Rossana Schiraldi for Shared Territories/Territories in Crisis

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Densificazione e ridefinizione degli spazi abitativi a Berlino La decostruzione del modello della Townhouse

Corso di Laurea Magistrale in Architettura Costruzione CittĂ - Politecnico di Torino Tesi di Laurea Magistrale Relatrice: Anna Maria Cristina Bianchetti Candidata: Rossana Schiraldi Luglio 2017



Indice

Introduzione

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Ringraziamenti

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Parte prima: La città che cambia 1. Berlino in trasformazione 2. Dall’IBA al Planwerk Innenstadt 3. Berlin does not love you

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Parte seconda: Le Townhouse di Caroline-von-Humboldt-Weg 4. Dal Planwerk Innenstadt alla Townhouse 5. Ideologia e mercato: l’ Heimat come modello di investimento

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6.

Oltre ‘l’entre nous” e “l’enclave des riches”

25 29

34 43 56

Parte terza: Lo spazio interno dell’abitare 7. Le Torri 8. Le Townhouse

61 64

Parte quarta: Il progetto come strumento di conoscenza 9. Il sito

83 86

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10. Il contesto. L’isolato berlinese

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11. Il ridisegno dello spazio dell’abitare. La strategia

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Conclusione

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Bibliografia

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Introduzione Questa tesi è nata a partire da una serie di interessi e curiosità maturati in questi anni e in seguito a due esperienze di studio in Germania, la prima nel triennio alla Bauhaus-Universität Weimar e la seconda alla TU di Berlino. L’oggetto di questa ricerca riguarda gli spazi abitativi della città contemporanea che ho scelto di studiare a Berlino, città che è stata ed è ancora oggi uno dei più interessanti campi di sperimentazione urbanistica e architettonica. In modo particolare ho analizzato le relazioni tra le forme dell’abitare individuale e condiviso e gli spazi abitativi di alcune tipologie, come la Landvilla, la Stadtvilla e la Townhouse. Per fare questo, attraverso l’osservazione dei piani di ricostruzione, l’interpretazione della letteratura sul tema del cambiamento a Berlino e l’osservazione dei dati strutturali, ho indagato su come i cambiamenti demografici e i processi di densificazione abbiano influito sulla ridefinizione degli spazi abitativi oggi. Ho osservato più nel dettaglio i materiali della ricostruzione concentrandomi su un’area di Berlino dove si contano innumerevoli esempi di sperimentazioni legate all’ambito dell’abitare: il distretto storico-amministrativo di Mitte, dove l’edificato ricostruito secondo i dettami anti-modernisti del Planwerk Innenstadt del 1996-1999, coerenti con la struttura urbana settecentesca, coesiste con elementi modernisti avulsi dal contesto: le torri di Leipziger Strasse. In questo scenario apparentemente segnato in modo esclusivo dal rapporto dialettico tra città modernista/isolato a 4


corte a filo strada tradizionale, emerge l’isolato eccezionale di Caroline-Von-Humboldt Weg. Si tratta di un caso esemplificativo che rientra in un ambito di ricerca che ha individuato in questa stagione di sperimentazioni radici ideologiche, sociali e di mercato; un modello che è riproposto ogni volta con le stesse caratteristiche: omogenità sociale, profili non tradizionali, vantaggi legati allo stare in città, al vivere entro piccole cerchie, che concilia la vita familiare con la vita lavorativa e che è infine sostenuto da meccanismi economici che agevolano l’ingresso dei ceti medi nel centro storico della città. Tuttavia, dall’osservazione diretta di questo isolato, emergono questioni più complesse, talvolta in contraddizione con quelle che sono apparentemente le prerogative alla base di questo esperimento. In conclusione ho quindi usato il progetto come strumento di conoscenza e sviluppato a scopo dimostrativo una proposta che mette in discussione alcuni aspetti dell’isolato di Mitte, adottando una strategia che punta ad una densificazione ma anche ad una maggior articolazione attraverso una varietà di appartamenti e un migliore rapporto con il contesto. Tali argomenti rientrano nel dibattuto sempre più frequente in ambito disciplinare che riguarda il rapporto tra abitare individuale e in piccole cerchie nella città contemporanea. Questa ricerca sviluppa alcune considerazioni a partire da un luogo come Berlino, che rischia sempre di più di trasformarsi in una città in cui è sempre più messo in discussione il diritto all’abitare e il diritto alla città stessa.

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Ringraziamenti Ringrazio la mia relatrice Cristina Bianchetti che fin dal primo giorno ha creduto in questo lavoro e nel mio operato e per il suo insostituibile supporto; il prof. Ceretto per la disponibilità e la consulenza sui Plattenbau; Brigida Proto per il confronto sul tema della Gentrification; David Levain della TU per alcuni suggerimenti bibliografici; i miei compagni Attilio, Chiara, Claudio, Khlil, Ina, Lucia, Matteo, Tuana, Serena, Simone, Vito per il supporto durante questi anni; il team di Banana Think Tank: Albi, Nic e Luca, per la passione e l’ispirazione creativa e culturale; Alma Grossen, per la sua amicizia e per avermi mostrato “l’altra Berlino”; Michele e Dario per i fugaci discorsi tra i corridoi; Giulia Garetto per le foto a Cuvry Strasse e l’amiczia preziosa. Matilde, Martina e Frida per l’affetto e le lunghe telefonate; Gabriella per i suoi consigli razionali; i miei genitori e Alessandro per avermi supportata in ogni cosa. Infine Lorenzo e il Colle della Scala.

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Prima parte

La cittĂ che cambia

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La città di Berlino è cambiata profondamente negli ultimi dieci anni. Molti studi si sono occupati del cambiamento e la trasformazione è stata documentata da una ingente varietà di fonti interne e non all’ambito dell’urbanistica e dell’architettura. Nondimeno è utile continuare ad osservare questo processo che è ancora in atto: sono numerosi gli interventi di densificazione e ricostruzione; la popolazione è in continua crescita anche a causa di fenomeni migratori che incidono profondamente sulla struttura demografica; l’abitare rimane un terriorio di sperimentazione degno di essere esplorato. In questo capitolo intendo ripercorrere le idee che hanno maggiormente contraddistinto il discorso sulla trasformazione della città a partire dall” ‘urban archipelago’. L’idea dell’urban archipelago (1977) è importante per capire un atteggiamento più generale. Quando architetti, urbanisti (ma anche storici, sociologi, economisti) non riescono più a concepire immagini generali della città, capaci di mettere ordine in un disordine irrimediabile, allora, lavorano altrimenti: ripercorrono ossessivamente i confini dell’esperienza urbana, senza attraversarne i territori; percorrono in modo più o meno ironico la strada dell’abbecedario (i singoli frammenti); cercano ordini provvisori, cercano di aprire spiragli, punti di fuga, evitare immagini generali, se non ricostruite privilegiando i dettagli. Comunque si dia valore (o non lo si dia) all’idea dell’urban archipelago, dopo di essa le cose saranno diverse. Si parlerà di arcipelago retroattivo di città cinese, di ricostruzioni popolari o populiste, di perdita irrinunciabile della forma 8


e della sua reinvenzione. E infatti, contro questa idea, ben prima del Planwerk Innenstadt - 1996), Berlino diventa con l’IBA (1987) l’esempio paradigmatico di una diversa idea di città e di progetto. La mappa di Kleihues (a pag. 19) diventa l’immagine di riferimento della XVII Triennale di Milano, a testimoniare un dibattito ormai dichiaratamente europeo. La mostra Ricostruzione della città. Berlino, IBA, 1987 realizzata dal Senato di Berlino inaugura le manifestazioni milanesi. Dieci anni dopo l’urban archipelago tornano al centro tracce, tracciati, misure e con essi, si torna a dare valore al fatto che «la pianta della città testimonia un’idea spirituale e culturale di una fondazione urbana» (pag.22). Parlare di abbellimento è ancora una possibilità. La «città nella città» è un tema di architettura. Anzi è il tema per almeno due decenni. Il trauma della riunificazione apre uno scenario ancora diverso. L’irruenza della ricostruzione dettata dal capitale finanziario disegna un’altra città: stereotipata, meno vivibile e meno amata. L’ottimismo degli anni della Belle Époque del capitale finanziario lascia il posto per le preoccupazioni per la qualità della città, dei suoi servizi, del suo abitare. Intanto la città continua a crescere anche negli ampi spazi aperti al suo interno.

