. I progetti
architettonica, in un contesto rinnovato delle politi-
pubblici consistevano in edifici destinati all’affitto e
che urbanistiche modenesi. Dai primi anni Sessanta
in abitazioni cedute con diverse modalità in proprietà
l’edilizia residenziale pubblica e quella “sociale” sono
a famiglie con reddito medio-basso come operai, im-
articolate e perseguite con strumentazioni diverse. In
piegati e piccoli artigiani.
particolare i Piani per l’Edilizia Economica e Popolare
Diffusa era la forma associativa e cooperativa tra cit-
(PEEP), che vedono il forte protagonismo delle coope-
tadini, spesso legati dallo stesso contesto lavorativo, che si univano per realizzare insieme il proprio pro-
70
TRANSIZIONI
1 Comune di Modena, La casa sociale, Comune di Modena
12000
2000
0
Modena. Foto aerea fonte: web
PA R T E I
71
rative di abitazione e determinano una spinta decisiva
quella del micro-quartiere residenziale composto da
verso la casa in proprietà.
palazzi o case più o meno grandi che fanno riferimen-
Il ruolo delle politiche abitative diventa quindi par-
to ad ingombranti edifici contenenti servizi primari
ticolarmente importante a Modena nel secolo scor-
e attività commerciali. La mappa mostra inoltre, che
so. Tra i principali interventi ricordiamo i quartieri
negli ultimi anni l’espansione non si è fermata. Nono-
INA-CASA “Villaggio Artigiano” (1949), “Viale Stor-
stante la crisi, la costruzione, seppur in modo lento, di
chi” (1950), “Sant’Agnese” (1954) e “Sacca” (1957); il
palazzine e in particolare di capannoni%, sta spostan-
“Villaggio Cittadella” (1960); i PEEP “Villaggio Giar-
do ulteriormente i margini cittadini, che ormai sono
dino” (1973), “Terzo comprensorio” (1981), “Torreno-
vicini, e in alcuni casi coincidono, con quelli dei Co-
va” (1984) e “Pergolesi” (2003).
muni confinanti.
Gli anni sessanta sono poi il periodo dell’inizio dell’e-
Il quadro completo ci restituisce quindi una città ete-
spansione ad est con la costruzione del Policlinico e
rogenea dal punto di vista morfologico, che tuttavia
delle prime palazzine residenziali, che oggi caratte-
rimane abbastanza omogenea nei modi in cui è stata
rizzano gran parte dell’area urbana, sì nelle parti più
costituita. Non c’è oggi tantissima differenza tra i pri-
marginali ma anche in prossimità del centro. L’espan-
mi quartieri pubblici INA-CASA e i PEEP degli anni
sione continua senza sosta fino al 1980, raggiungen-
duemila se non nella densità costruttiva, nell’architet-
do quasi le dimensioni attuali, sia attraverso l’attua-
tura e nella componente sociale che li caratterizza. Se
zione dei PEEP, che attraverso l’iniziativa privata pur
i primi, pur mantenendo una dimensione “popolare”
sempre con un certo controllo da parte del pubblico
sono oggi vicini al centro e quasi ne fanno parte, an-
producendo così una città con un’altissima dotazio-
che dal punto di vista dei valori monetari, i secondi
1
ne di standard urbanistici . Negli anni recenti questa
sono appannaggio delle classi meno abbienti, e spesso
crescita è continuata in modo molto più limitato. In
sono visibilmente in uno stato peggiore dal punto di
particolare l’edilizia pubblica convenzionata insieme
vista sia fisico che spaziale.
all’espansione privata e industriale, hanno prodotto
E l’architettura? Caratteristica che da sempre diffe-
nei territori più periferici un tessuto particolarmen-
renzia Modena da tante altre città “ricche” del nord
te rarefatto, dominato spesso dai grandi centri com-
Italia è la “scelta” più o meno consapevole fatta dagli
merciali, sorti dagli anni novanta. Situazione partico-
operatori pubblici di non convogliare eccessivamente
larmente frequente nella periferia modenese è quindi
gli investimenti in quella che molti chiamano “qualità
1 Il concetto di standard è stato introdotto dal decreto interministeriale due aprile 1968 n. 1444 e rappresentano i rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e gli spazi pubblici riservati alle attività collettive, all’edilizia scolastica, a verde pubblico o parcheggi.
72
TRANSIZIONI
urbana” intesa come il presunto miglioramento che gli spazi subiscono attraverso la promozione di architet-
Modena. Evoluzione urbana
PA R T E I
73
12000
2000
0
Modena. Morfologia del costruito
74
TRANSIZIONI
500
0 500
0
Modena. Tessuti urbani
PA R T E I
75
ture autoriali oppure definite di “qualità ”. Più sempli-
ne e villini che si inserivano in una maglia ad isolati.
cemente, non c’è stata nel tempo una grande ricerca
Di fatto il primo piano redatto dal Comune di Modena
nell’utilizzo degli stili architettonici, anteponendo
fu il P.R.G. del 1958, che però non fu mai approvato.
loro la qualità sociale che un intervento pubblico po-
Di seguito l’elenco dei principali piani urbanistici che
teva garantire nell’assicurare un’abitazione ad ogni
si sono susseguiti e le loro principali caratteristiche:
componente della società. Il tema è da tempo ampiamente dibattuto e probabilmente non è in questa sede
-
che si potranno dare risposte su quanti siano stati ef-
tamente dall’assessore Pucci, il Piano si rifaceva alle
fettivamente i benefici derivanti da tale scelta .
idee promosse in quel periodo dal Movimento Mo-
1
P.R.G. 1958 (mai approvato). Redatto diret-
derno, con un’esaltazione della densità e dei grandi
3.2 I piani urbanistici Le vicende intorno al concepimento ed alla costruzione dei primi villaggi artigiani, mostrano una sostanziale casualità degli eventi; ov vero sono il risultato di un intersecarsi complesso di variabili rapportate alle necessità di ripartire, alla voglia di mettersi il passato alle spalle, al consenso politico in forte ascesa, al contesto economico favorevole. E’ errato, pertanto, parlare di pianificazione in questi anni in cui non c’erano di fatto gli strumenti per attuarla, ma soltanto intuizioni rischiose dettate dai bisogni. Tuttavia prima del 1950, per le prime lottizzazioni poco fuori le ormai ex mura cittadine, si era fatto fede al Piano Regolatore del 1909, il quale prevedeva oltre all’abbattimento delle mura, l’allargamento di alcune piazze, la demolizione di alcuni isolati definiti insalubri e la tracciatura del reticolo di strade nell’immediata campagna e lungo le direttrici principali, dove sarebbero poi sorte palazzi1 Per approfondire, si veda Leoni G., Maffei S., a cura di, La Casa Popolare. Storia istituzionale e storia quotidiana dello IACP di Modena. 1907 – 1997, Electa, Milano, 1998
76
TRANSIZIONI
spazi verdi. C’era una sostanziale divisione della parte residenziale della città a sud da quella industriale a nord; la struttura radiocentrica era ben distinguibile, con lo sviluppo dell’area urbana dal centro verso l’esterno lungo le vie principali. Era figlio di una visione estremamente accentratrice in cui la città, prevista di mezzo milione di abitanti, dominava il territorio. -
P.R.G. 1965 - Luigi Airaldi, Giuseppe Campos
Venuti, Osvaldo Piacentini. Il piano è l’opportunità di mettere in pratica a Modena i criteri dell’Urbanistica Riformista 2 ; il piano è infatti inserito secondo la definizione, in quelli di “seconda generazione”. Si ridimensiona sensibilmente la previsione del numero di abitanti, portandola a 250.000, e si cambia radicalmente la linea di pensiero. La nuova strategia comprende non più di far convergere i f lussi verso il centro, ma di aprire la città al territorio costruendo un asse attrezzato nord-sud che supportasse il traffico 2 Campos Venuti G., Antologia dell’urbanistica riformista, Etaslibri, Milano, 1991.
6000
500 0 6000
500 0
PRG 1958 (non approvato); PRG 1965; variante al PRG del 1975; PRG 1989.
PA R T E I
77
veicolare al posto della Via Emilia. Questo permetteva
totale del quadrante a nord della ferrovia con la tra-
di avere un migliore collegamento con la provincia e
sformazione della stazione in nodo intermodale. La
gettare le basi per una futura città policentrica. L’am-
traduzione formale dell’intervento è stata oggetto di
pio ricorso alla Legge n. 167 del 1962 e ai PEEP svilup-
un concorso di progettazione bandito dal Comune nel
pati in base ad essa hanno consentito una massiccia
2002, vincitore del quale è stato il gruppo guidato da
manovra pubblica sulle aree edificabili, la più ampia
Gianni Braghieri. L’intervento, il più grande mai rea-
realizzata in Italia rispetto alle dimensioni della città,
lizzato a Modena, è tutt’ora in corso; dovendo sospen-
limitando notevolmente la rendita fondiaria (Oliva,
dere ogni giudizio per aspettare il completamento dei
2012). Il PEEP sarà strumento “abusato” a Modena in
lavori, si può tuttavia azzardare che non sono poche le
questi anni, e permetterà, oltre che di fornire alloggi
perplessità sorte intorno al progetto: le palazzine che
popolari, di dotare la città di una quantità importante
si sviluppano in altezza e gli spazi pubblici immensi
di standard urbanistici, tra cui verde pubblico e servi-
appaiono come immagine di una stagione ormai chiu-
zi di base come centri civici e scuole.
sa, è probabile che una volta terminato, l’intero quar-
1
tiere legittimerà, purtroppo, le preoccupazioni iniziali -
Variante al P.R.G. 1975 - Osvaldo Piacentini,
di molti.
Pier Luigi Cervellati. La variante punta a consolidare gli aspetti principali del piano del 1965 introducen-
- P.S.C 2003. E’ il piano vigente e in generale mantiene
do come novità principale il progetto di una cintura
la linea del precedente; in buona sostanza è il piano del
verde a contorno della città resa possibile anche dal
1989 modificato solo marginalmente in occasione del-
cosiddetto “piano dei servizi”, portando gli standard
la riforma che cambia radicalmente la forma giuridica
urbanistici a 64 mq per abitante contro i 35,5 della
dei piani urbanistici.
norma nazionale e i 47,5 di quella regionale (ibid.) Fin dal piano del 1958, il Villaggio Artigiano è inseri-
P.R.G. 1989 - coordinato da Ezio Righi. Il pia-
to come “ambito produttivo” e questo non cambia fino
no prevede più che nuove espansioni verso l’esterno,
al 2012. Il fatto di aver capito, dopo molto tempo, che
interventi di completamento dell’esistente, privile-
la complessità del Villaggio va molto oltre qualche ca-
giando in particolare i riusi di edifici industriali di-
pannone industriale e qualche magazzino, è di fonda-
smessi. In questi termini prevede la riqualificazione
mentale importanza. Molto diverso è però se si parla
1 I PEEP, Piani Edilizia Economica Popolare, Istituiti dalla legge 18-4-1962 n.167, sono disposizioni per favorire l’acquisizione di aree fabbricabili per l’edilizia economica e popolare, assicurano ai Comuni la disponibilità di aree per interventi di edilizia abitativa a basso costo, in base a progetti ben definiti.
78
TRANSIZIONI
degli esiti del nuovo Piano operativo, i quali non hanno per niente soddisfatto le aspettative. Nel 2012 viene
12000
1000
0
PSC 2003 (piano vigente)
PA R T E I
79
adottato, dopo almeno 2 anni di lavoro sull’area, il co-
pucci, 2014)1.
siddetto POC MOW (Piano Operativo Comunale per
L’intervento è diviso in 4 livelli che agiscono in una
Modena Ovest) approvato definitivamente nel 2014.
logica crescente di trasformazione e, sinteticamente,
Il piano è stato il frutto di rif lessioni molto approfon-
consentono un ventaglio di ipotesi di intervento che
dite che hanno cercato di coinvolgere attori a vario
vanno dal semplice adeguamento di ciò che già c’è,
livello di interesse in particolare all’interno del Vil-
alla sua ristrutturazione con gradi diversi di reinter-
laggio Artigiano, ed hanno portato all’attuazione di
pretazione dell’oggetto di partenza, fino alla sosti-
strategie partecipative interessanti con l’organizzazio-
tuzione edilizia laddove le condizioni esistenti non
ne di workshop, festival e mostre.
consentono un riutilizzo efficace, o non siano già rap-
Il piano, dalla durata di 5 anni, nasce da un’opportu-
presentative della tipicità del Villaggio (ibid.) In tutti
nità: quella data dalla dismissione di parte della linea
i casi, comunque l’iniziativa è lasciata al privato, col
ferroviaria Milano-Bologna in seguito alle negoziazio-
pubblico che si riserva l’opportunità di erogare un in-
ni portate avanti dal Comune di Modena con le Ferro-
centivo più o meno elevato a seconda della trasforma-
vie nell’ambito della costruzione dell’alta velocità. La
zione da compiere.
dismissione oltre che favorire la ricongiunzione delle
Ad oggi (2017) il piano risulta ancora totalmente inat-
due parti di Modena Ovest (come abbiamo visto, zona
tuato. Le cause sono molteplici, ed è difficile in questa
problematica) apre scenari interessanti che riguarda-
sede stabilirle con precisione. Sicuramente però, ciò
no la rigenerazione dell’area e la creazione di nuovi
che si può dire è che troppo forse ci si è affidati all’ini-
poli attrattivi. Per la prima volta nella storia urba-
ziativa privata: pensare che i privati (imprese o perso-
nistica della città viene riconosciuta al villaggio una
ne) nel mezzo di una fase congiunturale, possano ave-
valenza diversa da quella di semplice area produttiva:
re le capacità economiche e l’interesse per av viare la
viene riconosciuta la sua funzione primaria negli anni
trasformazione di un intero quartiere si è rivelato un
del boom economico, il suo essere stato comunità e il
errore. La proposta interessante dell’incentivo pubbli-
fatto di essere ormai per la città patrimonio da conser-
co all’intervento privato non ha fatto i conti con la re-
vare al pari del centro storico. Dunque, le principali
altà del luogo, con la sua diminuita capacità di attrarre
politiche di trasformazione previste dalle norme sono
e con l’invecchiamento della sua popolazione, fattore
perlopiù quelle di una rigenerazione diffusa e puntua-
determinante visto e considerato che la gran parte del
le del tessuto edilizio, che ne confermi nella sostanza
Villaggio è occupato da stabilimenti produttivi.
l’impianto e la tipologia, e ne promuova il riuso (Ca1 Capucci M., Aree industriali e rigenerazione urbana, in Mazzeri C. et al, Città e architetture industriali il novecento a Modena, Franco Cosimo Panini, Modena, 2014.
80
TRANSIZIONI
POC MOW 2012 - sistema delle regole urbanistiche. - In arancio sono evidenziate le “aree di trasformazione diffusa e puntuale”; - In blu le “aree di trasformazione con esigenze di disegno urbano coordinato”; - in verde le “aree di riequilibrio delle dotazioni territoriali”.
PA R T E I
81
Tuttavia non mancano all’interno del POC interessan-
Il 20 marzo 2017, al Tecnopolo di Modena è stato lan-
ti spunti che in parte vanno controcorrente rispetto a
ciato da parte delle maggiori università della regione,
quanto fatto in passato a Modena. Si abbandonano per
il progetto “International Academy for Advanced Te-
la prima volta le suddivisioni funzionali per operare
chnologies in high-performance vehicles and engi-
su qualcosa di nuovo, di indefinito e non pianificabile.
nes”. Il progetto, che vede appunto la collaborazione di
Che sia questo il reale motivo della deriva di questo
UNIMORE, UNIBO, UNIPR e UNIFE sarà un unicum
tentativo?
a livello nazionale ed europeo che integrerà in modo
In seguito all’accantonamento del POC-MOW, i tenta-
eccezionale didattica, ricerca avanzata e applicazioni
tivi di azioni sul villaggio sono stati sporadici e piut-
pratiche, oltre a prevedere la riorganizzazione dei la-
tosto confusi: dapprima ci si è affidati completamente
boratori esistenti e la creazione di nuove infrastruttu-
alle azioni portate avanti all’interno di OvestLab (§
re interamente dedicate, come la futura “Automotive
cap. 5), poi, ora, sembra che qualcosa si muova, anche
Smart Area”, in collaborazione con il Comune di Mo-
se all’indietro rispetto al 2012. E’ molto recente l’ini-
dena e alcune delle maggiori case automobilistiche del
zio dei lavori nella parte del Villaggio più prossima
territorio. (UNIMORE, 2017)
alla Via Emilia, dove da qualche mese sta sorgendo un
Come spiegato nel manifesto, si tratta dell’attivazione
nuovo ipermercato. Intervento privato reso possibile
di nuovi corsi di laurea inter-ateneo triennali e magi-
grazie ad una variante al PSC in cui il Comune gua-
strali, volti alla creazione di un “movimento” all’inter-
dagna dagli oneri di urbanizzazione. I tempi non sono
no della Motor Valley emiliana, in grado di spingere
certo f loridi per le amministrazioni locali, tuttavia sa-
la futura industria meccanica e dell’atomotive, verso
rebbe stato forse meglio approfondire il ragionamen-
nuove tecnologie e modi di produrre, legati all’elettri-
to iniziato dal POC, piuttosto che attingere ancora da
co e alla mobilità intelligente. Questo in accordo con
questo modo di operare ormai obsoleto.
le principali aziende presenti nel mondo dei motori in
Infine, guardando al futuro, è in corso di stesura il
Emilia-Romagna, come Ferrari, Maserati, Lamborghi-
nuovo PSC di Modena con la consulenza diretta del
ni, Ducati e molte altre. Importante è la decisione di
DASTU (Dipartimento di Architettura e Studi Urbani,
porre Modena al centro del progetto, il quale dovrebbe
Politecnico di Milano) che dovrebbe vedere la luce nel
portare alla creazione di una “Smart Area”, ov vero un
2018.
laboratorio a cielo aperto dove si potranno testare veicoli innovativi a guida assistita (ibidem) che dovrebbe evolversi poi in un quartiere sperimentale dove adot-
3.3 Le Università
82
TRANSIZIONI
tare in modo permanente queste tecnologie.
