UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PAVIA FACOLTA’ DI LETTERE E FILOSOFIA, SCIENZE POLITICHE, GIURISPRUDENZA, INGEGNERIA, ECONOMIA
CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN
EDITORIA E COMUNICAZIONE MULTIMEDIALE
LA COMUNICAZIONE NELLO SVILUPPO DELLA REPUTAZIONE AZIENDALE. IL CASO FERRERO
Relatore: Chiar.mo Prof. Stefano Colloca
Correlatore: Chiar.mo Prof. Giampaolo Azzoni Tesi di laurea di: Mariantonietta Chiara Sciannamè
ANNO ACCADEMICO 2009/2010
A papĂ , mamma,
Totò
e me,
il mio quadro perfetto.
“Non puntare tutto sulla popolarità, piuttosto che sulla reputazione, perché una volta perduta questa si perde anche la benevolenza e a questa subentra l'essere disprezzati. A chi mantiene la reputazione, invece, non mancano amici, grazia e benevolenza.”
Francesco Guicciardini
INDICE Introduzione …………………………………………………………………p. 4
Capitolo 1. La reputazione aziendale ………………………………………..8 1.1 Identità, immagine e reputazione ………………………………8 1.2 Gli studi sulla corporate reputation …………………………..13 1.3 Il ruolo delle relazioni pubbliche ……………………………..21 1.4 La reputazione delle PMI ……………………………………..30 1.5
Il Reputation Institute………………………………….……32 1.5.1 Il processo di costruzione della reputazione …………...33 1.5.2 Il Global Pulse …………………………………………35 1.5.3 “Media Rep Track” …………………………………….39 1.5.4 “Rep Track Risk” ………………………………………40
1.6 La web reputation …………………………………………….41
Capitolo 2. Il valore delle relazioni ………………………………………...46 2.1 L‟importanza delle relazioni con gli stakeholder ……………46 2.2 Il Gorel ……………………………………………………….49 2.3 Gli studi sulla relazione ……………………………………...51 2.4 L‟importanza della fiducia……………………………………55 2.5 Edelman Trust Barometer 2011 ……………………………...57 2.6 L‟organizzazione narrante …………………………………...60 2.6.1 Storie e simboli…………………………………………64
Capitolo 3. Il brand e la brand reputation …………………………………69 3.1 Il brand ……………………………………………………….69 3.2 La brand reputation ………………………………………….73
1
3.3 Evoluzione delle marche ……………………………………..75
Capitolo 4. Case history: Gruppo Ferrero …………………………………79 4.1 La storia ……………………………………………………...79 4.2 La Ferrero dei giorni nostri …………………………………..83 4.3 La missione …………………………………………………..84 4.4 La Responsabilità Sociale d‟impresa…………………………89 4.4.1 L‟ambiente ……………………………………………90 4.4.2 L‟attenzione all‟uomo ………………………………...94 4.4.3 La Fondazione Piera, Pietro e Giovanni Ferrero..........99 4.4.4 Le imprese sociali ……………………………………101 4.5 La filosofia imprenditoriale ………………………………...102 4.6 La visione …………………………………………………..107 4.7 Nutella da spalmare, cliccare e collezionare ……………….108 4.8 La comunicazione pubblicitaria ……………………………112 4.9 La reputazione di Ferrero …………………………………..116 4.9.1 Potenziali rischi per la reputazione di Ferrero ………118 4.9.2 Reputation Award …………………………………...121 4.9.3 Winning Italy Award ………………………………...127 4.9.4 Special Award Innovation …………………………...128 4.9.5 MF Company Award 2010 ………………………….128 4.9.6 Premio Alberto Falck – Azienda Famigliare 2010 …129 4.9.7 Best Employer of Choice 2010………………………130 4.9.8 Cosa dicono i consumatori ………………………….130 4.9.9 Cosa dicono i media ………………………………..135 4.10 Intervista a Gigi Padovani …………………………………..140
Conclusioni …………………………………………………………………...149
2
Abstract ………………………………………………………………………152
Indice delle tabelle e delle figure …………………………………………...154
Bibliografia …………………………………………………………………...156
Sitografia ……………………………………………………………………..162
Ringraziamenti ………………………………………………………………164
3
Introduzione In una tesi che si propone di illustrare il ruolo della comunicazione nello sviluppo della reputazione aziendale, obiettivo primario è far luce sul concetto di reputazione. Per questo la mia analisi si snoda in quattro capitoli: il primo è dedicato interamente al concetto di reputazione aziendale; il secondo tratta le relazioni con gli stakeholder e la fiducia come elemento indispensabile in tutte le forme di relazione; il terzo introduce il brand e il ruolo che gioca nella reputazione; il quarto è il racconto di una realtà aziendale, il Gruppo Ferrero. La reputazione aziendale rappresenta un‟area di indagine aperta, di cui accademici e professionisti si occupano da anni. Ancora oggi, però, in alcune culture aziendali, soprattutto nelle Piccole e Medie Imprese, manca una conoscenza diffusa del fenomeno e delle implicazioni che può avere sul successo dell‟azienda e sulle relazioni che essa instaura con diversi gruppi di stakeholder. L‟interesse del dibattito attuale sulla reputazione è dovuto all‟influenza che essa esercita sulla competitività aziendale, intesa sia come capacità di generare un vantaggio concorrenziale, sia come potenziale di attrazione di nuovi clienti e di fidelizzazione di quelli esistenti. La reputazione è un concetto difficilmente circoscrivibile perché coinvolge diverse aree come la gestione delle risorse umane, il marketing, la strategia di business e la comunicazione aziendale, ed esistono svariati tentativi di definizione da parte di diversi studiosi. Inoltre, troppe volte questo concetto è avvolto da un alone di ambiguità; le ragioni derivano dalla confusione con il concetto vicino di “immagine”, che a sua volta richiama quello di “identità”. Per questo ho ritenuto opportuno iniziare la mia analisi proprio dalla distinzione tra i concetti di identità, immagine e reputazione aziendale; per spiegare poi il passaggio da un‟attività di comunicazione aziendale impegnata per lo più nella costruzione dell‟immagine, a una comunicazione volta al potenziamento della reputazione.
4
Oggi la comunicazione aziendale è ben altra cosa dalla semplice pubblicità: quest‟ultima è solo una minima parte del lavoro di comunicazione che permea tutte le funzioni delle organizzazioni moderne, entità che si configurano sempre più come vere e proprie reti di relazioni. La comunicazione aziendale efficace è lontana dai vecchi flussi comunicativi che avvenivano in modo unidirezionale; la sua forza sta proprio nella potenziale simmetria comunicativa che vede l‟ascolto degli stakeholder come una fase imprescindibile nel lavoro di relazioni pubbliche. Le aziende si raccontano sempre più, lo storytelling è ormai tecnica più che diffusa in molte realtà aziendali, ma le organizzazioni più illuminate sono, secondo molti studiosi, quelle che prima di raccontare di sé, e quindi di offrire le proprie storie ai pubblici, imparano ad ascoltare e interpretare le istanze dei pubblici, e a fare proprie le loro storie. Non c‟è narrazione senza ascolto: un postulato semplice, ma che bisognerebbe tenere sempre presente perché è un grave errore preoccuparsi più della comunicazione in uscita che di quella in ingresso. Se la comunicazione influisce profondamente sulla reputazione aziendale, va sottolineato come per comunicazione non si intendono solo le parole e le immagini veicolate in vari modi all‟interno e all‟esterno delle organizzazioni, ma tutti i comportamenti aziendali sono altamente comunicativi. Le scelte aziendali, il rapporto con i dipendenti, gli eventi a sostegno di varie iniziative sociali, l‟impegno etico delle organizzazioni, il rispetto per le persone e l‟ambiente sono tutti atteggiamenti che comunicano qualcosa sull‟azienda. Ne segue che la comunicazione non deve essere preoccupazione solo dei suoi professionisti, ma di tutti gli attori che agiscono a vario titolo nel mondo aziendale, dal CEO allo stagista. Altro requisito indispensabile per le organizzazioni contemporanee è la trasparenza; come dice Chris Anderson: “La trasparenza può creare fiducia senza nessun costo.”1 La fiducia, a sua volta, è garanzia di stabilità delle relazioni e generatore di reputazione. 1
C. Anderson, La coda lunga. Da un mercato di massa a una massa di mercati, Codice Paperback, Torino, 2006.
5
In azienda la reputazione è sempre più vista come un ciclo virtuoso che traduce le percezioni positive degli stakeholder in azioni di sostegno, favorendo notevoli risultati di business per l‟azienda. In una realtà aziendale che fa delle relazioni il proprio valore aggiunto, è chiaro come il successo in termini reputazionali sia più facilmente raggiungibile. A sostegno dell‟importanza della reputazione Fombrun ha fondato il Reputation Institute di New York, un ente impegnato nella consulenza e nella ricerca, al fine di aumentare la conoscenza sulla reputazione aziendale. L‟istituto, tra le altre attività, ogni anno premia l‟organizzazione con il più alto livello di reputazione a livello mondiale. Anche per questo la scelta del case history analizzato nell‟ultimo capitolo è caduta sulla Ferrero. Questa industria dolciaria tutta italiana, anche se ormai estesa anche oltre i confini europei, si è aggiudicata il Reputation Award nel 2009. Per me, prima di studiarla, la Ferrero era “quella della Nutella, dei Kinder e dei Rocher”, un‟azienda italiana che ha avuto delle intuizioni geniali e ha dato vita a prodotti che sono più di semplici dolci, sono dolci momenti di vita, a cui ognuno di noi è legato tramite ricordi ed esperienze. Quando ho cercato un contatto interno all‟azienda, la Ferrero è diventata “quella riservata che non lascia trapelare informazioni”. Dopo averla conosciuta approfonditamente, per me la Ferrero è “quella dell‟ossessione per la qualità e l‟innovazione, la cura per le risorse umane e ambientali; un‟azienda di famiglia con oltre venti mila dipendenti, radicata ad Alba ma estesa in tutto il mondo; che raccoglie grandi risultati economici, ma non trascura l‟etica; che pensa in grande, ma si basa solo sulle proprie forze; che ritiene più importante aprire le Imprese Sociali nei Paesi in via di Sviluppo, piuttosto che concludere investimenti con altre società.” Insomma, se prima avevo una grande stima per la Ferrero, oggi la ritengo una realtà aziendale esemplare, che dice la qualità del “made in Italy”, la potenzialità delle aziende italiane di essere competitive su scala mondiale e la passione che ha 6
guidato il successo di una famiglia di lavoratori. La Ferrero è un esempio di come la reputazione sia il risultato di un‟offerta eccellente, di comportamenti agiti in linea con i valori professati e di una relazione empatica che si instaura con gli stakeholder e in particolare con i consumatori. L‟azienda racconta poco di sé perché preferisce far parlare i propri prodotti, alcuni dei quali sono più che beni di consumo, sono prodotti di culto, simboli che legano la loro storia alle storie dei consumatori, in un racconto che si diffonde online e fa bene alla reputazione dell‟azienda. Per questo, potendo avere solo poche informazioni dirette, mi sono districata nella rete in cerca di informazioni, tra i siti istituzionali Ferrero, così come tra blog, social network e siti dedicati ai consumatori, per capire cosa si dice online dell‟azienda e dei prodotti.
7
Capitolo 1. La reputazione aziendale
“It takes 20 years to build a reputation and five minutes to ruin it. If you think about that, you‟ll do things differently.” Warren Buffet
1.1 Identità, immagine e reputazione Il termine reputazione può risultare ambiguo perché troppo spesso è usato impropriamente e confuso con il concetto di immagine; in realtà immagine e reputazione hanno dei punti di contatto, ma identificano due aspetti diversi. In questa analisi, quindi, mi sembra doveroso chiarire innanzitutto il confine con il concetto di “immagine”, che a sua volta richiama il concetto di “identità aziendale”.
L‟identità di un‟organizzazione è la sua stessa essenza. L‟identità è data dall‟insieme sinergico degli elementi caratterizzanti di un‟organizzazione, sia materiali che immateriali. I primi, quali nome, logo, motto, stile di abbigliamento e luoghi di lavoro, riflettono la rappresentazione che l‟organizzazione fa di sé. Quelli immateriali, come storia, missione, visione, strategia, valori guida e comportamenti agiti, sono espressione della vera personalità dell‟organizzazione e di tutti i suoi membri. Per l‟impresa è importante presentarsi come trasparente, simboleggiare la sua etica e differenziare i propri prodotti da quelli dei concorrenti; per questo i programmi
di
identità
d‟impresa
riguardano
i
tre
elementi-chiave
dell‟organizzazione: la coerenza, il simbolismo e il posizionamento.2
2
W. Olins, Corporate Identity, Thames and Hudson, London, 1994, p. 148.
8
L‟immagine è la forma esteriore dell‟organizzazione, così come appare agli occhi dei pubblici. Costruire un‟immagine aziendale vuol dire rendere distinguibile un‟organizzazione e conferirle un aspetto attraente. Ci sono svariate definizioni di immagine, e lo stesso concetto risulta avere più sfaccettature. Ad esempio, Romano parla di immagine attesa, immagine riscontrata e immagine, indicando con la prima “l‟insieme degli orientamenti e delle intenzioni che definiscono il modo in cui l‟impresa vuole apparire ai suoi consumatori”; con la seconda “il modo in cui l‟impresa viene rappresentata dai suoi consumatori” e con immagine
“l‟evento
relazionale
generato
dai
due
precedenti
sistemi
di
rappresentazione”.3 Più l‟immagine riscontrata è vicina a quella attesa, più l‟organizzazione sarà credibile. La forza delle immagini è la loro capacità di riflettere ciò che un‟azienda è, ciò che è stata e ciò che comunica. Il rischio, invece, è di avere immagini incoerenti, cioè, i pubblici possono percepire l‟immagine diversamente dalla rappresentazione che l‟organizzazione aveva fatto di sé. Questo rischio si riduce se l‟impresa ha un‟identità forte dalla quale parte tutta la comunicazione con i diversi pubblici. Il concetto di immagine per alcuni è connotato negativamente, essenzialmente per tre motivi: indica una realtà costruita a tavolino che potrebbe non rispecchiare la reale identità d‟impresa4; privilegia l‟apparire piuttosto che l‟essere, l‟illusione piuttosto che la realtà5; ha una funzione manipolativa e non rappresentativa.6
3
D. Romano, Immagine, marketing e comunicazione, Il Mulino, Bologna, 1988, pp. 13-14. D. Finn, The Price of Corporate Vanity, “Harvard Business Review”, Vol. 53, N. 4, 1961, pp. 98106. 5 E. Bernays, Down with image, Up with Reality, “Public Relations Quarterly”, Vol. 22, N.1,1977, pp. 12-14. 6 W. Olins, Corporate Identity, Thames and Hudson, London, 1994. 4
9
Rispetto a quanto detto, è largamente condivisibile l‟affermazione di Baccarini e Golinelli secondo i quali l‟impresa deve costruire un‟immagine basata sui “tratti distintivi della sua personalità, l‟azienda deve poter manifestare i valori che la contraddistinguono in ogni momento di „contatto‟ con i differenti pubblici con i quali interagisce.”7
La reputazione, invece, attiene a una dimensione più profonda perché è la considerazione che i pubblici si formano, a partire dalla propria valutazione su tutti i messaggi emanati e i comportamenti agiti da un‟azienda, oltre che da tutti i messaggi che la riguardano, ma che provengono dall‟esterno. La reputazione si costruisce con l‟ascolto, le azioni e la coerenza e genera reciproco riconoscimento, fiducia e consenso. Probabilmente una delle definizioni più esaustive di reputazione aziendale è quella elaborata da Fombrun e Rindova: “Corporate reputation is a collective representation of a firm‟s past actions and results that describe the firm‟s ability to deliver valued outcomes to multiple stakeholders. It gauges a firm‟s relative standing both internally with employees and externally with its stakeholders, in both its competitive and institutional environments.”8
Questa e altre 15 definizioni di „reputazione aziendale‟ offerte dalla letteratura dagli anni Sessanta ad oggi, sono state analizzate in uno studio del 2000 da Bennet e Kottasz. L‟esito dell‟analisi è stata la formulazione di una nuova definizione che ne sottolinea gli aspetti chiave: “Corporate reputation is an amalgamation off all expectations, perceptions and opinions of an organization developed over time by customers, employees, suppliers, investors and the public at large in relation to the organization‟s qualities, characteristics and behaviors, based on personal experience, hearsay, or the organization‟s observed past actions.”9
7
C. Baccarini, M. G. Golinelli, L‟impresa inesistente: relazione tra immagine e strategia, “Sinergie”, n. 29, 1992, p. 144. 8 C. J. Fombrun, V. Rindova, Who‟s tops and who decides? The social construction of corporate reputations, Working paper, New York University Stern School of Business, New York, 1996. 9 R. Bennett, R. Kottasz, Practioner perceptions of corporate reputation: an empirical investigation, “Corporate Communication: An International Journal”, vol. 5, n. 4, 2000.
10
La differenza sostanziale tra immagine e reputazione è in due fattori: -
La reputazione si forma solo con il passare del tempo e l‟impiego di risorse; inoltre, una volta ottenuta, non bisogna darla per scontata, perché anche le reputazioni più salde potrebbero sfaldarsi rapidamente. L‟immagine, invece, si può costruire in breve tempo grazie ad attività pubblicitarie e di spin doctoring10.
-
La reputazione si fonda sui comportamenti e sulle azioni compiute dall‟organizzazione, quindi su quella che è stata ed è la sua storia reale. L‟immagine, al contrario, è ciò che l‟organizzazione vuol far vedere di sé all‟esterno, quindi potrebbe anche essere una rappresentazione lontana da quella effettiva dell‟organizzazione.
Da ciò deriva che, se per costruire l‟immagine sono efficaci strumenti della comunicazione quali pubblicità e relazioni con i media, questi non sono altrettanto sufficienti per consolidare la reputazione aziendale. L‟unico modo per creare e potenziare la reputazione è curare le relazioni con i diversi stakeholder, perché le relazioni sono molto più incisive della sola comunicazione, in quanto: “una relazione non può consolidarsi se non è basata su azioni oltre che su comunicazioni.”11
Posto che l‟eccellenza dei prodotti e servizi offerti è la prima garanzia del successo di un‟impresa, contano anche i processi cognitivi e interpretativi degli stakeholder riguardo alle azioni e ai comportamenti dell‟impresa. “Il terreno competitivo (dell‟impresa) è definito, non solamente dallo stato delle risorse presenti sui mercati e dai guadagni potenziali ad esse associati, ma anche dalla conoscenza, dalle aspettative, dall‟attribuzione di senso dei manager dell‟impresa e degli stakeholder che interagiscono con essa”12
10
Espressione anglosassone, connotata negativamente, che indica la manipolazione delle informazioni e la rappresentazione della realtà così che sembri positiva anche quando non lo è. 11 E. Invernizzi, Manuale di Relazioni Pubbliche 2. Le competenze e i servizi specializzati, McGrawHill Italia, Milano, 2006, p. 30. 12 V. P. Rindova, C. J. Fombrun, Constructing competitive advantage: the role of firm-constituent interactions, “Strategic Management Journal”, vol. 20, 1999, p. 20.
11
Se la reputazione coincide con ciò che i pubblici considerano rilevante, si genera quella forma di consenso data dalla condivisione tra i valori dichiarati dall‟azienda e valori considerati rilevanti dai pubblici. La
reputazione
è
il
risultato
della
comunicazione
eseguita
dalle
organizzazioni sia direttamente, attraverso piani di comunicazione strutturati, sia indirettamente, attraverso tutti quei comportamenti che l‟azienda assume nelle decisioni di ogni giorno e che inevitabilmente influenzano i giudizi dei pubblici. Gli studi di Van Riel e Fombrun evidenziano che il potenziamento della reputazione è possibile solo se tutta la comunicazione, eseguita da e verso l‟organizzazione, è coerente con la sua identità.13 “A great reputation that is not grounded in reality is a catastrophe waiting to happen. A weak reputation that is not deserved is an opportunity to exploit.”14
La reputazione produce valore perché riduce l‟incertezza dei clienti, e più in generale degli stakeholder di un‟impresa, nei processi di valutazione e di scelta dei propri fornitori di prodotti e servizi. L‟importanza del valore riconosciuto alle organizzazioni è ancora maggiore in un mercato globale, dove l‟offerta è molto vasta e prodotti e servizi sono sempre meno differenziati. In questo scenario risultano vincenti quelle organizzazioni che, più delle concorrenti, sono riuscite ad affermarsi sul mercato con una forte identità, un‟immagine riconosciuta e una solida reputazione.
13
C. B. M. Van Riel, C. J. Fombrun, Essentials of corporate communication, Routledge, New York, 2007. 14 C. J. Fombrun, K. Ulf Nielsen, N. G. Trad, Saving face for corporate value, “Communication Director”, n. 1, 2008, p. 83.
12
Exogenous factors
CORPORATE IDENTITY
through
CORPORATE COMMUNICATION
creates
CORPORATE IMAGE AND CORPORATE REPUTATION
can lead to
COMPETITIVE ADVANTAGE
Feedback Feedback
Figura 1. Modello operativo per gestire la reputazione e l'immagine aziendale. Fonte: R. Gray, J.M.T. Balmer, Managing corporate image and corporate reputation, “Long Range Planning”, vol. 31, n. 5, 1998, p. 696.
Il vantaggio competitivo permetterà a queste aziende di progettare più in grande e più a lungo. “Si può osservare come le aziende che godano di una reputazione, oltre che buona, eccellente siano spesso caratterizzate da una capacità progettuale che va oltre la competizione di mercato per riconoscere negli altri non solo soggetti di consumo.” 15
1.2 Gli studi sulla corporate reputation Gli studi sulla corporate reputation si snodano principalmente lungo due filoni che abbracciano le impostazioni specifiche delle diverse teorie economiche e sociali. Il primo filone di studi strategici e di marketing è influenzato dagli approcci macroeconomici e di simulazione sociale ed economica che si sono sviluppati intorno alla “teoria dei giochi”. La reputazione è vista come un particolare attributo dell‟organizzazione, declinato in termini di qualità della produzione16 oppure come
15
D. Romano, Immagine, marketing e comunicazione, Il Mulino, Bologna, 1988, p. 247. P. Milgrom, J. Roberts, Price and Advertising Signals of Product Quality, “The Journal of Political Economy”, vol. 94, 1986. 16
13
credibilità percepita17. In questa concezione rientrano le numerose definizioni in cui la reputazione viene individuata con il termine assessment, valutazione, come ad esempio, quella di Fombrun e Van Riel: “a subjective, collective assessment of an organization‟s trustworthiness and reliability of firms”.18
Il secondo filone è incentrato sulla dimensione collettiva dell‟aspettativa rivolta all‟impresa, definendola come una sorta di “global impression”19. Gli studi e le ricerche in questo ambito abbracciano una prospettiva istituzionalista del contesto competitivo20, facendo ampio riferimento alla teoria degli stakeholder di Freeman. La disparità informativa, a favore di alcune imprese, produce inevitabilmente notorietà nella mente del pubblico. La reputazione è definita in funzione della particolare dimensione di predominanza che rappresenta il grado con cui un‟impresa è collettivamente riconosciuta e si distingue all‟interno del contesto competitivo. La reputazione può essere considerata, dunque, il prodotto di un processo cognitivo basato sulla diffusione delle rappresentazioni individuali nella società. Il processo attraverso cui la percezione e la conoscenza individuale diventano un giudizio condiviso dalla collettività rappresenta l‟elemento base per poter interpretare la reputazione di impresa. Il processo, definito memetico, si fonda su quattro oggetti interrelati: 1. la rappresentazione cognitiva individuale, cioè l‟immagine dell‟impresa depositata nelle menti dei singoli individui; 2. la popolazione su cui si estende tale rappresentazione; 3. la proprietà, o l‟insieme di proprietà, emergenti relative all‟impresa;
17
S.J. Newell, R.E. Goldsmith, The development of a scale to measure perceived corporate credibility, “Journal of Business Research”, vol. 52, n.3, 2001. 18 C.J. Fombrun, C.B.M. Van Riel, The Reputational Landscape, “Corporate Reputation Review”, vol. 1, n. 1 e 2, 1996, p. 10. 19 V.P. Rindova, I.O. Williamson, A.P. Petkova, J.M. Sever, Being good or being known: an empirical examination of the dimensions, antecedents, and consequences of organizational reputation, “Academy of Management Journal”, vol. 48, 2005. 20 C.J. Fombrun, Reputation: Realizing Value from the Corporate Image, Harvard Business School Press, Boston, MA, 1996.
14
4. il giudizio e le storie espresse dai diffusori della reputazione che contagiano la proprietà emergente.
Esperienza diretta/indiretta
Oggettivazione della reputazione
Formazione dell‟immagine
Diffusione dell‟ immagine: propagazione e rifrazione
Figura 2. Processo attraverso cui la percezione e la conoscenza individuale diventano un giudizio condiviso dalla collettività. Adattato da R. Conte e M. Paolucci, Reputation in artificial societies. Social beliefs for social order, Rotterdam, Kluwer, 2002, p.5.
Tale processo parte dalla valutazione e dai significati che i singoli si formano tramite il contatto e l‟interazione diretta e indiretta con l‟organizzazione.21 Le credenze individuali accettate e legittimate dalla società diventano reputazione, che poi sarà trasmessa attraverso i nodi delle reti di relazioni dell‟impresa. “Reputations, which are socially shared impressions, are based on collectives not on heterogeneous collections of people”22
In sintesi, la prima prospettiva accademica sulla reputazione indaga in primo luogo l‟attributo emergente del processo memetico; la seconda, invece, si focalizza sull‟ampiezza della popolazione su cui si diffondono le immagini individuali. Nel 2003 la Hill & Knowlton23 ha commissionato una ricerca sulla Corporate Reputation Watch su un campione di 257 tra amministratori delegati e presidenti di 199 aziende pubbliche e 54 private del Nord America, dell‟Asia e dell‟Europa. 21
D. B. Bromley, Relationships between personal and corporate reputation, “European Journal of Marketing”, 35(3/4), 316– 324, 2001. 22 D. B. Bromley, Comparing Corporate Reputations: League Tables, Quotients, Benchmarks or Case Studies?, “Corporate Reputation Review”, Vol.5, N.1, 2002, p. 36.
15
Dalla ricerca24 emerge che: -
le maggiori minacce alla credibilità e reputazione delle aziende sono la mancanza di comportamenti etici, i problemi di prodotto/servizio e le critiche dei clienti;
-
gli amministratori delegati considerano fra gli obiettivi più importanti raggiunti attraverso strategie di reputazione aziendale, l'assunzione e il mantenimento dei dipendenti, la capacità di agevolare accordi e partnership strategiche, l'incremento delle vendite;
-
quasi la metà dei senior manager intervistati considera l'abilità di comunicare efficacemente come il più importante fattore interno per costruire e proteggere la reputazione aziendale; e sostengono che il focus sulla Corporate Governance abbia portato a un notevole incremento della trasparenza nelle aziende;
-
gli amministratori delegati intervistati indicano i clienti come il fattore che maggiormente incide sulla reputazione, seguono la carta stampata e gli analisti finanziari;
-
gli amministratori delegati europei danno grande importanza al contributo delle iniziative di Responsabilità sociale d‟impresa per la reputazione aziendale e ritengono che l'assunzione e il mantenimento dei dipendenti sia il maggior obiettivo aziendale raggiunto con i programmi di CSR, seguito dalla copertura mediatica positiva e dal contributo alla definizione di accordi e partnership;
-
gli amministratori delegati non solo danno maggiore importanza alla reputazione aziendale, ma hanno adottato metodi per monitorarla, soprattutto l'analisi della copertura media, le performance finanziarie e i
23
È una delle più importanti società internazionali specializzate in strategia di comunicazione, Relazioni Pubbliche e Public Affairs. Fondata a Cleveland, Ohio, nel 1927, oggi è presente in 41 Paesi del mondo con 73 uffici, oltre una rete estesa di associate. 24 http://www.key4biz.it/download/free/news/CRW_ricerca_(1).ppt
16
report degli analisti finanziari: solo il 3% delle società non ha nessun tipo di misurazione. Il Corporate Reputation Watch 200825, invece, ha indagato l‟importanza della reputazione aziendale per il reclutamento dei migliori talenti. A questo fine la Hill & Knowlton ha commissionato a Penn, Schoen & Berland Associates una ricerca su un campione di oltre 500 studenti di alcune delle maggiori business schools americane, europee e asiatiche. L‟indagine ha evidenziato che ciò che più conta è: -
la reputazione complessiva dell‟organizzazione, che non è data solo dalle performance finanziarie e dalla qualità dei prodotti e servizi offerti;
-
l‟esperienza dei dipendenti e la possibilità di fare carriera, perché i talenti non vogliono aspettare, esigono un‟ottima opportunità subito;
-
i valori etici, di politica ambientale e di responsabilità sociale.
Per vincere la “guerra dei talenti” è necessaria una buona comunicazione interna in linea con quella esterna, sempre a patto che ci siano buoni contenuti da comunicare. Ciò genera reputazione e attira i talenti, che a loro volta rappresenteranno un valore aggiunto, generatore di reputazione.
Figura 3. Reputation Matters “Reputation and the war for talent” Corporate Reputation Watch 2008, p. 6
25
Ricerca del 2008 commissionata dalla Hill & Knowlton dal titolo “Reputation and the war for talent”, www.hillandknowlton.com
17
Esistono diversi indicatori di valutazione che si possono adottare per valutare la reputazione aziendale; il più diffuso è probabilmente il Reputation Quotient26 elaborato dal Reputation Institute. Il RQ misura la reputazione aziendale tramite l‟analisi delle percezioni di diversi gruppi di stakeholder, quali consumatori, azionisti, dipendenti e influenti, in riferimento a sei dimensioni: 1. APPEAL EMOTIVO, cioè sentimento positivo, ammirazione, rispetto e fiducia nei confronti dell‟organizzazione; 2. PRODOTTI E SERVIZI, concerne le percezioni dei pubblici sulla capacità dell‟impresa di mantenere continuativamente nel tempo elevati standard di qualità, innovazione e affidabilità dei propri prodotti e servizi; 3. VISIONE E LEADERSHIP, grado con cui l‟organizzazione esprime una chiara visione del ruolo che potrà svolgere e degli obiettivi che potrà raggiungere nel medio-lungo periodo, nel contesto di riferimento in cui è inserita e al livello con il quale attualmente domina il mercato; 4. AMBIENTE DI LAVORO, percezione dei pubblici interni sulla gestione globale dell'azienda, la gestione delle risorse umane, la mobilità e la qualità del personale e dell'ambiente di lavoro; 5. PERFORMANCE FINANZIARIE, percezioni dei pubblici riguardo la profittabilità dell'impresa, le sue prospettive future di crescita e il grado di rischio connesso a eventuali investimenti; 6. RESPONSABILITÀ SOCIALE D‟IMPRESA, analizza i rapporti dell'impresa con la comunità locale, i dipendenti e l'ambiente, al fine di valutare il suo livello complessivo di good citizenship. La reputazione, quindi, è un costrutto composto da due fattori, uno emotivo (punto 1) e uno razionale (punti 2-6) e influisce in vario modo sui diversi gruppi di stakeholder:
26
C.J. Fombrun, C.B.M. Van Riel, Fame and Fortune. How successful Companies Build Winning Reputations, Prentice Hall, NJ, 2004, p. 52.
18
sulle scelte d‟acquisto dei consumatori; sulle decisioni dei dipendenti di entrare in un‟azienda e restarci; sulle decisioni di investimento degli sharehoder; sulla copertura dei media; sul linguaggio degli analisti finanziari. “A corporate reputation is a mirror that reflects a company‟s relative success at convincing upstream, downstream, and diagonal stakeholders about the current and future validity of its strategic direction. But the mirror is also a magnet: if stakeholders like what they hear and see, they support the company- and an upward spiral results that attracts more resources to the company. If stakeholders withdraw their support, a downward spiral results that can lead to bankruptcy.”27
Il limite di questo modello è che valuta il livello di reputazione generico, basato sulle percezioni indirette degli intervistati, i quali esprimono le proprie valutazioni a prescindere dal livello di conoscenza ed esperienza diretta con l‟organizzazione. Van Riel e Fombrun28 identificano cinque punti chiave per costruire la reputazione: un buon grado di visibilità, “No matter how good a company is, there‟s no real reputation without visibility”
la coerenza nel tempo e nello spazio, “Such structural silos damage a company‟s reputation-building efforts by proliferating images of the company to different stakeholders, many of which promote contradictory interpretations of the company‟s culture, core values, and strategic direction.”
la trasparenza, cioè l‟apertura dell‟organizzazione agli stakeholder, “Strong corporate reputations develop when companies are transparent in the conduct of their affairs. Consumers ascribe stronger reputation to companies that communicate broadly about themselves.” 27
C.J. Fombrun, C.B.M. Van Riel, Fame and Fortune. How successful Companies Build Winning Reputations, Prentice Hall, NJ, 2004, p. 20. 28 C.J. Fombrun, C.B.M. Van Riel, Fame and Fortune. How Successful Companies Build Winning Reputations, Prentice Hall, NJ, 2004, pp. 86 - 95.
19
la distintività, cioè il fatto che la comunicazione sia memorabile e permetta un posizionamento davvero vantaggioso rispetto ai concorrenti, “Reputation build when companies come to occupy a distinctive position in the minds of resource-holders.”
la veridicità della comunicazione. “The public appreciates authenticity, and to be well regarded, you can‟t fake it for long – you‟ve got to be real. Authenticity creates emotional appeal, and there‟s no reputation building without emotional appeal.”
Una forte reputazione si afferma quando le organizzazioni stabiliscono un appeal emotivo con gli stakeholder e possono farlo solo esprimendo se stesse in modo autentico, credibile e convincente. Il processo attraverso cui si protegge la reputazione aziendale e si crea valore a partire da essa è definito reputing29. Il reputing si articola in diverse fasi: 1. Identificazione degli stakeholder le cui percezioni hanno un grande impatto sulla stima complessiva di un‟organizzazione; 2. Ricerca, per capire in che modo questi stakeholder percepiscono l‟organizzazione; 3. Rilevanza, cioè identificare quegli attributi dell‟organizzazione ritenuti i più importanti per quegli stakeholder; 4. Profilo, che consiste nel definire cosa l‟organizzazione sta facendo e come sta comunicando ciò che fa rispetto a quegli attributi; 5. Espressione, cioè sviluppare delle iniziative di reputing e tramite queste presentare l‟organizzazione a quegli stakeholder; 6. Impegno nel lavorare con i principali stakeholder tramite interventi personalizzati; 7. Valutazione, cioè analizzare gli effetti causati dalle iniziative di reputing sulle percezioni degli stakeholder.
29
C. J. Fombrun, K. Ulf Nielsen, N. G. Trad, Saving face for corporate value, “Communication Director”, n. 1, 2008, p. 83, pp. 83-84.
20
1.3 Il ruolo delle relazioni pubbliche Le relazioni pubbliche all‟interno delle organizzazioni negli anni hanno vissuto uno sviluppo importante: da semplice funzione strumentale, svolgono sempre più un‟attività strategica che tende a influenzare le decisioni relative alla gestione d‟impresa.30 Grunig31 ha identificato quattro modelli di relazioni pubbliche che ben illustrano l‟evoluzione di una professione, che dalla costruzione dell‟immagine si è dedicata allo sviluppo della reputazione: Press Agentry o Publicity, Public Information, Two-way asymmetric e Two-way symmetric. 1. Il processo di costruzione dell‟immagine si basa sul modello della Press Agentry o Publicity, che si afferma negli Stati Uniti nella prima metà dell‟Ottocento. Barnum, l‟ideatore di questo modello, era un imprenditore dello spettacolo, che ha fatto della fantasia e delle relazioni con i giornalisti la fortuna del suo circo. Barnum può essere considerato il precursore dei press agent o “portavoce” di cui oggi si dotano i vip di ogni ambito. Il fine delle relazioni pubbliche è la propaganda; la comunicazione si configura come un monologo, è diretta solo dall‟organizzazione al pubblico. In questo modello non sono richieste veridicità e completezza delle informazioni, ciò che conta è attirare l‟attenzione dei mass media sull‟organizzazione. 2. Il secondo step è rappresentato dal modello della Public Information, avviato da Lee e prevalente per lo più nella prima metà del Novecento. L‟obiettivo è diffondere informazioni veritiere al pubblico circa i comportamenti dell‟organizzazione, tramite la mediazione giornalistica. Al giornalista, in qualità di rappresentante dell‟opinione pubblica, viene 30
Questa tendenza emerge con forza dai dati dell‟European Communication Monitor 2010, la ricerca promossa da Euprera (European PR Education and Research Association) in collaborazione con la European Association of Communication Directors. www.communicationmonitor.eu 31 J.E. Grunig, T. Hunt, Managing Public Relations, HBJ Publisher, FL, 1984.
21
riconosciuto il diritto di conoscere, verificare le informazioni e renderle note ai suoi lettori. Questo modello riconosce la necessità di rendere visibili le organizzazioni al fine di sviluppare la loro responsabilità nei confronti del pubblico, ma anch‟esso prevede solo la comunicazione a una via. 3. La comunicazione a “doppio senso” si afferma intorno agli anni Venti con il modello di Bernays, definito Two-way asymmetric. I flussi comunicativi, però, sono asimmetrici in quanto, anche se il pubblico viene ascoltato,
domina
la
comunicazione
dall‟emittente
al
ricevente.
L‟obiettivo è la persuasione scientifica, mirata a far accettare il punto di vista dell‟organizzazione non solo ai giornalisti, ma anche agli opinion leader e ai consumatori finali. È prevista un‟attività di ricerca che si propone di individuare le preferenze del pubblico e di valutarne gli atteggiamenti. 4. La simmetria comunicativa si raggiunge solo con il modello di Grunig, definito appunto Two-way symmetric o della negoziazione, che si afferma presumibilmente a partire dagli anni Cinquanta negli Stati Uniti. L‟obiettivo è il dialogo, la comprensione reciproca tra l‟organizzazione e i suoi pubblici e il ruolo del professionista di RP è proprio la mediazione tra le parti. Gli effetti della comunicazione a due vie sono equilibrati, quindi gli attori della comunicazione non sono più emittente e ricevente, bensì “soggetti in relazione”. Grunig prevede che un‟organizzazione ascolti i propri stakeholder rilevanti anche nella fase precedente alla definizione degli obiettivi specifici da perseguire. Lo scopo dell‟attività di ricerca è capire se il lavoro di relazioni pubbliche è servito a migliorare la comprensione che il pubblico ha dell‟organizzazione e viceversa.
22
Oggi lo scenario organizzativo aziendale prevede un ruolo più incisivo e determinante della comunicazione che, come spiega Invernizzi32, lavora su tre livelli dell‟agire d‟impresa e quindi incide su tre componenti della sua reputazione. 1. Il ruolo strategico-riflessivo del professionista di Comunicazione e Rp all‟interno della coalizione dominante dell‟impresa, contribuisce a influenzare le scelte relative a prodotti e servizi, alle loro caratteristiche economico-sociali e al loro impatto sull‟ambiente, ai rapporti che s‟instaurano con i diversi stakeholder. 2. Il ruolo manageriale e consulenziale-formativo abilita i professionisti della comunicazione a governare la complessa rete di relazioni con gli stakeholder, che rappresentano un megafono per propagare i messaggi chiave dell‟impresa. 3. Il ruolo tecnico-specialistico di comunicazione, infine, è deputato al consolidamento dei messaggi chiave professati e agiti dall‟impresa, tramite attività quali organizzazione eventi e relazioni con i media, ma anche e soprattutto comunicazione ambientale e comunicazione della Responsabilità Sociale d‟impresa. Ultimamente, infatti, azioni di Cause Related Marketing e di CSR, concorrono in misura rilevante a generare ottima reputazione; l‟importante è che queste attività siano coerenti con la vision
dell‟organizzazione,
efficacemente
svolte,
comunicate
opportunamente, utilizzando i canali appropriati e con una continua attenzione alle reazioni che possono innescare nei propri pubblici. La comunicazione aziendale non si limita a trasmettere il valore dell‟impresa, ma “essa stessa crea valore, incrementando il patrimonio di risorse (intangibili) dell‟impresa. La diffusione e creazione di valore avvengono attraverso un
32
E. Invernizzi, Manuale di Relazioni Pubbliche 2. Le competenze e i servizi specializzati, McGrawHill Italia, Milano, 2006, pp. 36-37.
23
processo di avvicinamento tra offerta (impresa) e domanda (i diversi mercati di riferimento), supportato dall‟attività di comunicazione.”33
Emerge, quindi, il ruolo fondamentale che i pubblici e le relazioni con essi giocano per il successo delle organizzazioni: un‟impresa che comunica bene sarà più in sintonia con i pubblici, sia interni sia esterni, e di conseguenza avrà più valore. Considerare come sfere separate il mondo interno all‟impresa e tutto ciò che c‟è all‟esterno è sintomo dell‟incapacità di “comprendere l‟impresa nella sua realtà post-fordista: non più come insieme di capitale e lavoro, macchina e uomo, ma come sistema che fonda la sua esistenza non già su entità fisiche, ma su entità comunicative, relazionali, che sono il collante del sistema-impresa.”34
La comunicazione aziendale, affermano Balmer e Gray: “form the nexus between an organizations‟s corporate identity and the coveted strategic objective of acquiring a favourable corporate reputation.”35
Nelle attività di relazioni pubbliche in azienda, bisogna tenere ben presenti due fattori: -
l‟ascolto su come i pubblici percepiscono l‟organizzazione e in che misura ne condividono i comportamenti è fondamentale per costruire un tipo di “relazione con”, che è di gran lunga più efficace rispetto alla tradizionale “comunicazione a”;
-
i portatori di interessi non si limitano ad ascoltare, ma all‟interno di reti più o meno vaste di relazioni, condividono le proprie opinioni e si influenzano l‟un l‟altro. Queste reti di relazioni rappresentano uno dei principali conduttori delle percezioni e delle opinioni che formano la
33
R. Fiocca, Evoluzione dell‟impresa e nuovi connotati della comunicazione, “Studies in Communication Sciences”, n.1, 2001. 34 S. Vicari, Risorse di fiducia e customer satisfaction: una visione post-fordista, prefazione a Busacca, Le risorse di fiducia dell‟impresa. Soddisfazione del cliente, creazione di valore, strategie di accrescimento, Utet Libreria, Torino, 1994. 35 J. M. T. Balmer, E. R. Gray, Corporate identity and corporate communications: creating a competitive advantage, “Corporate Communications: An International Journal”, vol. 4, n.4, 1999, p. 172
24
reputazione, insieme con l‟esperienza diretta e le comunicazioni formali trasmesse dalle organizzazioni.36
La comunicazione gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo della reputazione aziendale proprio perché ai suoi professionisti è affidato il compito di ascoltare le aspettative dei pubblici e coltivare solide relazioni con gli stakeholder più importanti. A influenzare positivamente la reputazione, più che la frequenza con cui l‟azienda comunica con i suoi stakeholder è importante la ricchezza e la varietà delle problematiche che l‟organizzazione rivela di sé37. La comunicazione, come sostengono diversi studiosi38, influenza la reputazione aziendale attraverso tre modalità, dirette e indirette: 1. i segni di cui si serve la comunicazione esplicita e intenzionale, ad esempio una campagna pubblicitaria; 2. le reti di relazioni che diffondono opinioni, informazioni e conoscenze, come il passaparola; 3. la comunicazione di fatto realizzata attraverso i comportamenti, come per esempio la qualità dei prodotti39.
36
S. Romenti, Reputation and stakeholder engagement: an Italian case study, “Journal of Communication Management”, n. 14.4, 2010, pp. 6-7. 37 D. Bickerton, Corporate reputation versus corporate branding: the realist debate, “Corporate Communications: An International Journal”, Vol.5, N.1, 2000, pp. 42-48. 38 J. M. T. Balmer, E. R. Gray, Corporate identity and corporate communications: creating a competitive advantage, “Corporate Communications: An International Journal”, vol. 4, n. 4, pp.171177, 1999; J. Grunig, Image and Substance: From Symbolic to Behavioral Relationships, 1993, in J. M. T. Balmer, S. A. Greyser, Revealing the Corporation, Routledge, London 2003; M. Gotsi, A. M. Wilson, Corporate Reputation: Seeking a Definition, “Corporate Communications: An International Journal”, vol. 6, n. 1, 2001, pp 24-30; E. Invernizzi, Relazioni pubbliche e comunicazione aziendale, “Sviluppo e organizzazione”, n. 204, 2004. 39 A. Mazzei, Comunicazione e reputazione nelle Università, Franco Angeli, 2004.
25
Comunicazione intenzionale ed esplicita
Reputazione
Comportamenti e fatti osservabili
Significati propagati nelle reti di relazioni
Figura 4. Le categorie della corporate communication per sviluppare reputazione. Rielaborato da Mazzei A., Comunicazione e reputazione nelle Università, Franco Angeli, 2004.
1. La comunicazione intenzionale ed esplicita si serve di segni veicolati tramite la pubblicità, gli eventi, le relazioni con i media, il sito web aziendale, il marchio, la visual identity, il packaging e la vendita diretta. Il professionista di comunicazione deve gestire questi strumenti per costruire dei messaggichiave, scegliere i canali appropriati e infine valutare i risultati. Queste attività sono pianificate in una strategia di comunicazione condivisa dal management. Tale comunicazione esplicita e intenzionale contribuisce a costruire la reputazione aziendale rendendo trasparenti il valore offerto e i costi sostenuti, così da ridurre il gap informativo tra organizzazione e pubblici; tra la qualità offerta e quella percepita dal cliente. La comunicazione esplicita e intenzionale corrisponde al concetto di symbolic relationships elaborato da Grunig40. Le symbolic relationships sono messaggi diffusi attraverso iniziative specifiche di comunicazione con lo scopo di far percepire ai pubblici l‟immagine che l‟organizzazione vuole mostrare di sé. 40
J. Grunig, Image and Substance: From Symbolic to Behavioral Relationships, 1993, in J. M. T. Balmer, S. A. Greyser, Revealing the Corporation, Routledge, London 2003.
26
Balmer e Gray parlano di secondary communication41 per la sua funzione secondaria, di supporto ai comportamenti agiti. L‟efficacia della comunicazione intenzionale ed esplicita è garantita da tre elementi: una forte identità distintiva dell‟azienda, il riferimento a valori guida aziendali a carattere etico, il ruolo del leader per condurre i processi di ascolto, negoziazione e inclusione degli stakeholder. La forza dell‟identità distintiva è necessaria all‟azienda per affermare se stessa nell‟ambiente di riferimento, in modo da emergere nel mare magnum di messaggi a cui i pubblici sono sovraesposti. Una chiara identità aziendale garantisce coerenza tra le varie immagini percepite diversamente dai vari pubblici,
evitando
così
che
l‟organizzazione
diventi
“un‟impresa
inesistente”.42 Il riferimento a valori guida eticamente fondati da una parte assicura coerenza tra gli atti di comunicazione e tra questi e le scelte gestionali dell‟azienda; dall‟altra favorisce la legittimazione dell‟organizzazione che esprime valori considerati desiderabili dalla società. Per questi motivi la comunicazione aziendale è sempre più al servizio della responsabilità sociale43. La comunicazione dei leader può favorire il potenziamento della reputazione se essi cercano un confronto con gli interlocutori principali, condividono con loro gli obiettivi strategici e li coinvolgono nella realizzazione degli stessi.44 2. Le reti di relazioni diffondono i messaggi relativi all‟organizzazione indipendentemente da essa, anche se l‟organizzazione in parte può governarle. Tali messaggi sono tutte le informazioni, le conoscenze, le 41
J. M. T. Balmer, E. R. Gray, Corporate identity and corporate communications: creating a competitive advantage, “Corporate Communications: An International Journal”, vol. 4, n. 4, pp.171177, 1999. 42 C. Baccarini, M. G. Golinelli, L‟impresa inesistente: relazione tra immagine e strategia, “Sinergie”, n. 29, 1992. 43 E. Invernizzi, Relazioni pubbliche e comunicazione aziendale, “Sviluppo e organizzazione”, n. 204, 2004. 44 P. A. Argenti, J. Forman, The Communication Advantage: A Constituency-Focused Approach to Formulating and Implementing Strategy, in M. Schultz, J. M. Hatch, M. H. Larsen, The Expressive Organization, University Press, Oxford, 2000.
27
opinioni e gli atteggiamenti relativi all‟azienda che circolano tra i dipendenti, i consumatori/clienti, i fornitori, gli opinion leader, i mass media ed eventuali altri soggetti che sono in relazione con l‟organizzazione. La diffusione di questi messaggi avviene con due modalità: una comunicazione informale, il passaparola
nelle
reti
di
relazione
e
una
comunicazione
avviata
strategicamente dai mass media, dai concorrenti o da altre fonti esterne all‟organizzazione. A proposito di ciò Grunig parla di “reputational relationships”45, ovvero quelle relazioni che si instaurano tra l‟organizzazione e i pubblici con i quali essa ha solo contatti indiretti e che si formano un giudizio solo sulla base di quanto hanno sentito da terzi. Balmer e Gray46 affermano che la “tertiary communication”, che comprende il passaparola e i messaggi trasmessi dai mass media e dai concorrenti, rafforza la reputazione laddove la comunicazione esplicita e quella implicita siano gestite in modo appropriato. Oggi l‟attenzione alle reti di relazioni è aumentata in conseguenza all‟aumentare delle fonti di comunicazione indipendenti, come le comunità online e i siti amatoriali. In questi spazi virtuali persone lontane ma con gli stessi interessi generano importanti conversazioni informali che hanno alta credibilità, alto coinvolgimento emotivo e soprattutto tanto audience. Le reti di relazioni possono essere governate dall‟impresa sviluppando le relazioni con i soggetti che influenzano la formazione dell‟opinione e con quelli che godono di credibilità; migliorando l‟informazione sui servizi e sui prodotti; sviluppando la comunicazione interattiva, i programmi di CRM (customer relationship management), le comunità con e fra i clienti anche virtuali.
45
J. Grunig, L. Grunig, A New Definition & Measure of Reputation, Research. A Supplement of PR Report, 16 may 2002. 46 J. M. T. Balmer, E. R. Gray, Corporate identity and corporate communications: creating a competitive advantage, “Corporate Communications: An International Journal”, vol. 4, n. 4, pp.171177, 1999.
28
3. I comportamenti e i fatti osservabili sono i prodotti e i servizi offerti, l‟impatto sociale e ambientale, i comportamenti verso i collaboratori, le scelte aziendali, cioè tutto ciò che comunica qualcosa sull‟azienda a livello pratico. Questa è una parte importante della comunicazione aziendale perché è il tramite con cui gli stakeholder fanno esperienza diretta della qualità offerta e dell‟affidabilità di un‟azienda. La conseguente opinione sarà sedimentata e difficile da cambiare perché derivante da un contatto diretto, una relazione tra azienda e stakeholder senza intermediari. Questo concetto è stato espresso da Grunig con il paradigma di “behavioral relationships”47, cioè le relazioni effettive tra l‟organizzazione e i suoi interlocutori. Balmer e Gray parlano, invece, di “primary communication”48 per indicare la comunicazione data dal core business, i prodotti e i servizi offerti, che sono il primo gradino su cui si costruisce una buona reputazione. Gestire questa variabile vuol dire essere costantemente impegnati nel miglioramento della qualità, rispettare i principi di responsabilità sociale e curare al meglio la componente comunicazionale di ogni azione aziendale. Un buon lavoro di comunicazione in tutte e tre le forme (comunicazione intenzionale ed esplicita, reti di relazioni, comportamenti e fatti osservabili), è sicuramente la strada giusta per un‟organizzazione che vuole raggiungere un‟ottima reputazione. La comunicazione integrata, però, è possibile solo se il responsabile della comunicazione esercita più ruoli49: strategico-riflessivo, manageriale e consulenziale-formativo, tecnico-specialistico.
47
J. Grunig, Image and Substance: From Symbolic to Behavioral Relationships, 1993, in J. M. T. Balmer, S. A. Greyser, Revealing the Corporation, Routledge, London 2003. 48 J. M. T. Balmer, E. R. Gray, “Corporate identity and corporate communications: creating a competitive advantage” , Corporate Communications: An International Journal, vol. 4, n.4, pp.171177, 1999. 49 Vedi p. 13.
29
1.4 La reputazione delle PMI La legittimazione sociale di un‟organizzazione dipende in gran parte dalla sua reputazione. Se questa consapevolezza è molto diffusa nelle multinazionali, non sembra, invece, ben radicata anche nelle piccole e medie imprese. Omer Pignatti, Amministratore delegato dell‟agenzia di Relazioni Pubbliche Homina Pdc, ha coordinato lo sviluppo di una ricerca tematica, che ha evidenziato una forte resistenza culturale delle PMI e delle cooperative nello sviluppare attività volte a conoscere e/o valorizzare il proprio impatto in termini di reputazione. Le motivazioni sono nelle mancata consapevolezza del valore di una strategia di corporate reputation a lungo termine e nella presenza di stereotipi. Ad esempio, è diffusa l‟idea che costruire la reputazione sia una politica di facciata perseguita da grandi aziende e multinazionali per ripulirsi di una cattiva coscienza o per distinguersi dai concorrenti, anche in virtù del fatto che la grande disponibilità finanziaria glielo permette. In Italia la considerazione sulla responsabilità sociale e ambientale è inferiore rispetto all‟estero. C‟è poi la convinzione che sia importante valorizzare le politiche di responsabilità sociale solo per chi lavora direttamente con il cliente finale, ignorando che le pratiche di responsabilità sociale rappresentano un plus valore anche per le imprese business to business. Nello specifico, la ricerca ha messo in luce che, tranne poche eccezioni, c‟è una totale assenza di informazioni sulla reputazione nelle piccole imprese; una maggiore sensibilità rispetto alla responsabilità sociale nelle cooperative; nelle medie imprese, invece, si presenta uno scenario diviso tra aziende che adottano politiche di reputazione aziendale in modo consapevole e nei confronti di tutti gli stakeholder, e aziende che lo fanno ma senza una prospettiva di lungo periodo.
30
“Ovviamente è solo nel primo caso che si possono ottenere i benefici più importanti volti a trasformarsi, nel lungo periodo e a fronte di una buona performance economica, in vantaggi competitivi sul mercato.”50
In un‟intervista rilasciata a Ferpi, Pignatti spiega come la cultura della sostenibilità e della reputazione in Italia sia stata ostacolata anche da fattori di origine culturale. Il fatto che l‟economia nelle varie epoche storiche sia stata intrecciata alla politica ne ha sicuramente condizionato lo sviluppo, non solo economico, ma anche culturale. È diverso, inoltre, lo scenario locale in cui si muovono le piccole e medie imprese italiane rispetto a quello dei paesi anglosassoni. Alle PMI italiane spesso non è richiesto un impegno rilevante nello sviluppo di policy a favore della reputazione e della responsabilità sociale; al contrario, nei paesi anglosassoni, essendo l‟eticità degli investimenti alla base di molti fondi pensionistici, le aziende sono indotte a rispettare i parametri più diffusi a favore delle politiche di responsabilità sociale. Al di là del contesto in cui si trovano a operare le PMI, ha inciso anche un modo sbagliato di fare relazioni pubbliche che privilegia strategie di comunicazione finalizzate a rendere attraente il prodotto, a sfavore di attività volte a promuovere le relazioni. L‟errore è nel fatto che le prime sono strettamente connesse alle esigenze del mercato e quindi ne subiscono l‟andamento altalenante; le seconde seguono logiche di lungo periodo e quindi portano a risultati più solidi in termini di reputazione. Altri elementi evidenziati dalla ricerca coordinata da Pignatti sono l‟importanza della Responsabilità sociale per avvicinare le imprese alla sostenibilità e ad attività legate alla reputazione e il fatto che le PMI investano ancora poco e male nelle relazioni con gli stakeholder. Niente di più sbagliato, visto che le relazioni con i portatori di interesse sono proprio la chiave di volta per il consolidamento della reputazione aziendale.
