Diego Fiori for Shared Territories/Territories in Crisis

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TR ANS I ZI O N I Il Villaggio Artigiano di Modena ovest

Diego Fiori



TRANSIZIONI Il Villaggio Artigiano di Modena ovest

Diego Fiori

Politecnico di Torino a.a. 2016/2017 Tesi di Laurea Magistrale Architettura Costruzione CittĂ Relatore: Cristina Bianchetti Candidato: Diego Fiori settembre 2017


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TRANSIZIONI


Indice

p.4_Abstract

p.150_Parte III

p.7_Introduzione

6. Pratiche artistiche e riqualificazione urbana

p.11_Ringraziamenti

- Amigdala

p.12_Parte I 1. Il Modello Emiliano - Il Modello Emiliano - L’economia dei distretti - Mutamenti economici nei distretti - Una visione urbana

2. Modena - Al centro del Modello - Spazi della produzione - La creazione dei villaggi artigiani - Incongruenze

3. Assetti urbani

- Periferico Festival al Villaggio Artigiano Modena ovest - Il Community Hub come innesco

p.176_Parte IV 7. Scenari di nuove localizzazioni e implicazioni sullo spazio del Villaggio Artigiano - Il Villaggio Artigiano non è uno spazio fermo - Inserimenti - Il Villaggio Artigiano: una playground

p. 226_Note conclusive p. 234_Bibliografia

- Politiche abitative - I piani urbanistici - Le università - Il CAPAS

p.90_Parte II 4. Gli spazi intorno al Villaggio Artigiano - Modena Ovest

5. Gli spazi del Villaggio Artigiano - Mappe - Rilievo fotografico

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Abstract

Really well-defined relationships and roles characterize the history of the Villaggio Artigiano Modena ovest. A well-meaning administration conceived an urban space where people could live and work at the same time: as a providential project, the main idea was based on a clear integration of two distinct dimensions of daily life. This model village stands out as one of the most important part of the city and anticipates many contemporary urban rhetoric: in fact, different ways of living and various spaces of production intertwine the same way Labour and Politics do. Time has nowadays brought this village into an undefined grey zone of difficult problems to solve: from one side, the scattered dismantling of enterprises created fragmentations and changed the urban balance. From the other side, housing deeply changed as well because of filtering down processes combined with spatial decay. More in general, what changes is the grain of both built and lived spaces. What is the Villaggio Artigiano Modena ovest today? It is at first a sort of big playground: an articulated space made of plants, warehouses, factories, houses, manoeuvring areas, streets where it is still possible to play different actions. For instance, the local regeneration policies, though defeatist even if focused on the terri-tory identity. The growth of new social networks thanks to organisations such as Amigdala. The improbable but not impossible production relocation through space and infrastructures re-design. This thesis explores the conditions and the background of the Villaggio Artigiano Modena ovest and tries to conceive dereliction and dismantlement not only as a tragic condemnation and neither only as an abstract simplistic opportunity.

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La storia del Villaggio Artigiano a Modena è una storia di rapporti e ruoli chiaramente definiti. Una amministrazione bene intenzionata inventa una parte di città dove si abita e si lavora. É un progetto prov videnziale: due ambiti del quotidiano distinti che si integrano in modo chiaro. É un villaggio modello che sembra anticipare tante retoriche contemporanee. É uno dei luoghi importanti della città in cui forme dell’abitare e luoghi di produzioni si intrecciano allo stesso modo in cui si intrecciano culture del lavoro e culture politiche. Il tempo trasforma questo progetto in una zona grigia (e in un problema di non facile soluzione): da una parte si osserva una dismissione selettiva delle imprese che toglie in questo modo alcuni tasselli e che cambia gli equilibri. Dall’altro lato, cambia profondamente anche l’abitare, segnato da un processo di filtering down che si accompagna ad una trascuratezza generale dello spazio. Cambia più in generale la grana degli spazi costruiti e abitati. Cosa è oggi il Villaggio Artigiano Modena Ovest? Una sorta di grande playground: uno spazio articolato, in cui insistono capannoni grandi e piccoli, magazzini, fabbriche, case, spazi coperti da tettoie, spazi di manovra, strade. In questo spazio si possono ancora giocare giochi diversi. Quelli della rigenerazione delle politiche amministrative (peraltro rinunciatarie, ancorché pronte ad affermare il valore identitario del luogo). Ma non solo. Quelli che riguardano l’emersione di nuove reti sociali, attraverso le azioni dell’associazione Amigdala. O le improbabili, ma non impossibili ri-localizzazioni produttive attraverso i ridisegni del supporto spaziale e infrastrutturale del Villaggio. La tesi esplora le condizioni di sfondo del Villaggio Artigiano Modena ovest e prova a considerare la dismissione non solo come una drammatica condanna e neppure solamente come un’astratta, semplicistica, opportunità.

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Introduzione

La mia tesi si occupa del rapporto tra città e produzione per come esso si sta riconfigurando, a valle di un periodo di grandi difficoltà economiche e sociali. Da dieci anni stiamo attraversando una delle più importanti crisi economiche, forse la più importante dal dopoguerra, che solo oggi vede diminuire la sua irruenza, pur lasciando alcune serie implicazioni sul piano economico e sociale, riconfigurandone a fondo le relazioni. L’ipotesi della tesi è che la crisi abbia cambiato sostanzialmente l’orizzonte dei problemi nei rapporti tra città e produzione e che ciò richieda non solo nuove forme di governo (nuove politiche), ma una diversa capacità di immaginarne lo spazio e i suoi usi. Lo “spazio della produzione” diventa un tema diverso dal passato per il mutare radicale di occupazioni, popolazioni, abilità artigiane e industriali. La tesi esplora queste transizioni entro un caso emblematico che in passato lo è stato dell’incrocio tra culture del lavoro e culture amministrative. Il Villaggio Artigiano di Modena ovest. Ciò av viene attraverso alcune mosse di ricerca che richiamo brevemente. La prima mossa è stata di carattere esplorativo e ricostruttivo. Mi sono chiesto cosa è stato in passato e cosa è oggi il Villaggio Artigiano di Modena ovest. Quale è stato il suo “peso” (sociale oltre che produttivo), entro una città e un territorio molto caratterizzati sotto il profilo dei rapporti produzione città. A Modena, l’assetto produttivo (“The Emilian model”, per utilizzare i termini di Sebastiano Brusco), mantiene ancora oggi un legame particolarmente forte col territorio e deve la sua fortuna a particolari condizioni che hanno favorito la nascita di un sistema di piccole e medie imprese anche di carattere artigiano, la cui solidità deriva dal fatto che questo tipo di struttura industriale più di altre favorisce le competenze e l’iniziativa dei suoi imprenditori, oltre che da un clima di indiscusso consenso politico. Il Villaggio Artigiano ovest di Modena si inserisce di diritto tra quelle situazioni che maggiormente hanno contribuito allo sviluppo del modello emiliano, tra le prime ad essere realizzate tramite un pionieristico e coraggioso intervento pubblico negli anni cinquanta, un vero e proprio “tentativo di futuro”. In un certo senso permette di dire che industria creativa e fab lab esistessero, in qualche forma iniziale, già sessant’anni fa. Il Villaggio si è trovato ad essere nel tempo un modello f lessibile ed efficiente. Ma le cose ad un certo punto sono cambiate, dando luogo ad una situazione ibrida che ha generato uno strano luogo sospeso, nel quale si alternano decadenza, mantenimento di usi produttivi e residenziali, riappropriazioni ad opera della società civile. Capire le condizioni del Villaggio Artigiano ha implicato numerose operazioni di ricerca. Innanzitutto uno studio della letteratura del modello emiliano e delle condizioni della città di Modena (cap. 1 e 2). In secondo luogo, uno studio della vicenda della pianificazione della città e dell’”invenzione” del Villaggio Artigiano ad

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opera della sua classe amministrativa e politica (cap. 3). Queste esplorazioni sono state condotte sulla letteratura di matrice economica, su basi di informazioni quantitative relative alla struttura della popolazione e del lavoro e sugli strumenti e gli atti della pianificazione locale. L’esito di questa prima parte del lavoro è stata la ricostruzione di alcune conoscenze di sfondo, in gran parte mutuate dalla letteratura, che mi sono sembrate indispensabili alla comprensione delle condizioni del Villaggio e allo sviluppo successivo del mio ragionamento. La prima parte della tesi restituisce queste operazioni di ricerca.

La seconda mossa (in ordine espositivo, in realtà parallela a tutto il lavoro) ha implicato un’indagine precisa e tecnicamente pertinente, delle condizioni spaziali e sociali del Villaggio Artigiano, in rapporto alla città e agli altri analoghi villaggi industriali istituiti dall’Amministrazione locale. Ho effettuato numerose ricognizioni incontrando persone e osservano i luoghi in modo puntuale. Ogni volta restringendo il mio campo di osservazione ad un singolo incrocio di strade, ad un capannone o ad uno spazio aperto, o allargandolo all’intero quartiere e all’insieme dei Villaggi produttivi di Modena, all’intera città. Ho prodotto così numerosi rilievi, disegni e costruzioni di mappe, in parte raccolti in questo volume. Tutto ciò ha restituito una rappresentazione delle condizioni del Villaggio Artigiano. Questa parte è riportata nella seconda parte della tesi (cap. 4 e 5). Una terza mossa è stata quella di farmi coinvolgere nel Festival promosso dal collettivo Amigdala che nel 2017 ha scelto il Villaggio Artigiano come luogo del festival “Periferico”. La rete Amigdala riunisce in forma di associazione soggetti che operano nell’ambito dell’arte contemporanea: arti visive, teatro, musica, letteratura, danza. Opera a Modena dal 2005 entro un rapporto molto stretto con i luoghi fisici e sociali della città: con l’Amministrazione, le associazioni e le impese. Dal 2005, anno della sua istituzione, ha una forte presa sul tessuto sociale. Dal 2008 cura il festival Periferico che si occupa di rigenerazione urbana. E da due anni osserva i luoghi del lavoro (attivi e dismessi) del Villaggio Artigiano di Modena ovest. La mia attiva partecipazione al Festival nasce dall’interesse che questa iniziativa ha posto non tanto e non solo al luogo di cui la mia tesi si occupa, ma alla sfida posta: qual è la possibilità per l’immaginazione (artistica, ma anche urbanistica, architettonica) di riattivare usi e processi? E’ possibile attraverso l’immaginazione (artistica e progettuale) operare trasformazioni in luoghi che appaiono sospesi? Il fatto che il Festival si occupasse specificamente del Villaggio, mi è parso una importante condizione per poter ragionare su questi aspetti, strettamente disciplinari, provando ad osservarli entro una diversa angolazione. Questa mia esperienza è riportata nella seconda parte della tesi (cap. 6)

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La quarta mossa coincide con la costruzione di una suggestione progettuale. Non un vero e proprio progetto che si sommasse ai numerosi già formulati (e spesso falliti), ma un semplice esercizio dettato dal ragionamento svolto nei capitoli precedenti. Modena è una città che continua a vedere una importante presenza produttiva. Questa si esprime in una richiesta di suolo produttivo che si accosta alle sempre più numerose aree dismesse, andando ad incidere su un significativo e progressivo consumo di suolo. So bene, per aver a lungo parlato con i responsabili del Consorzio Attività Produttive, che gli imprenditori che av viano attività a Modena, preferiscono collocarsi in aree diverse e che l’economia cosiddetta creativa, ha esigenze localizzative che la tengono, salvo alcune interessanti eccezioni, lontana dal Villaggio Artigiano. Nondimeno mi è parso possibile fare un esercizio di ricollocazione di nuovi spazi produttivi entro il Villaggio. Riposizionando qui imprese che si sono recentemente localizzate a Modena. E’ chiaramente un esercizio astratto che poco ha a che fare con un tradizionale progetto di riqualificazione urbana. Intanto perché il mio ruolo è differente, perché di questo si sta occupando il gruppo di lavoro che sta ripensando al piano regolatore di Modena e perché un esercizio di tesi di laurea non si presta a ciò. Il mio esercizio, che come ho detto si sostanzia nella rimessa in ordine di alcune condizioni, nell’ immaginazione di un diverso scenario e nel ragionamento sulle conseguenze che a questo diverso scenario potrebbero generare, si regge su due convinzioni. La prima è che il progetto (in generale, ma anche questo mio progetto) può contribuire a costruire argomenti per una discussone pubblica sui rapporti tra produzione e città. Evita che la questione del Villaggio Artigiano sia messa da parte con qualche imbarazzo. La rimette in gioco. La seconda convinzione, di ordine più disciplinare, è l’affermazione di un importante ruolo conoscitivo che il progetto ha. Sono in molti a ribadire questa posizione che ha trovato, ad esempio negli studi e nell’esperienza progettuale di Paola Viganò, espressione compiuta. Mi sono posto in questa posizione e ho cercato di utilizzare il progetto come strumento per capire la natura, la misura e le condizioni dello spazio del Villaggio Artigiano. Per fare un passo avanti rispetto alle ricostruzioni dei capitoli precedenti e per offrire al dibattito locale, qualche argomento in ordine al suo futuro. Questo esercizio è compreso nella quarta parte della tesi, nel capitolo 7. Nelle conclusioni riporto alcune idee più generali su questa parte della città di Modena, che, a valle di tutto il mio ragionamento, mi appare ancora come una parte passibile di trasformazioni interessanti, nonostante le difficoltà legate alla crisi e a politiche orientate con più determinazione su altre parti di città. L’interesse di Amigdala è una risorsa. Altre se ne possono trovare nell’importante contesto sociale e istituzionale della città.

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Foto Š Laddove non indicato, le fotografie sono da considerarsi scattate dall’autore in data compresa tra ottobre 2016 e agosto 2017. Mappe, schemi e disegni, dove non indicata la fonte, sono da considerarsi prodotti dall’autore.

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Ringraziamenti Ringrazio innanzitutto Cristina Bianchetti per la passione, la dedizione e la professionalità con cui mi ha seguito nella stesura del lavoro. Un vero e proprio punto di riferimento. Ciascuna di queste mosse è stata possibile grazie all’aiuto di numerose persone, dentro e fuori gli uffici amministrativi di Modena, nel Consorzio Attività Produttive, nell’associazione Amigdala, nei seminari di tesi e tra gli studiosi che si sono occupati di Modena e del Villaggio Artigiano. Un sincero ringraziamento a Federico Zanfi per il contributo in termini di conoscenza fornitomi in merito agli argomenti trattati e a Cristiana Mattioli che direttamente, ma soprattutto indirettamente con il suo studio mi ha fornito una base importante per costruire gli sfondi della mia tesi. Ringrazio immensamente Federica Rocchi e tutti gli amici di Amigdala e Perifericovper avermi dato l’opportunità di partecipare dall’interno al festival e avermi fornito così materiale, suggestioni e idee su cui ragionare. Con loro ringrazio gli artisti, Isabella Bordoni in primis, e gli abitanti del Villaggio che hanno fornito le loro testimonianze con entusiasmo ed interesse. Ringrazio Catia Mazzeri che, mostrando da subito interesse, ha fatto da tramite mettendomi in contatto diretto con persone, amministrazioni ed enti che si sono rivelati fondamentali. Tutti i dati relativi l’economia produttiva modenese sono stati forniti dal Consorzio Attività Produttive Aree e Servizi di Modena del quale ringrazio oltre al direttore Luca Biancucci per l’interessante dialogo, Silvio Berni, che mai ha lasciato le mie e-mail e telefonate senza una risposta e mai si è sottratto dal fornirmi dati a qualsiasi ora, in qualsiasi giorno. Ringrazio inoltre: Margherita Russo per aver condiviso con me la sua idea in merito al Villaggio Artigiano; Il Comune di Modena per avermi fornito tutti i dati relativi alla demografia ed i supporti grafici; Michele Cerruti But per i preziosi consigli e con lui Massimo Bricocoli, Agim Enver Kercucu, Ianira Vassallo, Eloy Llevat Soy e tutti coloro che hanno partecipato ai seminari di tesi. Il raggiungimento di questo obiettivo non sarebbe stato possibile senza la mia famiglia, che mai in questi anni mi ha fatto mancare il supporto necessario, e senza gli amici vecchi e nuovi che mi sono stati vicini. Grazie a Sonia per avermi sopportato.

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PARTE I.


1. Il Modello Emiliano

1.1 Il “Modello Emiliano”

Il sistema economico emiliano è stato a lungo al centro

imprese e per la differente settorializzazione oltre che

di rif lessioni e ricerche, che partono dalla sua nasci-

per una struttura in cui le imprese minori sono sa-

ta, passano dai distretti industriali, arrivando fino ad

telliti delle imprese maggiori oppure coprono aree di

oggi. Già nel 1975 Bagnasco inserisce l’Emilia Roma-

mercato secondarie o interstiziali (ibidem). La teoria è

gna tra quelle regioni a sviluppo economico “perife-

stata in seguito approfondita fino ad arrivare ad una

rico” . La specializzazione settoriale considerata per

definitiva suddivisione fra i tre diversi modelli di svi-

dati aggregati ha confermato una netta prevalenza dei

luppo presenti in Italia: quello centrale del nord-ovest,

settori periferici rispetto a quelli assunti come centrali

quello del meridione e, appunto, quello periferico del-

(Bagnasco, 1975). In altre parole si tratta di quelle aree

la Terza Italia 2 .

dell’Italia centronord-orientale che si sono sviluppate

Ancora Bagnasco afferma, però che questo intenso e

a partire dal secondo dopoguerra che hanno avuto uno

rapido sviluppo non si costruisce evidentemente sul

sviluppo totalmente diverso, e in ritardo, rispetto alle

niente e dobbiamo pensare che precedenti strutture

aree del nord-ovest (definite economicamente centra-

economiche, patrimoni culturali, tradizioni politiche

li). Si differenziano per i caratteri dimensionali delle

e congruenza fra questi elementi abbiano costituito

1 Bagnasco A., Messori M., Tendenze dell’economia periferica, Torino, Valentino, 1975

2 Bagnasco A., Tre Italie. La problematica territoriale dello sviluppo italiano, Bologna, Il Mulino, 1977

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Veduta aerea sel quartiere Crocetta negli anni sessanta. Foto Comune di Modena Scuderia Ferrari in viale Trento e Trieste anni trenta. Foto Comune di Modena

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un insieme di prerequisiti particolarmente favorevoli

santi da sapere sul cosiddetto Modello Emilia.

(Bagnasco, 1989).

Innanzitutto la presenza dei distretti industriali 4 . A

Come accennato, la singolarità delle vicende ha por-

Modena, producono principalmente beni di consu-

tato l’Emilia-Romagna ad essere oggetto di molti di

mo, ma hanno permesso la creazione di altri distret-

questi studi, tra cui per noi più importante, è sicu-

ti, magari più disgregati, che si occupano di fornire

ramente quello di Sebastiano Brusco1 che nello spe-

macchinari per le industrie dei primi, ad esempio ciò

cifico coglie attraverso numerose ricerche dettagliate

che fa il distretto metalmeccanico per quello cerami-

i caratteri del sistema economico modenese che nella

co, tessile o alimentare. In secondo luogo il decen-

fattispecie è quello più rappresentativo a livello re-

tramento produttivo. Prendendo in considerazione le

gionale. Esistono numerose affinità tra il lavoro di

province di Modena e Reggio Emilia come unica area

Brusco e quello condotto da Giacomo Becattini, che

metropolitana, si vede come le imprese siano orga-

differiscono essenzialmente per la loro localizzazione

nizzate per lo più attraverso un’integrazione di tipo

geografica. Entrambi colgono come punto di parten-

orizzontale anziché verticale, ov vero ci sono un cer-

za la teorizzazione dei distretti produttivi proposta

to numero di gruppi industriali che commissionano

da Alfred Marshall , per poi ampliarla e trasporla nel

ad imprese artigiane del territorio alcune lavorazioni

contesto italiano. Nello studio di Brusco è presen-

secondarie, queste imprese “lavorano direttamente o

te una preponderante territorializzazione e, inoltre,

indirettamente per lo stesso gruppo di mercati finali;

molto peso viene dato alla componente politica che

condividono una serie di valori e di competenze così

intrecciata alle caratteristiche sociali ed economiche

importante da definire un ambiente culturale; sono

tipiche di questi luoghi, gli permette di parlare per la

collegate l’una all’altra da relazioni molte specifiche

prima volta nel 1980 di Modello Emilia .

in un mix complesso di concorrenza e cooperazione

Senza entrare troppo nel dettaglio tecnico, il che sa-

(Brusco, 1980).

rebbe inutile e noioso, ci sono alcuni aspetti interes-

economico generale: la massima espansione del mo-

2

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3 Sebastiano Brusco, è stato professore ordinario di Economia e politica industriale ed è stato uno dei fondatori della Facoltà di Economia di Modena. Si è occupato in particolare dello studio dell’economia locale, dalle basi del Modello Emilia ai distretti industriali 2 Marshall A., Principles of economics, Macmillan, London, 1920 3 Il Modello Emilia viene teorizzato per la prima volta da Sebastiano Brusco nel 1980 all’interno del saggio “Il Modello Emilia: disintegrazione produttiva ed integrazione sociale” pubblicato sulla rivista “Problemi della Transizione” ed in seguito su “Industrializzazione senza fratture” e sul “Cambridge Journal of Economics”. C’è in questo pezzo il primo tentativo esplicito di combinare l’analisi della struttura industriale con quella della segmentazione del mercato del lavoro (Brusco, 1989). La definizione che segue deriva direttamente dal saggio.

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Il terzo punto è legato al contesto

dello è av venuta in un periodo di relativa ostilità nei confronti del potere sindacale, il che ha permesso a chi volesse aprire un’azienda in proprio di godere di condizioni non troppo dissimili a quelle di un operaio di una grande fabbrica, il quale si vedeva sempre meno rappresentato. Inoltre, la crescente differen4 Par. 1.2 “L’economia dei distretti industriali”.


ziazione di prodotto indotta dal mercato ha fatto sì

(Brusco 1980).

che prendessero piede le imprese specializzate, ov ve-

In generale concludendo per dirla con Brusco: “si è qui

ro quelle che non producevano prodotti standard sul

realizzata in sostanza, una miscela armonica, ma così

modello Taylorista-Fordista. In quarta battuta si può

complessa che difficilmente può essere assunta come

parlare della f lessibilità. La grande varietà di impre-

modello” (Brusco 1980). A 37 anni dalla formulazione

se implicate, da quelle più grandi in prima linea alle

della frase e guardando agli sviluppi odierni non si

sub-fornitrici, permetteva quasi ad ogni tipo di lavo-

può fare a meno di notare la sua veridicità. Si trat-

ratore di scegliere il posto in base alle proprie carat-

ta quindi di un Non-Modello Emilia. Nello specifico

teristiche; nel caso in cui non fosse soddisfacente il

sono stati tanti gli studiosi stranieri (Sabel, Zeitlin,

lavoro come operaio dipendente ci si poteva licenzia-

Piore) che hanno analizzato il modello auspicandosi

re, provando ad aprire un’attività inerente alla propria

una sua applicazione per aumentare la competitività

specializzazione sapendo di poter contare su una base

delle imprese tessili di Nottingham, o delle piccolis-

di appoggio forte costituita dall’impresa leader. Con-

sime imprese di maglieria a Ridgewood, ai Queens,

dizione di base importante è stato poi il rapporto con

o delle piccole imprese metalmeccaniche di Detroit

la campagna; la grande mole di mezzadri disoccupati

(Brusco, 1989); come si è tentato in diversi frangenti

presenti dopo la guerra ha permesso al settore dell’in-

di esportarlo nel mezzogiorno, che pure aveva la pos-

dustria oltre che di assorbire un’importante quantità

sibilità, grazie alla dimensione ristretta delle imprese

di forza lavoro, la creazione delle grandi cooperative

presenti di poterlo assorbire.

agricole, che si sono agevolmente integrate nel siste-

Il Modello Emilia ha subito nel tempo una profonda

ma produttivo. In ultimo, ma non per importanza c’è

metamorfosi. Questa trasformazione gli ha permes-

l’apporto della politica statale e locale. Come detto, lo

so di rigenerarsi ed evolversi mantenendo una pur

stato centrale riuscì ad avere un’inf luenza minima in

sempre importante relazione con il territorio. Ciò è

questi territori, mentre un grande lavoro venne svolto

dovuto a importanti cambiamenti che implicano sia

dai Comuni secondo due principali direttrici: da una

la struttura industriale che il contesto socio-politico

parte l’efficiente offerta di servizi, dall’altra la lotta

(Rinaldi, 2005). Sempre strettissima rimane la rela-

alla speculazione, perseguita attraverso strumenti ur-

zione con i distretti industriali che ne fanno parte:

banistici che permettessero politiche di welfare effi-

Un’importanza sempre maggiore di alcune imprese

caci, sia in campo abitativo che produttivo attraverso

leader dei distretti fa sì che si scrivano nuove gerar-

la politica delle aree; il tutto reso possibile grazie alla

chie al loro interno. Il numero delle imprese e degli

presenza di un tessuto sociale coeso e assai compatto

occupati cala, e chi ci rimette sono ov viamente i pic-

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coli imprenditori, i quali vengono investiti dal repen-

importante da cui partire per la nascita di qualcosa di

tino diffondersi delle nuove tecnologie e dall’av vento

nuovo; è questo un aspetto che l’azione progettuale in

dell’economia globalizzata; tutto ciò invece va a van-

campo urbano deve tenere ben presente.

taggio dei più grandi che diventano in qualche modo

Ora, importante è capire come i distretti industriali si

coloro che guidano questa rigenerazione economica

sono formati ed evoluti nel particolare contesto emi-

attraverso investimenti importanti in nuovi macchi-

liano, ma ancora di più lo è capire cosa resta di essi

nari e in R&S. Altro fattore importante è l’aumento

dal punto di vista economico e come stanno reagen-

considerevole delle contraddizioni sociali. Le ondate

do le imprese alla fase recessiva odierna. Per farlo, si

migratorie e le instabilità politico-economiche han-

farà riferimento ad alcuni esempi rilevanti all’interno

no, di fatto, scardinato le basi sociali e culturali che

del territorio, con particolare interesse per il distretto

avevano permesso un repentino sviluppo dagli anni

della ceramica di Sassuolo.

sessanta, questo ha generato la creazione di nuovi equilibri all’interno delle relazioni che, oggi, sono molto meno formali di un tempo. Questo mutamento

1.2 L’economia dei distretti industriali

va di pari passo con la scomparsa negli anni novanta

All’inizio del novecento, Marshall (1920) ipotizza che,

del PCI, il quale aveva sostenuto la crescita economica

per alcuni settori caratterizzati da divisibilità tecni-

in un clima di consenso sostanzialmente totale, e con

ca ed economica, un sistema di piccole imprese possa

l’aumento di potere delle associazioni di categoria,

ottenere risultati analoghi alla grande fabbrica verti-

come ad esempio Confindustria. Queste, insieme ad

calmente integrata. Nella visione Marshalliana, le im-

altre, sono le ragioni di questo grande mutamento che

prese facenti parte di questi gruppi non sono isolate,

hanno portato progressivamente l’economia emiliana

ma inserite all’interno di un’”atmosfera industriale”,

verso la trasformazione in un mercato neo-liberale e,

cioè di un particolare contesto sociale ed economico

al contempo, hanno indebolito la fascia della piccola

che favorisce lo scambio di informazioni e le relazioni

impresa e in particolare dell’artigianato .

fiduciarie tra imprese e istituzioni (Mattioli, 2015).

Quello che si cerca di dire, è sostanzialmente che sì il

Partendo da questo punto la ricerca italiana si è foca-

Modello non è più come lo conoscevamo, ma neanche

lizzata in particolare sui rapporti tra imprese, territo-

ha terminato la sua esistenza. Se continuerà ad esistere

rio ed enti pubblici, e lo ha fatto tramite i contributi di

in futuro non siamo noi a poterlo e doverlo stabilire;

vari studiosi quali Bagnasco, Becattini, Brusco e altri.

ciò che si può dire è che potrebbe fornirci una traccia

Definisco il distretto industriale come un’entità so-

1

1 Rinaldi A., The Emilian Model revisited: twenty years after. Business History, 47(2): 244-266. DOI: 10.1080/0007679042000313675, 2005.

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cio-territoriale caratterizzata dalla compresenza at-


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Geografia dei distretti distretti industriali tradizionali sul territorio regionale, monitor dei distretti Emilia Romagna, Intesa San Paolo, 2017

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tiva, in un’area territoriale circoscritta, naturalistica-

cora una volta a Brusco, che riassumendo a sua volta

mente e storicamente determinata, di una comunità di

da altri autori, fa un “tentativo di spiegazione della

persone e di una popolazione di imprese industriali.

formazione del distretto industriale”. 2

Nel distretto, a differenza di quanto accade in altri

Innanzitutto la diffusione della mezzadria ha solle-

ambienti (ad esempio, la città manifatturiera), la co-

citato il crescere di capacità imprenditoriali (Brusco,

munità e le imprese tendono, per così dire, ad interpe-

1986); infatti larga parte dei territori oggi distrettuali,

netrarsi a vicenda (Becattini, 1989).

erano coltivati da mezzadri che svolgevano attività di

L’Emilia è una regione ad alta densità di distretti indu-

gestione e contabilità non troppo dissimili da quelli

striali e non è possibile ragionare della sua economia

dell’imprenditore. La misura in cui vale questa si-

e degli spazi che vi si rapportano senza tenere in con-

militudine va ricercata in decenni di lente sedimen-

siderazione tale assunto. Il Villaggio Artigiano in sé,

tazioni sociali non semplificabili in questa sede. In

non rientra pienamente in queste logiche in quanto la

secondo luogo abbiamo l’importanza delle città e la

sua costituzione non poteva prevederne la nascita, ma

loro capacità di tessere relazioni commerciali. In que-

è interessante entrare nel merito vista la stretta rela-

sto Modena, capitale di un Ducato in strette relazioni

zione che oggi si può leggere tra “creazione dei villaggi

con l’Austria fino al 1861, aveva un enorme vantaggio

– Modello Emiliano – Distretti”.

dato dai rapporti di conoscenza tra commercianti che

Giacomo Becattini, oltre a definire i distretti indu-

probabilmente hanno avuto un ruolo successivamente.

striali, ne estrapola le peculiarità rimarcando l’impor-

Terzo importante punto, la presenza, anche in tempi

tanza di doverli studiare obbligatoriamente in chiave

precedenti, di una grande industria che ha operato nel

interdisciplinare intersecando “processi tradizional-

settore di sviluppo delle piccole imprese artigiane: nel

mente propri degli studi economici, come il funzio-

caso di Modena, ad esempio, la Fiat Trattori, oppure

namento del mercato e l’accumulazione capitalistica,

le Officine Reggiane a Reggio Emilia. Infine va citato

processi propri degli studi sociologici, come la socia-

il ruolo del sistema scolastico, il quale ha fornito agli

lizzazione e la formazione-dissoluzione delle istitu-

operai la base teorica e pratica per svolgere il mestiere

zioni sociali, e processi a cavallo fra le due discipline

di artigiano, ponendosi alla base dell’intero sistema

come la divisione sociale del lavoro e l’organizzazione

manifatturiero per buona parte del secolo.

del processo produttivo” (ibidem).

Fin dalla loro riscoperta, i distretti, hanno destato so-

1

Provando ad indirizzare il discorso sulle vicende e le caratteristiche proprie della regione, ci affidiamo an1 Si veda Becattini G., Il distretto industriale marshalliano come concetto socio-economico, Firenze, Studi e informazioni - quaderni 34, 1989

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TRANSIZIONI

2 All’interno del saggio “Small firms and industrial district: the experience of Italy” ,1986, pp. 184-202, Brusco cerca di individuare le tipologie di imprese presenti nei distretti e tenta di spiegarne la formazione. I punti sono costruiti ricorrendo a studi precedenti: (Bagnasco e Pini, 1981), (Capecchi, 1981), (Brusco, 1982), (Forni, 1985), (Bagnasco e Trigilia, 1985).