Ov viamente è uno scenario interessante, del quale
sioni dell’assemblea comprensoriale ma il compito e la
però si sa ancora poco. Ciò che interessa è l’intenzio-
funzione del Consorzio non deve esaurirsi unicamente
ne da parte del pubblico di collaborare con aziende
negli acquisti e nella cessione di aree ma deve, soprat-
private importanti nel portare avanti azioni concrete
tutto, entrare dentro a un processo di crescita pro-
e far sì che non venga lasciato in balia di se stesso il
grammata, cogliendo e gestendo i processi di trasfor-
futuro industriale di intero territorio. Presupponendo
mazione del nostro apparato industriale e produttivo
che sia una direzione percorribile, è ancora più inte-
in genere gestire gli ammodernamenti per finalizzarli
ressante vedere come questi progetti coinvolgano a
agli obiettivi…obiettivi non solo di ordine distributi-
pieno titolo gli spazi della città; si tratterebbe, infatti,
vo ma anche qualitativo; per questo occorre ricercare i
di individuare luoghi dove testare il futuro. Provando
rapporti con forze sociali diverse” (ibidem) 2 .
a percorrere questa strada nel contesto del Villaggio
L’allora CAP si poneva l’obiettivo di fornire alle azien-
Artigiano, si potrebbero aprire scenari differenti ri-
de che ne facevano richiesta le aree edificabili per co-
spetto a quelli a cui siamo abituati a pensare, ridotti
struirvi il proprio capannone ad un costo tendenzial-
al semplice riuso. Detto ciò, potrebbe essere obietti-
mente più basso di quelli di mercato. Nello specifico
vo di uno dei progetti probabili tener conto di questa
il “Consorzio si occupa dell’attuazione degli insedia-
possibilità, sperando che il Comune possa coglierne le
menti previsti, con una politica di assegnazione at-
opportunità.
tenta alle specificità produttive delle aziende. Oltre a
3.4 Il Consorzio attivita’ produttive aree e servizi Con decreto regionale del 5 agosto 1974 il Consorzio Intercomunale Modenese per le aree produttive viene costituito tra i Comuni di Bastiglia, Bomporto, Campogalliano, Castelfranco Emilia, Castelnuovo Rangone, Modena, Nonantola, Ravarino, San Cesario sul Panaro, Soliera e Spilamberto (Berni, 2015)1. Come spiega il vicepresidente Umberto Bisi, “il Consorzio è uno strumento di attuazione delle scelte e delle deci1 Si veda Berni S., La gestione pubblica delle aree produttive, in Bulgarelli V. et al., Città e architetture industriali. Il novecento a Modena, Franco Cosimo Panini, Modena, 2015.
cercare di orientare le scelte localizzative delle aziende a seconda della loro specializzazione produttiva, svolge anche una funzione di ricollocazione di quelle di maggiori dimensioni fuori dal capoluogo; di fatto viene così ritenuto che le scelte localizzative non siano di competenza autonoma del singolo imprenditore, ma debbano invece rientrare in un piano condiviso, che ottimizzi l’uso del suolo, crei esternalità positive e minimizzi quelle negative” (ibidem). Fin dal 1977 il Consorzio ha un ruolo chiave nell’attuazione dei comparti PIP 3 , di cui anche grazie a questa stretta collaborazio2 Deliberazione dell’assemblea consortile n. 5 del 29 gennaio 1975. 3 Strumento attuativo di competenza del Comune, introdotto dalla Legge 865/1971 al fine di agevolare la realizzazione di aree specializzate ad acco-
PA R T E I
83
ne coi Comuni, Modena farà uso fino ai tempi recenti.
Dal 2008 le richieste pervenute hanno subito un bru-
Importante ad esempio è il comparto Modena Nord,
sco calo per effetto della crisi economica, questo ha
in cui il Consorzio si occupa dell’urbanizzazione e dei
permesso al Consorzio di fare alcune rif lessioni ri-
collegamenti viabilistici a seguito dell’impegno di al-
guardo il cambio di rotta che si è reso poi necessario,
cune grandi imprese ad investire in quella zona.
e che ha preso forma attraverso il “Documento pro-
L’attività del CAPAS si amplia attraverso l’ingresso di
grammatico del Consorzio 2014-2019 3 in cui si decide
nuovi Comuni , e all’inizio degli anni novanta l’area
di dare molto più peso al cosiddetto capitale umano
totale venduta e urbanizzata ammontava a circa mez-
cercando una collaborazione tra il mondo produttivo
zo milione di mq. Tuttavia è il periodo compreso tra
e quello accademico. Inoltre è l’occasione per pensare
il 1993 e il 2008 quello di maggiore attività del Con-
ad una nuova possibile infrastrutturazione delle aree,
sorzio. E’ con l’approvazione del nuovo PIP del 1993
2
che vada ad incontrare le esigenze aziendali, soprat-
che av viene la localizzazione di 15 aree produttive
tutto in campo energetico, di reti tecnologiche e di si-
che puntano ad ampliare quelle esistenti con partico-
curezza degli ambianti produttivi; perché la politica
lare attenzione alle piccole attività anche artigianali.
del Consorzio sia oggi che in passato, “è stata quella di
Questo av viene in un clima di forte mutamento che
avere a disposizione spazi idonei al fine di non perdere
determina il passaggio da un’economia distrettuale di
occasioni e opportunità di investimento delle aziende
stampo marshalliano a qualcosa di diverso (§ cap.1.3),
locali” (ibidem).
è quindi prerogativa del Consorzio andare incontro
Nell’ambito della re-infrastrutturazione è in fase di
alle nuove esigenze delle aziende e in “particolare si
studio un progetto che coinvolgerebbe gran parte
è cercato di adeguare l’attività a una situazione nella
dell’area “Torrazzi”, in cui oltre ad un miglioramento
quale le aziende fanno più frequentemente operazio-
della connettività attraverso la “ banda ultra-larga” e
ni societarie per acquisire in locazione gli immobili”
l’installazione di un sistema di sicurezza, è previsto
(Berni, 2015). A questo proposito sono importanti le
un miglioramento generale dell’area attraverso la co-
attuazioni del PIP n. 8 “Via Emilia Ovest Barchetta”,
struzione di nuovi servizi e la piantumazione di vege-
del PIP n. 5 “Torrazzi” e del PIP n. 1 “Rosselli”.
tazione in maniera “diffusa”, che ha trovato l’assoluto
1
benestare delle aziende coinvolte. Accanto al progetto, gliere insediamenti produttivi. Le finalità del piano sono: attuare le previsioni del PRG per localizzare le attività produttive. Il Comune di Modena approvò il primo Piano Insediamenti Produttivi, Legge n° 865 del 22.10.1971, con delibera di Giunta Regionale n° 4019 del 20.12.1977. 1 Dal punto di vista della compagine sociale, nel 1997 aderisce al consorzio il Comune di Camposanto e, nel 2004, il Comune di Novi di Modena (Berni, 2015). 2 Deliberazione del Consiglio Comunale di Modena n. 77 del 15 marzo 1993.
84
TRANSIZIONI
però è previsto un ampliamento dell’area verso sud, in una zona agricola compresa tra la tangenziale, la ferrovia e l’ambito in questione. Segno che nonostante 3 Approvato con deliberazione dell’Assemblea Consorziale n. 3 del 16 gennaio 2015.
gli sforzi profusi, non è auspicabile, ad oggi, con un’economia in ripresa che incoraggia nuovi investimenti vietare ad aziende con determinate esigenze la costruzione di nuovi stabilimenti su suolo agricolo, a scapito di aree verdi prossime al centro urbano che sarebbero di vitale importanza 4 . In merito a questo, un’altra, molto più interessante strada è stata imboccata dal Consorzio negli ultimi mesi. Come già accennato (§ cap.2.2), con la costruzione dell’”atlante del dismesso”, si cercherà il più possibile di far convergere domanda ed offerta di capannoni, puntando ad aumentare l’attrattività dei Villaggi Artigiani e ad offrire contenitori a prezzi molto più contenuti rispetto al nuovo. La sfida è impegnativa, ma associata al coinvolgimento delle università, potrebbe portare a risvolti inattesi dal punto di vista dello sviluppo di nuove realtà imprenditoriali.
4 Conversazione privata col dott. Silvio Berni, dirigente del CAPAS, in data 8 febbraio 2017.
PA R T E I
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Modena, Largo Garibaldi photo Š Gabriele Basilico, 2001, fonte: Comune di Modena
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TRANSIZIONI
Modena, nuove palazzine in zona Morane, 2017
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Modena, INA CASA Sacca anni sessanta fonte: Comune di Modena
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TRANSIZIONI
Modena, Scorcio del PEEP Villaggio Giardino 2017
PA R T E I
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PARTE II.
4. Gli spazi intorno al villaggio artigiano
4.1 Modena ovest
92
La porzione ovest della città si presenta come un in-
to molteplici punti di vista. E’ infatti logico pensare
sieme di frammenti. Un variare discontinuo di tessu-
che la maggiore o minore accessibilità al centro abbia
ti differenti che si scontrano tra loro e non creano in
inf luito sullo sviluppo spaziale e sociale dei diver-
nessun caso un unicum morfologico. Per comodità in-
si frammenti del quadrante ovest, che oggi si trova-
dividuiamo la parte ovest di Modena come delimitata
no “vicini ma distanti”, all’interno di un indefinito
a nord dall’asse della variante ferroviaria della Milano
universo composto da spazi industriali, borghi stori-
- Bologna, a est dall’asse di Viale Italia, il quale taglia
ci, centri direzionali, grandi parchi urbani, quartieri
completamente la città da nord a sud, a sud e a ovest
residenziali e comparti PEEP. Modena ovest stessa si
dal percorso delle tangenziali. Come si può vedere il
trova oggi in una posizione transitoria e conf littuale
Villaggio Artigiano è posto al centro di questa grande
tra centro storico e periferia estrema in cui i nuovi
area ed è delimitato ad ovest dall’asse della ex Milano
scenari promessi dal POC MOW e dalla dismissione
- Bologna, oggi totalmente dismessa, e la parte nord
della ferrovia sembrano lontani e improbabili. Que-
affaccia sulla Via Emilia.
sto non aiuta certamente a risolvere le problematiche
Tagliando completamente in due parti il quadrante
presenti nell’area ormai da parecchi anni legate alla
ovest, la linea della ex ferrovia, ha giocato un ruolo
segregazione sociale e alla forte immigrazione, nonché
determinante per la crescita dei vari quartieri sot-
all’evidente degrado di alcune delle porzioni di questo
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Modena ovest. Foto aerea Fonte: web
PA R T E II
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complesso territorio, in particolare Madonnina e Vil-
discontinuità come la linea della ferrovia, si è svilup-
laggio Artigiano.
pato in maniera disordinata almeno fino all’adozione
Il quartiere intero è l’immagine dell’oggi; di un gra-
del PRG del 1965. Nello specifico ci sono differenze
duale spegnimento di quell’entusiasmo che ha con-
sostanziali tra i due fronti che insistono sulla Via Emi-
traddistinto la stagione del boom economico, e si può
lia: a nord, un fronte urbano semi-compatto formato
riconoscere indistintamente nella quasi totalità degli
da edifici storici perlopiù residenziali, a sud accadono
spazi; dagli interstizi causati dalla dismissione, alle
invece una serie di episodi che contrastano tra loro e
zone residenziali anni ottanta, alle parti maggiormen-
con la città, rendendola oltre che difficilmente leggi-
te consolidate. A fianco di questi episodi, si notano
bile, a tratti abbastanza desolante. I recinti della ca-
però sporadicamente situazioni opposte. L’area indu-
serma militare, l’ex autodromo (oggi Parco Ferrari),
striale di Via Emilia ovest, ad esempio, risulta oggi in
il Villaggio Artigiano sovrastato dal cavalcavia della
crescita, e tendenzialmente le aziende presenti sono
Madonnina e la vasta zona produttiva di Via Emilia
in buona salute. C’è pertanto una discrepanza tra le
Ovest, hanno prodotto e producono una frattura fra
diverse parti del quartiere, come se da una parte si ve-
ciò che è definito centrale e ciò che non lo è. Qui è pre-
desse la fine di un ciclo e dall’altra, al contrario, l’ini-
sente una mediazione atipica tra campagna e città data
zio di un altro. Modena ovest, si può dire, è l’emblema
da un alternarsi di oggetti, terreni vaghi e recinti, che
di una transizione in atto .
nel resto della città non si percepisce. Questo rapporto
A prima vista parrebbe molto semplice capire come si
tra città e campagna, è di norma a Modena un rappor-
sia sviluppato nel tempo questo insieme di oggetti di-
to di forte contrasto, la differenza è netta nonostante
versi che compongono e delineano gli spazi di questa
le compenetrazioni continue: o si è in città, o si è fuori.
parte di città. In realtà non è così. Volgendo lo sguardo
A Modena ovest non è così.
alla mappa…, si può vedere che in termini morfologici
Queste discrepanze, di contro, sembrano aver dato
Modena ovest è recente; infatti, ad eccezione degli edi-
vita a tanti piccoli luoghi che hanno preso la caratte-
fici a ridosso della Via Emilia, dove sorge ancora oggi
ristica di centro. Per fare un esempio, il Parco Ferra-
il borgo della Madonnina, i restanti frammenti sono il
ri costituisce una discontinuità di dimensioni tali da
frutto di interventi di natura diversa in frangenti di-
aver prodotto nel tempo un certo grado di autonomia
versi, ma comunque sorti nel periodo dal dopoguerra
della zona del Villaggio Artigiano, la quale a sua volta
in poi. Dopo la costruzione del primo Villaggio Ar-
è completamente isolata dai frammenti vecchi e nuo-
tigiano, il territorio, che già presentava una serie di
vi della Madonnina, i quali sembrano aver creato un
1
1 Si veda Bressan M., Tosi Cambini S., a cura di, Zone di transizione. Etnografia urbana nei quartieri e nello spazio pubblico, Il Mulino, Bologna, 2011.
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TRANSIZIONI
altro piccolo centro a se-stante. Insomma nonostante
4000
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Modena ovest. Morfologia
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siano supposizioni ed impressioni, quello che si prova a dire è che potrebbe risultare complicato voler riunificare il quadrante ovest così come auspicato dal POC del 2012, soprattutto se il modo con cui lo si vuole fare è ricorrere unicamente al tanto osannato riammagliamento reso possibile dalla dismissione ferroviaria. Sembrano molte di più, e di diversa natura le “barriere” da superare. Se nell’immaginario comune i quartieri Madonnina e Villaggio Artigiano sono quartieri che versano in un certo stato di degrado, entrambe queste zone sembrano contenere elementi che potrebbero capovolgerne l’immaginario a patto che non si voglia perseguire a tutti i costi un’uniformità che Modena ovest non avrà mai.
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Modena ovest. rete stradale e rilievo del verde
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Modena ovest, cimitero di San Cataldo photo Š Gabriele Basilico, 2001, fonte: Comune di Modena
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Modena ovest, dismissione sulla Via Emilia
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5. Gli spazi del Villaggio Artigiano
100
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Morfologie . Ragionando da un punto di vista mor-
orti urbani comunali o abusivi e una centrale elettrica.
fologico il Villaggio è un triangolo. La sua forma è
Sarebbe, tuttavia, un errore pensare che questo trian-
tutt’oggi ben riconoscibile in quanto ha un tessuto
golo sia tutto ciò di cui abbiamo bisogno per “capire” il
estremamente denso e diversificato, risulta impossi-
Villaggio. Volgendo lo sguardo alla mappa dell’evolu-
bile distinguere i confini delle proprietà e molto dif-
zione storica si nota che la sua nascita si colloca all’i-
ficile capire il funzionamento degli edifici, che sono
nizio della fase di maggiore espansione della città che
tra loro sovrapposti ed intrecciati. Quindi, di primaria
termina all’inizio degli anni ottanta. In quel periodo,
importanza è capire ciò che noi consideriamo interno
come vedremo, l’unica area disponibile era un’area di-
al Villaggio e ciò che invece, per comodità, definiremo
stante dal centro, in aperta campagna, ed è proprio
intorno.
grazie a questa distanza che si crearono le condizioni
Il confine nord può essere identificato nell’asse della
per la nascita di una comunità autonoma riconosciuta.
Via Emilia, anche se in alcuni casi si include nei confi-
La formazione del Villaggio prosegue fino agli anni
ni anche la parte al di là della strada, che però ha avuto
settanta, arrivando ad occupare una vasta area com-
modalità di costituzione differenti e non ha la stessa
posta appunto dal nucleo produttivo e dalla suddetta
composizione tipologica; il confine ovest è la ex linea
parte residenziale e terziaria.
storica della ferrovia Milano-Bologna; per quanto ri-
Ad un primo sguardo si percepisce una grande diffe-
guarda i lati sud ed est troviamo alcune difficoltà in
renza di densità tra le due parti. La motivazione prin-
più nell’individuazione, non tanto per un’omogeneità
cipale non è tanto, quindi, nel periodo di formazione
di forma ma per una questione di relazione tra le par-
ma nelle modalità: il triangolo ha avuto uno sviluppo
ti. Ad est, oltre via Emilio Po, si trova un quartiere di
pressochè spontaneo e oggi si presenta come un irre-
edilizia convenzionata INA-CASA costruito pressoché
golare insieme di edifici di varie tipologie e forme che
contemporaneamente al Villaggio Artigiano, ma che
formano un agglomerato solo raramente interrotto da
occupa solo la parte a nord del confine; infatti prose-
aree non costruite, mentre l’area ad est è stata in parte
guendo verso sud, si abbassa gradualmente l’età degli
pianificata, ed è oggi dotata di una considerevole su-
edifici fino ad incontrare un comparto misto tra piani
perficie di aree verdi e, cortili e parcheggi.
