Proposal for the italian pavilion_studio 015 Paola Viganò

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Mostra internazionale di Architettura Biennale di Venezia 2016 Proposta curatoriale per il Padiglione Italia

Paola Viganò

studio 015

Milano, 31 agosto 2015


Paola Viganò studio 015

Corso di Porta Ticinese 65 20123 Milan tel. +39.02.89409358 fax.+39.02.8357691 e-mail: secchi.vigano@secchi-vigano.it Rue Des Petits Carmes 1000 Brussel tel. +32.(0)2.3508226 e-mail: secchi.vigano.belgio@secchi-vigano.it


Italia Giardino d’Europa

01 contenuto generale della proposta 02 informazione dettagliate sulla proposta con possibili partecipanti e lavori in mostra 03 strategie di allestimento della mostra 04 cronoprogramma della mostra 05 quadro economico della mostra 06 strategia di promozione e comunicazione 07 proposta di eventi, attivitĂ di formazione ed educative legate alla mostra 08 proposta per catalogo 09 contatti del candidato e breve cv 10 composizione del team curatoriale


01 Italia Giardino d'Europa


01 contenuto generale della proposta

Italia Giardino d’Europa Paola Viganò Introdurrò e concluderò la mia proposta con una breve riflessione su due temi principali che riguardano la città europea. Considero questo passaggio necessario perché il progetto che proporrò riguarda l’Europa e utilizza l’Italia come sua parte rivelatrice. Tra inizio e conclusioni alcuni paragrafi delineano le principali convinzioni e ambizioni per il Padiglione Italia della prossima Biennale di Architettura.

I. La città-territorio è un oggetto progettuale ancora negletto, ma è uno spazio urbano specificamente europeo L’Europa possiede una delle più alte densità di insediamenti urbani, più del 75% della popolazione vive in aree urbane. Essa ha generato, nel tempo, un assetto territoriale e una forma di urbanità originali che denominiamo città-territorio. La città-territorio è il prodotto di una lenta accumulazione di infrastrutture, manipolazioni agrarie, una grana fine degli insediamenti, la distribuzione isotropica dei servizi: un paesaggio interamente produttivo e abitato. Più che un problema, questa è la mia prima ipotesi, la città territorio europea può essere considerata oggi una forma di capitale: spaziale e naturale, oltre che economico o culturale. La mia seconda ipotesi è che questa forma specifica di capitale, possa essere progettato come una risorsa rinnovabile. Si tratta di una risorsa particolare che può rigenerarsi su se stessa: i cicli di vita, l’immensa quantità di energia grigia depositata nei luoghi ed insieme un’interrogazione sulla nuova geografia dell’esclusione definiscono gli elementi per un nuovo frame concettuale che alimenti la nostra riflessione sul presente e sul futuro. Per affrontare le due ipotesi è necessario lasciare alle spalle una serie di pregiudizi. La città-territorio non è il semplice risultato di un processo di suburbanizzazione, non è una periferia, o lo è solo parzialmente. Le mitiche piccole e medie città europee ne fanno parte e svolgono un ruolo distinto al suo interno, e così le aree metropolitane che propongo di osservare non a partire dal loro centro tradizionale, ma dalla città territorio. Politicamente, la città-territorio (dall’Olanda, al Belgio, alla Francia e alla Germania), è stata stigmatizzata come espressione di individualismo estremo o, all’opposto di localismo cieco e di comunitarismo. Retoricamente è stata contrapposta alla città compatta, come parte peggiore. Confinato in un giudizio negativo, questo territorio ha inventato proprie e originali rappresentazioni, spesso nella forma di posizioni politiche reazionare e conservatrici. La città territorio sta tuttavia acquisendo oggi una nuova coscienza socio-culturale, il suo spazio si sta articolando e arricchendo.

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sequenza degli spazi del padiglione 6


Per tutte queste ragioni, la città-territorio merita una attenta riconsiderazione. E’ una condizione urbana estesa entro la quale ripensare anche le grandi aree metropolitane. E’ il contesto e l’oggetto del progetto alle diverse scale.

II. Italia Giardino d’Europa Il mito. La metafora dell’Italia come grande giardino ha una lunghissima storia e rimane fortemente evocativa di un territorio di grande bellezza e varietà; è un mito e non solo un insieme di luoghi comuni; è una narrazione cui si attribuiscono elementi di verità e che ha agito in profondità nell’immaginario collettivo italiano e straniero, grazie anche alla forza delle sue rappresentazioni e progetti nel tempo. Prima ancora che nella sua capacità evocativa, l’interesse di questa metafora sta nella sua grande ambiguità. Una tale ambiguità è utile, oggi e nel contesto della Biennale di Architettura, per rivelare contraddizioni e potenzialità, debolezze ed aperture, marginalità e innovazioni di un paese disegnato in ogni sua parte. Le ragioni per le quali l’Italia ha potuto essere considerata un grande giardino sono infatti molto diverse tra loro. La metafora del giardino è ispirata da una natura estremamente ricca ed articolata, ma allo stesso tempo il giardino è il prodotto di lunghi periodi di abbandono e povertà, di marginalità culturale ed economica. Non è necessario qui attardarsi sull’invettiva di Dante, nel Purgatorio, o nella rievocazione del Grand Tour, che sublimava le campagne abbandonate e colme di rovine in paesaggio e meditazione sulla storia. Laddove il giardino è esito dell’immobilismo e nuove forme di naturalità si sviluppano, insieme a nuove estetiche e sistemi di valori. Italia Giardino d’Europa è oggi, all’interno di una Biennale di Architettura l’occasione di riflettere su un ennesimo periodo di “abbandono”: su almeno due decenni di marginalità dell’architettura italiana nel dibattito internazionale e nazionale. Marginalità e assenza che hanno vanificato sforzi e progetti. Ma la metafora contiene anche il ribaltamento di questa prima lettura: il giardino è allora luogo di potenzialità, di sperimentazioni intellettuali e concrete. Il giardino è, in questa seconda lettura, il territorio nel quale abitiamo, una condizione urbana estesa e allo stesso tempo coltivata, con brani di natura, un disegno sempre presente: macchina idraulica, agricola, infrastrutturale e produttiva. Per cogliere la dimensione progettuale della metafora è importante indagare il vasto vocabolario di razionalità territoriali che disegnano l’Italia. I processi di razionalizzazione sono espressione di potere e di mentalità funzionali e utilitaristiche, di competenze specifiche e di sistemi di valori culturalmente e storicamente definiti. E’ nei loro spazi, ridondanti e generosi, che possono aprirsi più facilmente nuovi cicli di vita. In secondo luogo è necessario cogliere quelle coincidenze fortunate che si insinuano nella sedimentazione densa di cose, saperi, poteri. O rimangono in disparte, dismesse o dimenticate. Paradossalmente l’Italia, Giardino d’Europa alterna conflittualità ed esclusione, integrazione e coesistenza in modi più morbidi di quelli delle grandi metropoli tradizionali, coesistenze inedite che si renderanno ineludibili a fronte di migrazioni, esodi, processi di invecchiamento della popolazione. 7


vista all'interno della seconda tesa

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Infine, è importante saper decifrare gli aspetti simbolici, le vere e proprie mitografie e iconografie di una città territorio della quale l“Italia Giardino d’Europa” è certamente una delle più radicate e importanti. L’ambiguità della metafora squarcia i veli del continuo adattarsi e del senso comune.