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1. Berlino in trasformazione

A. Holm, B. Grell, M. Bernt, The Berlin Reader, A Compendium for Urban Change and Activism, Verlag, 2013

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Berlino negli ultimi dieci anni ha subito almeno due inversioni di tendenza demografica. Alla fine degli anni ‘70 si è verificata una prima fase di contrazione seguita immediatamente dopo la riunificazione, da surreali aspettative di crescita di nuovo smentite da una fase di transizione e disillusione che ha caratterizzato Berlino durante la seconda metà degli anni ’90. Da quel momento in poi la città è cambiata rapidamente, la popolazione ha raggiunto i tre milioni e mezzo di abitanti, si è trasformata in un magnete per turisti e in una città con un elevata attrazione di studenti, artisti e cosiddetti creativi provenienti da tutto il mondo. Il numero annuale di pernottamenti è raddoppiato tra il 2002 e il 2012 raggiungendo i 25 milioni e dal 2009 è situata al terzo posto dietro Londra e Parigi tra le città più popolari d’Europa1. All’aumento demografico ha contribuito in maniera sostanziale il fenomeno migratorio in quanto solo nel 2015 si è registrato un surplus di 43.000 persone, e si è raggiunta la cifra di 546 mila persone straniere registrate in città agli inizi del 2016. L’interesse per la capitale inoltre continua a crescere anche tra pianificatori, architetti, storici e tra tutti gli studiosi interessati a questioni legate allo sviluppo urbano come le politiche legate all’housing, al fenomeno della gentrification e altri conflitti urbani. Il sociologo tedesco Andrej Holm, con un testo pubblicato nel 2014 intitolato “The Berlin Reader. A Compendium on Urban change and Activism” ha divulgato in lingua inglese una raccolta di articoli chiave e pubblicazioni scritti da autori tedeschi nell’ambito delle scienze sociali diffondendo in ambito internazionale i dibatti essenziali che sono emersi a partire da una importante ricerca condotta in stretta relazione con i 10


Numero abitanti (centinaia di migliaia), di cui stranieri (in grigio) dal 2007 al 2015 a Berlino (da: Dipartimento preposto aila Statistica Berlino- Brandeburgo, 2015)

3416

3326

3520

477

395

546

2007

2011

2015

Andamento demografico di Berlino dal 2005 al 2014 (da: Dipartimento preposto alla Statistica Berlino- Brandeburgo, 2015)

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Composizione della popolazione per provenienza (da: Dipartimento preposto alla Statistica Berlino- Brandeburgo, 2015)

stranieri

60-...

con passato migratorio

0-19

40-59 20-39 senza passato migratorio

Diagramma dei redditi (da: Dipartimento preposto aila Statistica BerlinoBrandeburgo, 2015)

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Diagramma delle provenienze, l’asse y mostra numeri assoluti in migliaia. (da: Dipartimento preposto alla Statistica Berlino- Brandeburgo, 2015)

Europa di cui Unione Europea

15.6 3.9

di cui Turchia

15.5

Africa

107 America

16.8

di cui Usa

34.3 25.6

Asia

98.0 di cui Vietnam 247.3 Australia

437.7

Non registrati

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Sviluppo dei costi degli affitti degli appartamenti (senza costi operativi e di riscaldamento) dal 2008 al 2014. L’asse y mostra il prezzo in euro degli affitti al m2. La linea continua segue l’andamento dei costi degli affitti degli edifici di nuova costruzione, quella tratteggiata segue l’andamento dei costi degli edifici preesistenti a Berlino. (da: Dipartimento preposto alla Statistica Berlino- Brandeburgo, 2015)

Andamento dei permessi di costruire (in rosso) e completamento (in nero) di edifici residenziali e prognosi, a Berlino.

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giornali locali, e con le associazioni di quartiere in questi dieci anni, diffondendo l’idea che la trasformazione di Berlino, un tema che spesso viene ricondotto a stereotipi e generalismi, sia ancora un campo da esplorare e di cui decostruirne i luoghi comuni. Inolte, il cambiamento demografico corre in parallelo con l’evoluzione di una città che continua a fare i conti con le ampie porzioni di suoli vuoti ancora presenti nell’area centrale della città che con l’ausilio dei piani urbanistici, continua progressivamente densificare le aree che ancora adesso costituiscono dei vuoti urbani di ambigua proprietà e oggetto di contese. Diverse fonti hanno documentato questa evoluzione, si possono individuare delle nozioni ricorrenti nela letteratura, si tratta termini usati per descrivere il modo in cui questa città è stata studiata e concepita in questi ultimi dieci anni.

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Fig. 1 O.M Ungers, Das Grüne Stadtarchipel

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O. M. Ungers

O. M. Ungers

arcipelago La nozione di arcipelago, emerge a partire dal settembre 1977, con una pubblicazione di alcune copie intitolata “Die Stadt in der Stadt - Berlin das grüne Stadtarchipel” di Oswald Mathias Ungers. “Any ‘future’ plan for Berlin has to be a plan for a city in retrenchment”2 Come anticipato nella citazione, il piano di sviluppo contenuto in questa pubblicazione ha come presupposto l’idea che il fenomento dello shrinkage, del restringimento possa essere visto come un’opportunità per Berlino: “since the total surface is finite and given and can for obvious, not political reason, not be reduced, it follows that the city will have to develop strategies for the controlled decreased of its density in order 16


Fig. 2 Oma/Rem Koolhaas. Progetto per il concorso indetto dall’IBA nel 1980, per la costruzione di quattro blocchi all’incrocio tra Friedrichstrasse e Kochstrasse a Berlino.

to not lose its over - all urbanity.” 3 Il manifesto consiste in sei pagine scritte a macchina da Rem Koolhaas a partire da un manoscritto di cui esistono altre due copie revisionate rispettivamente da Rem Koolhaas e da Ungers. Nessuna di queste versioni è mai stata pubblicata singolarmente, ma sono state raccolte e comparate in una recente pubblicazione del 2003 a cura di S. Marot e F. Hertweck. La strategia di Ungers a fronte del fenomeno del restringimento, prevede di densificare alcuni frammenti della città scelti secondo determinati criteri, questi frammenti come isole in un arcipelago verde coesistono, ognuna con le proprie caratteristiche architettoniche e sociali all’interno di un paesaggio 17


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O. M. Ungers

in cui le rimanenti costruzioni verrebbero lasciate degradare e lentamente ricondotte allo stato di natura incontrollata. L’identificazione delle aree avviene secondo un criterio definito dell’ “identità esistente” in modo tale che “the history of architecture would coincide with the history of ideas once more”4. Il completamento dei frammenti di ogni isola, o mini città, andrebbe messo in atto attraverso l’identificazione di bisogni oggettivi, consegnati attraverso l’ausilio di ‘condensatori sociali’. L’idea del “urban archipelago” ritorna non casualmente e in maniera preponderante nei lavori successivi di Rem Koolhaas. L’immagine n°2, mostra la proposta dello studio OMA per il concorso indetto dall’IBA (Esposizione Internazionale di Architettura) per Kochstrasse/Friedrichstrasse 1980 nel quale si chiedeva a sedici architetti di sviluppare un concept urbanistico per quattro blocchi lungo l’intersezione di queste vie e poi una proposta più dettagliata per un unico blocco, che corre parallelo al muro di fronte al Checkpoint Charlie. La strategia progettuale parte da un’analisi della coesistenza di alcune tipologie moderne che si sono sviluppate a partire da una griglia regolare di origine settecentesca che caratterizza l’ampliamento del Friedrichwerder e la sopravvivenza di ideologie architettoniche del passato la Friedrichstadt di Erich Mendelsohn, Mies Van der Rohe, Ludwig Hilberseimer,). Al fine di analizzare le forze e le rispettive qualità di queste texture, Rem Koolhaas sostiene l’idea di un arcipelago retroattivo con i sopracitati elementi messi a sistema. Per il progetto Koolhaas propone in risposta al fenomeno del restringimento della popolazione della città, un sistema di isolati a bassa densità e di bassa altezza. Sceglie di mantenere l’allineamento della griglia, connettendo i nuovi edifici con i preesistenti, creando una sorta di continuità con il passato proponendo comunque una soluzione alternativa che non si 18


ponesse semplicemente in antitesti con le due porzioni opposte di città: quella ottocentesca e quella moderna. Resistendo così alla tentazione di diventare parte di un “mindless pedolum movement5”.

Koolhaas R. “Shipwreck”, S, M, L, XL, The Monacelli Press, 5

New York.

Rem Koolhaas in Hans Ulrich Obrist “The Conversation Series”, Colonia, Verlag der Buchandlung Walter König, 2006, pag.80

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città “cinese” In una dichiarazione rilasciata dal Rem Koolhaas nel 1998 in occasione della Biennale di Berlino (recentemente pubblicata da una collana di conversazioni con Hans Ulrich Obrist) a proposito della fase evolutiva egli sostiene che “nonostante gli incredibili sforzi per ‘controllare’ questa nuova sostanza, ne è risultata una città cinese (…) la città ha eretto un grande volume in brevissimo tempo e per ciò non gode della lentezza propria all’edificazione tradizionale di una città e al suo modello di autenticità viene inevitabilmente sacrificata, anche se tutto viene fabbricato in pietra”6. In particolare a proposito della ricostruzione Koolhaas sositene che sia sbagliato attribuire le colpe di questa contruzione senza identità ad una scarso intervento dei cittadini berlinesi, riferendosi alla progettazione partecipata, sostenendo che invece vi sia un’ampia maggioranza dei cittadini che supporta questo tipo di ricostruzione: “if you ask around and do real surveys, I think the current reconstruction is very popular, because the current mythology of going back to a traditional notion of plazas and streets could be a very populist platform. The other conditions of inhabiting emptiness or living with scars and accepting the rampant and blatant oppositions of the East and West, and standing the distressed esthetic are much harder to grasp.”7 Aggiunge inoltre che l’eliminazione delle tracce ed in particolar modo del vuoto fisico lasciato dalla caduta del muro sia uno dei segni più evidenti di una ricostruzione basata esclusi19


Rem Koolhaas in Hans Ulrich Obrist “The Conversation Series”, Colonia, Verlag der Buchandlung Walter König, 2006, pag. 84

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Rem Koolhaas in Hans Ulrich Obrist “The Conversation Series”, Colonia, Verlag der Buchandlung Walter König, 2006, pag. 86

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vamente su un’ideologia: “Yes, but it’s not the current building. In an early competition it was a much more interesting, more open situation, where walls were used to exclude the impact of the Wall. . . . It was simply through a proliferation of walls that you could live next to the Wall. We thought that the zone of the Wall could eventually be a park, a kind of preserved condition in the entire city. I’ve been appalled ever since that the first thing that disappeared after the Wall fell was any trace of it. I think it is insane that such a critical part of memory has been erased, not by developers or commercial enterprises, but simply in the name of pure ideology really tragic. The paradox is that it creates now a completely incomprehensible Chinese situation.” 8

città senza forma Philipp Oswalt, nel suo libro pubblicato nel 2010 dal titolo ‘Berlino città senza forma - spunti per una nuova architettura’, offre ulteriori spunti di ragionamento. Il successo della sua pubblicazione è legato all’ipotesi secondo la quale analizzando i fenomeni pregnanti che hanno coinvolto la città di Berlino dal 1997 al 2000 (anno in cui è stata pubblicata la versione tedesca) fosse possibile formulare una prospettiva progettuale del suo sviluppo urbano. Grazie ad un lavoro di ricerca condotto anche con gli studenti e i laureandi della Technische Universität di Berlino, dove egli è stato professore dal 1998 al 2000, Philipp Oswalt giunge a tre conclusioni: - la città di Berlino segue regole, che lui definisce appartenenti ad “un’urbanistica automatica” che non si possono cambiare ma possono essere dedotte. Esse appartengono al 20


Fig. 3, J.P. Kleihues, con Mirko Baum, Ludger Brands, Walter Stepp, piano urbanistico per il centro di Berlino, settembre 1984

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Fig. 4, Pianta generale dei progetti IBA

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Fig. 5, T. Brenner, “Das Schloss?”, esibizione promossa da Forderverein Berliner Stadtschloss e la Galerie Aedes, Berlino, 1993

‘codice genetico’ della città, così come le geometrie determinate dalla morfologia del territorio. - Il cambiamento è la conseguenza automatica del rapporto tra le singole parti e i diversi soggetti che costituiscono la città che si alimenta attraverso la loro combinazione intessendo relazioni continue. - Questo automatismo può assumere una forma, diventando un progetto che “trovi la sua forma assimilando la sostenibilità del cambiamento ad un processo progettuale”. Da questo lavoro emerge nel complesso un quadro di Berlino esperibile a partire da diverse chiavi di lettura (distruzione, vuoto, raddoppiamento, simulazione..), soprattuto vuoto e temporaneo, ma anche luogo della memoria e luogo del futuro. Ad ognuna di queste chiavi di lettura è dedicato un intero capitolo di analisi. Analisi che non prescindono esclusivamente dalla disciplina dell’architettura e dell’urbanistica ma spaziano in altri campi, dal cinema, alla letteratura, all’arte contemporanea. Evidente è la posizione intrinsecamente faziosa nei confronti dei piani di ricostruzioni adottati fino a questo momento. In particolar modo nei confronti della strategia della ricostruzione critica elaborata da Stimman, e confluita nei piani dell’Iba e nel Planwerk Innenstadt. Come dimostrano recenti fatti come la ricostruzione dello Stadtschloss, la ‘ricostruzione critica” viene messa in atto ancora oggi. La Fig. 5 mostra in assonometria un progetto alternativo per lo Schloss elaborato nel 1992 dall’architetto tedesco Theo 23


Fig. 6, Stimman. H, Planwerk Innenstadt, 1996

Brenner in occasione dell’ esibizione promossa dall’associazione per la ricostruzione del Berliner Stadtschloss e la Galerie Aedes a Berlino nel 1993. Il progetto si pone come una provocazione e porta avanti un’idea di “architettura pubblica”, il volume allude al volume storico dello Stadtschloss ed è strasformato in un volume espressivo che si relaziona con il contesto con la Sprea e il giadino Lustgarden, e si basa sulla la trasformazione della corte interna al fine di esaltarne il preciso significato pubblico la funzione d’uso.

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2. Dall’IBA al Planwerk Innenstadt

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P. A. Croset, (1984),

“Berlino ’87: la costruzione del passato”, Casabella, n. 506

“Grossi investimenti di capitali e di energia intellettuale sono attualmente all’opera per tentare di togliere a numerosi luoghi urbani questo senso di maledizione storica incisa successivamente dalle barbarie del nazismo, dalle bombe della guerra e dalle nuove barbarie degli urbanisti e degli architetti della ricostruzione. Oggi si ripara, si completa, si rinnova, si migliora la città esistente. Ma tutto questo succede senza che si riesca a capire quale possa essere l’idea portante, “l’idea di città”, con la quale la città stessa affermi la necessità dei suoi cantieri.”9 Questa citazione tratta dal numero di Casabella dell’ottobre del 1984, in previsione dell’IBA del 1987, riassume il contesto in cui si trova Berlino cinque anni prima della riunificazione: caratterizzata dal lascito delle distruzioni delle guerre, dalle demolizioni e dagli esiti di due pianificazioni antagoniste. La città sembra attraversare un periodo in cui si trova “in balia di concorsi di varia natura guidati da interessi organizzati che definiscono le condizioni di ogni intervento, che agiscono privi di una strategia di insieme andando a costituire un repertorio eterogeneo di varie internazionalità” inoltre si assiste ai primi ripensamenti in cui si hanno le prime testimonianze della volontà di ricostruire esattamente com’era e dov’era, seguendo la strategia della “ricostruzione critica” che confluirà successivamente nel Planwerk Innerestadt. Parallelamente diversi luoghi nevralgici della città vengono aggiudicati a grandi developer, come ad esempio Alexanderplatz, Friedrichstrasse e Potsdamer Platz, forti dell’appoggio dell’amministrazione a cui garantiscono la copertura quasi totale delle spese per l’operazione e avvantaggiati dall’assenza della resistenza di un’opinione pubblica consapevole. L’amministrazione di Berlino assume un ruolo di primo pia25


Stimman, H., a cura di Berlino-Berlin:1940 -1953 -1989 -2000- 2010. Physiognomie einer Grosstadt, Skira; Milano; 2010