PEEP e centri direzionali. Il confine sud è altrettanto
Gli spazi vuoti che vanno a definirsi sono di dimen-
ambiguo, ma meglio percepibile: tra le ultime case del
sioni diverse, e sono perlopiù spazi di risulta come
Villaggio e l’inizio del polo scolastico Leonardo, tro-
cortili-magazzino, strade private di accesso a case e
viamo una fascia verde in parte di proprietà pubblica e
capannoni o alcuni piccoli giardini interni. Sono in-
in parte privata, composta da campi per lo più incolti,
terstizi minuti e di difficile lettura spesso inaccessibili
TRANSIZIONI
perché di proprietà privata o perché occupati da merci.
cui sono cambiati i modi e i tempi del produrre e del
Gli edifici si affacciano sulle strade in maniera fram-
vivere, è necessaria una riscrittura di questi limiti an-
mentata, non esistono fronti ma solo oggetti le cui di-
che attraverso lo sfruttamento delle opportunità date-
stanze e dimensioni sono dettate puramente dalle esi-
ci dalla dismissione e dall’abbandono.
genze. L’insieme di parti opache, barriere e limiti di
Una lettura morfologica dettagliata ci costringe ad in-
proprietà compongono una mappa della permeabilità
dividuare alcune diverse tipologie che si intersecano
che riduce quasi allo zero il grado di porosità del livel-
e si mescolano tra loro, portando alla luce una com-
lo strada; solo in pochissimi casi è possibile accedere
mistione tra funzioni che è l’elemento caratterizzante
entro gli spazi più interni ed angusti, nonostante una
del Villaggio.
gran parte di essi sia non utilizzata o abbandonata. Ciò che av viane nella parte oltre Via Nobili è di poco dif-
Spazi . Estinzione. Questa è la parola che è venuta alla
ferente; nonostante un diverso processo di formazione
mente degli organizzatori di “Periferico Festival” du-
e diverse tipologie, gli spazi accessibili continuano ad
rante i primi sopralluoghi all’interno del Villaggio
essere pochi a causa dei limiti, anche qui, costituiti da
Artigiano. Un vocabolo forte che non lascia spazio ad
cancelli, muri e siepi che separano la strada da palaz-
interpretazioni. Proseguendo con l’indagine le cose
zine, edifici di servizi, complessi direzionali o villette
sono cambiate, ciò che sembrava ormai giunto a una
private anni cinquanta e sessanta.
conclusione, che avesse terminato la sua esistenza ora
Questa conformazione è sicuramente interessante nel
pareva riaprirsi a nuove possibilità di rilettura. Il tito-
momento in cui la si legge come formatasi spontanea-
lo dell’edizione fu, infatti, “Futuro Antenato”.
mente. Ha permesso al Villaggio di rimanere attivo e
Quello che emerge da una accurata ricerca condotta
produttivo per tutti questi anni e si è dimostrata fun-
tra le strade e gli interstizi del Villaggio non mi pare
zionale al tipo di relazioni imprenditoriali e sociali
assimilabile ad un’estinzione, ciò nonostante Futuro
che si sono rese necessarie ad una crescita economi-
Antenato sembra un’espressione fin troppo carica di
ca e ad un aumento della qualità della vita generale.
significato; come se si attribuisse un futuro certo ad
Tuttavia il concetto di crescita spontanea ha delineato
una cosa che però a prima vista sembra sulla via del
anche una netta separazione tra proprietà pubblica e
tramonto. Un’incertezza che ben esemplifica la con-
privata, favorendo la formazione di limiti ben definiti
dizione transitoria in cui ci troviamo, una condizio-
che oggi, insieme all’assenza di spazi verdi, non per-
ne sulla quale abbiamo tante domande e pochissime
mettono al Villaggio di respirare e, anzi, rischiano di
risposte.
farlo implodere. Nella dimensione contemporanea in
L’indagine spaziale a cui facciamo riferimento è vol-
PA R T E II
103
ta alla scoperta di cosa sembra estinto e cosa no, di
via dismessa. La mappa dell’abbandono è variegata e a
cosa sembra poter rinascere e cosa invece non avrà la
volte ingiustificata. Le buone condizioni di alcuni edi-
possibilità di farlo. Nella fattispecie gli spazi sospesi
fici fanno presumere un abbandono recente, altri sono
sono quegli spazi che non sono attivi in un determi-
visibilmente da poco ristrutturati e, forse, in attesa di
nato momento, e sono suddivisibili in non utilizzati,
un nuovo occupante.
nel caso in cui lo spazio sia in buone condizioni ma
Lo spazio pubblico nel Villaggio è assente. Ormai è
non occupato al suo interno né da persone né da or-
oggetto di critica da anni quindi sembra banale riba-
ganizzazioni o imprese; dismessi, nel caso in cui sia
dirlo, ma per via delle modalità costitutive del quar-
riconoscibile una disattivazione totale delle attività
tiere non sono presenti spazi di relazione al di fuori
e non sia possibile uno riutilizzo senza dover inter-
delle strade, che a loro volta sono spesso intasate dal
venire in modo radicale. Nella mappa del Villaggio
traffico pesante diretto alle industrie. Gli spazi che
Artigiano questa dimensione di abbandono è disse-
venivano utilizzati come collettivi erano quelli dei
minata in modo incoerente e casuale. E’ un abbando-
cortili, i quali spesso erano aperti e permettevano ai
no molecolare che lascia alle sue spalle un’immagine
bambini di giocare, gli adulti si ritrovavano nel cen-
discontinua di spazi grandi e minuti, vivi e non, ben
tro civico o in chiesa, che oggi sono entrambi edifici
tenuti e degradati; è l’immagine di un calo di intensità
demoliti. La sospensione accentua il problema: più lo
delle funzioni vitali, come la stanchezza sopraggiunta
spazio privato è malcurato, meno la strada è pulita e
ad una persona anziana, esausta del duro lavoro. Ri-
la vegetazione tende in molti casi a riappropriarsi di
sulta quindi ben diverso da un abbandono completo
ampi pezzi di parcheggi, cortili, tettoie, coperture.
come nel caso di alcuni stabilimenti in città, pensiamo
Quello che rimane sono una serie di elementi, oggetti
alle ex fonderie riunite o alla manifattura tabacchi, e
ed edifici che se un tempo erano perfettamente in sim-
molto differente dai grandi vuoti urbani presenti nelle
biosi per assolvere ai loro compiti, oggi paiono come
città post-fordiste.
slegati: recinzioni, ampliamenti di capannoni, vecchi
Ma qual è l’entità di tali spazi? In generale hanno mor-
magazzini.
fologie molto diverse tra loro: possono essere capan-
104
noni a shed tradizionali anche di grandi dimensioni,
Economie . Per analizzare lo stato di fatto del Villaggio
piccole officine isolate o annesse ad un’abitazione an-
dal punto di vista economico - imprenditoriale ci vie-
cora abitata, case sfitte, terreni vaghi frutto di demo-
ne in aiuto un saggio del 1981 in cui Sebastiano Brusco
lizioni, interstizi colmi di macchinari e attrezzi non
e Charles Sabel, teorizzano quelli che loro definiscono
più utilizzabili o ancora la massicciata di una ferro-
“tre modelli relativi all’organizzazione interna delle
TRANSIZIONI
1200
200
0
Villaggio Artrigiano. Foto aerea Fonte: Comune di Modena
PA R T E II
105
106
piccole imprese e al loro rapporto col mercato” (Bru-
de è il secondo gruppo preso in esame. Il suo sviluppo
sco e Sabel, 1981).
è stato favorito da condizioni e istanze di vario genere
Il saggio si focalizza su tre tipologie di imprese arti-
che ruotano comunque tutte intorno ad un vantaggio
giane che rappresentano tre modi di produrre e rela-
sostanziale da parte delle grandi imprese nell’attua-
zionarsi con l’esterno e tra loro. In modo tutt’altro che
re una disgregazione orizzontale. Vantaggio dovuto
sorprendente, esiste una sostanziale corrispondenza
al fatto che più l’impresa è piccola e meno ha peso al
tra questo ordine e le trasformazioni che, nel corso
suo interno il sindacato, da cui ne deriva una mag-
del tempo e in diversi paesi, le piccole imprese han-
giore facilità nello sfruttare il lavoratore in termine
no subito. Tuttavia, tutte e tre le forme di produzione
di paga e orari di lavoro. Queste imprese del secondo
artigianale continuano a coesistere, e non vi è motivo
tipo lavorano in totale subordinazione e subiscono gli
di ritenere che lo sviluppo successivo condurrà alla
andamenti economici delle imprese leader. Per finire
scomparsa di alcuna di esse. In altre parole, i tre mo-
troviamo il “decentramento indipendente”. La carat-
delli non devono essere visti come tre necessari stadi
teristica principale della piccola impresa indipenden-
evolutivi (ibidem).
te, secondo il modello elaborato da Sabel, è la sua ca-
Brevemente, la prima categoria è quella dell’artigia-
pacità di innovare. In altre parole, la piccola impresa
nato tradizionale in cui, il lavoratore serve i mercati
indipendente, crea nuovi bisogni e, al tempo stesso, li
locali. Il suo apogeo si colloca prima dell’introduzio-
soddisfa. Il segreto di questa capacità consiste nella
ne della produzione di massa di beni standardizzati;
particolare organizzazione interna dell’impresa, nei
ma anche dopo che la produzione di massa ha creato
suoi stretti rapporti con i clienti, e nella sua collabo-
mercati nazionali esistono ancora attività nelle qua-
razione con altre imprese (Brusco e Sabel, 1981).
li l’artigiano tradizionale può trovare spazio (Lutz,
Il lato economico dello stato di sospensione del Vil-
1962; Brusco e Sabel, 1981). Esemplificando si tratta
laggio Artigiano dipende in maniera diretta da questa
del fabbro, del fornaio, del falegname o del negozio di
classificazione che, nonostante ormai datata, rif lette
alimentari sotto casa ma anche di artigiani più specia-
quasi alla perfezione le diverse tipologie di imprese
lizzati come i produttori di piccoli pezzi personalizza-
che si sono insediate, che si sono evolute, che hanno
ti da vendere direttamente al pubblico o meccanici che
abbandonato e che sono state sostituite nel Villaggio.
riparano automobili. Il più delle volte queste imprese
Le dinamiche di abbandono e ricolonizzazione pro-
non possono trasformarsi in imprese più grandi, an-
duttiva sono alquanto complesse e non si può avere la
che se questo non è sempre vero.
pretesa di esaminarle tutte nello specifico; quel che si
La piccola impresa che vive su commissione della gran-
può fare è però analizzare l’imprenditorialità di oggi
TRANSIZIONI
per capirne i legami con le tre categorie sopracitate, i
sce come in realtà l’incoerenza tra entità dell’impresa
caratteri e le tendenze che stanno inf luendo in modo
e sua occupazione in termini di superficie sia fonda-
importante gli spazi fisici.
mentale per non farsi trarre in inganno sulla quantità
L’indagine ci dice che all’interno del Villaggio ci sono
di spazi sospesi presenti.
circa 150 imprese, delle quali poco più del 50% sono
Come si possono riassumere le dinamiche che hanno
imprese produttive, mentre le restanti sono suddivi-
portato alla situazione attuale? Alcune imprese si sono
se tra commercio, servizi e associazioni culturali e
ingrandite ed hanno trasferito la loro sede di produ-
religiose. Tra le imprese produttive prevale il settore
zione altrove (Caprari, Salami, Cooptip, Dondi), altre
metalmeccanico (30%), seguito da quello dell’edito-
sono rimaste e continuano la produzione nel villaggio,
ria e design (17%) e la lavorazione di metalli pesanti
altre hanno chiuso. Quel che importa è che in molti
(7%). Meno significativi sono i numeri delle imprese
casi non vi è stata una sostituzione a causa di un cam-
di servizi che insieme arrivano al 17% del totale. Il
biamento delle produzioni o più semplicemente per
commercio è prevalentemente legato ad un mercato di
una non compatibilità spaziale. Questo ha disegnato
quartiere e insieme alla ristorazione arriva al 25% del
la mappa dell’abbandono odierna.
numero totale di imprese presenti.
L’altra faccia della medaglia è quella che abbiamo
Le imprese sono perlopiù medio-piccole. Alcune sono
chiamato “ricolonizzazione”. Ov vero quali e quante
affermate sui mercati nazionali ed internazionali e
sono le imprese che negli ultimi anni hanno scelto di
fanno parte del terzo tipo (Panini, CRP Group, DDS,
investire nel Villaggio Artigiano e per quali motivi.
Energon), altre mantengono un rapporto di subforni-
Secondo i risultati le imprese più recenti sarebbero
tura con altre aziende (Sea, Coop Fonditori, La Com-
una ventina. Si concentrano in particolare nel settore
merciale Acciai) alcuni sono artigiani tradizionali
del design, dell’editoria e dell’informatica ed hanno
mentre altre imprese sono “nuove”, ov vero si occupa-
occupato spazi lasciati liberi da altre aziende.
no di servizi ICT oppure sono start up prevalentemen-
Se si volesse approfondire il fenomeno di abbando-
te di componentistica meccanica.
no-ricolonizzazione del Villaggio Artigiano, si ve-
La ricerca prende in considerazione il numero di im-
drebbe come in realtà non è limitato all’ultimo perio-
prese e non la loro superficie di occupazione degli
do, ov vero quello di maggiore recessione economica,
spazi. Infatti se si osserva attentamente si può nota-
ma prosegue da tempo. Non si può dire che l’attività
re come le imprese di lavorazioni pesanti siano, per
di impresa del Villaggio sia finita, perché in realtà
ov vi motivi, molto più estese rispetto alle altre. Da
sta mutando sin dalla sua nascita, tuttavia è oggi che
qui, considerando la mappa degli abbandoni, si capi-
stiamo trovando le maggiori difficoltà nel darle una
PA R T E II
107
continuità.
fondi. Fatta questa premessa, possiamo ancora osservare i
108
Popolazioni . Dagli anni cinquanta agli anni ottanta
dati. Nel Villaggio Artigiano (triangolo storico) oggi
lavoro e abitare vanno di pari passo al Villaggio Ar-
vivono 404 persone, che diventano 2398 se aggiunte
tigiano. La casa-officina dell’artigiano è quasi tutto
ai residenti dell’area ad est fino al confine col Parco
il suo mondo; lì lavora tutto il giorno, lì vive con la
Ferrari che gravita direttamente intorno al nucleo del
sua famiglia. In quelle terre che prima aveva coltivato
Villaggio. Se si considera il nucleo come elemento se-
come contadino. Un’unica linea immaginaria unisce
parato, la percentuale di abitanti stranieri si aggira a
il contadino che lavorava la terra con l’artigiano che
circa il 40% del totale; che si riducono però al 18% se
produce pezzi meccanici nella sua bottega. Una linea
si considera l’area totale.
che sembra interrompersi con l’av vento della globaliz-
Traducendo, la parte ovest del Villaggio Artigiano
zazione prima e della crisi economica poi.
vero e proprio (Manni, 2004), quello dove sono con-
Semplificando, si possono estrapolare, tra le altre, due
centrate le attività manifatturiere e dove prevale la
concause che hanno portato alla separazione della di-
tipologia della casa-officina, ha subito una sostituzio-
cotomia vivere-lavorare, e quindi al conseguente sfal-
ne di popolazione importante. E’ ov vio che questa so-
damento delle relazioni sociali av venute negli ultimi
stituzione è al tempo stesso causa ed effetto di quella
anni nel Villaggio Artigiano. La prima è una diretta
scissione tra abitare e lavoro, ed è ov vio anche che si
conseguenza della mancanza di eredi. Ov vero un’in-
rif lette in una def lagrazione generale dei rapporti so-
capacità o impossibilità degli eredi degli artigiani
ciali che vedevano il Villaggio come unicum e che ora
storici di mantenere e portare avanti l’attività di fa-
lo vedono come frammentato.
miglia. In secondo luogo esiste un problema di natura
Se però compiamo un passo in avanti sovrapponen-
costitutiva. Il conf litto e la mancanza di alternative
do questi dati con la mappa dell’abbandono, notiamo
dei primi anni non si sono, per ov vi motivi, potuti re-
come l’abbandono residenziale sia alquanto limitato
plicare, pertanto ciò che spinge oggi un lavoratore del
rispetto a quello produttivo. Da qui la probabilità che
villaggio non è più il desiderio di libertà o la voglia di
la sostituzione di popolazione sia dovuta essenzial-
essere indipendente, ma la necessità di soprav vivere.
mente all’abbassamento dei valori immobiliari, che
Questo ov viamente non vale per tutti, ma sicuramen-
ha permesso a famiglie meno abbienti, molte di ori-
te vale per quegli imprenditori che oltre non avere la
gine extra-comunitaria, di trovare un alloggio, spes-
possibilità di lasciare la loro impresa in eredità, non
so condiviso con altre famiglie, all’interno dell’area
possono contare sull’innovazione per insufficienza di
producendo una commistione culturale tale da cam-
TRANSIZIONI
biare radicalmente le tensioni relazionali interne. La
chiunque voglia stabilirne le regole.
sensazione, è che questo mutamento abbia contribuito alla costruzione di nuove relazioni, che è possibile percepire anche soltanto facendo l’esperienza degli spazi. Sembra, infatti che siano le strade oggi a tessere questi legami e in particolare quelle che entrano nel triangolo da est. Nonostante le differenze morfologiche e tipologiche, percorrendo ad esempio Via Nobili, la sensazione è quella di non passare affatto da una zona a prevalenza residenziale ad una a prevalenza produttiva; questa percezione può essere data dalle attività commerciali che si sono insediate abbastanza densamente in questo asse e ne permettono una continuità in questo senso. Una situazione simile, forse ancor più accentuata, abbiamo in corrispondenza di Via Leoni e Via Rinaldi, a nord. Discorso a parte meritano i due assi interni del Villaggio, ov vero Via Dalla Chiesa e Via Zarlati, quelli che circondano i due grandi isolati storici, con la densità costruttiva maggiore. Pare che siano rimasti, almeno in parte, legati alla vita del Villaggio condotta nelle modalità più tradizionali. Alcuni abitanti sono lì da sempre, lavorano ancora nella loro bottega e partecipano ancora agli incontri in Parrocchia. Verosimilmente nel Villaggio trovano occupazione oggi un migliaio di persone, quindi è chiaro che una grande parte di essi provengono dall’esterno. E’ quindi un luogo che si comporta come zona industriale ed al tempo stesso come quartiere residenziale multietnico. Questo è, a mio parere, un enorme punto di forza, che tuttavia crea non poche difficoltà a
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5.2 Mappe 1200
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0
1. Spazi Costruiti
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2. Spazi Aperti
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3. Permeabilità
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0
4. MobilitĂ
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5. Spazi Produttivi
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6. Spazi commerciali e servizi
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a.
lavorazione metalli pesanti 7%
b.
meccanica 29,4%
c.
costruzioni 4,2% editoria e design 16,8%
d. e. f.
energia 5,6% ICT 2,8%
7. Settori produttivi
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TRANSIZIONI
a.
b.
c.
d.
e.
f.