III. Descrizioni, Scenari, Prototipi L’Italia sta attraversando una transizione dalla quale uscirà un altro paese: una diversa realtà che renderà i racconti sulla piccola e media impresa e il suo territorio, sul welfare familiare flessibile e creativo parte di un’epica popolare, con i suoi eroi, età dell’oro, messe in scena, leggende. L’Italia che si annuncia avrà un clima diverso, meno manifatture, ma anche meno stazioni sciistiche, molti residui e luoghi da riconvertire; sarà un’Italia di fenomeni estremi e catastrofi naturali più frequenti, dove scenderà più acqua, ma non nei posti e nei momenti più adatti; un’Italia molto meno omogenea dal punto di vista etnico, ma affollata di anziani. Entro questa nuova grande trasformazione, la metafora del Giardino d’Europa allude ad un paese da ripensare, nel quale non possono essere immediatamente (e banalmente) risolte le relazioni di senso tra tempo, uomini, fatti e spazio che ogni progetto architettonico, urbano o territoriale non può impedirsi di immaginare. Si tratta di aprire ad interrogazioni radicali che possono generare esplorazioni di immagini, progetti, visioni altrettanto radicali. Questa interrogazione riguarda il ruolo del territorio e della città come supporto fondamentale della nostra vita sociale. Al centro di questa investigazione è una lettura attenta del qui ed ora e la costruzione di traiettorie capaci di far precipitare nuove possibilità: rintracciare i prototipi di architetture, dispersi e poco visibili, realizzati nel corso degli ultimi due difficili decenni, assumere una prospettiva di riciclo estesa a tutto lo stock depositato sul territorio, immaginare un progetto ambizioso che connetta aree interne ed aree metropolitane all’interno di visions comuni, senza ambiguità e nella direzione di un grande intervento diffuso, mettando al centro, per una volta, l’Italia Giardino d’Europa, la città-territorio. L’Italia è un paese da ripensare nella sua interezza, è urgente suscitare una riflessione capace di accompagnarne la transizione lungo una direzione innovativa e non di retroguardia, uscendo dalla logica duale (quella anche che si stabilisce tra città e “aree interne”) e dalla concentrazione eccessiva delle risorse in alcune poche aree metropolitane. La città-territorio sfugge alla logica binaria, si estende su larghe porzioni del nostro paese, assume configurazioni variate entro le quali trovano posto le aree metropolitane ed i centri urbani: sulle coste, nelle piane, lungo le valli alpine e sui versanti appenninici. Si tratta di città, come da tempo abbiamo collettivamente rilevato: di organizzazioni urbane estese. Non realizzarlo segnerà un indebolimento ulteriore dei nostri territori. Qui il tema è se crediamo o no nel futuro. O meglio, del modo diverso in cui crediamo nel futuro entro il processo di metamorfosi.

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vista del padiglione e dello spazio di transizione dal giardino

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IV. La città-territorio europea, il giardino italiano e la biopolitica Attraverso le lenti dei cicli di vita, la centralità delle preoccupazioni ambientali e del pensiero ecologico, possiamo individuare e seguire il ritorno del tema della “vita” nel dibattito sulla città e sul territorio. Non nelle forme del vecchio organicismo, ma entro un quadro diverso nel quale l’essere umano è in primo luogo un essere vivente tra altri, e gli esseri viventi sono soggetti quanto l’uomo. Mi riferisco a un paradigma che può ispirare due diversi campi di pensiero tra di loro connessi: l’emergenza di ciò che Foucault ha descritto con i termini di bio-potere, un potere le intenzioni del quale, tipicamente moderne, sono rivolte verso il mantenimento della vita e della sua produttività; l’ecologia profonda che riconosce viventi e non viventi come soggetti e la loro interazione con gli umani un’interazione tra pari. Seguendo Foucault è possibile comprendere che il potere costruisce il soggetto, determinando le condizioni della sua esistenza e le traiettorie dei suoi desideri. Nei suoi ultimi scritti Bernardo Secchi è tornato più volte sul ruolo che l’urbanistica europea ha avuto entro questo quadro, nel periodo della ricostruzione delle città europee dopo la seconda guerra mondiale e nell’ultimo periodo, gli anni in cui l’egemonia neo-liberale regnava incontrastata. La sovranità non ha più un centro territoriale (e questo rimanda alla plurivocità della città-territorio); oggetto del governo diventa l’intera vita sociale; il mantenimento di una condizione di benessere non acquisita e selettiva riapre la questione biopolitica. Per questo, una seconda (e conclusiva) coordinata del mio ragionamento riporta alla centralità di figure quali quella di biopolitica, vero e proprio commutatore semantico del pensiero contemporaneo. Credo sia lecito chiedersi se questo commutatore funzioni anche nel ricostruire qualche robusta cornice di sfondo per il pensiero progettuale contemporaneo che voglia misurarsi con la condizione urbana italiana e provi a guardare l’Italia come luogo di sperimentazione, di visions, scenari e prototipi. A dispetto degli ultimi venti anni di silenzio.

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02 Italia Giardino d'Europa, scenari e prototipi per un nuovo paese

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02 informazioni dettagliate sulla proposta

Italia Giardino d’Europa - Scenari e prototipi per un nuovo paese Precisare e dettagliare il contenuto della proposta implica un avvicinamento allo spazio concreto del Padiglione Italia, con le due tese ed il giardino. Implica anche una maggiore chiarezza nell’indicare ciò che si cerca, percorrendo, idealmente e materialmente, l’Italia come grande giardino, immaginando scenari territoriali e raccogliendo “prototipi” di architetture. Da questo punto di vista la proposta si articola in tre parti principali, cui corrispondono tre spazi. Alcune sovrapposizioni orientano il visitatore (si veda: III allestimento).