30000

tessile

metalmeccanico

agro-alimentare

2500

ceramico

0

Geografia dei distretti distretti industriali nel territorio provinciale

PA R T E I

21


spetti e scetticismi tra gli economisti, alcuni dei quali

che verticalmente. La provincia può essere conside-

li definivano incapaci di produrre capitale. Le for-

rata un distretto multi-settoriale composto da una

me distrettuali venivano guardate con sospetto (Ca-

serie di distretti mono-settoriali (Castronovo 1989).

stronovo, 1989), ritenute basate su uno sfruttamento

Ai primi distretti storici, ov vero quello meccanico e

selvaggio della manodopera e su un depauperamento

dell’Automotive nel capoluogo, quello tessile a Carpi,

delle risorse naturali e dell’ambiente. Definiti residui

quello della ceramica a Sassuolo e quello dell’indu-

storici destinati a scomparire (Becattini 2000), sono

stria agro-alimentare ancora a Modena e nei comuni

in realtà quell’elemento che permette alle regioni ci-

limitrofi, si è sviluppato negli anni ’70 quello del bio-

tate in precedenza di compiere straordinari balzi in

medicale nell’area di Mirandola. In stretta relazione a

avanti in termini di sviluppo, benessere e ricchezza.

questi, negli anni 2000, ha poi visto la luce il distret-

Durante tutta la seconda parte del secolo, contribu-

to dell’ICT, nato per far fronte ai grandi avanzamenti

iscono oltre che a determinare un’economia f lorida,

tecnologici necessari per la soprav vivenza degli altri

anche a costituire un tessuto sociale forte e radicato

distretti industriali 2 . Caratteristica tra le principa-

sul territorio. La peculiarità dei distretti è quella di

li dei distretti modenesi ed emiliani oggi, è quella di

riuscire a produrre in modo competitivo sui mercati

non aver operato una vera delocalizzazione. La gran-

al di fuori della rigidità della grande impresa fordista.

de quantità di export è infatti frutto di politiche di

Non solo, l’integrazione principalmente orizzontale

internazionalizzazione che hanno contato molto sulla

permette lo sviluppo in sequenza di una multi-setto-

promozione del prodotto - territorio; ov vero ogni im-

rialità , che è legata il più delle volte alle esigenze del

presa che esporta in tutti i continenti del pianeta, lo

settore trainante principale. Questa caratteristica, che

fa riferendo e legando il prodotto venduto al territorio

ha permesso all’industria modenese di resistere alle

nel quale è nato e nel quale, spesso, è prodotto. Questo

f lessioni degli anni passati, potrebbe essere l’arma

ha portato ad un limitato abbandono dei territori di

vincente per far fronte ad una crisi economica come

nascita da parte delle aziende, contribuendo a raffor-

quella in corso.

zare questo tipo di modello; il quale, si può dire, è per

Oggi, Modena è ancora al centro di uno dei sistemi

lo più caratteristico anche delle rimanenti aree della

produttivi più attivi d’Italia. Sono presenti nel ter-

Terza Italia.

1

ritorio sei distretti industriali che operano in forte simbiosi tra loro, integrandosi sia orizzontalmente

1.3 Mutamenti nei distretti Dopo decenni di crescita espansiva, negli ultimi quin-

1 Caratteristica citata da Valerio Castronovo all’interno di Vicende economiche e sociali del modenese dal 1945 ad oggi. Primo rapporto sui risultati della ricerca, pp. 9-10, documento del 1989.

22

TRANSIZIONI

2 Si veda Bulgarelli V. et al., Città e architetture industriali. Il novecento a Modena, Franco Cosimo Panini, Modena, 2015, pp. 67-71.


dici anni i distretti industriali sono profondamente

gia è stata favorita da una già presente frammentazio-

cambiati (Mattioli, 2015). Se la bibliografia sui di-

ne del ciclo produttivo e dall’organizzazione a rete. E’

stretti è molto ampia e varia, la bibliografia sulla loro

ov vio che delocalizzare cercando di abbassare i costi

evoluzioni e trasformazioni più recenti lo è altrettan-

può essere utile per aumentare i profitti, ma non basta

to. Globalizzazione, introduzione della moneta unica,

per garantire il successo di un marchio.

ingresso di nuovi competitor sul mercato mondiale,

Il paese in cui maggiormente si è attuata questa poli-

rivoluzione tecnologica e aumento delle conoscenze

tica sono gli Stati Uniti, mentre in Italia, ad esempio,

con conseguente bisogno di capitale umano, sono le

si è riusciti più facilmente a mantenere la produzione

motivazioni principali del cambiamento profondo che

all’interno del paese e di conseguenza si è conservata

hanno subito. 3

quasi intatta la capacità manuale di produrre. E’ pro-

A seguito di questa breve introduzione, Mattioli spiega

prio per questo motivo che già da alcuni anni è in cor-

che “le imprese italiane del Made in Italy rispondono a

so, negli Stati Uniti, un dibattito sull’importanza della

tale situazione essenzialmente in due modi: o con una

manifattura nazionale. 4

strategia offensiva che privilegia l’innovazione di pro-

La crisi economica in particolare ed il bisogno di recu-

dotto e processo e che consente loro di riposizionarsi

perare alcune caratteristiche del prodotto o dei meto-

nel top di gamma, o con un approccio difensivo che

di produttivi hanno indotto alcune aziende a compie-

prevede percorsi di delocalizzazione della manifattura

re il processo inverso alla delocalizzazione; sono solo

verso i Paesi dell’est Europa o dell’estremo oriente”.

una piccola percentuale ma è comunque significativo

In generale, per quanto riguarda la delocalizzazione

parlarne per rimarcare ancora una volta l’importanza

produttiva, sono tante le imprese facenti parte dei

del fattore territorio, inteso in senso fisico ma anche

distretti che decidono di attuarla, sia aprendo nuovi

sociale, nel processo produttivo, perlomeno in alcuni

stabilimenti all’estero che spostandovi letteralmente i

settori.

propri. Nel caso contrario, negli ultimi anni si è visto

In questo caso si parla di “Back Reshoring” 5 , ov vero

un aumentare considerevole della manodopera a bas-

il ritorno da parte di un’impresa alla terra di origine,

so costo all’interno delle imprese, strategia difensiva

oppure di “Near Reshoring”, con il quale le aziende

definita “delocalizzazione inversa” (Belussi & Sedita,

decidono di av vicinare l’attività produttiva o di for-

2010). Nei distretti in modo particolare questa strate3 Mattioli C., Ritorno a Sassuolo. Metamorfosi della produzione e dei territori distrettuali, Tesi di dottorato, Politecnico di Milano, 2015, pp. 259-283. Questo interessante studio si focalizza sulle dinamiche che hanno investito il distretto ceramico di Sassuolo a partire dalla sua crescita iper-accelerata fino alla sua metamorfosi odierna per trarne ipotesi di “scenari evolutivi”.

4 Alcuni ricercatori del MIT hanno svolto uno studio sull’importanza della manifattura nazionale negli Stati Uniti d’America, gli esiti sono contenuti in Berger S., Making in America. From Innovation to Market, The MIT Press, Cambridge Massachussets, 2013. 5 Il “back reshoring” è una strategia di impresa – deliberata e volontaria – orientata alla ri-localizzazione domestica (parziale o totale) di attività svolte all’estero (direttamente o presso fornitori) per fronteggiare la domanda locale, regionale o globale (Fratocchi et al., 2014: 428 – 249)

PA R T E I

23


nitura al Paese di origine. (Mattioli, 2015). Guardan-

ed hanno molteplici effetti. In primis è aumentata la

do nella fattispecie al territorio modenese, il distretto

“verticalizzazione”: se è vero che all’interno di un di-

della piastrella di Sassuolo sta subendo una quantità

stretto la componente orizzontale è prevalente, oggi

di fenomeni molto variegata: alcune imprese hanno

in questa situazione, lo è molto meno; è andata for-

delocalizzato la loro produzione, una grande quantità

mandosi una struttura piramidale tra imprese leader,

sono state comprate da investitori stranieri (es. Ma-

aziende di “seconda schiera” e sub – fornitori locali,

razzi Group), mentre altre hanno deciso di prendere

all’interno della quale però esistono ancora rapporti

un’altra strada: quella dell’innovazione.

di cooperazione e di competizione. Questo porta ad

Volgendo lo sguardo alla seconda strategia preceden-

una situazione abbastanza gerarchicamente ordinata

temente elencata, si può vedere come i principali pro-

in cui l’impresa leader potrebbe “sfruttare opportu-

tagonisti siano le medie imprese . Sono principalmen-

nisticamente” 2 il distretto e allo stesso tempo fare da

te imprese italiane perlopiù a controllo famigliare che

“interfaccia cognitiva” 3 per lo stesso. Si è andata a co-

sono nate solitamente da processi di crescita di PMI

stituire quindi una situazione in cui l’impresa ha biso-

o da percorsi di loro fusione e acquisizione o, ancora,

gno del distretto nel suo insieme e viceversa.

sono l’esito del ridimensionamento di grandi imprese

Questo è quello che sostanzialmente è successo e sta

(ibidem). Uno scenario da esse dominato, risulta per

succedendo nel distretto ceramico, ed è un esempio

ov vi motivi profondamente differente da quello del di-

significativo per la provincia, anche se in realtà i vari

stretto industriale come lo conoscevamo; rispetto alle

distretti e cluster, più o meno recenti si comportano

imprese distrettuali, le medie imprese si differenziano

in modi differenti a seconda di fattori sia esogeni che

per un diverso “rapporto con le forme di conoscenza”

endogeni che li caratterizzano.

incorporando all’interno della produzione la nuova

Sono stati individuati da De Marchi e Grandinetti nel

componente immateriale (ibidem). In secondo luogo,

2014 4 quattro diversi scenari evolutivi per i territori

sono caratterizzate da considerevoli processi di inter-

dei distretti. Un primo scenario è quello del declino:

nazionalizzazione che hanno permesso di aumentar-

se le imprese e la rete non hanno la forza per ov via-

1

ne la competitività pur trattenendo nel territorio di origine la componente strategica del valore aggiunto (ibidem). I risultati di queste metamorfosi che hanno

24

2 Mattioli vede lo “sfruttamento opportunistico” come ipotesi pessimista in cui la “media impresa una volta consolidatasi potrebbe staccarsi dal livello locale” (Mattioli, 2015: 270)

coinvolto questa tipologia di azienda sono molteplici

3 “E’ il profilo delle imprese molla individuate da Bonomi e Abruzzese (2004) che, partendo dal locale (e grazie alle competenze accumulate all’interno del sistema), vanno nel Mondo ma ritornano portando con sé un bagaglio di nuove conoscenze, diffuse poi all’interno del distretto” (Mattioli, 2015: 270)

1 Sono definite “Medie Imprese” tutte quelle aziende con fatturato compreso tra 15 e 330 milioni di euro, un numero di addetti tra 50 e 499, attive nel comparto manifatturiero e con assetto societario autonomo.

4 De Marchi V., Grandinetti R., industrial districts and the Collapse of the Marshallian Model: looking at the Italian Experience, Competition and Change, vol. 18, n. 1, febbraio 2014, pp. 70-87

TRANSIZIONI


Costruzione di una nuova immagine per l’impresa Interventi all’interno di rotatorie finanziati da Casalgrande Padana spa, azienda ceramica di primaria importanza. Progetto: Daniel Libeskind Foto: Archinfo, Area

PA R T E I

25


re ai mutamenti tecnologici ed alle sfide della glo-

te di quello meccanico che è nato per esigenze del pri-

balizzazione il distretto è destinato a scomparire. In

mo e che poi è riuscito a ritagliarsi una propria fetta

un secondo scenario potrebbero emergere poche me-

di mercato. Ad oggi è molto complicato distinguere i

dio-grandi imprese internazionali andando a creare

confini distrettuali, anche a causa delle implicazioni

un “oligopolio distrettuale” con il conseguente assot-

spaziali che dismissione, abbandono, ricolonizzazio-

tigliarsi delle relazioni interne. Nel terzo scenario le

ne, degrado di intere aree verdi e policentrismo causa-

imprese citate potrebbero attuare una gerarchizzazio-

no ovunque sul territorio.

ne attraverso reti di sub-fornitura; in questo caso il distretto avrebbe una vitalità minore ma non morirebbe. Infine, lo scenario migliore, in cui un buon numero di medie imprese leader fungono da intermediari tra interno ed esterno del distretto; in questa maniera, si mantengono buone relazioni con le imprese minori e al tempo stesso si riescono ad assorbire elementi provenienti dall’esterno, soprattutto in termini di innovazione. Questi nuovi distretti sono detti “glocali”. Questa quanto mai semplificata panoramica sull’economia distrettuale e suoi mutamenti porta ad alcune importanti rif lessioni che sono strettamente connesse con l’economia dell’odierno Modello Emiliano. Innanzitutto i distretti non sono più gli stessi; da un concetto di “atmosfera produttiva” si è passati ad un sistema molto più gerarchizzato. Di conseguenza si evince che i bordi sono divenuti molto più porosi e non si può più parlare di sistema uniforme e immodificabile. Inoltre, essendosi sfaldata la rete di imprese originaria, i distretti sono diventati molto più eterogenei al loro interno; talvolta incorporano altri settori oppure addirittura altri distretti. Nel caso modenese ad esempio il distretto ceramico ha al suo interno par-

26

TRANSIZIONI

1.4 Una visione urbana Se è vero che i distretti industriali sono cambiati, se è vero che si sono sfaldati i rapporti imprenditoriali e sociali al loro interno, allora cosa rimane degli spazi e come vengono utilizzati? Di quali spazi gli “abitanti” dei nuovi distretti necessitano? Partendo dall’analisi di Mattioli sul distretto sassolese, possiamo estrapolare le caratteristiche principali dei cambiamenti spaziali av venuti, in base alle nuove categorie imprenditoriali che si sono andate a formare negli ultimi decenni. In primis serve ribadire che il problema dell’abbandono industriale in seguito al passaggio dall’epoca fordista a quella post-fordista, è un problema noto, al centro del dibattito urbanistico e architettonico da almeno mezzo secolo. Contestualizzando, va detto anche che nei territori della Terza Italia la questione si è presentata, con un notevole ritardo, all’inizio degli anni ottanta in una veste abbastanza diversa da quella più conosciuta delle grandi fabbriche: l’abbandono è molecolare e diffuso sul territorio, quindi più difficile da identificare. L’altro dato da tenere in considerazione è legato al periodo in cui viviamo; è ormai deci-


Riuso produttivo. Capannoni ristrutturati ed occupati da aziende diverse da quelle originarie

PA R T E I

27


samente alle spalle la stagione del “progetto urbano”

il cattivo tempo del mercato ceramico italiano. Sono

volto a modificare funzioni, ruolo e immagini di in-

imprese che hanno saputo diversificare il loro prodot-

tere parti di città (Secchi, 2005) applicato in pochis-

to andando verso un mercato legato al contemporaneo

simi frangenti all’interno del territorio italiano, per

aumentando, in molti casi, gli investimenti in ricerca

riqualificare aree ex industriali (per esempio Bicocca

e sviluppo e sfruttando al massimo il know-how del

a Milano o Lingotto a Torino). In attesa di capire quali

territorio aumentato dall’alto livello di conoscenza

saranno gli sviluppi di quella che sembra una nuova

della componente umana. Spesso queste imprese si

stagione, possiamo attingere alle “Biografie d’Impre-

sono trovate (e si trovano tutt’ora) a dover fare i conti

sa” relative al distretto che, in un panorama in con-

con una diversificazione che obbliga alla sostituzione

tinuo cambiamento all’interno di un territorio che

di macchinari, oppure alla necessità di nuovi spazi da

mantiene una sua forte identità produttiva, possono

destinare alla logistica. In questi casi si riscontra un’a-

aiutarci a capire se “le nuove forme della produzione

zione da parte degli imprenditori che mira spesso al

sono in grado di generare (o contribuire a generare)

riuso adattivo dei capannoni già presenti: sono molti

una nuova e diversa città ” 2 .

gli esempi in cui imprese in crescita hanno acquistato

In precedenza si è potuto vedere come la metamorfosi

un’area dismessa per poi riconvertirla oppure demo-

profonda del distretto abbia fatto nascere nuove cate-

lire gli edifici e costruirci nuovi stabilimenti. Tutto

gorie di attori, che nella fattispecie sono rappresentati

comunque rivolto ad una diminuzione (se possibile)

dalle imprese vecchie e nuove che hanno saputo crea-

del consumo di suolo. Questo è un dato estremamente

re nuovi legami con il territorio. A questo proposito

importante, in quanto ci dice che aziende con elevate

si possono suddividere in tre differenti categorie: Le

quantità di denaro a disposizione decidono comunque

grandi imprese vincenti, le piccole e medie imprese

di continuare ad investire nel territorio per non per-

ancora vivaci e le imprese in crisi.

dere un legame con esso. Al tempo stesso questi stessi

Tutta una serie di imprese innovative e grandi gruppi,

soggetti decidendo di accentrare la produzione in un

sono oggi presenti a Sassuolo e da soli fanno il bello e

singolo luogo lasciano liberi altri spazi che spesso sono

1

occupati da altre aziende minori in crescita che neces-

28

1 All’interno della ricerca di Mattioli un intero capitolo (Biografie d’impresa, storie di spazi produttivi) è dedicato alla cronaca di venti biografie di impresa. Il capitolo indaga la metamorfosi degli spazi della produzione attraverso la ricostruzione di alcune micro-storie individuali. L’indagine assume la forma di un approfondito lavoro di esplorazione sul campo con il quale si è inteso interrogare i diversi operatori economici presenti nel distretto ceramico ed entrare all’interno degli spazi dove essi operano quotidianamente (Zanfi, 2013)

sitano di un capannone in una sorta di “av vicenda-

2 City and Production, post all’interno del blog Shared territories / Territories in crisis, in cui Cristina Bianchetti introduce i lavori del Workshop 9 alla Conferenza nazionale SIU di Roma (2017), inerente il rapporto tra città e produzione.

3 Situazione in cui le aziende che necessitano di maggiori o diversi spazi per la loro produzione non valorizzano le aree liberate con interventi di rifunzionalizzazione, ma le vendono ad altre imprese (per usi produttivi) (Mattioli, 2015: 222)

TRANSIZIONI

mento aziendale” 3 . Altro tema fondamentale è quello dell’immagine. Un’impresa innovativa e dinamica ha


Spazi sospesi Capannoni, laboratori e appartamenti sospesi all’interno di diverse aree produttive di Modena. 2017

PA R T E I

29


bisogno di un’immagine altrettanto convincente, per

l’attività. Sono per lo più produttive ma anche società

questo gli investimenti vanno sempre più verso la cura

commerciali, di logistica o progettazione meccanica

estetica degli stabilimenti; l’azienda ricerca in misura

che ingrandendosi vanno ad occupare spazi lasciati

sempre maggiore la comunicazione diretta, e nel caso

liberi o da grandi aziende o da fallimenti, prov veden-

della ceramica risulta di fondamentale importanza vi-

do ad una ristrutturazione minimale degli ambienti

sta la tendenza ad attrarre in maniera diretta il buyer

interni, lasciando spesso l’aspetto esterno immutato.

alla sede produttiva a scapito dell’incontro in fiera,

Queste aziende hanno una limitata disponibilità eco-

anche a valle del crescente fenomeno del “turismo di

nomica, pertanto hanno la necessità di adattarsi a si-

impresa” . A questa tendenza si affianca poi l’esigen-

tuazioni preesistenti arrivando ad un compromesso

za di intervenire sul territorio attraverso episodi di

tra grado di produttività e esigenze spaziali; questo

“rinnovo urbano” , che potrebbero, alla lunga essere

è in realtà sinonimo di un alto grado di incertezza,

l’incipit decisivo per la nascita di una nuova partner-

pertanto non c’è la sicurezza che in situazioni econo-

ship tra pubblico e privato, in cui gli interessi dell’uno

micamente più favorevoli tali aziende avrebbero la ne-

e dell’altro si incontrano producendo vantaggi per la

cessità di adattarsi mantenendo basso il consumo di

collettività.

suolo agricolo.

A fianco di queste imprese leader c’è una seconda tipo-

In ogni caso gli interventi che tali soggetti possono

logia di attori che è formata prevalentemente da tutte

attuare sono di entità minima, ed anche se frequenti,

quelle piccole e medie imprese che hanno saputo stare

difficilmente riusciranno a innescare modificazioni

al passo con le più sofisticate tecnologie e che formano

tangibili bel paesaggio in cui si inseriranno. Infine,

un tessuto vivo, ma che non hanno la forza, soprat-

l’ultima tipologia analizzata ci porta a considerare lo

tutto economica, di innovarsi ai livelli delle altre.

spegnimento, ov vero la condizione in cui riversano le

Spesso hanno stabilimenti produttivi nei territori più

imprese maggiormente colpite dalla crisi. Sono per lo

marginali del distretto e possono essere frutto di un

più aziende di medie dimensione con non più di 100

ridimensionamento di un’azienda più grande o ancora

dipendenti, che si trovano in grande difficoltà e, spes-

la rinascita di aziende fallite o che hanno terminato

so, sono costrette a disattivare parte della produzione

1

2

e, ancor più frequentemente a re-internalizzare alcune

30

1 Tendenza degli ultimi anni per la quale l’impresa apre le porte al compratore che entrando può vedere direttamente gli spazi e i sistemi della produzione. Il concetto è ben spiegato in Micelli S., Fare è innovare. Il nuovo lavoro artigiano, Bologna, Il Mulino, 2016.

fasi, causando la chiusura di molte aziende dell’indot-

2 Episodi che, entro un nuovo welfare aziendale di territorio, vedono l’azienda protagonista nella riqualificazione, dotazione e risistemazione dell’ambiente esterno alla fabbrica (Mattioli, 2015: 230). Esempio significativo sono la costruzione di landmark all’interno delle rotatorie da parte di “Casalgrande Padana”, importante industria ceramica del distretto.

colare di diverse tipologie di edifici tra cui capanno-

TRANSIZIONI

to. Questo spesso si rif lette in un abbandono moleni, case – capannone, palazzine per uffici ma anche


terreni diversi, che magari necessitano di bonifiche.

media impresa è in uno stato intermedio e per questo

Al fianco di questi episodi troviamo poi tutto ciò che

non ha le forze per determinare un mutamento tan-

è legato al patrimonio invenduto, ov vero prodotto da

gibile nel panorama urbano. Infine rimangono le im-

quella “forma mercantile di urbanistica che considera

prese dell’indotto in difficoltà che perlopiù lasciano

gli oggetti nient’altro che merci da proporre al consu-

un patrimonio in abbandono che può rimanere in uno

matore per soddisfare le sue differenziate e mutevoli

stato di sospensione anche per anni prima che se ne

esigenze (Lanzani & Zanfi, 2013; Mattioli, 2015) e che

decida la sorte; molto spesso sono piccoli contenitori

quindi ha prodotto più di quanto non fosse vendibile.

e case, che per le loro dimensioni e forme sono i più

Ov viamente, tutte le categorie descritte sono asso-

difficili da riutilizzare.

ciabili ad una geografia ben precisa all’interno del

Nel contesto più propriamente urbano di Modena,

distretto: mano a mano che ci si allontana dai centri

quest’ultima tipologia è molto frequente e, nella mag-

maggiori, il prestigio ed il benessere delle imprese di-

gior parte dei casi è collocata all’interno dei Villaggi

minuisce, questo a rimarcare una forte connotazione

Artigiani.

urbana che assimila di fatto il distretto alla città. Gli esempi proposti potrebbero sembrare un po’ distanti dalla dimensione propria di cui questa tesi si occupa, in realtà sono molto attinenti se si considerano gli aspetti di somiglianza tra il distretto della ceramica e la dimensione generale dell’industria nella provincia. Quindi provando a tirare le somme si può affermare che oltre ad avere una buona vitalità nel settore industriale, il territorio di Modena deve fare fronte a problematiche varie ed originali che sono determinate da diversi gradi di “salute” imprenditoriale che determinano a loro volta, questioni spaziali di differente entità e gravità. La grande impresa generalmente si ingrandisce, ma nel territorio, cercando di non consumare nuovo suolo e, nella migliore delle ipotesi potrebbe avere ruolo attivo dal punto di vista progettuale agendo nello spazio urbano pubblico. La

PA R T E I

31


2. Modena

2.1 Al centro del modello Modena oggi è una città di medie dimensioni si-

nazionale che è diminuita nell’ultimo anno1.

tuata nella Regione Emilia-Romagna. Il capoluogo

I dati riguardanti economia ed occupazione, vedono

ha 184.973 abitanti e in totale la provincia ne conta

Modena ancora nelle posizioni di testa per quel che

701.642 (Istat 2016), pressoché stazionari dopo la cre-

riguarda la ricchezza pro capite nonostante la crisi

scita degli ultimi anni dovuta all’immigrazione. In

economica. Nel 2015 il reddito pro capite italiano è sa-

generale, il numero di stranieri residenti è in forte au-

lito dello 0,7% attestandosi a circa 27.000€; la Regione

mento dai primi anni novanta e, ad oggi, sono arriva-

Emilia-Romagna sta facendo da locomotiva, insieme

ti ad essere il 15,4% del totale degli abitanti contro il

ad altre regioni del nord Italia a questa ripresa, infat-

13,1% del dato provinciale, il 12,0% di quello regionale

ti, oltre che attestarsi quarta a livello nazionale (dopo

e l’8,3% di quello italiano. I dati della popolazione re-

Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta e Lombardia) col-

sidente relativi alle fasce di età ci dicono che gli over

loca 4 province nelle prime posizioni della classifica

65 sono in costante aumento dal 2001, con gli under

del reddito pro capite: Bologna (terza), Modena (quar-

14 stazionari e i 15-64 in lieve decrescita. La popola-

ta), Parma (sesta) e Reggio Emilia (dodicesima), il PIL

zione, come detto stazionaria, si confronta con quella

in Emilia-Romagna è di 33.600€ per abitante, in cre-

regionale, che invece risulta in lieve aumento, e quella

32

TRANSIZIONI

1 Tutti i dati nazionali relativi alla demografia sono ricavati da ISTAT, Italia in cifre 2016, Istituto Nazionale di Statistica, 2017.


scita dell’1%. (ISTAT 2016)

annuo. Il bilancio complessivo dell’anno 2016 mostra

Buoni segnali arrivano anche dal fronte della disoccu-

un incremento produttivo medio del +2,6%, il più alto

pazione, con un dato regionale al 6,6% e provinciale,

degli ultimi cinque anni. Anche il fatturato è cresciu-

per quanto riguarda Modena, al 6,4% al fronte di un

to, ad un ritmo del +3% in media d’anno. Leggermente

dato nazionale ancora piuttosto elevato (11,9%) che

più debole la dinamica degli ordini domestici (+1,8%)

si abbassa con un ritmo troppo lento rispetto a quasi

mentre appare più sostenuto il trend di quelli prove-

la totalità degli altri stati dell’Unione Europea. I dati

nienti dai mercati internazionali (+6,5%). La quota di

Istat sono relativi al quarto trimestre del 2016 e da

fatturato proveniente dalle esportazioni sfiora in me-

questi si può vedere come la disoccupazione in Regio-

dia il 40% anche se per alcuni settori raggiunge il 60%

ne sia ad oggi minore rispetto a quella della Lombar-

(Camera di Commercio di Modena 2017) 3 . La statistica

dia e maggiore solo di quella della Provincia Autono-

settore per settore mostra in netta ripresa quello mec-

ma di Bolzano.

canico e dei metalli, quello alimentare, quello cerami-

Osservando la divisione degli occupati per settore si

co e quello bio-medicale; mentre risulta in f lessione il

nota come ci sia una notevole differenza rispetto alle

settore del tessile e della maglieria. Infine altro dato

altre regioni del nord, infatti se in Italia oggi quasi

importante per inquadrare lo stato di salute dell’eco-

il 70% dei lavoratori è occupato nei servizi a scapito

nomia territoriale è quello relativo alle esportazio-

dell’industria, che rimane ferma al 20%; In Emilia-Ro-

ni. Secondo il rapporto della Camera di commercio:

magna, quest’ultima ha ancora una relativa importan-

anche il 2016 si conferma un anno in crescita per le

za occupandone il 27,2%, che diventano addirittura

esportazioni modenesi: la variazione media annua ri-

il 34,6% nel caso specifico della provincia di Modena

sulta del +2,2% con un aumento di 262 milioni di euro

(Unioncamere, 2016) . Lo stesso si può evincere dai

che portano l’export del 2016 a superare per la prima

dati Istat del 2016 dove in provincia l’industria incide

volta i 12 miliardi, valore assoluto più elevato raggiun-

sul PIL in termini di valore aggiunto per 11.000 €; va-

to finora, con un incremento del +10,5% rispetto ai va-

lore più alto in assoluto in Italia.

lori del 2008 (ibidem, 2017)

Entrando nel dettaglio del settore dell’industria,

Il confronto con il resto d’Italia mostra come la per-

si può notare che è ancora il settore manifatturiero

formance modenese sia piuttosto positiva, infatti l’an-

quello trainante. Infatti, dopo un’importante f lessio-

damento del dato annuale dell’Emilia Romagna risulta

ne durata dal 2008 al 2013, negli ultimi anni ha avuto

pari a +1,5%, mentre quello italiano è pari a +1,2%.

una crescita media della produzione pari a circa l’1,3%

Modena rimane quindi salda in ottava posizione nel-

2 Unioncamere Emilia-Romagna, Rapporto 2016 sull’economia regionale, Unioncamere, 2016.

3 Camera di Commercio di Modena, Rapporto economico sulla provincia di Modena 2016, Camera di Commercio di Modena, 2017.

2

PA R T E I

33


184.727

popolazione residente (ISTAT, 1940 - 2016)

103.247 1940

1950

1960

1970

1980

1990

2000

2010 2016

15,4% Modena (comune)

13,1% Modena (provincia) 12,0% Emilia-Romagna

8,3% Italia

Stranieri residenti: percentuale sul totale della popolazione (ISTAT, 2001 - 2015)

6,9% 5,2% 4,1% 2,7% 22,1% over 65 20,4%

14,3% under 14 popolazione per fasce di etĂ : percentuale sul totale della popolazione (ISTAT, 2001 - 2015)

34

TRANSIZIONI

12,6%

2001

2005

2010

2015


42,7% 38,6%

37,8% Italia 34,9%

Tasso di disoccupazione 23,5% giovanile (ISTAT)

20,4%

12,7% 11,3%

10,7%

22,0% Emilia-Romagna 19,6% Modena (provincia)

2,8%

12,7%

11,7% Italia

8,3%

8,0% 7,9%

Tasso di disoccupazione (ISTAT)

6,6% Emilia-Romagna 6,4% Modena (provincia)

6,1%

3,1%

3,7%

2,8%

35.700 € Modena (provincia) 33.600 € Emilia-Romagna

Prodotto Interno Lordo pro capite (ISTAT)

27.000 € Italia

2004

2006

2008

2010

2012

2014

2016

PA R T E I

35


66.348 58.025 53.064

45.173

18.491 Imprese attive totali (censimenti ISTAT 1951 2011, dato 2016)

15.046

Imprese attive settore manifatturiero (censimenti ISTAT 1951 2011, dato 2016) 7.926

9.784

9.340

7.518

42,9% Incidenza manifatturiero su totale (censimenti ISTAT 1951 - 2011, dato 2016)

33,3%

28,6%

14,7%

1951

36

TRANSIZIONI

1961

1971

1981

1991

2001

2011

2015


263.716

260.950

215.049

63.219 Addetti totali (censimenti ISTAT 1951 - 2011)

124.820

93.419 Addetti totali settore manifatturiero (censimenti ISTAT 1951 - 2011)

32.337

56,7% 51,2% Incidenza settore manifatturiero sul totale (censimenti ISTAT 1951 - 2011)

35,8%

1951

1961

1971

1981

1991

2001

2011

2015

PA R T E I

37


2,4%

2,6% 2,3%

2,2%

2,2%

1,3% 1,0% 0,1% Italia 0,5% Modena (provincia)

-0,1%

0,0%

-0,5% Emilia-Romagna

Tasso di iscrizione netto al registro delle imprese 1995-2015 (Unioncamere Emilia-Romagna 2016 2015

-1,8%

1995

Italia

3%

Emilia-Romagna

3,4%

Modena (provincia)

2000

20,1%

2005

2010

6,5%

27,2%

69,6%

5,6%

3,4%

34,6%

63,8%

6,8%

55,3%

Numero addetti per settore economico (ISTAT 2015)

Agricoltura | Industria | Costruzioni | Servizi

Italia

1.000

Emilia-Romagna

1.000

Modena (provincia)

1.000

4.000 1.000

6.000

9.000 1.000

11.000 1.000

7.000

6.000

5.000

9.000

6.000

5.000

9.000

4.000

Agricoltura | Industria | Costruzioni | CR-AR-TC | IMF-AI-NAPI | Altri servizi CR-AR-TC: Commercio e riparazioni; Alberghi, bar, ristoranti; Trasporti e Comunicazioni. IMF-AI-NAPI: Intermediazione monetarie e finanziaria; Attività immobiliari; Noleggio, attività professionali e imprenditoriali. Atri Servizi: Amministrazione pubblica e difesa; assicurazione sociale obbligatoria; Istruzione; Sanità e assistenza sociale; Attività artistiche, di intrattenimento e divertimento; Altre attività di servizi; Attività di famiglie e convivenze.