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8. Spazi produttivi dismessi
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nuovi insediamenti produttivi (post 2009) nuovi insediamenti produttivi (post 2000)
10. Nuovi insediamenti produttivi
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9 2
7 3
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8 1 6 3
6
12 7 4
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1
4
5
3 9
6
1
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1
5 3 6 5
4
1
7
5 13
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1
5 2
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2 19
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5
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23 21
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5
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2
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4 6
3
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2
8 20
8
4
8. Spazi residenziali abitati (n. abitanti)
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9. Spazi residenziali dismessi
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5.3 Rilievo fotografico
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Foto © Amigdala
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149
PARTE III.
6. Pratiche artistiche e riqualificazione urbana
6.1 “Amigdala”
152
L’associazione Amigdala opera nell’ambito del teatro
potuto constatare il grande interesse che il pubblico nu-
contemporaneo e da molti anni si occupa di rigenera-
tre per questa modalità di lavoro, che consente ai citta-
zione urbana attraverso la realizzazione del festival
dini di entrare in luoghi dove normalmente è proibito
Periferico che si svolge ogni anno in luoghi diversi, se-
o molto limitato l’accesso, nonché di frequentare spazi
lezionati attraverso un lungo lavoro di ricerca che coin-
“ dimenticati” da un punto di vista nuovo e inatteso.
volge anche architetti, urbanisti e altri esperti della
Inoltre, questa modalità di lavoro consente lo svilup-
città di Modena.
po di molteplici relazioni trasversali che l’associazione
Il festival Periferico si caratterizza per il fatto di rea-
Amigdala costruisce di volta in volta con enti privati
lizzarsi in luoghi urbani non-teatrali, in aree degradate
(aziende private, artigiani, gallerie d’arte, imprese cre-
della città o in spazi pubblici poco valorizzati del no-
ative etc), enti pubblici (archivi, biblioteche, università
stro territorio urbano. Ogni anno, Amigdala cerca spa-
etc). La principale conseguenza di questa operazione è
zi nuovi, inusuali e sorprendenti con un lungo lavoro di
un’ampliamento del pubblico verso settori normalmen-
ricerca sul territorio, attraverso incontri, visite, sopral-
te non interessati al teatro, oltre alla realizzazione di
luoghi. Il festival Periferico è quindi “nomade”, ogni
iniziative (spesso all’aperto) in zone periferiche e tal-
anno muta e si modifica in base alle partenerships che
volta degradate della città.”
Amigdala costruisce sul territorio. Negli anni abbiamo
Il festival Periferico, che ha ormai assunto lo statuto
TRANSIZIONI
di una manifestazione riconosciuta e di ampio respiro, nasce con l’ idea di portare una manifestazione di qualità in aree di Modena che vivono una profonda trasformazione sociale e urbanistica, dove forte è il bisogno di maturare un’ idea di “cultura dif fusa” che ponga attenzione non solo al centro della città ma anche alle sue periferie. Periferico si svolge infatti in luoghi non teatrali, ogni anno diversi, scelti per il loro interesse architettonico o per la loro importanza per la storia della città. Si tratta di spazi inediti, dove il pubblico non può normalmente accedere liberamente: fabbriche, archivi, depositi, spazi industriali, oppure luoghi poco conosciuti della città, come musei o biblioteche. Periferico propone ogni anno un viaggio attraverso la città, abitando i luoghi scelti con performance site-specific scelte appositamente per valorizzare lo spazio e il suo significato. La scelta degli spettacoli programmati viene realizzata con attenzione riguardo la qualità del progetti, nell’ambito del teatro, della danza, della musica e della performance contemporanee1 . L’associazione Amigdala è un gruppo poliedrico composto da artisti provenienti da campi diversi. Ne fanno parte Federica Rocchi, Meike Clarelli, Sara Garagnani, Gabriele Dalla Barba e Davide Cristiani. Al loro fianco lavorano una serie di professionisti, docenti, enti, tecnici e volontari che mettono in campo i loro saperi, contribuiscono alla ricerca ed alla realizzazio1 Ripreso interamente da amigdalaperiferico.wordpress.com
ne delle manifestazioni.
6.2 Periferico Festival al Villaggio Artigiano Modena ovest Il breve testo che segue ha come oggetto la mia esperienza all’interno di Periferico Festival 2017 che ha avuto luogo tra il 26 e il 28 maggio, al quale ho partecipato come volontario grazie alla possibilità concessami dal collettivo Amigdala. Non mi sono soffermato troppo sulle descrizioni di spettacoli, performance, dibattiti ma ho cercato di fare il punto su alcune tematiche che ho ritenuto centrali per lo svolgimento della ricerca, quali l’assenza, il rovesciare, l’esplorare, il ruolo dell’artista, per poi cercare di individuarne qualche implicazione utile che riguarda il rapporto città – produzione. Nell’ambito del festival, Amigdala ha presentato una propria installazione all’interno delle ex officine Cavallini, dal titolo “la disobbedienza dell’acqua” nella quale il sogno è il tema centrale, con la convinzione che attraverso i sogni degli abitanti del Villaggio Artigiano se ne possa capire la visione collettiva. Hanno partecipato al festival, tra gli altri: Abbondanza / Bertoni, Muta Imago, Ljud, Filippo Tappi, OHT – Of fice for a Human Theatre, Claudia Catarzi, Isabella Bordoni, Radharani Pernacic, Ilaria Graziano e Francesco Forni, Enrico Gabrielli, Leonardo Delogu.
Spazi . Come detto, prerogativa di Periferico Festival è quella di portare spettacoli in spazi non teatrali. Nelle prime sette edizioni si è trattato di edifici e luo-
PA R T E III
153
ghi in generale non vissuti, sospesi. Nell’edizione 2016
Un tema si è posto quest’anno come urgente e neces-
gli spazi del Villaggio Artigiano hanno ospitato il fe-
sario: possono gli artisti operare delle trasformazioni
stival per la prima volta, così per la prima volta si è
in luoghi che sembrano cementificati nel loro presente?
svolto all’interno di un luogo più complesso ed etero-
Nella dif ficoltà di trovare nuove parole per parlare di
geneo ed ha aggiunto all’esperienza dello spettacolo
questo luogo, abbiamo chiamato due figure in soccor-
teatrale, l’esperienza della scoperta del luogo stesso.
so, due figure antropologiche: il sogno e l’arte. Per in-
Quest’anno Periferico ha ampliato ancora la sua rete
dagare non tanto più la struttura concreta e materica
di “occupazioni”, andando ad interessare, oltre allo
del Villaggio Artigiano, come abbiamo fatto minuzio-
spazio #Ovestlab altri edifici dismessi (ex officina
samente lo scorso anno, ma i nuclei di astrazione che
Cavallini, officina Lolli), spazi privati (Luogo, Bianco
compongono la sua cultura.
design, Vespa club, Fonderie Ponzoni), una manciata
Al centro della drammaturgia che compone Alto Fragi-
di giardini e cortili messi a disposizione da privati e
le Urgente vi è dunque una fiducia nelle possibilità di
la massicciata della ex ferrovia nonostante il Comu-
riattivazione dell’ immaginazione umana, che trova nei
ne avesse revocato il permesso. Un’estensione che ha
segni prodotti dall’artista e nel sogno i suoi punti car-
un valore estremamente importante che permette al
dinali di orientamento. Non intendiamo il sogno come
festival di aspirare a diventare un “dispositivo di ri-
mito romantico, ma come un sistema d’azione, che, al
attivazione” soprattutto in prospettiva dell’av vio del
pari del teatro, è in grado di tenere in sé i simboli resi-
progetto “Un community hub al Villaggio Artigiano”
duali, le contraddizioni di cui si compone la comples-
(§ cap. 6.3).
sità del reale. Abbiamo convocato diversi artisti attorno a queste do-
154
Temi . I temi che fanno da sfondo alla drammaturgia
mande, per interrogarsi assieme a noi, chiedendo loro
di questa nuova edizione di Periferico nascono laddo-
di produrre nuove domande sotto forma di azioni, di
ve finisce l’esperienza dello scorso anno, attraversata
performance o di percorsi nel quartiere. Ne è nato un
dall’urgenza di scavare a fondo nelle ferite del Villag-
programma di opere che tengono insieme astrazione e
gio Artigiano per cercarvi nuovi possibili prospettive.
matericità, corpi e assenze, narrazioni e visioni, inti-
Restando fedeli alla natura di Periferico come progetto
mità e spazi collettivi.
nomade anche nei formati, abbiamo scelto di af fidare
Il pubblico è chiamato ad attraversare fisicamente il
a questa area della città un secondo anno di festival,
Villaggio Artigiano per raggiungere of ficine dismesse,
nella certezza di poter ancora ampliare gli orizzonti di
negozi, strade, ex tracciati ferroviari, luoghi della so-
lavoro su questo territorio.
cialità, prati incolti, cortili, instaurando lungo il per-
TRANSIZIONI
#OvestLab (partenza festival) luoghi sospesi utilizzati dal festival luoghi attivi utilizzati dal festival esplorazioni/performance trasferimenti Streetwalker
Spazi del festival Periferico
PA R T E III
155
Spazi. #Ovestlab 2017
156
TRANSIZIONI
Spazi. Officina dismessa in Via Della Chiesa 2017
PA R T E III
157
corso dialoghi diretti con gli artisti ospiti1.
sciolgano in puri accostamenti (Bianchetti, 2003). Tali assunti derivano dalla Cultura Cattolica italiana degli
Assenza/1 . E’ questo il termine che meglio rappre-
anni cinquanta, periodo in cui le periferie erano nella
senta la nona edizione di Periferico Festival. Assen-
visione collettiva luoghi di disagio e disuguaglianza
za in contrapposizione ad una matericità data. Quella
(ibidem). Tuttavia c’è una sostanziale differenza; nel
dei muri e degli oggetti del Villaggio Artigiano. Nella
Villaggio Artigiano di Periferico l’assenza non è di
visione iniziale dei curatori del festival sembra es-
qualcosa di indefinito, ma dell’attore principale: l’o-
serci una ricerca continua sul tema della percezione;
peraio, il lavoratore, l’imprenditore, ov vero il prota-
in questo caso riguarda la percezione dell’assenza di
gonista.
qualcosa, che già dalla scorsa edizione è al centro delle
Il tema ritorna continuamente nelle esibizioni e nelle
loro principali rif lessioni. Ho trovato vi fosse un filo
conversazioni tenutesi tra artisti e pubblico per essere
conduttore ben visibile tra le performance e le varie
ribadito quasi ossessivamente fino a staccarsi dal luo-
attività comprese nel programma. La metafora dell’as-
go e diventare astrazione. Il rischio è sempre quello
senza, data dalla non presenza dell’attore all’interno
di portare lo spettatore troppo in questo senso, e di
dello spettacolo e all’interno del palcoscenico, quasi
perdere di vista gli obiettivi primari che non sono la
a voler significare che come l’attore scompare dal te-
performance in sé, ma la performance contestualizza-
atro così il lavoratore scompare dai luoghi del lavoro,
ta all’interno di un luogo che ha la stessa essenza dello
tanto più nel Villaggio Artigiano dove a sparire non
spettacolo stesso.
è solo l’uomo ma anche il lavoro stesso (è l’esempio di performance come quella di OHT e Muta Imago).
Rovesciare . Si è tentato all’interno del festival di ope-
Quindi non soltanto un tributo alla tecnologia e alla
rare un rovesciamento della dicotomia pubblico-pri-
contemporaneità ma anche un voler rimarcare meta-
vato. Il Villaggio è come già detto più volte in pre-
foricamente la necessità di un cambiamento che al di
cedenza, un territorio nato e governato interamente
fuori è già in atto. All’inizio degli anni sessanta, Aldo
dalla sfera privata; lo spazio pubblico è rappresenta-
Rossi definisce la periferia come “luogo dell’assen-
to esclusivamente dalle strade. Altro intento di que-
za 2 ”. E’ opinione comune che nelle periferie manchi
sta edizione è stato quindi quello di ribaltare i fatti,
innanzitutto l’ordine, le cose e gli spazi siano posti gli
proponendo l’”occupazione” da parte del pubblico di
uni accanto agli altri, i dualismi e le opposizioni si
spazi e luoghi di proprietà privata. Il rovesciamento
1 Ripreso dal manifesto di Periferico Festival 2017, consultabile su amigdalaperiferico.wordpress.com 2 Rossi A., La città e la periferia, in “Casabella Continuità”, n.253, 1961
158
TRANSIZIONI
è riuscito; sono stati di grande valore simbolico gli spettacoli, le mostre, le installazioni e le performance
Spazi. Luogo, spazio eventi con cucina 2017
PA R T E III
159
compiute in quei luoghi non teatrali1 come ex officine
più o meno lungo all’interno del villaggio. Questo già
e cortili che hanno portato il pubblico ad apprezzarli
di per sé è centrale, lo spettatore è coinvolto in un’e-
nonostante questo. Il rischio questa volta è che non si
sperienza che inizia prima dell’inizio, lo costringe ad
capisca interamente lo sforzo. L’atto del rovesciare è
osservare qualcosa che in automobile non potrebbe ve-
per gli ideatori una spinta oltre i limiti delle conven-
dere, una di quelle parti oggi “inconsce” di città che si
zioni, un’occasione di rif lessione immensamente im-
presentano dense di continue scoperte1. Il camminare
portante, una ricerca di qualcosa di non è disponibile
diventa unica performance e lo spettatore il performer
là dove è disponibile, non un semplice proporre qual-
nel caso, appunto, della “Geoesplorazione”, dove il
cosa di effettivamente innovativo in luoghi alternativi
punto è guardarsi intorno accompagnati da una guida;
a rimarcare una semplice differenza con altri format.
oppure nel caso dello spettacolo di Isabella Bordoni 2
Se un pubblico attento e culturalmente preparato come
o dell’installazione di Ljud 3 chiamata “Streetwalker”,
quello di Periferico tralascia gli aspetti fondativi del
opera site specific che cerca e trova l’arte là dove c’è
Festival per concentrarsi sulla performance in sé, l’o-
una discontinuità, un difetto o una situazione di non
biettivo è soltanto parzialmente raggiunto. Periferico
curanza, episodi ov viamente frequenti nel villaggio.
riesce nell’intento? La mia risposta è positiva. L’obiet-
La linea rossa di Ljud ha un doppio scopo, quello di
tivo è difficile, non scontato e si rischia di sprofondare
guidare alla scoperta delle “opere surreali” del villag-
in un acquitrino di retoriche. Questo rovesciare reso
gio, ma anche quello di attrarre persone all’interno es-
attraverso concerti e dibattiti ha permesso un’utiliz-
sendo posta a cavallo fra villaggio e zona residenziale
zazione differente degli spazi, ha altresì ricondotto la
vicina.
memoria ai tempi in cui le relazioni erano forti, e la
Fino a che punto il pubblico è consapevole delle sco-
condivisione di spazi privati per attività di gioco o ag-
perte che sta facendo?
gregazione era la normalità.
Ruolo dell’artista . Ultimo tema da me colto, domanEsplorare . Lo scoprire camminando è al centro del-
da importante ma a cui è difficile rispondere. Enrico
le rif lessioni del Collettivo Amigdala almeno da alcuni anni. All’interno del Villaggio questa pratica si conferma fondamentale per farlo conoscere a chi non lo conosce. Ogni evento svolto in qualsiasi spazio ha come punto di partenza la sede del festival, obbligando il pubblico a percorrere a piedi un tratto di strada
160
TRANSIZIONI
1 Careri F., Walkscapes. Camminare come pratica estetica, Einaudi, Torino, 2006. 2 Isabella Bordoni. Poeta, autrice, performer, artista visiva e sonora, ha partecipato a Periferico con la performance site specific Adiacenze 3 LJUD è un collettivo internazionale che esplora le possibilità di espressione artistica nello spazio pubblico basata sull’interazione piuttosto che sulla presentazione. Il principale obiettivo di LJUD è sviluppare una reciproca relazione con il pubblico, incoraggiando lo spettatore a diventare co-creatore di un gioco, un rituale e un evento sociale.