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no nelle trasformazioni del territorio e della società a partire dalla fine degli anni Novanta, attraverso la messa a punto del Planwerk Innenstadt (piano per il centro della città) in cui confluiscono alcune idee che si erano già manifestate prima dell’unificazione sia a Berlino Ovest, nell’ambito dell’IBA degli anni Ottanta sia a Berlino-Est nel Nikolai Viertel (a nord dell’isola dei musei, nel distretto di Mitte e nrl sobborgo di Spandau. Il piano, che riguarda tutto il centro edificato della città comprendente il nucelo storico delimitato dalle mura doganali ottecentesche e il centro dell’ex Berlino ovest viene messo a punto nel 1996 da Hans Stimman e da un gruppo di architetti e urbanisti in collaborazione con un team di esperti di varie discipline, viene approvato nel 1999 dal Senato preposto allo Sviluppo dell’Edilizia. Per l’elaborazione di questo piano viene messa in atto una precisa strategia, detta di ‘ricostruzione critica’, per quale “la città non mira più ad inventare Berlino ma a mettere a partito, nel migliore dei modi, la risorsa dell’edificato storico. Si tratta quindi di conservare gli edifici esistenti come frammenti di storia, di preservare e, quando possibile, ricostruire la pianta della città riducendo gli ampi corridoi viari e di recuperare la struttura frazionata dell’edificato a favore di tessuto urbano composito.”9 La critica riduce questo piano ad un ‘esercizio di composizione’ atto a definire le linee guida per il piano edilizio rinviando quelle che sarebbero state le gravose implicazioni economiche e sociali della trasformazione. Per quanto riguarda il tema della casa, che assume un ruolo centrale all’interno del programma del piano, esso si muove prevalentemente in ambito speculativo, riducendo un tema complesso come quello dell’abitare ad un discorso univocamente legato alla forma. Il potenziamento della funzione residenziale è visto infatti quasi 26


come esclusivamente necessario per l’omogenea composizione della struttura dello spazio urbano del centro storico. Vengono individuate tipologie edilizie in base alla flessibilità e alla possibilità di attirare in investitori. Oltre alla ricostruzione dell’isolato tradizionale, viene proposto il modello della Stadthaus, simbolo di una città tradizionale che riemerge attraverso il ripristino dei diritti di proprietà, spinto da sentimenti fortemente anti-modernisti, e rassicurante nel rappresentare l’ideale della casa indipendente di periferia. Si ritiene infatti che questo modello sia in grado di attirare gli interessi di coloro che alimentano il crescente fenomeno della suburbanizzazione aspirando ad un fenomeno inverso che aumenti la densità dell’area urbana, ricomponendo la forma della città compatta. Questa intenzionalità si è espressa anche attraverso la riurbanizzazione degli spazi liberi, ricavati anche dalla riduzione dai viali ad ampio scorrimento modernisti con la realizzazione di edifici a cortina e l’inserimento di edifici di connessione tra i grandi blocchi di edilizia residenziale, soprattuto nei luoghi più contesi come quelli simbolici e rappresentativi della Germania Est. La critica espressa tra organizzazione sociali, da associazioni di inquilini da esponenti politici e da esperti di varia formazione, è tutta rivolta a quest’intenzionalità a cui sottende una chiara politica di privatizzazione e di ridistribuzione della proprietà pubblica e di trasformazione sociale dei distretti urbani. L’emergenza della ricostruzione, in modo particolare nel centro storico, ha quindi dato luogo a diverse interpretazioni del significato di densificazione, che continuano a riflettersi sulla forma urbana e a diverse posizioni che rientrano nella sfera politica e giuridica. E’opportuno comunque sottolineare che vi sono obiettivi comuni: l’abbattimento della speculazione e la conservazione dell’identità della città. 27


Fig: 7 © Rosselli

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3. Berlin does not love you Riprendendo il discorso del testo citato all’inizio ‘The Berlin Reader” scritto e pubblicato nel 2013 da tre un sociologi attivisti tedeschi: Matthias Bernt, Britta Grell e Andrej Holm, è intitolato “The Berlin Reader” si può ricostruire a grandi linee la situazione in cui si è fermato il dibattito odierno. Il testo contiene una collezione di saggi e articoli degli ultimi vent’anni, che illustrano alcuni importanti fattori sociali e culturali con un’evidente enfasi sulle questioni sociologiche e urbanistiche rispetto a quelle architettoniche. Il testo è rivolto ad un pubblico internazionale e offre un panorama sui dibattiti più importanti che la città ha sperimentato nel corso di questi anni. Questa città che per anni e stata considerata “the hippest city of the planet”, o la “Babylon on the Spree” degli anni della Repubblica di Weimar, rischia di diventare meno amata e vivibile per coloro che la abitano. Per questo motivo, gli autori, rivolgendosi ad un pubblico più ampio intendono scongiurare un’idea stereotipata del cambiamento sempre più frequente soprattutto in ambito internazionale. I saggi e gli articoli sono divisi in quattro sezioni intitolate “Berlin’s Megalomania”, “Berlin In-Between”, “Berlin On Sale” e “Berlin Contested”. Attraverso la selezione accurata degli articoli chiave del dibattito sulla trasformazione urbana, gli autori riportano un realistico e disincantato quadro di Berlino, con l’obiettivo di intercettare la direzione del cambiamento, interessato da importanti cambiamenti culturali e sociali. Il testo illustra una panoramica sul dibattito partendo dagli articoli sulle assurde aspettative di crescita della città che hanno dominato il dibattito politico immediatamente dopo la riunificazione, contraddette dal sempre più evidente fenomeno dello schrinkage . Gli 29


articoli successivi fanno emergere il tema della bancarotta del 2007, fase caratterizzata da importanti tagli al welfare, fino ad arrivare ad oggi. Infine, come introdotto dal titolo dell’ultima sezione “Berlin Contested”, questa città risulta una città contesa e in discussione vi è più che mai il diritto alla città: frammentazione sociale, aumento delle diseguaglianze, recente aumento di proteste di massa contro gli irruenti processi di gentrificazione, problemi di speculazione e di messa in discussione del diritto di proprietà sul diritto alla casa sempre più simili a ciò che avviene nelle altre capitali europee ma che a differenza di queste altre metropoli, si rivela più evidente nel centro più che ai suoi margini, dove i vuoti che permangono, offrono più che mai potenziale appetibile soprattutto da capitali esteri. Questo nuovo trend intercettato in “Berlin does not love you” di Johannes Novy, rende evidente le difficoltà di gruppi sociali e individui che non si riconoscono più all’intenro del proprio quartiere. Una voce che può apparentemente essersi del tutto soffocata nel nucleo storico della città, il distretto centrale di Mitte, ormai ben definito dal punto di vista spaziale e ormai consolidato. Il quadro che possiamo quindi tracciare è quello di una capitale che continua a crescere anche al suo interno, ma che rischia di diventare sempre meno vivibile e meno amata.

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Parte seconda

Le Townhouse di Caroline-von-Humboldt Weg

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Quando le immagini complessive che guardano (o rifuggono) dalla città come intero, investono l’abitare, che succede? Nella seconda parte della tesi cerco di dare risposta a questa domanda osservando i materiali edilizi con i quali si mette in atto la densificazione del centro della città. Sostenendo che le questioni sono assai più interessanti di quanto non faccia intendere una riduzione di un tema difficile come quello dell’abitare alla tipologia, alla memoria o al mercato. Il tema dell’abitare solleva questioni più complesse e mette in gioco pratiche diverse, spazi differenti e differenti profili sociali, differenti idee. Il Mitte è oggetto di numerose sperimentazioni che riguardano gli spazi e i modi dell’abitare. Numerosi esercizi sono condotti per reinventare la Stadvilla: soluzione che aveva contribuito alla riconoscibilità di una classe sociale, quella della borghesia, al suo emergere e poi era stata riproposta lungo tutto il 900 e, come ho già detto, rivisitata da Stimman nel Planwerk Innenstadt. La Stadvilla è la casa unifamiliare dentro la struttura urbana. Modello che viene riproposto, forzato, trasformato via via, fino a fare i conti con il blocco urbano. Lo scarto con le Townhouses non è solo linguistico poiché in questo secondo caso la casa ampia, unifamiliare, dentro al blocco, prevede altre condizioni: accoglie un abitare che dichiara omogeneità sociale; profili non tradizionali dei nuclei familiari; disponibilità al coinvolgimento personale entro 32


attività comuni; vantaggi legati allo stare in città, ma entro piccole cerchie; sostegno del pubblico che immagina e attiva meccanismi economici favorevoli con l’obiettivo di offrire una diversa formula abitativa (nel centro città) anche a ceti non particolarmente agiati. Sono state fatte molte letture di queste soluzioni abitative che ne hanno sottolineato gli aspetti relativi alla convivialità, condivisione, prossimità. Ovvero ad abitare entro un piccolo nucleo, un «villaggio» nel cuore stesso della città europea. Alcune celebrando questo nuovo abitare, altre entro angolazioni più caute e prudenti. In questa parte della tesi, il confronto con gli aspetti architettonici, urbanistici, ma anche sociali e ideologici si sviluppa analizzando il caso dell’isolato lungo la Caroline-Von-Humboldt Weg.

