6 minute read

van ckastlan van gadanckna - dal cassetto dei ricordi

a cura di valentina unfer

Afta platlan sent ibartroon da gadanckna van Gino, van Niveo van Galo, van Armando van Fatt, var Marian van Kretschar, van Silvio van Galo

Advertisement

van ckastlan van gadanckna - dal cassetto dei ricordi a cura di valentina unfer

Um sezza tschnochz hott da trombeita gaplosn unt olta unt junga baibar sent zua gon helfn sont unt schtana troon

La giornalista Maria Antonietta Serena pubblica la storia della "chiesa nuova" sulla rivista settimanale STOP del 2 febbraio

Il giorno 10 ottobre 1945 i timavesi eleggono la commissione per affiancare don Ludovico Morassi nel difficile compito di guidare i lavori per la costruzione della nuova chiesa. Il gruppo è composto da dodici persone, guidate dal sacerdote, ed è soprannominato “Commissione dei dodici apostoli” . Essi sono: sac. Morassi “Pre vico” Presidente

Matiz Gelindo segretario

Muser Franz Cjacaron Capo cantiere

Mentil dionisio Galo Consigliere silverio Tommaso Maccia Consigliere

Mentil angelo Reit Consigliere silverio attilio Consigliere

Matiz luigi Ieso Consigliere

Mentil amedeo Paloni Consigliere unfer Tomaso Cjapitani Consigliere

Mentil silvio Galo Consigliere

Matiz davide Raitl Consigliere

“Si può dire che tutto Timau era impegnato ad aiutare pre Vico e la gente che lavorava alla chiesa. Ogni sera Alcide

Primus van Futar girava per il paese suonando con una trombetta, era il segnale che dovevamo andare al fiume a prendere la sabbia, altrimenti, come gridava scherzosamente il Cide, “ci veniva la scabbia”. Allora le donne di qualsiasi età, anche le bambine, andavano al fiume, tutte con il gerlo sulle spalle. Là sul greto c’era sempre qualcuno che aiutava a riempire il gerlo di “grava”, una specie di ghiaione di fiume. Con il gerlo sulle spalle salivamo gli scalini scavati nell’argine e raggiungevamo la chiesa, dove c’erano dei grandi crivelli che filtravano il materiale portato dal fiume. Poi scaricavamo il gerlo in mezzo alla chiesa dove gli uomini preparavano la malta e la calce. Per preparare la calce, gli uomini portavano fino alla chiesa con le “cjarosghules” i sassi cotti nella fornace che la famiglia Cjapitani aveva sotto la strada in cima ai “Rauts”, nel Mauarach. Una volta nella chiesa, i sassi venivano buttati in una grande fossa che c’era nel pavimento e mescolati con acqua, in questo modo li “spegnevano” per ottenere la calce. I sassi per la calce venivano preparati dal Guerin del Sappadin (Guerino Unfer), spesso aiutato da suo figlio Pieri che aveva dei ragazzi che gli portavano la legna da bruciare per preparare la calce. Anche il mio Miro lavorava lì ed era contento di farlo, nonostante ci fosse poco da guadagnare di soldi. Mi ricordo che ogni tanto gli davano un chilo di riso o di granturco, ma andava bene anche quello perché c’era tanta miseria. Poi ricordo che nel Rana dove è stata costruita la chiesa c’era tanto fango e profonde pozzanghere, tutta palude”.

Testimonianza di Beppa Unfer van Cjapitani

... alle sei di sera suonava la tromba e tutte le donne vecchie e giovani uscivano di casa con carriole e secchi e aiutavano a portar sassi e sabbia ...

van ckastlan van gadanckna - dal cassetto dei ricordi a cura di valentina unfer

Dar Nutti van Eimar darzeiltuns monsa in da diava untara bont hont goarbatat con questo racconto Giovanni Ebner (1926-2004) van Eimar ci guida nella storia delle cave di marmo della nostra zona

In da diava van marmul untara bont hont 20 mandar goarbatat. Da earschn schtana sent afta bagna pis af Palutsch boarn gazouchn

La cava di "Rosso Timau" in località Untarabont occupava fino a venti operai. I primi blocchi trainati sui carri fino alla ferrovia di Paluzza