Performance. Claudia Catarzi, 40.000 cmq 2017
PA R T E III
161
Gabrielli 1, ospite dell’ultima conversazione pubblica,
Ciò che è meno rassicurante è la composizione del
ha risposto dicendo che “non è l’artista a poter dire
pubblico, che se lo si va ad esaminare è composto prin-
quale sia il proprio ruolo all’interno di una eventuale
cipalmente da appassionati o esperti di teatro e di arte
riattivazione di un luogo, proprio perché essendo ar-
contemporanea, dagli artisti stessi, da amici e da qual-
tista non ha la lucidità per farlo”. In questa risposta,
che abitante del villaggio o dei quartieri vicini. E’ noto
anche prendendo atto delle numerose discussioni fatte
come questa sia in realtà la fetta di pubblico che solita-
sul tema e della mia scarsa cultura in campo teatrale,
mente partecipa a questi eventi ed è logico che sia così.
sta anche la mia opinione. Mi è parso che molti artisti
Tuttavia, la cosa sorprendente è stata la partecipazione
abbiano in qualche modo bypassato la domanda. Ci si
da parte di alcuni abitanti del villaggio o dei quartie-
può chiedere in che termini un’affermazione di questo
ri vicini che, seppur non competenti o appassionati,
tipo sia pertinente. Se è vero che il ruolo dell’artista è
sono stati attirati dalla forza aggregativa del festival,
unicamente esprimere la sua arte senza dare giudizi
aumentata dalla massiccia presenza di concerti ed in-
sui suoi effetti concreti, allora significa che a suppor-
contri informali con gli artisti. Inizialmente io stesso
to delle azioni artistiche deve assolutamente esserci
ho sottovalutato l’importanza di vedere persone appa-
qualcos’altro. Per evitare di lasciare soli a combattere
rentemente “fuori contesto” partecipare con entusia-
contro i mulini a vento un collettivo di persone appas-
smo, ma dopo un colloquio avuto con la presidentessa
sionate, competenti e determinate, che però hanno a
del collettivo, Federica Rocchi 2 , è stato chiaro che loro
che fare con un luogo estremamente complesso e stra-
intento è sì sensibilizzare e consapevolizzare la collet-
tificato.
tività sul problema del Villaggio Artigiano, ma l’importanza maggiore è nell’approccio. L’obiettivo non è
162
Presenze . All’edizione 2017 erano presenti una quin-
attirare la massa, bensì inserirsi “dentro la questione
dicina di artisti, oltre ad una decina tra critici, addet-
della relazione” esplorando le singolarità: il messaggio
ti stampa etc. Non dispongo dei dati sull’aff luenza di
deve passare attraverso il contatto diretto e prolunga-
pubblico ma la percezione è che la media sia di 60/70
to con la persona, è solo così che aumentano le possi-
persone per ogni spettacolo e circa 15/20 per le con-
bilità che venga recepito. E’ lecito preferire un approc-
versazioni, oltre ov viamente al pubblico che ha potuto
cio di questo tipo preferendolo a quello che punta ai
osservare le installazioni dei vari artisti. Tutto som-
grandi numeri il quale attirerebbe sì maggiormente,
mato non male per un evento così di nicchia e volto
ma rischiando di non lasciare il segno nella coscienza
alla valorizzazione dall’arte del teatro.
delle persone riguardo ad un tema che per i più è “ur-
1 Enrico Gabrielli. Polistrumentista e compositore, è membro di alcuni tra i più influenti gruppi musicali italiani come Mariposa e Calibro35.
2 Dialogo privato con Federica Rocchi avvenuto in data 12 luglio 2017.
TRANSIZIONI
Performance. OHT, JA Installazione. Amigdala, la disobbedienza dell’acqua 2017
PA R T E III
163
gente”. Altro elemento importante è risultata essere
naufragare definitivamente l’idea (che era già in fase
“l’invasione” degli spazi da parte di artisti, percorsi
avanzata di organizzazione). Oltre alla giustificazione
e opere. Gli abitanti, i lavoratori e i frequentatori del
(lecita) riguardante la sicurezza, si nota come sia com-
villaggio si sono visti assediati da qualcosa di diverso,
plicato muoversi al di fuori dei recinti costituiti dai
che esce dall’ordinario e, se per qualcuno può essere
regolamenti anche quando lo scopo è lo svolgimento
stato un problema, molti hanno accolto la novità con
di un festival promotore di arte e cultura. L’assenza
entusiasmo, partecipando al programma e all’interes-
della politica locale è intesa come l’essere ancora trop-
sante iniziativa “OvestMap”, ov vero una mappatura
po restia nell’accettare l’idea per cui la città e le sue
partecipata volta ad aiutare nella lettura degli spazi
dinamiche possano sfuggire ad un totale controllo.
del villaggio e a mettere in risalto quelli più importan-
Cosa esce dall’esperienza del festival riguardo al rap-
ti per la collettività .
porto città-produzione oggetto della tesi?
1
Assenza/2 . La politica locale. Il comune di Modena
Città . Dentro al Villaggio (inteso in senso ampio) c’è
ha patrocinato l’evento, e probabilmente lo ha anche
città. Oggi, nel momento in cui la crisi produttiva del
finanziato in parte. Ciò che non ha fatto è permette-
piccolo artigianato è ai massimi, la componente so-
re l’utilizzo di determinati spazi, come la massicciata
ciale sembra avere più peso all’interno del Villaggio
ferroviaria, e soprattutto non permettere un av vicina-
Artigiano, almeno questa è la percezione. E’ ben visi-
mento più ampio della collettività all’evento. Intento
bile la composizione di queste popolazioni: perlopiù
di Amigdala era quello di creare una sorta di “Periferi-
anziani e stranieri. Il contatto con l’esterno av viene
co Off ” oltre la ex ferrovia, in alcuni spazi di proprietà
in modo unilaterale. Dal villaggio si esce ma non si
del Comune connettendo fisicamente i due quartieri
entra se non per scopi lavorativi o comunque legati ad
con due eventi collegati e riservando la parte “Off ”
essi. Via Emilio Po è la strada che connette, attraverso
alle associazioni di quartiere che organizzando eventi
fronti urbani completamente diversi, le due parti, ed
meno orientati all’arte avrebbero av vicinato una fetta
è una strada viva, come viva è la parte di città confi-
più grande di popolazione al festival. Il Comune ha
nante con i capannoni. Una vivacità che solo a fatica
dapprima dato l’autorizzazione per poi ritirarla di-
contagia la parte ovest. Il rapporto del Villaggio Arti-
cendo che non sarebbe stato sicuro l’attraversamento
giano con la città è un rapporto di compenetrazione.
della massicciata per recarsi dall’altra parte, facendo
Non c’è una distinzione netta tra i due ma solo una
1 OvestMap è un progetto portato avanti da Amigdala insieme all’arch. Silvia Tagliazucchi ed ha lo scopo di individuare, tramite una mappatura partecipata, quali sono i luoghi del Villaggio Artigiano considerati per vari motivi più rappresentativi dai suoi abitanti e frequentatori.
164
TRANSIZIONI
certa differenza che probabilmente anche i modenesi vedono a fatica. Le motivazioni sono anche morfolo-
Installazione. LJUD, Streetwalker 2017
PA R T E III
165
giche: le strade, anche se totalmente asfaltate e prive
rapporto arte-artigianato-lavoro. E’ quindi metten-
di marciapiedi sono strette, mantengono un rapporto
do insieme le due edizioni che forse si possono trar-
stretto con la persona che vi cammina. Camminare nel
re maggiori conclusioni riguardo ad essa. Provando a
Villaggio non vuol dire attraversare un’area industria-
rovesciare il rapporto sembra che la produzione stia
le ma un pezzo di città che comunque la si voglia vede-
ancora uscendo, provando a rientrare ma senza riu-
re rimane tale. Il verde pubblico non c’è ma gli alberi
scirci. Le varie spinte (non abbastanza forti) per una
spesso sì, perché sono privati; nel momento in cui ti
mutazione della produzione e dell’imprenditoria in
senti estraneo perché vaghi tra capannoni, ecco che da
generale nel Villaggio sembrano essere troppo deboli,
una casa escono persone che all’interno hanno appe-
e questa cementificazione di cui si parla nel manifesto
na professato il loro culto; durante i giorni feriali un
sembra destinata a protrarsi ancora a lungo. Sembre-
misto tra manager, operai, artigiani, fornitori e clienti
rebbe all’infinito.
arricchiscono la popolazione già presente creando un
Se si prova ad immaginare, attraverso l’analisi dei dati
mix vitale e necessario.
a nostra disposizione, quale potrà essere la condizione
Periferico basa tutto, o quasi, su questo. Gli spazi ven-
del Villaggio tra un decennio, se la situazione dovesse
gono occupati per la gente, il verde lo si va a cercare
rimanere questa, lo scenario potrebbe essere questo:
all’interno di aree private e si cerca di goderne, le of-
una buona percentuale di imprese, quelle condotte an-
ficine si riusano per usi aggregativi, il tutto attraverso
cora da anziani, potrebbero chiudere (circa il 15%), al-
il filtro dell’arte e del teatro, che trasforma luoghi e
cune delle nuove potrebbero trasferirsi nel caso in cui
abitanti in attori e noi in spettatori estranei di questa
il comune decidesse di non investire in una trasforma-
“diversa vitalità ”. In questo contesto cerchiamo di ca-
zione dell’area. Il risultato porterebbe ad un aumen-
pire i problemi di un luogo e cerchiamo di risolverli.
to della dismissione che soltanto una compensazione
Tutto sta nel vedere quanti di questi attori riusciremo
da parte di imprenditori o abitanti stranieri potrebbe
realmente a coinvolgere.
scongiurare. Il festival fa da legante: sta continuando a dare speranza a coloro che, oggi spesso prede della
Produzione . Che abbia un ruolo minore di un tempo
disillusione, hanno creduto in un Villaggio Artigiano
l’abbiamo ribadito più volte. Dopo il festival, ai miei
eterno.
occhi, il suo ruolo esce ulteriormente indebolito. For-
166
se anche perché la lente di ingrandimento quest’anno
Alcune conclusioni . Periferico mette l’accento sulle
era su altri temi, più metaforici, rispetto alla scorsa
tematiche urgenti del Villaggio. Un’assenza che va col-
edizione in cui si è indagato più specificamente il
mata con nuove presenze, che si spera si possano ritro-
TRANSIZIONI
Geoesplorazione 2017
PA R T E III
167
vare attraverso il progetto del Community hub. Sono
ricambio tanto sperato debba essere (anche per volere
rimasto molto colpito dalla sensibilità con cui i ragaz-
del pubblico) spontaneo e si debba solo aspettare che
zi di Amigdala hanno affrontato questi temi e questo
arrivi, anche a scapito di un patrimonio che va verso
luogo. Il fatto che il dibattito si sia spesso spostato
la rovina.
verso il giudizio di un format o di una singola performance per arrivare a criticare la scelta dell’artista che
6.3 Il Community Hub come innesco
la ha proposta, invece di focalizzarsi su una visione
#OvestLab è uno spazio messo a disposizione dal
ampia su quello che il festival propone e perché lo fa,
Consorzio Attività produttive Aree e Servizi a partire
va a mio parere a neutralizzare parte degli intenti. Se
dal 2015 all’interno del Villaggio Artigiano Modena
posso muovere una critica, mi pare che poco si sia par-
Ovest, più precisamente in un contenitore rimasto
lato con gli artisti del Villaggio Artigiano nonostante
sfitto di una falegnameria in Via Nicolò Biondo.
la centralità del tema.
Fin dalla sua nascita, sono state promosse al suo inter-
Per quel che riguarda le effettive conseguenze del fe-
no varie iniziative con l’obiettivo principale di coin-
stival, penso che ci si debba chiedere come si può fare
volgere e sensibilizzare gli abitanti della città intera
ad aumentare ancora la partecipazione dall’interno
sui temi della rigenerazione urbana, in particolare
del villaggio pur mantenendo un rapporto stretto con
all’interno del contesto del Villaggio.
tutti che permetta di agire ancor più in profondità per
Il Consorzio ha deciso di dare continuità all’esperien-
aumentare la consapevolezza dei problemi.
za iniziata nel 2015 di #OvestLab, caratterizzando l’i-
Interessante è stato rimanere nel Villaggio così a lun-
niziativa:
go. Mi ha fatto rendere conto di cose di cui non mi ero
168
accorto e conoscere persone interessanti. I colloqui, le
- come spazio di riuso temporaneo, su diversi fronti, in
esplorazioni, il fruire nei luoghi hanno fatto emergere
grado di costituire un punto di riferimento per la comu-
una dimensione inedita del Villaggio: la sua grande
nità che risiede e lavora al Villaggio Artigiano, motore
porosità. Gli spazi sono f lessibili e pronti ad acco-
propulsore di un rinnovamento che potrà svilupparsi in
gliere, le persone disponibili ed entusiaste di aiutare
altri spazi dell’area. Un centro di connessione di com-
e mettere i propri spazi a disposizione del pubblico;
petenze in grado di generare significative sperimenta-
caratteristiche direi fondamentali da tenere in consi-
zioni nei campi dell’arte, della progettualità, dell’ im-
derazione. Più opaco il discorso intorno alla produ-
prenditoria sociale e dell’economia della condivisione;
zione. Mi è parsa lontana, come se fosse scontato che
- come campo di connessione, tra discipline artistiche,
quella è e quella deve rimanere se possibile. Come se il
produzione artigianale, rigenerazione urbana, parteci-
TRANSIZIONI
Performance. Isabella Bordoni, Adiacenze Conversazione. Isabella Bordoni, cortile privato 2017
PA R T E III
169
pazione dei cittadini: da una scuola di artigianato in
Cesare Leonardi 3 . Inoltre c’è una lista composta da
stretta connessione con le imprese del Villaggio, alla
una decina di utilizzatori tra cui figura l’Ordine degli
produzione in ambito artistico soprattutto laddove
architetti di Modena.
connessa con il ‘ fare’ manuale, dalla piantumazione e
Questi i punti principali della “manifestazione di inte-
cura del verde al riuso degli spazi;
resse”4 da parte dei due co-gestori che riassumono gli
- per promuovere la rigenerazione, a partire dal valore
obiettivi principali del triennio.
delle competenze che risiedono o che vanno ricostituite. “#OvestLab quindi come Community Hub: la rigenera-
Obiettivi. Miriamo a fare di OvestLab un luogo di “pro-
zione urbana come occasione di innovazione culturale,
duzione” in svariati campi e settori. “Produzione” inte-
economica e sociale”;
sa come comune denominatore delle molteplici attività
- quale struttura a servizio della comunità. Deve di-
che hanno caratterizzato la storia del Villaggio Arti-
venire spazio ibrido e/o di produzione e di lavoro, che
giano: in ambito artistico (arti performative e visive,
fa convivere l’artigiano e la postazione per il creativo.
luogo di residenza per artisti etc), in ambito progettua-
Deve essere in grado di cambiare funzione e ospitare
le (design, architettura, nuove tecnologie, artigianato).
pratiche dif ferenti, che si alternano nel corso della gior-
Allo stesso modo, un luogo di “produzione” stimola pro-
nata o nei giorni della settimana. È insieme avvio, ga-
cessi capaci di tradurre capacità, conoscenze e talenti
ranzia e presidio di processi di rigenerazione urbana.
in occasioni concrete di realizzazione, divenendo luogo
Prova a contrastare l’esclusione, generando lavoro. Ac-
di formazione di eccellenza. Immaginiamo il Villaggio
compagna i processi e ne è protagonista. Abilita attori,
Artigiano del futuro come un luogo dove gli spazi la-
sostiene percorsi di resilienza. È l’ innesco di comunità
sciati vuoti dalla chiusura dei laboratori artigianali
in corso (CAPAS, 2017) .
possano essere riprogettati e convertiti a nuove espe-
1
rienze imprenditoriali e progettuali, in continuità con Questi, i paletti messi dal Consorzio che, attraverso
una tradizione fatta di competenze e innovazioni.
una convenzione bandita a inizio 2017 , ha assegnato 2
alle associazioni vincitrici gli spazi dell’Hub, garan-
Ogni campo di attività è associato ad una disciplina o
tendo il pagamento del canone di affitto per 3 anni.
a specifiche attività:
Risultano ad oggi co-gestori l’associazione Amigdala (organizzatrice di Periferico) e l’Archivio Architetto 1 Dalla pagina: http://www.capmodena.it 2 Concessione per la concessione in co-gestione e/o utilizzazione dell’immobile OvestLab del 5 maggio 2017.
170
TRANSIZIONI
3 Associazione nata per far conoscere e valorizzare il lavoro e le opere dell’architetto Cesare Leonardi, il quale è abitante del Villaggio Artigiano. L’associazione avrà un ruolo chiave nella proposta di attività legate all’artigianato e nella cura di mostre e convegni. 4 Manifestazione di interesse per l’affidamento della co-gestione e utilizzazione dell’immobile OvestLab. Soggetti proponenti: Ass. Amigdala, Archivio architetto Cesare Leonardi.
#Ovestlab. Presentazione “Un Community Hub al Villaggio Artigiano OvestMap. Mappatura partecipata dei luoghi del Villaggio Artigiano 2017
PA R T E III
171
1.
Rigenerazione: produzione progettuale. Rea-
tanti del quartiere. Questo, dice Federica Rocchi 1, pre-
lizzazione all’ interno di OvestLab di workshop tema-
sidente dell’associazione Amigdala, av verrà attraverso
tici indirizzati alla progettualità applicata a diversi
la proposta di Workshop e laboratori, ma anche con
ambiti e a diverse scale, indirizzati a studenti e giovani
attività che prevedono la promozione dell’arte, dello
professionisti. I workshop mireranno a sviluppare un
spettacolo e del divertimento. La scuola del fare avrà
pensiero progettuale anche attraverso il contributo di
un ruolo determinante nel garantire ancora un ruolo
personalità autorevoli e di tutor […]
creativo al Villaggio Artigiano, gli allievi, attraverso
2.
Arte come interconnessione: produzione ar-
la permanenza nelle officine con gli artigiani potran-
tistica. Creazione di un luogo di produzione artistica
no apprendere e al tempo stesso creare. Questo a un
riconosciuto sia a livello locale, che connesso con espe-
duplice scopo: da una parte si cercherà, attraverso la
rienze e sperimentazioni artistiche internazionali, luo-
scuola, di mantenere in vita la dimensione artigianale
go di residenza, ricerca e produzione artistica ad ampio
tradizionale propria del Villaggio, dall’altra si punta
raggio.[…]
ad av viare verso un nuovo tipo di artigianato che pos-
3.
Scuola del fare: produzione artigianale. Crea-
sa dar vita ad un movimento “innovativo” che faccia si
zione di una vera e propria scuola in cui acquisire cono-
che anche a Modena si possano far interagire la produ-
scenze e apprendere tecniche di lavorazione artigianale
zione tradizionale e la cosiddetta “industria 4.0”.
rivolte a più ambiti, realizzata all’ interno delle of ficine
Per quanto riguarda la promozione dell’arte, si cer-
artigiane del quartiere e connessa con OvestLab. […]
cherà di inserirla all’interno del Villaggio in modo
4.
Of ficina come spazio pubblico: produzione di
diffuso attraverso performance di vario genere che va-
comunità. Fare di OvestLab un luogo aperto agli abi-
dano in primis ad inserirsi nel contesto mediante re-
tanti, ai lavoratori, ai frequentatori del Villaggio Ar-
sidenze di artisti che quindi dovranno proporre opere
tigiano e uno spazio realmente condiviso attraverso il
site-specific. Ma verranno proposte anche esibizioni
loro coinvolgimento costante nelle attività. […]
e mostre che dovranno avere luogo, come nel caso di Periferico, in luoghi altri.
A conferma delle proposte inserite nella manifestazio-
Tuttavia, nonostante le attività fin qui illustrate siano
ne di interesse, Amigdala e i co-gestori mirano a tra-
estremamente importanti per tentare una ricostru-
sformare OvestLab in un luogo di aggregazione che sia
zione della sfera sociale, da un punto di vista urbano
attivo sette giorni su sette e attiri a sé il maggior nu-
l’intento più significativo è quello di procedere verso
mero di persone possibili, principalmente tra gli abi-
l’utilizzo temporaneo di una certa quantità di spazi. 1 Dialogo privato con Federica Rocchi tenutosi in data 12 luglio 2017.
172
TRANSIZIONI
Lo spazio OvestLab infatti, nonostante sia stato rima-
la possibilità di affittare i propri immobili con con-
neggiato per permetterne un altro utilizzo, rimane di
tratti di cinque o dieci anni, o addirittura di vendere,
dimensioni contenute che non permettono di farvi una
va da sé che questo non è conciliabile, per i motivi già
grande quantità di attività: un utilizzo non ne permet-
ampliamente esplicati, con le necessità e le condizioni
te uno diverso allo stesso tempo. Detto questo, Ami-
economiche e sociali odierne. Arduo compito dei pro-
gdala intende continuare l’esperienza di Periferico in
motori, sarà dunque quello di tentare una (probabil-
cui le performance sono av venute in molteplici luo-
mente) lunga mediazione che permetta di cambiarne le
ghi. L’obiettivo è quello di creare una rete di spazi che
posizioni. Un primo risultato è già stato raggiunto, af-
vivano in modo differente all’interno del Villaggio.
ferma ancora Federica Rocchi, quando “per l’edizione
Questo potrebbe av venire grazie al coinvolgimento di
2017 di Periferico, siamo riusciti a convincere alcuni
più associazioni che, ciascuna nel proprio settore, po-
proprietari a concederci spazi con contratti di affit-
trebbero proporre diverse attività e attrarre differenti
to della durata di dieci/quindici giorni, mentre l’anno
fette di pubblico. Il riuso temporaneo di spazi però,
scorso non volevano nemmeno sentirne parlare”. Esi-
implica un dispiegamento di forze che va ben oltre la
ste ancora quindi, ed è radicata, la convinzione che il
semplice iniziativa di qualche associazione, sono in-
Villaggio così com’è oggi sia appetibile, mentre non si
fatti molteplici e diversi i problemi che si incontreran-
tiene in considerazione che prima che possa ritornare
no nella messa in opera del processo.
tale si deve passare da questi tipi di proposte.
In primo luogo deve esserci un supporto totale da
Infine c’è il problema non trascurabile della fram-
parte dell’amministrazione comunale, che attraverso
mentazione proprietaria. All’interno del quartiere,
azioni, anche di carattere legislativo, dovrebbe preve-
esistono edifici, i più piccoli, che spesso hanno un
dere tali pratiche con l’intento di spronare i proprieta-
unico proprietario, che altrettanto spesso abita ancora
ri a mettere a disposizione i propri edifici.
nell’edificio o comunque in città. Gli edifici più gran-
In secondo luogo si riscontra a volte una certa chiusu-
di, invece, risultano di proprietà di grandi finanziarie
ra da parte degli abitanti. A causa della complicata si-
o banche che difficilmente hanno interesse a metter-
tuazione sociale e delle tradizioni radicate presenti nel
li a disposizione con contratti di riuso temporaneo, e
Villaggio, sarà molto difficile far cogliere ad abitanti,
per questo spesso si rendono irreperibili. A maggior
proprietari e imprenditori l’importanza dell’iniziativa
ragione, come detto, l’apporto del pubblico risulterà
di riuso temporaneo degli spazi che si vorrebbe av-
fondamentale, ma altrettanto lo saranno tutte quelle
viare attraverso il Community Hub. Nell’immaginario
relazioni che i gestori riusciranno a tessere con altri
collettivo c’è ancora l’intento (e la speranza) di avere
enti, soprattutto quelli portatori diretti di interessi.
PA R T E III
173
Per questo gli intenti di Amigdala sono supportati da molti enti, imprese, università e associazioni che metteranno in campo le loro energie per la riuscita del progetto. Ciò che è necessario indagare sono le implicazioni che tali azioni avranno all’interno degli spazi per creare una rete che rivitalizzi il quartiere e funga da catalizzatore1 per l’av vio di nuove attività e di una nuova struttura sociale.
1 Oswalt P., Urban Catalyst: The Power of Temporary Use, DOM Publishers, Berlin, 2009.
174
TRANSIZIONI
Performance. LJUD Streetwalker 2017
PA R T E III
175
PARTE IV.
7. Scenari di nuove localizzazioni e implicazioni sullo spazio del Villaggio Artigiano
7.1 Il Villaggio Artigiano non è uno spazio fermo
178
Che i movimenti siano minimi è ormai chiaro a tutti,
partenza importante che ci permette di dire che non è
così come è chiaro che essi però vi sono. Movimenti in
possibile dimenticarsi di questo luogo. Non è possibile
“negativo” come le sospensioni che sovente si trasfor-
non tenere in considerazione che le oltre cento impre-
mano in dismissione, le previsioni di smantellamento
se ivi insediate devono avere la possibilità di rimaner-
che solo in parte hanno un seguito oppure l’abbando-
vi nonostante alcune siano di medio-grande dimen-
no della residenza, raro grazie a processi di filtering
sione: non tutti possono essere costretti ad andarsene.
down. Movimenti in “positivo” come il riuso per altre
Non è possibile neppure dimenticarsi della storia di
funzioni di spazi ex produttivi, l’utilizzo temporaneo
questo luogo. La memoria, seppur esageratamente en-
(ancora limitato) di Amigdala oppure la ri-colonizza-
fatizzata fino a considerare il villaggio al pari di un
zione da parte di nuove imprese. Il quadro delle co-
centro storico, rimane importante. Allo stesso tem-
noscenze è andato formandosi attraverso il rilievo e
po è necessario prendere le distanze da malinconiche
prende forma attraverso il disegno. Il mutamento ur-
soluzioni e idee di preservazione totale. E’ necessario
bano passa attraverso i cambiamenti all’interno de-
porre al centro del discorso l’eventualità di una me-
gli spazi architettonici che in questo caso sono quel-
diazione che, inevitabilmente, presume la presa di co-
li discreti e ordinari del grande sviluppo modenese.
scienza dell’importanza di mantenere per il Villaggio
La cauta dinamicità del villaggio funge da punto di
un ruolo produttivo. Il bilanciamento tra movimenti
TRANSIZIONI
in negativo e movimenti in positivo passa per azioni di tipo politico ma anche progettuale. Proprio il progetto può essere strumento per conoscere, può essere forma specifica di interrogazione della realtà 1. E’ questo il motivo per cui il rilievo dei movimenti, o meglio del non stare fermo del villaggio, che si insedia nelle sue forme architettoniche e nei suoi spazi aperti, fa parte del progetto stesso.
1 Viganò P., I territori dell’urbanistica. Il progetto come produttore di conoscenza, Roma, Officina, 2010.
PA R T E IV
179
Spazi della sospensione 1
182
TRANSIZIONI
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12 13
14 15
16 17 18 19
20
21
22
23 24 25 26 27 28 29 30
31 32
33 34
35
PA R T E IV
183
Un patrimonio eterogeneo di spazi dismessi
184
TRANSIZIONI
1.
2.
tipo: capannone sup. lotto: 1110 m2 sup. coperta: 580 m2 sup. coperta sospesa: 580 m2 proprietà:azienda
5.
3.
tipo: capannone sup. lotto: 3830 m2 sup. coperta: 2530 m2 sup. coperta sospesa: 2530 m2 proprietà: finanziaria
6.
tipo: capannone sup. lotto: 3100 m2 sup. coperta: 1845 m2 sup. coperta sospesa: 1845 m2 proprietà: azienda (Fonderie Cooperative)
9.
7.
10.
13.
tipo: capannone/uffici sup. lotto: 6574 m2 sup. coperta: 907 m2 sup. coperta sospesa: 907 m2 proprietà: azienda
tipo: capannone sup. lotto: 1435 m2 sup. coperta: 808 m2 sup. coperta sospesa: 600 m2 proprietà: persona fisica
tipo: capannone/residenza sup. lotto: 1660 m2 sup. coperta: 800 m2 sup. coperta sospesa: 565 m2 proprietà: persona fisica
12.
tipo: capannone sup. lotto: 3102 m2 sup. coperta: 2185 m2 sup. coperta sospesa: 2185 m2 proprietà: azienda (R.G. srl)
15.
tipo: capannone/residenza sup. lotto: 1160 m2 sup. coperta: 661 m2 sup. coperta sospesa: 661 m2 proprietà: persona fisica
tipo: capannone sup. lotto: 2726 m2 sup. coperta: 971 m2 sup. coperta sospesa: 971 m2 proprietà: persona fisica
8.
11.
14.
tipo: residenza sup. lotto: 794 m2 sup. coperta: 297 m2 sup. coperta sospesa: 123 m2 proprietà: persona fisica
tipo: commerciale/uffici sup. lotto: 501 m2 sup. coperta: 297 m2 sup. coperta sospesa: 297 m2 proprietà: persona fisica
tipo: capannone sup. lotto: 4320 m2 sup. coperta: 2712 m2 sup. coperta sospesa: 2712 m2 proprietà: finanziaria
tipo: residenza sup. lotto: 838 m2 sup. coperta: 297 m2 sup. coperta sospesa: 297 m2 proprietà: azienda (Panini srl)
4.
tipo: capannone/residenza sup. lotto: 3030 m2 sup. coperta: 2347 m2 sup. coperta sospesa: 2347 m2 proprietà: immobiliare
16.
tipo: capannone sup. lotto: 976 m2 sup. coperta: 685 m2 sup. coperta sospesa: 591 m2 proprietà: persona fisica
tipo: capannone/residenza sup. lotto: 2001 m2 sup. coperta: 1213 m2 sup. coperta sospesa: 215 m2 proprietà: azienda/immobiliare
PA R T E IV
185
17.
18.
tipo: capannone sup. lotto: 949 m2 sup. coperta: 612 m2 sup. coperta sospesa: 394 m2 proprietà: persona fisica
19.
tipo: capannone sup. lotto: 601 m2 sup. coperta: 469 m2 sup. coperta sospesa: 469 m2 proprietà: azienda
20.
tipo: capannone/residenza sup. lotto: 5448 m2 sup. coperta: 3704 m2 sup. coperta sospesa: 3704 m2 proprietà: azienda (Liu Jo)
21.
tipo: capannone sup. lotto: 4030 m2 sup. coperta: 2498 m2 sup. coperta sospesa: 2277 m2 proprietà: azienda (Caprari spa)
23.
tipo: capannone sup. lotto: 2496 m2 sup. coperta: 2338 m2 sup. coperta sospesa: 490 m2 proprietà: persona fisica
24.
28.
tipo: capannone/residenza sup. lotto: 1808 m2 sup. coperta: 725 m2 sup. coperta sospesa: 725 m2 proprietà: persona fisica
186
25.
tipo: capannone sup. lotto: 3489 m2 sup. coperta: 1226 m2 sup. coperta sospesa: 922 m2 proprietà: finanziaria
tipo: capannone/residenza sup. lotto: 1456 m2 sup. coperta: 774 m2 sup. coperta sospesa: 774 m2 proprietà: azienda (La Mudnesa)
27.
TRANSIZIONI
22.
tipo: capannone /commerciale/residenza sup. lotto: 1038 m2 sup. coperta: 804 m2 sup. coperta sospesa: 804 m2 proprietà: immobiliare
tipo: capannone/uffici sup. lotto: 3289 m2 sup. coperta: 2216 m2 sup. coperta sospesa: 200 m2 proprietà: persona fisica
26.
tipo: capannone sup. lotto: 2513 m2 sup. coperta: 750 m2 sup. coperta sospesa: 600 m2 proprietà: azienda
29.
tipo: capannone sup. lotto: 1357 m2 sup. coperta: 1235 m2 sup. coperta sospesa: 712 m2 proprietà: persona fisica/azienda
30.
tipo: capannone sup. lotto: 978 m2 sup. coperta: 564 m2 sup. coperta sospesa: 400 m2 proprietà: persona fisica
tipo: capannone sup. lotto: 962 m2 sup. coperta: 405 m2 sup. coperta sospesa: 198 m2 proprietà: persona fisica
31.
32.
tipo: capannone/residenza sup. lotto: 3995 m2 sup. coperta: 363 m2 sup. coperta sospesa: 363 m2 proprietà: azienda
34.
33.
tipo: capannone sup. lotto: 920 m2 sup. coperta: 284 m2 sup. coperta sospesa: 284 m2 proprietà: persona fisica
tipo: capannone sup. lotto: 2964 m2 sup. coperta: 1220 m2 sup. coperta sospesa: 1220 m2 proprietà: azienda
35.
tipo: capannone sup. lotto: 1728 m2 sup. coperta: 1049 m2 sup. coperta sospesa: 445 m2 proprietà: persona fisica
tipo: capannone sup. lotto: 1011 m2 sup. coperta: 531 m2 sup. coperta sospesa: 531m2 proprietà: immobiliare
PA R T E IV
187
Trasferimenti previsti dal POC-MOW 2012 La Commerciale Acciai
188
TRANSIZIONI
Air Liquid
Gaspari
Fonderie cooperative (entro 2022)1
Cromoduro
Oxi project
1- Ad oggi, soltanto le Fonderie Cooperative hanno dato la conferma di cessazione dell’attività , prevista entro il 2022.
PA R T E IV
189
Spazi della residenza 2
3
3
14
8
1 5
0
4 20
4 21
2
2 6 1 2 1 6
4
5
3 4 16 2
0
0
190
TRANSIZIONI
4
8
0
5 0 13 3
0
5
1 0
46 70 6 0
5
1
1321
15
23
7
12
0
1 8
0 3 0
6 6 3
1
19
0
7
1
0
5
5
9 2 1 4 2 3
1
1
11
4
n. residenti
9
225
2
2
n. residenti
PA R T E IV
191
Spazi riutilizzati Officina Lolli
Hippo’s Cafe
192
TRANSIZIONI
piccolo commercio
Congregazione
Atto Zero Congregazione Teatro
Parco
Luogo
Twenty One bar
cortile privato
Habana Palestra Cafe
cortile privato
Vespa Club #Ovestlab
Archivio Leonardi
Sir Francis Pub
ex Officine Cavallini
uso temporaneo degli spazi produttivi (Amigdala, Periferico festival)
Riusi di spazi produttivi
PA R T E IV
193
Nuovi usi produttivi (post 2009) Eternadile
194
TRANSIZIONI
Liuteria 3G
Moretti Fotografia
Clinica Eugin
Fabele startup
Laborarte
Bianco Design
Energon
PA R T E IV
195
7.2 Inserimenti Assegnazioni CAPAS 2011-2016 Anno
N.
Comune
Comparto
Sf mq.
Su mq.