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4. Dal Planwerk Innenstadt alla Townhouse Nel quartiere di Mitte, lungo la Caroline-Von-Humboldt Weg, un isolato di quattro piani nasconde al suo interno un villaggio. Arrivando da sud, la strada a due corsie conduce ad un giardino di quartiere in mezzo al quale fa capolino un tavolo da ping-pong, su cui si affacciano ad ovest la sede dell’Ufficio degli Affari Esteri ad est si susseguono invece numerose facciate strette di quattro piani, ognuna dotata di ingresso privato, garage, di uno spazio adibito a studio al piano terra, giardino interno alla corte e tetto verde. Non esistono passaggi che conducono all’interno di questo isolato, lo spazio racchiuso al suo interno risulta esperibile solamente da alcuni punti protetti da cancellate che ne definiscono chiaramente la proprietà. Siamo nel centro storico di Berlino, accanto al suo il suo doppio luogo d’origine, Alt Berlin e Cölln, precisamente nell’ambito del primo ampliamento urbano del Friedrichwerder, sito racchiuso da due importanti vie Fig 8, Alt Berlin e Cölln, Dusableu, 1737 di collegamento, a nord in senso longitudinale Unter den Linden e parallela a questa, a sud, Leipziger Strasse. Il Friedrichwerder, sviluppatosi storicamente come quartiere residenziale ha maturato nel tempo l’aspetto formale e monumentale che si addice ad un pulsante centro del business di una capitale. Pur articolando una serie di importanti monumenti storici della città come a nord la cattedrale di St. Edvige, il Teatro dell’Opera Nazionale, la Gendarmenmarkt, solo per citarne alcuni, e pur 34


Fig. 9, Caroline Von Humboldt Weg, sulla sinistra l’isolato delle Townhouse, in fondo: Friedrichswerdersche Kirche

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Fig. 10, L’immagine schematizza l’“arcipelago” del quartiere di Friedrichwerder, e mette a sistema; il contesto, determinato dalla griglia settecentesca e dalle strutture rimaste antecedenti alla guerra o ricostruite integralmente ( La cattedrale di St. Edvige, la chieda del Friedrichwerder, la Bauakademie, Gendarmenmarkt (La piazza del “mercato dei Gendarmi”) con le due chiese gemelle Deutscher Dom e Französischer Dom; con gli edifici della ricostruzione che sono estranei alla griglia. “The old building define and are define by the street; the new building diffuse and dissolve it.”. Al centro: l’isolato delle Townhouse, inserito nela griglia settecentesca.

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Fig. 11: Analisi morfologica dell’area del Friedrichstadt: trasformazioni storiche delle suddivisioni parcellari e del tessuto edilizio.

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H. Stimman, S.Malcovati, M.Caja, La townhouse berlinese. Un esperimento tipologico, 2015, Libreria Cortina, p.73

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essendo adiacente all’Isola dei Musei e collegata al resto della città dalle linee S-Bahn e U-Bahn e dal servizio di bus, è esclusa da percorsi turistici ed è stata per anni una zona vissuta esclusivamente durante gli orari lavorativi. Negli ultimi dieci anni tuttavia molte cose sono cambiate. E’ in corso infatti un processo di densificazione che sta radicalmente cambiando l’aspetto di quest’area e l’isolato di Caroline Von-Humboldt -Weg è il progetto che ha sancito solo l’inizio di questa fase, seguito da altri due progetti ora parzialmente conclusi: l’isolato della Schinelplatz i cui lavori sono iniziati nel 2015, e del Werdermarket. Tutti vincolati dagli stessi principi progettuali, case unifamiliari, parcelle singole, negozi e ristoranti al piano terra, appartamenti più ampi agli ultimi piani, ampie terrazze, facciate individualmente personalizzabili, appartamenti sviluppati su quattro-cinque piani e infine, in stretta vicinanza con la riva del fiume, le scuole e la chiesa di quartiere. Nei primi anni 2000 la zona del Friedrichwerder, come gran parte del tessuto urbano che componeva il centro storico, presentava ampie superfici di suolo libero, in modo particolare questa zona dalla funzione amministrativa dove molti edifici realizzati durante la DDR sono stati demoliti e ciò andava a sommarsi con le conseguenza pregresse della Seconda Guerra Mondiale. Al piano di ricostruzione Planwerk, messo a punto nel 1996 e approvato nel 1999 che già aveva sviluppato proposte per una densificazione “dell’area basate su una edificazione a piccola scala di case urbane individuali pensate per singoli proprietari privati, sulla base della ricostruzione critica del piano della città11” si aggiunge una revisione elaborata da Dieter Hoffman e Peter Albers nel 2000 che per conto dell’Amministrazione di Berlino frazionano gli isolati secondo un progetto di lottizzazione a schiera. La sfida è riuscire a trasformare l’area in un centro vivibile alla portata di tutti adattandola ai cambiamenti economici, sociali ed ecologici, obiettivo che viene perseguito attra38


verso un piano di progettazione residenziale a bassa densità, favorendo finanziatori privati, ostacolando la speculazione e aumentando i servizi nel quartiere. Il terreno su cui si trova il progetto delle le Townhouse, di circa 25.000 mq, era proprio uno di questi suoli non edificati. Si trattava di terreni dal notevole valore immobiliare . La tipologia delle townhouse, dalla parcella ridotta, che sviluppa per la maggior parte in altezza, sembra la tipologia adatta per uno scopo di questo tipo. Le Townhouse che si ripetono in serie all’interno di un complesso, si affacciano lungo le quattro strade che definiscono l’isolato, due di queste più commerciali, le altre due più residenziali, una di queste, la Caroline Von-Humboldt-Weg che dà nome al progetto nel suo complesso affaccia su un giardino di quartiere che traccia una distanza tra la zona residenziale e il Dipartimento degli Affari Esteri.

Nella pagina successiva sono stati messi a confronto gli spazi abitativi delle lame moderniste in Leipziger Strasse e delle Townhouse

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5. Ideologia e mercato L’ “Heimat” come modello di investimento “La ricostruzione critica, la riscoperta della storia edificata come risorsa, della pianta della città come sua memoria: tutto ciò non ha niente a che fare con una restaurazione sociale o architettonica. al contrario, entro il quadro ci si attendono esperimenti architettonici per soluzioni d’uso attuali. In fondo si tratta solo di una convalescenza urbana” (Hans Stimman) “Per ‘tradizione inventata’ si intende un insieme di pratiche, in genere regolate da norme apertamente o tacitamente accettate, e dotate di una natura rituale o simbolica, che si propongono di inculcare determinati valori e norme di comportamento ripetitive nelle quali è automaticamente implicita la continuità con il passato. Difatto appena è possibile tentano in genere di affermare la propria continuitò con un passato storico opportunamente selezionato.” (Hobsbawn) L’esigenza di invertire la tendenza alla surburbanizzazione ormai in uso da diversi anni, e ad attirare gli interessi di una borghesia autoctona che tornasse ad abitare il centro storico arginando l’eventualità di attirare univocamente capitali esteri e speculazione edilizia ha stimolato la produzione di una retorica che attribuiva alla tipologia della townhouse berlinese valori e stili di vita legati alla casa tradizionale suburbana, popolare tra fine Ottocento e inizio Novecento nei sobborghi berlinesi e ancora notevolemente diffusa nei distretti periferici che circondano il centro, come ad esempio nell’area di Grünewald (vedi immagine 12). Questa tipologia ha come modello la Landvilla schinkeliana a cui si rimanda il concetto di Heimat, di patria, un concetto positivo e ambivalente. La felicità della vita domestica è assimilata a quella legata alla patria ed è quan43


A. Mitscherlich, Il Feticcio Urbano, La città inabitabile, istigatrice di discordia, 1965, Verlag, Frankfurt Am Main 12

W.J.Siedler, “Der Tagespiel” Berlin, 1962 13

Fig 12, esempio di Landvilla moderna, nel distretto di Gruenewald ( zona ovest di

to più possibile Gemütlich, fatta di intima piacevolezza, comodità e tranquillità. Dove è possibile soddisfare il bisogno di contatto ma anche quello di stare soli. Il modello della casa unifamiliare suburbana, la Stadtvilla incarnava quindi allora gli ideali di quella nuova classe sociale, la borghesia nascente dell’epoca della tecnica, alla ricerca di nuove forme di distinzione e individualità laddove fosse possibile anche ricostruire un nuovo ed esclusivo legame stretto con la proprietà privata del suolo e degli edifici. Le critiche di quel periodo di cui si fa portavoce Alexander Mitscherlich con il testo “il Feticcio Urbano” la cui didascalia riporta ‘la città inabitabile, istigatrice di discordia’12; sono tutte rivolte a questo fenomeno definito un “podromo di sventura13”, “quintessenza dell’irresponsabilità civica e manifestazione di privato egoismo” secondo cui a questo ‘sgombero dell’élite urbana di un tempo’ sono state attributi e le grandi ripercussioni avvenute sulla pianificazione urbanistica, non in grado di proporre una soluzione che vi ponesse rimedio. Una “nuova, isolante edilizia suburbana, per molti aspetti un’edizione di lusso, dell’abitazione preistorica dei cavernicoli e degli alboricoli” dovuta ad “una reazione antisociale osservabile indipendentemente dal livello di redditto, che ostacola la pianificazione del buon vicinato”, sempre secondo Mitscherlisch. Un’operazione simile a quella di Stimman, nello specifico la proposizione di una modalità abitativa tale da invertire questo fenomeno di suburbanizzazione, è stata proposta da O.M Ungers nel concorso per il 4° Ring di Berlino Lichterfelde del 1974, “che prevedeva un sistema di 44