Parte 1 . Un nuovo tipo di città La prima parte della mostra raccoglierà una cartografia originale di situazioni di città-territorio comparando l’Italia Giardino d’Europa ad altre situazioni europee e non europee. Se ancora nel 2006 la Biennale diretta da Burdett limitava la comparazione a brani di tessuto “tradizionale”, in questa emergeranno nuovi modi e modelli insediativi, spazi ibridi che disegnano la nuova condizione urbana nel mondo. Per comprendere il grande giardino, tutte le reti che corrono lungo o sotto il suolo sono elementi rilevanti, strutturali. Sia nel mondo occidentale, sia in Asia o in America Latina, le reti dell’acqua e delle strade, spesso concepite come un’unica opera infrastrutturale, hanno disegnato paesaggi a grana fine che non sono solo il risultato di civilizzazioni autocratiche, ma esprimono relazioni orizzontali e di condivisione entro le quali il governo dell’acqua e l’accessibilità sono parte dei diritti comuni e della distribuzione di responsabilità all’interno di una comunità. Allo stesso tempo riflettere sulle diverse forme di razionalità che hanno disegnato minutamente il supporto della cittàterritorio e sul ruolo strutturante delle diverse razionalità – tra queste quella idraulica e dell’accessibilità – pone le basi di nuove visioni e progetti. Parte 2 . Scenari, strategie, prototipi La seconda parte della mostra è quella centrale: riguarda l’Italia Giardino d’Europa, rappresentata nella sua interezza in una mappa di questioni e potenzialità. La mappa attraverserà le due tese. Scenari e strategie (nelle forme di mappe, diagrammi …) troveranno posto lungo le pareti della seconda tesa e riguarderanno alcuni dei grandi rischi che incombono sul territorio. I prototipi (nella forma di plastici, disegni, fotografie) saranno appesi alla struttura a capriate e scenderanno sulla grande mappa costruendo addensamenti di architetture sospese.

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sequenza degli spazi del padiglione Italia 14


Rischio e progetto multifunzionale La mappa rappresenterà alcuni dei grandi rischi che incombono sull’Italia Giardino d’Europa. Il rischio legato all’acqua, ad esempio, ha acquisito una visibilità che è funzione della più alta frequenza di eventi estremi e dell’aumentare della consapevolezza della responsabilità antropica in ciò che siamo abituati a definire disastri naturali. In Italia, la città-territorio ne è pienamente interessata: dai piccoli corsi d’acqua capaci di estrema violenza quando esondano su aree eccessivamente impermeabilizzate, ai grandi fiumi che attraversano formazioni urbane dense e meno dense tra argini spesso mal mantenuti, ai versanti alpini e prealpini abitati, a quelli poco stabili degli Appennini, fino alla pianura densamente urbanizzata del nord milanese dove i fiumi limitati nel loro spazio corrono intubati e straripano nella città. La rete minuta di drenaggio è spesso posta sotto accusa, ma sempre più è riconosciuta come parte importante di una strategia di capacità diffusa, specialmente in presenza di condizioni urbane altrettanto diffuse e frammentate. L’investimento necessario a mettere in sicurezza il territorio è estremamente esoso: solo in Italia 40 miliardi di euro (7 miliardi per un più modesto piano di mitigazione proposto dall’Associazione Nazionale Bonifiche e Irrigazioni nel 2014). Date la dimensione dell’investimento e la difficile congiuntura economica è evidente che qualunque intervento sul supporto urbano deve essere in grado di risolvere più di un problema settoriale, inserendo spazi multifunzionali che alla soluzione idraulica (in questo caso) connettano altri progetti altrettanto urgenti e fondamentali per il futuro dell’Italia Giardino d’Europa. Il cambiamento climatico può assumere il ruolo di «connettore», capace di stabilire nuove alleanza tra saperi, discipline e politiche. Nel territorio italiano, artificiale e fragile, i paesaggi dell’acqua disegnano geografie di inclusione/esclusione, una questione ambientale e politica ancora sottovalutata. Scenari e No regret strategies Gli scenari propongono di riflettere su alcuni elementi chiave del supporto urbano-territoriale in relazione ad alcune tendenze economiche e sociali. Il quinto rapporto IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), ad esempio, insiste sul rischio di «systemic failure» che potrà coinvolgere settori diversi, indebolendo la presenza e la resilienza degli ecosistemi. Nella parte meridionale dell’Europa e nelle regioni alpine, turismo, agricoltura, silvicultura, produzione energetica rinnovabile, infrastrutture e salute delle popolazioni richiederanno strategie capaci di assumere criticamente il paradosso dell’incertezza delle previsioni e la necessità di agire; il conflitto sull’uso delle risorse, l’acqua per l’agricoltura, l’energia, la conservazione degli ecosistemi e degli insediamenti umani, sarà enfatizzato a causa della loro ridotta disponibilità. Più malleabile della città consolidata, con grandi margini di riduzione dei consumi e di stoccaggio, la città-territorio è un contesto nel quale nuove regole possono essere più facilmente immaginate e sperimentate. No regret strategies in grado di aprire percorsi dotati di senso anche in condizioni di incertezza (ad esempio molte delle politiche di riduzione delle emissioni di CO2 o di diminuzione del consumo energetico degli edifici) possono disegnare un vasto progetto di adattamento dell’Italia Giardino d’Europa. 15