Tipo di attivitĂ
Settore
2011
1
Modena
PIP 2 Via Pica
5.527
3.704
Manifatturiera
Meccanica
2011
2
Modena
PIP 2 Via Pica
9.118
6.291
Manifatturiera
Meccanica
2011
3
Modena
PIP10 Ponte Alto
2.077
1.246
Manifatturiera
Valvole idrauliche
2011
4
Modena
PIP10 Ponte Alto
2.752
1.651
Servizi alle imprese
Informatica e reti
2011
5
Modena
PIP 11 San Damaso
2.266
2.429
Manifatturiera
Meccanica
2011
6
Soliera
PIP Sozzigalli
8.676
5.223
Manifatturiera
Lavorazione carta/Packaging
2011
7
Bastiglia
PIP Capoluogo
2.975
1.785
Manifatturiera
Meccanica
2012
8
Modena
PIP10 Ponte Alto
12.103
7.262
Manifatturiera
Meccanica
2012
9
Novi
PIP COMA Vecchia
2.325
1.744
Costruzioni edili
Costruzioni edili
Non ha costruito
2013
10
Modena
PIP10 Ponte Alto
3.357
2.014
Manifatturiera
Meccanica
Non ha costruito
2013
11
Modena
PIP10 Ponte Alto
6.868
4.121
Manifatturiera
Meccanica
2013
12
Bomporto
PIP Capoluogo
5.200
3.380
Costruzioni edili
Costruzioni edili
2013
13
Bastiglia
PIP Capoluogo
2.333
1.400
Traporto materiali recupero ri uti
Traporto materiali recupero ri uti
2013
14
Novi
PIP COMA Vecchia
8.720
6.540
Costruzioni edili
Costruzioni edili
2014
15
Modena
PIP10 Ponte Alto
5.283
3.170
Manifatturiera
Meccanica
2015
16
Bastiglia
PIP Capoluogo
1.886
1.132
Traporto materiali recupero ri uti
Traporto materiali recupero ri uti
2016
17
Modena
PIP10 Ponte Alto
5.515
3.309
Manifatturiera
Meccanica
2016
18
Modena
PIP10 Ponte Alto
4.206
2.524
Commercio
Commercio/magazzino
2016
19
Modena
PIP 11 San Damaso
714
785
Manifatturiero
Meccanica
Non ha costruito
2016
20
Modena
PIP 11 San Damaso
1.195
1.315
Costruzioni edili
Costruzioni edili
Non ha costruito
2016
21
Modena
PIP 11 San Damaso
622
684
Servizi alle imprese
Impianti
Non ha costruito
2016
22
San Cesario
PIP La Graziosa
10.924
6.554
Commercio autoveicoli
Commercio autoveicoli
Non ha costruito
impianti 1
Non ha costruito
Non ha costruito
san cesario 1 soliera 1
commercio/magazzini 2
novi 2 trasporto materiali 2
bomporto 1
meccanica 11 costruzioni 3
carta/packing 1 informatica e reti 1
196
TRANSIZIONI
modena 14 bastiglia 3
15 17 11
8
4 3
6
7
13
16
1 2
12
5
Assegnazioni CAPAS 2011-2016
PA R T E IV
197
scheda 1
azienda 2.
lotto 6.
tipo di attivitĂ : manifatturiera settore: meccanica tipo di produzione: componentistica di precisione anno di assegnazione da parte del CAPAS: 2011 localizzazione lotto assegnato: PIP 2 Via Pica (Modena) Sf lotto: 9118 m 2 Su lotto: 6291 m 2 S effettiva capannone produttivo: 2000 m 2 S effettiva uffici: 568 m 2
photo Š Marco Fornari, 2016, fonte: web
198
TRANSIZIONI
localizzazione: Via Zarlati 100 tipo: capannone e uffici S lotto: 4320 m 2 S coperta sospesa: 2712 m2 S utilizzabile spazi produttivi: 2057 m 2 S utilizzabile uffici: 704 m 2 proprietĂ : finanziaria proposta: demolizione edificio nord, riqualificazione energetica, restyling facciata
PA R T E IV
199
scheda 2
azienda 3.
lotto 24.
tipo di attivitĂ : manifatturiera settore: meccanica tipo di produzione: valvole idrauliche anno di assegnazione da parte del CAPAS: 2011 localizzazione lotto assegnato: PIP 10 Ponte Alto (Modena) Sf lotto: 2077 m 2 Su lotto: 1246 m2 S effettiva capannone produttivo: 930 m 2 S effettiva uffici: 568 m 2
photo Š fonte: web
200
TRANSIZIONI
localizzazione: Via Biondo 114 tipo: capannone S lotto: 3489 m2 S coperta sospesa: 922 m 2 S utilizzabile spazi produttivi: 858 m 2 proprietĂ : finanziaria proposta: demolizione edificio a sud, ampliamento per uffici a ovest (343 m2), riqualificazione energetica, suddivisione lotto e nuovo ingresso da ovest
PA R T E IV
201
scheda 3
azienda 21.
lotto 25.
tipo di attività: servizi alle imprese settore: impianti tipo di produzione: non specificato anno di assegnazione da parte del CAPAS: 2016 localizzazione lotto assegnato: PIP 11 San Damaso (Modena) Sf lotto: 622 m 2 Su lotto: 684 m2 S effettiva capannone produttivo: non costruito S effettiva uffici: non costruito
photo © fonte: web
202
TRANSIZIONI
localizzazione: Via Emilio Po 190 tipo: capannone S lotto: 2513 m 2 S coperta sospesa: 600 m 2 S utilizzabile spazi produttivi: 600 m 2 proprietà: azienda proposta: ampliamento per uffici a sud (112 m 2), riqualificazione energetica, suddivisione del lotto dall’abitazione e nuovo ingresso autonomo
PA R T E IV
203
7.3 Il Villaggio Artigiano: una playground
Le maquettes di Isamu Noguchi, rappresentano spazi
della mobilità si pone in contraddizione con le scelte
pubblici o stralci di paesaggio che permettono l’inven-
fatte dalla politica locale mediante il POC e consegna
zione di giochi solo in parte strutturati . Sono spazi in
di fatto alla produzione la capacità di produrre gli spa-
cui è possibile giocare liberamente. Spazi in cui l’in-
zi. Il “progetto” vede una tensione/contrasto continui
frastrutturazione non è vincolante ad un certo tipo di
tra produzione e abitare che si polarizzano e poi si bi-
pratica. Le proposte paesaggistiche offrono opportu-
lanciano per mezzo dello spazio pubblico. Congetture
nità senza restrizioni ed hanno la pretesa di indurre ad
come ho detto. Che provano a muovere ciò che ha or-
un’amplificazione della capacità immaginativa.
mai forza limitata par farlo.
1
Nel Villaggio Artigiano si è giocato, ed ancora oggi lo si fa, ad una grande quantità di giochi. La grande
E’ bene puntualizzare come gli inserimenti forzati di
malleabilità degli spazi ha permesso la costruzione di
imprese all’interno del Villaggio Artigiano siano stati
storie stratificate nel loro tempo ma pur sempre di-
effettuati prendendo in considerazione i dati dimen-
pendenti da quella produttiva. Provando ancora ad
sionali, ma anche le esigenze di immagine. Le imprese
utilizzare la metafora della playground, il tentativo è
sono state scelte sia per settore che per dimensione, in
quello di ipotizzare, dopo gli inserimenti forzati, le
ogni caso si tratta di una produzione di tipo innova-
possibili conseguenze che essi potrebbero avere nel
tivo che non implica l’utilizzo di grandi macchinari e
destabilizzare l’equilibrio del Villaggio. Ov viamente
non provoca ingenti quantità di rifiuti.
sono pure congetture, un esercizio, che tuttavia prova a smuovere qualcosa che, a valle dello studio effettuato, difficilmente potrà stare fermo ancora a lungo. Gli inserimenti si affiancano, pur prevalendo in termini di peso, a tutte quelle esigenze, mutamenti già in atto, usi temporanei, che provano già un utilizzo del Villaggio diverso dal passato, che tuttavia da soli non hanno le forze necessarie per essere un innesco determinante. Le ipotesi quindi parlano di mobilità, produrre, abitare e spazi pubblici. Le infrastrutture si inseriscono e determinano cambiamenti. Il nuovo asse 1 Bianchetti C., Spina 3 e i paradossi della politica urbana, in Bagnasco A., Olmo C., a cura di, Torino 011. Biografia di una città, Milano, Mondadori Electa, 2008.
204
TRANSIZIONI
Isamu Noguchi. Playground Isamu Noguchi Museum, Long Island City, New York
PA R T E IV
205
Implicazioni
Geografia degli inserimenti
206
TRANSIZIONI
capovolgimento fronti sospensioni
nuovi usi
nuovi inserimenti
demolizioni
residenza
condivisione spazi connessione di opportunitĂ
a. mobilitĂ
b. residenza
polarizzazione funzionale numero residenze
c. spazio ppubblico
verde
PA R T E IV
207
a. Nuova mobilità per le imprese
Gli inserimenti forzati non fanno altro che accentuare una polarizzazione che già si nota dalle mappe della residenza e della produzione. Le residenze occupate si concentrano lungo gli assi trasversali (est-ovest) e nelle strade del centro del Villaggio Artigiano. Tutto intorno la produzione che tende ad addossarsi alla ex linea ferroviaria. L’ipotesi tiene conto, inoltre delle esigenze esplicitamente espresse dai nuovi imprenditori in merito all’immagine e alla contestuale facilità di raggiungimento. La linea della ex Milano – Bologna diventa quindi il f lusso produttivo principale, nonché, in parte “strada vetrina” di aziende comunque di piccola dimensione che non hanno le necessità spaziali delle vecchie fonderie e acciaierie, ma soprattutto non hanno lo stesso impatto sull’ambiente, sia in termini visivi che di inquinamento dei suoli. Si va formando così una griglia nella quale si intersecano f lusso produttivo e abitativo che a sua volta è connesso con la parte ovest del quartiere Madonnina. La strada poi prosegue andando ad intersecare la tangenziale av vicinando il Villaggio Artigiano all’esterno della città. Nella stessa direzione nord-sud potrebbe essere attivata anche una linea di trasporto su ferro (§ cap. 2) come previsto già dal POC.
208
TRANSIZIONI
Polarizzazione produttiva. prevalenza produttiva (nero) prevalenza abitativa (grigio)
PA R T E IV
209
Produzione
Polarizzazione produttiva attraverso il dismesso
210
TRANSIZIONI
Flussi produttivi (pesanti)
Flussi abitativi (leggeri)
PA R T E IV
211
Villaggio Artigiano. Nuova mobilitĂ
212
TRANSIZIONI
Modena Ovest. Nuova mobilitĂ
PA R T E IV
213
b. Nuove isole residenziali
L’ipotesi considera la possibilità di costituzione di enclave residenziali che si formano intorno agli assi abitativi principali. La polarizzazione verso il nuovo asse costringe ad una chiusura verso l’interno della sfera abitativa. Il capovolgimento dei fronti ne è un’implicazione diretta (p.219)
218
TRANSIZIONI
Lotto produttivo affacciato sul nuovo asse
Lotto abitativo affacciato su strada interna
Lotto iniziale misto affacciato su strada interna
Edificio nel lotto 24. Inserimento (scheda 2), suddivisione funzionale, creazione di un doppio fronte
PA R T E IV
219
c. Nuovo spazio pubblico
222
TRANSIZIONI
Lotto libero Fonderie Cooperative
nuovo asse mobilitĂ
Spazi connessi
Edificio sospeso lotto 19
Nuovo edificio polifunzionale
Spazio aggregazione
Lotto sospeso 12
Ipotesi di utilizzo degli spazi. Previsione di nuovi spazi pubblici su lotti sospesi o liberati da demolizione,valorizzazione della produzione e della residenza che vi si affaccia.
PA R T E IV
223
Note conclusive
Come messo in evidenza da Mattioli (2017)1, riferen-
cifica che rif lette i caratteri della situazione dell’oggi
dosi ad alcuni casi studio nell’Emilia centrale, La do-
a Modena.
manda di nuovi spazi per la produzione, si contrappo-
Volendo trarre dalla ricerca conclusioni pertinenti, si
ne a e intreccia i compresenti processi di ritrazione.
può parlare di una duplice uscita. Da una parte, c’è
In contrasto con retoriche diffuse e inf luenti (come
la produzione di uno scenario generale che interse-
quella relativa al consumo di suolo), essa sollecita una
ca economia e territorio e considera Modena nel suo
rif lessione più generale sul modello di sviluppo eco-
complesso, non solo come centro urbano, ma anche
nomico e territoriale da perseguire e sul significato
come connettore di diverse realtà industriali che ri-
stesso di “interesse pubblico”, nell’evidente tensione
siedono negli spazi mutati dei distretti. Dall’altra,
che si crea tra “lavoro” e “ambiente/qualità urbana” in
la peculiarità del caso del Villaggio fa si che entro le
una stagione segnata da una grave crisi occupazionale.
sue particolari dinamiche legate a storia, memoria e
Quindi tenendo presente la situazione di cui si è par-
lavoro abbiano luogo processi che ne differenziano il
lato in abbondanza nella Parte I, Mattioli continua: Da
presente e, probabilmente, il futuro rispetto alla realtà
un lato, l’aumento della produttività e dell’efficienza
territoriale allargata.
aziendale rendono necessari nuovi stabilimenti o ampliamenti; dall’altro, la qualificazione della produzio-
La dismissione non è in sè un’opportunità
ne si lega a processi di innovazione tecnologica (In-
Parlando dei dati redatti dal Consorzio Attività Pro-
dustria 4.0) (Berta, 2014) e d’immagine (Pavia, 2012).
duttive, abbiamo già discusso ampiamente in merito
Tale domanda difficilmente può trovare risposta nel
alle incongruenze che si riscontrano nelle dinamiche
riuso degli spazi dismessi, tanto di quelli di piccole
di ricambio negli spazi a Modena, ma anche più in ge-
dimensioni, obsoleti e marginali, quanto di quelli più
nerale nella sua provincia. In seguito ad uno sviluppo
ampi, bisognosi di costose bonifiche o incompatibili
economico tardivo che ha portato alla nascita di im-
con il tessuto urbanizzato per la loro localizzazione
prese medio-piccole accorpate nelle varie “atmosfere
centrale.
produttive” dei distretti, ci si trova a far fronte, in
Il presente lavoro, quindi non solo si allinea con gli
seguito ad un mutamento della struttura del sistema
studi discussi nel contesto nazionale della conferen-
economico, a problemi di non compatibilità tra do-
za SIU, ma accordando con il lavoro di Mattioli che
manda e offerta di spazi. Il passaggio in tempi recenti
esamina luoghi e spazi dell’Emilia centrale, va ad in-
ad un’economia di tipo neo-liberale dominata dalle
tegrarli ulteriormente offrendo una panoramica spe-
medie imprese d’eccellenza ha fatto sì che le esigenze
1 Mattioli C., Nuove espansioni industriali. Occupazione, consumo di suolo e riqualificazione nei territori dell’Emilia centrale, Conferenza SIU Roma, 2017
226
TRANSIZIONI
siano mutate a tal punto da non contemplare, quasi
in nessun caso il riuso. Non c’è qui la condizione per
o cessione, in molti altri, i capannoni dismessi sono
cui uno spazio dismesso possa “riscriversi” attraver-
in mano a grandi finanziarie o banche, che proprio
so un cambio di produzione, o anche semplicemente
perché portatrici di nessun tipo di interesse verso un
di funzione. Esigenze spaziali, ma anche di immagine
eventuale intervento, si rendono irreperibili: c’è quin-
stanno in parte “sradicalizzando” la produzione loca-
di disinteresse oltre che incompatibilità.
le: si sta passando da un sistema basato sulla coope-
Si è parlato poi del contatto tra produzione tradizio-
razione tra imprese ad un sistema in cui quello che
nale e quella definita “produzione innovativa”. Un
serve è soltanto l’immagine territoriale da legare alla
contatto che non av viene, se non in alcuni casi ecce-
produzione. La necessità di un contatto fisico con le
zionali, né dal punto di vista della sostituzione, né in
imprese dell’indotto si sta riducendo notevolmente,
termini di superfici e neppure di localizzazione. La
anche a causa della verticalizzazione e dell’ingloba-
produzione innovativa che, secondo gli slogan e le re-
mento da parte delle medie imprese innovative, senza
toriche odierne dovrebbe “creare una nuova e diversa
contare il carattere minuto della dismissione che of-
città ”, sembra qui avere un peso relativo: forse ancora
fre spazi disseminati in maniera eterogenea nei vari
troppo soffocata da un settore secondario tradizionale
frammenti della città. A Modena, rispetto alla situa-
tutto sommato in buona salute o forse per via di una
zione del distretto ceramico, oltre che un’entità mino-
certa perifericità di Modena rispetto al fulcro di que-
re della dismissione e delle sue superfici, si notano per
ste tendenze situato per lo più nell’area metropolitana
giunta difficoltà maggiori a causa di un minore peso
milanese. Questo “non incontro” fa sì che si attenuino
a livello internazionale delle imprese d’eccellenza,
in parte quegli entusiasmi che già dal 2005 scaturiva-
pertanto anche quei fenomeni come il back-reshoring
no da una prevista già sicura rinascita del Villaggio
sono molto più limitati. Alle mutate esigenze si van-
Artigiano come quartiere creativo, in cui nuovi arti-
no ad aggiungere poi altri fattori determinanti come
giani, designer e makers di ogni tipo avrebbero dovu-
la “sospensione spaziale” dovuta ai processi in dive-
to rivitalizzare il quartiere inserendolo in una nuova
nire, come procedure fallimentari in corso; la dilata-
dimensione produttiva. Ad oggi, in un momento che
zione dei tempi decisionali da parte degli investitori
sembra di leggera ripresa dell’economia, le condizioni
e la questione della frammentazione proprietaria, che
per questi tipi di mutazioni sono decisamente lontane,
troppo spesso è sottovalutata in campo progettuale.
si può perciò dire che, in tempi brevi non ci sarà nep-
Infatti, se nel caso dei piccoli proprietari, nonostan-
pure questo tipo di sostituzione se non in piccolissima
te una certa difficoltà nella fase di convincimento, è
parte. Insomma, la dismissione degli spazi produtti-
possibile av viare trattative per un eventuale affitto
vi non è sempre un’opportunità di rinascita come si è
227
portati a pensare, a volte è semplicemente un dato di
di incontrare persone e scrutare luoghi lasciandosi il
fatto, una fase transitoria che si traduce in un surplus
più possibile suggestionare per poi restituire offrendo
di oggetti di varia natura e forma.
al pubblico un’esperienza diretta fatta di intrecci tra camminate, testimonianze e poesia. Il dialogo con lei si basa su una mia curiosità di in-
228
Le chiusure come ostacolo
dagare più approfonditamente quale sia stata la sua
A valle di diverse discussioni avute con artisti , asso-
impressione della città e dei suoi abitanti, sfruttando
ciazioni e abitanti, è lecito provare a trarre conclusioni
le capacità di lettura e traduzione degli spazi che con-
in merito a quali sono stati gli effetti, non solo sulla
traddistinguono il suo lavoro; quel che ne esce è par-
città ma anche in ambito sociale dello sviluppo econo-
ticolarmente rilevante e a mio parere può aiutare nel
mico nei modi in cui è av venuto a Modena. In parti-
capire la situazione del Villaggio oggi.