Caja M., Dalla Urban villa alla Townhouse. Progetti recenti di residenza a Berlino, in «QA», n. 24, sett. 2008, pp. 330-333

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edificazione con case isolate nel verde, che reinterpretavano la villa otto-novecentesca come modello di sviluppo urbano. Il progetto adotta un tipo, quello della Stadtvilla, presto ribattezzato con il termine anglosassone di Urban Villa, desumendolo da modelli storici propri della tradizione berlinese. Modelli che se rappresentano il rinnovato desiderio di abitare in case unifamiliari nel verde, allo stesso tempo vengono impiegati nella loro ripetizione all’interno di una nuova struttura urbana per definire una parte omogenea della città. La proposta di Ungers apporta però una sostanziale variazione di scala rispetto al modello di riferimento trasformando la villa unifamiliare in un blocco contenente diversi appartamenti.14 (…) A partire da tale coniugazione Ungers introduce un modello abitativo spesso ripreso negli interventi residenziali dell’IBA e utilizzato in declinazione different, in alcuni quartiere suburbani realizzati nell’ultimo decennio.” L’episodio delle Townhouses, si presenta al pubblico di potenziali acquirenti come un’esperimento tipologico in stretta connessione con la tradizione. Tuttavia pur presentando alcune differenze, in primo luogo di contesto (manca l’affaccio sul fiume), la tipologia delle Townhouse berlinese sembra molto lontana dall’aspetto tipologico della Landvilla, o Standvilla ungersiana, non presenta invece caratteristiche diverse dal modello appartenente alla tradizione, mercantile nord europea, caratterizzate da lotto gotico lungo e stretto, piano terra a funzione bottega, sviluppate in altezza, recentemente riproposta nel piano elaborato da West 8 per il Borneo di Amsterdam. L’accezione sperimentale di questo modello si riconduce quindi quasi esclusivamente alla riproposizione di un modello appartenente ad un’altra tradizione e soprattutto ad un altro contesto. 45


Soglie

Le soglie costituiscono uno spazio di mediazione tra la corte chiusa e il parco. Uno spazio di simbolico, ciascuno caratterizzato in modo diverso, privo di barriere a segnare i confini, questi ultimi esperibili unicamente dalla pavimentazione, da un corredo di vegetazione, elementi di arredo, mezzi di trasporto. 46


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Separazioni

Questo lato della corte ha un fronte che costituisce una barriera che non lascia rivelare nulla dell’intimità custodita all’interno, queste facciate svolgono un ruolo simbolico di rappresentaza, rivolte verso il lato preferenziale, quello che si affaccia alla città. 48


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Spazi pubblici

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Oltre alla retorica che contraddistingue le modalità attraverso le quali questo progetto è stato promosso, il caso delle Townhouse si rivela eccezionale anche per quanto riguarda il meccanismo di acquisizione dei suoli. L’operazione inizia a partire dalla sopracitata revisione del masterplan da parte di Dieter Hoffman e Peter Albers nel 2000, che per conto dell’Amministrazione di Berlino frazionano gli isolati secondo un progetto di lottizzazione a schiera, successivamente, l’intera proprietà è affidata alla DSK (Deutsche Stadt- und Land Development Company), società che a Berlino si occupa di sviluppo urbano. I 25.000 metri quadrati di terreno vengono frazionati per un totale di 48 parcelle (distribuite su due isolati a corte chiusa) con giardini privati all’interno delle corti, ingresso indipendente, assenza di un parcheggio interrato comune, sostituito da posti auto interni a ciascuna casa accessibili direttamente da strada, imposto fu solamente il vincolo di altezza delle case (da quattro a cinque piani). La vendita delle 48 parcelle, larghe sei metri e mezzo, al prezzo di 950 euro/mq ha inizio nell’ottobre del 2003 e ottiene un grande successo. Il Dipartimento preposto allo Sviluppo dell’Urbanistica propone una strategia finalizzata ad attirare investitori di media taglia e ad arginare la speculazione. Sono le famiglie stesse che acquisiscono le parcelle a guidare il progetto, venendo così a crearsi un élite di persone capaci di costruirsi la propria casa e viverla in maniera innovativa, un mix di vita e lavoro che ha l’ambizione di ravvivare il quartiere e offrire a queste persone una scelta di vita alternativa rispetto a quella suburbana senza rinunciare all’affermazione della propria individualità. Cinque studi di architettura partecipano alla realizzazione dei dieci tipi di appartamenti, i requisiti imposti riguardano solo i limiti di altezza piani, e ai servizi al piano terra, in cui sono stati vietati i supermarket, ma accolti studi di architettura, legge, medicina, 52


la percentuale dei servizi varia dal 20 al 40 %. Il prezzo finale dei terreni varia da 769 a 1498, (120.000, 340.000 euro), per parcelle di un’area variabile dai 200 ai 400 m2, quindi molto favorevole per la zona. Gli appartamenti dalle metrature più numerose (450 m2) arrivano infatti a costare meno di un milione. “15.000 Euro Townhouse zur Miete in Mitte”, 15

http://www.berlin-townhaus.de/, 2010

Cercando di ricostruire altri aspetti, oltre a quelli ideologici e di mercato che hanno reso questo progetto appetibile a molti, si possono dedurre alcune considerazioni interessanti a partire dalle seguenti interviste: “Townhouses are modern townhouses that combine the practical advantage of a family home and the amenities penthouse. For self-employed ideal to separate over individual levels in commercial space and living space. Family and job can be organized under one roof ” “After three years of searching, we decided on the houses at the Panke Park in the Scharnhorst-Kiez. Our three children grow bilingual. Multilingual kindergartens and schools are in close proximity, “says Ron H. He is the managing director of an internationally active agency for creative Internet marketing from Berlin Mitte and married to a Chilean woman. In the summer of 2010, with three children, they will be linked to two townhouses. The big family chose to combine two townhouses into a house with the option of using it later as a multi-generational house or to separate it again when the children choose their own family. Investments and old-age provision are now secured.”15

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Per queste famiglie, non tradizionali, multiculturali e con l’aspirazione di crescere i figli in un contesto internazionale, l’offerta delle townhouse ha rappresentato un’opportunità per conciliare specifici bisogni e desideri offrendo ad esempio la possibilità di abitare un uno spazio abitativo flessibile che si possa modificare nel tempo, e dove è inoltre possibile esercitare la professione coniugando la vita familiare con la vita lavorativa.

Dirk Westphal, “Townhouses besiedeln Berlins Mitte” in www. welt.de, 2007 16

Altri elementi interessanti emergono da un intervista a Corinna Gleise, pubblicata sul quotidiano tedesco online “Welt”. Corinan abita in uno degli appartamenti che si affacciano sull’edificio del Ministero degli Affari Esteri (che nel 1940 ospitava il comitato del SED ai tempi della GDR), ed è una dei primi residenti di questo progetto. Ha disegnato il proprio appartamento in collaborazione con un architetto, dopo alcuni appuntamenti hanno concordato le metrature delle stanze e l’aspetto dell’edificio in facciata, ora caratterizzata da un aspetto massivo in pietra grigia e da un entrata con un’ampia porta in legno massiccio. Corinna lavora e vive nello stesso edificio. Corinna prende le distanze dal fatto di essere considerata parte di un élite, viene da Potsdam e sostiene che gli appartamenti di questo isolato che lei stessa definisce un ‘villaggio’ sia inferiore a quello di una casa suburbana. ha riscoperto il centro storico della città è affascinata dall’architettura delle facciate dell’isolato che gli ricordano a tratti l’Upper West Side di New York.16 Riassumendo, i criteri a favore di questa tipologia rispetto ad uno stile di vita suburbano, emersi dalle interviste ad alcuni utenti sono: 54


- a livello di quartiere; scuole migliori, lavori migliori, sport, cultura shopping - risparmio sui costi di mobilitĂ , ridotta necessitĂ di prendere la macchina, numerose piste ciclabili nel quartiere, e percorsi pedonali. - adulti: maggior facilitĂ a gestire famiglie allargate e multigenerazionali, maggiore sicurezza finanziaria, maggior contatto con i bambini, vicinanza a musei e impianti sportivi. - vantaggi simbolici, immagine sociale cosmopolita.