vista di "Italia Giardino d'Europa" con i prototipi sospesi

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Mantenere argini e percorsi, canali, reti di irrigazione e strade bianche riguarda il bene comune, i ruoli e le responsabilità di istituzioni, società civile e associazioni di categoria che usufruiscono del supporto per esercitare le loro attività. La condivisione del rischio, locale e globale, è ineliminabile e riporta in luce forme antiche di gestione delle risorse e la necessità di azioni collettive. Esse non possono essere riproposte come tali: richiedono una nuova maturazione politica che non le imponga come mosse regressive ed escludenti.

Prototipi. Lo scenario non è solo l’occasione di estendere le riflessioni al lungo periodo, di immaginare futuri alternativi, ma di rilevare e scoprirne i prototipi architettonici che già esistono, dispersi nel grande giardino italiano. L’ipotesi che guiderà la ricerca e la selezione di progetti è quindi duplice: in questi ultimi decenni l’architettura italiana non ha avuto condizioni per esprimere un contributo sostanziale ed è scomparsa dal dibattito internazionale. Tuttavia, entro questo difficile contesto e spesso con grande dedizione e motivazione personale, progetti piccoli e meno piccoli hanno introdotto una nuova qualità (funzionale, sociale ed estetica). Talvolta veri e propri atti di resistenza, espressione, entro il banale e l’ordinario, di una ricerca di verità come la intende Ernst Bloch, che non è contenuta interamente nella realtà, ma aspira ad un futuro diverso. Sostenuti dalla convinzione che un percorso, una casa, un parcheggio, una toilette pubblica, uno slargo, una strada, un capannone riutilizzato… ben disegnati non siano solo espressioni individuali, ma parti di un progetto sociale più ampio che, se esteso, può migliorare la qualità della vita di un’intera popolazione. Uso per questo il termine di prototipo. Si tratta, di riportare la nostra attenzione sul ruolo dell’architettura e del progetto entro nel ripensare l’Italia Giardino d’Europa. Il progetto, ad esempio, del suo supporto: un capitale immenso, di grandi e piccole infrastrutture in continua modificazione, un deposito di embodied energy, di stratificazioni, di rifacimenti e aggiustamenti. È in questo capitale e nella sua adeguatezza che si gioca la possibilità di ripensare l’Italia, la sua funzionalità, il suo spazio come grande giardino produttivo. La ricerca di prototipi mostrerà che questo non è impossibile. La città-territorio emerge, nei diversi contesti europei e non, come la novità più importante che il XX secolo ci ha lasciato in eredità e l’elaborazione teorica italiana è stata, su questo tema, tra le più interessanti e influenti. Si tratta però di forme di urbanità fragile, che possono facilmente perdere alcune delle loro caratteristiche più interessanti, l’estrema connettività ad esempio, riducendo a isole ad accessibilità limitata e controllata, o a periferie, brani della città diffusa che si scoprono marginali dopo essere stati, per decenni, il luogo dello sviluppo e della crescita. Contro il senso comune e le gerarchie consolidate, contro il progetto settoriale che impedisce un’utilizzazione razionale delle risorse e la difficoltà a utilizzare perfino le risorse disponibili, contro la polarizzazione in corso e legata oggi al dibattito sulle aree metropolitane la mia proposta è di riflettere su una vision radicata nel supporto, rinforzandone l’isotropia, la porosità e le relazioni orizzontali. La produttività e l’abitabilità del nostro paese è legata a questo supporto, al suo riciclo e adattamento. La ricerca di prototipi equivale ad un nuovo viaggio in Italia: per far 17