colare, nell’ambito di Periferico festival 2017, Isabella
In primo luogo la rif lessione si sviluppa attorno a ciò
Bordoni, artista affermata nel panorama nazionale che
che determina la creazione del Villaggio. Le differenze
opera in campo urbano, studiando il Villaggio Arti-
con gli spazi prodotti dal fordismo sono note, quello
giano nelle sue componenti sociali e antropologiche,
che maggiormente stimola una rif lessione è il lasci-
per proporre poi la sua restituzione artistica, trae al-
to in senso comunitario che uno spazio formatosi in
cune conclusioni che rappresentano chiaramente una
un’ottica puramente capitalistica, anche se di entità
situazione in cui non soltanto il Villaggio ma tutta la
molto minore, può avere. Cosa rimane di un tessuto in
città riversa.
cui una strategia pubblica ha creato una serie di picco-
L’antefatto è la conversazione che Isabella ha tenuto
li proprietari capitalisti che, per lo meno inizialmente
in uno dei cortili privati sede del festival, nella quale
e per necessità, hanno cavalcato l’onda del lavoro nero
spiega l’importanza dell’inserire il Villaggio Artigia-
e in parte dell’abusivismo edilizio all’interno di un
no all’interno di un contesto in transizione in cui si è
contesto privo di alcun tipo di regolazione? Cosa han-
di fronte ad una ripresa dalla crisi. Una crisi arrivata
no dato essi in cambio al pubblico? Una risposta possi-
dopo un periodo di straordinaria crescita che è stata al
bile è che questo modo di agire e di pensare si rif letta
tempo stesso miracolo e autodistruzione di territori ed
oggi sulla società modenese sotto forma di chiusura.
economie in cui Modena sembra rappresentare uno dei
Una chiusura che nel caso delle piccole imprese arti-
perni principali. La performance di Isabella è l’unica
giane non volte al rinnovamento si traduce in molti
in assoluto a basarsi su una residenza, anche se breve,
casi in una pretesa continua di qualcosa. Come se si
all’interno del Villaggio tanto da avere la possibilità
sia sfruttato fino in fondo tutto quello che si aveva a
TRANSIZIONI
disposizione per poi sprofondare nel momento in cui
discorso è semplificato a tal punto da non essere at-
l’aiuto degli andamenti del mercato e della politica è
tendibile e soprattutto non può essere valido per tutti
venuto meno.
e per tutto. Come abbiamo visto l’innovazione e gli
Una provincia dinamica ma chiusa su se stessa dove la
investimenti in ricerca e sulla cultura ci sono stati e ci
componente del lavoro e dell’imprenditorialità sembra
sono, l’economia di Modena è ancora tra le più solide
aver prevalso e prevalere tutt’ora su quella culturale
del paese e di certo lo rimarrà; quello su cui si vuole
con il rischio di collassare; “questa componente di cui
far luce è che è visibile, che se ne dica, che questo an-
fanno parte l’arte e Periferico è per decenni rimasta
dare avanti continua a non essere lineare, si continua
soffocata e la si deve fare emergere a forza se la si vuole
a chiudere gli occhi su certi aspetti, e non si riesce
percepire”.
a dare la colpa a qualcuno in particolare. E’ qui che
Da qui una inevitabile associazione con lo spazio ur-
una possibile uscita ci fa affermare che, in relazione a
bano e architettonico. Si è discusso molto del perché
quanto detto, questa chiusura sembra il frutto di azio-
a Modena non ci siano architetture degne di nota, al
ni che stanno continuamente portando la città e i suoi
netto di qualche eccezione, e si trovata spesso risposta
abitanti a ricostruirsi su se stessi, riciclando ciò che è
nell’affermare che si è pensato più all’efficacia delle
già stato prodotto. La domanda è: fino a che punto lo
politiche di welfare, quindi a fornire un alloggio che
si potrà fare? Una prova tangibile di questa mentalità
non alla sua estetica. E’ sicuramente vero. Quello che
la si trova nelle reazioni degli abitanti all’incipit di
proverei ad aggiungere è che ciò che dal secondo dopo-
cambiamento fornito dal Community Hub. La resi-
guerra assale Modena non è soltanto una ammirevole
stenza posta nel concedere gli immobili in affitto per
sensibilità sociale oppure un ritardo nella compren-
pochi giorni, oppure lo scetticismo che ruota intorno
sione dei linguaggi, ma anche il risultato di una certa
alle possibilità offerte dagli utilizzi temporanei sono
distrazione verso di essi e verso la cultura architet-
esempi concreti. Sembra esserci una diffusa diffiden-
tonica in generale per favorire una concretezza pro-
za nel cambiamento data dal fatto che esistono ancora
duttiva trasformatasi col tempo in ossessione. Un’af-
attese di un certo tipo, legate alla tradizione. Viene
fermazione azzardata sicuramente, ma è comunque il
da dire che forse, se si fosse agito prima non ci trove-
frutto di risultati ed esperienze che aggirandosi per il
remmo in questa situazione di incertezza, tuttavia il
territorio modenese non si fatica a recepire.
cambio di passo è necessario e possibile, e ora la città
In secondo luogo il mio interesse si è focalizza-
intera ne è consapevole.
to sull’oggi. Come spiegare dei dati economici così
Ov viamente la rif lessione è una critica ad un sistema
confortanti alla luce di quanto detto fino ad ora? Il
che nonostante tutto continua a funzionare; non si
229
tratta di situazioni limite, si tratta soltanto di mettere
conda natura” (ibidem).
l’accento su punti importanti che emergono oggi, dopo
Per meglio comprendere l’implicazione nelle vicende
la crescita, e inducono a rif lettere. Dal punto di vista
che a noi interessano, è necessario risalire all’imme-
fisico lasciano segni importanti che sono i Villaggi
diato dopoguerra, quando l’av vento della repubblica
Artigiani: la necessità che si trasforma in benessere
restituisce un quadro di grande instabilità economica.
per poi diventare un peso ingestibile. I territori sono
E’ qui che, si può dire, la politica si sacrifica, mettendo
fragili e gli interventi urgenti , ma a chi va la respon-
in campo azioni che av vantaggiano prepotentemente
sabilità di agire?
la sfera privata per far si che il progresso economico
1
abbia inizio. C’è la creazione di una seconda natura (economia), che al contrario di ciò che si pensa, non è più governata dalla prima (politica) ma viaggia su
La soluzione è politica?
binari paralleli e autonomi. Nell’accezione più nega-
All’interno di A Propensity to Self-Subversion, Hirsch-
tiva questa nuova natura surclassa la prima fino al
man parla dei legami discontinui che intercorrono tra
momento in cui un nuovo periodo di transizione in-
progresso politico e progresso economico . Egli defi-
voca un ulteriore cambiamento. La strategia politica
nisce diverse tipologie di legame tra le due sfere, in
ha creato luoghi privati che senza una regolazione, in
particolare mette in evidenza la possibilità frequente
modo spontaneo si sono evoluti e ingranditi facendo
che il rapporto sia frutto di sacrifici reciproci fra le
crescere al loro interno l’economia, questi luoghi sono
due dimensioni del progresso in cui “in un primo tem-
poi stati superati dal tempo lasciando su quella stessa
po il progresso economico si presenta da solo all’ap-
politica pubblica un notevole peso in termini di patri-
puntamento, ed è giuocoforza contenere il progresso
monio fisico e sociale. A Modena, tuttavia, la politica
politico, e magari accettare un suo indietreggiamento,
è riuscita in seguito a recuperare terreno attraverso
in una parola sacrificarlo in nome della crescita eco-
la regolazione messa in atto dagli anni settanta con
nomica; ma in una seconda fase il progresso politico
l’attuazione del CAPAS e con meccanismi anti specu-
recupera il terreno perduto, compensando il tempo-
lazione. Non è un caso che i problemi maggiori siano
raneo sacrificio”(Hirschman, 1995). In altre parole,
oggi all’interno dei luoghi simbolo del processo sopra
esiste una permanente discontinuità tra i due processi
descritto, ed è li che la politica oggi, in un clima di
che in alcuni casi può provocare la nascita di una “se-
altrettanta instabilità in cui non si può più fare affi-
2
damento su una totale regolazione dei fenomeni deve 1 Dal titolo di Periferico festival 2017, Alto, Fragile, Urgente 2 Hirschman A., Autosovversione, Il Mulino, Bologna, 1997, prima ed. 1995
230
TRANSIZIONI
agire attraverso azioni più leggere e puntuali.
La proposta che appare scontata, è quella di operare
zonti di utilizzo. La veridicità di questa affermazione
mediante meccanismi di occupazione temporanea le
è tutta da verificare, ma quel che sembra certo è che i
quali esperienze sono già state testate in molte città
villaggi recenti difficilmente potranno ospitare fun-
italiane ed europee . Un sostegno forte all’idea potreb-
zioni diverse da quella produttiva a causa delle loro
be essere dato da parte delle associazioni che si sono
caratteristiche intrinseche. Il Villaggio ovest invece è
impegnate nella gestione dell’Hub, che pare abbiano
diverso: esprime al contempo necessità di cambiamen-
trovato appoggio da enti pubblici come le università,
to e desiderio di mantenimento di una natura che la
e siano riusciti a coinvolgere un alto numero di as-
storia ha consolidato e oggi viene restituita sotto la
sociazioni che avrebbero l’interesse di aprire punti
forma astratta di una memoria che è presente ma silen-
per svolgere le proprie attività. E’ ov vio che questo è
ziosa, come dire, di basso profilo. A domande come:
soltanto un punto di partenza che necessita di un’in-
può un territorio con queste caratteristiche avere più
tegrazione forte con la mappatura del dismesso e ov-
possibilità degli altri di rinascere? La risposta non è
viamente deve incontrare la disponibilità dei proprie-
scontata. Dipenderà da tanti fattori legati all’ulteriore
tari. In questo campo di applicazione, a questo punto,
progresso dell’economia e, magari, dei modi di abitare
sarebbe necessario un intervento forte della politica,
i luoghi della città, da come Modena riuscirà a porsi
la quale dovrebbe prendere l’iniziativa per tentare una
in futuro nel panorama internazionale, da come agirà
regolazione dei processi di occupazione temporanea
la politica e tanto altro. Le premesse sono sicuramen-
seguendo l’esempio di altre realtà che già hanno per-
te interessanti, e nell’ambito della ricerca sono state
corso questa strada.
messe in evidenza in maniera piuttosto approfondita.
3
Abbiamo da una parte un contesto morfologico che ha “costretto” alcuni frammenti della città ad autogestirsi
La soluzione è nella natura del Villaggio?
sotto tanti punti di vista rispetto al centro. Come ab-
Nel capitolo riferito alla nascita dei Villaggi Artigiani
biamo visto, Modena ovest ha caratteristiche spaziali
di Modena, si è parlato insistentemente delle differen-
e sociali che contrastano tra loro: popolazioni diffe-
ze tra il primo e i successivi. In particolare nel cam-
renti convivono nei medesimi luoghi ma difficilmente
bio di politica adottata per la costruzione dei quartieri
interagiscono tra loro, l’alternarsi di spazi produttivi,
dagli anni settanta in poi. Il primo Villaggio conserva
spazi dell’abitare, parchi e grandi spazi aperti in atte-
caratteristiche che lo rendono maggiormente predi-
sa frammentano ulteriormente il tessuto limitando i
sposto ad un’eventuale metamorfosi verso nuovi oriz-
contatti. La dismissione della ferrovia, se sarà sfrut-
3 Inti I., Cantaluppi G., Persichino M., Temporiuso. Manuale per il riuso temporaneo di spazi in abbandono, Altreconomia, Milano, 2014
tata, potrà essere un’occasione di riav vicinamento e
231
di potenziamento delle connessioni, ma non di certo
politiche troppo distanti), con quelle più di carattere
la soluzione ultima per riassemblare un territorio che
locale (età degli imprenditori, disinteresse nell’inve-
probabilmente non dovrà essere riunificato. Piuttosto
stimento, disinteresse da parte della proprietà, obso-
si potrà agire attraverso interventi più puntuali di va-
lescenza degli spazi, marginalità dei luoghi, mancanza
ria natura che potenzino ciascun frammento: la città
di infrastrutture tecnologiche), non si fatica di certo
unita non è più possibile.
a capire perché sia difficoltoso da parte dei “pionie-
Dall’altra parte abbiamo frammentazioni di diverso
ri ri-colonizzatori” affermarsi in un territorio come
tipo quali quella dell’economia artigiana locale. Oltre
quello del Villaggio Artigiano. Le aziende che hanno
alle incongruenze tra domanda e offerta di cui si è am-
azzardato qui un investimento sono poche, ed alcune
piamente parlato, esistono problematiche di carattere
hanno già dovuto fare i conti con un ulteriore sposta-
più specifico e minuto relative alle singole imprese che
mento altrove.
nel Villaggio hanno vissuto fino ad oggi. Partendo dal presupposto che l’artigianato del Villaggio Artigiano ovest è un artigianato di tipo tradizionale, e che la
Uno scenario ibrido
gran parte delle aziende, dopo aver svolto mansioni
Traendo una conclusione generale che provi a riassu-
per le imprese maggiori, oggi hanno visto diminuire
mere (anche se non è banale) tutti i concetti esposti
le commissioni, si deve aggiungere la questione non
fino ad ora, la mia visione futura del Villaggio Arti-
meno importante legata all’età degli imprenditori.
giano (e forse di tutti i luoghi simili) è quella di un
Molti di questi sono anziani che continuano a fare il
luogo ancora ibrido.
loro lavoro “aspettando di andare in pensione” , che
Un luogo maggiormente connesso alla città ma comun-
non hanno la possibilità di lasciare la loro attività ai
que “autonomo”, dove questo potenziamento connetti-
figli. Questo in alcuni casi, vale anche per alcune im-
vo potrebbe portare un aumento dell’urbanità al suo
prese di più grandi dimensioni, che devono confron-
interno. Non esisterà più la comunità che comprende
tarsi con problemi di passaggio generazionale che a
tutti, la vita del circolo, della parrocchia e del centro
volte costringono alla vendita o alla chiusura.
civico; piccoli gruppi agiranno ognuno attraverso le
Se si analizzano quindi, sovrapponendole, tutte le pro-
proprie tradizioni e credenze, perché le popolazioni
blematiche generali (cambio dell’economia produttiva,
che vi abitano sono diverse, e non necessariamente
incompatibilità spaziale, troppa fiducia nell’innova-
condivideranno tutto con tutti come un tempo. L’e-
zione, frammentazione proprietaria, chiusure mentali,
conomia forse sarà maggiormente volta al commercio
1
1 Conversazione con l’imprenditrice proprietaria della Fonderia Ponzoni nell’ambito di Periferico Festival 2017
232
TRANSIZIONI
e ai servizi d’impresa, tuttavia rimarranno insedia-
te le aziende storiche, quelle che non hanno bisogno
re, e vivere in altri modi. Il Villaggio è da riplasma-
di spazi maggiori di quelli che già possiedono e che
re secondo la contemporaneità, perché la memoria di
non hanno bisogno di operare ingenti spostamenti di
quello che è stato è importante, ma non potrà salvarci.
materiali. Inoltre potranno insediarsi nuove imprese
In un futuro possibile ci si potrebbe trovare a dover
produttive, ma questo sarà possibile soltanto attraver-
convivere con le rovine prodotte da tutte quelle in-
so una nuova infrastrutturazione di tipo tecnologico,
comprensioni, incongruenze e mancati interessi. In
ma soprattutto dando loro un valido motivo per farlo.
un altro queste potrebbero essere sostituite da edifici
Nello scenario del villaggio come playground, la pro-
nuovi, magari palazzine e ipermercati, come già sta
duzione diventa generatrice del progetto. L’esercizio
av venendo nel modo tipico dell’emilianità. In ogni
astratto dell’inserimento ci indica una possibilità in
caso lo scenario è incerto. Ed è ibrido.
cui una nuova mobilità per le imprese porterebbe con sè conseguenze che andrebbero ad intaccare la sfera abitativa in maniera importante, ed avere l’azione sullo spazio pubblico come contrappeso. La dismissione non è più quindi condanna od opportunità a tutti i costi, ma diventa il mezzo con cui le modificazioni si concretizzano. Dall’altra parte il Villaggio ha bisogno di non essere più considerato dalla politica come una semplice zona produttiva, e sarà dunque attraverso un diverso tipo di policy volta alla maggiore f lessibilità e all’incentivo al riuso temporaneo che associazioni e collettivi potranno usufruire di spazi sospesi e ridare loro una funzione, oltre che un senso. Se tutto ciò innescherà un processo di cambiamento concreto nessuno può dirlo, ma certamente non sarà solo attraverso le retoriche dell’autorigenerazione mediante la promozione culturale e della stanca idea di sola mancanza di spazi pubblici che si potranno vedere mutamenti tangibili. Gli spazi ci sono già. Non spazi tradizionali, non grandi parchi verdi ma spazi diversi, da riadatta-
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Conversazioni
- Isabella Bordoni, artista. 28 maggio 2017 - Federica Rocchi, presidente Associazione Amigdala. 8 ottobre 2016; 12 luglio 2017. - Silvio Berni, dirigente CAPAS. 8 febbraio 2017; 11 luglio 2017. - Margherita Russo, docente di Economia UNIMORE. 8 febbraio 2017. - Catia Mazzeri, settore cultura Comune di Modena. 10 gennaio 2017. - Federico Zanfi, docente di urbanistica POLIMI. 27 ottobre 2016; 30 marzo 2017. - Luca Biancucci, direttore CAPAS. 11 luglio 2017. - Cristiana Mattioli, docente di urbanistica POLIMI. 1 febbraio 2017. - Angelo Fantoni, abitante del Villaggio Artigiano. 8 ottobre 2016.
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TRANSIZIONI