38

TRANSIZIONI

Valore aggiunto pro-capite a prezzi base, dati in € (ISTAT 2015)


24,1%

Italia Emilia-Romagna

19,4%

Modena (provincia)

18,7%

Bologna (città metropolitana) Milano (città metropolitana)

Numero addetti per classe di impresa. Settore manifatturiero (ISTAT 2015)

Torino (città metropolitana)

30,1%

22,3%

29,4%

24,0%

28,7%

17,5%

19,2%

28,7%

24,7%

25,8%

14,6%

27,2%

23,9%

27,8%

15,7%

23,5%

29,9%

24,2%

34,4%

16,7%

49,5%

0-9 | 10-49 | 50-249 | 250 e oltre

Agricoltura, silvicoltura pesca Estrazione di minerali da cave e miniere Attività manifatturiere Fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata Fornitura di acqua; reti fognarie Costruzioni Commercio all'ingrosso e al dettaglio; riparazione di autoveicoli Trasporto e magazzinaggio Attività dei servizi di alloggio e di ristorazione Servizi di informazione e comunicazione Attività finanziarie e assicurative Attività immobiliari Attività professionali, scientifiche e tecniche Noleggio e servizi di supporto alle imprese Istruzione

Imprese attive per settore di attività in Provincia di Modena (Unioncamere Emilia-Romagna 2016)

Sanità e assistenza sociale Attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento Altre attività di servizi

Industria alimentare Tessile abbigliamento Industria del legno e dei prodotti in legno e sughero Fabbricazione di carta e di prodotti di carta Stampa e riproduzione di supporti registrati Industria chimica e farmaceutica Fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche Fabbricazione di altri prodotti ceramica e terracotta Metalmeccanico

Imprese attive nei settori manifatturieri della Provincia di Modena (Unioncamere Emilia-Romagna 2016)

Fabbricazione mezzi di trasporto Fabbricazione di mobili Altre industrie manifatturiere Riparazione, manutenzione ed installazione di macchine

PA R T E I

39


la classifica delle province italiane per valore delle

permesso un riassestarsi delle condizioni anche grazie

esportazioni.

alla capacità di queste di competere sui mercati esteri

Quali sono i luoghi di questa, seppure lenta, crescita?

con i paesi in via di sviluppo, dove il costo della mano-

Ci viene in aiuto in questo caso, il rapporto del CAPAS

dopera è sensibilmente più basso.

(§ cap.3.4), il quale suggerisce che stanno ripartendo

Rimane ora da chiedersi se e in quale modo questa ri-

le richieste di capannoni industriali in particolare ai

presa si intrecci con le dinamiche urbane e se le ammi-

due poli, est e ovest, della città. I dati non possono

nistrazioni sapranno sfruttarla per evitare una nuova

prevedere dove sarà e come sarà un futuro sviluppo

ed, apparentemente, inevitabile stagione del consumo

dei luoghi dell’industria, ma anche grazie a colloqui

di suolo.

con alcuni dirigenti del Consorzio, si può tentare la ricostruzione di scenari possibili 1. Provando ad interpretare i dati raccolti nell’indagine,

2.2 Gli spazi della produzione

si può dunque affermare che la ripresa dell’economia

Oltre a trovarsi entro un’importante area produttiva

modenese, passi attraverso quella della sua industria

che per anni si è sorretta sulla stabilità e la dinami-

manifatturiera; dato senza dubbio interessante e, in

cità dei distretti industriali, Modena è al centro di

parte, in controtendenza rispetto alle aspettative. In-

un sistema metropolitano che potremmo definire cit-

fatti osservando i dati di tutte le regioni italiane si

tà-territorio 2 . Si tratta in genere di ampie aree dove

vede come, in particolare in Lombardia e Piemonte, sia

l’urbanizzazione diffusa ha prodotto immaginari

completata la transizione da un’economia industriale

in cui centri urbani più o meno grandi si alternano

ad un’economia di servizi, e sembra che la produzione

a campi coltivati e aree produttive, in un insieme nel

sia ancora forte soltanto nei territori della “Terza Ita-

quale è difficile individuare i bordi urbani originari.

lia” in cui lo sviluppo è av venuto nei modi e nei tempi

Nel caso del territorio emiliano si è andata a formare

già largamente esplicati in precedenza.

nel tempo un’area metropolitana di circa 2900 km 2 e

Altra caratteristica che emerge, è la apparente tenuta

1,2 milioni di abitanti che comprende oltre ai centri

del sistema dei distretti industriali multi-settoriali, i

sull’asse della Via Emilia tra Parma e Modena, anche

quali tramite l’internazionalizzazione e l’esportazio-

i centri delle fasce pedemontana e bassa padana (Car-

ne dei prodotti hanno saputo evitare un declino che

pi, Sassuolo, Scandiano etc.) 3 . Ov viamente non è un

era già scritto nei primi anni di crisi; gli investimenti in ricerca e le collaborazioni forti tra imprese hanno 1 Conversazione privata con il dott. Silvio Berni dirigente del Consorzio Attività produttive Aree e Servizi, Modena. (§ cap. 2.3)

40

TRANSIZIONI

2 Calafati A. G., Le città della Terza Italia: evoluzione strutturale e sviluppo economico, Franco Angeli, Milano, 2012 3 Il tema non è stato studiato profondamente. Una possibilità per approfondire dal punto di vista geografico-territoriale e demografico è attraverso Spinosa A., Città d’Italia 2040. Proiezioni demografiche di medio e lungo periodo, Cityrailways quaderni, Loop Page, Lugano, 2016


col gua bus nov

mir

nov

sor cs

pr

sfe

carpi sil

col

corr

bag

sol bas

mon re

cav

pc

tra lan

cre

cam

non sg

rub

mo

alb cf

scand cas

for sass

cast

bo

cr fior

mar

spi

vig

CittĂ Mediopadana

PA R T E I

41


territorio riconosciuto come area metropolitana dalle

dare ben oltre la concezione di distretto industriale

istituzioni, tuttavia le relazioni sociali ed economi-

o semplicemente di eccellenza produttiva territoriale

che interne ad esso hanno spinto alcuni a studiarne

ma collocarsi in maniera ancora più competitiva nel

le possibilità soprattutto in termini di mobilità. Ad

mercato globale.

esempio è auspicabile, da parte di molti comuni e di

La tensione tra città e produzione è da tutto il nove-

gran parte dei cittadini, che tutti gli sforzi fatti per

cento in continuo cambiamento. Un tira e molla che ha

ottenere infrastrutture importanti quali la stazione

portato al formarsi di intere aree urbane e suburbane,

alta velocità Mediopadana, siano in un futuro in qual-

di interi quartieri totalmente industriali e di quartieri

che modo coronati con la costruzione di un sistema di

misti, ha lasciato un’ingente quantità di contenitori e

mobilità integrato che la unisca al resto dell’area, si

spazi a ridosso dei centri storici, senza contare le in-

pensa attraverso un sistema di Tram-treno che sfrut-

frastrutture che sono servite prima per garantirne la

ti le linee ferroviarie locali storiche, comprese quelle

soprav vivenza e che ora sembrano poter scomparire o

dismesse . Tuttavia è in termini economici che la città

al più mutare il loro ruolo.

Mediopadana potrebbe recare i maggiori benefici col-

Se la tendenza generale che coinvolge le città indu-

lettivi. Infatti, oggi le imprese dinamiche dei distretti

striali di tutta Europa, e non solo, è legata ad un ne-

necessitano di un “ambito di riferimento” diverso dal-

cessario e totale ripensamento dei luoghi in questione,

la città-distretto, dal semplice capoluogo di provincia

Modena si pone in una posizione trasversale rispetto a

e pure dalla città policentrica modenese auspicata già

queste. A Modena non ci sono grandi aree che neces-

dagli anni sessanta dal PRG Camposiano. Necessi-

sitano di interventi di recupero, ma soltanto piccole

tano di “uno spazio metropolitano che si colloca tra

o minuscole parti “spente” all’interno di aree attive.

il globale e il locale, tra global cities e aree interne.

Questo può essere considerato positivo in quanto i

Le aziende più innovative hanno bisogno della città

grandi vuoti urbani post-fordisti sono oggi un ingom-

“lontana”, dove trovano servizi avanzati, attrezzature

brante fardello per la collettività, che si trova a dover

collettive e occasioni di visibilità ” (Lanzani & Mattio-

risolvere, spesso senza risorse, problemi di degrado

1

li, 2016) . In questo, la città policentrica Mediopada-

e ambientali su larga scala. Al tempo stesso però la

na potrebbe offrire una “connessione metropolitana”

necessità di interventi puntuali complica le cose; si

(ibidem) determinante per uno sviluppo che possa an-

manifesta il bisogno di agire considerando un intorno

2

1 Spinosa A., Le ferrovie locali: da rami secchi a risorsa per la città diffusa. Il caso Mediopadano, disponibile all’indirizzo: https://issuu.com/andreaspinosa/docs/le_ferrovie_locali_da_rami_secchi_a 2 Lanzani A., Merlini C., Zanfi F., a cura di, Riciclare distretti industriali. Insediamenti, infrastrutture e paesaggio a Sassuolo, Aracne, Roma, 2016, pp 50-51.

42

TRANSIZIONI

complicato e spesso denso, che conserva caratteristiche economiche e sociali ben delineate. Risale al 1857 Il primo stabilimento industriale di di-


12000

1000

0

PA R T E I

43


mensioni rilevanti, si tratta della Rizzi che costruiva

Queste si sviluppano, appunto, a partire dalla tipolo-

materiale fisso e rotabile per ferrovie (Rinaldi 2015)1.

gia della casa-officina, nella fascia direttamente ad est

Inizia così una prima fase di storia della città indu-

del centro, poco fuori le mura, in una zona già preva-

striale che sarà caratterizzata prevalentemente dall’in-

lentemente residenziale.

dustria pesante siderurgica. Gli stabilimenti iniziano

Come è noto, lo sviluppo industriale e urbano di

a diffondersi nell’area a nord del centro urbano, ol-

Modena av viene tardivamente, rispetto alle zone del

tre la stazione ferroviaria dove intorno al 1940 era-

Triangolo Industriale. E’, pertanto dal secondo dopo-

no presenti numerose industrie meccaniche, fonderie,

guerra che maggiormente si inizia ad aver a che fare

opifici e in particolare une dislocazione della FIAT, la

con i problemi spaziali ed i conf litti dovuti alla cresci-

FIAT-OCI, che si occupava della costruzione di mac-

ta economica; una crescita tardiva ma esplosiva che ha

chine agricole. La città, dai primi del secolo alla fine

portato la provincia ad essere, tra le più povere d’Italia

della seconda guerra mondiale, sembrava aver preso

nel 1950, alla più ricca nel 1980 (Rinaldi, 2015).

una connotazione industriale simile a quella di molte

I Villaggi Artigiani hanno in questo un ruolo fonda-

città italiane, con stabilimenti a ridosso del centro sto-

mentale. Diventano gli spazi simbolo di questa cre-

rico, al fianco dei quali erano sorti svariati quartieri

scita esponenziale, connotata dalla nascita di imprese

popolari, più in generale si era venuta a formare una

piccole e medie, legate al territorio, di settori diffe-

divisione tra nord e sud della città, dove quest’ultimo

renti, che daranno vita al sistema dei distretti indu-

aveva una chiara vocazione residenziale.

striali. Questi spazi, sono collocati abbastanza al di

Importante per capire le dinamiche del rapporto spa-

fuori di quelli che allora erano i bordi urbani, in aree

ziale tra città-produzione, è, dal 1907, la suddivisione

estese e ben collegate alla principale direttrice, la Via

tra le industrie classificate insalubri e quelle defini-

Emilia. La loro collocazione non è certamente casuale,

te salubri. Le prime sarebbero dovute rimanere a una

visto che in quel periodo (anni cinquanta), in assen-

distanza minima dalle residenze, mentre le seconde

za di piani urbanistici, l’amministrazione non era in

potevano mescolarsi con tutte le altre funzioni; è in

possesso di strumenti efficaci di esproprio, pertanto

questo contesto che si iniziano a sviluppare piccole of-

la posizione è strettamente legata alla possibilità da

ficine legate al nascente settore dei mezzi di trasporto

parte del Comune di acquistare o meno aree agricole

a motore che avrebbero poi portato alla nascita dei più

da privati in determinate zone della campagna circo-

importanti marchi di automobili sportive al mondo.

stante.

1 Si veda Rinaldi A., L’industrializzazione del territorio modenese, in Bulgarelli V. et al., Città e architetture industriali. Il novecento a Modena, Franco Cosimo Panini, Modena, 2015.

44

TRANSIZIONI

Di fatto, però, non è stata una semplice creazione di quartieri specializzati, ma di qualcosa oggi difficil-


10

1

9

6

5

2

8

3

4

11

7

12000

2000

Geografia della produzione. Spazi produttivi presenti nel territorio comunale

0 1. 2. 3. 4. 5. 6.

Via Emilia Ovest / Barchetta Modena Nord Torrazzi Via Emilia Est Fascia ferroviaria Villaggio Artigiano Ovest

7. Villaggio Artigiano Est 8. Fascia ferroviaria 9. Cognento 10. Baggiovara 11. San Damaso

PA R T E I

45


mente definibile che sarebbe riduttivo persino inse-

Lo studio individua dodici ambiti suddivisi tra cinque

rire nella definizione di quartiere misto, vista la loro

tipologie.

complessa natura costitutiva, dove l’intersecarsi di

-

relazioni produttive, sociali e di appartenenza ne fa

commerciale sull’asse storico e tessuti produttivi di

esempi di frammenti di città unici.

varia natura verso gli altri tessuti urbani o il territorio

La vera svolta si ha quando, nei primi anni settanta,

rurale;

con la costituzione del Consorzio attività produttive

-

(CAP), il pubblico inizia a fare da guida all’impianto

levata specializzazione soprattutto nel settore mani-

di imprese produttive, lottizzando nuove aree ai confi-

fatturiero (meccanica, lavorazione di metalli) e nella

ni della città e, in seguito, fuori dai confini comunali,

logistica;

in modo da ridurre i problemi di congestione del traf-

-

fico e di aumentare la qualità ambientale. In questo

le aree più prossime al centro storico dove sono pre-

modo il consorzio riusciva anche a dislocare in tutto

senti complessi proto-industriali in parte riconvertiti,

il territorio “metropolitano” la forza lavoro, cercando

in parte in attesa di essere riqualificati;

di garantire uno sviluppo più omogeneo e meno cen-

-

tralizzato. Dal 1975 ad oggi, il consorzio, anche grazie

est e a ovest della città, realizzati soprattutto nel ven-

allo strumento dei PIP è riuscito ad attuare in totale

tennio compreso tra gli anni ‘60 e ‘70 sulla spinta della

oltre 2,6 milioni di mq di aree produttive, dei quali 1,2

domanda di nuovi spazi per le imprese;

milioni di mq solo nel comune capoluogo. (dati CA-

-

PAS 2016)

o in contesto rurale.

Oggi gli spazi della produzione della città sono vari

Elaborando una mappa di insieme della sospensione 3 ,

ed eterogenei, collocati in particolare nelle zone più

è interessante vedere quanti siano gli edifici “disponi-

esterne a semicerchio nella parte nord . Nei primi mesi

bili” all’interno delle aree; scopo del Consorzio è pro-

del 2017, il CAPAS ha commissionato una schedatura

prio capire se ci sarà o meno la possibilità di usufruire

di tutte le aree industriali suddivise per tipologia,

ancora di questi spazi, nell’ottica di dettare le linee

elaborando poi una mappatura degli edifici allo sco-

guida di intervento. Altro dato interessante da notare

po di capire l’entità del fenomeno della sospensione.

è la limitata presenza di edifici e capannoni in dismis-

1 Vedi la mappa della produzione

sione intesa come totale abbandono: quelle del Villag-

1

2

2 L’Atlante degli ambiti produttivi del Comune di Modena si compone di 12 Schede relative agli ambiti di indagine individuati sia nel capoluogo, sia nelle frazioni e presenta una breve descrizione delle realtà produttive di maggiore consistenza localizzate, nel territorio rurale o nel territorio urbano, in forma isolata.

46

TRANSIZIONI

ambiti sulla via Emilia, con destinazione

distretti specializzati, caratterizzati da un’e-

ambiti in trasformazione, che comprendono

villaggi artigiani, insediamenti produttivi a

Nuclei produttivi isolati, in contesto urbano

gio Artigiano ovest insieme alle ex-fonderie sembrano 3 Vedi mappa delle sospensioni


essere gli unici casi, segno che anche se non se ne co-

sua storia agricola prima e artigianale poi, ed è quindi

noscono a pieno le modalità ed i tempi, un ricambio

per questo che si può affermare che la produzione ha

spontaneo c’è stato, ed è stato efficace, resta da capire

costituito e fatto evolvere la città, ov vero ha costru-

se ci sarà ancora, vista la massiccia quantità di edifici

ito spazi e relazioni che sono cresciuti contempora-

che sono in attesa di un nuovo utilizzo.

neamente allo sviluppo urbano. C’è stato un distacco

Alla luce di quanto detto, è necessario fare alcune ri-

tra le due dimensioni nel periodo dopo il 1970, ma,

f lessioni su quel che l’indagine ci mostra sul rapporto

grazie all’intervento del pubblico, l’espansione è av-

produzione-città a Modena negli ultimi sessant’anni.

venuta in modo più “democratico” e ponderato, tanto

Gli spazi della produzione hanno determinato la for-

che oggi il fenomeno della dismissione sembra preoc-

ma urbana in maniera decisiva, in quanto Modena

cupare meno che altrove. Non è un caso che i problemi

era ed è una città a forte carattere industriale mani-

maggiori siano relativi alla fascia ferroviaria, quella

fatturiero. La produzione artigianale di derivazio-

di più antica industrializzazione, quindi connotata da

ne medievale ha sicuramente inf luito nello sviluppo

grandi edifici per lo più di origine tardo ottocentesca.

della nuova industria manifatturiera, la quale ne ha

Oggi sembra potersi intravedere un riav vicinamento,

riproposto i modelli tipologici della casa-bottega, poi

o meglio, un tentativo di riav vicinamento della sfera

casa-officina seppur con i dovuti avanzamenti tecno-

produttiva all’urbano, e, se da un lato c’è una spinta

logici. Questa derivazione che può essere ancor più re-

che permetterebbe una ri-colonizzazione degli spazi,

trodatata fino ad arrivare al casolare con stalla tipico

dall’altra c’è un’impossibilità che questo av venga data

della campagna, non può essere ridotta ad una sempli-

dall’incongruenza tra domanda e offerta, causata da

ce inf luenza nel tipo architettonico, ha infatti traman-

divergenze sui caratteri dimensionali e dalle mutate

dato negli anni una dimensione di “saper fare” e di

necessità delle imprese.

4

“lavoro in famiglia” che non si è mai persa totalmente. Tale dimensione compone, insieme ad altre, le fondamenta del Modello Emilia teorizzato poi da Sebastia-

2.3 L’invenzione dei Villaggi Artigiani

no Brusco nel 1980. Risulta quindi molto complicato

Tutto ebbe inizio il 9 gennaio del 1950. E’ questa la

scindere la produzione industriale di Modena dalla

data a cui gli storici tendono a ricondurre l’inizio della rinascita di Modena. Quel giorno fu il culmine di

4 Tipologia molto frequente nel panorama urbano produttivo modenese, in particolare nei primi Villaggi Artigiani, dove costituisce la matrice principale di occupazione dei lotti, stretti e lunghi: davanti la casa, con al piano terra lo spazio per ufficio o mostra, sopra l’abitazione, dietro il capannone, in mezzo un piccolo spazio-filtro. Con molte varianti, ovviamente: la casa separata, più lotti messi assieme con casa allungata e capannoni a schiera, e così via (Capucci, 2015)

un periodo di conf litti e lotte operaie che perduravano dalla fine del secondo conf litto mondiale, e non fu di certo un bel giorno. Fu il giorno in cui 6 lavoratori

PA R T E I

47


delle Fonderie Riunite furono uccisi dalla polizia du-

di diffusa tensione che si allargò ad altre fabbriche. In

rante una protesta contro i licenziamenti di massa de-

tutta la provincia s’allungavano le file dei disoccupa-

cisi dal proprietario, Adolfo Orsi, in seguito alla crisi

ti. Nel gennaio ’50 l’Ufficio provinciale del lavoro ne

della produzione iniziata nell’immediato dopoguerra.

contò addirittura 53.000 (Muzzioli, 1993). La mancan-

L’economia modenese degli inizi del novecento era

za, quindi, di una politica aziendale di innovazione di

basata in particolare sull’industria manifatturiera pe-

prodotto aveva costretto al licenziamento della classe

sante. Erano presenti infatti, fonderie e industrie spe-

operaia specializzata, ov vero quella che percepiva i

cializzate nella costruzione di materiale per ferrovie.

salari più elevati e quella più sindacalizzata. Il clima

Durante la prima guerra mondiale si insediarono al-

politico ov viamente non aiutava; il governo centrale

cuni grandi proiettifici, ma l’anno decisivo fu il 1928,

a maggioranza DC non vedeva di buon occhio la po-

quando la Fiat decise di dislocare a Modena la propria

litica locale, a maggioranza PCI che molto spesso si è

fabbrica di trattori, denominata Fiat-OCI, rilevando

trovata a dover risolvere problemi di ogni tipo, anche

un impianto di proprietà delle Officine Reggiane. La

economici, senza poter contare sull’aiuto del governo

Fiat-OCI divenne sin dal suo insediamento il princi-

nazionale1.

pale stabilimento metalmeccanico della città con circa

Porre come inizio delle vicende il 1950 è tuttavia erra-

900 addetti, superato solo dalla Manifattura Tabacchi

to, infatti il sindaco di allora, Alfeo Corassori, insieme

(Rinaldi 1996). Il periodo del fascismo ha visto un

all’assessore e ingegnere Mario Pucci aveva già prova-

aumento dell’industria del comparto meccanico con

to a tracciare, un anno prima, le linee per un progetto,

l’arrivo della Maserati, delle Fonderie riunite e delle

per allora, altamente innovativo, che sarebbe poi sfo-

Acciaierie; come già accennato tutte queste imprese

ciato nella creazione del primo “Villaggio degli Arti-

si convertirono durante il secondo conf litto mondiale

giani”, così veniva chiamato il progetto. L’intuizione,

per far fronte alle commesse belliche per poi ritrovarsi

naufragata a causa di una indisponibilità delle aree

con gli ordini più che dimezzati al termine della guer-

demaniali individuate, vide la luce definitivamente

ra.

nel 1953, quando il comune riuscì a trovare un’area

Come in tante altre fabbriche cittadine legate alla si-

abbastanza grande di proprietà privata da poter acqui-

derurgia ed al comparto meccanico, anche alle Fonde-

sire.

rie si era deciso di adottare la politica dei licenziamen-

La strategia è molto semplice, anche se non scontata

ti a causa di una sostanziale incapacità da parte della

in quel periodo. La legge non permetteva ancora l’e-

classe dirigente capitalista di porre rimedio alla fine

sproprio di aree, ma al Comune restava uno strumento

delle commesse belliche. L’episodio ingenerò un clima

48

TRANSIZIONI

1 Un approfondimento storico dettagliato è possibile consultando Muzzioli G., Modena, Laterza, Roma – Bari, 1993.


il Villaggio Artigiano Modena ovest anni settanta Fonte: Comune di Modena

PA R T E I

49


Villaggio Artigiano. Foto aerea anni sessanta Fonte: Comune di Modena

50

TRANSIZIONI


Villaggio Artigiano. Mappa dei primi anni settanta Fonte: Comune di Modena

PA R T E I

51


di pressione sui privati: solo i Comuni potevano di-

All’interno del primo Villaggio Artigiano si insedia-

chiarare fabbricabile un’area, consentendo ai privati

rono dapprima soprattutto piccolissime imprese che

di farne enormi profitti di natura speculativa. Questa

lavoravano direttamente col pubblico, altre che lavo-

strategia permise all’azione pubblica di acquistare l’a-

ravano come sub-fornitrici delle grandi aziende, come

rea dal privato a patto che un lotto, reso fabbricabi-

Fiat e Ferrari, e altre ancora che furono da subito au-

le, rimanesse al proprietario. Si individuò un’area nel

tonome e destinate in seguito a diventare grandi fab-

quartiere Madonnina compresa tra l’autodromo citta-

briche e costrette quindi ad andarsene dal villaggio.

dino e la linea della ferrovia Milano - Bologna, venne

Un passo significativo estratto da una pubblicazione

tracciato il disegno delle strade a maglia regolare for-

di Beppe Manni, abitante e parroco del Villaggio, può

mando lotti più o meno grandi e di forme abbastanza

meglio far intendere come si presentava questo luogo

regolari. I lotti poi vennero venduti a prezzo di poco

negli anni 60.

superiore a quello agricolo a chiunque volesse av viare

52

un’impresa costruendovi il proprio capannone, oppu-

La parte est del Villaggio è caratterizzata da palazzi-

re a coloro che per necessità dovevano spostare la loro

ne e case unifamiliari. La parte ovest del Villaggio Ar-

produzione in un’area più idonea ed il comune si im-

tigiano vero e proprio, ha una tipologia abitativa che

pegnava ad urbanizzarlo. La vera miniera d’oro furo-

ancora risente della vecchia bottega artigianale che

no tutti gli operai specializzati licenziati dalle grandi

doveva essere vicina alla casa dove l’artigiano abita-

fabbriche cittadine (Fiat trattori, Fonderie, Maserati),

va. L’artigiano infatti non conta le ore, si alza presto il

che si affiancavano ad ex contadini provenienti dalle

mattino e lavora fino a tarda sera. Spesso si fa aiuta-

campagne ed altri artigiani, già attivi in città, biso-

re dai familiari. Negli anni ’60 la bottega si chiamava

gnosi di una nuova localizzazione produttiva. Nel giro

laboratorio oppure of ficina, non si chiamava ancora

di pochi anni nei primi 74 lotti si insediarono altret-

fabbrica, ditta o azienda. L’artigiano costruiva il la-

tante imprese artigiane. Seguì un secondo villaggio

boratorio al piano terra e l’abitazione al primo piano,

di 38 ettari, realizzato tra il 1962 ed il 1967, per 178

per lo più da solo o aiutato dai familiari o dagli amici,

stabilimenti; ed un terzo, esteso per 35 ettari per l’in-

nelle ore serali, il sabato e la domenica. Lavorava come

sediamento di 124 aziende, attuato tra il 1969 e il 1972.

si diceva allora in economia, con materiale di recupero

Complessivamente, nel periodo 1954-1971 il comune

e costruendo egli stesso molti componenti metallici e

di Modena ha acquistato ed urbanizzato una superfi-

di legno. Lo spazio intorno veniva riempito di tettoie

cie di 98 ettari, e ceduto lotti edificabili a 398 aziende

e capannoncini. Il cortile era occupato dal materiale

(Brusco e Righi, 1985).

grezzo che serviva alla sua lavorazione o dai rottami e

TRANSIZIONI


il sindaco Corassori durante l’inaugurazione nel 1953; lo stabilimento delle edizioni Panini nel 1964 ; la chiesa del Villaggio Artigiano alla fine degli anni sessanta; Fonte: Manni G., Un Villaggio tra la ferrovia e la campagna.

PA R T E I

53


legname di scarto. Qualche striminzita pianta, un faz-

La domanda continuava a salire (sono 212 le domande

zoletto d’orto e qualche gallina razzolante tra i trucioli

di lotti artigianali rimaste inevase), pertanto se deci-

di legno e di metallo, ricordava le origini contadine de-

se di continuare attuando un secondo villaggio arti-

gli artigiani. (Manni, 2004)

giano dall’altra parte della città, a Saliceto Panaro. Il “Villaggio Organico Modena Est”, iniziato nel 1963,

Manni, oltre raccontarci in poche righe la sua testimo-

era inizialmente di 38 ettari e la sua costruzione fu

nianza ricorda anche che nel 1961 al Villaggio erano

accompagnata da una pianificazione più consapevo-

insediate 85 aziende e 1500 erano gli occupati. Si era

le. Gli spazi erano suddivisi in maniera più regolare

al cospetto quindi di una vera e propria comunità, in

e le strade di una sezione maggiore; inoltre diminu-

cui i ritmi incessanti del lavoro nelle officine erano

isce sensibilmente la presenza della tipologia mista

scanditi soltanto dalle funzioni religiose nella chiesa

casa-officina a favore di una divisione più netta tra

appositamente costruita nei primi anni di vita del Vil-

dimensione del lavoro e dell’abitare. In questo modo

laggio, e dalle riunioni ed eventi culturali che veniva-

le aziende hanno più facilità nello sfruttare gli spazi

no organizzate nel centro civico inaugurato nel ’70.

esterni e il tipo di produzione diventa inevitabilmente

La comunità riconosciuta non era semplicemente una

più pesante. Tuttavia non c’è ancora, qui, una sepa-

Modena in miniatura trasportata a ovest, ma era una

razione netta, rimane visibile una certa indetermina-

realtà a se stante, dove famiglie di artigiani e operai

tezza che fa sì che gli spazi ancora oggi, come nel caso

vivevano insieme nel clima di rinnovamento che ca-

del Villaggio Ovest, nonostante un forte ridimensio-

ratterizzò gli anni della rivoluzione culturale iniziata

namento, mantengano una connotazione piuttosto

nel ’69 (Manni, 2004).

eterogenea degli usi. Caratteristica che si perde quasi

Il Comune, in questa fase pionieristica, non sceglie tra

completamente con la creazione del terzo villaggio: i

azienda e azienda 1. Se da una parte questo permette a

Torrazzi. Completato nel 1972, ha caratteristiche qua-

tutti di poter av viare un’attività, dall’altra è un fattore

si completamente industriali, sancisce il passaggio de-

che alla lunga alimenta disordine, ma soprattutto pe-

finitivo dall’esperienza dei Villaggi Artigiani a quella

nalizza le piccolissime aziende, le quali hanno meno

dell’attuazione delle aree PIP. La commistione abita-

convenienza nel costruirsi uno stabilimento dal nulla.

re-lavoro è quasi completamente scomparsa e gli spazi

L’esperienza del primo villaggio aprì scenari che all’i-

estremamente dilatati, il traffico pesante è prevalente

nizio degli anni cinquanta erano decisamente lontani.

e gli spazi paiono abbastanza ostili alla dimensione

1 Righi E., Smargiassi M., Dalla città al villaggio: cinquant’anni di un’esperienza di avanguardia, in Comune di Modena, L’invenzione dei Villaggi Artigiani. Governo del territorio e sviluppo economico nell’esperienza modenese, Comune di Modena, 2003.

54

TRANSIZIONI

del vivere. Dopo il 1971, con l’entrata in vigore della legge sull’e-


il Villaggio Artigiano Torrazzi poco dopo il suo completamento negli anni settanta. Fonte: Comune di Modena

PA R T E I

55


Villaggio Artigiano Modena est. strada interna 2017

56

TRANSIZIONI


Villaggio Artigiano Torrazzi. strada interna 2017

PA R T E I

57


sproprio, i Comuni ebbero più facilità nell’acquisire

re costantemente tra pubblico e privato portava spesso

aree da rendere fabbricabili, tuttavia ancora una volta

ad un dilatamento importante delle tempistiche, ma

a Modena si riuscì ad utilizzare lo strumento in modo

permise al privato di accedere agli immobili e ai cre-

pragmatico e innovativo, riducendo al minimo i ricor-

diti più agevolmente, e al pubblico di mantenere alto

si dei privati che fossero contro l’esproprio dei propri

il consenso politico. Contemporaneamente si decide

terreni. Le aree che vennero lottizzate in seguito era-

di rendere più rigorosa la scelta delle imprese a cui

no puramente industriali, dove non c’era spazio per la

assegnare ma, cosa più importante si decide la loca-

residenza, per la quale si iniziarono ad attuare i com-

lizzazione in base al tipo di produzione, dando così

parti PEEP. La nascita, nel 1974, del Consorzio Atti-

un’ulteriore spinta alla già solida base distrettuale.

vità Produttive (§cap. 3.4), diede av vio alla cosiddetta

Dopo gli anni ottanta, la crescita è diminuita, c’è stato

“politica delle aree” che dal ’73 era regolata dal Piano

un lungo periodo di assestamento nel quale l’espan-

comprensoriale delle attività produttive. Davanti ad

sione è venuta meno a favore di una saturazione degli

una domanda completamente mutata, si punta a raf-

spazi disponibili. La ripartenza, grazie a nuove scel-

forzare la natura policentrica del territorio e non si

te amministrative, della metà degli anni novanta ha

opera più nel solo Comune capoluogo. Inoltre, si cer-

avuto poi una brusca ri-attenuazione all’av vento della

cano di intercettare anche quelle aziende piccole che

crisi economico finanziaria del 2008.

non necessitano di ampi spazi attraverso i “condomi-

Il paradosso, a cui spesso si fa riferimento, è che no-

ni” di imprese.

nostante il peso che una retorica contemporanea come

Perciò all’interno delle nuove aree PIP non si vendono

quella della mixitè, ha oggi all’interno dei primi due

più soltanto lotti ma anche capannoni finiti, i quali,

Villaggi costruiti, ci si trova davanti ad una realtà dei

quasi tutti di oltre i 5000 mq vengono suddivisi in par-

fatti che ci parla di una città industriale che sembra

ti più piccole (fino a 150 mq) in modo da accontentare

aver bisogno ancora di quartieri specializzati; è pa-

anche i piccoli, ma soprattutto ceduti con diritto di

lese infatti come il grado di sospensione all’interno

superficie e non in proprietà, per evitare speculazioni

dei Torrazzi e delle aree PIP di successiva attuazione

eccessive. Questa politica delle aree permise al comu-

sia prossimo ad una percentuale fisiologica 1. Questo

ne di tenere i prezzi dei capannoni molto più bassi del

rende ancora più incerta e difficile la discussione che

loro prezzo di mercato (fino al 50%), ma soprattutto

riguarda i primi villaggi che, a causa della loro im-

permise al Consorzio di attuare una superficie tale di

portanza storica, troppo spesso sono stati decretati in

aree senza eguali in Italia. Il sistema era semplice, ma

possesso di una fantomatica capacità auto-rigenerati-

la sua applicazione complicata. La necessità di media-

58

TRANSIZIONI

1 Frutto della discussione con Luca Biancucci, direttore del CAPAS e riscontrato nell’atlante del dismesso redatto dallo stesso CAPAS.


Area PIP 10 Ponte Alto; Area PIP Via Pica ; Area PIP 10 Ponte Alto; 2017

PA R T E I

59


va.

da una parte è confortante in virtù del fatto che l’economia è in ripresa, dall’altra desta preoccupazioni

2.4 Incongruenze

date dal fatto che è impensabile che un riav vio della

I dati del CAP (oggi Consorzio attività produttive aree

crescita possa, ancora oggi, coincidere con l’espansio-

e servizi) aggiornati al 2016 mostrano come si sia ri-

ne urbana e l’aumento delle dimensioni di una città

dotta sensibilmente, a partire dall’inizio della crisi

che, lo si vede chiaramente, è già abbastanza diffusa 3 .

economica del 2008, la richiesta di capannoni e aree

Esaminando i dati e gli estratti del bilancio del CAPAS

attrezzate da parte delle imprese. Un dato che sicu-

per il 2016 4 , si possano provare ad estrapolare le cause

ramente salta agli occhi immediatamente è quello re-

principali che determinano queste incongruenze. In

lativo ai singoli comuni; mentre dal 1975 al 2008, si

primis il numero delle aziende che richiedono un’a-

ha avuto una buona richiesta in tutti i comuni facenti

rea è drasticamente diminuito, ed in particolare si è

parte del Consorzio, nell’ultimo periodo l’impren-

ristretto molto il numero di piccoli imprenditori ed

ditore che ha intenzione di acquistare un capannone

artigiani. Infatti, le imprese che oggi a Modena richie-

preferisce acquistarlo a Modena, ov vero nel capoluogo

dono un capannone sono soprattutto di medio-grande

e non all’esterno, nonostante i valori di mercato siano

dimensione ed hanno esigenze specifiche di immagine

nettamente più alti. Un’inversione di tendenza quin-

e di localizzazione vicino alla grande viabilità, oppu-

di che riav vicina in qualche modo la sfera produttiva

re hanno bisogno di grandi spazi per collocare grandi

al centro urbano che è figlia di esigenze prettamente

macchinari e questo non converge con le disponibilità

contemporanee legate agli avanzamenti tecnologici e

immobiliari, che includono spesso capannoni di pic-

all’immagine.

cola dimensione, in contesti spesso anonimi. Inoltre

Ci sono tuttavia una serie di incongruenze che fanno

la richiesta molto raramente si riferisce ad un bisogno

sì che gli spazi non utilizzati non siano compatibili

nel presente, il più delle volte l’azienda è interessata

con le esigenze delle imprese che ne fanno richiesta,

all’acquisto in prospettiva futura, quindi senza im-

è per questo motivo che, a detta di molti, è probabile

pegni economici immediati. A questo va aggiunta la

che il comune sia costretto a rendere edificabili alcu-

difficoltà odierna di accedere al credito soprattutto

ni suoli, ancora agricoli, che si trovano in prossimità

per le imprese minori che è spesso causa di rinunce.

delle aree produttive attuali . Questa eventualità, se

Dall’altra parte ci sono questioni relative all’offerta:

1 Fondamentali sono oggi per le aziende le connessioni a “banda ultra-larga” che permettono a prescindere dalla collocazione fisica, di essere presenti nel mercato globale.

3 Indovina F., a cura di, La città diffusa, DAEST-IUAV, Venezia, 1990.

1

2

2 Eventualità in fase di studio da parte del Comune e del Consorzio della quale non si ha ancora alcuna ufficialità.

60

TRANSIZIONI

4 All’interno del bilancio si considera in particolare l’elenco delle aree richieste e assegnate nell’ultimo anno, insieme al numero di imprese (circa 70), alla tipologia di impresa richiedente, alle offerte di capannoni e i valori di mercato degli stessi.


263.953 231.609

123.516 97.606

12.252 Comune di Modena 0 altri Comuni del consorzio

0 -30.522

1975

1980

1985

1990

1995

2000

2005

2010

2016

Assegnazioni di lotti da parte del CAPAS nel periodo 1975 - 2016 (dati in m2)

PA R T E I

61


molti capannoni apparentemente liberi sono in re-

sumando inevitabilmente altro suolo agricolo 2 .

altà in una condizione di transizione perché legati a

Si nota come vi siano molte somiglianze tra il modo

concorsi fallimentari che hanno tempi burocratici di

di agire delle imprese qui soltanto ipotizzato e quel-

anni, quindi rendono impossibile un riuso immediato.

lo effettivo raccontato da Mattioli per il distretto di

Senza contare che altrettanto spesso la qualità archi-

Sassuolo-Scandiano, tuttavia, una componente impor-

tettonica, energetica e sismica dei manufatti è molto

tante gioca a sfavore dei comparti modenesi: la dimen-

bassa, così da scoraggiare ulteriormente un potenziale

sione dei contenitori nel distretto ceramico è media-

acquirente.

mente molto maggiore rispetto a quella dei capannoni

A valle di queste considerazioni si possono individua-

e case-capannone tipici di una realtà prettamente ur-

re tre diversi modi con cui un’impresa intenzionata ad

bana come quella di Modena.

investire a Modena agisce nella ricerca di una colloca-

In secondo luogo si rileva un’ulteriore incongruenza

zione produttiva:

che non è immediatamente visibile che prende in con-

-

Nel caso in cui le esigenze spaziali conver-

siderazione la questione molto attuale delle start-up 3 ,

gano c’è un adattamento, ov vero l’impresa compra a

e delle PMI innovative 4 . Secondo i dati Infocamere

costi contenuti il contenitore e adatta i macchinari al

2016, la provincia di Modena è settima in Italia per

manufatto in maniera molto simile alle medie imprese

numero di start-up innovative con 145 imprese tota-

del distretto ceramico (§ cap.1.4). Molto spesso questa

li, di queste ventidue sono imprese produttive, mentre

strada è scelta da piccole aziende produttive tradizio-

le altre si occupano di commercio o servizi. In città

nali o innovative, oppure da aziende di servizi o R&S . 1

-

In un’altra ipotesi, un’azienda già inserita in

un’area produttiva acquista il lotto adiacente, demolisce il capannone per poi costruire il suo ampliamento. In questo caso non c’è un riuso dell’edificio esistente, ma c’è comunque la riutilizzazione del terreno. -

Nell’ultima ipotesi, quella peggiore, l’azienda

richiede un lotto non ancora costruito per edificarvi il proprio stabilimento secondo le proprie esigenze con1 Un esempio è il capannone recentemente riconvertito dal gruppo FCA in via Emilia Ovest precedentemente sede della Carrozzeria Orlandi (autobus), oggi sede del Centro Ricerca e Sviluppo Maserati - Alfa Romeo. In questo caso l’immobile non ha cambiato proprietario ma ha cambiato destinazione. All’interno dello stabilimento lavorano oggi circa 800 ricercatori (Comune di Modena, 2016).

62

TRANSIZIONI

2 Molte aziende tra cui la “Pagani Automobili”, avendo l’esigenza di ampliare i loro stabilimenti hanno comprato ed edificato suoli vergini. Nello specifico Pagani ha creato un nuovo stabilimento di 6000mq a S.Cesario sul Panaro a fianco del vecchio trasferendovi la produzione. 3 16 La start-up innovativa è un’impresa con i seguenti requisiti: 1.è costituita da non più di sessanta mesi dalla data di presentazione della domanda e svolge attività di impresa; 2. Ha la sede principale dei propri affari e interessi in Italia; 3. A partire dal secondo anno di attività, il bilancio della produzione annua, non supera i 5 milioni di euro; 4. Non distribuisce e non ha distribuito utili; 5. A quale oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico; 6. Non è stata costituita da una fusione, scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o ramo aziendale; 7. Uno tra: ricerca e sviluppo > 15%, laureati magistrali > 2/3, brevetti per industria, biotecnologie, semiconduttori, varietà vegetali (http://startup.registroimprese.it). 4 La PMI innovativa è un’impresa con i seguenti requisiti: 1. Ha la sede principale dei propri affari e interessi in Italia; 2. Le azioni non sono quotate su un mercato regolamentato; 3. L’impresa ha già depositato un bilancio certificato al registro imprese; 4. Fatturato massimo annuo di 50 milioni di euro; 5. L’impresa occupa meno di 250 persone; 6. Almeno due tra: ricerca e sviluppo >3%, laureati magistrali > 1/3, brevetti per industria, biotecnologie, semiconduttori, varietà vegetali; 7. Non è una start-up innovativa (http://startup.registroimprese.it).


stabilimento Energica (nuova costruzione); stabilimento Tecnord (ampliamento); centro ricerche Maserati - Alfa Romeo (riuso) 2017

PA R T E I

63


12000

2000

0

Geografia della sospensione. spazi inutilizzati (nero) e dismessi (rosso) all’interno delle aree produttive (da schede CAPAS 2017)

64

TRANSIZIONI


12000

2000

0

Geografia dell’innovazione. rete di imprese (start-up e PMI definite innovative dal registro delle imprese), incubatori e fab-lab (dati primo trimestre 2017)

PA R T E I

65


sono, inoltre, stati aperti da pochi anni tre fab-lab al

peso in termini di superficie, non è in conf litto di

servizio di imprese e privati che hanno in dotazione

spazi con l’impresa tradizionale e che sostanzialmen-

diverse stampanti 3d.

te ignora gli spazi disponibili nelle aree produttive,

Ora, osservando la “geografia dell’innovazione”, si

possiamo ipotizzare che, almeno per ora, molto dif-

possono trarre alcune conclusioni apparentemente ba-

ficilmente potrà trainare una rinascita produttiva a

nali sul rapporto che essa ha con la città e con le altre

Modena. Se si aggiunge che negli ultimi anni, le po-

fasce della produzione più tradizionale:

che richieste giunte al CAPAS sono in prevalenza di

-

In primis la superficie di occupazione da par-

aziende di tipo tradizionale, che operano nei settori

te delle aziende. La mappa dell’innovazione mostra

tradizionali di questo territorio (meccanica, automa-

quale sia in termini di mq l’area che occorre alle im-

zione, automotive), abbiamo forse costruito la prima

prese; spesso si trovano nei piani terra di edifici resi-

linea guida da seguire per proporre un’azione proget-

denziali, altre volte nei centri direzionali e più rara-

tuale. E’palese, infatti, che molte delle medio-grandi

mente in capannoni ristrutturati, in ogni caso risulta

imprese della provincia, partendo da quelle del settore

molto difficile azzardare un paragone con gli spazi

ceramico fino alle aziende meccaniche e di automobili

dell’industria tradizionale.

storiche1, abbiano al loro interno intere branchie dedi-

-

In secondo luogo la loro collocazione. A dif-

cate alla ricerca e all’innovazione che oltrepassano di

ferenza delle imprese tradizionali, le imprese innova-

gran lunga le disponibilità economiche di cui potreb-

tive si trovano ovunque all’interno della città, possono

be disporre una start-up. Con questo non si intende

essere nelle aree produttive come nel centro storico, o

minimizzare l’importanza che potranno avere questi

addirittura in aperta campagna. Apparentemente non

nuovi soggetti, ma si intende ribadire che servono

esiste una logica che le accorpa, è evidente che queste

connessioni più forti tra i due mondi, per far si che

aziende non sono (e probabilmente non serve che lo

il know-how si possa conciliare anche con la piccola

siano) in rete o stretto contatto fisico tra loro, al netto

azienda così da permettere una crescita più equilibra-

di qualche caso particolare.

ta, come da queste parti è sempre av venuto. Un ruolo

-

Infine notiamo un’assoluta non coincidenza

determinante nel permettere questo dovrà averlo la

con il patrimonio della sospensione. Ov vero è raro che

politica a tutti i livelli, visto che fino ad ora poco si è

una delle imprese in questione abbia riutilizzato un

pensato alle logiche di riuso; basti pensare all’attiva-

capannone precedentemente “abbandonato” da un’al-

zione dei tecnopoli 2 , che sono oggi collocati in nuove

tra azienda. Appurato quindi che l’innovazione ha un limitato

1 Tra le principali ricordiamo Ferrari, Maserati, Pagani (automobili); Caprari, Rossi, Tetrapak (meccanica). 2 Sono stati attivati in provincia tre tecnopoli: al campus del dipartimento di

66

TRANSIZIONI


alto sx: produzione tradizionale; alto dx: innovazione; basso sx: sospensione; basso dx: innovazione manifatturiera

PA R T E I

67


costruzioni, spesso vicini alle universitĂ ma troppo lontani dalle aree produttive.

ingegneria di UNIMORE, a Spilamberto (MO) e Mirandola (MO).

68

TRANSIZIONI


Sospensione. 2017

PA R T E I

69


3. Assetti urbani

3.1 Politiche abitative Dalla metà del Novecento in poi Modena è, come tante

getto abitativo, talvolta con il contributo economico e

altre città italiane, al centro di uno sviluppo prepon-

urbanistico dell’Amministrazione Municipale, soste-

derante dell’edilizia residenziale pubblica di iniziativa

nuto da norme nazionali. Le tipologie edilizie ricalca-

statale o locale che mira a garantire una casa alle classi

no le linee stilistiche codificate dell’edilizia popolare,

meno abbienti. Agli inizi del secolo i progetti vengo-

e nel caso dei “villini a riscatto” di quella residenziale

no portati avanti attraverso l’Istituto Autonomo Case

d’iniziativa privata 1.

Popolari, che realizza palazzine e villini caratteristici

Nel secondo dopoguerra i progetti INA-Casa e GE-

della prima espansione oltre le antiche mura, case po-

SCAL, propongono una particolare qualità edilizia e

polari e altri interventi di edilizia abitativa. I progetti

architettonica, in un contesto rinnovato delle politi-

pubblici consistevano in edifici destinati all’affitto e

che urbanistiche modenesi. Dai primi anni Sessanta

in abitazioni cedute con diverse modalità in proprietà

l’edilizia residenziale pubblica e quella “sociale” sono

a famiglie con reddito medio-basso come operai, im-

articolate e perseguite con strumentazioni diverse. In

piegati e piccoli artigiani.

particolare i Piani per l’Edilizia Economica e Popolare

Diffusa era la forma associativa e cooperativa tra cit-

(PEEP), che vedono il forte protagonismo delle coope-

tadini, spesso legati dallo stesso contesto lavorativo, che si univano per realizzare insieme il proprio pro-

70

TRANSIZIONI

1 Comune di Modena, La casa sociale, Comune di Modena


12000

2000

0

Modena. Foto aerea fonte: web

PA R T E I

71


rative di abitazione e determinano una spinta decisiva

quella del micro-quartiere residenziale composto da

verso la casa in proprietà.

palazzi o case più o meno grandi che fanno riferimen-

Il ruolo delle politiche abitative diventa quindi par-

to ad ingombranti edifici contenenti servizi primari

ticolarmente importante a Modena nel secolo scor-

e attività commerciali. La mappa mostra inoltre, che

so. Tra i principali interventi ricordiamo i quartieri

negli ultimi anni l’espansione non si è fermata. Nono-

INA-CASA “Villaggio Artigiano” (1949), “Viale Stor-

stante la crisi, la costruzione, seppur in modo lento, di

chi” (1950), “Sant’Agnese” (1954) e “Sacca” (1957); il

palazzine e in particolare di capannoni%, sta spostan-

“Villaggio Cittadella” (1960); i PEEP “Villaggio Giar-

do ulteriormente i margini cittadini, che ormai sono

dino” (1973), “Terzo comprensorio” (1981), “Torreno-

vicini, e in alcuni casi coincidono, con quelli dei Co-

va” (1984) e “Pergolesi” (2003).

muni confinanti.

Gli anni sessanta sono poi il periodo dell’inizio dell’e-

Il quadro completo ci restituisce quindi una città ete-

spansione ad est con la costruzione del Policlinico e

rogenea dal punto di vista morfologico, che tuttavia

delle prime palazzine residenziali, che oggi caratte-

rimane abbastanza omogenea nei modi in cui è stata

rizzano gran parte dell’area urbana, sì nelle parti più

costituita. Non c’è oggi tantissima differenza tra i pri-

marginali ma anche in prossimità del centro. L’espan-

mi quartieri pubblici INA-CASA e i PEEP degli anni

sione continua senza sosta fino al 1980, raggiungen-

duemila se non nella densità costruttiva, nell’architet-

do quasi le dimensioni attuali, sia attraverso l’attua-

tura e nella componente sociale che li caratterizza. Se

zione dei PEEP, che attraverso l’iniziativa privata pur

i primi, pur mantenendo una dimensione “popolare”

sempre con un certo controllo da parte del pubblico

sono oggi vicini al centro e quasi ne fanno parte, an-

producendo così una città con un’altissima dotazio-

che dal punto di vista dei valori monetari, i secondi

1

ne di standard urbanistici . Negli anni recenti questa

sono appannaggio delle classi meno abbienti, e spesso

crescita è continuata in modo molto più limitato. In

sono visibilmente in uno stato peggiore dal punto di

particolare l’edilizia pubblica convenzionata insieme

vista sia fisico che spaziale.

all’espansione privata e industriale, hanno prodotto

E l’architettura? Caratteristica che da sempre diffe-

nei territori più periferici un tessuto particolarmen-

renzia Modena da tante altre città “ricche” del nord

te rarefatto, dominato spesso dai grandi centri com-

Italia è la “scelta” più o meno consapevole fatta dagli

merciali, sorti dagli anni novanta. Situazione partico-

operatori pubblici di non convogliare eccessivamente

larmente frequente nella periferia modenese è quindi

gli investimenti in quella che molti chiamano “qualità

1 Il concetto di standard è stato introdotto dal decreto interministeriale due aprile 1968 n. 1444 e rappresentano i rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e gli spazi pubblici riservati alle attività collettive, all’edilizia scolastica, a verde pubblico o parcheggi.

72

TRANSIZIONI

urbana” intesa come il presunto miglioramento che gli spazi subiscono attraverso la promozione di architet-


Modena. Evoluzione urbana

PA R T E I

73


12000

2000

0

Modena. Morfologia del costruito

74

TRANSIZIONI


500

0 500

0

Modena. Tessuti urbani

PA R T E I

75


ture autoriali oppure definite di “qualità ”. Più sempli-

ne e villini che si inserivano in una maglia ad isolati.

cemente, non c’è stata nel tempo una grande ricerca

Di fatto il primo piano redatto dal Comune di Modena

nell’utilizzo degli stili architettonici, anteponendo

fu il P.R.G. del 1958, che però non fu mai approvato.

loro la qualità sociale che un intervento pubblico po-

Di seguito l’elenco dei principali piani urbanistici che

teva garantire nell’assicurare un’abitazione ad ogni

si sono susseguiti e le loro principali caratteristiche:

componente della società. Il tema è da tempo ampiamente dibattuto e probabilmente non è in questa sede

-

che si potranno dare risposte su quanti siano stati ef-

tamente dall’assessore Pucci, il Piano si rifaceva alle

fettivamente i benefici derivanti da tale scelta .

idee promosse in quel periodo dal Movimento Mo-

1

P.R.G. 1958 (mai approvato). Redatto diret-

derno, con un’esaltazione della densità e dei grandi

3.2 I piani urbanistici Le vicende intorno al concepimento ed alla costruzione dei primi villaggi artigiani, mostrano una sostanziale casualità degli eventi; ov vero sono il risultato di un intersecarsi complesso di variabili rapportate alle necessità di ripartire, alla voglia di mettersi il passato alle spalle, al consenso politico in forte ascesa, al contesto economico favorevole. E’ errato, pertanto, parlare di pianificazione in questi anni in cui non c’erano di fatto gli strumenti per attuarla, ma soltanto intuizioni rischiose dettate dai bisogni. Tuttavia prima del 1950, per le prime lottizzazioni poco fuori le ormai ex mura cittadine, si era fatto fede al Piano Regolatore del 1909, il quale prevedeva oltre all’abbattimento delle mura, l’allargamento di alcune piazze, la demolizione di alcuni isolati definiti insalubri e la tracciatura del reticolo di strade nell’immediata campagna e lungo le direttrici principali, dove sarebbero poi sorte palazzi1 Per approfondire, si veda Leoni G., Maffei S., a cura di, La Casa Popolare. Storia istituzionale e storia quotidiana dello IACP di Modena. 1907 – 1997, Electa, Milano, 1998

76

TRANSIZIONI

spazi verdi. C’era una sostanziale divisione della parte residenziale della città a sud da quella industriale a nord; la struttura radiocentrica era ben distinguibile, con lo sviluppo dell’area urbana dal centro verso l’esterno lungo le vie principali. Era figlio di una visione estremamente accentratrice in cui la città, prevista di mezzo milione di abitanti, dominava il territorio. -

P.R.G. 1965 - Luigi Airaldi, Giuseppe Campos

Venuti, Osvaldo Piacentini. Il piano è l’opportunità di mettere in pratica a Modena i criteri dell’Urbanistica Riformista 2 ; il piano è infatti inserito secondo la definizione, in quelli di “seconda generazione”. Si ridimensiona sensibilmente la previsione del numero di abitanti, portandola a 250.000, e si cambia radicalmente la linea di pensiero. La nuova strategia comprende non più di far convergere i f lussi verso il centro, ma di aprire la città al territorio costruendo un asse attrezzato nord-sud che supportasse il traffico 2 Campos Venuti G., Antologia dell’urbanistica riformista, Etaslibri, Milano, 1991.


6000

500 0 6000

500 0

PRG 1958 (non approvato); PRG 1965; variante al PRG del 1975; PRG 1989.

PA R T E I

77


veicolare al posto della Via Emilia. Questo permetteva

totale del quadrante a nord della ferrovia con la tra-

di avere un migliore collegamento con la provincia e

sformazione della stazione in nodo intermodale. La

gettare le basi per una futura città policentrica. L’am-

traduzione formale dell’intervento è stata oggetto di

pio ricorso alla Legge n. 167 del 1962 e ai PEEP svilup-

un concorso di progettazione bandito dal Comune nel

pati in base ad essa hanno consentito una massiccia

2002, vincitore del quale è stato il gruppo guidato da

manovra pubblica sulle aree edificabili, la più ampia

Gianni Braghieri. L’intervento, il più grande mai rea-

realizzata in Italia rispetto alle dimensioni della città,

lizzato a Modena, è tutt’ora in corso; dovendo sospen-

limitando notevolmente la rendita fondiaria (Oliva,

dere ogni giudizio per aspettare il completamento dei

2012). Il PEEP sarà strumento “abusato” a Modena in

lavori, si può tuttavia azzardare che non sono poche le

questi anni, e permetterà, oltre che di fornire alloggi

perplessità sorte intorno al progetto: le palazzine che

popolari, di dotare la città di una quantità importante

si sviluppano in altezza e gli spazi pubblici immensi

di standard urbanistici, tra cui verde pubblico e servi-

appaiono come immagine di una stagione ormai chiu-

zi di base come centri civici e scuole.

sa, è probabile che una volta terminato, l’intero quar-

1

tiere legittimerà, purtroppo, le preoccupazioni iniziali -

Variante al P.R.G. 1975 - Osvaldo Piacentini,

di molti.

Pier Luigi Cervellati. La variante punta a consolidare gli aspetti principali del piano del 1965 introducen-

- P.S.C 2003. E’ il piano vigente e in generale mantiene

do come novità principale il progetto di una cintura

la linea del precedente; in buona sostanza è il piano del

verde a contorno della città resa possibile anche dal

1989 modificato solo marginalmente in occasione del-

cosiddetto “piano dei servizi”, portando gli standard

la riforma che cambia radicalmente la forma giuridica

urbanistici a 64 mq per abitante contro i 35,5 della

dei piani urbanistici.

norma nazionale e i 47,5 di quella regionale (ibid.) Fin dal piano del 1958, il Villaggio Artigiano è inseri-

P.R.G. 1989 - coordinato da Ezio Righi. Il pia-

to come “ambito produttivo” e questo non cambia fino

no prevede più che nuove espansioni verso l’esterno,

al 2012. Il fatto di aver capito, dopo molto tempo, che

interventi di completamento dell’esistente, privile-

la complessità del Villaggio va molto oltre qualche ca-

giando in particolare i riusi di edifici industriali di-

pannone industriale e qualche magazzino, è di fonda-

smessi. In questi termini prevede la riqualificazione

mentale importanza. Molto diverso è però se si parla

1 I PEEP, Piani Edilizia Economica Popolare, Istituiti dalla legge 18-4-1962 n.167, sono disposizioni per favorire l’acquisizione di aree fabbricabili per l’edilizia economica e popolare, assicurano ai Comuni la disponibilità di aree per interventi di edilizia abitativa a basso costo, in base a progetti ben definiti.

78

TRANSIZIONI

degli esiti del nuovo Piano operativo, i quali non hanno per niente soddisfatto le aspettative. Nel 2012 viene


12000

1000

0

PSC 2003 (piano vigente)

PA R T E I

79


adottato, dopo almeno 2 anni di lavoro sull’area, il co-

pucci, 2014)1.

siddetto POC MOW (Piano Operativo Comunale per

L’intervento è diviso in 4 livelli che agiscono in una

Modena Ovest) approvato definitivamente nel 2014.

logica crescente di trasformazione e, sinteticamente,

Il piano è stato il frutto di rif lessioni molto approfon-

consentono un ventaglio di ipotesi di intervento che

dite che hanno cercato di coinvolgere attori a vario

vanno dal semplice adeguamento di ciò che già c’è,

livello di interesse in particolare all’interno del Vil-

alla sua ristrutturazione con gradi diversi di reinter-

laggio Artigiano, ed hanno portato all’attuazione di

pretazione dell’oggetto di partenza, fino alla sosti-

strategie partecipative interessanti con l’organizzazio-

tuzione edilizia laddove le condizioni esistenti non

ne di workshop, festival e mostre.

consentono un riutilizzo efficace, o non siano già rap-

Il piano, dalla durata di 5 anni, nasce da un’opportu-

presentative della tipicità del Villaggio (ibid.) In tutti

nità: quella data dalla dismissione di parte della linea

i casi, comunque l’iniziativa è lasciata al privato, col

ferroviaria Milano-Bologna in seguito alle negoziazio-

pubblico che si riserva l’opportunità di erogare un in-

ni portate avanti dal Comune di Modena con le Ferro-

centivo più o meno elevato a seconda della trasforma-

vie nell’ambito della costruzione dell’alta velocità. La

zione da compiere.

dismissione oltre che favorire la ricongiunzione delle

Ad oggi (2017) il piano risulta ancora totalmente inat-

due parti di Modena Ovest (come abbiamo visto, zona

tuato. Le cause sono molteplici, ed è difficile in questa

problematica) apre scenari interessanti che riguarda-

sede stabilirle con precisione. Sicuramente però, ciò

no la rigenerazione dell’area e la creazione di nuovi

che si può dire è che troppo forse ci si è affidati all’ini-

poli attrattivi. Per la prima volta nella storia urba-

ziativa privata: pensare che i privati (imprese o perso-

nistica della città viene riconosciuta al villaggio una

ne) nel mezzo di una fase congiunturale, possano ave-

valenza diversa da quella di semplice area produttiva:

re le capacità economiche e l’interesse per av viare la

viene riconosciuta la sua funzione primaria negli anni

trasformazione di un intero quartiere si è rivelato un

del boom economico, il suo essere stato comunità e il

errore. La proposta interessante dell’incentivo pubbli-

fatto di essere ormai per la città patrimonio da conser-

co all’intervento privato non ha fatto i conti con la re-

vare al pari del centro storico. Dunque, le principali

altà del luogo, con la sua diminuita capacità di attrarre

politiche di trasformazione previste dalle norme sono

e con l’invecchiamento della sua popolazione, fattore

perlopiù quelle di una rigenerazione diffusa e puntua-

determinante visto e considerato che la gran parte del

le del tessuto edilizio, che ne confermi nella sostanza

Villaggio è occupato da stabilimenti produttivi.

l’impianto e la tipologia, e ne promuova il riuso (Ca1 Capucci M., Aree industriali e rigenerazione urbana, in Mazzeri C. et al, Città e architetture industriali il novecento a Modena, Franco Cosimo Panini, Modena, 2014.

80

TRANSIZIONI


POC MOW 2012 - sistema delle regole urbanistiche. - In arancio sono evidenziate le “aree di trasformazione diffusa e puntuale”; - In blu le “aree di trasformazione con esigenze di disegno urbano coordinato”; - in verde le “aree di riequilibrio delle dotazioni territoriali”.

PA R T E I

81


Tuttavia non mancano all’interno del POC interessan-

Il 20 marzo 2017, al Tecnopolo di Modena è stato lan-

ti spunti che in parte vanno controcorrente rispetto a

ciato da parte delle maggiori università della regione,

quanto fatto in passato a Modena. Si abbandonano per

il progetto “International Academy for Advanced Te-

la prima volta le suddivisioni funzionali per operare

chnologies in high-performance vehicles and engi-

su qualcosa di nuovo, di indefinito e non pianificabile.

nes”. Il progetto, che vede appunto la collaborazione di

Che sia questo il reale motivo della deriva di questo

UNIMORE, UNIBO, UNIPR e UNIFE sarà un unicum

tentativo?

a livello nazionale ed europeo che integrerà in modo

In seguito all’accantonamento del POC-MOW, i tenta-

eccezionale didattica, ricerca avanzata e applicazioni

tivi di azioni sul villaggio sono stati sporadici e piut-

pratiche, oltre a prevedere la riorganizzazione dei la-

tosto confusi: dapprima ci si è affidati completamente

boratori esistenti e la creazione di nuove infrastruttu-

alle azioni portate avanti all’interno di OvestLab (§

re interamente dedicate, come la futura “Automotive

cap. 5), poi, ora, sembra che qualcosa si muova, anche

Smart Area”, in collaborazione con il Comune di Mo-

se all’indietro rispetto al 2012. E’ molto recente l’ini-

dena e alcune delle maggiori case automobilistiche del

zio dei lavori nella parte del Villaggio più prossima

territorio. (UNIMORE, 2017)

alla Via Emilia, dove da qualche mese sta sorgendo un

Come spiegato nel manifesto, si tratta dell’attivazione

nuovo ipermercato. Intervento privato reso possibile

di nuovi corsi di laurea inter-ateneo triennali e magi-

grazie ad una variante al PSC in cui il Comune gua-

strali, volti alla creazione di un “movimento” all’inter-

dagna dagli oneri di urbanizzazione. I tempi non sono

no della Motor Valley emiliana, in grado di spingere

certo f loridi per le amministrazioni locali, tuttavia sa-

la futura industria meccanica e dell’atomotive, verso

rebbe stato forse meglio approfondire il ragionamen-

nuove tecnologie e modi di produrre, legati all’elettri-

to iniziato dal POC, piuttosto che attingere ancora da

co e alla mobilità intelligente. Questo in accordo con

questo modo di operare ormai obsoleto.

le principali aziende presenti nel mondo dei motori in

Infine, guardando al futuro, è in corso di stesura il

Emilia-Romagna, come Ferrari, Maserati, Lamborghi-

nuovo PSC di Modena con la consulenza diretta del

ni, Ducati e molte altre. Importante è la decisione di

DASTU (Dipartimento di Architettura e Studi Urbani,

porre Modena al centro del progetto, il quale dovrebbe

Politecnico di Milano) che dovrebbe vedere la luce nel

portare alla creazione di una “Smart Area”, ov vero un

2018.

laboratorio a cielo aperto dove si potranno testare veicoli innovativi a guida assistita (ibidem) che dovrebbe evolversi poi in un quartiere sperimentale dove adot-

3.3 Le Università

82

TRANSIZIONI

tare in modo permanente queste tecnologie.


Ov viamente è uno scenario interessante, del quale

sioni dell’assemblea comprensoriale ma il compito e la

però si sa ancora poco. Ciò che interessa è l’intenzio-

funzione del Consorzio non deve esaurirsi unicamente

ne da parte del pubblico di collaborare con aziende

negli acquisti e nella cessione di aree ma deve, soprat-

private importanti nel portare avanti azioni concrete

tutto, entrare dentro a un processo di crescita pro-

e far sì che non venga lasciato in balia di se stesso il

grammata, cogliendo e gestendo i processi di trasfor-

futuro industriale di intero territorio. Presupponendo

mazione del nostro apparato industriale e produttivo

che sia una direzione percorribile, è ancora più inte-

in genere gestire gli ammodernamenti per finalizzarli

ressante vedere come questi progetti coinvolgano a

agli obiettivi…obiettivi non solo di ordine distributi-

pieno titolo gli spazi della città; si tratterebbe, infatti,

vo ma anche qualitativo; per questo occorre ricercare i

di individuare luoghi dove testare il futuro. Provando

rapporti con forze sociali diverse” (ibidem) 2 .

a percorrere questa strada nel contesto del Villaggio

L’allora CAP si poneva l’obiettivo di fornire alle azien-

Artigiano, si potrebbero aprire scenari differenti ri-

de che ne facevano richiesta le aree edificabili per co-

spetto a quelli a cui siamo abituati a pensare, ridotti

struirvi il proprio capannone ad un costo tendenzial-

al semplice riuso. Detto ciò, potrebbe essere obietti-

mente più basso di quelli di mercato. Nello specifico

vo di uno dei progetti probabili tener conto di questa

il “Consorzio si occupa dell’attuazione degli insedia-

possibilità, sperando che il Comune possa coglierne le

menti previsti, con una politica di assegnazione at-

opportunità.

tenta alle specificità produttive delle aziende. Oltre a

3.4 Il Consorzio attivita’ produttive aree e servizi Con decreto regionale del 5 agosto 1974 il Consorzio Intercomunale Modenese per le aree produttive viene costituito tra i Comuni di Bastiglia, Bomporto, Campogalliano, Castelfranco Emilia, Castelnuovo Rangone, Modena, Nonantola, Ravarino, San Cesario sul Panaro, Soliera e Spilamberto (Berni, 2015)1. Come spiega il vicepresidente Umberto Bisi, “il Consorzio è uno strumento di attuazione delle scelte e delle deci1 Si veda Berni S., La gestione pubblica delle aree produttive, in Bulgarelli V. et al., Città e architetture industriali. Il novecento a Modena, Franco Cosimo Panini, Modena, 2015.

cercare di orientare le scelte localizzative delle aziende a seconda della loro specializzazione produttiva, svolge anche una funzione di ricollocazione di quelle di maggiori dimensioni fuori dal capoluogo; di fatto viene così ritenuto che le scelte localizzative non siano di competenza autonoma del singolo imprenditore, ma debbano invece rientrare in un piano condiviso, che ottimizzi l’uso del suolo, crei esternalità positive e minimizzi quelle negative” (ibidem). Fin dal 1977 il Consorzio ha un ruolo chiave nell’attuazione dei comparti PIP 3 , di cui anche grazie a questa stretta collaborazio2 Deliberazione dell’assemblea consortile n. 5 del 29 gennaio 1975. 3 Strumento attuativo di competenza del Comune, introdotto dalla Legge 865/1971 al fine di agevolare la realizzazione di aree specializzate ad acco-

PA R T E I

83


ne coi Comuni, Modena farà uso fino ai tempi recenti.

Dal 2008 le richieste pervenute hanno subito un bru-

Importante ad esempio è il comparto Modena Nord,

sco calo per effetto della crisi economica, questo ha

in cui il Consorzio si occupa dell’urbanizzazione e dei

permesso al Consorzio di fare alcune rif lessioni ri-

collegamenti viabilistici a seguito dell’impegno di al-

guardo il cambio di rotta che si è reso poi necessario,

cune grandi imprese ad investire in quella zona.

e che ha preso forma attraverso il “Documento pro-

L’attività del CAPAS si amplia attraverso l’ingresso di

grammatico del Consorzio 2014-2019 3 in cui si decide

nuovi Comuni , e all’inizio degli anni novanta l’area

di dare molto più peso al cosiddetto capitale umano

totale venduta e urbanizzata ammontava a circa mez-

cercando una collaborazione tra il mondo produttivo

zo milione di mq. Tuttavia è il periodo compreso tra

e quello accademico. Inoltre è l’occasione per pensare

il 1993 e il 2008 quello di maggiore attività del Con-

ad una nuova possibile infrastrutturazione delle aree,

sorzio. E’ con l’approvazione del nuovo PIP del 1993

2

che vada ad incontrare le esigenze aziendali, soprat-

che av viene la localizzazione di 15 aree produttive

tutto in campo energetico, di reti tecnologiche e di si-

che puntano ad ampliare quelle esistenti con partico-

curezza degli ambianti produttivi; perché la politica

lare attenzione alle piccole attività anche artigianali.

del Consorzio sia oggi che in passato, “è stata quella di

Questo av viene in un clima di forte mutamento che

avere a disposizione spazi idonei al fine di non perdere

determina il passaggio da un’economia distrettuale di

occasioni e opportunità di investimento delle aziende

stampo marshalliano a qualcosa di diverso (§ cap.1.3),

locali” (ibidem).

è quindi prerogativa del Consorzio andare incontro

Nell’ambito della re-infrastrutturazione è in fase di

alle nuove esigenze delle aziende e in “particolare si

studio un progetto che coinvolgerebbe gran parte

è cercato di adeguare l’attività a una situazione nella

dell’area “Torrazzi”, in cui oltre ad un miglioramento

quale le aziende fanno più frequentemente operazio-

della connettività attraverso la “ banda ultra-larga” e

ni societarie per acquisire in locazione gli immobili”

l’installazione di un sistema di sicurezza, è previsto

(Berni, 2015). A questo proposito sono importanti le

un miglioramento generale dell’area attraverso la co-

attuazioni del PIP n. 8 “Via Emilia Ovest Barchetta”,

struzione di nuovi servizi e la piantumazione di vege-

del PIP n. 5 “Torrazzi” e del PIP n. 1 “Rosselli”.

tazione in maniera “diffusa”, che ha trovato l’assoluto

1

benestare delle aziende coinvolte. Accanto al progetto, gliere insediamenti produttivi. Le finalità del piano sono: attuare le previsioni del PRG per localizzare le attività produttive. Il Comune di Modena approvò il primo Piano Insediamenti Produttivi, Legge n° 865 del 22.10.1971, con delibera di Giunta Regionale n° 4019 del 20.12.1977. 1 Dal punto di vista della compagine sociale, nel 1997 aderisce al consorzio il Comune di Camposanto e, nel 2004, il Comune di Novi di Modena (Berni, 2015). 2 Deliberazione del Consiglio Comunale di Modena n. 77 del 15 marzo 1993.

84

TRANSIZIONI

però è previsto un ampliamento dell’area verso sud, in una zona agricola compresa tra la tangenziale, la ferrovia e l’ambito in questione. Segno che nonostante 3 Approvato con deliberazione dell’Assemblea Consorziale n. 3 del 16 gennaio 2015.


gli sforzi profusi, non è auspicabile, ad oggi, con un’economia in ripresa che incoraggia nuovi investimenti vietare ad aziende con determinate esigenze la costruzione di nuovi stabilimenti su suolo agricolo, a scapito di aree verdi prossime al centro urbano che sarebbero di vitale importanza 4 . In merito a questo, un’altra, molto più interessante strada è stata imboccata dal Consorzio negli ultimi mesi. Come già accennato (§ cap.2.2), con la costruzione dell’”atlante del dismesso”, si cercherà il più possibile di far convergere domanda ed offerta di capannoni, puntando ad aumentare l’attrattività dei Villaggi Artigiani e ad offrire contenitori a prezzi molto più contenuti rispetto al nuovo. La sfida è impegnativa, ma associata al coinvolgimento delle università, potrebbe portare a risvolti inattesi dal punto di vista dello sviluppo di nuove realtà imprenditoriali.

4 Conversazione privata col dott. Silvio Berni, dirigente del CAPAS, in data 8 febbraio 2017.

PA R T E I

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Modena, Largo Garibaldi photo Š Gabriele Basilico, 2001, fonte: Comune di Modena

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TRANSIZIONI


Modena, nuove palazzine in zona Morane, 2017

PA R T E I

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Modena, INA CASA Sacca anni sessanta fonte: Comune di Modena

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TRANSIZIONI


Modena, Scorcio del PEEP Villaggio Giardino 2017

PA R T E I

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PARTE II.


4. Gli spazi intorno al villaggio artigiano

4.1 Modena ovest

92

La porzione ovest della città si presenta come un in-

to molteplici punti di vista. E’ infatti logico pensare

sieme di frammenti. Un variare discontinuo di tessu-

che la maggiore o minore accessibilità al centro abbia

ti differenti che si scontrano tra loro e non creano in

inf luito sullo sviluppo spaziale e sociale dei diver-

nessun caso un unicum morfologico. Per comodità in-

si frammenti del quadrante ovest, che oggi si trova-

dividuiamo la parte ovest di Modena come delimitata

no “vicini ma distanti”, all’interno di un indefinito

a nord dall’asse della variante ferroviaria della Milano

universo composto da spazi industriali, borghi stori-

- Bologna, a est dall’asse di Viale Italia, il quale taglia

ci, centri direzionali, grandi parchi urbani, quartieri

completamente la città da nord a sud, a sud e a ovest

residenziali e comparti PEEP. Modena ovest stessa si

dal percorso delle tangenziali. Come si può vedere il

trova oggi in una posizione transitoria e conf littuale

Villaggio Artigiano è posto al centro di questa grande

tra centro storico e periferia estrema in cui i nuovi

area ed è delimitato ad ovest dall’asse della ex Milano

scenari promessi dal POC MOW e dalla dismissione

- Bologna, oggi totalmente dismessa, e la parte nord

della ferrovia sembrano lontani e improbabili. Que-

affaccia sulla Via Emilia.

sto non aiuta certamente a risolvere le problematiche

Tagliando completamente in due parti il quadrante

presenti nell’area ormai da parecchi anni legate alla

ovest, la linea della ex ferrovia, ha giocato un ruolo

segregazione sociale e alla forte immigrazione, nonché

determinante per la crescita dei vari quartieri sot-

all’evidente degrado di alcune delle porzioni di questo

TRANSIZIONI


4000

1000

0

Modena ovest. Foto aerea Fonte: web

PA R T E II

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complesso territorio, in particolare Madonnina e Vil-

discontinuità come la linea della ferrovia, si è svilup-

laggio Artigiano.

pato in maniera disordinata almeno fino all’adozione

Il quartiere intero è l’immagine dell’oggi; di un gra-

del PRG del 1965. Nello specifico ci sono differenze

duale spegnimento di quell’entusiasmo che ha con-

sostanziali tra i due fronti che insistono sulla Via Emi-

traddistinto la stagione del boom economico, e si può

lia: a nord, un fronte urbano semi-compatto formato

riconoscere indistintamente nella quasi totalità degli

da edifici storici perlopiù residenziali, a sud accadono

spazi; dagli interstizi causati dalla dismissione, alle

invece una serie di episodi che contrastano tra loro e

zone residenziali anni ottanta, alle parti maggiormen-

con la città, rendendola oltre che difficilmente leggi-

te consolidate. A fianco di questi episodi, si notano

bile, a tratti abbastanza desolante. I recinti della ca-

però sporadicamente situazioni opposte. L’area indu-

serma militare, l’ex autodromo (oggi Parco Ferrari),

striale di Via Emilia ovest, ad esempio, risulta oggi in

il Villaggio Artigiano sovrastato dal cavalcavia della

crescita, e tendenzialmente le aziende presenti sono

Madonnina e la vasta zona produttiva di Via Emilia

in buona salute. C’è pertanto una discrepanza tra le

Ovest, hanno prodotto e producono una frattura fra

diverse parti del quartiere, come se da una parte si ve-

ciò che è definito centrale e ciò che non lo è. Qui è pre-

desse la fine di un ciclo e dall’altra, al contrario, l’ini-

sente una mediazione atipica tra campagna e città data

zio di un altro. Modena ovest, si può dire, è l’emblema

da un alternarsi di oggetti, terreni vaghi e recinti, che

di una transizione in atto .

nel resto della città non si percepisce. Questo rapporto

A prima vista parrebbe molto semplice capire come si

tra città e campagna, è di norma a Modena un rappor-

sia sviluppato nel tempo questo insieme di oggetti di-

to di forte contrasto, la differenza è netta nonostante

versi che compongono e delineano gli spazi di questa

le compenetrazioni continue: o si è in città, o si è fuori.

parte di città. In realtà non è così. Volgendo lo sguardo

A Modena ovest non è così.

alla mappa…, si può vedere che in termini morfologici

Queste discrepanze, di contro, sembrano aver dato

Modena ovest è recente; infatti, ad eccezione degli edi-

vita a tanti piccoli luoghi che hanno preso la caratte-

fici a ridosso della Via Emilia, dove sorge ancora oggi

ristica di centro. Per fare un esempio, il Parco Ferra-

il borgo della Madonnina, i restanti frammenti sono il

ri costituisce una discontinuità di dimensioni tali da

frutto di interventi di natura diversa in frangenti di-

aver prodotto nel tempo un certo grado di autonomia

versi, ma comunque sorti nel periodo dal dopoguerra

della zona del Villaggio Artigiano, la quale a sua volta

in poi. Dopo la costruzione del primo Villaggio Ar-

è completamente isolata dai frammenti vecchi e nuo-

tigiano, il territorio, che già presentava una serie di

vi della Madonnina, i quali sembrano aver creato un

1

1 Si veda Bressan M., Tosi Cambini S., a cura di, Zone di transizione. Etnografia urbana nei quartieri e nello spazio pubblico, Il Mulino, Bologna, 2011.

94

TRANSIZIONI

altro piccolo centro a se-stante. Insomma nonostante


4000

1000

0

Modena ovest. Morfologia

PA R T E II

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siano supposizioni ed impressioni, quello che si prova a dire è che potrebbe risultare complicato voler riunificare il quadrante ovest così come auspicato dal POC del 2012, soprattutto se il modo con cui lo si vuole fare è ricorrere unicamente al tanto osannato riammagliamento reso possibile dalla dismissione ferroviaria. Sembrano molte di più, e di diversa natura le “barriere” da superare. Se nell’immaginario comune i quartieri Madonnina e Villaggio Artigiano sono quartieri che versano in un certo stato di degrado, entrambe queste zone sembrano contenere elementi che potrebbero capovolgerne l’immaginario a patto che non si voglia perseguire a tutti i costi un’uniformità che Modena ovest non avrà mai.

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4000

0 4000

Modena ovest. rete stradale e rilievo del verde

0

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Modena ovest, cimitero di San Cataldo photo Š Gabriele Basilico, 2001, fonte: Comune di Modena

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TRANSIZIONI


Modena ovest, dismissione sulla Via Emilia

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5. Gli spazi del Villaggio Artigiano

100

TRANSIZIONI


3000

500

0

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101


102

Morfologie . Ragionando da un punto di vista mor-

orti urbani comunali o abusivi e una centrale elettrica.

fologico il Villaggio è un triangolo. La sua forma è

Sarebbe, tuttavia, un errore pensare che questo trian-

tutt’oggi ben riconoscibile in quanto ha un tessuto

golo sia tutto ciò di cui abbiamo bisogno per “capire” il

estremamente denso e diversificato, risulta impossi-

Villaggio. Volgendo lo sguardo alla mappa dell’evolu-

bile distinguere i confini delle proprietà e molto dif-

zione storica si nota che la sua nascita si colloca all’i-

ficile capire il funzionamento degli edifici, che sono

nizio della fase di maggiore espansione della città che

tra loro sovrapposti ed intrecciati. Quindi, di primaria

termina all’inizio degli anni ottanta. In quel periodo,

importanza è capire ciò che noi consideriamo interno

come vedremo, l’unica area disponibile era un’area di-

al Villaggio e ciò che invece, per comodità, definiremo

stante dal centro, in aperta campagna, ed è proprio

intorno.

grazie a questa distanza che si crearono le condizioni

Il confine nord può essere identificato nell’asse della

per la nascita di una comunità autonoma riconosciuta.

Via Emilia, anche se in alcuni casi si include nei confi-

La formazione del Villaggio prosegue fino agli anni

ni anche la parte al di là della strada, che però ha avuto

settanta, arrivando ad occupare una vasta area com-

modalità di costituzione differenti e non ha la stessa

posta appunto dal nucleo produttivo e dalla suddetta

composizione tipologica; il confine ovest è la ex linea

parte residenziale e terziaria.

storica della ferrovia Milano-Bologna; per quanto ri-

Ad un primo sguardo si percepisce una grande diffe-

guarda i lati sud ed est troviamo alcune difficoltà in

renza di densità tra le due parti. La motivazione prin-

più nell’individuazione, non tanto per un’omogeneità

cipale non è tanto, quindi, nel periodo di formazione

di forma ma per una questione di relazione tra le par-

ma nelle modalità: il triangolo ha avuto uno sviluppo

ti. Ad est, oltre via Emilio Po, si trova un quartiere di

pressochè spontaneo e oggi si presenta come un irre-

edilizia convenzionata INA-CASA costruito pressoché

golare insieme di edifici di varie tipologie e forme che

contemporaneamente al Villaggio Artigiano, ma che

formano un agglomerato solo raramente interrotto da

occupa solo la parte a nord del confine; infatti prose-

aree non costruite, mentre l’area ad est è stata in parte

guendo verso sud, si abbassa gradualmente l’età degli

pianificata, ed è oggi dotata di una considerevole su-

edifici fino ad incontrare un comparto misto tra piani

perficie di aree verdi e, cortili e parcheggi.

PEEP e centri direzionali. Il confine sud è altrettanto

Gli spazi vuoti che vanno a definirsi sono di dimen-

ambiguo, ma meglio percepibile: tra le ultime case del

sioni diverse, e sono perlopiù spazi di risulta come

Villaggio e l’inizio del polo scolastico Leonardo, tro-

cortili-magazzino, strade private di accesso a case e

viamo una fascia verde in parte di proprietà pubblica e

capannoni o alcuni piccoli giardini interni. Sono in-

in parte privata, composta da campi per lo più incolti,

terstizi minuti e di difficile lettura spesso inaccessibili

TRANSIZIONI


perché di proprietà privata o perché occupati da merci.

cui sono cambiati i modi e i tempi del produrre e del

Gli edifici si affacciano sulle strade in maniera fram-

vivere, è necessaria una riscrittura di questi limiti an-

mentata, non esistono fronti ma solo oggetti le cui di-

che attraverso lo sfruttamento delle opportunità date-

stanze e dimensioni sono dettate puramente dalle esi-

ci dalla dismissione e dall’abbandono.

genze. L’insieme di parti opache, barriere e limiti di

Una lettura morfologica dettagliata ci costringe ad in-

proprietà compongono una mappa della permeabilità

dividuare alcune diverse tipologie che si intersecano

che riduce quasi allo zero il grado di porosità del livel-

e si mescolano tra loro, portando alla luce una com-

lo strada; solo in pochissimi casi è possibile accedere

mistione tra funzioni che è l’elemento caratterizzante

entro gli spazi più interni ed angusti, nonostante una

del Villaggio.

gran parte di essi sia non utilizzata o abbandonata. Ciò che av viane nella parte oltre Via Nobili è di poco dif-

Spazi . Estinzione. Questa è la parola che è venuta alla

ferente; nonostante un diverso processo di formazione

mente degli organizzatori di “Periferico Festival” du-

e diverse tipologie, gli spazi accessibili continuano ad

rante i primi sopralluoghi all’interno del Villaggio

essere pochi a causa dei limiti, anche qui, costituiti da

Artigiano. Un vocabolo forte che non lascia spazio ad

cancelli, muri e siepi che separano la strada da palaz-

interpretazioni. Proseguendo con l’indagine le cose

zine, edifici di servizi, complessi direzionali o villette

sono cambiate, ciò che sembrava ormai giunto a una

private anni cinquanta e sessanta.

conclusione, che avesse terminato la sua esistenza ora

Questa conformazione è sicuramente interessante nel

pareva riaprirsi a nuove possibilità di rilettura. Il tito-

momento in cui la si legge come formatasi spontanea-

lo dell’edizione fu, infatti, “Futuro Antenato”.

mente. Ha permesso al Villaggio di rimanere attivo e

Quello che emerge da una accurata ricerca condotta

produttivo per tutti questi anni e si è dimostrata fun-

tra le strade e gli interstizi del Villaggio non mi pare

zionale al tipo di relazioni imprenditoriali e sociali

assimilabile ad un’estinzione, ciò nonostante Futuro

che si sono rese necessarie ad una crescita economi-

Antenato sembra un’espressione fin troppo carica di

ca e ad un aumento della qualità della vita generale.

significato; come se si attribuisse un futuro certo ad

Tuttavia il concetto di crescita spontanea ha delineato

una cosa che però a prima vista sembra sulla via del

anche una netta separazione tra proprietà pubblica e

tramonto. Un’incertezza che ben esemplifica la con-

privata, favorendo la formazione di limiti ben definiti

dizione transitoria in cui ci troviamo, una condizio-

che oggi, insieme all’assenza di spazi verdi, non per-

ne sulla quale abbiamo tante domande e pochissime

mettono al Villaggio di respirare e, anzi, rischiano di

risposte.

farlo implodere. Nella dimensione contemporanea in

L’indagine spaziale a cui facciamo riferimento è vol-

PA R T E II

103


ta alla scoperta di cosa sembra estinto e cosa no, di

via dismessa. La mappa dell’abbandono è variegata e a

cosa sembra poter rinascere e cosa invece non avrà la

volte ingiustificata. Le buone condizioni di alcuni edi-

possibilità di farlo. Nella fattispecie gli spazi sospesi

fici fanno presumere un abbandono recente, altri sono

sono quegli spazi che non sono attivi in un determi-

visibilmente da poco ristrutturati e, forse, in attesa di

nato momento, e sono suddivisibili in non utilizzati,

un nuovo occupante.

nel caso in cui lo spazio sia in buone condizioni ma

Lo spazio pubblico nel Villaggio è assente. Ormai è

non occupato al suo interno né da persone né da or-

oggetto di critica da anni quindi sembra banale riba-

ganizzazioni o imprese; dismessi, nel caso in cui sia

dirlo, ma per via delle modalità costitutive del quar-

riconoscibile una disattivazione totale delle attività

tiere non sono presenti spazi di relazione al di fuori

e non sia possibile uno riutilizzo senza dover inter-

delle strade, che a loro volta sono spesso intasate dal

venire in modo radicale. Nella mappa del Villaggio

traffico pesante diretto alle industrie. Gli spazi che

Artigiano questa dimensione di abbandono è disse-

venivano utilizzati come collettivi erano quelli dei

minata in modo incoerente e casuale. E’ un abbando-

cortili, i quali spesso erano aperti e permettevano ai

no molecolare che lascia alle sue spalle un’immagine

bambini di giocare, gli adulti si ritrovavano nel cen-

discontinua di spazi grandi e minuti, vivi e non, ben

tro civico o in chiesa, che oggi sono entrambi edifici

tenuti e degradati; è l’immagine di un calo di intensità

demoliti. La sospensione accentua il problema: più lo

delle funzioni vitali, come la stanchezza sopraggiunta

spazio privato è malcurato, meno la strada è pulita e

ad una persona anziana, esausta del duro lavoro. Ri-

la vegetazione tende in molti casi a riappropriarsi di

sulta quindi ben diverso da un abbandono completo

ampi pezzi di parcheggi, cortili, tettoie, coperture.

come nel caso di alcuni stabilimenti in città, pensiamo

Quello che rimane sono una serie di elementi, oggetti

alle ex fonderie riunite o alla manifattura tabacchi, e

ed edifici che se un tempo erano perfettamente in sim-

molto differente dai grandi vuoti urbani presenti nelle

biosi per assolvere ai loro compiti, oggi paiono come

città post-fordiste.

slegati: recinzioni, ampliamenti di capannoni, vecchi

Ma qual è l’entità di tali spazi? In generale hanno mor-

magazzini.

fologie molto diverse tra loro: possono essere capan-

104

noni a shed tradizionali anche di grandi dimensioni,

Economie . Per analizzare lo stato di fatto del Villaggio

piccole officine isolate o annesse ad un’abitazione an-

dal punto di vista economico - imprenditoriale ci vie-

cora abitata, case sfitte, terreni vaghi frutto di demo-

ne in aiuto un saggio del 1981 in cui Sebastiano Brusco

lizioni, interstizi colmi di macchinari e attrezzi non

e Charles Sabel, teorizzano quelli che loro definiscono

più utilizzabili o ancora la massicciata di una ferro-

“tre modelli relativi all’organizzazione interna delle

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200

0

Villaggio Artrigiano. Foto aerea Fonte: Comune di Modena

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105


106

piccole imprese e al loro rapporto col mercato” (Bru-

de è il secondo gruppo preso in esame. Il suo sviluppo

sco e Sabel, 1981).

è stato favorito da condizioni e istanze di vario genere

Il saggio si focalizza su tre tipologie di imprese arti-

che ruotano comunque tutte intorno ad un vantaggio

giane che rappresentano tre modi di produrre e rela-

sostanziale da parte delle grandi imprese nell’attua-

zionarsi con l’esterno e tra loro. In modo tutt’altro che

re una disgregazione orizzontale. Vantaggio dovuto

sorprendente, esiste una sostanziale corrispondenza

al fatto che più l’impresa è piccola e meno ha peso al

tra questo ordine e le trasformazioni che, nel corso

suo interno il sindacato, da cui ne deriva una mag-

del tempo e in diversi paesi, le piccole imprese han-

giore facilità nello sfruttare il lavoratore in termine

no subito. Tuttavia, tutte e tre le forme di produzione

di paga e orari di lavoro. Queste imprese del secondo

artigianale continuano a coesistere, e non vi è motivo

tipo lavorano in totale subordinazione e subiscono gli

di ritenere che lo sviluppo successivo condurrà alla

andamenti economici delle imprese leader. Per finire

scomparsa di alcuna di esse. In altre parole, i tre mo-

troviamo il “decentramento indipendente”. La carat-

delli non devono essere visti come tre necessari stadi

teristica principale della piccola impresa indipenden-

evolutivi (ibidem).

te, secondo il modello elaborato da Sabel, è la sua ca-

Brevemente, la prima categoria è quella dell’artigia-

pacità di innovare. In altre parole, la piccola impresa

nato tradizionale in cui, il lavoratore serve i mercati

indipendente, crea nuovi bisogni e, al tempo stesso, li

locali. Il suo apogeo si colloca prima dell’introduzio-

soddisfa. Il segreto di questa capacità consiste nella

ne della produzione di massa di beni standardizzati;

particolare organizzazione interna dell’impresa, nei

ma anche dopo che la produzione di massa ha creato

suoi stretti rapporti con i clienti, e nella sua collabo-

mercati nazionali esistono ancora attività nelle qua-

razione con altre imprese (Brusco e Sabel, 1981).

li l’artigiano tradizionale può trovare spazio (Lutz,

Il lato economico dello stato di sospensione del Vil-

1962; Brusco e Sabel, 1981). Esemplificando si tratta

laggio Artigiano dipende in maniera diretta da questa

del fabbro, del fornaio, del falegname o del negozio di

classificazione che, nonostante ormai datata, rif lette

alimentari sotto casa ma anche di artigiani più specia-

quasi alla perfezione le diverse tipologie di imprese

lizzati come i produttori di piccoli pezzi personalizza-

che si sono insediate, che si sono evolute, che hanno

ti da vendere direttamente al pubblico o meccanici che

abbandonato e che sono state sostituite nel Villaggio.

riparano automobili. Il più delle volte queste imprese

Le dinamiche di abbandono e ricolonizzazione pro-

non possono trasformarsi in imprese più grandi, an-

duttiva sono alquanto complesse e non si può avere la

che se questo non è sempre vero.

pretesa di esaminarle tutte nello specifico; quel che si

La piccola impresa che vive su commissione della gran-

può fare è però analizzare l’imprenditorialità di oggi

TRANSIZIONI


per capirne i legami con le tre categorie sopracitate, i

sce come in realtà l’incoerenza tra entità dell’impresa

caratteri e le tendenze che stanno inf luendo in modo

e sua occupazione in termini di superficie sia fonda-

importante gli spazi fisici.

mentale per non farsi trarre in inganno sulla quantità

L’indagine ci dice che all’interno del Villaggio ci sono

di spazi sospesi presenti.

circa 150 imprese, delle quali poco più del 50% sono

Come si possono riassumere le dinamiche che hanno

imprese produttive, mentre le restanti sono suddivi-

portato alla situazione attuale? Alcune imprese si sono

se tra commercio, servizi e associazioni culturali e

ingrandite ed hanno trasferito la loro sede di produ-

religiose. Tra le imprese produttive prevale il settore

zione altrove (Caprari, Salami, Cooptip, Dondi), altre

metalmeccanico (30%), seguito da quello dell’edito-

sono rimaste e continuano la produzione nel villaggio,

ria e design (17%) e la lavorazione di metalli pesanti

altre hanno chiuso. Quel che importa è che in molti

(7%). Meno significativi sono i numeri delle imprese

casi non vi è stata una sostituzione a causa di un cam-

di servizi che insieme arrivano al 17% del totale. Il

biamento delle produzioni o più semplicemente per

commercio è prevalentemente legato ad un mercato di

una non compatibilità spaziale. Questo ha disegnato

quartiere e insieme alla ristorazione arriva al 25% del

la mappa dell’abbandono odierna.

numero totale di imprese presenti.

L’altra faccia della medaglia è quella che abbiamo

Le imprese sono perlopiù medio-piccole. Alcune sono

chiamato “ricolonizzazione”. Ov vero quali e quante

affermate sui mercati nazionali ed internazionali e

sono le imprese che negli ultimi anni hanno scelto di

fanno parte del terzo tipo (Panini, CRP Group, DDS,

investire nel Villaggio Artigiano e per quali motivi.

Energon), altre mantengono un rapporto di subforni-

Secondo i risultati le imprese più recenti sarebbero

tura con altre aziende (Sea, Coop Fonditori, La Com-

una ventina. Si concentrano in particolare nel settore

merciale Acciai) alcuni sono artigiani tradizionali

del design, dell’editoria e dell’informatica ed hanno

mentre altre imprese sono “nuove”, ov vero si occupa-

occupato spazi lasciati liberi da altre aziende.

no di servizi ICT oppure sono start up prevalentemen-

Se si volesse approfondire il fenomeno di abbando-

te di componentistica meccanica.

no-ricolonizzazione del Villaggio Artigiano, si ve-

La ricerca prende in considerazione il numero di im-

drebbe come in realtà non è limitato all’ultimo perio-

prese e non la loro superficie di occupazione degli

do, ov vero quello di maggiore recessione economica,

spazi. Infatti se si osserva attentamente si può nota-

ma prosegue da tempo. Non si può dire che l’attività

re come le imprese di lavorazioni pesanti siano, per

di impresa del Villaggio sia finita, perché in realtà

ov vi motivi, molto più estese rispetto alle altre. Da

sta mutando sin dalla sua nascita, tuttavia è oggi che

qui, considerando la mappa degli abbandoni, si capi-

stiamo trovando le maggiori difficoltà nel darle una

PA R T E II

107


continuità.

fondi. Fatta questa premessa, possiamo ancora osservare i

108

Popolazioni . Dagli anni cinquanta agli anni ottanta

dati. Nel Villaggio Artigiano (triangolo storico) oggi

lavoro e abitare vanno di pari passo al Villaggio Ar-

vivono 404 persone, che diventano 2398 se aggiunte

tigiano. La casa-officina dell’artigiano è quasi tutto

ai residenti dell’area ad est fino al confine col Parco

il suo mondo; lì lavora tutto il giorno, lì vive con la

Ferrari che gravita direttamente intorno al nucleo del

sua famiglia. In quelle terre che prima aveva coltivato

Villaggio. Se si considera il nucleo come elemento se-

come contadino. Un’unica linea immaginaria unisce

parato, la percentuale di abitanti stranieri si aggira a

il contadino che lavorava la terra con l’artigiano che

circa il 40% del totale; che si riducono però al 18% se

produce pezzi meccanici nella sua bottega. Una linea

si considera l’area totale.

che sembra interrompersi con l’av vento della globaliz-

Traducendo, la parte ovest del Villaggio Artigiano

zazione prima e della crisi economica poi.

vero e proprio (Manni, 2004), quello dove sono con-

Semplificando, si possono estrapolare, tra le altre, due

centrate le attività manifatturiere e dove prevale la

concause che hanno portato alla separazione della di-

tipologia della casa-officina, ha subito una sostituzio-

cotomia vivere-lavorare, e quindi al conseguente sfal-

ne di popolazione importante. E’ ov vio che questa so-

damento delle relazioni sociali av venute negli ultimi

stituzione è al tempo stesso causa ed effetto di quella

anni nel Villaggio Artigiano. La prima è una diretta

scissione tra abitare e lavoro, ed è ov vio anche che si

conseguenza della mancanza di eredi. Ov vero un’in-

rif lette in una def lagrazione generale dei rapporti so-

capacità o impossibilità degli eredi degli artigiani

ciali che vedevano il Villaggio come unicum e che ora

storici di mantenere e portare avanti l’attività di fa-

lo vedono come frammentato.

miglia. In secondo luogo esiste un problema di natura

Se però compiamo un passo in avanti sovrapponen-

costitutiva. Il conf litto e la mancanza di alternative

do questi dati con la mappa dell’abbandono, notiamo

dei primi anni non si sono, per ov vi motivi, potuti re-

come l’abbandono residenziale sia alquanto limitato

plicare, pertanto ciò che spinge oggi un lavoratore del

rispetto a quello produttivo. Da qui la probabilità che

villaggio non è più il desiderio di libertà o la voglia di

la sostituzione di popolazione sia dovuta essenzial-

essere indipendente, ma la necessità di soprav vivere.

mente all’abbassamento dei valori immobiliari, che

Questo ov viamente non vale per tutti, ma sicuramen-

ha permesso a famiglie meno abbienti, molte di ori-

te vale per quegli imprenditori che oltre non avere la

gine extra-comunitaria, di trovare un alloggio, spes-

possibilità di lasciare la loro impresa in eredità, non

so condiviso con altre famiglie, all’interno dell’area

possono contare sull’innovazione per insufficienza di

producendo una commistione culturale tale da cam-

TRANSIZIONI


biare radicalmente le tensioni relazionali interne. La

chiunque voglia stabilirne le regole.

sensazione, è che questo mutamento abbia contribuito alla costruzione di nuove relazioni, che è possibile percepire anche soltanto facendo l’esperienza degli spazi. Sembra, infatti che siano le strade oggi a tessere questi legami e in particolare quelle che entrano nel triangolo da est. Nonostante le differenze morfologiche e tipologiche, percorrendo ad esempio Via Nobili, la sensazione è quella di non passare affatto da una zona a prevalenza residenziale ad una a prevalenza produttiva; questa percezione può essere data dalle attività commerciali che si sono insediate abbastanza densamente in questo asse e ne permettono una continuità in questo senso. Una situazione simile, forse ancor più accentuata, abbiamo in corrispondenza di Via Leoni e Via Rinaldi, a nord. Discorso a parte meritano i due assi interni del Villaggio, ov vero Via Dalla Chiesa e Via Zarlati, quelli che circondano i due grandi isolati storici, con la densità costruttiva maggiore. Pare che siano rimasti, almeno in parte, legati alla vita del Villaggio condotta nelle modalità più tradizionali. Alcuni abitanti sono lì da sempre, lavorano ancora nella loro bottega e partecipano ancora agli incontri in Parrocchia. Verosimilmente nel Villaggio trovano occupazione oggi un migliaio di persone, quindi è chiaro che una grande parte di essi provengono dall’esterno. E’ quindi un luogo che si comporta come zona industriale ed al tempo stesso come quartiere residenziale multietnico. Questo è, a mio parere, un enorme punto di forza, che tuttavia crea non poche difficoltà a

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5.2 Mappe 1200

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1. Spazi Costruiti

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2. Spazi Aperti

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3. Permeabilità

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4. MobilitĂ

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5. Spazi Produttivi

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6. Spazi commerciali e servizi

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a.

lavorazione metalli pesanti 7%

b.

meccanica 29,4%

c.

costruzioni 4,2% editoria e design 16,8%

d. e. f.

energia 5,6% ICT 2,8%

7. Settori produttivi

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a.

b.

c.

d.

e.

f.

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8. Spazi produttivi dismessi

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nuovi insediamenti produttivi (post 2009) nuovi insediamenti produttivi (post 2000)

10. Nuovi insediamenti produttivi

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9 2

7 3

1

8 1 6 3

6

12 7 4

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225

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4

5

3 9

6

1

1

4

1

5 3 6 5

4

1

7

5 13

13

1

5 2

15

1

2

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5

2

23 21

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3 2

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5

2

3

2

1

6

4 6

3

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8

4

8. Spazi residenziali abitati (n. abitanti)

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9. Spazi residenziali dismessi

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5.3 Rilievo fotografico

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Foto © Amigdala

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PARTE III.


6. Pratiche artistiche e riqualificazione urbana

6.1 “Amigdala”

152

L’associazione Amigdala opera nell’ambito del teatro

potuto constatare il grande interesse che il pubblico nu-

contemporaneo e da molti anni si occupa di rigenera-

tre per questa modalità di lavoro, che consente ai citta-

zione urbana attraverso la realizzazione del festival

dini di entrare in luoghi dove normalmente è proibito

Periferico che si svolge ogni anno in luoghi diversi, se-

o molto limitato l’accesso, nonché di frequentare spazi

lezionati attraverso un lungo lavoro di ricerca che coin-

“ dimenticati” da un punto di vista nuovo e inatteso.

volge anche architetti, urbanisti e altri esperti della

Inoltre, questa modalità di lavoro consente lo svilup-

città di Modena.

po di molteplici relazioni trasversali che l’associazione

Il festival Periferico si caratterizza per il fatto di rea-

Amigdala costruisce di volta in volta con enti privati

lizzarsi in luoghi urbani non-teatrali, in aree degradate

(aziende private, artigiani, gallerie d’arte, imprese cre-

della città o in spazi pubblici poco valorizzati del no-

ative etc), enti pubblici (archivi, biblioteche, università

stro territorio urbano. Ogni anno, Amigdala cerca spa-

etc). La principale conseguenza di questa operazione è

zi nuovi, inusuali e sorprendenti con un lungo lavoro di

un’ampliamento del pubblico verso settori normalmen-

ricerca sul territorio, attraverso incontri, visite, sopral-

te non interessati al teatro, oltre alla realizzazione di

luoghi. Il festival Periferico è quindi “nomade”, ogni

iniziative (spesso all’aperto) in zone periferiche e tal-

anno muta e si modifica in base alle partenerships che

volta degradate della città.”

Amigdala costruisce sul territorio. Negli anni abbiamo

Il festival Periferico, che ha ormai assunto lo statuto

TRANSIZIONI


di una manifestazione riconosciuta e di ampio respiro, nasce con l’ idea di portare una manifestazione di qualità in aree di Modena che vivono una profonda trasformazione sociale e urbanistica, dove forte è il bisogno di maturare un’ idea di “cultura dif fusa” che ponga attenzione non solo al centro della città ma anche alle sue periferie. Periferico si svolge infatti in luoghi non teatrali, ogni anno diversi, scelti per il loro interesse architettonico o per la loro importanza per la storia della città. Si tratta di spazi inediti, dove il pubblico non può normalmente accedere liberamente: fabbriche, archivi, depositi, spazi industriali, oppure luoghi poco conosciuti della città, come musei o biblioteche. Periferico propone ogni anno un viaggio attraverso la città, abitando i luoghi scelti con performance site-specific scelte appositamente per valorizzare lo spazio e il suo significato. La scelta degli spettacoli programmati viene realizzata con attenzione riguardo la qualità del progetti, nell’ambito del teatro, della danza, della musica e della performance contemporanee1 . L’associazione Amigdala è un gruppo poliedrico composto da artisti provenienti da campi diversi. Ne fanno parte Federica Rocchi, Meike Clarelli, Sara Garagnani, Gabriele Dalla Barba e Davide Cristiani. Al loro fianco lavorano una serie di professionisti, docenti, enti, tecnici e volontari che mettono in campo i loro saperi, contribuiscono alla ricerca ed alla realizzazio1 Ripreso interamente da amigdalaperiferico.wordpress.com

ne delle manifestazioni.

6.2 Periferico Festival al Villaggio Artigiano Modena ovest Il breve testo che segue ha come oggetto la mia esperienza all’interno di Periferico Festival 2017 che ha avuto luogo tra il 26 e il 28 maggio, al quale ho partecipato come volontario grazie alla possibilità concessami dal collettivo Amigdala. Non mi sono soffermato troppo sulle descrizioni di spettacoli, performance, dibattiti ma ho cercato di fare il punto su alcune tematiche che ho ritenuto centrali per lo svolgimento della ricerca, quali l’assenza, il rovesciare, l’esplorare, il ruolo dell’artista, per poi cercare di individuarne qualche implicazione utile che riguarda il rapporto città – produzione. Nell’ambito del festival, Amigdala ha presentato una propria installazione all’interno delle ex officine Cavallini, dal titolo “la disobbedienza dell’acqua” nella quale il sogno è il tema centrale, con la convinzione che attraverso i sogni degli abitanti del Villaggio Artigiano se ne possa capire la visione collettiva. Hanno partecipato al festival, tra gli altri: Abbondanza / Bertoni, Muta Imago, Ljud, Filippo Tappi, OHT – Of fice for a Human Theatre, Claudia Catarzi, Isabella Bordoni, Radharani Pernacic, Ilaria Graziano e Francesco Forni, Enrico Gabrielli, Leonardo Delogu.

Spazi . Come detto, prerogativa di Periferico Festival è quella di portare spettacoli in spazi non teatrali. Nelle prime sette edizioni si è trattato di edifici e luo-

PA R T E III

153


ghi in generale non vissuti, sospesi. Nell’edizione 2016

Un tema si è posto quest’anno come urgente e neces-

gli spazi del Villaggio Artigiano hanno ospitato il fe-

sario: possono gli artisti operare delle trasformazioni

stival per la prima volta, così per la prima volta si è

in luoghi che sembrano cementificati nel loro presente?

svolto all’interno di un luogo più complesso ed etero-

Nella dif ficoltà di trovare nuove parole per parlare di

geneo ed ha aggiunto all’esperienza dello spettacolo

questo luogo, abbiamo chiamato due figure in soccor-

teatrale, l’esperienza della scoperta del luogo stesso.

so, due figure antropologiche: il sogno e l’arte. Per in-

Quest’anno Periferico ha ampliato ancora la sua rete

dagare non tanto più la struttura concreta e materica

di “occupazioni”, andando ad interessare, oltre allo

del Villaggio Artigiano, come abbiamo fatto minuzio-

spazio #Ovestlab altri edifici dismessi (ex officina

samente lo scorso anno, ma i nuclei di astrazione che

Cavallini, officina Lolli), spazi privati (Luogo, Bianco

compongono la sua cultura.

design, Vespa club, Fonderie Ponzoni), una manciata

Al centro della drammaturgia che compone Alto Fragi-

di giardini e cortili messi a disposizione da privati e

le Urgente vi è dunque una fiducia nelle possibilità di

la massicciata della ex ferrovia nonostante il Comu-

riattivazione dell’ immaginazione umana, che trova nei

ne avesse revocato il permesso. Un’estensione che ha

segni prodotti dall’artista e nel sogno i suoi punti car-

un valore estremamente importante che permette al

dinali di orientamento. Non intendiamo il sogno come

festival di aspirare a diventare un “dispositivo di ri-

mito romantico, ma come un sistema d’azione, che, al

attivazione” soprattutto in prospettiva dell’av vio del

pari del teatro, è in grado di tenere in sé i simboli resi-

progetto “Un community hub al Villaggio Artigiano”

duali, le contraddizioni di cui si compone la comples-

(§ cap. 6.3).

sità del reale. Abbiamo convocato diversi artisti attorno a queste do-

154

Temi . I temi che fanno da sfondo alla drammaturgia

mande, per interrogarsi assieme a noi, chiedendo loro

di questa nuova edizione di Periferico nascono laddo-

di produrre nuove domande sotto forma di azioni, di

ve finisce l’esperienza dello scorso anno, attraversata

performance o di percorsi nel quartiere. Ne è nato un

dall’urgenza di scavare a fondo nelle ferite del Villag-

programma di opere che tengono insieme astrazione e

gio Artigiano per cercarvi nuovi possibili prospettive.

matericità, corpi e assenze, narrazioni e visioni, inti-

Restando fedeli alla natura di Periferico come progetto

mità e spazi collettivi.

nomade anche nei formati, abbiamo scelto di af fidare

Il pubblico è chiamato ad attraversare fisicamente il

a questa area della città un secondo anno di festival,

Villaggio Artigiano per raggiungere of ficine dismesse,

nella certezza di poter ancora ampliare gli orizzonti di

negozi, strade, ex tracciati ferroviari, luoghi della so-

lavoro su questo territorio.

cialità, prati incolti, cortili, instaurando lungo il per-

TRANSIZIONI


#OvestLab (partenza festival) luoghi sospesi utilizzati dal festival luoghi attivi utilizzati dal festival esplorazioni/performance trasferimenti Streetwalker

Spazi del festival Periferico

PA R T E III

155


Spazi. #Ovestlab 2017

156

TRANSIZIONI


Spazi. Officina dismessa in Via Della Chiesa 2017

PA R T E III

157


corso dialoghi diretti con gli artisti ospiti1.

sciolgano in puri accostamenti (Bianchetti, 2003). Tali assunti derivano dalla Cultura Cattolica italiana degli

Assenza/1 . E’ questo il termine che meglio rappre-

anni cinquanta, periodo in cui le periferie erano nella

senta la nona edizione di Periferico Festival. Assen-

visione collettiva luoghi di disagio e disuguaglianza

za in contrapposizione ad una matericità data. Quella

(ibidem). Tuttavia c’è una sostanziale differenza; nel

dei muri e degli oggetti del Villaggio Artigiano. Nella

Villaggio Artigiano di Periferico l’assenza non è di

visione iniziale dei curatori del festival sembra es-

qualcosa di indefinito, ma dell’attore principale: l’o-

serci una ricerca continua sul tema della percezione;

peraio, il lavoratore, l’imprenditore, ov vero il prota-

in questo caso riguarda la percezione dell’assenza di

gonista.

qualcosa, che già dalla scorsa edizione è al centro delle

Il tema ritorna continuamente nelle esibizioni e nelle

loro principali rif lessioni. Ho trovato vi fosse un filo

conversazioni tenutesi tra artisti e pubblico per essere

conduttore ben visibile tra le performance e le varie

ribadito quasi ossessivamente fino a staccarsi dal luo-

attività comprese nel programma. La metafora dell’as-

go e diventare astrazione. Il rischio è sempre quello

senza, data dalla non presenza dell’attore all’interno

di portare lo spettatore troppo in questo senso, e di

dello spettacolo e all’interno del palcoscenico, quasi

perdere di vista gli obiettivi primari che non sono la

a voler significare che come l’attore scompare dal te-

performance in sé, ma la performance contestualizza-

atro così il lavoratore scompare dai luoghi del lavoro,

ta all’interno di un luogo che ha la stessa essenza dello

tanto più nel Villaggio Artigiano dove a sparire non

spettacolo stesso.

è solo l’uomo ma anche il lavoro stesso (è l’esempio di performance come quella di OHT e Muta Imago).

Rovesciare . Si è tentato all’interno del festival di ope-

Quindi non soltanto un tributo alla tecnologia e alla

rare un rovesciamento della dicotomia pubblico-pri-

contemporaneità ma anche un voler rimarcare meta-

vato. Il Villaggio è come già detto più volte in pre-

foricamente la necessità di un cambiamento che al di

cedenza, un territorio nato e governato interamente

fuori è già in atto. All’inizio degli anni sessanta, Aldo

dalla sfera privata; lo spazio pubblico è rappresenta-

Rossi definisce la periferia come “luogo dell’assen-

to esclusivamente dalle strade. Altro intento di que-

za 2 ”. E’ opinione comune che nelle periferie manchi

sta edizione è stato quindi quello di ribaltare i fatti,

innanzitutto l’ordine, le cose e gli spazi siano posti gli

proponendo l’”occupazione” da parte del pubblico di

uni accanto agli altri, i dualismi e le opposizioni si

spazi e luoghi di proprietà privata. Il rovesciamento

1 Ripreso dal manifesto di Periferico Festival 2017, consultabile su amigdalaperiferico.wordpress.com 2 Rossi A., La città e la periferia, in “Casabella Continuità”, n.253, 1961

158

TRANSIZIONI

è riuscito; sono stati di grande valore simbolico gli spettacoli, le mostre, le installazioni e le performance


Spazi. Luogo, spazio eventi con cucina 2017

PA R T E III

159


compiute in quei luoghi non teatrali1 come ex officine

più o meno lungo all’interno del villaggio. Questo già

e cortili che hanno portato il pubblico ad apprezzarli

di per sé è centrale, lo spettatore è coinvolto in un’e-

nonostante questo. Il rischio questa volta è che non si

sperienza che inizia prima dell’inizio, lo costringe ad

capisca interamente lo sforzo. L’atto del rovesciare è

osservare qualcosa che in automobile non potrebbe ve-

per gli ideatori una spinta oltre i limiti delle conven-

dere, una di quelle parti oggi “inconsce” di città che si

zioni, un’occasione di rif lessione immensamente im-

presentano dense di continue scoperte1. Il camminare

portante, una ricerca di qualcosa di non è disponibile

diventa unica performance e lo spettatore il performer

là dove è disponibile, non un semplice proporre qual-

nel caso, appunto, della “Geoesplorazione”, dove il

cosa di effettivamente innovativo in luoghi alternativi

punto è guardarsi intorno accompagnati da una guida;

a rimarcare una semplice differenza con altri format.

oppure nel caso dello spettacolo di Isabella Bordoni 2

Se un pubblico attento e culturalmente preparato come

o dell’installazione di Ljud 3 chiamata “Streetwalker”,

quello di Periferico tralascia gli aspetti fondativi del

opera site specific che cerca e trova l’arte là dove c’è

Festival per concentrarsi sulla performance in sé, l’o-

una discontinuità, un difetto o una situazione di non

biettivo è soltanto parzialmente raggiunto. Periferico

curanza, episodi ov viamente frequenti nel villaggio.

riesce nell’intento? La mia risposta è positiva. L’obiet-

La linea rossa di Ljud ha un doppio scopo, quello di

tivo è difficile, non scontato e si rischia di sprofondare

guidare alla scoperta delle “opere surreali” del villag-

in un acquitrino di retoriche. Questo rovesciare reso

gio, ma anche quello di attrarre persone all’interno es-

attraverso concerti e dibattiti ha permesso un’utiliz-

sendo posta a cavallo fra villaggio e zona residenziale

zazione differente degli spazi, ha altresì ricondotto la

vicina.

memoria ai tempi in cui le relazioni erano forti, e la

Fino a che punto il pubblico è consapevole delle sco-

condivisione di spazi privati per attività di gioco o ag-

perte che sta facendo?

gregazione era la normalità.

Ruolo dell’artista . Ultimo tema da me colto, domanEsplorare . Lo scoprire camminando è al centro del-

da importante ma a cui è difficile rispondere. Enrico

le rif lessioni del Collettivo Amigdala almeno da alcuni anni. All’interno del Villaggio questa pratica si conferma fondamentale per farlo conoscere a chi non lo conosce. Ogni evento svolto in qualsiasi spazio ha come punto di partenza la sede del festival, obbligando il pubblico a percorrere a piedi un tratto di strada

160

TRANSIZIONI

1 Careri F., Walkscapes. Camminare come pratica estetica, Einaudi, Torino, 2006. 2 Isabella Bordoni. Poeta, autrice, performer, artista visiva e sonora, ha partecipato a Periferico con la performance site specific Adiacenze 3 LJUD è un collettivo internazionale che esplora le possibilità di espressione artistica nello spazio pubblico basata sull’interazione piuttosto che sulla presentazione. Il principale obiettivo di LJUD è sviluppare una reciproca relazione con il pubblico, incoraggiando lo spettatore a diventare co-creatore di un gioco, un rituale e un evento sociale.


Performance. Claudia Catarzi, 40.000 cmq 2017

PA R T E III

161


Gabrielli 1, ospite dell’ultima conversazione pubblica,

Ciò che è meno rassicurante è la composizione del

ha risposto dicendo che “non è l’artista a poter dire

pubblico, che se lo si va ad esaminare è composto prin-

quale sia il proprio ruolo all’interno di una eventuale

cipalmente da appassionati o esperti di teatro e di arte

riattivazione di un luogo, proprio perché essendo ar-

contemporanea, dagli artisti stessi, da amici e da qual-

tista non ha la lucidità per farlo”. In questa risposta,

che abitante del villaggio o dei quartieri vicini. E’ noto

anche prendendo atto delle numerose discussioni fatte

come questa sia in realtà la fetta di pubblico che solita-

sul tema e della mia scarsa cultura in campo teatrale,

mente partecipa a questi eventi ed è logico che sia così.

sta anche la mia opinione. Mi è parso che molti artisti

Tuttavia, la cosa sorprendente è stata la partecipazione

abbiano in qualche modo bypassato la domanda. Ci si

da parte di alcuni abitanti del villaggio o dei quartie-

può chiedere in che termini un’affermazione di questo

ri vicini che, seppur non competenti o appassionati,

tipo sia pertinente. Se è vero che il ruolo dell’artista è

sono stati attirati dalla forza aggregativa del festival,

unicamente esprimere la sua arte senza dare giudizi

aumentata dalla massiccia presenza di concerti ed in-

sui suoi effetti concreti, allora significa che a suppor-

contri informali con gli artisti. Inizialmente io stesso

to delle azioni artistiche deve assolutamente esserci

ho sottovalutato l’importanza di vedere persone appa-

qualcos’altro. Per evitare di lasciare soli a combattere

rentemente “fuori contesto” partecipare con entusia-

contro i mulini a vento un collettivo di persone appas-

smo, ma dopo un colloquio avuto con la presidentessa

sionate, competenti e determinate, che però hanno a

del collettivo, Federica Rocchi 2 , è stato chiaro che loro

che fare con un luogo estremamente complesso e stra-

intento è sì sensibilizzare e consapevolizzare la collet-

tificato.

tività sul problema del Villaggio Artigiano, ma l’importanza maggiore è nell’approccio. L’obiettivo non è

162

Presenze . All’edizione 2017 erano presenti una quin-

attirare la massa, bensì inserirsi “dentro la questione

dicina di artisti, oltre ad una decina tra critici, addet-

della relazione” esplorando le singolarità: il messaggio

ti stampa etc. Non dispongo dei dati sull’aff luenza di

deve passare attraverso il contatto diretto e prolunga-

pubblico ma la percezione è che la media sia di 60/70

to con la persona, è solo così che aumentano le possi-

persone per ogni spettacolo e circa 15/20 per le con-

bilità che venga recepito. E’ lecito preferire un approc-

versazioni, oltre ov viamente al pubblico che ha potuto

cio di questo tipo preferendolo a quello che punta ai

osservare le installazioni dei vari artisti. Tutto som-

grandi numeri il quale attirerebbe sì maggiormente,

mato non male per un evento così di nicchia e volto

ma rischiando di non lasciare il segno nella coscienza

alla valorizzazione dall’arte del teatro.

delle persone riguardo ad un tema che per i più è “ur-

1 Enrico Gabrielli. Polistrumentista e compositore, è membro di alcuni tra i più influenti gruppi musicali italiani come Mariposa e Calibro35.

2 Dialogo privato con Federica Rocchi avvenuto in data 12 luglio 2017.

TRANSIZIONI


Performance. OHT, JA Installazione. Amigdala, la disobbedienza dell’acqua 2017

PA R T E III

163


gente”. Altro elemento importante è risultata essere

naufragare definitivamente l’idea (che era già in fase

“l’invasione” degli spazi da parte di artisti, percorsi

avanzata di organizzazione). Oltre alla giustificazione

e opere. Gli abitanti, i lavoratori e i frequentatori del

(lecita) riguardante la sicurezza, si nota come sia com-

villaggio si sono visti assediati da qualcosa di diverso,

plicato muoversi al di fuori dei recinti costituiti dai

che esce dall’ordinario e, se per qualcuno può essere

regolamenti anche quando lo scopo è lo svolgimento

stato un problema, molti hanno accolto la novità con

di un festival promotore di arte e cultura. L’assenza

entusiasmo, partecipando al programma e all’interes-

della politica locale è intesa come l’essere ancora trop-

sante iniziativa “OvestMap”, ov vero una mappatura

po restia nell’accettare l’idea per cui la città e le sue

partecipata volta ad aiutare nella lettura degli spazi

dinamiche possano sfuggire ad un totale controllo.

del villaggio e a mettere in risalto quelli più importan-

Cosa esce dall’esperienza del festival riguardo al rap-

ti per la collettività .

porto città-produzione oggetto della tesi?

1

Assenza/2 . La politica locale. Il comune di Modena

Città . Dentro al Villaggio (inteso in senso ampio) c’è

ha patrocinato l’evento, e probabilmente lo ha anche

città. Oggi, nel momento in cui la crisi produttiva del

finanziato in parte. Ciò che non ha fatto è permette-

piccolo artigianato è ai massimi, la componente so-

re l’utilizzo di determinati spazi, come la massicciata

ciale sembra avere più peso all’interno del Villaggio

ferroviaria, e soprattutto non permettere un av vicina-

Artigiano, almeno questa è la percezione. E’ ben visi-

mento più ampio della collettività all’evento. Intento

bile la composizione di queste popolazioni: perlopiù

di Amigdala era quello di creare una sorta di “Periferi-

anziani e stranieri. Il contatto con l’esterno av viene

co Off ” oltre la ex ferrovia, in alcuni spazi di proprietà

in modo unilaterale. Dal villaggio si esce ma non si

del Comune connettendo fisicamente i due quartieri

entra se non per scopi lavorativi o comunque legati ad

con due eventi collegati e riservando la parte “Off ”

essi. Via Emilio Po è la strada che connette, attraverso

alle associazioni di quartiere che organizzando eventi

fronti urbani completamente diversi, le due parti, ed

meno orientati all’arte avrebbero av vicinato una fetta

è una strada viva, come viva è la parte di città confi-

più grande di popolazione al festival. Il Comune ha

nante con i capannoni. Una vivacità che solo a fatica

dapprima dato l’autorizzazione per poi ritirarla di-

contagia la parte ovest. Il rapporto del Villaggio Arti-

cendo che non sarebbe stato sicuro l’attraversamento

giano con la città è un rapporto di compenetrazione.

della massicciata per recarsi dall’altra parte, facendo

Non c’è una distinzione netta tra i due ma solo una

1 OvestMap è un progetto portato avanti da Amigdala insieme all’arch. Silvia Tagliazucchi ed ha lo scopo di individuare, tramite una mappatura partecipata, quali sono i luoghi del Villaggio Artigiano considerati per vari motivi più rappresentativi dai suoi abitanti e frequentatori.

164

TRANSIZIONI

certa differenza che probabilmente anche i modenesi vedono a fatica. Le motivazioni sono anche morfolo-


Installazione. LJUD, Streetwalker 2017

PA R T E III

165


giche: le strade, anche se totalmente asfaltate e prive

rapporto arte-artigianato-lavoro. E’ quindi metten-

di marciapiedi sono strette, mantengono un rapporto

do insieme le due edizioni che forse si possono trar-

stretto con la persona che vi cammina. Camminare nel

re maggiori conclusioni riguardo ad essa. Provando a

Villaggio non vuol dire attraversare un’area industria-

rovesciare il rapporto sembra che la produzione stia

le ma un pezzo di città che comunque la si voglia vede-

ancora uscendo, provando a rientrare ma senza riu-

re rimane tale. Il verde pubblico non c’è ma gli alberi

scirci. Le varie spinte (non abbastanza forti) per una

spesso sì, perché sono privati; nel momento in cui ti

mutazione della produzione e dell’imprenditoria in

senti estraneo perché vaghi tra capannoni, ecco che da

generale nel Villaggio sembrano essere troppo deboli,

una casa escono persone che all’interno hanno appe-

e questa cementificazione di cui si parla nel manifesto

na professato il loro culto; durante i giorni feriali un

sembra destinata a protrarsi ancora a lungo. Sembre-

misto tra manager, operai, artigiani, fornitori e clienti

rebbe all’infinito.

arricchiscono la popolazione già presente creando un

Se si prova ad immaginare, attraverso l’analisi dei dati

mix vitale e necessario.

a nostra disposizione, quale potrà essere la condizione

Periferico basa tutto, o quasi, su questo. Gli spazi ven-

del Villaggio tra un decennio, se la situazione dovesse

gono occupati per la gente, il verde lo si va a cercare

rimanere questa, lo scenario potrebbe essere questo:

all’interno di aree private e si cerca di goderne, le of-

una buona percentuale di imprese, quelle condotte an-

ficine si riusano per usi aggregativi, il tutto attraverso

cora da anziani, potrebbero chiudere (circa il 15%), al-

il filtro dell’arte e del teatro, che trasforma luoghi e

cune delle nuove potrebbero trasferirsi nel caso in cui

abitanti in attori e noi in spettatori estranei di questa

il comune decidesse di non investire in una trasforma-

“diversa vitalità ”. In questo contesto cerchiamo di ca-

zione dell’area. Il risultato porterebbe ad un aumen-

pire i problemi di un luogo e cerchiamo di risolverli.

to della dismissione che soltanto una compensazione

Tutto sta nel vedere quanti di questi attori riusciremo

da parte di imprenditori o abitanti stranieri potrebbe

realmente a coinvolgere.

scongiurare. Il festival fa da legante: sta continuando a dare speranza a coloro che, oggi spesso prede della

Produzione . Che abbia un ruolo minore di un tempo

disillusione, hanno creduto in un Villaggio Artigiano

l’abbiamo ribadito più volte. Dopo il festival, ai miei

eterno.

occhi, il suo ruolo esce ulteriormente indebolito. For-

166

se anche perché la lente di ingrandimento quest’anno

Alcune conclusioni . Periferico mette l’accento sulle

era su altri temi, più metaforici, rispetto alla scorsa

tematiche urgenti del Villaggio. Un’assenza che va col-

edizione in cui si è indagato più specificamente il

mata con nuove presenze, che si spera si possano ritro-

TRANSIZIONI


Geoesplorazione 2017

PA R T E III

167


vare attraverso il progetto del Community hub. Sono

ricambio tanto sperato debba essere (anche per volere

rimasto molto colpito dalla sensibilità con cui i ragaz-

del pubblico) spontaneo e si debba solo aspettare che

zi di Amigdala hanno affrontato questi temi e questo

arrivi, anche a scapito di un patrimonio che va verso

luogo. Il fatto che il dibattito si sia spesso spostato

la rovina.

verso il giudizio di un format o di una singola performance per arrivare a criticare la scelta dell’artista che

6.3 Il Community Hub come innesco

la ha proposta, invece di focalizzarsi su una visione

#OvestLab è uno spazio messo a disposizione dal

ampia su quello che il festival propone e perché lo fa,

Consorzio Attività produttive Aree e Servizi a partire

va a mio parere a neutralizzare parte degli intenti. Se

dal 2015 all’interno del Villaggio Artigiano Modena

posso muovere una critica, mi pare che poco si sia par-

Ovest, più precisamente in un contenitore rimasto

lato con gli artisti del Villaggio Artigiano nonostante

sfitto di una falegnameria in Via Nicolò Biondo.

la centralità del tema.

Fin dalla sua nascita, sono state promosse al suo inter-

Per quel che riguarda le effettive conseguenze del fe-

no varie iniziative con l’obiettivo principale di coin-

stival, penso che ci si debba chiedere come si può fare

volgere e sensibilizzare gli abitanti della città intera

ad aumentare ancora la partecipazione dall’interno

sui temi della rigenerazione urbana, in particolare

del villaggio pur mantenendo un rapporto stretto con

all’interno del contesto del Villaggio.

tutti che permetta di agire ancor più in profondità per

Il Consorzio ha deciso di dare continuità all’esperien-

aumentare la consapevolezza dei problemi.

za iniziata nel 2015 di #OvestLab, caratterizzando l’i-

Interessante è stato rimanere nel Villaggio così a lun-

niziativa:

go. Mi ha fatto rendere conto di cose di cui non mi ero

168

accorto e conoscere persone interessanti. I colloqui, le

- come spazio di riuso temporaneo, su diversi fronti, in

esplorazioni, il fruire nei luoghi hanno fatto emergere

grado di costituire un punto di riferimento per la comu-

una dimensione inedita del Villaggio: la sua grande

nità che risiede e lavora al Villaggio Artigiano, motore

porosità. Gli spazi sono f lessibili e pronti ad acco-

propulsore di un rinnovamento che potrà svilupparsi in

gliere, le persone disponibili ed entusiaste di aiutare

altri spazi dell’area. Un centro di connessione di com-

e mettere i propri spazi a disposizione del pubblico;

petenze in grado di generare significative sperimenta-

caratteristiche direi fondamentali da tenere in consi-

zioni nei campi dell’arte, della progettualità, dell’ im-

derazione. Più opaco il discorso intorno alla produ-

prenditoria sociale e dell’economia della condivisione;

zione. Mi è parsa lontana, come se fosse scontato che

- come campo di connessione, tra discipline artistiche,

quella è e quella deve rimanere se possibile. Come se il

produzione artigianale, rigenerazione urbana, parteci-

TRANSIZIONI


Performance. Isabella Bordoni, Adiacenze Conversazione. Isabella Bordoni, cortile privato 2017

PA R T E III

169


pazione dei cittadini: da una scuola di artigianato in

Cesare Leonardi 3 . Inoltre c’è una lista composta da

stretta connessione con le imprese del Villaggio, alla

una decina di utilizzatori tra cui figura l’Ordine degli

produzione in ambito artistico soprattutto laddove

architetti di Modena.

connessa con il ‘ fare’ manuale, dalla piantumazione e

Questi i punti principali della “manifestazione di inte-

cura del verde al riuso degli spazi;

resse”4 da parte dei due co-gestori che riassumono gli

- per promuovere la rigenerazione, a partire dal valore

obiettivi principali del triennio.

delle competenze che risiedono o che vanno ricostituite. “#OvestLab quindi come Community Hub: la rigenera-

Obiettivi. Miriamo a fare di OvestLab un luogo di “pro-

zione urbana come occasione di innovazione culturale,

duzione” in svariati campi e settori. “Produzione” inte-

economica e sociale”;

sa come comune denominatore delle molteplici attività

- quale struttura a servizio della comunità. Deve di-

che hanno caratterizzato la storia del Villaggio Arti-

venire spazio ibrido e/o di produzione e di lavoro, che

giano: in ambito artistico (arti performative e visive,

fa convivere l’artigiano e la postazione per il creativo.

luogo di residenza per artisti etc), in ambito progettua-

Deve essere in grado di cambiare funzione e ospitare

le (design, architettura, nuove tecnologie, artigianato).

pratiche dif ferenti, che si alternano nel corso della gior-

Allo stesso modo, un luogo di “produzione” stimola pro-

nata o nei giorni della settimana. È insieme avvio, ga-

cessi capaci di tradurre capacità, conoscenze e talenti

ranzia e presidio di processi di rigenerazione urbana.

in occasioni concrete di realizzazione, divenendo luogo

Prova a contrastare l’esclusione, generando lavoro. Ac-

di formazione di eccellenza. Immaginiamo il Villaggio

compagna i processi e ne è protagonista. Abilita attori,

Artigiano del futuro come un luogo dove gli spazi la-

sostiene percorsi di resilienza. È l’ innesco di comunità

sciati vuoti dalla chiusura dei laboratori artigianali

in corso (CAPAS, 2017) .

possano essere riprogettati e convertiti a nuove espe-

1

rienze imprenditoriali e progettuali, in continuità con Questi, i paletti messi dal Consorzio che, attraverso

una tradizione fatta di competenze e innovazioni.

una convenzione bandita a inizio 2017 , ha assegnato 2

alle associazioni vincitrici gli spazi dell’Hub, garan-

Ogni campo di attività è associato ad una disciplina o

tendo il pagamento del canone di affitto per 3 anni.

a specifiche attività:

Risultano ad oggi co-gestori l’associazione Amigdala (organizzatrice di Periferico) e l’Archivio Architetto 1 Dalla pagina: http://www.capmodena.it 2 Concessione per la concessione in co-gestione e/o utilizzazione dell’immobile OvestLab del 5 maggio 2017.

170

TRANSIZIONI

3 Associazione nata per far conoscere e valorizzare il lavoro e le opere dell’architetto Cesare Leonardi, il quale è abitante del Villaggio Artigiano. L’associazione avrà un ruolo chiave nella proposta di attività legate all’artigianato e nella cura di mostre e convegni. 4 Manifestazione di interesse per l’affidamento della co-gestione e utilizzazione dell’immobile OvestLab. Soggetti proponenti: Ass. Amigdala, Archivio architetto Cesare Leonardi.


#Ovestlab. Presentazione “Un Community Hub al Villaggio Artigiano OvestMap. Mappatura partecipata dei luoghi del Villaggio Artigiano 2017

PA R T E III

171


1.

Rigenerazione: produzione progettuale. Rea-

tanti del quartiere. Questo, dice Federica Rocchi 1, pre-

lizzazione all’ interno di OvestLab di workshop tema-

sidente dell’associazione Amigdala, av verrà attraverso

tici indirizzati alla progettualità applicata a diversi

la proposta di Workshop e laboratori, ma anche con

ambiti e a diverse scale, indirizzati a studenti e giovani

attività che prevedono la promozione dell’arte, dello

professionisti. I workshop mireranno a sviluppare un

spettacolo e del divertimento. La scuola del fare avrà

pensiero progettuale anche attraverso il contributo di

un ruolo determinante nel garantire ancora un ruolo

personalità autorevoli e di tutor […]

creativo al Villaggio Artigiano, gli allievi, attraverso

2.

Arte come interconnessione: produzione ar-

la permanenza nelle officine con gli artigiani potran-

tistica. Creazione di un luogo di produzione artistica

no apprendere e al tempo stesso creare. Questo a un

riconosciuto sia a livello locale, che connesso con espe-

duplice scopo: da una parte si cercherà, attraverso la

rienze e sperimentazioni artistiche internazionali, luo-

scuola, di mantenere in vita la dimensione artigianale

go di residenza, ricerca e produzione artistica ad ampio

tradizionale propria del Villaggio, dall’altra si punta

raggio.[…]

ad av viare verso un nuovo tipo di artigianato che pos-

3.

Scuola del fare: produzione artigianale. Crea-

sa dar vita ad un movimento “innovativo” che faccia si

zione di una vera e propria scuola in cui acquisire cono-

che anche a Modena si possano far interagire la produ-

scenze e apprendere tecniche di lavorazione artigianale

zione tradizionale e la cosiddetta “industria 4.0”.

rivolte a più ambiti, realizzata all’ interno delle of ficine

Per quanto riguarda la promozione dell’arte, si cer-

artigiane del quartiere e connessa con OvestLab. […]

cherà di inserirla all’interno del Villaggio in modo

4.

Of ficina come spazio pubblico: produzione di

diffuso attraverso performance di vario genere che va-

comunità. Fare di OvestLab un luogo aperto agli abi-

dano in primis ad inserirsi nel contesto mediante re-

tanti, ai lavoratori, ai frequentatori del Villaggio Ar-

sidenze di artisti che quindi dovranno proporre opere

tigiano e uno spazio realmente condiviso attraverso il

site-specific. Ma verranno proposte anche esibizioni

loro coinvolgimento costante nelle attività. […]

e mostre che dovranno avere luogo, come nel caso di Periferico, in luoghi altri.

A conferma delle proposte inserite nella manifestazio-

Tuttavia, nonostante le attività fin qui illustrate siano

ne di interesse, Amigdala e i co-gestori mirano a tra-

estremamente importanti per tentare una ricostru-

sformare OvestLab in un luogo di aggregazione che sia

zione della sfera sociale, da un punto di vista urbano

attivo sette giorni su sette e attiri a sé il maggior nu-

l’intento più significativo è quello di procedere verso

mero di persone possibili, principalmente tra gli abi-

l’utilizzo temporaneo di una certa quantità di spazi. 1 Dialogo privato con Federica Rocchi tenutosi in data 12 luglio 2017.

172

TRANSIZIONI


Lo spazio OvestLab infatti, nonostante sia stato rima-

la possibilità di affittare i propri immobili con con-

neggiato per permetterne un altro utilizzo, rimane di

tratti di cinque o dieci anni, o addirittura di vendere,

dimensioni contenute che non permettono di farvi una

va da sé che questo non è conciliabile, per i motivi già

grande quantità di attività: un utilizzo non ne permet-

ampliamente esplicati, con le necessità e le condizioni

te uno diverso allo stesso tempo. Detto questo, Ami-

economiche e sociali odierne. Arduo compito dei pro-

gdala intende continuare l’esperienza di Periferico in

motori, sarà dunque quello di tentare una (probabil-

cui le performance sono av venute in molteplici luo-

mente) lunga mediazione che permetta di cambiarne le

ghi. L’obiettivo è quello di creare una rete di spazi che

posizioni. Un primo risultato è già stato raggiunto, af-

vivano in modo differente all’interno del Villaggio.

ferma ancora Federica Rocchi, quando “per l’edizione

Questo potrebbe av venire grazie al coinvolgimento di

2017 di Periferico, siamo riusciti a convincere alcuni

più associazioni che, ciascuna nel proprio settore, po-

proprietari a concederci spazi con contratti di affit-

trebbero proporre diverse attività e attrarre differenti

to della durata di dieci/quindici giorni, mentre l’anno

fette di pubblico. Il riuso temporaneo di spazi però,

scorso non volevano nemmeno sentirne parlare”. Esi-

implica un dispiegamento di forze che va ben oltre la

ste ancora quindi, ed è radicata, la convinzione che il

semplice iniziativa di qualche associazione, sono in-

Villaggio così com’è oggi sia appetibile, mentre non si

fatti molteplici e diversi i problemi che si incontreran-

tiene in considerazione che prima che possa ritornare

no nella messa in opera del processo.

tale si deve passare da questi tipi di proposte.

In primo luogo deve esserci un supporto totale da

Infine c’è il problema non trascurabile della fram-

parte dell’amministrazione comunale, che attraverso

mentazione proprietaria. All’interno del quartiere,

azioni, anche di carattere legislativo, dovrebbe preve-

esistono edifici, i più piccoli, che spesso hanno un

dere tali pratiche con l’intento di spronare i proprieta-

unico proprietario, che altrettanto spesso abita ancora

ri a mettere a disposizione i propri edifici.

nell’edificio o comunque in città. Gli edifici più gran-

In secondo luogo si riscontra a volte una certa chiusu-

di, invece, risultano di proprietà di grandi finanziarie

ra da parte degli abitanti. A causa della complicata si-

o banche che difficilmente hanno interesse a metter-

tuazione sociale e delle tradizioni radicate presenti nel

li a disposizione con contratti di riuso temporaneo, e

Villaggio, sarà molto difficile far cogliere ad abitanti,

per questo spesso si rendono irreperibili. A maggior

proprietari e imprenditori l’importanza dell’iniziativa

ragione, come detto, l’apporto del pubblico risulterà

di riuso temporaneo degli spazi che si vorrebbe av-

fondamentale, ma altrettanto lo saranno tutte quelle

viare attraverso il Community Hub. Nell’immaginario

relazioni che i gestori riusciranno a tessere con altri

collettivo c’è ancora l’intento (e la speranza) di avere

enti, soprattutto quelli portatori diretti di interessi.

PA R T E III

173


Per questo gli intenti di Amigdala sono supportati da molti enti, imprese, università e associazioni che metteranno in campo le loro energie per la riuscita del progetto. Ciò che è necessario indagare sono le implicazioni che tali azioni avranno all’interno degli spazi per creare una rete che rivitalizzi il quartiere e funga da catalizzatore1 per l’av vio di nuove attività e di una nuova struttura sociale.

1 Oswalt P., Urban Catalyst: The Power of Temporary Use, DOM Publishers, Berlin, 2009.

174

TRANSIZIONI


Performance. LJUD Streetwalker 2017

PA R T E III

175



PARTE IV.


7. Scenari di nuove localizzazioni e implicazioni sullo spazio del Villaggio Artigiano

7.1 Il Villaggio Artigiano non è uno spazio fermo

178

Che i movimenti siano minimi è ormai chiaro a tutti,

partenza importante che ci permette di dire che non è

così come è chiaro che essi però vi sono. Movimenti in

possibile dimenticarsi di questo luogo. Non è possibile

“negativo” come le sospensioni che sovente si trasfor-

non tenere in considerazione che le oltre cento impre-

mano in dismissione, le previsioni di smantellamento

se ivi insediate devono avere la possibilità di rimaner-

che solo in parte hanno un seguito oppure l’abbando-

vi nonostante alcune siano di medio-grande dimen-

no della residenza, raro grazie a processi di filtering

sione: non tutti possono essere costretti ad andarsene.

down. Movimenti in “positivo” come il riuso per altre

Non è possibile neppure dimenticarsi della storia di

funzioni di spazi ex produttivi, l’utilizzo temporaneo

questo luogo. La memoria, seppur esageratamente en-

(ancora limitato) di Amigdala oppure la ri-colonizza-

fatizzata fino a considerare il villaggio al pari di un

zione da parte di nuove imprese. Il quadro delle co-

centro storico, rimane importante. Allo stesso tem-

noscenze è andato formandosi attraverso il rilievo e

po è necessario prendere le distanze da malinconiche

prende forma attraverso il disegno. Il mutamento ur-

soluzioni e idee di preservazione totale. E’ necessario

bano passa attraverso i cambiamenti all’interno de-

porre al centro del discorso l’eventualità di una me-

gli spazi architettonici che in questo caso sono quel-

diazione che, inevitabilmente, presume la presa di co-

li discreti e ordinari del grande sviluppo modenese.

scienza dell’importanza di mantenere per il Villaggio

La cauta dinamicità del villaggio funge da punto di

un ruolo produttivo. Il bilanciamento tra movimenti

TRANSIZIONI


in negativo e movimenti in positivo passa per azioni di tipo politico ma anche progettuale. Proprio il progetto può essere strumento per conoscere, può essere forma specifica di interrogazione della realtà 1. E’ questo il motivo per cui il rilievo dei movimenti, o meglio del non stare fermo del villaggio, che si insedia nelle sue forme architettoniche e nei suoi spazi aperti, fa parte del progetto stesso.

1 Viganò P., I territori dell’urbanistica. Il progetto come produttore di conoscenza, Roma, Officina, 2010.

PA R T E IV

179




Spazi della sospensione 1

182

TRANSIZIONI

2

3

4

5

6

7

8

9

10

11

12 13

14 15

16 17 18 19


20

21

22

23 24 25 26 27 28 29 30

31 32

33 34

35

PA R T E IV

183


Un patrimonio eterogeneo di spazi dismessi

184

TRANSIZIONI


1.

2.

tipo: capannone sup. lotto: 1110 m2 sup. coperta: 580 m2 sup. coperta sospesa: 580 m2 proprietà:azienda

5.

3.

tipo: capannone sup. lotto: 3830 m2 sup. coperta: 2530 m2 sup. coperta sospesa: 2530 m2 proprietà: finanziaria

6.

tipo: capannone sup. lotto: 3100 m2 sup. coperta: 1845 m2 sup. coperta sospesa: 1845 m2 proprietà: azienda (Fonderie Cooperative)

9.

7.

10.

13.

tipo: capannone/uffici sup. lotto: 6574 m2 sup. coperta: 907 m2 sup. coperta sospesa: 907 m2 proprietà: azienda

tipo: capannone sup. lotto: 1435 m2 sup. coperta: 808 m2 sup. coperta sospesa: 600 m2 proprietà: persona fisica

tipo: capannone/residenza sup. lotto: 1660 m2 sup. coperta: 800 m2 sup. coperta sospesa: 565 m2 proprietà: persona fisica

12.

tipo: capannone sup. lotto: 3102 m2 sup. coperta: 2185 m2 sup. coperta sospesa: 2185 m2 proprietà: azienda (R.G. srl)

15.

tipo: capannone/residenza sup. lotto: 1160 m2 sup. coperta: 661 m2 sup. coperta sospesa: 661 m2 proprietà: persona fisica

tipo: capannone sup. lotto: 2726 m2 sup. coperta: 971 m2 sup. coperta sospesa: 971 m2 proprietà: persona fisica

8.

11.

14.

tipo: residenza sup. lotto: 794 m2 sup. coperta: 297 m2 sup. coperta sospesa: 123 m2 proprietà: persona fisica

tipo: commerciale/uffici sup. lotto: 501 m2 sup. coperta: 297 m2 sup. coperta sospesa: 297 m2 proprietà: persona fisica

tipo: capannone sup. lotto: 4320 m2 sup. coperta: 2712 m2 sup. coperta sospesa: 2712 m2 proprietà: finanziaria

tipo: residenza sup. lotto: 838 m2 sup. coperta: 297 m2 sup. coperta sospesa: 297 m2 proprietà: azienda (Panini srl)

4.

tipo: capannone/residenza sup. lotto: 3030 m2 sup. coperta: 2347 m2 sup. coperta sospesa: 2347 m2 proprietà: immobiliare

16.

tipo: capannone sup. lotto: 976 m2 sup. coperta: 685 m2 sup. coperta sospesa: 591 m2 proprietà: persona fisica

tipo: capannone/residenza sup. lotto: 2001 m2 sup. coperta: 1213 m2 sup. coperta sospesa: 215 m2 proprietà: azienda/immobiliare

PA R T E IV

185


17.

18.

tipo: capannone sup. lotto: 949 m2 sup. coperta: 612 m2 sup. coperta sospesa: 394 m2 proprietà: persona fisica

19.

tipo: capannone sup. lotto: 601 m2 sup. coperta: 469 m2 sup. coperta sospesa: 469 m2 proprietà: azienda

20.

tipo: capannone/residenza sup. lotto: 5448 m2 sup. coperta: 3704 m2 sup. coperta sospesa: 3704 m2 proprietà: azienda (Liu Jo)

21.

tipo: capannone sup. lotto: 4030 m2 sup. coperta: 2498 m2 sup. coperta sospesa: 2277 m2 proprietà: azienda (Caprari spa)

23.

tipo: capannone sup. lotto: 2496 m2 sup. coperta: 2338 m2 sup. coperta sospesa: 490 m2 proprietà: persona fisica

24.

28.

tipo: capannone/residenza sup. lotto: 1808 m2 sup. coperta: 725 m2 sup. coperta sospesa: 725 m2 proprietà: persona fisica

186

25.

tipo: capannone sup. lotto: 3489 m2 sup. coperta: 1226 m2 sup. coperta sospesa: 922 m2 proprietà: finanziaria

tipo: capannone/residenza sup. lotto: 1456 m2 sup. coperta: 774 m2 sup. coperta sospesa: 774 m2 proprietà: azienda (La Mudnesa)

27.

TRANSIZIONI

22.

tipo: capannone /commerciale/residenza sup. lotto: 1038 m2 sup. coperta: 804 m2 sup. coperta sospesa: 804 m2 proprietà: immobiliare

tipo: capannone/uffici sup. lotto: 3289 m2 sup. coperta: 2216 m2 sup. coperta sospesa: 200 m2 proprietà: persona fisica

26.

tipo: capannone sup. lotto: 2513 m2 sup. coperta: 750 m2 sup. coperta sospesa: 600 m2 proprietà: azienda

29.

tipo: capannone sup. lotto: 1357 m2 sup. coperta: 1235 m2 sup. coperta sospesa: 712 m2 proprietà: persona fisica/azienda

30.

tipo: capannone sup. lotto: 978 m2 sup. coperta: 564 m2 sup. coperta sospesa: 400 m2 proprietà: persona fisica

tipo: capannone sup. lotto: 962 m2 sup. coperta: 405 m2 sup. coperta sospesa: 198 m2 proprietà: persona fisica


31.

32.

tipo: capannone/residenza sup. lotto: 3995 m2 sup. coperta: 363 m2 sup. coperta sospesa: 363 m2 proprietà: azienda

34.

33.

tipo: capannone sup. lotto: 920 m2 sup. coperta: 284 m2 sup. coperta sospesa: 284 m2 proprietà: persona fisica

tipo: capannone sup. lotto: 2964 m2 sup. coperta: 1220 m2 sup. coperta sospesa: 1220 m2 proprietà: azienda

35.

tipo: capannone sup. lotto: 1728 m2 sup. coperta: 1049 m2 sup. coperta sospesa: 445 m2 proprietà: persona fisica

tipo: capannone sup. lotto: 1011 m2 sup. coperta: 531 m2 sup. coperta sospesa: 531m2 proprietà: immobiliare

PA R T E IV

187


Trasferimenti previsti dal POC-MOW 2012 La Commerciale Acciai

188

TRANSIZIONI

Air Liquid

Gaspari

Fonderie cooperative (entro 2022)1

Cromoduro

Oxi project


1- Ad oggi, soltanto le Fonderie Cooperative hanno dato la conferma di cessazione dell’attività , prevista entro il 2022.

PA R T E IV

189


Spazi della residenza 2

3

3

14

8

1 5

0

4 20

4 21

2

2 6 1 2 1 6

4

5

3 4 16 2

0

0

190

TRANSIZIONI

4

8

0

5 0 13 3

0

5

1 0

46 70 6 0

5

1

1321


15

23

7

12

0

1 8

0 3 0

6 6 3

1

19

0

7

1

0

5

5

9 2 1 4 2 3

1

1

11

4

n. residenti

9

225

2

2

n. residenti

PA R T E IV

191


Spazi riutilizzati Officina Lolli

Hippo’s Cafe

192

TRANSIZIONI

piccolo commercio

Congregazione

Atto Zero Congregazione Teatro


Parco

Luogo

Twenty One bar

cortile privato

Habana Palestra Cafe

cortile privato

Vespa Club #Ovestlab

Archivio Leonardi

Sir Francis Pub

ex Officine Cavallini

uso temporaneo degli spazi produttivi (Amigdala, Periferico festival)

Riusi di spazi produttivi

PA R T E IV

193


Nuovi usi produttivi (post 2009) Eternadile

194

TRANSIZIONI

Liuteria 3G

Moretti Fotografia

Clinica Eugin

Fabele startup

Laborarte


Bianco Design

Energon

PA R T E IV

195


7.2 Inserimenti Assegnazioni CAPAS 2011-2016 Anno

N.

Comune

Comparto

Sf mq.

Su mq.

Tipo di attivitĂ

Settore

2011

1

Modena

PIP 2 Via Pica

5.527

3.704

Manifatturiera

Meccanica

2011

2

Modena

PIP 2 Via Pica

9.118

6.291

Manifatturiera

Meccanica

2011

3

Modena

PIP10 Ponte Alto

2.077

1.246

Manifatturiera

Valvole idrauliche

2011

4

Modena

PIP10 Ponte Alto

2.752

1.651

Servizi alle imprese

Informatica e reti

2011

5

Modena

PIP 11 San Damaso

2.266

2.429

Manifatturiera

Meccanica

2011

6

Soliera

PIP Sozzigalli

8.676

5.223

Manifatturiera

Lavorazione carta/Packaging

2011

7

Bastiglia

PIP Capoluogo

2.975

1.785

Manifatturiera

Meccanica

2012

8

Modena

PIP10 Ponte Alto

12.103

7.262

Manifatturiera

Meccanica

2012

9

Novi

PIP COMA Vecchia

2.325

1.744

Costruzioni edili

Costruzioni edili

Non ha costruito

2013

10

Modena

PIP10 Ponte Alto

3.357

2.014

Manifatturiera

Meccanica

Non ha costruito

2013

11

Modena

PIP10 Ponte Alto

6.868

4.121

Manifatturiera

Meccanica

2013

12

Bomporto

PIP Capoluogo

5.200

3.380

Costruzioni edili

Costruzioni edili

2013

13

Bastiglia

PIP Capoluogo

2.333

1.400

Traporto materiali recupero ri uti

Traporto materiali recupero ri uti

2013

14

Novi

PIP COMA Vecchia

8.720

6.540

Costruzioni edili

Costruzioni edili

2014

15

Modena

PIP10 Ponte Alto

5.283

3.170

Manifatturiera

Meccanica

2015

16

Bastiglia

PIP Capoluogo

1.886

1.132

Traporto materiali recupero ri uti

Traporto materiali recupero ri uti

2016

17

Modena

PIP10 Ponte Alto

5.515

3.309

Manifatturiera

Meccanica

2016

18

Modena

PIP10 Ponte Alto

4.206

2.524

Commercio

Commercio/magazzino

2016

19

Modena

PIP 11 San Damaso

714

785

Manifatturiero

Meccanica

Non ha costruito

2016

20

Modena

PIP 11 San Damaso

1.195

1.315

Costruzioni edili

Costruzioni edili

Non ha costruito

2016

21

Modena

PIP 11 San Damaso

622

684

Servizi alle imprese

Impianti

Non ha costruito

2016

22

San Cesario

PIP La Graziosa

10.924

6.554

Commercio autoveicoli

Commercio autoveicoli

Non ha costruito

impianti 1

Non ha costruito

Non ha costruito

san cesario 1 soliera 1

commercio/magazzini 2

novi 2 trasporto materiali 2

bomporto 1

meccanica 11 costruzioni 3

carta/packing 1 informatica e reti 1

196

TRANSIZIONI

modena 14 bastiglia 3


15 17 11

8

4 3

6

7

13

16

1 2

12

5

Assegnazioni CAPAS 2011-2016

PA R T E IV

197


scheda 1

azienda 2.

lotto 6.

tipo di attivitĂ : manifatturiera settore: meccanica tipo di produzione: componentistica di precisione anno di assegnazione da parte del CAPAS: 2011 localizzazione lotto assegnato: PIP 2 Via Pica (Modena) Sf lotto: 9118 m 2 Su lotto: 6291 m 2 S effettiva capannone produttivo: 2000 m 2 S effettiva uffici: 568 m 2

photo Š Marco Fornari, 2016, fonte: web

198

TRANSIZIONI

localizzazione: Via Zarlati 100 tipo: capannone e uffici S lotto: 4320 m 2 S coperta sospesa: 2712 m2 S utilizzabile spazi produttivi: 2057 m 2 S utilizzabile uffici: 704 m 2 proprietĂ : finanziaria proposta: demolizione edificio nord, riqualificazione energetica, restyling facciata


PA R T E IV

199


scheda 2

azienda 3.

lotto 24.

tipo di attivitĂ : manifatturiera settore: meccanica tipo di produzione: valvole idrauliche anno di assegnazione da parte del CAPAS: 2011 localizzazione lotto assegnato: PIP 10 Ponte Alto (Modena) Sf lotto: 2077 m 2 Su lotto: 1246 m2 S effettiva capannone produttivo: 930 m 2 S effettiva uffici: 568 m 2

photo Š fonte: web

200

TRANSIZIONI

localizzazione: Via Biondo 114 tipo: capannone S lotto: 3489 m2 S coperta sospesa: 922 m 2 S utilizzabile spazi produttivi: 858 m 2 proprietĂ : finanziaria proposta: demolizione edificio a sud, ampliamento per uffici a ovest (343 m2), riqualificazione energetica, suddivisione lotto e nuovo ingresso da ovest


PA R T E IV

201


scheda 3

azienda 21.

lotto 25.

tipo di attività: servizi alle imprese settore: impianti tipo di produzione: non specificato anno di assegnazione da parte del CAPAS: 2016 localizzazione lotto assegnato: PIP 11 San Damaso (Modena) Sf lotto: 622 m 2 Su lotto: 684 m2 S effettiva capannone produttivo: non costruito S effettiva uffici: non costruito

photo © fonte: web

202

TRANSIZIONI

localizzazione: Via Emilio Po 190 tipo: capannone S lotto: 2513 m 2 S coperta sospesa: 600 m 2 S utilizzabile spazi produttivi: 600 m 2 proprietà: azienda proposta: ampliamento per uffici a sud (112 m 2), riqualificazione energetica, suddivisione del lotto dall’abitazione e nuovo ingresso autonomo


PA R T E IV

203


7.3 Il Villaggio Artigiano: una playground

Le maquettes di Isamu Noguchi, rappresentano spazi

della mobilità si pone in contraddizione con le scelte

pubblici o stralci di paesaggio che permettono l’inven-

fatte dalla politica locale mediante il POC e consegna

zione di giochi solo in parte strutturati . Sono spazi in

di fatto alla produzione la capacità di produrre gli spa-

cui è possibile giocare liberamente. Spazi in cui l’in-

zi. Il “progetto” vede una tensione/contrasto continui

frastrutturazione non è vincolante ad un certo tipo di

tra produzione e abitare che si polarizzano e poi si bi-

pratica. Le proposte paesaggistiche offrono opportu-

lanciano per mezzo dello spazio pubblico. Congetture

nità senza restrizioni ed hanno la pretesa di indurre ad

come ho detto. Che provano a muovere ciò che ha or-

un’amplificazione della capacità immaginativa.

mai forza limitata par farlo.

1

Nel Villaggio Artigiano si è giocato, ed ancora oggi lo si fa, ad una grande quantità di giochi. La grande

E’ bene puntualizzare come gli inserimenti forzati di

malleabilità degli spazi ha permesso la costruzione di

imprese all’interno del Villaggio Artigiano siano stati

storie stratificate nel loro tempo ma pur sempre di-

effettuati prendendo in considerazione i dati dimen-

pendenti da quella produttiva. Provando ancora ad

sionali, ma anche le esigenze di immagine. Le imprese

utilizzare la metafora della playground, il tentativo è

sono state scelte sia per settore che per dimensione, in

quello di ipotizzare, dopo gli inserimenti forzati, le

ogni caso si tratta di una produzione di tipo innova-

possibili conseguenze che essi potrebbero avere nel

tivo che non implica l’utilizzo di grandi macchinari e

destabilizzare l’equilibrio del Villaggio. Ov viamente

non provoca ingenti quantità di rifiuti.

sono pure congetture, un esercizio, che tuttavia prova a smuovere qualcosa che, a valle dello studio effettuato, difficilmente potrà stare fermo ancora a lungo. Gli inserimenti si affiancano, pur prevalendo in termini di peso, a tutte quelle esigenze, mutamenti già in atto, usi temporanei, che provano già un utilizzo del Villaggio diverso dal passato, che tuttavia da soli non hanno le forze necessarie per essere un innesco determinante. Le ipotesi quindi parlano di mobilità, produrre, abitare e spazi pubblici. Le infrastrutture si inseriscono e determinano cambiamenti. Il nuovo asse 1 Bianchetti C., Spina 3 e i paradossi della politica urbana, in Bagnasco A., Olmo C., a cura di, Torino 011. Biografia di una città, Milano, Mondadori Electa, 2008.

204

TRANSIZIONI


Isamu Noguchi. Playground Isamu Noguchi Museum, Long Island City, New York

PA R T E IV

205


Implicazioni

Geografia degli inserimenti

206

TRANSIZIONI


capovolgimento fronti sospensioni

nuovi usi

nuovi inserimenti

demolizioni

residenza

condivisione spazi connessione di opportunitĂ

a. mobilitĂ

b. residenza

polarizzazione funzionale numero residenze

c. spazio ppubblico

verde

PA R T E IV

207


a. Nuova mobilità per le imprese

Gli inserimenti forzati non fanno altro che accentuare una polarizzazione che già si nota dalle mappe della residenza e della produzione. Le residenze occupate si concentrano lungo gli assi trasversali (est-ovest) e nelle strade del centro del Villaggio Artigiano. Tutto intorno la produzione che tende ad addossarsi alla ex linea ferroviaria. L’ipotesi tiene conto, inoltre delle esigenze esplicitamente espresse dai nuovi imprenditori in merito all’immagine e alla contestuale facilità di raggiungimento. La linea della ex Milano – Bologna diventa quindi il f lusso produttivo principale, nonché, in parte “strada vetrina” di aziende comunque di piccola dimensione che non hanno le necessità spaziali delle vecchie fonderie e acciaierie, ma soprattutto non hanno lo stesso impatto sull’ambiente, sia in termini visivi che di inquinamento dei suoli. Si va formando così una griglia nella quale si intersecano f lusso produttivo e abitativo che a sua volta è connesso con la parte ovest del quartiere Madonnina. La strada poi prosegue andando ad intersecare la tangenziale av vicinando il Villaggio Artigiano all’esterno della città. Nella stessa direzione nord-sud potrebbe essere attivata anche una linea di trasporto su ferro (§ cap. 2) come previsto già dal POC.

208

TRANSIZIONI


Polarizzazione produttiva. prevalenza produttiva (nero) prevalenza abitativa (grigio)

PA R T E IV

209


Produzione

Polarizzazione produttiva attraverso il dismesso

210

TRANSIZIONI


Flussi produttivi (pesanti)

Flussi abitativi (leggeri)

PA R T E IV

211


Villaggio Artigiano. Nuova mobilitĂ

212

TRANSIZIONI


Modena Ovest. Nuova mobilitĂ

PA R T E IV

213






b. Nuove isole residenziali

L’ipotesi considera la possibilità di costituzione di enclave residenziali che si formano intorno agli assi abitativi principali. La polarizzazione verso il nuovo asse costringe ad una chiusura verso l’interno della sfera abitativa. Il capovolgimento dei fronti ne è un’implicazione diretta (p.219)

218

TRANSIZIONI


Lotto produttivo affacciato sul nuovo asse

Lotto abitativo affacciato su strada interna

Lotto iniziale misto affacciato su strada interna

Edificio nel lotto 24. Inserimento (scheda 2), suddivisione funzionale, creazione di un doppio fronte

PA R T E IV

219




c. Nuovo spazio pubblico

222

TRANSIZIONI


Lotto libero Fonderie Cooperative

nuovo asse mobilitĂ

Spazi connessi

Edificio sospeso lotto 19

Nuovo edificio polifunzionale

Spazio aggregazione

Lotto sospeso 12

Ipotesi di utilizzo degli spazi. Previsione di nuovi spazi pubblici su lotti sospesi o liberati da demolizione,valorizzazione della produzione e della residenza che vi si affaccia.

PA R T E IV

223




Note conclusive

Come messo in evidenza da Mattioli (2017)1, riferen-

cifica che rif lette i caratteri della situazione dell’oggi

dosi ad alcuni casi studio nell’Emilia centrale, La do-

a Modena.

manda di nuovi spazi per la produzione, si contrappo-

Volendo trarre dalla ricerca conclusioni pertinenti, si

ne a e intreccia i compresenti processi di ritrazione.

può parlare di una duplice uscita. Da una parte, c’è

In contrasto con retoriche diffuse e inf luenti (come

la produzione di uno scenario generale che interse-

quella relativa al consumo di suolo), essa sollecita una

ca economia e territorio e considera Modena nel suo

rif lessione più generale sul modello di sviluppo eco-

complesso, non solo come centro urbano, ma anche

nomico e territoriale da perseguire e sul significato

come connettore di diverse realtà industriali che ri-

stesso di “interesse pubblico”, nell’evidente tensione

siedono negli spazi mutati dei distretti. Dall’altra,

che si crea tra “lavoro” e “ambiente/qualità urbana” in

la peculiarità del caso del Villaggio fa si che entro le

una stagione segnata da una grave crisi occupazionale.

sue particolari dinamiche legate a storia, memoria e

Quindi tenendo presente la situazione di cui si è par-

lavoro abbiano luogo processi che ne differenziano il

lato in abbondanza nella Parte I, Mattioli continua: Da

presente e, probabilmente, il futuro rispetto alla realtà

un lato, l’aumento della produttività e dell’efficienza

territoriale allargata.

aziendale rendono necessari nuovi stabilimenti o ampliamenti; dall’altro, la qualificazione della produzio-

La dismissione non è in sè un’opportunità

ne si lega a processi di innovazione tecnologica (In-

Parlando dei dati redatti dal Consorzio Attività Pro-

dustria 4.0) (Berta, 2014) e d’immagine (Pavia, 2012).

duttive, abbiamo già discusso ampiamente in merito

Tale domanda difficilmente può trovare risposta nel

alle incongruenze che si riscontrano nelle dinamiche

riuso degli spazi dismessi, tanto di quelli di piccole

di ricambio negli spazi a Modena, ma anche più in ge-

dimensioni, obsoleti e marginali, quanto di quelli più

nerale nella sua provincia. In seguito ad uno sviluppo

ampi, bisognosi di costose bonifiche o incompatibili

economico tardivo che ha portato alla nascita di im-

con il tessuto urbanizzato per la loro localizzazione

prese medio-piccole accorpate nelle varie “atmosfere

centrale.

produttive” dei distretti, ci si trova a far fronte, in

Il presente lavoro, quindi non solo si allinea con gli

seguito ad un mutamento della struttura del sistema

studi discussi nel contesto nazionale della conferen-

economico, a problemi di non compatibilità tra do-

za SIU, ma accordando con il lavoro di Mattioli che

manda e offerta di spazi. Il passaggio in tempi recenti

esamina luoghi e spazi dell’Emilia centrale, va ad in-

ad un’economia di tipo neo-liberale dominata dalle

tegrarli ulteriormente offrendo una panoramica spe-

medie imprese d’eccellenza ha fatto sì che le esigenze

1 Mattioli C., Nuove espansioni industriali. Occupazione, consumo di suolo e riqualificazione nei territori dell’Emilia centrale, Conferenza SIU Roma, 2017

226

TRANSIZIONI

siano mutate a tal punto da non contemplare, quasi


in nessun caso il riuso. Non c’è qui la condizione per

o cessione, in molti altri, i capannoni dismessi sono

cui uno spazio dismesso possa “riscriversi” attraver-

in mano a grandi finanziarie o banche, che proprio

so un cambio di produzione, o anche semplicemente

perché portatrici di nessun tipo di interesse verso un

di funzione. Esigenze spaziali, ma anche di immagine

eventuale intervento, si rendono irreperibili: c’è quin-

stanno in parte “sradicalizzando” la produzione loca-

di disinteresse oltre che incompatibilità.

le: si sta passando da un sistema basato sulla coope-

Si è parlato poi del contatto tra produzione tradizio-

razione tra imprese ad un sistema in cui quello che

nale e quella definita “produzione innovativa”. Un

serve è soltanto l’immagine territoriale da legare alla

contatto che non av viene, se non in alcuni casi ecce-

produzione. La necessità di un contatto fisico con le

zionali, né dal punto di vista della sostituzione, né in

imprese dell’indotto si sta riducendo notevolmente,

termini di superfici e neppure di localizzazione. La

anche a causa della verticalizzazione e dell’ingloba-

produzione innovativa che, secondo gli slogan e le re-

mento da parte delle medie imprese innovative, senza

toriche odierne dovrebbe “creare una nuova e diversa

contare il carattere minuto della dismissione che of-

città ”, sembra qui avere un peso relativo: forse ancora

fre spazi disseminati in maniera eterogenea nei vari

troppo soffocata da un settore secondario tradizionale

frammenti della città. A Modena, rispetto alla situa-

tutto sommato in buona salute o forse per via di una

zione del distretto ceramico, oltre che un’entità mino-

certa perifericità di Modena rispetto al fulcro di que-

re della dismissione e delle sue superfici, si notano per

ste tendenze situato per lo più nell’area metropolitana

giunta difficoltà maggiori a causa di un minore peso

milanese. Questo “non incontro” fa sì che si attenuino

a livello internazionale delle imprese d’eccellenza,

in parte quegli entusiasmi che già dal 2005 scaturiva-

pertanto anche quei fenomeni come il back-reshoring

no da una prevista già sicura rinascita del Villaggio

sono molto più limitati. Alle mutate esigenze si van-

Artigiano come quartiere creativo, in cui nuovi arti-

no ad aggiungere poi altri fattori determinanti come

giani, designer e makers di ogni tipo avrebbero dovu-

la “sospensione spaziale” dovuta ai processi in dive-

to rivitalizzare il quartiere inserendolo in una nuova

nire, come procedure fallimentari in corso; la dilata-

dimensione produttiva. Ad oggi, in un momento che

zione dei tempi decisionali da parte degli investitori

sembra di leggera ripresa dell’economia, le condizioni

e la questione della frammentazione proprietaria, che

per questi tipi di mutazioni sono decisamente lontane,

troppo spesso è sottovalutata in campo progettuale.

si può perciò dire che, in tempi brevi non ci sarà nep-

Infatti, se nel caso dei piccoli proprietari, nonostan-

pure questo tipo di sostituzione se non in piccolissima

te una certa difficoltà nella fase di convincimento, è

parte. Insomma, la dismissione degli spazi produtti-

possibile av viare trattative per un eventuale affitto

vi non è sempre un’opportunità di rinascita come si è

227


portati a pensare, a volte è semplicemente un dato di

di incontrare persone e scrutare luoghi lasciandosi il

fatto, una fase transitoria che si traduce in un surplus

più possibile suggestionare per poi restituire offrendo

di oggetti di varia natura e forma.

al pubblico un’esperienza diretta fatta di intrecci tra camminate, testimonianze e poesia. Il dialogo con lei si basa su una mia curiosità di in-

228

Le chiusure come ostacolo

dagare più approfonditamente quale sia stata la sua

A valle di diverse discussioni avute con artisti , asso-

impressione della città e dei suoi abitanti, sfruttando

ciazioni e abitanti, è lecito provare a trarre conclusioni

le capacità di lettura e traduzione degli spazi che con-

in merito a quali sono stati gli effetti, non solo sulla

traddistinguono il suo lavoro; quel che ne esce è par-

città ma anche in ambito sociale dello sviluppo econo-

ticolarmente rilevante e a mio parere può aiutare nel

mico nei modi in cui è av venuto a Modena. In parti-

capire la situazione del Villaggio oggi.

colare, nell’ambito di Periferico festival 2017, Isabella

In primo luogo la rif lessione si sviluppa attorno a ciò

Bordoni, artista affermata nel panorama nazionale che

che determina la creazione del Villaggio. Le differenze

opera in campo urbano, studiando il Villaggio Arti-

con gli spazi prodotti dal fordismo sono note, quello

giano nelle sue componenti sociali e antropologiche,

che maggiormente stimola una rif lessione è il lasci-

per proporre poi la sua restituzione artistica, trae al-

to in senso comunitario che uno spazio formatosi in

cune conclusioni che rappresentano chiaramente una

un’ottica puramente capitalistica, anche se di entità

situazione in cui non soltanto il Villaggio ma tutta la

molto minore, può avere. Cosa rimane di un tessuto in

città riversa.

cui una strategia pubblica ha creato una serie di picco-

L’antefatto è la conversazione che Isabella ha tenuto

li proprietari capitalisti che, per lo meno inizialmente

in uno dei cortili privati sede del festival, nella quale

e per necessità, hanno cavalcato l’onda del lavoro nero

spiega l’importanza dell’inserire il Villaggio Artigia-

e in parte dell’abusivismo edilizio all’interno di un

no all’interno di un contesto in transizione in cui si è

contesto privo di alcun tipo di regolazione? Cosa han-

di fronte ad una ripresa dalla crisi. Una crisi arrivata

no dato essi in cambio al pubblico? Una risposta possi-

dopo un periodo di straordinaria crescita che è stata al

bile è che questo modo di agire e di pensare si rif letta

tempo stesso miracolo e autodistruzione di territori ed

oggi sulla società modenese sotto forma di chiusura.

economie in cui Modena sembra rappresentare uno dei

Una chiusura che nel caso delle piccole imprese arti-

perni principali. La performance di Isabella è l’unica

giane non volte al rinnovamento si traduce in molti

in assoluto a basarsi su una residenza, anche se breve,

casi in una pretesa continua di qualcosa. Come se si

all’interno del Villaggio tanto da avere la possibilità

sia sfruttato fino in fondo tutto quello che si aveva a

TRANSIZIONI


disposizione per poi sprofondare nel momento in cui

discorso è semplificato a tal punto da non essere at-

l’aiuto degli andamenti del mercato e della politica è

tendibile e soprattutto non può essere valido per tutti

venuto meno.

e per tutto. Come abbiamo visto l’innovazione e gli

Una provincia dinamica ma chiusa su se stessa dove la

investimenti in ricerca e sulla cultura ci sono stati e ci

componente del lavoro e dell’imprenditorialità sembra

sono, l’economia di Modena è ancora tra le più solide

aver prevalso e prevalere tutt’ora su quella culturale

del paese e di certo lo rimarrà; quello su cui si vuole

con il rischio di collassare; “questa componente di cui

far luce è che è visibile, che se ne dica, che questo an-

fanno parte l’arte e Periferico è per decenni rimasta

dare avanti continua a non essere lineare, si continua

soffocata e la si deve fare emergere a forza se la si vuole

a chiudere gli occhi su certi aspetti, e non si riesce

percepire”.

a dare la colpa a qualcuno in particolare. E’ qui che

Da qui una inevitabile associazione con lo spazio ur-

una possibile uscita ci fa affermare che, in relazione a

bano e architettonico. Si è discusso molto del perché

quanto detto, questa chiusura sembra il frutto di azio-

a Modena non ci siano architetture degne di nota, al

ni che stanno continuamente portando la città e i suoi

netto di qualche eccezione, e si trovata spesso risposta

abitanti a ricostruirsi su se stessi, riciclando ciò che è

nell’affermare che si è pensato più all’efficacia delle

già stato prodotto. La domanda è: fino a che punto lo

politiche di welfare, quindi a fornire un alloggio che

si potrà fare? Una prova tangibile di questa mentalità

non alla sua estetica. E’ sicuramente vero. Quello che

la si trova nelle reazioni degli abitanti all’incipit di

proverei ad aggiungere è che ciò che dal secondo dopo-

cambiamento fornito dal Community Hub. La resi-

guerra assale Modena non è soltanto una ammirevole

stenza posta nel concedere gli immobili in affitto per

sensibilità sociale oppure un ritardo nella compren-

pochi giorni, oppure lo scetticismo che ruota intorno

sione dei linguaggi, ma anche il risultato di una certa

alle possibilità offerte dagli utilizzi temporanei sono

distrazione verso di essi e verso la cultura architet-

esempi concreti. Sembra esserci una diffusa diffiden-

tonica in generale per favorire una concretezza pro-

za nel cambiamento data dal fatto che esistono ancora

duttiva trasformatasi col tempo in ossessione. Un’af-

attese di un certo tipo, legate alla tradizione. Viene

fermazione azzardata sicuramente, ma è comunque il

da dire che forse, se si fosse agito prima non ci trove-

frutto di risultati ed esperienze che aggirandosi per il

remmo in questa situazione di incertezza, tuttavia il

territorio modenese non si fatica a recepire.

cambio di passo è necessario e possibile, e ora la città

In secondo luogo il mio interesse si è focalizza-

intera ne è consapevole.

to sull’oggi. Come spiegare dei dati economici così

Ov viamente la rif lessione è una critica ad un sistema

confortanti alla luce di quanto detto fino ad ora? Il

che nonostante tutto continua a funzionare; non si

229


tratta di situazioni limite, si tratta soltanto di mettere

conda natura” (ibidem).

l’accento su punti importanti che emergono oggi, dopo

Per meglio comprendere l’implicazione nelle vicende

la crescita, e inducono a rif lettere. Dal punto di vista

che a noi interessano, è necessario risalire all’imme-

fisico lasciano segni importanti che sono i Villaggi

diato dopoguerra, quando l’av vento della repubblica

Artigiani: la necessità che si trasforma in benessere

restituisce un quadro di grande instabilità economica.

per poi diventare un peso ingestibile. I territori sono

E’ qui che, si può dire, la politica si sacrifica, mettendo

fragili e gli interventi urgenti , ma a chi va la respon-

in campo azioni che av vantaggiano prepotentemente

sabilità di agire?

la sfera privata per far si che il progresso economico

1

abbia inizio. C’è la creazione di una seconda natura (economia), che al contrario di ciò che si pensa, non è più governata dalla prima (politica) ma viaggia su

La soluzione è politica?

binari paralleli e autonomi. Nell’accezione più nega-

All’interno di A Propensity to Self-Subversion, Hirsch-

tiva questa nuova natura surclassa la prima fino al

man parla dei legami discontinui che intercorrono tra

momento in cui un nuovo periodo di transizione in-

progresso politico e progresso economico . Egli defi-

voca un ulteriore cambiamento. La strategia politica

nisce diverse tipologie di legame tra le due sfere, in

ha creato luoghi privati che senza una regolazione, in

particolare mette in evidenza la possibilità frequente

modo spontaneo si sono evoluti e ingranditi facendo

che il rapporto sia frutto di sacrifici reciproci fra le

crescere al loro interno l’economia, questi luoghi sono

due dimensioni del progresso in cui “in un primo tem-

poi stati superati dal tempo lasciando su quella stessa

po il progresso economico si presenta da solo all’ap-

politica pubblica un notevole peso in termini di patri-

puntamento, ed è giuocoforza contenere il progresso

monio fisico e sociale. A Modena, tuttavia, la politica

politico, e magari accettare un suo indietreggiamento,

è riuscita in seguito a recuperare terreno attraverso

in una parola sacrificarlo in nome della crescita eco-

la regolazione messa in atto dagli anni settanta con

nomica; ma in una seconda fase il progresso politico

l’attuazione del CAPAS e con meccanismi anti specu-

recupera il terreno perduto, compensando il tempo-

lazione. Non è un caso che i problemi maggiori siano

raneo sacrificio”(Hirschman, 1995). In altre parole,

oggi all’interno dei luoghi simbolo del processo sopra

esiste una permanente discontinuità tra i due processi

descritto, ed è li che la politica oggi, in un clima di

che in alcuni casi può provocare la nascita di una “se-

altrettanta instabilità in cui non si può più fare affi-

2

damento su una totale regolazione dei fenomeni deve 1 Dal titolo di Periferico festival 2017, Alto, Fragile, Urgente 2 Hirschman A., Autosovversione, Il Mulino, Bologna, 1997, prima ed. 1995

230

TRANSIZIONI

agire attraverso azioni più leggere e puntuali.


La proposta che appare scontata, è quella di operare

zonti di utilizzo. La veridicità di questa affermazione

mediante meccanismi di occupazione temporanea le

è tutta da verificare, ma quel che sembra certo è che i

quali esperienze sono già state testate in molte città

villaggi recenti difficilmente potranno ospitare fun-

italiane ed europee . Un sostegno forte all’idea potreb-

zioni diverse da quella produttiva a causa delle loro

be essere dato da parte delle associazioni che si sono

caratteristiche intrinseche. Il Villaggio ovest invece è

impegnate nella gestione dell’Hub, che pare abbiano

diverso: esprime al contempo necessità di cambiamen-

trovato appoggio da enti pubblici come le università,

to e desiderio di mantenimento di una natura che la

e siano riusciti a coinvolgere un alto numero di as-

storia ha consolidato e oggi viene restituita sotto la

sociazioni che avrebbero l’interesse di aprire punti

forma astratta di una memoria che è presente ma silen-

per svolgere le proprie attività. E’ ov vio che questo è

ziosa, come dire, di basso profilo. A domande come:

soltanto un punto di partenza che necessita di un’in-

può un territorio con queste caratteristiche avere più

tegrazione forte con la mappatura del dismesso e ov-

possibilità degli altri di rinascere? La risposta non è

viamente deve incontrare la disponibilità dei proprie-

scontata. Dipenderà da tanti fattori legati all’ulteriore

tari. In questo campo di applicazione, a questo punto,

progresso dell’economia e, magari, dei modi di abitare

sarebbe necessario un intervento forte della politica,

i luoghi della città, da come Modena riuscirà a porsi

la quale dovrebbe prendere l’iniziativa per tentare una

in futuro nel panorama internazionale, da come agirà

regolazione dei processi di occupazione temporanea

la politica e tanto altro. Le premesse sono sicuramen-

seguendo l’esempio di altre realtà che già hanno per-

te interessanti, e nell’ambito della ricerca sono state

corso questa strada.

messe in evidenza in maniera piuttosto approfondita.

3

Abbiamo da una parte un contesto morfologico che ha “costretto” alcuni frammenti della città ad autogestirsi

La soluzione è nella natura del Villaggio?

sotto tanti punti di vista rispetto al centro. Come ab-

Nel capitolo riferito alla nascita dei Villaggi Artigiani

biamo visto, Modena ovest ha caratteristiche spaziali

di Modena, si è parlato insistentemente delle differen-

e sociali che contrastano tra loro: popolazioni diffe-

ze tra il primo e i successivi. In particolare nel cam-

renti convivono nei medesimi luoghi ma difficilmente

bio di politica adottata per la costruzione dei quartieri

interagiscono tra loro, l’alternarsi di spazi produttivi,

dagli anni settanta in poi. Il primo Villaggio conserva

spazi dell’abitare, parchi e grandi spazi aperti in atte-

caratteristiche che lo rendono maggiormente predi-

sa frammentano ulteriormente il tessuto limitando i

sposto ad un’eventuale metamorfosi verso nuovi oriz-

contatti. La dismissione della ferrovia, se sarà sfrut-

3 Inti I., Cantaluppi G., Persichino M., Temporiuso. Manuale per il riuso temporaneo di spazi in abbandono, Altreconomia, Milano, 2014

tata, potrà essere un’occasione di riav vicinamento e

231


di potenziamento delle connessioni, ma non di certo

politiche troppo distanti), con quelle più di carattere

la soluzione ultima per riassemblare un territorio che

locale (età degli imprenditori, disinteresse nell’inve-

probabilmente non dovrà essere riunificato. Piuttosto

stimento, disinteresse da parte della proprietà, obso-

si potrà agire attraverso interventi più puntuali di va-

lescenza degli spazi, marginalità dei luoghi, mancanza

ria natura che potenzino ciascun frammento: la città

di infrastrutture tecnologiche), non si fatica di certo

unita non è più possibile.

a capire perché sia difficoltoso da parte dei “pionie-

Dall’altra parte abbiamo frammentazioni di diverso

ri ri-colonizzatori” affermarsi in un territorio come

tipo quali quella dell’economia artigiana locale. Oltre

quello del Villaggio Artigiano. Le aziende che hanno

alle incongruenze tra domanda e offerta di cui si è am-

azzardato qui un investimento sono poche, ed alcune

piamente parlato, esistono problematiche di carattere

hanno già dovuto fare i conti con un ulteriore sposta-

più specifico e minuto relative alle singole imprese che

mento altrove.

nel Villaggio hanno vissuto fino ad oggi. Partendo dal presupposto che l’artigianato del Villaggio Artigiano ovest è un artigianato di tipo tradizionale, e che la

Uno scenario ibrido

gran parte delle aziende, dopo aver svolto mansioni

Traendo una conclusione generale che provi a riassu-

per le imprese maggiori, oggi hanno visto diminuire

mere (anche se non è banale) tutti i concetti esposti

le commissioni, si deve aggiungere la questione non

fino ad ora, la mia visione futura del Villaggio Arti-

meno importante legata all’età degli imprenditori.

giano (e forse di tutti i luoghi simili) è quella di un

Molti di questi sono anziani che continuano a fare il

luogo ancora ibrido.

loro lavoro “aspettando di andare in pensione” , che

Un luogo maggiormente connesso alla città ma comun-

non hanno la possibilità di lasciare la loro attività ai

que “autonomo”, dove questo potenziamento connetti-

figli. Questo in alcuni casi, vale anche per alcune im-

vo potrebbe portare un aumento dell’urbanità al suo

prese di più grandi dimensioni, che devono confron-

interno. Non esisterà più la comunità che comprende

tarsi con problemi di passaggio generazionale che a

tutti, la vita del circolo, della parrocchia e del centro

volte costringono alla vendita o alla chiusura.

civico; piccoli gruppi agiranno ognuno attraverso le

Se si analizzano quindi, sovrapponendole, tutte le pro-

proprie tradizioni e credenze, perché le popolazioni

blematiche generali (cambio dell’economia produttiva,

che vi abitano sono diverse, e non necessariamente

incompatibilità spaziale, troppa fiducia nell’innova-

condivideranno tutto con tutti come un tempo. L’e-

zione, frammentazione proprietaria, chiusure mentali,

conomia forse sarà maggiormente volta al commercio

1

1 Conversazione con l’imprenditrice proprietaria della Fonderia Ponzoni nell’ambito di Periferico Festival 2017

232

TRANSIZIONI

e ai servizi d’impresa, tuttavia rimarranno insedia-


te le aziende storiche, quelle che non hanno bisogno

re, e vivere in altri modi. Il Villaggio è da riplasma-

di spazi maggiori di quelli che già possiedono e che

re secondo la contemporaneità, perché la memoria di

non hanno bisogno di operare ingenti spostamenti di

quello che è stato è importante, ma non potrà salvarci.

materiali. Inoltre potranno insediarsi nuove imprese

In un futuro possibile ci si potrebbe trovare a dover

produttive, ma questo sarà possibile soltanto attraver-

convivere con le rovine prodotte da tutte quelle in-

so una nuova infrastrutturazione di tipo tecnologico,

comprensioni, incongruenze e mancati interessi. In

ma soprattutto dando loro un valido motivo per farlo.

un altro queste potrebbero essere sostituite da edifici

Nello scenario del villaggio come playground, la pro-

nuovi, magari palazzine e ipermercati, come già sta

duzione diventa generatrice del progetto. L’esercizio

av venendo nel modo tipico dell’emilianità. In ogni

astratto dell’inserimento ci indica una possibilità in

caso lo scenario è incerto. Ed è ibrido.

cui una nuova mobilità per le imprese porterebbe con sè conseguenze che andrebbero ad intaccare la sfera abitativa in maniera importante, ed avere l’azione sullo spazio pubblico come contrappeso. La dismissione non è più quindi condanna od opportunità a tutti i costi, ma diventa il mezzo con cui le modificazioni si concretizzano. Dall’altra parte il Villaggio ha bisogno di non essere più considerato dalla politica come una semplice zona produttiva, e sarà dunque attraverso un diverso tipo di policy volta alla maggiore f lessibilità e all’incentivo al riuso temporaneo che associazioni e collettivi potranno usufruire di spazi sospesi e ridare loro una funzione, oltre che un senso. Se tutto ciò innescherà un processo di cambiamento concreto nessuno può dirlo, ma certamente non sarà solo attraverso le retoriche dell’autorigenerazione mediante la promozione culturale e della stanca idea di sola mancanza di spazi pubblici che si potranno vedere mutamenti tangibili. Gli spazi ci sono già. Non spazi tradizionali, non grandi parchi verdi ma spazi diversi, da riadatta-

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TRANSIZIONI


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Conversazioni

- Isabella Bordoni, artista. 28 maggio 2017 - Federica Rocchi, presidente Associazione Amigdala. 8 ottobre 2016; 12 luglio 2017. - Silvio Berni, dirigente CAPAS. 8 febbraio 2017; 11 luglio 2017. - Margherita Russo, docente di Economia UNIMORE. 8 febbraio 2017. - Catia Mazzeri, settore cultura Comune di Modena. 10 gennaio 2017. - Federico Zanfi, docente di urbanistica POLIMI. 27 ottobre 2016; 30 marzo 2017. - Luca Biancucci, direttore CAPAS. 11 luglio 2017. - Cristiana Mattioli, docente di urbanistica POLIMI. 1 febbraio 2017. - Angelo Fantoni, abitante del Villaggio Artigiano. 8 ottobre 2016.

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