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6. Oltre “l’entre nous” e “l’enclave des riches”

C.Bianchetti, A. Sampieri, Territori della condivisione. Una nuova città, Quodlibet, 2014, pp. 21 17

Oggi, il caso dell’isolato dell’isolato della Caroline Von Humboldt Weg, rientra per la sua accezione sperimentale all’interno del dibattito che riconosce già disseminata l’esistenza di queste nuove forme abitative, individuate in ambito europeo, connotate da aspetti quali in numero chiuso, la piccola scala, l’associazione, la cooperazione, e l’abitare in famiglia a cui viene attribuito il nome di “anti-urbanesimo contemporaneo”17, un fenomeno che a Berlino ha trovato terreno fertile in diverse aree della città e non solo del centro. Come si vive a Berlino lo spazio densificato quindi? E’ questo fenomeno assimilabile più all’ennesimo episodio di individualismo ed esaltazione della soggettività, o può essere considerato uno dei tanti nuovi casi di sperimentazione dei legami orizzontali? Osservando nel dettaglio questo esperimento e confrontandolo con altri progetti di questa stagione di “sperimentazioni” (vedi “Bernauer Strasse. Berlino. Fruizione soggettiva e collettiva nello spazio della memoria” in “Territori della Condivisione”) , si può osservare come tra i caratteri sopra citati, l’aspetto della condivisione non sia del tutto prevalente, lo spazio all’interno dell’isolato non presenta nessuna ambiguità sulla proprietà che è rigorosamente tracciata. Solo apparentemente si può parlare di villaggio quando si osserva attentamente questo modo di abitare “entre nous” che potrebbe coincidere con un “enclave des riches”. Questo fenomeno si trova in bilico, oscillando forse più verso una forma di vivere assieme sì, ma che mette in primo piano l’individualismo e la soggettività. L’aspetto di novità si può ricondurre quindi esclusivamente all’operazione di acquisizione mentre è 56


assente la volontà di condivisione. Un’associazione inclusiva all’interno di una “nicchia protetta che trasforma le palazzine in fortilizi’ e che in questo caso si apre per dare servizi al quartiere. L’assimilazione di questo progetto a quelli che rientrano in un questa “corrente” anti-urbanesimo contemporaneo, in questa stagione in cui si assiste ad un ritorno alla città con accezioni differenti, può essere quindi in questi termini messo in discussione, poiché cui l’unico aspetto di questa condivisione è di fatto la strada. Questa forma di abitare, dalla forte componente ambivalente è esclusiva e al tempo stesso omologante, quasi da farci dimenticare la realtà europea in cui ci stiamo realmente muovendo. Una secessione, una nascita di una nuova urbanità che può diventare rischiosa, che parte da una critica culturale ai modelli funzionalisti, che rimette in discussione il diritto alla proprietà e si appropria dello spazio storico. Sono proprio alcuni di questi modelli funzionalisti che sullo sfondo narrano una storia parallela, non molto lontano dalle Townhouses si ergono sullo sfondo i bastioni della lame moderniste di Leipziger strasse, costruiti durante il socialismo, le torri rimangono sospese nella città che cambia (vedi assonometria alle pagine 40-41). Se ne contano quattro doppie, e ancora altre quattro oltre il canale della Sprea a sud dell’isola. Il modello è sempre lo stesso, il WHH- GT, ed è un sistema prefabbricato di muri trasversali, che permette di elevarsi in altezza fino a 18 piani, arrivando a contenere 136 unità residenziali, con quattro tagli di appartamenti diversi per piano, dai 29 ai 75 mq. Questo modello è solo una delle diverse variazioni tipologiche che esistono partire dal sistema dei Plattenbau. Una modalità di prefabbricazione inventata in Russia, poi diffusia in tutto il blocco sovietico, per motivi legati a necessità metereologiche. Per mezzo dell’industria57


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da un colloquio con il prof. Walter Ceretto. 18

https://www.morgenpost.de/berlin/ article207645509/ Die-Plattenbauten-an-der-Wilhelmstrasse-sollen-bleiben. html 19

https://www.morgenpost.de/berlin/ article207645509/ Die-Plattenbauten-an-der-Wilhelmstrasse-sollen-bleiben. html 20

lizzazione dell’ediliza e quindi della produzione in cantiere degli elementi a pannelli (in principio svolgevano una funzione anche strutturale, mentre nel caso del Leipziger strasse, trattandosi di un sistema misto, svolgono un ruolo di controventatura e tamponamento) si riducevano notevolmente il consumo dlela manodopera e i temi di esecuzione in situ, ciò permetteva quindi la realizzazione di notevoli volumi di costruzione con personale limitato e ridotti tempi previsti di cantiere.18 Il vicinato è misto e i piani terra sono caratterizzati dai tipici passaggi che attraversano tra loro gli edifici e da cortili semi aperti. Il piano terra è inoltre dotato di sevizi, spesso ospita un ristorante, e negozi di vendita al dettaglio, l’ultimo piano è adibito a piano tecnico. “Dopo la prima e la seconda fase edilizia dell’allora Stalinallee, la DDR aveva tentato di creare con questo complesso un terzo quadro unitario e omogeneo della città: i grattacieli del lato sud servivano infatti anche a schermare otticamente il vicino Axel- Springel-Hochaus, che sorgeva proprio a ridosso del Muro nel settore ovest”19 Solo di recente sono stati adottati nuovi decreti da parte degli uffici dei vari distretti per preservare lo sviluppo di questi agglomerati, alcuni di questi infatti riconoscono ‘l’area importante per la storia della città e quindi da proteggere in caso di interventi di ampio impatto.”18 Misure adottate previo suggerimento di nuove associazioni di cittadini votati a contrastare queste nuove manovre di demolizione. Misure di questo tipo sono state adottate proprio a causa delle frequenti approvazioni avvenute da parte del Senato per la demolizione di questi ultimi. Sono molti i casi in cui questi edifici presentano degrado per mancanza di fondi, ma in moli casi, anche se ne sono stati ristrutturati alcuni, specie nei rigurdi di quelli che si trovano 59


nel in particolar nel centro cittadino e che anche per questo motivo sono diventati appetibili. Edifici che , anche per questo motivo, sono diventai appetibili per studenti e nuove famiglie di status sociale piĂš alto, sono stati ristruttur.20

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Parte terza

Lo spazio interno dell’abitare

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La mia ricerca ha provato a smontare la contrapposizione tra abitare condiviso e abitare individuale nel centro della città. L’ha fatto in due modi, attraverso una attenta ricognizione dei modi con i quali alcuni di questi frammenti sono abitati.Nella seconda parte della tesi, tornando ad occuparmi del piccolo villaggio lungo la Caroline-von-Humboldt Weg, ridisegnando i suoi spazi abitativi (comuni e individuali), intervistando coloro che vi abitano. E, in una terza parte, provando attraverso lo strumento conoscitivo del progetto ad affrontare la questione. Si tratta di un progetto a suo modo dimostrativo che decostruisce la soluzione del piccolo nucleo dell’abitare entre nous e ripropone in questo stesso guscio decostruito, un abitare differente: abitazioni più piccole, dotate di più ampi spazi aperti individuali, più fitte. L’obiettivo di questo esercizio è capire precisamente quali modi abitativi conseguono alle attuali politiche di densificazione del centro della città perseguite a Berlino in questi ultimi dieci anni. Capire il modo in cui si abita, al di là delle dichiarazioni e delle argomentazioni che reggono le politiche, attraverso lo studio dello spazio, delle sue forme e dimensioni, del comfort, delle sue permeabilità e separazioni. E dell’implicito che tutto si porta dietro circa ciò che oggi sia un «buon abitare» in rapporto allo stare 62


da soli, con pochi, con molti. Tutto questo mi è sembrato un modo utile a comprendere il rapido cambiamento della cittĂ mettendo al lavoro le competenze dell’architettura e dell’urbanistica.

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1. Le Torri

Lo schema mette in relazione la ‘lama modernista’ con altri grandi complessi residenziali costruiti tra gli anni ‘70 e ‘80. Il complesso è stato realizzato a ridosso del muro (linea tratteggiata). 64


1: 4000

1: 2000 65


Luogo: Mitte, Berlino architetti: Joachin Nather, Peter Schweizer, Manfred Zache committenza: pubblica, Staatlicher Wohnungsbau del DDR anno di costruione 1972 -77 Piani: 12-14/22-27 n° appartamenti: 2.059 superficie totale: 95.000 m2 66

1: 1000


Piano tipo di uno degli edifici della lama modernista.

1/500 67


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2. Le Townhouse di Caroline-Von-Humboldt Weg

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1: 4000

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1: 2000


Dimensioni: superficie lotto: 11.200 m2 superficie costruita: 7800 m2 superficie permeabile privata: 3400 m2 34 townhouse unifamiliari 4 blocchi

Attori: - MunicipalitĂ di Berlino (Promotore) - Futuri utenti ( Finanziatori privati dei lotti) - Dieter Hoffman e Peter Albers ( Progettisti Masterplan) - Architetti vari (Progettisti edifici)

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Modello finanziario - Finanziamento pubblico (suolo di ex proprietĂ della DDR) - Finanziamento privato


x6 superficie totale: 611 m2

x3 superficie totale: 360 m2

x6 superficie totale: 520 m2

x4 superficie totale: 474,5 m2

x6 superficie totale: 390 m2

x6 superficie totale: 481 m2

x6 superficie totale: 526 m2

n° unità totale: 34 superficie totale: 18.236 m2 75


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Parte quarta

Il progetto come strumento di conoscenza

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In quest’ultima parte propongo un esercizio progettuale. Si tratta di un progetto a suo modo dimostrativo che, individuato un lotto vuoto lungo la Sprea, decostruisce la soluzione dell’isolato di Caroline-von-Humboldt Weg e ripropone in questo stesso guscio decostruito, un abitare differente: abitazioni più piccole, dotate di più ampi spazi aperti individuali, più fitte. La strategia adottata punta ad una maggiore articolazione degli spazi: maggiori relazioni con l’intorno, una rete diversificata e minuta di percorsi, un rapporto mediato ma forte con il fiume, uno spazio abitativo variato in funzione di esigenze, preferenze, possibilità diverse. L’obiettivo di questo esercizio è capire precisamente quali modi abitativi possono conseguire alle attuali politiche di densificazione del centro della città perseguite a Berlino in questi ultimi dieci anni. Capire il modo in cui si abita (o si può abitare), al di là delle dichiarazioni e delle argomentazioni che reggono le politiche. Provando a studiare lo spazio dell’abitare, le sue forme e dimensioni, il comfort, delle sue permeabilità e separazioni. L’esercizio progettuale che chiude questo studio si sostiene su due piani. Da un lato, questo mi è sembrato il modo per capire più a fondo cosa sia oggi, nella città contemporanea, un «buon abitare», come questo si declini in rapporto allo stare da soli, con pochi, con molti. Ovvero come richiami profili diversi di abitanti, non più omologati 84


sul nucleo familiare tradizionale. Dall’altro, questo stesso esercizio riconosce al progetto un ruolo fondamentale come strumento di conoscenza. Lo spazio urbano oggi è uno spazio complesso, non facilmente descrivibile. Ciò che caratterizza le competenze di un architetto è la possibilità di avvicinarsi ad una descrizione (non alla sua descrizione, ma ad una possibile) attraverso lo strumento del progetto. Il progetto produce conoscenza, come da tempo ha sostenuto Paola Viganò nei suoi studi.

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9. Il sito L’area individuata per lo sviluppo del progetto è situata a Kreuzberg, un distretto a sud est di Mitte. Consiste in un ampio spazio non edificato di dimensioni pari a circa 8000 m2 escluso per pochi isolati dalla zona d’ambito del Planwerk Innenstadt del 1999, ma incluso in un piano di ricostruzione successivo, il cosiddetto Planwerk Innerestadt approvato nel 2010, che contiene una progetto istituzionale dell’area, (v. rappresentazione), costituito da una corte semi-chiusa, chiusa verso la città e aperta verso il fiume, articolata da due maniche, con un ampio spazio aperto al suo interno. Il sito è stato fino a due anni dopo l’approvazione di questo piano utilizzato da un club, successivamente venduto ad un investitore che ha demolito le strutture precedenti, illegalmente occupato per altri due anni da 100-150 abitanti e sgomberato nuovamente nel 2014 quando il proprietario ha espresso la volontà di costruire un progetto a programma residenziale misto di circa 250 appartamenti. Il masterplan prevedeva due corti di edifici di 7-8 piani di circa 31.500 mq di superficie totale. Data la particolare situazione urbana e la crescita di appartamenti accessibili anche a fasce meno agiate della popolazione, il Senato propose una serie di requisiti alla quale bisognasse sottostare per ottenere il permesso di costruire: un sentiero pubblico, e un’ampia area verde lungo la riva del fiume Sprea, un parco giochi per bambini e il 25% di edilizia pubblica, il progetto di Arthur Susskind riservava solamente il 10% degli appartamenti totali e il 27 marzo del 2016 l’investitore calcellò il progetto. Questa decisione lascia quindi la possibilità di riconsiderare lo sviluppo del sito.

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Il progetto decostruisce la soluzione dell’isolato di Caroline Von-Humboldt-Weg, in questo modo: pur procedendo nella direzione di una densificazione (basata sul numero delle persone e non in termini fondiari), propone una soluzione che funziona diversamente, la corte occupa tutto lo spazio disponibile ma diventa una corte aperta attraversabile. Utilizzo questo isolato per trarne alcuni elementi entro una strategia diversa, una strategia basata su una densificazione come possibilità di avere un maggior numero di persone insediate entro degli spazi che sono più densificati, più articolati che si relazionano con il fiume e sono dotati di ampi spazi aperti e terrazze. Il progetto porta quindi un miglioramento in termini nell’articolazione dello spazio, privato abitativo e aperto e nella sua permeabilità.

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Planwerk Innenstadt 1999

Rappresentazione del sito in relazione ai piani di ricostruzione e al centro storico.

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Planwerk Innerestadt 2010


Rappresentazione del sito di progetto

Rappresentazione del progetto istituzionale previsto dal Planwerk Innenstadt 89


1/1000 90


Cuvry strasse 9300 m2 91


9. Il contesto. L’isolato berlinese

L’isolato berlinese è la tipologia architettonica più diffusa a Berlino. Si è sviluppata spontaneamente dopo il piano di Olbrecht nel (1862) per caratteristiche di flessibilità e per la capacità di contenere la forte richiesta abitativa -soprattuto di lavoratori- negli anni dell’industrializzazione. Ha dimensioni piuttosto evidenti, normalmente arriva a misurare 200 m per lato. Al suo interno si sviluppa un’intricata rete di cortili collegate tra loro da passaggi. La dimesione dei cortili che può arrivare fino a 400 m2, ha favorito la nascita di attività al loro interno, dallo stoccaggio di merci, alle piccole aziende manufatturiere, negozi, atelier e gallerie d’arte, dando luogo ad una pluralità in netto contrasto con il rigido schema dell’edificio nel suo complesso. 92


Rappresentazione della porosita e schemi di collegamento delle corti.

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Fig. 13, Il vuoto urbano di Cuvry Strasse visto dalla sponda opposta del fiume Sprea

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Fig. 14, Muri tagliafuoco

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1/1000 96


Inserimento del lotto nell’area 97


11. Il ridisegno dello spazio dell’abitare La strategia Densità Lo spazio racchiuso dentro la corte genera tre tipologie: la townhouse, la casa suburbana e il blocco. n° unità: - 48 townhouses unifamilari - 9 Stadtvilla - 40 appartementi nei blocchi superficie costruita totale: 4000 m2

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Aperture

- passaggi pubblici

- passaggi privati Abitare suburbano in cittĂ

- giardini privati 99


Relazioni con il contesto

- relazioni con le porositĂ del tessuto urbano

- muri tagliafuoco come valore aggiunto

- rapporto con la Sprea 100


STADTVILLA x4 Casa unifamiliare a 2 piani 4x9 superficie totale: 72 m2

x3 Casa unifamiliare a 2 piani 8x5 superficie totale: 80 m2

x3 Casa unifamiliare a 2 piani 4.5 x 10 superficie totale: 90 m2

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BLOCCO 4 piani housing + 1 servizi superficie totale piano: 190 m2 dimensione appartamenti: 40 m2 , 50 m2 , 60 m2

4 piani housing + 1 servizi superficie totale piano: 172 m2 dimensione appartamenti: 35 m2, 40 m2, 50 m2

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4 piani housing + 1 servizi superficie totale piano: 143 m2 dimensione appartamenti: 66 m2 , 40 m2

4 piani housing + 1 servizi superficie totale piano: 169 m2 dimensione appartamenti: 2x 70 m2

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TOWNHOUSE x20 Casa unifamiliare di 4 piani 4x9.5 superficie totale: 152 m2

x24 Casa unifamiliare di 4 piani 4x11 superficie totale: 176 m2

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x10 Casa unifamiliare di 4 piani 4x16 superficie totale: 288 m2

n° totale appartamenti: 111 - 35-90 m2 - 150-170 m2 - 288 m2 105

52% 40% 9%


1/500 106


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vista dell’isolato dalla sponda opposta della Sprea 111


Joachim Wtewael The Golden Age Olio su rame, 1605 Metropolitan Museum of Art 112


Karl Friedrich Schinkel Das Landhaus Gabain Olio su tela, 1822 Wien Museum Karlsplatz 113


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