L’idea di dar vita all’industria marmifera nella nostra zona si realizzò nell’anno 1925 a cura della Società Anonima Marmi Timau con sede in Paluzza. Gli azionisti principali erano i signori Matteo Brunetti e nipote Andrea, il sostenitore più assiduo era il signor Antonio Barbacetto che fungeva anche da amministratore. L’inizio dei lavori avvenne nell’anno 1926. Furono diversi gli assaggi eseguiti in varie zone ma con scarsi risultati. Iniziarono i lavori di provini in diverse zone: in località Untara Bont, sopra l’abitato del Pauarn, il marmo rosso Timau; Untara Ckiabisa e Oubara Ckiabisa il persichino; in località Cklambl e Ronach Plota grigio e nero fiorito. Detti assaggi non dettero i risultati sperati e quindi, in parte, dopo il primo anno di tentativi i lavori vennero sospesi. Si concentrarono i lavori in due sole cave ritenute più meritevoli di attenzione e speranza di successi, cioè quella in località Cklambl del nero fiorito, quella del rossoTimau in località Untarabont situata sopra l’abitato dei Pauarn. La mano d’opera era locale, la direzione dei lavori e qualche operaio specializzato venivano da Carrara. Per diverse ragioni, difficoltà finanziarie, alti costi di estrazione ed altro l’anno 1929 tutti i lavori vennero sospesi, terminò così la deludente prima fase di questa industria che tante speranze aveva destato nella zona. Passò un decennio e nel 1939 i lavori ripresero dando vita alla coltivazione della cava rosso Timau, saltuariamente si lavorò anche in località Cklambl nella cava di nero fiorito ma tutti gli sforzi si concentrarono sul rosso. Gli operai erano una quindicina in buona parte di Timau, qualche operaio specializzato tagliapietre e scalpellini provenienti da Enemonzo. Il capo cava era pure di Timau, Egidio Mentil “zio Gilio” il quale nella primavera successiva mentre si eseguivano i lavori di pulitura nella zona sovrastante la cava, scivolò rotolando per un tratto a valle procurandosi delle ferite mortali, infatti, morì pochi giorni dopo. Venne sostituito da un fedele dipendente della ditta F.lli Brunetti, il signor Giovanni De Franceschi detto Dek. Nel 1941 sostituito da Giacomo Plozner meccanico escluse 3 binte che servivano per il ribaltamento e la manovra dei blocchi, queste pesavano 120 kg. ciascuna. Nel 1941 la Società decise di potenziare la cava meccanicamente. Si costruì un comodo capannone in muratura, intonacato e rifinito completo di cabina elettrica, in località Prunabolt, vicino all’acquedotto di Timau. In detto capannone venne installato un compressore con motore elettrico da 15 HP, una elettropompa aspirante e premente a tre pistoni azionata da motore elettrico da 5 HP per il pompaggio dell’acqua in cava, l’impianto di azionamento del filo elicoidale pure con motore da 15 HP. Nella cabina l’impianto elettrico ed un trasformatore da 50 HP completavano l’installazione. La cava era collegata da una tubazione in acciaio da 1e1/4’’ che serviva sia per l’acqua che per l’aria compressa a seconda della necessità. Una linea elettrica forniva l’energia per l’azionamento dell’argano di manovra blocchi e della teleferica tipo và e vieni necessaria per il trasporto di sabbia silicea e attrezzatura varia. Il capo cava era il sig. Giovanni Bertani da Carrara. Negli ultimi anni sostituito dal sottoscritto Giovanni Ebner. L’ideatore e il grande sostenitore di queste opere il cav. Matteo Brunetti non vide realizzato il suo sogno poiché morì prima del completamento. Anche il nipote Andrea che gli succedette, morì fra i martiri di Promosio nel luglio del 1944. In seguito anche a causa della guerra i lavori non proseguirono con continuità, alla fine del 1942 furono sospesi. Dopo la guerra nel settembre del 1945 si ripresero i lavori, si costruì una strada dalla cava al rio Letischn con decauvill per trasporto a rifiuto del materiale inutilizzabile. Nel 1946 ripresero i lavori di estrazione in un saliscendi di alti e bassi. Si lavorò a periodi ma per tante ragioni, sia finanziarie che altre, la cava venne definitivamente chiusa alla fine del 1949. Nel 1951 tutto il macchinario e gli impianti venivano smantellati, così finì l’era della Società Anonima Marmi Timau. nella foto precedente al 2001, anno di inizio lavori per il vallo, è evidenziata la zona dov'era situata la cava di marmo "rosso Timau" in località Untarabont. 1 Cava di marmo: rosso Timau, 2 Via di lizza, 3 Poggio, 4 Vluachballi, 5 Groom van Letischn, 6 Karnolach, 7 Balli, 8 ronks, 9 raitlan, 10 oubarlont.

Periodi e orari di lavoro - Joarzaitn unt schichtna Il lavoro logicamente si svolgeva stagionalmente, il periodo normale iniziava il mese di aprile e terminava alla fine di novembre. Il personale impiegato variava di numero, secondo le esigenze di lavoro, da dieci a venti persone. L’orario normale era di dieci ore giornaliere (7-12 e 13-18) per sei giorni alla settimana. Al bisogno si facevano diverse ore straordinarie, specialmente durante lo svolgimento dei tagli con il filo elicoidale, che continuavano anche durante le ore serali o notturne fino all’ultimazione del programma. Prima di dare inizio alla ripresa dei lavori in cava, in primavera si procedeva alla pulizia accurata di tutta la zona sovrastante del monte dai sassi pericolanti, onde evitare spiacevoli sorprese. Questo lavoro, però, serviva a poco ma forse dava perlomeno l’impressione di sentirsi più sicuri e tranquilli durante i lunghi e faticosi turni di lavoro. Il pericolo, quindi, di caduta sassi sul piazzale era continuo, quasi quotidianamente si verificavano alcuni casi, ma l’abitudine di trovarsi sempre di fronte a detti pericolosi eventi non creava alcun allarmismo. Per grande fortuna nessun infortunio dovuto a queste cause si è verificato, i sassi delle volte cadevano vicino alle persone ma mai colpirono le stese.

Letoz Kut. In precedenza, il 17 giugno del 1926 nella cava in località Ckiabisa successe un episodio di grave infortunio, un giovane operaio Pietro Muser Todeschk veniva gravemente ustionato dallo scoppio di polvere, avvenuto in una baracca, e dopo tremende sofferenze moriva. Negli anni 1939 e 40 i lavori di estrazione venivano quindi eseguiti tutti manualmente, senza ausilio di alcun mezzo

Il trasporto su strada - Ibara beiga viarn Durante il primo periodo il trasporto dei blocchi veniva effettuato, da Timau alla stazioncina della ferrovia Alto Bût del Moscardo e località Bersaglio “Vanino”, mediante un forte carro di legno fatto costruire dalla Società e trainato da cavalli. Da Paluzza proseguiva per le località di destinazione. Nel secondo periodo il trasporto dal poggio,

This article is from: