Città e Produzione_Atelier Urban Design

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CittĂ e Produzione Esplorazioni per una ricerca progettuale

Cristina Bianchetti Matteo Robiglio

Urban design

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ATELIER URBAN DESIGN – 2017-2018 II periodo didattico Docenti: Cristina Bianchetti e Matteo Robiglio Collaboratori: Lucia Baima, Michele Cerruti But, Agim Enver Kërçuku, Eloy Llevat Soy, Luis Martin e Ianira Vassallo

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Questo esercizio didattico si basa su un’ipotesi semplice: la produzione torna ad essere elemento importante nel “fare città”. Dopo il fordismo. Dopo il post-fordismo. Dopo la crisi. Ma questa sua rinnovata importanza si deve confrontare con un territorio denso e stratificato quanto mai, sul piano fisico, ma anche sociale, economico, simbolico. Questa diversa condizione costruisce un progetto diverso, altro dal progetto moderno della città della crescita, della città produttiva del fordismo.

Qui e nelle pagine seguenti, il termine produzione indica la produzione manifatturiera, agricola, artigianale, digitale e il termine città indica l’assetto urbano e territoriale.

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Confrontarsi con un territorio denso e stratificato è condizione che definisce natura e senso del progetto di architettura e di urbanistica nella tradizione italiana. All’opposto del grande progetto funzionalista nel quale volontà di rifondazione e slancio verso il futuro generano un lessico elementare: è la violenza morale della “tabula rasa”.

Gret Palucca, fondatrice della Palucca Hochschule für Tanz a Dresda (1925)

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Sulla “necessità morale” della tabula rasa: Hannes Meyer, Bauen, in «Bauhaus», a. 2, n. 4, in Ulrich Conrads. Progroms ond Monifestoes on 20”-century Architecture. Cambridge (Mass.) 1975, pp. 117-120; http://www.cloud-uckoo.net/openarchive/Autoren/Meyer/Meyer1928.htm

Entro quel lessico elementare città e produzione si componevano in modo paratattico. Per molto tempo, dopo la stagione eroica del progetto moderno (quella di Meyer, del Bauhaus e della “grande generazione”), il progetto costruisce uno spazio urbano dell’industria programmaticamente separato da quello dedicato nella città ad altre attività. La produzione (industriale) è tema fondamentale del progetto moderno e occupa uno spazio separato nella città. A dettare separazioni e distanze ragioni economiche, igieniche, simboliche, logistiche, ambientali.

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Schemi di Piccinato x Sabaudia, 1932-1934

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Nondimeno il contributo della cultura progettuale italiana racconta una diversa storia, riconducibile alla capacità di innovare e al contempo di interpretare gli stati precedenti dei luoghi. Il progetto non si risolve nell’attenzione morfologica o in qualche forma di mimesi, tantomeno si impone al luogo con la violenza morale del progetto funzionalista. Si inserisce piuttosto con efficacia e sensibilità in contesti urbani e territoriali stratificati. Mostra un’attenzione ai luoghi nel loro spessore fisico e antropogeografico. Questa posizione della cultura progettuale italiana è stata, negli anni ’50, duramente contestata.

Per la critica alla posizione italiana, Reyner Banham, ‘Neoliberty: The Italian Retreat from Modern Architecture’, Architectural Review, No 125, April 1959

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Biennale 2014, Padiglione Italia, Innesti, curator Cino Zucchi

Ma ancora, nei decenni successivi, il luogo non è mai un “dato” del progetto, quanto piuttosto un materiale vivo da trasformare in una nuova configurazione.

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Vittorio Gregotti, UniversitĂ della Calabria, 1974

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Quali sono i luoghi della produzione oggi? come l’atto complesso del produrre atterra concretamente in alcuni luoghi della città ? come genera situazioni inattese, introverse, ambigue, opache, frammentate, temporanee o, al contrario, manifeste, stabili, muscolari, colonizzatrici? come il progetto si confronta con i luoghi e le logiche della produzione?

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Se il territorio è, come si è detto, essenzialmente denso e stratificato (l’opposto della tabula rasa) allora la produzione atterrerà principalmente “nel luogo dell’altro”. Luogo dell’altro, è anche il luogo della produzione fordista della Golden Age. Nel progetto di riuso, la stratificazione fisica assume il ruolo di ‘capitale fisso territoriale’ inattivo che il progetto di riuso adattivo attiva: liberato dalla sua funzione primaria, si presta a nuovi usi diversi dalla produzione o – ed è questa l’ipotesi di lavoro che proponiamo in questo atelier – a forme nuove in cui si declina l’uso produttivo nelle mutate condizioni della produzione contemporanea.

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Nel pensiero di de Certeau la strategia, «gesto della modernità scientifica, politica o militare», circoscrive un luogo definito e autonomo dal quale affrontare un’esteriorità percepita come distinta; mentre la tattica o “modo di fare” non può che agire nel luogo “dell’altro”. Essa opera secondo una traiettoria che abbandona ogni idea paradigmatica, per «giocare sul terreno che le è imposto così come lo organizza la legge di una forza estranea» e senza avere «la possibilità di darsi un progetto complessivo», ma approfittando invece delle «occasioni dalle quali dipende, senza alcuna base da cui accumulare vantaggi, espandere il proprio spazio e prevedere sortite»

M. De Certeau, L’invenzione del quotidiano, Editori Riuniti, Roma, 2012 (1990), p. 72, 73

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Scopo dell’esercizio è indagare a mezzo del progetto le condizioni del rapporto città produzione nell’area territoriale torinese. La scelta della città di Torino è nel contempo ovvia e difficile per la legacy della stagione fordista indagata negli Atelier di progettazione urbana degli anni 2015-2016 e 2016-2017 https://territoridellacondivisione.wordpress. com/category/ii-education/design-unit/

e

nell’Atelier progetto sostenibile di architettura https://adaptivereuseblog.wordpress.com/ about/

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Il contributo al percorso didattico fornito dall’urbanistica, in stretta collaborazione con la composizione architettonica, si sviluppa su due piani che sono diversi per scala, oggetto, tecniche, configurazioni progettuali. Ma hanno analogo contenuto progettuale. Il primo piano (cartoline) riguarda singoli luoghi della produzione. Il secondo (mappe) riguarda la costruzione di interpretazioni a scala territoriale. I due piani giocano assieme nella costruzione di un ragionamento su città e produzione. Non costruiscono una sequenza se non nell’organizzazione delle attività didattiche. Precisano in modo ricorsivo i propri significati e contenuti.

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La cartolina come strumento inattuale (e “vernacolare”) di costruzione di un’interpretazione.

La storia della cartolina introdotta prima in Germania poi in Francia nel XIX secolo. La cartolina in architettura: “Cara Signora Tosoni” di Jaques Gubler su Casabella 1982-1995, ma anche nel già richiamato Padiglione Italiano alla Biennale del 2014.

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La cartolina come interpretazione personale da parte dello studente del tema dell’Atelier e pertanto caricata di un forte significato in rapporto al tema. Ciò che interessa è il carattere selettivo e comunicativo: la necessità di veicolare attraverso pochissimi elementi un’interpretazione e di farlo bene sul piano comunicativo. Possiamo decidere che il luogo della cartolina sia quello del progetto. In questo senso la cartolina sintetizza “du côté de l’architecture” (sia adaptive reuse o altro). In questo senso la cartolina sintetizza in un enunciato l’attenzione al luogo come materiale di/per una nuova configurazione.

Pertanto: - individuazione di luoghi della città di Torino nei quali è interessante osservare il modo in cui la produzione (manifatturiera, agricola, artigianale, 4.0 …) “atterra” nella città

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- scelta di un luogo giudicato particolarmente significativo di un fenomeno ricorrente (o, al contrario, esemplare nel suo carattere eccezionale), o di potenziale “atterraggio” di un fenomeno o eccezione - interpretazione dei caratteri del luogo in uno schizzo. - ideazione e realizzazione della cartolina: disegno (o fotografia) + breve testo

Il lavoro è individuale - l’esito collettivo è la costruzione di un repertorio dei luoghi e di un repertorio fotografico. A questa operazione è dedicato il primo mese. Obiettivo è la costruzione di un “panorama” (nel senso degli studi paesaggistici di Günther Vogt) non esaustivo, ma significativi dei “luoghi della produzione” nella “regione torinese”.

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Congiuntamente saranno programmate lezioni di un’ora e mezzo, propedeutiche all’acquisizione di conoscenze sul tema e utili a guidare l’esplorazione progettuale. Il tema delle lezioni rimanda alla (doppia) domanda: come la produzione oggi costruisce città? Quale progetto affronta i nessi città produzione? Intendendo sempre i due termini, produzione e città in senso ampio. A titolo esemplificativo: - Torino: la più importante company town italiana è ancora una città industriale? - Come la produzione ha fatto la città del 900 (Prato/Sassuolo/Villaggio artigiano Modena o ancora Zingonia….) - I grandi territori della produzione oggi: Valle de Sambre o Limburgo o Appalachi - I grandi territori della produzione ieri: regione della Ruhr, Rust Belt - Forme diverse del rapporto città / produzione

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- Il progetto contemporaneo dei luoghi della produzione - Ri-produzione, ovvero come la città-fabbrica torna a ‘fabbricare’ - Potenziale: ovvero come riattivare il capitale fisso territoriale - …….

P. Viganò, Territorialism, Harvard, GSD 2012-2013

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Il secondo ambito in cui si configura l’esercizio riguarda la costruzione di mappe interpretative alla grande scala. Si tratta di mappe al contempo analitiche e progettuali. Di nuovo, la domanda a partire dalla quale selezionare e produrre mappe riguarda i modi e le logiche attraverso le quali la produzione costruisce città. Entro l’ambito complessivo dell’Atelier le mappe hanno il compito di costruire argomenti che legittimano le scelte del progetto. Devono mantenere con la soluzione progettuale robusti legami di senso (durante lo sviluppo progettuale lo studente potrà attingere a carte interpretative che può non aver prodotto – importante che ne colga bene il senso e gli orientamenti – anche criticandoli ….). Le mappe osservano la “regione torinese” ovvero un territorio che non coincide con delimitazioni amministrative, ma è ritagliato in funzione del problema che si intende osservare

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La sua definizione è dell’ordine degli esiti, non delle premesse del lavoro. Il lavoro di costruzione delle mappe si svolge in gruppi. E occupa i due mesi rimanenti. Ogni gruppo guarda al tema città-produzione entro un’angolazione specifica individuata dagli studenti, mettendo al centro il rapporto tra produzione manifatturiera e agricola; o i temi legati ad acqua e topografia, a cave, ad ambiti naturalistici. O ancora affrontando il grande tema delle infrastrutture (viabilità, energia, waste…). O il rapporto con i luoghi dell’abitare. Ogni “mappa” è costituita da un insieme di elaborati di diverso tipo. Ad es: - rappresentazioni grafiche che mettono in relazione elementi giudicati rilevanti, - ricostruzione di aspetti regolativi e di progetti che hanno investito quella parte di territorio,

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- diagrammi, schemi interpretativi, plastici concettuali, stralci di cartografia a diverse scale, - dati utili a comprendere ciò che le carte rappresentano, - brevi testi esplicativi, - prefigurazione di snodi cruciali capaci di dialogare con le scelte progettuali. Obiettivo è sviluppare sensibilità progettuale nei confronti di contesti urbani stratificati e capire le diverse “razionalità” che guidano il rapporto città produzione oggi nella regione torinese.

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Il progetto di architettura viene sviluppato individualmente, ed accompagna il percorso della riflessione urbanistica lungo tutto il percorso dell’atelier. L’individuazione del sito della cartolina corrisponde ad un primo atto di selezione proiettiva di un luogo di possibile progetto, che dal sito di un edificio esistente o di un nuovo potenziale innesto nel vuoto aperto in un tessuto esistente, estenderà il proprio sguardo all’esplorazione progettuale di un intorno microurbano in cui riconoscere le tracce materiali e immateriali di un passato produttivo, e gli ingredienti potenziali di un riuso/uso produttivo.

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Gli elaborati restituiranno un percorso concettuale (cosa diversa da un “racconto”) sul tema e accompagnerà/integrerà altri materiali prodotti nell’Atelier. Il lavoro progettuale (architettonico ed urbano) sarà restituito attraverso tavole e modelli fisici. Parti del lavoro saranno svolte individualmente, altre in piccoli gruppi. I materiali di progetto urbano e di progetto architettonico costituiscono un discorso unitario della possibile trasformazione e restituiscono una interpretazione ‘continua’ a più scale (territoriale, microurbana, edilizia, interna).

Joseph Koudelka, Torino, Lingotto, 2004

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