il giardino biopolitico: vista dello spazio di transizione con il grande tavolo dei dibattiti e lo spazio verde ripensato

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emergere i prototipi latenti, ma anche ciò che rimane degli spazi del capitalismo molecolare dopo la grande crisi, della città-territorio come capitale, per una nuova riflessione sulla sua durabilità e necessità di conservazione. Una questione che finora non è mai stata posta.

Parte III . Il giardino biopolitico: “an Italian discourse” E’ anche a partire dalle letture e rappresentazioni delle nuove forme di urbanità che il pensiero progettuale italiano ha proposto in questi decenni uno sguardo originale, specifico e non localistico. La loro interpretazione e concettualizzazione rappresenta, parafrasando l’Italian thought, uno specific Italian discourse, un contributo importante che l’architettura e l’urbanistica italiane hanno portato alla riflessione sulla città. Esso aiuta a meglio collocare molte delle recenti esperienze di progetto in Europa che hanno iniziato ad occuparsi di questo tema in modi concreti. Paradossalmente non è stato il caso in Italia, dove questo stesso discorso si è formato. La riflessione sull’Italia Giardino d’Europa e la sua metamorfosi richiede una rielaborazione critica e la messa a punto di una robusta cornice di sfondo per il pensiero progettuale contemporaneo. Il “Giardino biopolitico” è il luogo di riflessione che il Padiglione Italia potrà proporre (in uno spazio di transizione tra interno ed esterno, prolungamento del padiglione verso il giardino). In questo luogo alcune occasioni di discussione porteranno sul ruolo del progetto (a partire dalle ricognizioni compiute) e su un nuovo incontro tra pensiero progettuale e pensiero filosofico, avvantaggiandoci del “tempo propizio” del pensiero filosofico italiano, per il recupero di una capacità critica di pensare il territorio in questo nuovo e complicato sfondo in cui la crisi ci ha posto.

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03 strategia di allestimento

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03 strategia di allestimento della mostra

vista zenitale del padiglione

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il cubo bianco, introduzione

la prima tesa, lo spazio dei racconti (a sinistra); le letture cartografiche (a destra) 22


Premessa I due lunghi spazi dell’Arsenale non sono semplici. Le dimensioni fin troppo generose, la posizione periferica e lontana che deve fare presupporre un pubblico ormai stanco, provato dalle distanze e dal bombardamento di immagini, la mancanza di transizione tra interno ed esterno, tra giardino ed edifici sono alcune delle ragioni che ne spiegano la difficoltà di allestimento registrate in passato. La strategia proposta non sovraccarica i luoghi, consente diverse modalità di visita e molteplici soste. Propone spazi nei quali codici comunicativi diversi coesistono. Un plastico alla scala 1:100, qui fotografato, rappresenta una prima ipotesi. Il suo ruolo è aiutare a chiarire il senso e lo scopo della proposta per il Padiglione Italia introdotta nei due capitoli precedenti.

Spazio 1 il cubo bianco nella prima tesa Un cubo bianco. Lo spazio vuoto che introduce la mostra contiene la premessa e la descrizione delle sue parti. “Italia Giardino d’Europa” è uno spazio ambiguo tra marginalità e fascinazione: invita a riflettere sulla condizione critica dell’architettura italiana attuale, ma anche su prototipi e scenari in un contesto in mutazione, uno spazio urbano ibrido e produttivo nel quale l’architettura si dà e si costruirà. Il cubo è attraversato nelle due direzioni. Uno spazio oscurato, alla sinistra dell’ingresso, consentirà di raccogliere alcuni racconti che parlino di progetti, pratiche, luoghi, iconografia, nell’Italia come grande giardino (video).

Spazio 2 la prima tesa Il secondo spazio utilizza una parte importante della prima tesa e raccoglie principalmente grandi letture cartografiche che mirano e rivelare le similitudini tra condizioni urbane anche molto distanti quando le si osservi a partire dai processi di razionalizzazione che le hanno investite nel tempo. La nozione di supporto è cruciale per affrontare le sfide sociali, climatiche, demografiche ed economiche che ognuno di questi territori dovrà affrontare. I materiali che saranno esposti derivano da ricerche, numerose tesi di dottorato italiane e straniere che attorno ad alcune ipotesi comuni stanno costruendo un corpus originale di rappresentazioni (si veda nel CV i riferimenti alla ricerca da me coordinata “La metropoli orizzontale”).

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la seconda tesa, l'Italia Giardino d'Europa

il Giardino biopolitico, lo spazio di transizione (portico) e gli spazi verdi ripensati 24


Spazio 3 la seconda tesa Il terzo spazio contiene una grande mappa dell’Italia Giardino d’Europa. Ne mostrerà alcuni tratti salienti per una riflessione sul suo futuro, tra questi: le aree a rischio idro-geologico (includendo l’innalzamento del livello del mare), i luoghi di maggiore invecchiamento della popolazione, di ricchezza e di povertà, i punti di sbarco dei clandestini, di resistenza e nuovo sviluppo di vecchi e nuovi distretti produttivi (il paese delle lenticchie), le infrastrutture abbandonate, i luoghi di produzione di energia rinnovabile, l’inquinamento dei suoli, le aree delle bonifiche di pianura, di collina e di montagna, i paesi abbandonati, le stazioni sciistiche da ripensare, le periferie metropolitane come possibili centralità tra vecchi centri e città dispersa, alcuni elementi del welfare diffuso, le cave aperte e abbandonate, … Tutto questo può essere rappresentato poiché la scala alla quale questa mappa sarà costruita e stampata è circa 1:20.000, per una lunghezza dello stivale di circa 50 metri. La parte nord-orientale sbucherà nella prima tesa, annunciando il tema, la Sicilia sarà nello spazio di transizione tra giardino e padiglione (il portico), la Sardegna completamente immersa nel giardino che fronteggia il lato lungo della seconda tesa. In questo modo chiunque visiti la mostra e dotato di cognizioni di geografia anche molto sommarie potrà muoversi a partire dall’Italia e dalla sua forma. Occasioni di gioco (ad esempio il gioco dell’oca nella pianura padana, o il monopoli nella campagna romana...) si troveranno sparse lungo l’intera penisola e potranno costituire la base per eventi didattici per bambini e scuole. Sospesi sulla mappa (ad altezza da definire) si troveranno molti progetti in forma di plastici, disegni, fotografie…Le modalità di raccolta di questi materiali saranno organizzate sollecitando l’Ordine degli architetti e le numerose Associazioni culturali legate all’Architettura (in questo momento particolarmente numerose) ad una ricognizione, in parte già esistente al limite della “folla oscura”, dopo la quale il team curatoriale organizzerà una selezione, sopralluoghi ad hoc per svolgere brevi interviste e reperire il materiale originale. L’orizzonte temporale potrebbe riguardare gli ultimi 15 anni. Non si tratta di restituire tutto ciò che si è fatto, ma di cercare prototipi che chiariscano il ruolo dell’architettura (del progetto di edifici, spazi aperti e pubblici, infrastrutture) nel contribuire al benessere individuale e collettivo, come il tema della prossima Biennale suggerisce. Di contribuire, anche, al benessere più allargato di ambienti, specie animali e vegetali. E’ a partire dai prototipi che una riflessione biopolitica potrà ancorarsi alla concretezza del quotidiano.

Spazio 4 il giardino biopolitico Il quarto spazio è quello del giardino che si articola in un ambiente di transizione (un portico dal quale guardare e godere del giardino e nel quale discutere) e nel giardino propriamente detto, sfondo, luogo di riposo, di gioco, di riflessione, di rappresentazione. Un progetto minimale potrebbe iniziare proprio con l’assenza di manutenzione dello spazio attuale (almeno sei mesi prima dell’inaugurazione delle biennale di architettura) e poi inserire ambienti che proseguono la logica per fasce delle due tese. Lo spazio di transizione, coperto e sufficientemente largo per contenere un grande tavolo attorno al quale dibattere, ospiterà alcuni degli eventi previsti (vedi 07, Proposta di eventi). 25


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