50
O. Pignatti intervistato da D. Giglio in Corporate Reputation: un modello di misurazione per PMI e cooperative, “Relazioni pubbliche”, Anno XX, n. 63/2010, p. 32.
31
1.5 Reputation Institute51 Il Reputation Institute è l‟organizzazione internazionale leader nel campo della consulenza e della ricerca, preposta ad aumentare la conoscenza sulla reputazione aziendale e a fornire assistenza professionale alle compagnie interessate alla misurazione e alla gestione della loro reputazione. L‟istituto identifica le pratiche migliori da ricerche originali condotte in tutto il mondo e condivide le scoperte all‟avanguardia con una vasta rete di clienti e membri attraverso seminari, conferenze e pubblicazioni. Il Reputation Institute offre diversi servizi per aiutare i clienti a gestire la propria reputazione in modo strategico. Per fare ciò converte le proprie ricerche in strumenti che permettono di quantificare valori inquantificabili, ossia il patrimonio intangibile delle società. Questo istituto lavora con molte delle maggiori organizzazioni del mondo e ha particolarmente esperienza con compagnie nel campo finanziario, farmaceutico, energetico, tecnologico, manifatturiero, agricolo e dei prodotti di consumo. Il Reputation Institute è stato fondato a New York nel 1997 da Charles J. Fombrun52 e Cees B. M. Van Riel53 e ad oggi resta il pioniere e il leader globale nello sviluppo di strumenti di misurazione e nell‟offrire consulenza alle principali organizzazioni in tutto il mondo. Attraverso ricerche e analisi sistematiche l‟Istituto aiuta le organizzazioni a costruire strategie complesse e a prendere decisioni operative che mirano ad allineare le aspettative degli stakeholders con gli obiettivi dell‟azienda e di conseguenza a creare valore economico tangibile.
51
Le informazioni contenute in questo paragrafo sono state raccolte www.reputationinstitute.com. 52 Professore alla Stern School of Business di New York 53 Professore di Comunicazione d‟impresa alla Rotterdam School of Management.
dal
sito
32
1.5.1 Il processo di costruzione della reputazione Le
azioni
degli
stakeholders
sono
basate
sulle
sensazioni
che
l‟organizzazione suscita in loro, che sono il risultato delle esperienze personali, dei messaggi veicolati dall‟organizzazione e delle conversazioni a cui sono esposti. Per creare sentimenti positivi, le organizzazioni devono rappresentare qualcosa di importante per i loro portatori di interessi e impegnarsi con loro sui punti a cui tengono particolarmente. Le iniziative di costruzione della reputazione guidano le percezioni degli stakeholder, che a loro volta guidano le probabilità di suscitare comportamenti di sostegno e apportano valore. Il processo di costruzione di una forte reputazione allinea l‟identità dell‟organizzazione, la sua comunicazione e le sue azioni. Lo scopo di questo processo è creare e rinforzare la relazione di fiducia che si instaura tra l‟organizzazione e i suoi stakeholder. Perché ciò avvenga è importante che l‟organizzazione combini l‟approccio orientato al brand, con quello orientato alla reputazione. Il Reputation Institute aiuta le organizzazioni a raggiungere un equilibrio tra i due approcci, tramite un processo che si compone di cinque fasi: 1. analisi del panorama reputazionale e dei suoi attori, 2. analisi delle strategie di reputazione, 3. programmazione di iniziative di comunicazione volte ad accrescere la reputazione, 4. attività di costruzione della reputazione, 5. allineamento degli stakeholder e che si serve di professionisti provenienti da diversi ambiti come la Comunicazione d‟impresa, il Marketing, i Public Affairs, le Risorse Umane, la Finanza. Dal 1999 al 2005 sono stati condotti annualmente studi di reputazione aziendale usando il “Quoziente Reputazionale”, uno strumento sviluppato da Charles Fombrun con la società di ricerca Harris Interactive per misurare la reputazione delle compagnie più note al mondo.
33
Nel 2006 il Reputation Institute ha fatto uno studio multinazionale per capire come la reputazione aziendale si fosse evoluta rispetto al decennio precedente. Così a marzo fu lanciato un progetto definito “Global Reputation Pulse” per identificare e valutare le organizzazioni che godono della maggiore reputazione in tutto il mondo. L‟indagine viene svolta annualmente, coinvolge più di 80.000 consumatori in 32 Paesi e usa un sistema di misurazione standard per valutare il grado di reputazione di cui godono 600 delle più grandi organizzazioni su scala mondiale.
Figura 5. I Paesi coperti dal Global Reputation Pulse
I risultati vengono presentati su Forbes negli Stati Uniti e successivamente in diverse pubblicazioni in tutto il mondo. Il Reputation Institute, inoltre, conduce analisi interne alle organizzazioni per valutare l‟allineamento dei dipendenti e accrescere il loro supporto per le strategie aziendali. A questo fine vengono utilizzate metodologie di proprietà dell‟Istituto incluse nel sistema EcQ®, Employee Alignment Monitor, identificare
le
debolezze
interne
che
limitano
le
risorse
per
strategiche
dell‟organizzazione e promuovere, invece, gli atteggiamenti dei dipendenti in armonia con le strategie aziendali. Il valore del sistema EcQ® è stato sperimentato sia in grandi organizzazioni mondiali, sia in piccole realtà imprenditoriali. I manager più esperti di organizzazioni leader di tutto il mondo si fidano di questo Istituto perché è puntuale nella diffusione di conoscenze e ricerche, è altamente professionale nello svolgimento di analisi sofisticate con metodologie
34
rigorose e perché è collegato a una vasta rete di partner esperti, con cui collabora allo sviluppo di strategie che garantiscono la costruzione di una solida reputazione. La missione del Reputation Institute è proprio quella di mettere al servizio di organizzazioni e individui i propri strumenti analitici e il lavoro di professionisti esperti in grado di gestire, accrescere e proteggere la loro reputazione. La rete mondiale del Reputation Institute è composta da uffici, associazioni, professori universitari e professionisti con esperienza in specifiche aree che sono critiche per l‟effettivo sviluppo strategico e l‟esecuzione di programmi ad hoc. Queste figure cooperano nello studio del fenomeno della reputazione aziendale e poi condividono le conoscenze sviluppate in conferenze, workshop, newsletter e articoli sulla rivista trimestrale Corporate Reputation Review. Le indagini su scala mondiale hanno dimostrato che la reputazione di una compagnia è influenzata soprattutto da: -
esperienza degli stakeholder: le esperienze personali che i pubblici portatori di interesse hanno avuto con la compagnia;
-
messaggi aziendali: tutto il materiale informativo e le iniziative di comunicazione che l‟organizzazione produce;
-
la copertura dei mezzi di comunicazione: quali media si occupano dell‟organizzazione e in che modo lo fanno;
-
allineamento interno: quanto i dipendenti sono in linea con l‟orientamento dell‟organizzazione.
1.5.2 Il Global Pulse Come accennato, il Global Pulse è l‟indagine che il Reputation Institute conduce ogni anno tra gennaio e febbraio. Vengono fatte circa 84.000 interviste online sul pubblico generale, il campione di intervistati è composto da persone tra i 18 e i 65 anni con una certa familiarità riguardo le aziende che dovranno valutare, in modo che possano fornire dati rappresentativi. Lo scopo è proprio la misurazione
35
della reputazione aziendale di 600 delle più grandi organizzazioni in 32 Paesi su sei continenti, il risultato di questo studio è la classifica “The World‟s Most Respected Companies”. Le organizzazioni non solo possono acquistare il report del Global Reputation Pulse direttamente dall‟Istituto, ma possono anche chiedere rilevamenti della propria reputazione a cadenza periodica o continuativa. Il Global Pulse fornisce un quadro chiaro del panorama reputazionale e individua i fattori che influenzano la reputazione in ogni organizzazione specifica. L‟attenzione sul tema è dovuta al fatto che strategie di reputazione ben articolate apportano vantaggio all‟organizzazione sotto più punti di vista: -
aumento del vantaggio competitivo
-
riduzione dei costi operativi
-
riduzione dei prezzi
-
superamento dei cali di mercato
-
incremento della fiducia, del sostegno e degli investimenti degli stakeholder più importanti
-
possibilità di avvalersi dei migliori talenti
-
posizionamento sul mercato. Ogni anno il Reputation Institute analizza come il pubblico generale valuti
circa 1.500 organizzazioni in più di venti settori industriali, facendo del Global Pulse il più grande studio sulla reputazione nel mondo. Le organizzazioni vengono valutate dai consumatori nei loro Paesi d‟origine. I risultati del Global Reputation Pulse sono ottenuti dalla media delle valutazioni che i consumatori danno riguardo quattro indicatori denominati “Rep Trak Pulse”: 1. fiducia 2. stima 3. ammirazione 4. percezione positiva.
36
I valori normalizzati Rep Trak vanno da un minimo di 0 a un massimo di 100. I dati rilevati vengono standardizzati in modo da costruire un parametro che consenta di confrontare tra loro i risultati delle aziende incluse nello studio a livello nazionale, globale e/o del settore in cui operano, eliminando i problemi legati alla tendenza di alcune popolazioni a sovrastimare o sottostimare le valutazioni. L‟approccio metodologico con cui questi dati vengono analizzati si chiama “Rep Trak Model” e prende in esame 23 attributi di performance raggruppati nei seguenti sette macrofattori che contribuiscono alla creazione del valore della reputazione: 1. Prodotti e servizi: la percezione diffusa in merito alla qualità, alla convenienza e all‟affidabilità dei prodotti e dei servizi offerti dall‟impresa, alla volontà dell‟azienda di incontrare i bisogni dei consumatori; 2. Performance: le performance reddituali e finanziarie, legate alle percezioni relative alla redditività, alle prospettive di crescita e al rischio d‟impresa; 3. Innovatività: spinta all‟innovazione per quanto riguarda i processi di ricerca e sviluppo e la capacità di adattarsi con prontezza ai mutamenti del mercato; 4. Leadership: l‟efficacia delle strategie e la qualità della leadership, ovvero la solidità dell‟impresa e la sua capacità di avere una visione chiara e lungimirante; 5. Ambiente di lavoro: condizioni di lavoro riferite alla qualità e alla professionalità dei dipendenti e alla qualità dell‟ambiente di lavoro; 6. Responsabilità sociale: attenzione dimostrata dall‟impresa nei confronti dell‟ambiente e delle comunità in cui opera, impegno sociale; 7. Eticità: modalità di gestione dell‟impresa, comportamento etico e leale, trasparenza.
37
Per guadagnare la fiducia e la stima degli stakeholder le organizzazioni devono impegnarsi a raggiungere alti livelli in tutte e sette le dimensioni. Kasper Nielsen, managing partner del Reputation Institute, dice: “Companies that manage their reputation on a single dimension can falter when the tide turns against them. In contrast, companies that manage reputation broadly across several dimensions establish a solid emotional connection with stakeholders that will lead them to support the company both vocally and monetarily in any scenario.” 54
Il set dei 23 attributi chiave è definito “Standard Rep Trak Scorecard” e viene applicato in modo standard all‟analisi di tutte le organizzazioni.
Figura 6. Rep Trak Model
54
Ferrero, Ikea, Johnson & Johnson rank as most reputable companies in the world on Reputation Institute‟s Global Reputation Pulse Study, Comunicato Stampa del Reputation institute, New York, 6 Maggio 2009, http://www.reputationinstitute.com/events/Global_Reputation_Pulse_Release_2009_06may2009.pdf
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Alcune di esse, tuttavia, costruiscono la propria reputazione attraverso uno o più attributi propri, per questo in fase di impostazione di indagine, il Reputation Institute individua gli attributi propri ed unici di una certa azienda o di un dato settore di attività e li include nel modello standard, creando così un set esclusivo per l‟azienda cliente. Studi, ricerche, collaborazioni ed esperienze maturate costituiscono un enorme deposito di conoscenze messe a disposizione dei clienti per raggiungere un vantaggio competitivo sul mercato. Infatti tutti i clienti hanno sostanzialmente tre grandi vantaggi: -
la possibilità di consultare esperti per capire come la reputazione varia nel mondo;
-
confrontare la propria reputazione con quella dei leader mondiali e della concorrenza;
-
identificare i più grandi rischi e le possibilità che derivano dalle reputazione.
1.5.3 “Media Rep Trak” Il Media Rep Trak è lo strumento con cui il Reputation Institute monitora l‟impatto della copertura mediatica sulla reputazione aziendale. Ciò è possibile aggiungendo alla struttura del Rep Trak l‟analisi sui media, fornendo quindi al cliente un sistema integrato per la gestione della reputazione. Questo modello permette di sapere quali media possono accrescere o rovinare la reputazione aziendale e in che modo. Ad ogni cliente vengono offerte soluzioni personalizzate che attengono non solo all‟impatto complessivo dei media, ma anche all‟impatto che si verifica su alcune caratteristiche che risultano essere più importanti per la reputazione di clienti specifici. La copertura mediatica analizzata è totale, perché vengono presi in considerazione tutti i media: gli analisti si occupano della stampa, come dell‟online, dei siti ufficiali e dei blog. Anche in questo caso il Reputation Institute è flessibile,
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perché va incontro ai bisogni dei clienti, che possono essere interessati a ricerche su media diversi.
1.5.4 “Rep Trak Risk” Il Rep Trak Risk è uno strumento online di supporto decisionale che aiuta le organizzazioni a valutare i rischi intangibili in tempo reale. Le sue funzioni sono: fornire una struttura incrociata per individuare i rischi a priorità alta e attenuarli, aiutare l‟organizzazione a capire quali potrebbero essere ulteriori fattori di rischio, identificare i rischi dovuti alla visibilità e rilevanza sui media, fornire un‟interfaccia online i grado di raccogliere i fattori di rischio e riportarli all‟organizzazione.
In Italia la società di ricerca Doxa55 e la società di consulenza Methodos56 sono partner del Reputation Institute; insieme svolgono un‟attività multidisciplinare di analisi della reputazione d‟impresa e gestione delle relazioni con gli stakeholder, che vede un sistema integrato di ricerca, consulenza e affiancamento operativo. Ciò perché in Italia sta crescendo l‟attenzione per gli studi inerenti la reputazione che coinvolge il mondo aziendale e della ricerca. Il Global Pulse Italia57 è il Global Pulse personalizzato per i committenti italiani, creato aggiungendo a quello standard elementi specifici del settore aziendale e della nazione. Ciò che ne risulta è una visione di alto livello del posizionamento dell‟azienda sia per quanto riguarda l‟indice globale che le singole dimensioni in Italia e nel mondo.
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Società fondata nel 1946, leader nel settore della ricerca. Alla base del suo lavoro ci sono il rigore scientifico e la spinta verso l‟innovazione di prodotto. Doxa opera nel campo dell‟analisi quantitativa e qualitativa sulla soddisfazione e la fedeltà dei clienti, il valore del brand, dei prodotti e della comunicazione. www.doxa.it. 56 Methodos è una delle maggiori e più qualificate società di consulenza di direzione. È stata fondata nel 1978 allo scopo di fornire supporto ai clienti nei processi di cambiamento organizzativo. www.methodos.it 57 www.corporatereputation.it
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Il rapporto Global Pulse Italia si struttura di: -
Global Report, comprende la classifica delle 200 aziende e dei settori con la più alta reputazione e indicazioni sulle dimensioni che determinano tale successo;
-
Country Report, l‟analisi delle componenti che influenzano la reputazione aziendale in Italia e la classifica delle maggiori 25 aziende italiane;
-
Industry Report, l‟analisi
delle 7 macrodimensioni per il settore
specifico dell‟azienda cliente; relazione tra reputazione e immagine aziendale; -
Company Report, l‟analisi approfondita dell‟azienda cliente e il confronto con uno o più competitor.
1.6 La web reputation Il discorso sulla reputazione online è così vasto e apre a così tante questioni che meriterebbe di essere trattato in una tesi a parte. Per completezza del mio lavoro, però, mi sembra doveroso farne almeno un cenno, quindi mi limito a introdurre il concetto e apportare un esempio che rileva l‟importanza del fenomeno. La rete può influenzare la percezione che il pubblico ha di un‟impresa grazie a un‟informazione molto vasta e meno controllabile. Le potenzialità dei nuovi media sono proprio nella democratizzazione di accesso e condivisione delle informazioni, e nella facilità e velocità con cui si scambiano notizie, che nel passaparola diventano opinioni e poi giudizi. Gianluca Comin, presidente di Ferpi, a proposito del ruolo-chiave del web e dei nuovi media afferma: “La rete ha rovesciato il tradizionale processo di costruzione della reputazione. Questo perché la diffusione del web 2.0 ha contribuito a far aumentare la consapevolezza di essere portatori di interesse, di far sentire la propria voce, di poter dialogare con i grandi sistemi e gli opinion leader.
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Siamo entrati in una vera e propria epoca degli stakeholder 2.0 grazie alla forza amplificatrice della rete.”58
La web reputation, o “reputazione 2.0”, imperniata sulle specificità del mondo virtuale, è data dall‟opinione che i pubblici si fanno a partire dalle informazioni che reperiscono in rete. Essa ha assunto rilevanza negli ultimi anni perché è diventata una sorta di “biglietto da visita” delle aziende. Gli utenti/consumatori usano Internet come prima fonte di informazione su un prodotto o servizio, paragonano le offerte delle varie aziende, si confrontano con gli altri consumatori in un racconto dove emergono le diverse esperienze con determinati prodotti e aziende e quindi i vari giudizi. Le opinioni pubblicate sono a disposizione di tutti, altri utenti possono decidere di partecipare alla conversazione e condividere le informazioni su altri canali, che a loro volta saranno fonte per nuove ricerche e così via. In questo modo si diffondono in rete tanto i giudizi positivi, quanto quelli negativi. L‟insieme di queste opinioni racconta a tutti la reputazione dei vari prodotti e delle varie aziende. In particolare, i canali più utilizzati dagli utenti online sono i social network. Le peculiarità di queste piazze virtuali sono: una comunicazione rapida e informale; la possibilità per ogni utente di diventare un editore; la diffusione dei contenuti istantanea; la generazione di un gran numero di dati che si diffondono a macchia d‟olio in diversi contesti e che sono riconducibili a scelte di consumo. Per questo la costruzione di un profilo social sui maggiori social network è un grande passo in avanti per ogni azienda, grande o piccola che sia; la possibilità di accorciare la distanza con gli utenti, interagire e discutere con loro con uno stile diretto e informale, risolvere i loro problemi ed eventualmente esaudire le richieste, rafforzerà la reputazione digitale dell‟azienda. Per mantenere la web reputation è fondamentale:
58
N. Cerana, Comin: come cambia il rapporto con gli stakeholder, 21/09/2010, http://www.ferpi.it/ferpi/novita/notizie_rp/media/comin-come-cambia-il-rapporto-con-glistakeholder/notizia_rp/41924/9
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dire sempre la verità, chi far circolare notizie false viene sbugiardato in pochi click; dialogare con i clienti, se qualcuno ha espresso un parere negativo magari avrà avuti i suoi buoni motivi, è bene quindi capire quali sono le aree di criticità e migliorarle in tempo, prima che la reputazione sia compromessa; effettuare analisi costanti sui motori di ricerca, per scoprire con l‟uso di parole chiave, eventuali notizie false sparse tra siti, blog e forum. Ormai è prioritario per le aziende confrontarsi con la “percezione” online delle aziende; conoscere i contenuti delle conversazioni degli utenti serve per tutelare la visibilità, la credibilità e quindi la reputazione aziendale, nel presente, ma anche per il futuro. Ciò che si dice su Internet è importante anche e soprattutto perché “i nostri atti ci seguono”59: in qualsiasi momento il passato potrebbe riemergere e magari non ci farà piacere, a distanza di anni chiunque potrebbe per caso ritrovare un commento abbandonato in qualche forum, vecchie foto lasciate online o un testo pubblicato che, invece, avremmo preferito fosse dimenticato da tutti. Ci sono sempre più servizi ideati per la ricerca e il monitoraggio della reputazione aziendale online, operazioni possibili grazie a diverse attività come l‟analisi delle conversazioni online sul brand, i prodotti e servizi; la misurazione degli impatti del buzz marketing60; tutela dei brand digitali contro la contraffazione; l‟intervento SEO (Search Engine Optimization), che consente un alto posizionamento sui maggiori motori di ricerca, così che chi cerca informazioni trova prima quelle che l‟azienda vuol dare di sé, mentre tutte le altre possibili informazioni magari 59
I nostri atti ci seguono è un romanzo di Paul Bourget, intellettuale e accademico francese, vissuto quando Internet non ancora esisteva. I protagonisti di questo romanzo, giunti all‟età adulta, fanno i bilanci delle loro esistenze e si interrogano sulle conseguenze che alcune delle loro azioni hanno avuto per tutta la loro vita. 60 Insieme di operazioni di marketing non convenzionale finalizzate a incrementare il volume delle conversazioni riguardanti un prodotto o un servizio e, di conseguenza, ad accrescere la notorietà e la buona reputazione di una marca, sfruttando i vari servizi del web, come blog, forum e social network. Il buzz marketing rappresenta la possibilità di raggiungere nel minor tempo possibile un gruppo di utenti omogeneo per interessi rispetto a un tema o a una categoria di prodotti/servizi.
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connotate negativamente scendono di posizione e sono più difficilmente lette dagli utenti. “L‟economia della reputazione è un ambiente dove i brand sono costruiti sulla base di come essi sono percepiti online e la promessa che consegnano offline.” 61
Un esempio che mette in luce quanto sia rilevante l‟influenza di internet sulla reputazione aziendale è il caso British Petroleum. Il disastro ambientale nel Golfo del Messico, ha inciso profondamente sulla reputazione di questa azienda petrolifera e gran parte delle opinioni a riguardo si sono formate e diffuse a partire dai siti di informazione online. BP ha cercato di salvare il salvabile rendendo più difficile l‟accesso a informazioni potenzialmente compromettenti; a questo scopo l‟azienda petrolifera ha acquistato un altissimo numero di link sponsorizzati nei principali motori di ricerca Google, Yahoo e Bing. Il risultato di questa manovra strategica è che quando gli utenti cercano sui motori di ricerca informazioni circa il disastro ambientale, trovano indicizzati ai primi posti i link al sito della società petrolifera e in particolare a delle sezioni che informano su quanto la stessa si stia impegnando per rimediare al danno. Questa operazione ha dei costi molto elevati, la BP sborsa oltre 10.000 dollari al giorno per mantenere tali posizionamenti sui motori di ricerca62. Questo la dice lunga sull‟influenza della rete sulla reputazione aziendale. Gli utenti, però, non sono disposti a giustificare il giochetto dell‟azienda che dice di aver così voluto rendere facilmente accessibili le informazioni sull‟accaduto; al contrario appare ovvio che l‟azienda, facendo prevalere le proprie informazioni, abbia voluto restringere la visibilità di tutte le altre notizie a riguardo.
61
“La reputazione è come la moneta”, Reput@ta Iuvant - Coadiuvanti per virus reputazionali, 03/03/2011,http://www.reputataiuvant.com/2011/03/la-reputazione-e-come-la-moneta.html 62 Quanto incide internet sulla reputazione aziendale? Il caso BP, 10/06/2010, http://sintesicomunicazione.wordpress.com/2010/06/10/quanto-incide-internet-sulla-reputazioneaziendale-il-caso-bp/
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Questa strategia, quindi, non si è rivelata salvifica per l‟azienda ed è un chiaro esempio di come la reputazione in rete non si può comprare, ma si guadagna con azioni coerenti e trasparenti.
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Capitolo 2. Il valore delle relazioni “There must be a sustained effort to listen to each other; to learn from one another; and to seek common ground. ” Barack Obama
2.1. L’importanza delle relazioni con gli stakeholder Le aziende sono una fitta rete di storie di persone, ognuna con il proprio background, i propri bisogni e le proprie aspirazioni; l‟interazione tra queste persone è il motore che muove la complessità aziendale. Le aziende, a loro volta, operano nei mercati e, se “i mercati sono conversazioni”63, come dice la prima tesi del Cluetrain Manifesto, significa che le aziende devono curare al massimo le comunicazioni e le relazioni anche con i diversi pubblici esterni. In particolare devono ascoltare soprattutto quei particolari pubblici, definiti stakeholder, che hanno legittimi interessi verso l‟azienda perché possono essere toccati dal suo comportamento o perché essi stessi possono influenzare la realizzazione degli obiettivi aziendali. La teoria degli stakeholder è stata elaborata per la prima volta in modo organico nel 1984 da Freeman64. In una recente intervista65 rilasciata a Ferpi, Freeman afferma che, nonostante molte aziende abbiano alla base della propria missione le relazioni con i portatori di interesse, permane nella società un‟idea di business legata ai profitti e agli azionisti, e in ciò vede la causa principale della crisi finanziaria. Quanto al ruolo delle relazioni pubbliche, i professionisti, dice Freeman: “devono essere strateghi e hanno bisogno di essere coinvolti nel marketing e nell‟operatività dell‟impresa per trovare le soluzioni più adatte a soddisfare i
63
Così recita la prima delle 95 tesi del Cluetrain Manifesto. K. Levine e altri, The Cluetrain Manifesto, Farzi Editore, Roma, 2001. 64 R. E. Freeman, Strategic Management. A stakeholder approach, Pitman, Boston, 1984. 65 G. Panico, Come cambia il rapporto con gli stakeholder, 13/06/2010, http://www.ferpi.it/ferpi/novita/notizie_ferpi/notizie_ferpi/come-cambia-il-rapporto-con-glistakeholder/notizia_ferpi/41541/11
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molteplici stakeholder con i prodotti e servizi dell‟azienda, piuttosto che con la politica e le riunioni.”.
A loro spetta gestire eventuali conflitti tra gli interessi dei diversi stakeholder con la consapevolezza che i conflitti sono terreno fertile che, se coltivato con innovazione e immaginazione, può generare più valore per entrambe le parti; “il combustibile del capitalismo è il conflitto tra gli stakeholder e il motore sono l‟innovazione e la fantasia.. non i compromessi.”
Freeman vede il business come strettamente connesso all‟etica, e condanna quella visione del mondo che gli attribuisce solo una funzione economica come un insulto alla dignità umana. Le organizzazioni hanno bisogno di costruire profondi rapporti umani con gli stakeholder e per farlo devono sapersi integrare nel tessuto sociale. La concezione di management a cui fa riferimento Freeman è assolutamente umanistica, pone al centro le persone e le attività che da sempre hanno permesso loro di esprimere la propria creatività come l‟arte, la pittura, la musica, il teatro e la letteratura, come base per produrre cambiamento, innovazione, evoluzione. La tesi di un management di stampo umanistico è sostenuta profondamente dal Manifesto dello humanistic management, che nella sua quattordicesima variazione recita: “La cultura d‟impresa, la competitività, il successo, il profitto, la leadership di settore, possono assumere configurazioni complessive di carattere umanistico se guidate strategicamente da una convinta, comune, condivisa adesione a valori umani.”66
I valori umani delle persone che operano nell‟organizzazione e che sono costantemente in relazione tra di loro e con l‟esterno costituiscono l‟anima dell‟organizzazione stessa, un elemento fondamentale per la differenziazione dell‟impresa. “È infatti relativamente semplice copiare corpo e mente di un‟azienda,scrive D‟Egidio- ma molto difficile replicarne l‟anima, ovvero la sua cultura.” 67
66
M. Minghetti, F. Cutrano, Le nuove frontiere della cultura d‟impresa. Manifesto dello humanistic management. Etas, Milano, 2004, p. 41. 67 F. D‟ Egidio, Il capitale intellettuale. Come dischiudere la ricchezza nascosta dell‟organizzazione in M. Minghetti, F. Cutrano, Le nuove frontiere della cultura d‟impresa. Manifesto dello humanistic management. Etas, Milano, 2004, p. 142.
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La necessità di curare le relazioni è impellente nell‟attuale contesto socioeconomico in cui le aziende operano, caratterizzato dall‟apertura dei mercati, cambiamenti sempre più repentini e soprattutto da pubblici più consapevoli. Quest‟ultimo elemento è quello che più palesemente differenzia il passato dallo status quo. Marshall sostiene che l‟uomo civilizzato “non desidera semplicemente quantità maggiori delle cose che è abituato a consumare, ma qualità migliori; desidera cose più scelte, e cose che soddisfino i nuovi bisogni che si sviluppano in lui”.68
Con gli anni, il benessere diffuso e un più elevato livello culturale, hanno reso ancora più evidente questo fenomeno, tanto che i bisogni dell‟uomo si sono evoluti in desideri e sogni.69 I pubblici con cui le organizzazioni sono in relazione hanno sviluppato consapevolezze e capacità che li rendono sempre più attori e non più spettatori, gli acquirenti sono diventati consumatori critici perché hanno più vaste disponibilità di scelta e sono responsabili; non c‟è più un divario abissale tra i produttori e i consumatori, bensì un progressivo avvicinamento che ha portato alcuni consumatori a diventare prosumer70; i cittadini che leggono i giornali sono anche citizen journalist, nella network society quelli che cercano informazioni online hanno un accesso ai dati molto più ampio e veloce rispetto al passato e possono essere costantemente connessi. Tutto ciò ha come diretta conseguenza la necessaria correlazione tra le organizzazioni e tutto ciò che c‟è all‟esterno, che si fa sempre più vicino al perimetro delle organizzazioni.
68
A. Marshall, Principi di economia, UTET, Torino 1972, p. 168. G. Siri, Sogni e bisogni: il nuovo consumatore nell'età postconsumistica, Lupetti, Milano, 1995. 70 Il termine prosumer è stato coniato da Alvin Toffler nel libro The Third Wave, Bantam Books, New York, 1980. Prosumer è una sintesi dei termini producer e consumer. Mai come in questo tempo, infatti, le due figure sono estremamente vicine. Ciò non significa che i produttori stanno perdendo professionalità, ma che i consumatori amano essere essi stessi produttori di ciò che consumano. Ciò è possibile grazie al fatto che la tecnologia produce strumenti di facile utilizzo, che permettono anche a semplici dilettanti di creare dei prodotti professionali. I prosumer non devono essere visti come una minaccia, ma come una risorsa per l‟offerta, perché dall‟avvicinamento e dalla collaborazione tra le due parti possono derivare solo vantaggi. 69
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I processi di sviluppo economico si basano sulla creazione di valore generata dalla combinazione e dallo scambio di risorse fra individui, organizzazioni e istituzioni. Come emerge dagli Accordi di Stoccolma71, le organizzazioni consapevoli, definite “comunicative”, si propongono di governare reti di valore, dove il valore viene determinato dalla qualità delle relazioni fra: i componenti di ciascuna rete, le diverse reti; i primi, le seconde, e le questioni che di volta in volta l‟organizzazione si trova ad affrontare. La qualità delle relazioni diventa un indicatore centrale del valore prodotto dall‟organizzazione, che deve quindi massimizzare le capacità relazionali nelle sue attività produttive e gestionali. Il ruolo della comunicazione e delle relazioni pubbliche diventa quello di “contribuire alla gestione strategica delle relazioni con i molteplici interlocutori dell‟impresa e non tanto più solo quello di attivare e ottimizzare i processi di comunicazione.”72
2.2 Il Gorel Il Gorel73, governo delle relazioni, è una metodologia operativa proposta da Toni Muzi Falconi che presenta le diverse fasi in cui si attuano le attività di relazioni pubbliche e interpreta al meglio la funzione delle RP che consiste nel coordinare l‟insieme dei sistemi di relazione di un‟organizzazione. I relatori pubblici all‟interno delle organizzazioni hanno un ruolo strategico che li vede impegnati nel: monitorare le dinamiche di relazione tra l‟organizzazione e i suoi stakeholder, e valutare la loro efficacia rispetto agli obiettivi perseguiti; assistere le altre funzioni di direzione nella gestione delle relazioni con i rispettivi stakeholder.
71
Documento approvato dal World Public Relations Forum a Stoccolma, il 15 giugno 2010, che valorizza e afferma il ruolo centrale delle relazioni pubbliche per il successo delle organizzazioni. 72 E. Invernizzi, Manuale di Relazioni Pubbliche 2. Le competenze e i servizi specializzati, McGrawHill, Milano, 2006, p. 25. 73 T. Muzi Falconi, Governare le relazioni. Obiettivi, strumenti e modelli delle relazioni pubbliche, Il Sole 24 Ore, Milano, 2002, pp. 163-180.
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Prima di descrivere le fasi del Gorel, spiego la differenza che Muzi Faconi fa tra diversi segmenti di pubblici. Egli definisce stakeholder attivi i soggetti consapevoli di aver diritto a un dialogo con l‟organizzazione e che sono interessati a farlo, cioè “tutti coloro che contribuiscono a legittimare socialmente l‟organizzazione e provvedono ad attribuirle, o a contestarle, quella che si potrebbe definire <<licenza di operare>> nella società.”74
Gli stakeholder potenziali sono, invece, coloro che sarebbero interessati a una relazione con l‟organizzazione, se solo fossero consapevoli delle sue finalità. Gli influenti sono quei soggetti che l‟organizzazione ritiene capaci di influire sulle dinamiche delle variabili di volta in volta in gioco per il raggiungimento di specifici obiettivi. Ultimo segmento di pubblici rilevanti è quello degli opinion leader, cioè coloro che possono contribuire a influenzare i destinatari finali con le loro opinioni e comportamenti. La distinzione tra questi segmenti è finalizzata a una migliore identificazione degli interlocutori, che permetterà
alle relazioni pubbliche di lavorare più
efficacemente, costruendo messaggi ad hoc per specifici destinatari. La prima fase del Gorel, il visioning, è l‟identificazione delle finalità per cui un‟organizzazione esiste: la missione (cos‟è, cosa fa); la visione (quali sono gli obiettivi a medio e lungo termine); la strategia (in che modo intende passare dalla missione alla visione); i valori guida (con quali regole condivise intende attuare la strategia). Se la prima fase porta a risultati condivisi dalla coalizione dominante dell‟organizzazione, si passa alla seconda fase, che prevede l‟identificazione e l‟ascolto degli stakeholder più importanti, per conoscerne le esigenze e le aspettative in relazione alle finalità dell‟organizzazione. 74
T. Muzi Falconi, Governare le relazioni. Obiettivi, strumenti e modelli delle relazioni pubbliche, Il Sole 24 Ore, Milano, 2002, p. 166.
50
La terza fase del Gorel consiste nell‟identificazione degli obiettivi specifici di un‟organizzazione e nel renderli noti a quanti sono coinvolti nel loro raggiungimento. La fase successiva prevede l‟identificazione e l‟analisi delle variabili sociali, politiche, economiche e tecnologiche che si presuppone possano influire sul raggiungimento degli obiettivi perseguiti. Nella quinta fase vengono selezionati i soggetti influenti, per ogni variabile rilevante al raggiungimento di ogni obiettivo specifico. La sesta fase vede il relatore pubblico impegnato nella definizione dei messaggi chiave, da elaborare in modo che risultino familiari e credibili ai soggetti con cui intende avviare una relazione. A ciò segue la fase del pretest dei messaggi chiave; i risultati permettono al relatore pubblico di conoscere la notorietà e la credibilità dei messaggi e delle fonti, in modo da poter limare gli stessi messaggi prima di diffonderli agli influenti e di fissare specifici obiettivi misurabili di comunicazione. L‟ottava fase è quella della strategia operativa, in cui si devono decidere le risorse disponibili, le modalità, i canali, i tempi e gli strumenti appropriati per poter, nella fase successiva, trasferire i messaggi agli influenti. Con la decima e ultima fase del Gorel si chiude il cerchio. È la fase dell‟ascolto e la misurazione dei risultati, in cui i relatori pubblici tirano le somme sull‟efficacia
del
proprio
lavoro,
verificando
se
notorietà
e
credibilità
dell‟organizzazione sono aumentate presso gli influenti in seguito al loro intervento. Quest‟ultima fase è anche la prima, perché è proprio dall‟ascolto che ripartirà tutto il processo.
2.3 Gli studi sulla relazione L‟importanza delle relazioni con gli stakeholder è oggetto di studi in ambiti diversi; in particolare se ne occupano studiosi di teorie organizzative, economia e
51
gestione delle imprese e marketing. I primi75 vedono nelle relazioni una componente strutturale delle organizzazioni e nell‟impresa-rete evidenziano l‟autonomia di ogni singolo elemento dell‟organizzazione, qualificato come nodo e legato ad altri nodi tramite connessioni flessibili. Dagli studi dell‟economia e gestione delle imprese proviene l‟approccio del sistema vitale76 come superamento dell‟approccio sistemico. Il passaggio dall‟analisi delle parti del sistema, all‟analisi delle relazioni tra le parti del sistema, mette in evidenza i benefici che derivano da una corretta gestione delle relazioni: il sistema impresa potrà sviluppare una struttura organizzativa e gestionale coerente con i suoi sottosistemi e in linea con i sovrasistemi di riferimento. L‟aspetto relazionale è anche al centro degli studi di marketing, che hanno sviluppato i temi del marketing resource-based e del marketing relazionale. Il marketing resource-based77 attribuisce alle relazioni un potenziale generativo di risorse immateriali dell‟impresa riunite in due poli: le risorse di conoscenza e le risorse di fiducia. I processi di comunicazione, sia interni sia verso l‟esterno, possono implementare il patrimonio di conoscenza e fiducia dell‟impresa, che è alla base dell‟ottenimento di un vantaggio competitivo duraturo e consente la realizzazione dei progetti strategici dell‟impresa. Il marketing relazionale ha sottolineato l‟importanza delle relazioni per il successo delle imprese, soprattutto in una logica di lungo periodo. Le ingenti risorse investite per acquisire, mantenere e consolidare le relazioni, ci portano a considerare come il vero oggetto dello scambio tra domanda e offerta divengano le promesse di prestazioni conformi alle aspettative. Il collante delle relazioni può dunque essere individuato nel paradigma „promesse - aspettative - soddisfazione‟.78
75
F. Butera, Il castello e la rete, Franco Angeli, Milano, 1990. E N. Nohria, R. Eccles, Networks and Organizations, Harvard Business School Press, Cambridge, 1992. 76 G. M. Golinelli, L‟approccio sistemico al governo dell‟impresa, Vol. 1 e 2, Cedam, Padova, 2000. 77 S. Vicari, L‟impresa vivente. Itinerario in una diversa concezione, Egea, Milano, 1991. 78 B. Busacca, Le risorse di fiducia dell‟impresa. Soddisfazione del cliente, creazione di valore, strategie di accrescimento, Utet Libreria, Torino, 1994.
52
Tutto ciò è in linea con il principio di economicità: l‟accrescimento dei valori intangibili contribuisce all‟aumento dei profitti. Una base di relazioni fedeli è considerata una delle principali forme di ricchezza dell‟impresa, perché rappresenta un potenziale di accrescimento del valore in termini di immagine, conoscenze, reputazione, fiducia, soddisfazione del cliente e fedeltà all‟azienda. Per questo Costabile parla di capitale relazionale per indicare “lo stock di fiducia, fedeltà e lealtà che deve essere accumulato dall‟impresa per poter accrescere la capacità competitiva e il suo valore di mercato nel tempo.” 79
Il capitale relazionale “rappresenta l‟assetto attuale e potenziale delle relazioni aziendali con gli stakeholder esterni, esprimendone il valore a fini competitivi (sviluppo del mercato e del portafoglio clienti, miglioramento delle performance e così via).”80
Il termine „capitale‟ sta appunto a significare che le relazioni possono essere investite per produrre nuovo valore: maggiori flussi economici, consolidamento delle relazioni stesse e attivazione di nuove relazioni. In un mercato globale e con grandissima concorrenza, le componenti immateriali del valore assumono sempre maggiore rilevanza per vari motivi. Innanzitutto il vantaggio competitivo delle imprese non è più determinato solo da caratteri strutturali, bensì sempre più dai cosiddetti “intangibili”, come il know how, le marche, le reti di vendita, la fiducia, etc. Inoltre è aumentata l‟attenzione attribuita alle possibilità che derivano dall‟impiego dei beni intangibili dell‟impresa. Tra le risorse immateriali dell‟impresa un ruolo importante è giocato dalle risorse di fiducia definite, in senso lato, quali “forme di conoscenza che hanno origine dai processi di interazione dell‟impresa con le diverse categorie di stakeholder, clienti in primis”.81
79
M. Costabile, Il capitale relazionale, McGraw–Hill, Milano, 2001, p. X. M. Costabile, Il capitale relazionale, McGraw–Hill, Milano, 2001, p. 22. 81 M. Costabile, Il capitale relazionale, McGraw–Hill, Milano, 2001, p. 19. 80
53
In quanto forme di conoscenza, esse riducono l‟incertezza degli interlocutori, annullano costi e tempi di transazione e in alcuni casi possono originare forme di collaborazione tra l‟azienda e i portatori di interesse. Il passaggio dal marketing tradizionale a quello relazionale è ben rappresentato nella schematizzazione di Rapp e Collins che individuano dieci trend caratteristici della nuova era del consumatore: Allontanarsi da 1. Clienti e prospect anonimi 2. Enfasi sulla creatività (in pubblicità) 3. “Coprire a tappeto” il mercato 4. Contare il numero di contatti 5. Monologo pubblicitario 6. Bombardare il mercato 7. Consumatori passivi 8. Marketing di massa 9. USP (unique selling proposition) 10. Distribuzione monocanale
Andare verso Clienti e prospect ben conosciuti Enfasi sulla risposta (in pubblicità) Riempire ogni nicchia Contare i clienti acquisiti Dialogo con il consumatore Costruire un rapporto Partecipanti coinvolti Direct marketing di massa EVP (extra value proposition) Distribuzione multicanale
Figura 7. Passaggio dal marketing tradizionale a quello relazionale Rapp C., Collins T., La grande svolta del marketing: aziende e clienti nell'era dell'individuo, Il Sole 24 Ore Libri, Milano, 1992, p. 51.
Questi dieci elementi indicano la tendenza e la necessità di costruire, anche attraverso la comunicazione, un rapporto con il consumatore che sia basato sulla fiducia e sulla trasparenza. Il valore per il consumatore viene definito come “il legame emotivo che si stabilisce tra il consumatore e il produttore dopo che il primo ha utilizzato un prodotto, che si è rivelato importante, o un servizio, fornito dal produttore in questione, e vi ha riscontrato un certo valore aggiunto.”82
È ovvio che il legame emotivo va costruito tramite una relazione diretta con il singolo cliente, che spetta alla comunicazione attivare. “Le imprese devono attrezzarsi a riconoscere i singoli clienti, ad ascoltarne le esigenze specifiche e a soddisfarle. Tutto ciò comporta attivare una tecnologia relazionale che ha certamente importanti contenuti 82
J. Butz, E. Howard, L. D. Goodstein, Measuring customer value: gaining the strategic advantage, “Organizational Dynamics”, v. 24, n. 3, Winter 1996, p. 63.
54
comunicazionali, ma anche una forte elasticità, nel contenuto dei servizi, per poterli adeguare in tempo reale ai bisogni del singolo cliente”83.
2.4 L’importanza della fiducia Le imprese più illuminate investono molto nel capitale relazionale perché esso permette di creare reti di valore uniche e inimitabili, offrendo grande vantaggio competitivo.84 In particolare, l‟aspetto simbolico del capitale relazionale esprime la reputazione dell‟impresa, permettendole di affermare la sua rappresentazione del mercato e del contesto competitivo. C‟è un filo rosso che lega il valore per il cliente, le relazioni con la domanda e il valore dell‟impresa. Lo sviluppo di queste relazioni parte dalla soddisfazione dei clienti cumulata nel tempo e quindi dalla loro fiducia; la fiducia, a sua volta, costituisce una componente della reputazione d‟impresa, fondamentale per attivare nuove relazioni e per rinforzare la fedeltà. Tutti questi elementi, soddisfazione dei clienti, fiducia, fedeltà, immagine di marca e reputazione, incidono sul valore dell‟impresa.
83
E. Invernizzi, Comunicazione organizzativa: teorie, modelli e metodi, Giuffrè, Milano 2000. C. Baccarini, M. G. Golinelli, L‟impresa inesistente: relazione tra immagine e strategia, “Sinergie”, n. 29, 1992. 84
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Conoscenza Reputazione Immagine Soddisfazione del cliente
Valore dell’impresa
Fiducia Fedeltà
Lealtà
Conoscenza
Figura 8. Customer satisfaction, relazioni e patrimonio cognitivo dell’impresa. Fonte: M. Costabile, Il capitale relazionale, McGraw–Hill, Milano, 2001, p. 33.
A partire dagli anni Novanta, le imprese hanno visto uno spostamento di paradigma: dall‟orientamento al mercato, all‟orientamento alla soddisfazione del cliente. Le ragioni di questo cambio di paradigma sono da ricercarsi nei mutamenti sociali, economici, organizzativi e culturali che hanno caratterizzato il mondo imprenditoriale dalla fine degli anni Ottanta ad oggi. Essi riguardano: la crescente affermazione di numerose imprese concorrenti, la nuova dinamica della domanda, l‟accresciuta complessità tecnologica dei prodotti e l‟affermarsi di nuove forme del vantaggio competitivo. L‟orientamento alla soddisfazione del cliente è fondamentale per governare la crescente complessità del processo di creazione del valore. Esso permette in primo luogo di coinvolgere i consumatori nei processi di funzionamento aziendali, favorendo un collegamento più diretto tra impresa e stakeholder; in secondo luogo di rendere più solide le relazioni tra i vari nodi dell‟organizzazione, agendo come forza connettiva e insieme di norme condivise che danno un senso ai comportamenti dell‟impresa.
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Da un lato, la capacità di soddisfare le aspettative della domanda rappresenta il modo migliore per difendersi dalle azioni delle imprese concorrenti; dall‟altro, il cliente rappresenta un grande valore patrimoniale, e quindi, un bene capitale da valorizzare. I processi di consolidamento del capitale relazionale sono in parte propri dell‟impresa e in parte degli stakeholder, in quanto attori determinanti del potenziale di attivazione di nuove relazioni in base all‟effetto reputazione. Il passaparola online, il viral marketing e i social network presentano caratteristiche ideali per la generazione di conoscenze sui prodotti, il consolidamento dell‟immagine dell‟impresa e la diffusione della sua reputazione. D‟altra parte, così come corrono le buone notizie, corrono anche quelle meno buone. Le aziende devono avere la consapevolezza che “Non ci sono segreti. Il mercato online conosce i prodotti meglio delle aziende che li fanno. E se una cosa è buona o cattiva, comunque lo dicono a tutti.”85
2.5 Edelman Trust Barometer 2011 A confermare l‟importanza della fiducia interviene il Trust Barometer 2011 di Edelman86, studio annuale alla sua undicesima edizione svolto dall‟agenzia di RP Edelman, per fare il punto sull‟evoluzione della fiducia e della credibilità nel campo imprenditoriale, governativo e dei media. La ricerca è stata condotta in 23 Paesi a partire da interviste telefoniche della durata di 30 minuti, effettuate dalla divisione dell‟agenzia StrategyOne, dal mese di ottobre 2010, su un campione di 5.075 persone di istruzione universitaria, reddito elevato e un alto grado di informazione, divise in due gruppi di età (25-34 e 35-64). La ricerca, pubblicata a fine gennaio, dimostra come in un anno caratterizzato dalla crisi per le aziende e l‟agitazione finanziaria per
85
K. Levine e altri, The Cluetrain Manifesto, Farzi Editore, Roma, 2001, Dodicesima tesi. http://www.edelman.com/trust/2011/uploads/Edelman%20Trust%20Barometer%20Global%20Deck .pdf , 10/02/2011. 86
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i governi europei, la fiducia nell‟economia e nel governo abbia fatto registrare un‟evidente capacità di ripresa. Ai fini del mio studio ho analizzato la parte della ricerca dedicata alla sfera aziendale, dove emerge la centralità della comunicazione per generare fiducia, che a sua volta genera reputazione. “Information ubiquity has changed the playbook for corporate communications. A company with a message can‟t simply be present, but rather omnipresent.” 87
I fattori principali che concorrono alla reputazione aziendale sono in primo luogo la qualità dei prodotti o servizi, seguono la trasparenza, l‟onestà e la fiducia, e poi il benessere dei dipendenti; mentre la performance finanziaria di una compagnia è al decimo e ultimo posto.
Figura 9. Importanza di diversi fattori per la reputazione aziendale Fonte: Edelman Trust Barometer 2011
La fiducia rappresenta uno scudo per la reputazione aziendale. Come rappresentato in Figura 10, quando una compagnia non gode di fiducia il 57% della gente che cerca informazioni su di essa, sarà portata a credere alle informazioni negative dopo averle ascoltate 1 o 2 volte; mentre solo il 15% crederà alle 87
Neal Flieger, Presidente della StrategyOne, agenzia di ricerca di Edelman, Comunicato Stampa del 25/01/2011, p. 2, http://www.edelman.com/trust/2011/uploads/2011%20Trust%20Barometer%20Press%20Release.pdf.
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informazioni positive dopo averle ascoltate un paio di volte. Le cose cambiano nettamente nel caso di organizzazioni fidate: il 25% delle persone crederanno alle informazioni negative dopo averle ascoltare 1 o 2 volte, ma ben il 51% crederà a quelle positive.
Figura 10. Importanza della fiducia per la reputazione aziendale. Fonte: Edelman Trust Barometer 2011
In passato l‟architettura della fiducia era strutturata su quattro cardini: controllo dell‟informazione, “impermeabilità” con l‟esterno, focalizzazione sul profitto e protezione del brand. Ora si è trasformata radicalmente, il “triangolo della fiducia” è basato sulla prospettiva per le organizzazioni di lavorare a vantaggio della società, non solo degli shareholder; di essere trasparenti riguardo tutto il proprio operato e di diffondere il proprio impegno attraverso una comunicazione appropriata su tutti i media.
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Figura 11. La trasformazione della fiducia. Fonte: Edelman Trust Barometer 2011
“Trust has transformed the license to operate for business, company actions must deliver on the expectation for a collaborative approach that benefits society – not just shareholders, transparency about how it makes money, and communication in surround-sound through all forms of media – from mainstream to new to social to owned.”88
Questo anche in conseguenza del fatto che sempre più gli stakeholder chiedono alle organizzazioni di allineare il valore per gli azionisti con gli interessi della società, anche laddove ciò significhi sacrificare i profitti economici.
2. 6 L’organizzazione narrante Le organizzazioni, come gli individui, non possono non comunicare. Lo fanno intenzionalmente e inconsapevolmente, tramite messaggi emessi e omessi, in modo istituzionale e informale, tramite i prodotti, le relazioni che costruiscono, i dipendenti, lo stile degli edifici, la grafica del brand, del packaging, dei siti e delle brochure, l‟atmosfera delle conferenze stampa e degli eventi che organizzano; insomma attraverso tutti quegli elementi che, in modo diretto o indiretto, raccontano qualcosa di loro.
88
Edelman, Comunicato Stampa del 25/01/2011, p. 2, http://www.edelman.com/trust/2011/uploads/2011%20Trust%20Barometer%20Press%20Release.pdf.
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La narrazione è una forma di comunicazione aziendale innovativa, in cui il fruitore partecipa emotivamente. Il surplus della narrazione rispetto all‟informazione sta nella memorabilità. Ogni giorno siamo invasi da una grande mole di dati, notizie, informazioni di ogni tipo che, naturalmente, non potremo ricordare nella loro totalità e per un lungo periodo. Al contrario le storie hanno una testa, un corpo e una coda che tengono legate le informazioni, hanno il pathos che ci coinvolge, hanno lo straordinario potere di essere recepite come un mix di parole, immagini, suoni, odori e colori che si fissano nella mente e che noi facciamo nostri, quindi sono facilmente richiamabili alla memoria. L‟organizzazione narrante è un‟organizzazione in continuo mutamento, che cambia, si rinnova insieme alle storie di vita delle persone che vi fanno parte, è “un‟organizzazione che getta costantemente ponti tra passato e futuro, tra memoria e progetto, nel tentativo di uscire dal limite omologante di un “fare affaccendato” privo di scopo.”89
Narrare storie implica diverse attenzioni per l‟azienda: conoscere bene i diversi pubblici a cui sono rivolte, adattare le storie ai bisogni della contemporaneità, trovare terreni comuni tra la marca e i pubblici, costruire un plot che sia aderente all‟identità aziendale. L‟organizzazione che narra presuppone quindi un pubblico che ascolta e il pubblico contemporaneo ha un orecchio particolarmente attento, sa selezionare le storie che il mercato gli propone. Se ne condivide i valori, si lascia coinvolgere e conquistare; al contrario, se ascolta una storia che non gli piace o se percepisce un certo distacco tra la storia raccontata e la verità dell‟azienda o del prodotto, perde fiducia nell‟azienda e può avere due reazioni: o non è più disposto ad ascoltare e cambia storia; oppure fa anche un passo successivo, condivide con altri la propria esperienza diffondendo un giudizio negativo sull‟azienda che, se condiviso da molti, costerà caro in termini di reputazione aziendale. 89
A. Fontana, Manuale di Storytelling. Raccontare con efficacia prodotti, marchi e identità d‟impresa, Etas, Milano, 2009, p. 108.
61
Oggi più che mai la trasparenza è un valore imprescindibile per tutte le organizzazioni e anche le storie devono essere innanzitutto vere. L‟etica è strettamente legata alla narrazione, come dimostra il fatto che in tutte le culture e in tutte le religioni è affermato il dovere di dire la verità. La narrazione etica è quella che supera il monologo e si sviluppa tramite un dialogo, uno scambio che arricchisce entrambe le parti. Al contrario, le organizzazioni che usano lo storytelling per esprimere un monologo, un‟autoriflessione, stanno raccontando con un intento manipolatorio. “Un‟etica dello storytelling è un‟etica che supera in narcisismo del racconto per andare verso un‟apertura agli altri, quindi un‟etica delle finestre e non un‟etica dello specchio.” 90
D‟altra parte, cosa serve alle organizzazioni raccontare di sé solo a se stesse? Coinvolgere i pubblici nel racconto aziendale vuol dire “costruire insieme la storia della marca, perché è l‟unico modo per costruire una relazione di lungo periodo; una persona che crede in quello che faccio vale molto più di cento promozioni con buono sconto.”91
Il pubblico a sua volta racconta storie; storie che le aziende farebbero bene ad ascoltare, per progettare in continuità con le comunità di cui esse stesse fanno parte e a cui si rivolgono. “Le aziende devono chiedersi dove finisce la loro cultura di impresa. Se finisce prima che inizi la comunità, allora non hanno mercato.”92
Ciò anche in considerazione del fatto che si è arricchito il rapporto tra impresa e società: all‟impresa non si chiede più di svolgere il suo tradizionale ruolo “economico”, ma le vengono attribuite importanti responsabilità di natura etica e sociale. L‟azienda etica è quella che s‟impegna a rispettare non solo le leggi, ma anche comportamenti che il diritto non le impone, ma che favoriscono il confronto con i portatori di interesse. Verso di loro l‟impresa etica assume una triplice 90
G. Azzoni, video-intervista rilasciata in occasione del Secondo Convegno Nazionale sulla narrazione d‟impresa “Narrare il consumo”, Università degli Studi di Pavia, 25 ottobre 2010, http://www.youtube.com/watch?v=kLtcfNYNKs4 91 Dall‟ intervento di Pepe Moder durante il Secondo Convegno Nazionale sulla narrazione d‟impresa “Narrare il consumo”, Università degli Studi di Pavia, 25 ottobre 2010. 92 Tesi numero 36 e 37 del Cluetrain Manifesto, K. Levine, Locke, Searls, Weinberger, Farzi editore, Roma, 2001.
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responsabilità: economica, ambientale e sociale, per cui i bilanci diventano triplebottom-line. Azzoni definisce “l‟azienda etica” come “la protagonista di una storia che le persone desidererebbero sentire”. In un saggio omonimo identifica l‟ontologia di un‟azienda etica in un‟ “identità narrativa”, cioè “quella propria di un personaggio che si racconta in una storia e, attraverso questa storia, costituisce il proprio sé”93.
Le storie delle aziende etiche presentano tre caratteristiche: gli stakeholder non sono coinvolti nel ruolo di spettatori, bensì nel ruolo attivo di personaggi della storia; viene raccontato il passato, ma anche il futuro, per offrire memoria e progettualità, così da poter dar vita a iniziative comuni; sono storie credibili, gli stakeholder possono riconoscersi e farle proprie. Il successo di un‟impresa è determinato anche dai valori-guida che la stessa si è data. La comunicazione aziendale deve essere riferita ad essi e deve renderli noti sia all‟interno per favorire la condivisione e l‟identificazione dei dipendenti con quei valori, sia all‟esterno perché costituiscono una fonte di legittimazione. I valori etici alla base della cultura organizzativa sono una fonte di generazione della reputazione solo se coerenti con i comportamenti agiti nel tempo dalle organizzazioni, se condivisi da tutti i membri e se comunicati con continuità in modo veritiero e trasparente. “Costruire la propria reputazione attraverso comportamenti day by day che guardano al medio-lungo termine, permette di affrontare le eventuali situazioni di crisi e i dilemmi etici in modo coerente alla visione etica e ai valori aziendali.”94
93
G. Azzoni, L‟azienda etica. L‟impresa come protagonista di una storia che le persone desidererebbero sentire, in M. Minghetti e F. Cutrano, Le nuove frontiere della cultura d‟impresa. Manifesto dello humanistic management, Etas, Milano, 2004, p. 185. 94 B. Bazzardi, Etica e CSR che generano reputazione: il caso STMicroelectronics, “Sviluppo&Organizzazione”, n. 204, 2004, p. 88.
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Toni Muzi Falconi sostiene che l‟organizzazione comunicativa che si orienta verso il „beyond‟95 abbia due facce: da una parte il ciclo hard della produzione di prodotto o di servizio, dall‟altra il ciclo soft della narrazione. Da quest‟ultimo punto di vista l‟organizzazione comunicativa diventa un medium preposto al potenziamento della „licenza di operare‟96 dell‟organizzazione. “La narrazione assume così una espressione continuata, multicanale, differenziata in funzione dei diversi interessi di ciascun gruppo di stakeholder ma coerente e accessibile ai singoli. Una narrazione che integra la rendicontazione dovuta (bilancio, sicurezza, salute, lavoro, ambiente…) con quella volontaria (di marketing, di prodotto, di responsabilità sociale, istituzionale) in un flusso continuo che facilita e stimola l‟interazione, il dialogo, il coinvolgimento attivo. L‟integrazione (o è meglio allineamento?) assume dunque una funzione cruciale per l‟efficacia organizzativa.” 97
2.6.1 Storie e simboli Oltre alla qualità dei prodotti, diventa importante la loro dimensione simbolica che porta in primo piano il ruolo di emozioni ed esperienze nei processi di consumo. Questo perché il consumatore contemporaneo, vivendo in un contesto di benessere diffuso, va oltre l‟appagamento funzionale del prodotto, è alla ricerca di qualcosa di più, vuole trarre dai processi di acquisto delle gratificazioni che potremmo definire psico-sociali. I prodotti, più che soddisfare bisogni pratici soddisfano bisogni culturali; compriamo i prodotti perché compriamo dei simboli, delle esperienze. La psicologia dei consumi ha evidenziato il nesso tra emozione e scelta d‟acquisto: nell‟acquistare prodotti che, oltre a soddisfare bisogni funzionali hanno una valenza simbolica, la scelta non segue al ragionamento, ma al sentimento, 95
Paradigma che va a sostituire quello precedente della comunicazione “below the line”, con cui tradizionalmente si indicavano tutte le forme di comunicazione non pubblicitaria. La sostituzione terminologica indica il superamento concettuale di una comunicazione pubblicitaria sulla quale prima erano concentrati la maggior parte degli investimenti e delle azioni strategiche delle organizzazioni; per cui alla comunicazione non pubblicitaria era dedicato solo ciò che restava “sotto la linea” degli investimenti pubblicitari, le rimanenze. Oggi le cose sono cambiate, la comunicazione non pubblicitaria acquista sempre maggior rilievo e si dota di nuovi strumenti che “vanno oltre” i meccanismi tradizionali e ne introduce altri più funzionali. In altre parole, con „beyond‟ si vuole riconoscere pari dignità a tutte le attività di comunicazione. 96 Espressione usata in sostituzione di „reputazione‟ per sottolineare che sono gli stakeholder ad attribuire o ritirare all‟organizzazione la sua ragione di esistere e di produrre ricchezza. 97 T. Muzi Falconi, Accompagnare, narrandola, l‟organizzazione verso il beyond, “Relazioni Pubbliche”, Anno XX, N. 63/2010, p. 7.
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e sono proprio le storie a coinvolgerci sentimentalmente e a farci optare per l‟uno o l‟altro simbolo. Il desiderio di storie nasce proprio dal bisogno di significati e simboli. Nella società attuale le aziende sembrano l‟unica entità capace di costruire un dialogo con i cittadini/consumatori, che porta a una ricerca di senso di cui l‟uomo ha bisogno da sempre. Ognuno di noi ha dei desideri individuali; ritrovarli amplificati nei valori di un‟azienda significa poterla prendere ad esempio. In altre parole, un racconto aziendale può connettere le storie individuali con gli universali di senso. Se l‟azienda è in grado di concretizzare quegli stessi valori nei prodotti o servizi che offre, il consumatore assume consapevolezza che ciò che cerca esiste davvero ed è raggiungibile, quindi si abbandona all‟azienda. Siri sostiene che: “forse oggi le aziende possono aiutare i cittadini a ritrovare un tessuto connettivo che tenga insieme l‟ordine dei sentimenti, delle pulsioni, delle emozioni e la domanda di felicità possibile.”98
Lo storytelling per molte aziende si configura più come storyselling, cioè si narra solo per vendere, si raccontano storie per conquistare il consumatore e proporgli un prodotto/servizio come qualcosa di magico nel contesto di un mondo incantato. In questo caso alcuni potrebbero guardare all‟attività di narrazione con occhi critici che intravedono una funzione manipolatoria. A tal proposito vanno fatte più considerazioni: -
l‟attività di narrazione d‟impresa nel proporre prodotti e servizi è legittima, così come le altre tecniche pubblicitarie;
-
in questo tempo è il consumatore stesso che richiede quel qualcosa di magico come plusvalore rispetto al prodotto in sé, perché ha bisogno di evadere dai problemi reali e si lascia cullare dalle storie raccontate dalle aziende come un bambino in braccio alla mamma. Dal mio punto di vista quindi è il consumatore che richiede irrazionalità e che si lascia trascinare dalle storie
98
Dall‟ intervento del Prof. Siri durante il Secondo Convegno Nazionale sulla narrazione d‟impresa “Narrare il consumo”, Università degli Studi di Pavia, 25 ottobre 2010.
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aziendali in una sorta di “trance narrativa da ascolto”99; se le aziende non facessero storytelling non realizzerebbero i desideri dei consumatori. D‟altra parte penso che il consumatore medio sia abbastanza avveduto da saper tornare alla realtà quando vuole; -
non sempre lo storyselling è il racconto di un mondo delle favole, anzi, quello più efficace è proprio quello che racconta la realtà in modo accattivante; si tratta solo di saper sfruttare le tecniche della narratologia. Tuttavia le potenzialità dello storytelling sono molto più ampie del vendere prodotti e servizi. La forza dello storytelling è poter creare il giusto allineamento discorsivo tra
le storie di impresa, le storie dei prodotti e le storie di consumo che i clienti comprano. La sfida per le aziende è far capire che le loro storie non nascono solo a fini di vendita, ma dal desiderio di offrire ai consumatori prodotti e servizi in grado di appagare non solo dei bisogni funzionali, ma anche emotivi. Chiara Valentini, assistant professor e ricercatrice presso la Aarhus School of business and Social Sciences, dell'Aarhus University, afferma che lo storytelling “può essere un modo diverso non solo per raccontare le storie aziendali ai diversi stakeholder, ma per coinvolgere gli stessi nella creazione di significato. In questo modo, lo storytelling può aumentare il numero di endorsement gratuiti, ovvero di messaggi di approvazione e sostegno all‟immagine e alla reputazione aziendale offerti gratuitamente dai fedeli della brand o semplicemente da coloro che trovano stimolante l‟idea aziendale.”100
È evidente come il vantaggio competitivo appartenga a quelle aziende che riescono ad affermare sul mercato la propria supremazia narrativa101. Supremazia narrativa non significa raccontare di più o imporre un racconto ai pubblici in forma di monologo, bensì trovare un terreno di racconto comune nel quale confrontarsi con
99
A. Fontana, Storyselling. Strategie del racconto per vendere se stessi, i propri prodotti, la propria azienda, Etas, Milano, 2010, pp. 3-11. 100 C. Valentini, Creazione di significato e valore aziendale, “Relazioni Pubbliche”, Anno XX, N. 63/2010, p. 7. 101 A. Fontana, Storyselling. Strategie del racconto per vendere se stessi, i propri prodotti, la propria azienda, Etas, Milano, 2010, pp. 109-118.
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essi, in modo da rendere il proprio racconto condivisibile e quindi più facilmente memorabile di tutte le altre storie in cui i pubblici non si riconoscono. Fontana sostiene che grazie alla supremazia narrativa si possono “vendere storie di reputazione in cui essere riconosciuti, ricordati, rispettati e desiderati. E poi comprati nei mercati conversazionali. ”102
La reputazione aziendale, come emerge dal primo capitolo, attiene a un giudizio profondo e sedimentato nei pubblici che si genera innanzitutto a partire dal core aziendale, e quindi dalla qualità dei prodotti o dei servizi offerti, e poi da tutta la comunicazione (nella concezione più ampia del termine) che ruota intorno all‟organizzazione. Strategie di narrazione d‟impresa possono essere applicate principalmente in sei ambiti103: 1. identità, per rendere epica la storia aziendale; 2. immagine, per proporre significati che parlino all‟animo delle persone; 3. comunicazione interna, per sensibilizzare i dipendenti alla storia d‟impresa; 4. relazioni pubbliche e pubblicità, per fidelizzare gli stakeholder; 5. educazione e formazione, per preparare i dipendenti alle sfide d‟impresa; 6. creazione di prodotti, per renderli distintivi. Per ogni ambito di applicazione vengono utilizzate strategie e canali appositi. Ad oggi non esistono strategie di applicazione rivolte esplicitamente al potenziamento della reputazione, ma ritengo che le attività di storytelling applicate a questi sei ambiti, possano implicitamente favorire il posizionamento di reputazione delle aziende. Come più volte sottolineato le storie hanno la capacità di fissarsi nella mente, quindi un‟azienda che propone una storia di sé e dei propri prodotti coerente,
102
A. Fontana, Storyselling. Strategie del racconto per vendere se stessi, i propri prodotti, la propria azienda, Etas, Milano, 2010, p. 118. 103 A. Fontana, Manuale di Storytelling. Raccontare con efficacia prodotti, marchi e identità d‟impresa, Etas, Milano, 2009, pp. 48-49.
67
trasparente, accattivante, coinvolgente e condivisibile avrà sicuramente un posto di riguardo nella mente e nell‟animo dei consumatori. “L‟impresa – e con essa la sua identità specifica e la sua cultura locale – vive, si sviluppa e si consolida all‟interno delle storie che è riuscita a far nascere, creando una personalità narrante e narrabile, cioè una serie di segni distintivi critici che contraddistinguono la sua “anima” e permettono il riconoscimento interno ed esterno del suo valore.”104
104
A. Fontana, Manuale di Storytelling. Raccontare con efficacia prodotti, marchi e identità d‟impresa, Etas, Milano, 2009, p. 40.
68
Capitolo 3. Il brand e la brand reputation 3.1 Il brand Il brand è un‟entità multidimensionale, che non solo contiene gli aspetti distintivi, ma simboleggia e sintetizza significati, valori ed esperienze maturate dai consumatori, il livello di notorietà, le aspettative dei potenziali acquirenti. La brand identity rappresenta ciò che la marca realmente è. Esistono diversi modelli di rappresentazione della
brand identity,
probabilmente il modello di Kapferer105 è uno dei più completi.
Figura 12. Il Prisma di Kapferer
Esso rappresenta un prisma ideale, dotato di sei facce che raffigurano la notevole complessità del brand: 1.
ELEMENTI FISICI:
insieme di elementi tangibili ed esteriori che funge da
supporto alla marca stessa; 2.
PERSONALITÀ:
è il carattere della marca, il suo essere associata a
caratteristiche tipiche dell‟uomo;
105
J.N. Kapferer, Les marques. Capital de l‟enterprise, Éditions d‟Organisation, Parigi, 2000.
69
3.
CULTURA:
la marca ingloba in se stessa la cultura e i valori derivati dagli
oggetti/servizi che produce; 4.
RELAZIONE:
mezzo con cui l‟impresa instaura un rapporto con i suoi
interlocutori, uno scambio continuo di contenuti e di significati dal quale entrambi i soggetti ottengono reciproci vantaggi; 5.
RIFLESSO:
attraverso la comunicazione la marca costruisce il riflesso del
suo destinatario ideale; 6.
MENTALIZZAZIONE:
la relazione che il consumatore intrattiene con se
stesso attraverso il consumo della marca. Spesso il consumatore sceglie un determinato brand perché gli permette di affermare la propria personalità o di avvicinarsi al mondo immaginario creato dalla marca stessa. Con il prisma Kapferer mostra la complessità del brand, ma anche la modalità con cui le varie dimensioni si relazionano tra loro, restituendo un valore ampiamente maggiore della semplice somma delle singole componenti. Busacca106 ripropone la struttura della marca, elaborata da Howard in Consumer Behaviour: Application of Theory, che la vede costituita da tre componenti fondamentali: identificativa, valutativa e fiduciaria. La componente identificativa si riferisce alle caratteristiche peculiari della marca, che permettono al consumatore di non confonderla con altre. La componente valutativa attiene alle valenze, denotative e connotative, che il cliente attribuisce alla marca. Le valenze denotative riguardano i fattori razionali, le caratteristiche funzionali proprie del bene identificato dalla marca; le valenze connotative, invece, riguardano i fattori emotivi e quindi sono strettamente connesse alla sfera simbolica.
106
B. Busacca, Le risorse di fiducia dell‟impresa. Soddisfazione del cliente, creazione di valore, strategie di accrescimento, Utet Libreria, Torino, 1994, p. 77.
70
La terza e ultima componente, quella fiduciaria, è invece connessa a un atto pratico, l‟atto di acquisto. Quando un consumatore ritiene una marca affidabile, tende ad acquistarne i prodotti senza informarsi ulteriormente, da qui l‟affermazione di Vicari “la fiducia è un sostituto dell‟informazione”107.
La complessità del brand trova semplificazione nella metafora del “territorio” di Fabris e Minestroni. Il brand ha tutti gli elementi caratteristici di un territorio108: una estensione, corrispondente alla quota di mercato che ha saputo conquistarsi; i confini, delimitati dai territori dei principali competitors; gli abitanti, cioè il core target della marca; una lingua, costituita dal sistema di segni e comunicazioni con cui si esprime e che permette agli appartenenti della comunità di interagire; una cultura, fatta di stili di vita, riti, miti e storia e che costituisce un patrimonio di conoscenze e tradizioni che appartengono alla vita aziendale; un insieme di valori che derivano direttamente dalla cultura e caratterizzano univocamente la marca/territorio; una bandiera, cioè il logo che ha la funzione di riconoscimento e rappresentatività.
In un mercato globalizzato, caratterizzato dall‟omogeneizzazione dei gusti e dei prodotti, il veloce sviluppo delle tecnologie, la convergenza dei settori merceologici e l‟accresciuta importanza attribuita agli intangibili, il brand diventa asset indispensabile. D‟altra parte anche le imprese sentono sempre più l‟esigenza di avere un‟identità forte che le distingua dalle concorrenti e i prodotti non possono
107
S. Vicari, L‟impresa vivente. Itinerario in una diversa concezione, Egea, Milano, 1991. G. Fabris e L. Minestroni, Valore e valori della marca. Come costruire una marca di successo, FrancoAngeli, Milano, 2004, pp. 350-367. 108
71
funzionare se non all‟interno del mondo comunicativo proposto dalla marca. In questo quadro le marche sono l‟asso nella manica delle aziende, perché permettono loro di posizionarsi non solo sul mercato, ma nella mente dei consumatori. “La marca è un oggetto in quanto termine verso il quale gli individui indirizzano un‟attività, oppure un sentimento, un‟intenzione: oggetto di una relazione”. 109
Il concetto di brand implica quindi la dimensione comunicativa-relazionale, all‟interno della quale collaborare coi propri stakeholders. Il rapporto relazione-marca è bidirezionale in quanto le relazioni determinano il valore della marca e la marca è, a sua volta, catalizzatore di risorse relazionali. Semprini parla di marca come di “motore semiotico”110, perché essa è in grado di produrre senso e veicolare messaggi e valori in cui i consumatori si possono identificare. La marca diviene così un mediatore tra l'azienda e i consumatori. Lo stesso Semprini applica alla marca il concetto di “mondo possibile”, sviluppato da Umberto Eco111, per indicare tutte le narrazioni che un destinatario può costruire attorno a una marca. “La marca non costruisce il suo mondo possibile da sola. Sono i consumatori che, sottoscrivendo alla costruzione immaginaria eretta dalla marca, attribuiscono al mondo una „vera‟ esistenza”. 112
Egli individua nei mondi possibili di marca le seguenti caratteristiche: una natura finzionale, anche se tale natura può apparire a volte come particolarmente vicina alla realtà quotidiana, e può dunque impiegare un linguaggio realistico; un‟elevata coerenza interna, principalmente rispetto alla propria storia passata e dunque rispetto alle aspettative sviluppate dai destinatari nei confronti del mondo rappresentato; 109
C. Lury, Brands. The Logos of the global economy, Routledge, London, 2004, p. 1. A. Semprini., Marche e mondi possibili. Un approccio semiotico al marketing della marca, Milano, Angeli, 1993. 111 U. Eco, Lector in fabula. La cooperazione interpretativa nei testi narrativi, Bompiani, Milano, 1979. 112 A. Semprini, La marca. Dal prodotto al mercato, dal mercato alla società, Lupetti, Milano, 1996, p. 141. 110
72
la capacità di produrre un elevato livello di differenziazione rispetto agli analoghi mondi delle marche concorrenti; la capacità di selezionare un proprio specifico pubblico.
3.2 La brand reputation Ma perché il brand è così importante ai fini della reputazione? Il brand rappresenta la sintesi di tutte le caratteristiche, quelle razionali e tangibili, che assolvono alle funzioni di identificazione, riconoscimento, notorietà, differenziazione, qualificazione; e quelle simboliche e intangibili, che servono a creare mondi immaginari, associazioni di idee, relazioni. Il brand incarna dunque segno e simbolo, essenza e narrazione, materialità e immaterialità, rigore ed emozione. La dualità di tutti questi elementi rende un prodotto un articolo unico e inimitabile; per queste caratteristiche i consumatori sono disposti a riconoscere un differenziale di prezzo quale valore aggiunto. “La marca moderna si è evoluta: collega soggetti differenti (il mondo della produzione e il mondo del consumo), delimita e articola territori (culture ed orientamenti sociali), produce discorsi (ogni brand ha una logica, un senso, una semiosfera) ed infine dialoga con i suoi interlocutori attraverso linguaggi condivisi e sistemi di affinità elettive”113.
Il brand è l‟epicentro a cui fanno riferimento azienda e stakeholder, il luogo dove si scambiano valori, aspettative ed esperienze, e dove le opinioni prendono forma. La brand reputation si costruisce proprio sulla base di questo rapporto continuo che l‟azienda intrattiene coi suoi pubblici di riferimento, e rappresenta un asset strategico che nel lungo periodo permette alle aziende di costruire stabili rapporti di fiducia, un antidoto all‟infedeltà tipica dei consumatori. Al contrario, i prodotti unbranded, non possedendo un‟entità sulla quale creare le relazioni con gli stakeholder, non possono costruirsi un‟identità e tanto meno una reputazione.
113
L. Minestroni, L‟Alchimia della marca, Fenomenologia di un moltiplicatore di valore, FrancoAngeli, Milano 2002, p. 96
73
Aaker, Batra e Myers114 sostengono che il rapporto tra l‟individuo e la marca dipenda sostanzialmente da due fattori: la relazione tra la marca personificata (cioè considerata come se fosse un essere pensante) e il consumatore; la personalità della marca, ovvero il tipo di individuo che potrebbe essere rappresentato dalla marca. La marca ha diverse sfaccettature e quindi il suo valore può essere analizzato da diversi punti di vista: 1.
l‟approccio economico ne calcola il valore iscrivibile in bilancio valutandone le performance in termini finanziari e di potenzialità di marketing;
2. l‟effetto differenziale calcola in che modo il brand infonde unicità e riconoscibilità alle attività aziendali; 3. il valore relazionale analizza il brand come risorsa strategica che nel lungo periodo permette di accrescere il valore dei prodotti nei confronti dei clienti. Ai fini della brand reputation concorre soprattutto il terzo valore, quello relazionale, perché solo curando le relazioni coi diversi stakeholder il brand può costruirsi una buona reputazione. Per avere delle reti solide di relazioni è necessario che la marca comunichi un‟immagine attrattiva di sé, creando aspettative che dovranno poi essere confermate nella realtà e offrendo al consumatore riconoscimento, garanzia e fiducia. Argenti e Druckenmiller115 sostengono che buona parte del processo di gestione della reputazione aziendale sia nella gestione del brand. A rafforzare la reputazione aziendale concorrono: la credibilità che i consumatori tramite il brand attribuiscono a nuovi prodotti; il rispetto della promessa contenuta nel brand che
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D. A. Aaker, R. Batra e J.G. Myers, Advertising Management, New York, Prentice-Hall, 1995. P. A. Argenti, B. Druckenmiller, Reputation and the corporate brand, “Corporate Reputation Review”, vol. 6, n. 4, 2004, pp. 368- 374. 115
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genera fiducia e il fatto che il brand possa includere la responsabilità sociale di impresa. Quindi le aziende che sono da un lato in grado di consolidare e diffondere la propria identità tramite la creazione di un corporate brand, che ne faccia conoscere e apprezzare le peculiarità; e dall‟altro, capaci di mantenere nel tempo la promessa di qualità dei prodotti e servizi, di coerenza, eticità e responsabilità sociale; migliorano la reputazione presso gli stakeholder. La comunicazione è essenziale per la sopravvivenza del brand, perché permette di capitalizzare su di esso tutto ciò che l‟azienda ha costruito nel tempo, dai capitali materiali, a quelli finanziari, quantitativi di mercato e ovviamente relazionali.
3.3 Evoluzione delle marche Inizialmente la marche nacquero per soddisfare bisogni pratici delle aziende come essere visibili, riconoscibili e ottenere protezione legale; dai trade mark si è passati poi ai trust mark, per cui prodotti e servizi legati a un brand, una volta sul mercato, godono del riflesso della fiducia riconosciuta alla marca. E infine, dalla fiducia all‟empatia, per cui la marca diviene “un‟amica fidata, con cui si sta volentieri in compagnia, che fa parte del nostro coté affettivo ed emozionale, che offre agli altri una buona rappresentazione di ciò che vogliamo essere, quasi una sorta di biglietto da visita.”116
L‟ultimo paradigma è quindi il lovemark, teoria di marca formulata da Kevin Roberts, amministratore delegato di SAATCHI&SAATCHI, che sta facendo la storia della pubblicità e del marketing. L‟idea di Roberts117 è che l‟Amore è l‟unico modo con cui il business può rispondere al rapido cambiamento dei consumatori. Per Roberts e il suo team di creativi, i Lovemarks sono “quei marchi molto speciali, carismatici, che la gente ama e difende strenuamente: i prodotti, i servizi e le 116
G. Fabris e L. Minestroni, Valore e valori della marca. Come costruire una marca di successo. Franco Angeli, Milano, 2004, p.80 117 K. Roberts, Effetto Lovemarks - Vincere nella rivoluzione dei consumi, Franco Angeli, 2007.
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esperienze che creano con in consumatori legami duraturi ed emozionali”.118 Quindi, una marca capace di dare un valore emozionale e culturale che serva a ispirare sensazioni positive che durino il più a lungo possibile, così come accade nelle migliori relazioni sentimentali. Il rapporto ideale fra consumatore e prodotto o consumatore e brand è irrazionale, così come la relazioni d‟amore: alla base dell‟atto di acquisto non ci sono più motivazioni razionali, ma inspiegabili motivazioni di legame affettivo con quella marca. Lovebrands non sono quei brand a cui ognuno di noi non rinuncerebbe mai, bensì quelli amati da milioni di persone, conosciuti, rinomati e con alto tasso di fidelizzazione. Il tema centrale dell‟approccio dei Lovemarks è l‟asse Amore/Rispetto.
Figura 13. Asse amore-rispetto. Fonte: http://www.lovemarks.com/?pageID=20040
Il quadrante in basso a sinistra individua la zona di Basso Rispetto e Basso Amore. Qui troviamo i prodotti, oggetti di consumo, classiche comodità, cose che sono utili a tutti, ma che non andranno lontano, perché non hanno le caratteristiche di un brand. Il quadrante accanto, quello con Basso Rispetto e Grande Amore, è lo spazio della moda passeggera, delle infatuazioni di un momento o di una stagione, per 118
www.lovemarks.com
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qualche mese non ne possiamo fare a meno, ma sono destinate a non essere ricordate nel tempo, perché non in grado di costruire un rapporto di fedeltà con i consumatori. Nel terzo quadrante, quello in alto a sinistra, vediamo Alto Rispetto e Basso Amore. Qui sono collocati quei brand che apportano benefici funzionali e solide performance, cioè ciò di cui la gente ha bisogno, non ciò che desidera. L‟ultimo quadrante, cioè quello in alto a sinistra con Grande Rispetto e Grande Amore, è una sorta di stato di grazia che definisce il Lovemark. Solo in questo territorio possono avvenire profonde e intime connessioni emozionali che raggiungono sia il cuore che la mente dei consumatori; per questo i consumatori non potranno più fare a meno dei lovebrand. La chiave per la creazione di un Lovemark sta nell‟infondere tre elementi: mistero, sensualità e intimità. Il mistero riunisce storie, metafore, sogni e simboli in una dimensione in cui passato, presente e futuro si sovrappongono. Il mistero si aggiunge alla complessità della relazione e delle esperienze perché le persone in genere sono attratte da ciò che non conoscono. La sensualità tiene in allarme i cinque sensi. Attraverso di essi noi facciamo esperienza del mondo che ci circonda e creiamo i nostri ricordi. Quando vista, udito, tatto, olfatto e gusto sono stimolati contemporaneamente, la sensazione provata è indimenticabile. Con intimità si intende empatia, coinvolgimento e passione. Le persone che provano questo tipo di sentimenti nei confronti di un prodotto, sono fidelizzate, quindi trascendono le logiche tradizionali nelle scelte d‟acquisto. Senza l‟intimità le persone non possono sentire un brand come proprio, e senza questa convinzione un brand non potrà mai diventare un lovemark. Le Lovemarks sono un mezzo per distinguere la propria individualità, affermare la propria identità e per incontrare altre persone che condividono gli stessi valori. Attorno ai brand amati si creano le comunità di quelli che gli esperti di marketing definiscono “customer evangelist”, cioè consumatori entusiasti che 77
promuovono gratuitamente i prodotti o servizi legati a quel brand. Sul sito www.lovemarks.com è possibile registrarsi, votare i propri lovebrand, e lasciare commenti o vere e proprie dichiarazioni d‟amore. Altro elemento tipico delle Lovemark è il rapporto totalizzante che si instaura con gli “innamorati”: questi non si limitano a conoscere le caratteristiche del prodotto, ma s‟informano su tutti gli aspetti dell‟azienda, dalla filosofia aziendale alle scelte più o meno responsabili. Lovemark implica quindi amore e rispetto reciproci, percepiti dal cliente e ricambiati dal brand. “Se l‟amore in una relazione commerciale era cosa nota, nel marketing questa del „rispetto‟ sembra essere un‟incognita in più nell‟equazione che regola una scelta di acquisto.”119
In un‟era in cui i consumatori si informano, generano conversazioni sulle aziende, condividono esperienze positive e negative nei blog e nei social network, le bugie hanno le gambe ancora più corte. Per questo motivo trasparenza e serietà diventano imprescindibili. Ad esempio, attualmente sono molto apprezzate le aziende impegnate in iniziative eco-friendly. Alcune aziende hanno fatto della Responsabilità sociale di impresa una leva strategica reale, per cui effettivamente si impegnano con responsabilità nei confronti delle persone, dell‟ambiente e dei profitti; altre aziende svolgono “greenwashing”, termine con cui si indicano le iniziative di marketing camuffate da CSR. In questo modo si prendono in giro gli stakeholder perché fingere di preoccuparsi di problemi etici solo perché è di moda, senza condividere quei valori vuol dire non preoccuparsi di rispettarli; la responsabilità sociale più che una pratica diventa uno slogan. Tutto ciò ha effetti devastanti su un‟impresa, che vedrebbe crollare il rispetto ad essa attribuito e di conseguenza la brand reputation.
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L. Poma, Lovemarks: amore e rispetto, 11/02/2011, http://www.ferpi.it/ferpi/novita/notizie_rp/corporate/lovemarks-passione-e-rispetto/notizia_rp/42498/3
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Capitolo 4. Case history: Gruppo Ferrero Dopo l‟analisi del concetto di reputazione aziendale, non può mancare il racconto di un caso concreto, scelto tra le realtà vincenti in fatto di reputazione. Indagheremo il caso Ferrero per più di un motivo: perché è un‟azienda italiana operante in tutto il mondo, perché nutriamo una grande stima per questa azienda familiare dallo spirito innovativo, ma con salde tradizioni e perché ha un altissimo indice di reputazione, riconosciuto a livello mondiale. La Ferrero affonda le sue radici in una lunga tradizione di famiglia, tradizione che è riuscita a conservare anche dopo un esteso lasso di tempo, che ha visto il passaggio del testimone fra tre generazioni; e l‟espansione oltre i confini locali, nazionali ed europei.
4.1 La storia120 Con l‟avvento delle nuove tecnologie, l‟ampliamento della produzione e degli spazi produttivi, l‟incremento delle sedi all‟estero, la realtà aziendale è ovviamente cambiata, ma i valori e lo spirito Ferrero sono rimasti quelli della piccola industria originaria di Alba. Ma andiamo per gradi. La Ferrero nasce sulle radici di una piccola pasticceria che Pietro Ferrero apre ad Alba nel 1942. Nel 1946, quando lo stesso inventa un prodotto molto apprezzato dal pubblico, il Giandujot, la richiesta è tale e tanta da richiedere una maggiore produzione, per cui quel laboratorio risulta essere troppo piccolo. Il 14 maggio 1946 nasce ufficialmente l‟industria Ferrero, con l‟atto costitutivo della Camera di Commercio. Si dice che dietro un grande uomo c‟è sempre una grande donna. È così anche in casa Ferrero: la moglie di Pietro, Piera Cillario, è un‟importante figura di riferimento per la ditta di famiglia; nel 1962 diventa presidente della società
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I dati contenuti in questo paragrafo sono stati raccolti dal documento La storia della Ferrero, presente sul sito www.ferrero.it e dal libro del giornalista Gigi Padovani Gnam! Storia sociale della Nutella, Castelvecchi, Roma, 1999.
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dolciaria, ma con la sua estrema attenzione e cura per i dipendenti, rappresenta molto più di una figura istituzionale. A collaborare a questa impresa di successo interviene anche il fratello di Piero, Giovanni, che si occupa della parte commerciale e inventa la vendita diretta ai negozianti: salta l‟intermediazione dei grossisti e arriva a consegnare la merce direttamente a bordo della sua Fiat 1110. Dal 1947 in poi la Ferrero si attrezza sempre di un numero maggiore di automezzi che ogni giorno viaggiano per tutta Italia, carichi di dolcezze. La produzione è in continua crescita, le nocciole sono la materia prima per eccellenza e Pietro Ferrero decide di investire in un noccioleto. Nemmeno l‟alluvione del 4 settembre 1948, dovuta allo straripamento del Talloria, pur provocando danni all‟azienda, riesce a causare un arresto della produzione, grazie alla determinazione dei fratelli Ferrero e alla generosità degli operai che non si risparmiano per salvare i macchinari. Ma il vero artefice del successo della Ferrero, così come la conosciamo oggi, è il figlio di Pietro, Michele, classe 1925. Lui rinnova gli stabilimenti per favorire l‟aumento della produzione, è sempre attento alla qualità dei prodotti e al rispetto dei dipendenti e soprattutto è una fucina di idee geniali nel campo dell‟industria dolciaria e nell‟uso di forme promozionali innovative. Le sue prime invenzioni di prodotto sono il “Sultanino”, una piccola stecca di cioccolato, e il “Cremablock”, cioccolato ripieno di nocciola, lanciato nel 1953. È sua anche la trovata pubblicitaria del “Treno dei bimbi”, un autocarro con l‟aspetto di una vecchia locomotiva, che in occasione di fiere e manifestazioni, attraversa le strade italiane per regalare ai bimbi cioccolatini, caramelle e matite. Nel 1954 Ferrero cambia marchio: il personaggio Gianduja non è più adatto a rappresentare una serie di prodotti sempre più vasta e viene sostituito da una corona stilizzata che rappresenta Alba, “la città delle cento torri”, e dalla scritta „Ferrero‟ in corsivo minuscolo.
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Nel 1956 l‟Azienda si estende anche in Germania, aprendo uno stabilimento ad Allendorf, a 150 Km da Francoforte. Negli anni Sessanta sorge un altro stabilimento in Italia, a Pozzuolo Martesana, vicino Milano. A questo punto diventa necessario un nuovo centro direzionale, inaugurato a Pino Torinese nel 1964 e nello stesso anno si passa a un nuovo logo: la scritta Ferrero in maiuscolo dorato, così come la vediamo ancora oggi. Gli anni Sessanta sono particolarmente fortunati perché gli Italiani escono da un periodo di guerra e c‟è in tutti il desiderio di rivalsa, di ritorno al benessere. Sono gli anni del boom economico, del boom demografico e della Nutella, nata nel 1964. Michele Ferrero intuisce l‟importanza di nutrire bene i bambini e crea dei prodotti apposta per loro: gustosi ma allo stesso tempo nutrienti, sani, primo fra tutti “Kinder cioccolato”. Il successo italiano è parallelo a quello estero: nello stesso decennio la Ferrero si espande in Francia e in Belgio, e negli anni successivi anche in Olanda, Lussemburgo, Gran Bretagna, Austria, Danimarca, Svezia, Svizzera. Alla fine degli Anni Sessanta la Ferrero opera sul mercato europeo con otto società. Il 1969 segna il passaggio dalla dimensione europea a quella mondiale, nasce la Ferrero Usa. Da questo momento in poi si creano società commerciali, alcune con stabilimenti produttivi in Canada, America Latina, nel Sud est asiatico e in Australia. Nel 1974 nasce una vera e propria linea produttiva dedicata alle esigenze dei bambini, la “Kinder Division”, in cui rientrano i prodotti accomunati dallo slogan “più latte e meno cacao”. A soddisfare, invece, il palato dei più grandi ci sono altre fortunate intuizioni del signor Michele, quali Pocket Coffee, Tic Tac ed Estathè. La realtà internazionale di Ferrero porta alla necessità di una capogruppo, nel 1980 nasce Ferrero International B.V. con il controllo dal punto di vista azionario e il coordinamento operativo di tutte le società. Nel 1985 si iniziano a costruire due nuovi stabilimenti nel sud d‟Italia, uno a Balvano, in Basilicata e uno a S. Angelo dei Lombardi, in provincia di Avellino.
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Quest‟ultimo offre un‟ancora di salvezza per le popolazioni colpite dal terremoto del 1980. La scelta strategica di questi anni è rendere i prodotti delle imprese autonome, dotate di un proprio marchio al fine di valorizzare al massimo il prodotto stesso. Gli anni Novanta vedono l‟apertura di sedi commerciali anche in Polonia, Ungheria, Russia, Repubblica Ceca, Messico, Argentina e Brasile. Nel 1994 i fiumi che costeggiano Alba straripano e provocano un‟alluvione che invade nuovamente lo stabilimento di Alba. La forza di questa grande calamità naturale causa gravi danni, ma il lavoro instancabile di dirigenti e operai permette in breve tempo di dare nuova luce allo stabilimento e di tornare allo stesso ritmo produttivo di prima. Questo decennio vede il passaggio del testimone alla terza generazione: nel 1997 i figli di Michele, Pietro del 1963 e Giovanni del 1964, diventano Chief Executive Officers della Ferrero International, la società top holding del Gruppo. Negli anni Duemila è ancora più evidente la vocazione internazionale; l‟azienda opera una ristrutturazione e affida a Pietro Ferrero la responsabilità di Finanza e Produzione e a Giovanni Ferrero Marketing e Vendite. Nel 2005 Michele Ferrero compie 80 anni e la città di Alba gli attribuisce una medaglia d‟oro, mentre il Presidente della Repubblica lo nomina Cavaliere di Gran Croce, onorificenza che si somma a quella di Cavaliere del Lavoro ottenuta nel 1971. È del 2006 l‟ultimo stabilimento nato, costruito in Canada in soli due anni. Nel 2009 la Ferrero vince il primo posto nella classifica del Global Reputation Pulse: lo studio annuale del Reputation Institute di New York la celebra come l‟azienda con la reputazione più alta al mondo. La realtà aziendale è ovviamente cambiata dalla fondazione a oggi, ma i valori di cui è permeata e la passione che la governa sono quelli di sempre: creare prodotti ottimi per il palato e la salute dei consumatori.
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4.2 La Ferrero dei giorni nostri121 Il Gruppo Ferrero è oggi una grandissima realtà imprenditoriale, con sede centrale in Lussemburgo, fatta di 15 stabilimenti, 3 imprese sociali e 38 società operative, distribuite sul territorio nazionale, europeo e mondiale, per un totale di circa 21.600 dipendenti. Quanto alla produzione, ogni anno escono dagli stabilimenti Ferrero più di 988.000 tonnellate di prodotti. I numeri parlano chiaro: l‟intero Gruppo Ferrero ha chiuso l‟esercizio 20082009 con un fatturato consolidato di 6.345 milioni di euro, in incremento del 2.1% rispetto al precedente esercizio del 2007-2008.122
La Ferrero S.p.A., consociata italiana del Gruppo è costituita da: sede commerciale di Pino Torinese, dove operano la Direzione di Azienda e la Direzione Commerciale e Marketing; 4 stabilimenti situati ad Alba, S. Angelo dei Lombardi (Avellino), Balvano (Potenza) e Pozzuolo Martesana (Milano), ognuno dedicato a specifiche linee produttive; 3 società, la Soremartec -società di ricerca-, Pubbliregia -agenzia di comunicazione pubblicitaria e promozionale-, ed Energhe -azienda che sviluppa progetti per la produzione di energia elettrica e termica da fonti rinnovabili-; la Fondazione Piera, Pietro e Giovanni Ferrero. Quanto ai bilanci, possiamo dire che Ferrero non conosce crisi. Ferrero S.p.A. approva il bilancio123 al 31 agosto 2010 con un fatturato di 2.338 milioni di euro, riportando una crescita rispetto al periodo precedente del 3,8%. I marchi che 121
Dati raccolti sul sito www.ferrero.it http://www.ferrero.com/il-gruppo/business/un-bilancio-in-crescita/?IDT=7320 123 Comunicato Stampa del 14 dicembre 2010 a cura delle Relazioni Esterne – Ferrero. 122
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registrano una crescita maggiore sono Nutella con un + 10,5%, Kinder Cioccolato con un + 9% ed Estathé con un + 6,7%. I numeri in positivo non riguardano solo le vendite, ma anche gli investimenti produttivi, che in Italia sono stati pari a 104,7 milioni di euro, esclusi gli investimenti in campo energetico e della sostenibilità ambientale. Questo successo è stato ottenuto anche grazie al lavoro di 6.377 dipendenti.
4.3 La missione “Siamo fieri che il nostro impegno in termini di affermazione dei valori imprenditoriali in cui crediamo sia legato costantemente a quello etico di lavorare per il beneficio delle comunità in cui siamo presenti, attraverso un forte radicamento con il territorio.”124
Gli obiettivi imprenditoriali sono perseguiti tenendo presente i valori Ferrero che costituiscono dei saldi punti di riferimento per dirigenti e dipendenti e che sono rimasti invariati dalla sua fondazione, nel 1946. Nel 2004 sono stati raccolti e diffusi per la prima volta all‟interno dell‟azienda e nel 2010 sono stati esplicitati nel Codice Etico Ferrero. Essi sono rispetto e responsabilità, integrità e sobrietà, lealtà e fiducia, passione per la ricerca e l‟innovazione. Rispetto e responsabilità. Il Gruppo sostiene la tutela della dignità umana e il rispetto dei diritti umani in tutti i Paesi dove opera; sostiene l‟abolizione dello sfruttamento del lavoro minorile e del lavoro forzato; s‟impegna per evitare la discriminazione nella disciplina del rapporto di lavoro; assicura la libertà di associazione e l‟effettivo esercizio del diritto alla contrattazione sindacale; rispetta l‟ambiente gestendo gli impianti mediante un uso sostenibile delle risorse idriche, delle materie prime, dei materiali e dell‟energia; s‟impegna a migliorare l‟impatto
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Ferrero International, Condividere valori per creare valori, Rapporto sulla Responsabilità Sociale d‟impresa, 2008/2009, p. 5.
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ambientale con la riduzione delle emissioni, l‟eliminazione degli sprechi e una corretta gestione dei rifiuti. Integrità e sobrietà. Valori che si riferiscono al tipo di comunicazione all‟esterno, pubblicità compresa, sempre rispettosa della dignità umana, della famiglia e del bambino e promotrice di uno stile di vita sano. Lealtà e fiducia. La Ferrero si impegna a essere leale e trasparente con i consumatori, che da sempre le accordano fiducia, questo il motivo della stabile relazione tra l‟azienda e i clienti. Fiducia e trasparenza sono anche alla base del rapporto che lega i dipendenti tra loro e all‟azienda. Passione per la ricerca e l’innovazione. Ferrero s‟impegna a creare prodotti unici, mediante processi di ricerca innovativi, con proprie tecnologie; applicare un consolidato sistema di controllo della qualità e tracciabilità delle materie prime per salvaguardarne le caratteristiche organolettiche e nutrizionali; orientare la strategia di ricerca verso la creazione di prodotti di elevatissimo standard, studiati in termini di apporto nutrizionale e di porzionatura, affinché siano integrabili in una dieta equilibrata, con particolare cura per i bambini e la famiglia. Tutto ciò ha garantito l‟apprezzamento e quindi la fiducia di milioni di consumatori in tutto il mondo, per i quali molti prodotti Ferrero non sono semplici beni di consumo, ma veri e propri prodotti di culto. Elemento chiave del successo dell‟azienda è sempre stato il saper intuire le esigenze dei consumatori di ogni età e soddisfarle offrendo loro prodotti sempre nuovi. Ferrero non ha mai imitato know how altrui, anzi, ha sempre creato ed esportato il proprio nei suoi stabilimenti di tutto il mondo. Tutti i prodotti lanciati hanno tre caratteristiche di base: qualità, innovazione e freschezza. Qualità per Ferrero significa soddisfare le aspettative e i desideri del cliente a un costo adeguato, confrontandosi con la concorrenza e salvaguardando gli interessi della collettività per garantirsi uno sviluppo futuro. La qualità è evidente nella scelta delle materie prime, nell‟applicazione del processo di qualità e nelle certificazioni. Ferrero appoggia i governi e le istituzioni che provvedono alla regolamentazione di 85
pratiche sostenibili per la coltivazione e la commercializzazione dei prodotti agricoli. Nei Paesi in via di sviluppo s‟impegna nella ricerca di nuove fonti di approvvigionamento di materie prime, per garantire il miglioramento della qualità e sostenere le economie locali. Le materie prime più usate nei prodotti Ferrero sono il cacao, le nocciole e il latte; vengono poi il caffè, le ciliegie, il cocco, i cereali. Il cacao proviene dalla Costa d‟Avorio, dal Ghana e dall‟Ecuador, viene acquisito solo il raccolto principale e delle varietà migliori. Anche le nocciole sono scelte selezionando solo le qualità migliori, qualità che viene preservata grazie a impianti e processi di tostatura innovativi che permettono di esaltarne l‟aroma. Il latte viene acquistato solo da fornitori europei in territori a vocazione lattiera, dove la freschezza è garantita. Parte del latte, o meglio, di polvere di latte, viene proprio dal Piemonte. Nel giugno del 2010 è stato firmato un accordo che prevede la fornitura da parte di Compral – Latte, alla società In.Al.Pi. (Industrie Alimentari Piemontesi) di Moretta, in provincia di Cuneo. La maggior parte del latte sarà destinata alla torre di “sprayatura”, un progetto all‟avanguardia che vede la collaborazione tra In.Al.Pi., Ferrero e Coldiretti. Il polverizzatore è costruito all‟interno del complesso In.Al.pi. di Moretta, dove esiste un notevole bacino di produttori di latte. Si tratta di un impianto super tecnologico costruito dalla Tetrapak intorno a una torre di 36 metri di aria calda dove viene spruzzato il latte fresco, per essere polverizzato, mantenendo le caratteristiche originali. Il contratto con Ferrero prevede un minimo di fornitura di cinque anni, rinnovabili per altri due quinquenni, per un quantitativo pari all‟80% di tutto il latte in polvere prodotto a Moretta. Il responsabile degli acquisti di polvere di latte della Ferrero, Enrico Scimone, ha affermato: “il nostro obiettivo è di continuare a crescere per soddisfare i consumatori, ma anche per dare il giusto tornaconto agli allevatori da latte che in questi anni vivono una situazione di grande difficoltà economica.” 125 125
“È realtà la produzione della polvere di latte nel progetto In.Al.Pi.- Ferrero”, 28/06/2010, http://www.piemonte.coldiretti.it
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Infatti attingere la materia prima dagli allevatori della zona significa valorizzare un prodotto locale, espressione del territorio, e rivitalizzare il settore in un momento di forte crisi. Il primo impianto è stato inaugurato a settembre. Il processo di qualità di tutte le materie prime è garantito dall‟applicazione di elevati standard chimico-fisici, microbiologici e organolettici e dalla realizzazione di processi produttivi innovativi e tecnologie atte a salvaguardare le caratteristiche organolettiche e nutrizionali delle materie prime. Ferrero ha fissato delle regole che costituiscono il suo “Sistema Gestione Qualità”126 e riguardano la struttura organizzativa, la gestione dei processi, le indicazioni per materie prime e imballi, la selezione dei fornitori, i controlli della merce, le ricette e le istruzioni per la produzione. Le verifiche su tutti questi fattori sono capillari e continuative, garantite dalla norma ISO 9001: 2000127 che prevede un controllo certificato da un organismo indipendente e riconosciuto, mediante un‟approfondita verifica che si ripete annualmente. Dal 2005 l‟azienda ha dotato tutti gli stabilimenti di uno stesso Sistema di Gestione per la Qualità certificato, che riguarda le seguenti attività: sviluppo industriale, fabbricazione e consegna di prodotti dolciari e bevande, inclusa la fabbricazione di imballaggi in plastica. Alcuni dei principali centri produttivi europei si sono inoltre certificati in conformità alla norma IFS, International Food Standard128, incentrata particolarmente sugli aspetti di sicurezza igienico-sanitaria del prodotto. Offrire prodotti innovativi è una delle caratteristiche chiave per un business di successo, la Ferrero l‟ha capito fin dagli inizi della propria attività, per questo è da sempre attenta all‟innovazione, perseguita sul fronte della ricerca e della tecnologia. Per quanto riguarda la ricerca, l‟arduo compito è stato affidato a una società del
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http://www.ferrero.it/qualita/?IDT=2463 Linee guida sviluppate dall‟Organizzazione Internazionale per la normazione, la più importante organizzazione a livello mondiale per la definizione di norme tecniche. http://www.iso.org/iso/home.html 128 http://www.ifs-online.eu/ 127
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Gruppo, la Soremartec (Société de recherche de marketing et technique) – all‟interno della quale opera il dipartimento di Ricerca e Sviluppo del Gruppo Ferrero. Questa società si occupa di studiare, progettare e concretizzare nuovi prodotti assolutamente originali e in grado di creare nuovi segmenti di mercato, caratterizzati da ingredienti esclusivi, ottenuti attraverso processi produttivi a elevata complessità tecnologica. L‟innovazione tecnologica è evidente nei processi di produzione industriale, nell‟utilizzo di macchinari speciali, nello sviluppo di imballi all‟avanguardia che permettono un‟ottima conservazione dei prodotti. La freschezza è garantita dalla scelta delle materie prime e da un elevato standard di igiene e sicurezza alimentare. La Ferrero ritira o sospende la vendita di alcuni prodotti a base di cioccolato in determinate aree geografiche con l‟arrivo delle stagioni calde, al fine di evitarne il deperimento ed esegue un controllo costante sui punti vendita per controllare lo stato di freschezza dei propri prodotti. Per garantire la conformità dei prodotti agli elevati standard di gusto Ferrero, oltre ai classici test di laboratorio, viene effettuata anche un‟analisi sensoriale, definita “assaggio”, per esprimere un giudizio complessivo sull‟aspetto estetico, sull‟odore e sul gusto del prodotto. Le attività di analisi prevedono: gli assaggi delle materie prime, di cui si tiene conto nella fase di accettazione; gli assaggi di linea sui semilavorati e prodotti finiti, di cui si tiene conto nella fase di produzione; gli assaggi di “direzione”, effettuati settimanalmente dai responsabili delle unità produttive, per diffondere all‟interno del Gruppo la “cultura dell‟assaggio”; i test “spider web”, eseguiti ogni quindici giorni da un gruppo di esperti interni, allo scopo di realizzare un “profilo sensoriale più approfondito”.
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4.4 La Responsabilità Sociale d’impresa “Il primo principio etico che ci ispira è l‟impegno nel raggiungere e mantenere nel tempo l‟eccellenza nella qualità dei nostri prodotti, al fine di rispettare e soddisfare appieno le esigenze del consumatore, mediante l‟applicazione quotidiana della nostra filosofia aziendale ancorata ai valori di responsabilità sociale.”129
Il Gruppo Ferrero è socialmente responsabile. La responsabilità sociale d‟impresa è praticata attraverso diverse attività e si estende sulle famose tre P, Profit, Planet, People, riguarda quindi i profitti, l‟ambiente e le persone. Il primo rapporto sulla Responsabilità sociale d‟impresa è del 2008/2009; è il primo strumento con cui l‟azienda racconta un po‟ più di sé e descrive gli impegni sociali assunti e gli obiettivi che l‟azienda si prefigge per i prossimi anni. “Ferrero da sempre ha in sé due anime: creare valore per la comunità, creando valore per l‟impresa stessa”.130
All‟inizio dell‟attività di Ferrero, creare valore per la comunità equivaleva a dire creare posti di lavoro e quindi benessere sociale. Nell‟era del mercato globale creare valore sociale vuol dire impegnarsi su più fronti, primi fra tutti la tutela dei diritti umani e del lavoro e il rispetto per l‟ambiente. Il Rapporto sulla CSR è stato redatto dall‟Ufficio di Coordinamento CSR del Gruppo Ferrero, in conformità alle linee-guida “Sustainability Reporting Guidelines” (G3) definite nel 2006 dal GRI (Global Reporting Initiative), e integrate con alcuni indicatori del “Food Processing Sector Supplement”. “Il livello di applicazione dei parametri del GRI /G3 del presente Rapporto è C+. Entro i prossimi due anni di rendicontazione, pensiamo di poter raggiungere un livello di GRI pari a B+. La certificazione indipendente del presente rapporto è stata affidata a Deloitte con particolare attenzione al piano di condivisione dei principi di impresa e al codice etico aziendale.”131
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Ferrero International, Condividere valori per creare valori, Rapporto sulla Responsabilità Sociale d‟impresa 2008/2009, p. 4 130 Ferrero International, Codice Etico Ferrero, 2010, p. 6 131 Ferrero International, Condividere valori per creare valori, Rapporto sulla Responsabilità Sociale d‟impresa, 2008/2009, p. 2.
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Figura 34. L’albero Ferrero Fonte: Ferrero International, Condividere valori per creare valori, Rapporto CSR, 2008/’09, p. 27.
4.4.1 L’ambiente Il rispetto dell‟ambiente è una prerogativa di Ferrero, l‟azienda da sempre lavora in modo che la crescita dell‟attività economica coincida con lo sviluppo della realtà sociale e la salvaguardia del territorio. A tal proposito: definisce programmi operativi rispettosi dell‟ambiente in tutte le attività che svolge;
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gestisce i propri impianti attraverso un uso efficace dell‟energia, dei materiali e delle risorse naturali, per ridurre l‟impatto ambientale, gli sprechi e i rifiuti; usa fonti energetiche rinnovabili, ove possibile; è impegnata in una gestione responsabile delle risorse idriche; fissa obiettivi ambientali e verifica i progressi compiuti; ha implementato un Sistema di Gestione Ambientale.
Nel 2007 nasce all‟interno del Gruppo l‟azienda Energhe S.p.A.132 L‟obiettivo è realizzare impianti di cogenerazione per gli stabilimenti Ferrero in Italia, Germania, Belgio e Polonia con un piano di sviluppo orientato al rispetto per l‟ambiente e all‟ottimizzazione di qualità e costi. “Grazie all‟autoproduzione da impianti di cogenerazione ad alta efficienza e da fonti rinnovabili, a fronte di un incremento dei fabbisogni si sta ottenendo una significativa diminuzione del consumo dei combustibili fossili.”133
La missione di Energhe è lo sviluppo di progetti per la produzione di energia elettrica e termica da fonti rinnovabili quali solare, eolico, biomasse e hydro e da fonti convenzionali; il trading di energia e di combustibili per la produzione; la progettazione, lo sviluppo e l‟esecuzione di progetti destinati al risparmio energetico, sia termico che elettrico. Dalla collaborazione con una società di servizi pubblici di Alba nasce un progetto sinergico con l‟obiettivo di soddisfare i fabbisogni energetici locali in modo efficiente e nel massimo rispetto dell‟ambiente. L‟impianto di cogenerazione Alba Power, in funzione dal 2007, riesce a soddisfare buona parte del fabbisogno elettrico e termico dello stabilimento Ferrero di Alba. Inoltre produce energia elettrica che viene immessa nella rete pubblica, permettendo di alimentare, mediante l‟acqua
132
www.energhe.com Ferrero International, Condividere valori per creare valori, Rapporto sulla Responsabilità Sociale d‟impresa , 2008/2009, p. 91. 133
91
calda prodotta con il calore residuo, più di 800 famiglie albesi collegate alla rete di teleriscaldamento cittadina. Le attività eco-friendly della Ferrero riguardano anche gli imballaggi. “L‟imballaggio viene inteso da Ferrero come parte integrante del prodotto, considerando la sua funzione di protezione a garanzia della qualità dell‟alimento. […] È compito dell‟imballaggio proteggere il prodotto finito, impedendo il deterioramento, prevenendo rotture, contaminazioni e manomissioni, al fine di mantenere intatte, a distanza di mesi dalla produzione, la fragranza e l‟esperienza gustativa.”134
Per gli imballaggi viene usata una grande quantità di carta e cartone, vetro, plastica e alluminio. Negli anni si è ridotto notevolmente il consumo di questi materiali, grazie alla “strategia delle 5 R”: massima qualità con la minima quantità di rifiuti prodotti. La prima R è quella di Rimozione, cioè eliminazione di alcuni elementi superflui del packaging. Poi Riduzione dell‟utilizzo di materiali, attraverso la rinuncia agli eccessi di imballaggio e l‟ottimizzazione del design. Riciclabilità e quindi uso di materiali altamente riciclabili e sostituzione, laddove possibile, dei materiali compositi o accoppiati con mono-materiali, per rendere più semplice la differenziazione e il riciclo. Ad esempio, dal luglio del 2009 Ferrero USA ha adottato una nuova plastica per tutte le linee delle mentine Tic Tac. Nessun cambiamento nella forma del classico contenitore, ma una vera rivoluzione “green”. Il passaggio dal polistirene al polipropilene riciclabile ha consentito una riduzione delle emissioni di gas serra del 44%, del consumo di energia del 34% e dell‟uso di plastiche per 296 tonnellate l‟anno.135 Riutilizzo: sviluppo e implementazione di soluzioni che possono essere destinate ad altri usi funzionali o re-introdotte nel ciclo produttivo. A fine 2009 nasce “Carta Buona”, una carta ottenuta per il 50% da fibre riciclate postconsumo degli imballi Ferrero e per il 50% da fibre prodotte con “Energia pura” ovvero energia compensata da certificati RECS (Renewable Energy Certificate 134
Ferrero International, Condividere valori per creare valori, Rapporto sulla Responsabilità Sociale d‟impresa 2008/2009, p. 95. 135 Nuova plastica per Tit Tac Ferrero, 6 luglio 2009, http://www.packagingblog.it/2009/07/nuovaplastica-per-tic-tac-ferrero/#more-609
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System) che garantiscono la provenienza da fonti rinnovabili. Nel gennaio 2011 Ferrero, grazie alla collaborazione con la „Cartotecnica Chierese‟, può riciclare gli scarti del proprio packaging per stampare le numerose pubblicazioni aziendali.136 Ultima R è quella di Rinnovabilità, che consiste nell‟uso di materiali derivati da risorse rinnovabili e reintegrabili e materiali biodegradabili. Oltre a impegnarsi “in prima persona”, Ferrero promuove la cultura ecologica fra gli adolescenti. A settembre 2010 ha collaborato con il FAI, Fondo Ambiente Italiano, al progetto “Viva la Terra! Fai anche tu: fai la differenza”137. Questo progetto di educazione ambientale, rivolto alle scuole primarie e secondarie di primo grado di Piemonte, Lazio, Basilicata e Puglia, ha l‟obiettivo di realizzare un ecoplan, un‟impresa di salvaguardia ambientale. Per farlo, i partecipanti hanno a disposizione un kit multimediale, realizzato in carta riciclata Ferrero, e contenente una guida e un cd- rom con alcuni casi esemplari di gestione sostenibile delle risorse comuni, approfondimenti su alcuni temi e laboratori tematici. Sostenibili in Ferrero sono anche la logistica e la mobilità dei dipendenti. Dal 2008 il Gruppo dispone di una supply chain integrata, ed entro il 2013 prevede di: “- migliorare l‟efficienza dei trasporti, riducendo le emissioni di CO2 e di particolati; - potenziare l‟utilizzo di trasporti intermodali e alternativi, quali ad esempio il trasporto merci via ferrovia, che oggi rappresenta il 3% per l‟area Europa; - utilizzare mezzi ad energia alternativa; - assicurare una saturazione ottimale dei mezzi di trasporto, anche tramite accordi ad hoc con altri fornitori.”138
Tutto ciò perché Ferrero si augura di collaborare con produttori, fornitori e distributori nel raggiungimento di un unico obiettivo: una “greener supply chain”.
136
La Ferrero si ricicla, gli scarti del packaging dell‟industria dolciaria trasformati in carta, 21 gennaio 2011, http://www.adnkronos.com/IGN/News/Cronaca/La-Ferrero-si-ricicla-gli-scarti-delpackaging-dellindustria-dolciaria-trasformati-in-carta_4222042630.html 137 www.faiscuola.it 138 Ferrero International, Condividere valori per creare valori, Rapporto sulla Responsabilità Sociale d‟impresa, 2008/2009, p. 94.
93
Da giugno 2010 è partito un progetto di mobilità sostenibile139 per i dipendenti dello stabilimento di Pino Torinese. Già negli Anni Cinquanta un pulmino con il marchio aziendale faceva servizio navetta per portare ogni giorno i dipendenti da casa al posto di lavoro. Ora Ferrero recupera questa vecchia e innovativa abitudine e offre ai dipendenti ben tre modalità per risparmiare fatica, benzina e difendere l‟ambiente: un bus navetta che gratuitamente farà la spola tra la sede e la fermata GTT (azienda di trasporti torinese) più vicina; una convenzione con la GTT per acquistare a un prezzo ridotto gli abbonamenti annuali ai mezzi pubblici; un servizio di car pooling autogestito dai dipendenti. Grazie a un sito internet a uso interno lanciato dall‟Azienda nell‟ambito del progetto “Ferrero Care”, i dipendenti potranno organizzarsi per condividere i propri mezzi di trasporto, sfruttando al massimo la capacità di trasporto delle vetture e riducendo il traffico in città.
4.4.2 L’attenzione all’uomo La responsabilità sociale della Ferrero nei confronti dell‟uomo è praticata soprattutto nei confronti dei consumatori e dei dipendenti, al cui lavoro l‟Azienda attribuisce gran parte dei propri meriti. Come sottolineato nel Codice Etico: “Il nostro progredire nell‟eccellenza e nella creazione di valore per l‟azienda e per la società civile dipende dalla capacità di ognuno di contribuire a sostenere questi principi nell‟attività di ogni giorno e in ogni decisione.” 140
In Ferrero stupisce la cura per i lavoratori, considerati tutt‟altro che semplici dipendenti, bensì membri della stessa famiglia che porta l‟azienda alla vittoria. “Vogliamo che tutti i dipendenti Ferrero nel mondo si sentano veramente parte della stessa famiglia. […] Sin dalle origini di una famiglia di piccoli imprenditori, abbiamo costruito il nostro successo su valori forti, orgoglio dei nostri prodotti e passione per la qualità. Oggi gruppo di livello mondiale operante in una realtà di mercati diversificati, continuiamo a perseguire lo spirito imprenditoriale familiare. Diventare parte della nostra famiglia ti dà l'opportunità di provare cosa significa costruire sulla tradizione applicando innovazione costante, per soddisfare i bisogni dei consumatori.”141
139
Pino A/R, il progetto di mobilità sostenibile della Ferrero, Letizia Tortello, 20 maggio 2010, http://www.greenews.info/progetti/pino-ar-il-progetto-di-mobilita-sostenibile-della-ferrero/ 140 Ferrero International, Codice Etico, 2010, p. 5. 141 www.ferrerocareers.com
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Queste parole non sono solo una dichiarazione d‟intenti fine a se stessa, ma costituiscono una realtà concreta. I dipendenti sono da sempre il punto di forza della Ferrero. L‟azienda ha fiducia in loro, ne riconosce il valore e loro hanno grande stima dell‟Azienda; non stupisce quindi che finora non si siano mai verificati scioperi o rivendicazioni. Ferrero nel corso degli anni ha attuato diversi servizi per i dipendenti e per le loro famiglie. Gli sforzi principali riguardano lo sviluppo del talento, promosso dal supporto aziendale in ogni momento della carriera degli impiegati. La selezione delle nuove figure professionali da inserire nel proprio organico avviene accuratamente, tramite Ferrero Careers, uno strumento veloce ed efficace per la ricerca del personale e la pubblicazione delle offerte di lavoro sia a livello nazionale che internazionale. Il Gruppo Ferrero è impegnato nell‟individuare le attività di formazione che, evidenziando le capacità individuali, favoriscano il raggiungimento degli obiettivi di business e della motivazione dei singoli. Il “Ferrero Learning Lab” prevede un percorso di sviluppo che accompagna la crescita professionale e personale delle persone. Questo ente di formazione di Gruppo nel 2005 ha incorporato la Corporate University interna. Ferrero è una delle poche aziende italiane ad avere un‟Università aziendale, dove manager e professional del Gruppo possono apprendere gli scenari internazionali macroeconomici, sociali e politici; il benchmarking su approcci, sistemi e metodologie; gli elementi che caratterizzano la cosiddetta “Ferrerità”; le competenze necessarie al raggiungimento del successo; le conoscenze perché i giovani potenziali possano crescere all‟interno del Gruppo. Tra le attività formative rientrano anche master e corsi di specializzazione finanziati dall‟Azienda per preparare nuove professionalità da inserire nelle diverse aree aziendali. Ferrero favorisce la mobilità tra le diverse aree del Gruppo, per offrire ai dipendenti la possibilità di fare nuove esperienze e di aumentare le loro competenze, permettendo a quanti lo desiderano, di svolgere una carriera internazionale.
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Ai dipendenti, Ferrero non assicura solo un ambiente di lavoro sereno, ma anche servizi collaterali che permettono loro una conduzione di vita più agiata. Per fare solo alcuni esempi, nella sede francese è stata creata una zona al servizio degli impiegati, che possono affidare i propri bimbi all‟asilo dell‟azienda e al mini club. In Ecuador e in Argentina i dipendenti Ferrero hanno degli sconti nei supermercati. La sede di Lussemburgo è dotata di un campo di calcetto e uno da tennis. Un‟iniziativa eccellente per il welfare dei dipendenti è Ferrero Pass142, una carta vantaggi che s‟inserisce all‟interno di una più ampia iniziativa di benessere organizzativo per i dipendenti e la forza vendite, nata dalla collaborazione tra Ferrero e SINT, agenzia specializzata in loyalty e customer relationship program. Ferrero Pass è dedicato alla Forza Vendite che, che lavorando per la maggior parte del tempo fuori sede, non può usufruire di quei servizi organizzati nelle sedi aziendali. Grazie al circuito Selecard, che offre una rete di partner presenti capillarmente su tutto il territorio nazionale, ogni dipendente appartenente alla Forza Vendite Ferrero con la tessera personale Ferrero Pass ha diritto ai benefit e agli strumenti di assistenza, che vanno dall‟area benessere, alla ristorazione, alla mobilità e al tempo libero. Un altro programma di benessere organizzativo è Ferrero Care, attivo dal 2007, in base al quale sono stati applicati servizi a supporto dei collaboratori per conciliare tempi di vita privata e tempi di lavoro, per sollevarli di alcune incombenze, per la gestione di problemi pratici, e per vivere in un ambiente di lavoro gradevole. Per l‟anno 2009/2010 i 6.000 dipendenti italiani si sono anche guadagnati un premio di risultato. La somma erogabile è determinata dall‟andamento di due parametri: il risultato economico, unico per tutta l‟azienda, che concorre a determinare il 30% del premio, e il risultato gestionale pari al 70%, legato
142
Sint e Ferrero per il benessere dei dipendenti, 31 marzo 2010, http://www.popai.it/section/zoom/3688
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all‟andamento specifico di ogni stabilimento. Per i dipendenti di tutti gli stabilimenti italiani, il premio si aggira sui 1.500 euro.143 Nel 1996 nasce il CAE, Comitato Aziendale Europeo, che rappresenta un luogo di confronto con tutti i rappresentanti sindacali dei lavoratori Ferrero in Europa e una sede di dialogo con l‟Azienda. L‟obiettivo primario del Comitato è creare continuità tra le prassi di relazioni industriali delle varie aziende del Gruppo, nella condivisione degli ideali e valori che derivano “dall‟essere Ferrero”. Quanto al consumatore, Ferrero lo tutela attraverso un‟attenzione estrema dedicata alla qualità delle materie prime, ai controlli in ogni fase della produzione, all‟integrità delle confezioni, all‟apporto calorico dei propri prodotti. In un tempo in cui lo stile di vita è allo stesso tempo frenetico e sedentario, e le mode alimentari mettono a dura prova la salute dell‟uomo, i prodotti Ferrero propongono un‟alternativa sana e genuina. È risaputo che gli zuccheri fanno ingrassare, ma è altrettanto vero che assunti nella dose giusta sono necessari al nostro organismo. Ferrero ha studiato gli effetti che i propri prodotti, consumati in modo normale, hanno sul metabolismo e i risultati hanno confermato un equilibrio dei grassi, degli zuccheri e del senso di sazietà. L‟azienda è parte attiva nel sostenere in molti Paesi i programmi di educazione alimentare, come EPODE144, sponsorizzato insieme alla Direzione Generale Salute e Difesa del Consumatore della Commissione Europea; nel promuovere iniziative che prevedono un‟educazione al discernimento tra messaggio pubblicitario e programma; nel condurre una pubblicità responsabile e rispettosa dei codici di autodisciplina riconosciuti dalla ICC, International Chamber of Commerce.
143
Ferrero: 1.500 euro di premio a tutti i dipendenti, 8 settembre 2010, http://www.conquistedellavoro.it/cdl/it/Archivio_notizie/2010/Settembre/News_settembre/info942874179.htm 144 Acronimo francese che sta per “insieme per prevenire l‟obesità infantile” Si tratta di un progetto a lungo termine, nato in Francia nel 2004, che coinvolge le municipalità, le famiglie, gli insegnanti, gli istruttori sportivi, i ristoratori, ecc. con programmi di educazione alimentare e di promozione dell‟attività fisica. www.epode.fr
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Ferrero s‟impegna, inoltre, a confezionare prodotti porzionati adeguatamente alle varie necessità nutrizionali e a offrire diversi tipi di prodotti, idonei per un corretto apporto nutrizionale in ogni momento della giornata. Nel contesto dell‟attenzione al benessere dell‟uomo, va rilevato come Ferrero da sempre rappresenti la gioia di vivere e si faccia promotrice di uno stile di vita sano che affianca l‟attività fisica a un‟alimentazione equilibrata. Il simbolo di ciò è soprattutto nella linea Kinder. Ormai -Kinder e sport- è un binomio indissolubile, perché Ferrero “nutre i ragazzi come i campioni”. A tal proposito nel 2007 nasce il progetto Kinder+Sport145, sviluppato da Ferrero per promuovere uno stile di vita che contempla l‟attività sportiva come una sana abitudine quotidiana, soprattutto per i più giovani. Oltre al benessere fisico, Ferrero promuove il benessere per la crescita psichica e sociale derivante dalle attività sportive, che insegnano valori come il rispetto per gli altri, l‟impegno per raggiungere degli obiettivi, il fare squadra, l‟accettare le sconfitte, la voglia di vincere, la lealtà. Ferrero è sponsor di diverse discipline sportive in molti Paesi. In Italia, Kinder+Sport è Top Sponsor delle Nazionali Italiane di Volley, Main Sponsor dei Progetti Scolastici e Giovanili della Fipav (Federazione Italiana Pallavolo), Fornitore Ufficiale della FIDAL (Federazione Italiana di Atletica Leggera), Main Sponsor Under 14 della FIS (Federazione Italiana Scherma) e Fornitore Ufficiale della FIG (Federazione Italiana Golf). Kinder +Sport sostiene anche progetti giovanili, come i Giochi della Gioventù, le Kinderiadi e i progetti Scuola e Giovani di Volley, i Trofei Giovanili e la Kinder+Sport Cup di atletica, il Trofeo Giovanissimi di Scherma. Il progetto Kinder+Sport è abbracciato da più campioni da record in diverse discipline sportive, che non sono solo testimonial, ma veri ambasciatori dei valori legati al progetto. Il loro percorso è esempio di come si possano raggiungere grandi risultati con tanta fatica e passione. Per citarne alcuni: Andrew Howe, Antonietta Di
145
www.kinder+sport.it e www.facebook.com/kinderpiusport.
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Martino e Alex Schwazer, campioni di atletica; Alessandra Sensini, campionessa di vela; Valentina Vezzali, campionessa di scherma.
4.4.3 La Fondazione Piera, Pietro e Giovanni Ferrero Il più grande esempio concreto della Responsabilità sociale della Ferrero è evidente nelle attività svolte dalla Fondazione Piera, Pietro e Giovanni Ferrero146. Nata ad Alba come Opera Sociale nel 1983, nel 1991 è riconosciuta come Fondazione dal Ministero dell‟Interno e presieduta dalla signora Maria Franca Ferrero. La Fondazione fu fortemente voluta da suo marito, Michele Ferrero, il quale desiderava che: “le persone che hanno contribuito con noi a sviluppare prodotti innovativi, dispongano di uno spazio fisico e delle risorse perché possano continuare ad imparare cose nuove; ed il frutto delle cose che imparano lo donino al territorio.” 147
I valori ispiratori della Fondazione - lavorare, creare e donare - sono applicati in due ambiti principali: le attività sociali e le attività culturali. Queste tre espressioni sintetizzano il senso delle attività Ferrero, cioè onore al lavoro, culto della creatività e missione umanitaria.
Figura 15. Logo della Fondazione
146 147
www.fondazioneferrero.it Brochure Ferrero, 2008, p. 19, scaricabile dal sito www.ferrero.it
99
Obiettivo primario della Fondazione è la cura del dipendente in pensione, al quale si riconosce un grande patrimonio di esperienza e saggezza che deve essere valorizzato e messo a disposizione di tutti nel periodo post-lavorativo. La Fondazione offre corsi di attività motoria nelle palestre interne alla struttura, assistenza medico-infermieristica, attività creative, viaggi e soggiorni. In casi di eccezionale gravità, come terremoti e alluvioni, sviluppa anche attività assistenziali in favore di altre persone. Vengono realizzati corsi per approfondire temi del volontariato e concretamente è stata realizzata una nuova sala operatoria per l‟Istituto Nazionale Tumori Fondazione G. Pascale di Napoli. Altra iniziativa importante è la collaborazione con la Fondazione “Movimento Bambino” della professoressa Maria Rita Parsi che ha portato all‟elaborazione di un codice di comportamento, la Carta di Alba, per un utilizzo consapevole dei nuovi media da parte dei bambini. Dall‟autunno 2009 è attivo l‟asilo aziendale, una struttura architettonicamente all‟avanguardia che ospita a condizioni particolarmente agevolate i figli dei dipendenti, ma garantisce dei posti anche per altre famiglie di Alba. La Fondazione si è estesa anche all‟estero con una serie di iniziative rivolte sia agli ex-dipendenti sia ai giovani: in Francia e in Germania sono state costituite piccole filiazioni della Fondazione con sede a Mont-Saint-Aignan e Francoforte. Il settore “Cultura” della Fondazione promuove iniziative in campo letterario, storico-artistico e scientifico. In diverse occasioni, infatti, vengono organizzati convegni, concerti, mostre e spettacoli di vario genere, con ospiti importanti. La Fondazione è attenta a promuovere talenti locali che si sono distinti in diversi ambiti, collabora con le Università italiane e straniere, assegna borse di studio e di ricerca. Inoltre è la sede del Centro di Documentazione Beppe Fenoglio, che mette a disposizione del pubblico il materiale biografico, bibliografico e filmico sull‟autore albese.
100
In collaborazione con l‟Università degli Studi di Torino, è stato istituito un master
post
universitario
di
secondo
livello
in
Scienza
e
Tecnologia
dell‟Alimentazione e Nutrizione Umana, intitolato a “Michele Ferrero”. La Fondazione ospita ogni anno “Alba International Film Festival - Cinema e ricerca dello spirito”, una manifestazione dedicata ai film che indagano la dimensione della ricerca spirituale. Per le iniziative musicali collabora, invece, con Italy & Usa – Alba Music Festival, con l‟Unione Musicale di Torino e con l‟Accademia Stefano Tempia. Il 14 dicembre 2005, l‟allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, ha premiato la Signora Maria Franca Ferrero con la Medaglia d‟oro ai benemeriti della scuola, della cultura, della scienza e dell‟arte. È stato premiato l‟impegno profuso dalla Fondazione nel campo culturale e sociale per oltre vent‟anni.
4.4.4 Le Imprese Sociali Ferrero ha dato vita a delle imprese sociali che rientrano nell‟ambito della missione etico-sociale del Gruppo. L‟obiettivo è il miglioramento delle condizioni di vita e lo sviluppo delle zone meno favorite di alcuni Paesi in Africa, Asia e America Latina. Il lavoro delle imprese sociali si svolge lungo tre linee: creare posti di lavoro, insegnando alle persone autoctone un mestiere, creando così le condizioni per un vero sviluppo sostenibile; realizzare prodotti Ferrero affini alle particolari condizioni climatiche dei luoghi, alle esigenze nutrizionali degli abitanti e alle loro ridotte possibilità economiche; reinvestire una parte dei proventi di tali attività in iniziative locali di carattere sociale, volte soprattutto a migliorare la salute e l‟educazione dei bimbi e dei ragazzi dell‟area. In questo modo, oltre all‟aiuto materiale, le Imprese Sociali ridanno la dignità a chi lavora e contribuiscono a creare la cultura del lavoro, che è alla base del progresso e dell‟evoluzione civile. “United Kinder of the World” è l‟iniziativa delle Imprese Sociali dedicata alla salute e alla crescita dei bimbi e dei ragazzi. Questa iniziativa ha permesso in Sud
101
Africa il finanziamento del progetto “Love Matters”148, che prevede incontri settimanali dedicati ai giovani per educarli a uno stile di vita sano e impegnato, con attenzione al tema della prevenzione dell‟AIDS. In Camerun, invece, è stato potenziato il reparto pediatrico dell‟ospedale St. Martin De Porres a Yaoundè. Gli impiegati e gli operai delle “Imprese Sociali” sono assunti localmente; tutti i dipendenti hanno accesso a corsi di formazione tecnico-professionale e manageriale, da svolgere localmente o in Italia, in base al programma di formazione del Gruppo Ferrero adattato alle realtà e alle culture proprie del luogo. La tecnologia di produzione impiegata dalle Imprese Sociali nei loro centri produttivi è automatizzata per quanto riguarda la parte alimentare del prodotto, in modo da assicurare uno stesso livello di qualità dei prodotti realizzati in tutto il resto del mondo; e manuale per l‟attività di confezionamento, la realizzazione delle sorprese dell‟ovetto Kinder Joy e altre attività, così da offrire lavoro al massimo numero possibile di maestranze locali, pur mantenendo gli elevatissimi livelli di qualità Ferrero. Le materie prime utilizzate dalle Imprese Sociali sono prevalentemente di produzione locale, il che significa sostenere ulteriormente queste popolazioni creando nuovi posti di lavoro nelle aziende agricole. Le tre Imprese Sociali attualmente operative sono: in Camerun avviata nel 2004, in Sud Africa nel 2006 e in India nel 2007. Tutte le iniziative delle Imprese Sociali sono coordinate da una specifica direzione all‟interno del Gruppo.
4.5 La filosofia imprenditoriale La Ferrero è un sorprendente esempio di impresa che si è fatta da sé, è nata dall‟ambizione di una piccola famiglia ed è cresciuta solo al suo interno. Ciò è stato 148
“Love Matters” è sicuramente un‟espressione ben studiata ed efficace perché ha una doppia chiave di lettura: può significare sia “questioni d‟amore” sia “l‟amore conta”. È una chiara citazione del logico Peter Geach, autore del libro Logic Matters, University of California Press, Berkeley e Los Angeles, 1980.
102
possibile grazie all‟impegno dei Ferrero che hanno sempre creduto nelle proprie potenzialità e nel valore dei propri prodotti. Elementi centrali della filosofia imprenditoriale Ferrero sono: -
i prodotti, dei quali Ferrero assicura l‟assoluta qualità;
-
i consumatori, di cui Ferrero ha sempre interpretato i bisogni, offrendo prodotti nuovi e sani;
-
i dipendenti, ai quali Ferrero offre un ambiente di lavoro positivo, dove vige la meritocrazia e servizi dedicati a loro e alle loro famiglie;
-
l‟impegno ambientale e sociale, concretizzato in iniziative mirate al risparmio energetico, in progetti di sostegno e sviluppo delle comunità produttrici delle materie prime utilizzate, nelle attività svolte dalla Fondazione Piera, Pietro e Giovanni Ferrero, nell‟iniziativa delle Imprese sociali per aiutare le aree in via di Sviluppo;
-
l‟innovazione, impiegata nell‟ideazione dei prodotti, del packaging, nella pubblicità e nei processi produttivi.
Dal 2010 è in vigore il Codice Etico, voluto dall‟Azienda affinché i valori espressi possano orientare i comportamenti aziendali nelle relazioni con i clienti, con le comunità locali, con i dipendenti e con tutti gli altri portatori di interesse. Questo Codice rappresenta una bussola che possa guidare il modo di agire etico delle persone a tutti i livelli dell‟organizzazione aziendale, soprattutto in un contesto di complessità sia interna che esterna. Le funzioni del Codice Etico sono: “ - individuare i principi guida per le risorse che operano in azienda e per l‟azienda, - definire gli impegni fondamentali che l‟azienda assume nei confronti dei dipendenti e viceversa, - esprimere la posizione aziendale nei confronti delle parti interessate con cui dialoghiamo”. 149
149
Ferrero International, Codice Etico, 2010, p. 9.
103
I principi aziendali Ferrero sono conformi alle Convenzioni delle Nazioni Unite,
incluse
quelle
dell‟Organizzazione
Internazionale
del
Lavoro
e
dell‟Organizzazione Mondiale della Sanità. Il rispetto del Codice Etico è imprescindibile per tutti i dipendenti Ferrero e i risultati di business non vanno mai disgiunti dal rispetto dei principi del Codice. Caratteristica peculiare di Ferrero è il suo essere “glocale”, perché essendo il quarto Gruppo al mondo nel settore dei prodotti dolciari al cioccolato, rappresenta una forte realtà globale, ma resta sempre ancorata alla dimensione di industria di famiglia e strettamente legata alla località d‟origine. “La Ferrero è un‟impresa assai peculiare, nella quale l‟originario carattere locale e per qualche aspetto autarchico si è evoluto in una fortunata internazionalizzazione, che non l‟ha però cancellato.”150
Alba e Bruxelles sono le due facce della medaglia Ferrero, che ha al contempo una dimensione provinciale e internazionale, le nocciole delle Langhe e gli investimenti americani e asiatici. La gestione aziendale ha sempre avuto un comandamento: tenere ben ferme le regole antiche del rispetto della qualità, ma muoversi veloce verso idee nuove e nuovi bisogni. In questo modo Ferrero riesce a essere fortemente competitiva in un mercato globale, pur avendo solide radici locali. Ho parlato di comandamento perché si tratta di una vera e propria “religione aziendale”. Il concetto di religione aziendale è molto discusso e vede schierati apocalittici e integrati. In quest‟epoca più che in ogni altra, le organizzazioni hanno un ruolo pubblico, sono soggetti che dialogano con la società e dai quali la società può trarre grandi benefici. Il Prof. Azzoni sostiene che il religioso “non possa non accompagnare l‟impresa, almeno nella sua forma di grande impresa, in quanto soggetto di rilevanza sociale generale”.151
Infatti, nelle aziende contemporanee possiamo ritrovare alcuni comportamenti che richiamano i riti religiosi: 150
Nutella sul tetto del mondo. C‟è un segreto particolare nel successo dell‟azienda di Michele Ferrero, “Il Foglio”, 09/05/2009, p. 3. 151 G. Azzoni, Religioni aziendali: il caso del “Credo” di Johson&Johnson, 2010, p. 2
104
1. il veicolare precisi valori e pratiche definiti dall‟azienda, 2. avere un elevato grado di istituzionalizzazione, 3. non limitarsi al simbolismo, ma fissare dei valori e delle fonti normative che orientano il processo decisionale. Quanto a Ferrero: 1. sin dalla sua fondazione ha costruito su forti radici valoriali, descritte nelle pagine precedenti; 2. ha sempre rappresentato un‟istituzione per la città di Alba, poi per l‟Italia e, da quando è diventata Gruppo, ha un maggiore ruolo istituzionale su scala internazionale; 3. il Codice Etico, il Rapporto sulla CSR e la Fondazione Ferrero sono tutt‟altro che simboli, sono un impegno, non solo professato, ma agito nei comportamenti aziendali. Potrei definire la Ferrero un‟azienda visionaria. „Visionary‟ è il termine con cui Collins e Porras hanno definito le aziende che sono leader nel loro settore e che hanno saputo mantenere la leadership nel lungo periodo, affrontando le sfide presentate di volta in volta dai cambiamenti interni ed esterni, diventando così un‟istituzione. Rispetto a quanto detto nei paragrafi precedenti, Ferrero indossa alla perfezione la definizione: “visionary companies prosper over long period of time, through multiple product life cycles and multiple generations of active leaders.” 152
I due autori hanno individuato nelle “visionary companies” una particolare cultura interna, definita “cult-like culture” che le accomuna ai culti sotto quattro aspetti153; nella tabella li ho paragonati alla realtà Ferrero.
152
J. C. Collins e. J. I. Porras, Built to Last: Successful Habits of Visionary Companies, HarperBusiness, 1994, p. 2. 153 J. C Collins e J. I. Porras, Built to Last: Successful Habits of Visionary Companies, HarperBusiness, 1994, pp. 122-123.
105
Caratteristiche delle “visionary companies” 1. Ideologia sostenuta in modo fervente 2. Indottrinamento
3. Pressione alla conformità valoriale 4. Convinzione di essere speciali e superiori
FERRERO Importanza del Codice Etico e dei valori lì professati per tutta la realtà aziendale Corsi di formazione per i neodipendenti a cui viene insegnata la “Ferrerità” Tutti i dipendenti devono sottoscrivere il Codice Etico e impegnarsi nelle azioni di Responsabilità sociale. Il primo slogan della Ferrero recita “Sono stato il primo e resto il migliore”.
Figura 16. Ferrero come visionary company
Possiamo ritrovare la Ferrero anche nell‟affermazione dell‟esperto di marketing Kunde, che vede la religione aziendale come “a religion that brings together the internal company and the external market in a shared, connected flow of understanding.”154
È esattamente la forza di Ferrero: prodotti che negli anni sono riusciti a raccontare valori, nei quali i consumatori si sono ritrovati a tal punto da farli propri. Quando un‟azienda e i consumatori sono uniti dalla stessa “fede”, i prodotti rappresentano vere merci di culto e i clienti diventano fedeli, con la conseguenza che il legame è molto più stretto rispetto a un semplice patto di acquisto. Altro punto fermo: non sono mai rientrate nella filosofia imprenditoriale di Ferrero acquisizioni di società esterne e quotazione in Borsa. Una volta, però, ci si è andati vicino. Mi riferisco al caso Cadbury155. A fine 2009 si presentò l‟occasione
154
J. Kunde, Corporate Religion: Building a Strong Company Through Personality and Corporate Soul, Prentice Hall (Pearson), London, 2002, p. 4. 155 C. Festa, Ferrero lascia la partita sul cioccolato inglese, Il Sole 24 Ore, 13 gennaio 2010 http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Finanza%20e%20Mercati/2010/01/Ferrero-Cadburyopa-debito.shtml?uuid=4d8e5d42-0017-11df-a9f5-2f77730cf3d1&DocRulesView=Libero&correlato; N. Dante Basile, Cadbury, dossier Ferrero contro Kraft, “Il Sole 24 Ore”, 17 novembre 2010, http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Finanza%20e%20Mercati/2009/11/cadbury-dossierferrero-contro-kraft.shtml?uuid=7403fd1e-d34f-11de-a4bd1cde71b4a532&DocRulesView=Libero&correlato; G. Navach, Accordo Ferrero Cadbury ?, http://www.vip.it/ferrero-cadbury/.
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per Ferrero di acquisire il gruppo dolciario inglese. L‟accordo avrebbe permesso all‟Azienda di Alba di diventare una grandissima potenza mondiale nel settore del cioccolato, seconda solo al colosso Nestlè. Potenziale alleato in questa acquisizione era la Hershey. Dopo lunghe riflessioni in casa Ferrero, si decise di non concludere l‟accordo per più di un motivo. Innanzitutto entrare nel mercato britannico avrebbe comportato per Ferrero rivedere le proprie strategie aziendali. Ci sarebbe stata inoltre la difficoltà di suddividere il piatto Cadbury con Hershey e gestire iniziative in partnership non è mai stata prerogativa di Ferrero. Terzo fattore è l‟investimento economico: per quanto Ferrero godesse di ottima salute, per vincere sulla precedente offerta di Kraft, avrebbe dovuto sborsare con Hershey più di 10 miliardi di euro. Probabilmente i CEO Pietro e Giovanni Ferrero avrebbero aspirato ad affermarsi anche sul mercato inglese, diventando il secondo player mondiale nella cioccolateria, ma la prudenza del cavalier Michele ha voluto che Ferrero rimanesse la numero quattro al mondo, dopo Nestlé, Kraft Foods e Mars. Alla possibilità di una grande operazione di acquisizione internazionale, Ferrero ha optato ancora una volta per la strategia della crescita interna.
4.6 La visione Per i prossimi anni Ferrero s‟impegna a lavorare con gli stessi standard di altissima qualità. Anche se il contesto di riferimento è messo a dura prova dalla crisi, l‟Azienda di Alba continua a crescere. Con l‟Azienda cresce anche l‟impegno per la Responsabilità sociale. In particolare gli obiettivi che l‟azienda, nel Rapporto sulla CSR, si prefigge di raggiungere entro il 2015 sono:
per le persone in Ferrero e per le comunità dove opera -
completare il piano di condivisione dei principi dell‟azienda,
-
potenziare le attività delle Imprese Sociali e della Fondazione Ferrero, per il pieno rispetto dell‟ambiente
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- sviluppare una capacità di autoproduzione energetica pari al fabbisogno di tutti gli stabilimenti produttivi in Europa, - riduzione di almeno il 15% dei consumi – diretti e indiretti – di combustibili fossili e conseguentemente delle emissioni di CO 2, rispetto al 2007,
per l‟approvvigionamento etico delle materie prime - approvvigionamento di olio di palma certificato sostenibile per il 100% del fabbisogno,
per promuovere uno stile di vita sano - ampliare “Kinder + Sport”: il progetto ideato per promuovere uno stile di vita sano mediante la diffusione dello sport come pratica quotidiana, soprattutto fra i bambini,
per una comunicazione responsabile - adottare una politica di autoregolamentazione delle pubblicità indirizzate ai bambini a livello globale, da gennaio 2012.
4.7 Nutella da spalmare, cliccare e collezionare “C‟è più cultura in un vasetto di Nutella che nell‟80% dei libri.”156
Tra tutti i prodotti Ferrero, Nutella è sicuramente il top brand. La Nutella nasce ufficialmente nel 1964, ma le origini risalgono al 1946, quando il capostipite, Pietro Ferrero, ideò quella che potremmo definire la nonna della Nutella, la Pasta Giandujot, una pasta di cioccolato e nocciole venduta in blocchi da taglio. Nel 1951 si afferma sul mercato la Supercrema, una conserva vegetale venduta in grandi barattoli, che nel 1963 fu rinnovata con l‟intento di commercializzarla in tutta
156
Il Gabibbo, Il Gabibbo difende la Nutella, “Tuttolibri” del quotidiano “La Stampa”, 13 marzo 1993.
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Europa. A tal fine furono modificate la composizione, l‟etichetta, il nome e il logo. Il risultato è il barattolo di Nutella che compriamo ancora oggi. Il nome Nutella è il frutto di un‟idea illuminante di Michele Ferrero e della collaborazione di esperti di marketing come Giampaolo Fabris. Il termine inventato è la risultante dell‟accostamento tra la radice „nut‟, nocciola in inglese, e il suffisso femminile italianissimo „ella‟. Il primo serve a dare una patina di internazionalità, il secondo attribuisce leggerezza ed è facile da memorizzare e da pronunciare per i bambini di tutto il mondo. Anche il Figura 17. Confezione classica del colore delle lettere fu accuratamente studiato: la „n‟
barattolo di Nutella
in nero evoca le nocciole, il rosso delle altre lettere evoca passione. Fu poi scelto il barattolo di vetro dalla particolare forma arrotondata e l‟immagine della fetta di pane spalmata di crema con il coltello dalla lama a spatola. L‟insieme di questi elementi evoca bontà, gusto e cremosità del cioccolato, un‟immagine coerente che è diventato un tutt‟uno col prodotto. Il primo vasetto di Nutella, così confezionato, uscì dallo stabilimento di Alba il 20 aprile 1964. Da allora non si è mai smesso di produrre Nutella, perché non si è mai smesso di mangiare Nutella. In 47 anni di vita la Nutella è passata da crema spalmabile a mito, da alimento per la colazione dei bimbi a momento di dolcezza per grandi e piccoli, da bene di consumo a oggetto di studi sociologici, e di citazioni in opere letterarie, musicali e cinematografiche. Si dice che Nutella non soddisfi solo un bisogno funzionale, ma anche un bisogno culturale, qualcosa di cui ormai non possiamo fare a meno. La domanda che costituisce il pay-off della celebre campagna di Nutella del 1995 è “Che mondo sarebbe senza Nutella?” Le caratteristiche di questo prodotto di culto sono: l‟esser stata creata da un prodotto preesistente allo scopo di essere marketing oriented, l‟essere arrivata sul mercato negli anni del benessere economico, l‟essere unica e inimitabile. 109
Al momento del suo lancio era la merenda per i bambini, quindi la comunicazione era rivolta per lo più alle mamme e il messaggio trasmesso era mirato al convincimento che fosse un alimento sano e nutriente. Successivamente si allargò il target di riferimento e di conseguenza si passò a una comunicazione costruita sulla sfera del piacere, il messaggio trasmesso era che ogni alimento che provoca piacere ha come diretta conseguenza il benessere psicologico. Nell‟era del benessere un “peccato di gola” era concesso a grandi e piccoli. L‟idea di vendere la Nutella in confezioni di vetro è stata vincente per due motivi: da un lato le mamme del dopoguerra apprezzavano che, una volta finita la Nutella, restava un contenitore utile in casa, dall‟altro le immagini disegnate erano e sono talmente belle che molte persone collezionano i vasetti. In un primo tempo vennero usati disegni Anni Sessanta, con le bolle e le geometrie colorate, dal 1990 si passò alle serie con gli eroi dei fumetti e dei cartoni animati, per colorare la colazione dei più piccoli. L‟ultima novità è il vasetto che appartiene alla serie “Limited Edition 150°”, caratterizzato dal tricolore italiano e dedicato ai 150 anni dell‟Unità d‟Italia. La Nutella, quindi, è anche da collezionare. Bicchieri, tazze e contenitori in cui la Nutella è stata confezionata, sono l‟oggetto del desiderio di molti collezionisti che s‟incontrano nelle aste online e nei mercatini, per recuperare pezzi da collezione che raccontano 60 anni di vita non solo della Ferrero, ma d‟Italia. Nel 1994 nasce il Nutella Team, uno staff che si occupa delle promozioni Ferrero. L‟attività del Nutella team è di sperimentazione e si rivolge per lo più ai ragazzi tra i 14 e i 19 anni. Il 21 giugno del 2008 la Ferrero ha organizzato una festa a Torino, il Nu-day, una giornata interamente dedicata a chi ama la Nutella. Cosa si festeggia? Il solstizio d‟estate e la nascita della nuova community di Nutella: Nutellaville. A darle il benvenuto tanti fan della Nutella, che hanno spalmato tutto il giorno in piazza S. Carlo e piazza Vittorio e la sera si sono ritrovati al Parco del Valentino insieme a Max Gazzè, Meg e gli Aram Quartet.
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Nutella è uno di quei prodotti che trascendono le mode, un evergreen che contraddice quell‟assioma del marketing per cui ogni prodotto ha un ciclo di vita, fatto di introduzione, espansione, maturità e declino. Diversi studi di marketing, sociologia e psicologia hanno indagato riguardo al fenomeno di questo mito che si è fatto da sé, ma “l‟unico dato di fatto reale è che la Nutella è veramente buona e la Ferrero non ha fatto nulla per incoraggiarne il mito.”157 Nutella è individuale e collettiva al tempo stesso. Come spiega Padovani, “da un lato, è forse il caso più clamoroso di proprietà super individuale della produzione, con la famiglia Ferrero inaccessibile titolare del marchio e della sua diffusione, senza soci né alcun interesse a trasformare l‟azienda in una public company, dall‟altro rappresenta una sorta di proprietà collettiva da parte dei mezzi di comunicazione, che se ne sono appropriati per trasformarla in messaggio.”158
Nel 2008 sul web si è svolta un‟iniziativa dei consumatori che hanno firmato per sostenere la campagna di Greenpeace159 in tutela della foresta pluviale del Borneo e di Sumatra. Queste zone rischiano la deforestazione a causa dell‟intervento incontrollato per far spazio alle coltivazioni di palma da olio, da cui le multinazionali attingono gran parte dell‟olio di palma utilizzato nei propri prodotti. Sul sito www.nutellasalvalaforesta.it i consumatori hanno inviato più di 10.000 messaggi alla Ferrero per chiedere “Che mondo sarebbe senza foresta?”. La fabbrica della Nutella, che dal 2005 fa parte della RSPO160, in seguito alla campagna “Nutella salva la foresta”, dichiara di aderire alla moratoria sull‟espansione delle coltivazioni di palma da olio nelle foreste pluviali del Sud Est Asiatico e di attivarsi per raggiungere due grandi obiettivi: la moratoria su ulteriori deforestazioni dovute alla produzione di olio di palma e lo sviluppo di sistemi credibili di tracciabilità e di certificazione di
157
G. Fabris nella prefazione a Gnam! Storia sociale della Nutella di G. Padovani, p. 10. G. Padovani, Gnam! Storia sociale della Nutella, Castelvecchi, Roma, 1999, p. 50. 159 http://www.greenpeace.it/nutellasalvalaforesta/ferrero.php 160 Ong Internazionale “Roundtable on Sustainable Palm Oil”, fondata nel 2004 dai produttori e dagli utilizzatori industriali di olio di palma. Il fine è promuovere l‟uso di corrette pratiche agricole, garantire la sostenibilità ambientale, tutelare i diritti delle comunità indigene e impedire che le piantagioni di palma possano essere estese in aree dove attualmente ci sono giungle e foreste tropicali, www.rspo.org. 158
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quest‟ultimo.161 Certo, l‟impegno di poche aziende non basta, a fronte dell‟indifferenza delle grandi multinazionali, ma è un inizio. Ferrero, al contempo, ha dato grande soddisfazione ai propri consumatori, che possono spalmare senza sensi di colpa.
4.8 La comunicazione pubblicitaria La Comunicazione pubblicitaria svolge un ruolo fondamentale all‟interno di Ferrero. Il Gruppo è uno dei principali inserzionisti pubblicitari in Italia e all‟estero. “Ferrero sostiene il principio che una comunicazione pubblicitaria responsabile può aiutare il consumatore a compiere scelte appropriate di acquisto e di consumo dei prodotti alimentari, nonché a comprendere il ruolo dell‟alimentazione e dell‟attività fisica per uno stile di vita equilibrato e salutare.” 162
Come Gruppo industriale internazionale, Ferrero applica il “Regolamentoquadro per una comunicazione pubblicitaria responsabile in ambito alimentare”, adottato dalla Camera di Commercio Internazionale, oltre ai Codici di Autoregolamentazione sviluppati localmente, a livello nazionale o regionale. Ferrero inoltre è membro attivo della World Federation of Advertisers (WFA) e della International Food and Beverage Alliance (IFBA ). Ferrero applica anche specifiche autoregolamentazioni relative alle pubblicità dirette ai minori di 12 anni ed è membro attivo dell‟Advertising Education Forum163, un‟organizzazione no profit che ha costituito un database informativo sulle regolamentazioni delle pubblicità dirette ai bambini. L‟ Azienda ha sempre studiato con molta attenzione il lancio dei propri prodotti; sin dal dopoguerra ha compreso l‟importanza della pubblicità ai fini della vendita e si è avvalsa della consulenza di esperti affermarti, come ad esempio Ernest Dichter, per impostare le campagne pubblicitarie.
161
http://www.greenpeace.org/italy/news/nutella-vittoria Ferrero International, Codice Etico, 2010, p. 15. 163 www.aeforum.org 162
112
Per quanto riguarda la Nutella, la strategia di comunicazione adottata dal 1967 al 1988 verteva sul conquistare le mamme, convincendole che la Nutella fosse un prodotto sano da accompagnare con il pane. Questa strategia fu perseguita sia tramite le storielle del Carosello, che tramite gli spot pubblicitari. Risale proprio al 1967 la prima comparsa della Nutella in televisione, tramite il Carosello “Una pagina del libro Cuore”: dopo due minuti in cui viene raccontata appunto una pagina del capolavoro di De Amicis, c‟è il comunicato commerciale con lo slogan <<Ferrero. Il mondo semplice e naturale della famiglia italiana.>> Negli anni seguenti Ferrero manda in onda le vicende dell‟uccellaccio Jo Condor e del Gigante Amico. Nel periodo che copre gli anni dal 1988 al 1993 lo slogan “energia per fare e per pensare” esalta i valori del prodotto. Nel 1993 si passa al “piacere di nutrirsi bene”, per arrivare, dal 1995, al tormentone “Che mondo sarebbe senza Nutella?”, che oggi è diventato “Che colazione sarebbe senza Nutella?”. Gli spot televisivi di Ferrero hanno raccontato l‟evoluzione della storia e dei valori degli Italiani: la famiglia, il gioco, la natura, puntando dritto al cuore dei telespettatori. Il passo da un tipo di pubblicità che fa leva su valori condivisibili da tutti, all‟acquisto di prodotti che sono simbolo di questi valori, è sempre stato breve; per questo Ferrero ha investito parecchio nella pubblicità e oggi è tra i primi investitori pubblicitari televisivi. L‟attenzione alla pubblicità è evidente anche nella creazione, nei primi Anni Settanta, di una propria agenzia interna, Pubbliregia, alla quale è affidato il compito di sviluppare campagne pubblicitarie all‟uscita dei nuovi prodotti e declinarle per tutti i Paesi a cui gli stessi sono destinati. Il compito dell‟agenzia pubblicitaria interna è “mantenere e rinforzare valori, radici e impatto, esprimendoli con un linguaggio in linea con i tempi e in grado di comunicare al pubblico in modo semplice, chiaro e immediato.” 164
164
Brochure Ferrero, p. 23.
113
Col tempo l‟Azienda si è servita anche di pubblicitari esterni e nel 2009 Ferrero ha scelto Saatchi&Saatchi come partner strategico per lavorare con Pubbliregia. A ben vedere, alcune pubblicità Ferrero sono di qualità inferiore ai suoi prodotti. In molti casi è Ferrero che da lustro ai suoi testimonial, scelti per lo più nel mondo dello sport, tra gli sportivi che potremmo definire „di nicchia‟ perché noti solo agli appassionati, e che con le pubblicità Ferrero divengono familiari al grande pubblico; non è un caso, ad esempio, che non siano mai stati scelti dei calciatori. Aldo Grasso parla di “mistero mediatico” e afferma che: “per un certo tipo di comunicazione non è necessario che lo spot abbia crismi estetici, anzi è probabile che con questa strategia il lettore o lo spettatore ricordino il prodotto e non il testimonial. La sanno lunga quelli di Alba.” 165
La realtà è che i testimonial sono necessari per dare notorietà a un marchio nuovo, o per rendere affidabile un prodotto o servizio che gode di una scarsa reputazione. Non è questo il caso della Ferrero, i suoi prodotti sono molto noti e apprezzati, in essi i consumatori ripongono la propria fiducia da sempre, per cui non servono testimonial di spicco. Personalmente non ritengo che i testimonial non siano memorabili, anzi, già l‟anonima “signora in giallo” dei Rocher degli Anni Novanta è rimasta nell‟immaginario collettivo come simbolo di eleganza e raffinatezza, esattamente i valori che Ferrero voleva trasmettere con la pralina in carta dorata. Negli anni del consumismo, anche chi non poteva permettersi macchine di lusso e maggiordomi, poteva avvicinarsi a quel mondo gustando lo stesso cioccolatino aristocratico. I tempi, però, sono cambiati, in una società con sempre meno punti fermi, la gente ha bisogno di concretezza. Così il Rocher cambia location, ma continua a brillare tra le
165
A. Grasso, Mistero Ferrero, “Corriere della Sera Sette”, 15 luglio 2010, p. 98
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più rassicuranti pareti domestiche, dove non rappresenta più lo sfizio alla “voglia di qualcosa di buono”, bensì l‟unico che “ti ruba il cuore”.166 I testimonial provenienti dall‟ambito sportivo sono tramite eccellente per veicolare il messaggio dell‟importanza di un‟alimentazione sana e nutriente e il valore dell‟impegno che porta a raggiungere grandi risultati. Se poi consideriamo che negli spot della Ferrero i campioni sono sempre in veste di gente comune, gli spettatori/consumatori li vedono come persone da poter imitare, non come miti irraggiungibili. Per fare solo un esempio, nell‟attuale spot del Kinder cereali, Valentina Vezzali, dopo tre secondi in cui è la campionessa olimpionica di scherma, diventa una mamma in jeans e maglietta che fa merenda all‟aria aperta con suo figlio. In una situazione scenica semplicissima passano tanti messaggi: l‟amore per la natura, per i prodotti genuini e per una vita sana, la qualità del Kinder cereali che mette d‟accordo grandi e piccoli, l‟importanza del tempo passato con i figli, la donna che riesce a gestire al meglio lavoro e famiglia, e che sa essere tanto dura in una gara quanto dolce con suo figlio. Il prodotto diventa quindi simbolo di uno stile di vita dove tutto è perfettamente in equilibrio, una sorta di oggetto magico che dà armonia alla vita quotidiana. È un po‟ come dire al consumatore: se ti piace questo stile di vita questo è il prodotto che fa per te! La forza della comunicazione pubblicitaria di Ferrero è che in ogni tempo ha raccontato e racconta le storie che la gente è pronta ad ascoltare. Lo storytelling ha la straordinaria forza di trasmettere un messaggio che resta nella memoria; spesso dimentichiamo delle informazioni, ma le storie ci coinvolgono, per cui ce le ricordiamo. Moltissimi spot Ferrero sono costruiti sullo “schema narrativo canonico” che vede sulla scena un protagonista/eroe che deve compiere un‟impresa attraverso una sfida, un personaggio o una situazione avversa che funge da antieroe, un tesoro da conquistare, un aiutante che collabora nell‟impresa offrendo un oggetto magico e l‟immancabile lieto fine. Il tutto intriso di uno stile simbolico o metaforico che parla 166
Il claim dei Ferrero Rocher negli anni Novanta era “Voglia di qualcosa di buono”, quello odierno è “Possono piacerti in tanti, ma solo uno ti ruba il cuore”.
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al pensiero e all‟animo. Una dimostrazione di ciò è nello spot della Nutella. I protagonisti sono i genitori, l‟impresa da compiere è la colazione di ogni mattina, la sfida è preparare una colazione gustosa e nutriente per tutta la famiglia, la situazione avversa è il poco tempo che una famiglia ha a disposizione la mattina, il tesoro da conquistare è una sana colazione per tutta la famiglia, l‟aiutante è Ferrero che offre a milioni di famiglie il magico vasetto di Nutella, il lieto fine è la famiglia riunita che spalma felice intorno allo stesso tavolo. L‟atmosfera che avvolge gli elementi in un primo momento è quella sana e genuina della natura, con i noccioleti, il latte e il cacao; poi quella intima e serena del nucleo familiare raccolto nel calore della propria casa. Pochi elementi ben studiati e nessun testimonial di eccezione sono sufficienti per costruire una microstoria che narra un rituale condiviso da molti, il momento della colazione. La storia di questa famiglia è la storia di molte famiglie italiane e non solo, per cui i consumatori/spettatori possono facilmente identificarsi in quei genitori o in quei figli. “Lo storytelling diventa marketing autobiografico perché la memoria di impresa, consapevole della vita sul territorio in cui si trova ad operare e responsabile in qualche modo di esso, intercetta e si fonde con la memoria autobiografica dei diversi soggetti a cui l‟impresa tenta di rivolgersi.”167
Se compiere l‟impresa per la famiglia della pubblicità è stato possibile solo grazie a Nutella, lo slogan è un interrogativo rivolto a tutte le famiglie che suona retorico: “Che colazione sarebbe senza Nutella?”.
4.9 La reputazione di Ferrero “C‟è una ricetta che aiuta a conquistare il mondo: la vostra fiducia, la nostra passione.”168
La reputazione è un fattore decisivo per la competitività di un‟azienda, soprattutto in un mercato che è sempre più globale. 167
A. Fontana, Manuale di Storytellig. Raccontare con efficacia marchi, prodotti e identità d‟impresa, Etas, Milano, 2009, p. 70. 168 Dai ringraziamenti ufficiali di Ferrero, http://www.ferrero.it/azienda/il-gruppo/reputationaward/un-premio-prestigioso/?IDT=5116
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La reputazione di Ferrero è il naturale risultato della serietà, la passione e l‟impegno con cui ha sempre lavorato per offrire ai consumatori prodotti eccellenti. Ho avuto la possibilità di parlare di reputazione con Francesca Poggiali, Responsabile delle Relazioni europee, Relazioni con i consumatori e Responsabilità Sociale d‟impresa del Gruppo Ferrero. Le ho chiesto a quali elementi è dovuta principalmente la reputazione di Ferrero; in una scala da 1 a 5, dove 1 indica massima importanza, mi ha risposto: 1 2
3 4
5
Qualità Innovazione Vision e leadership Responsabilità Sociale di impresa Eticità Relazioni pubbliche Immagine trasmessa dalla pubblicità Clima interno Fondazione Piera, Pietro e Giovanni Ferrero Altre società del Gruppo Ferrero Relazioni istituzionali Social networking Testimonial
Figura 18. Fattori che incidono sulla reputazione della Ferrero
La Poggiali mi ha spiegato che la reputazione di Ferrero dipende in primo luogo dal core business dell‟Azienda, i prodotti, quindi alla loro qualità e innovazione sono dedicati tantissimi sforzi. Per questo Ferrero si occupa di tutta la filiera produttiva, dalla scelta delle materie prime alla distribuzione e lo stoccaggio, non acquista semilavorati da esterni; svolge periodici controlli sui livelli di accettabilità e godibilità; effettua una politica degli assaggi molto dettagliata; studia l‟aspetto nutrizionale, salutistico e l‟impatto su particolari categorie di persone come i bimbi e gli atleti. “La reputazione di Ferrero - dice la Poggiali - appartiene ai consumatori e oltre che con la massima attenzione ai prodotti, si costruisce attraverso la responsabilità in tutti gli ambiti.” Le scelte aziendali concorrono quindi alla costruzione della reputazione.
117
Negli ultimi anni Ferrero ha scelto di investire sempre più in Europa, ne sono prova lo stabilimento voluto a Mosca, la nuova sede a Lussemburgo, il potenziamento
degli
stabilimenti
europei
e
l‟applicazione
degli
standard
internazionali estesi a un sempre maggior numero di stabilimenti. Il Gruppo si è impegnato a centralizzare alcune esternalità e a investire con continuità in ricerca e innovazione. Altro fattore importante è la scelta di non essere quotata in Borsa. La famiglia Ferrero può prendere decisioni immediatamente, senza dover prima consultare gli investitori, e ciò ha delle inevitabili conseguenze sulla comunicazione. Nelle società quotate si comunica ai consumatori, ma si punta agli azionisti; il patrimonio Ferrero, invece, appartiene alle stesse persone a cui appartengono i prodotti, e la comunicazione è rivolta esclusivamente ai consumatori.
4.9.1 Potenziali rischi per la reputazione Quanto ai potenziali rischi per la reputazione di Ferrero, la Poggiali mi spiega che i maggiori rischi sono gli attacchi ai prodotti, in primis le imitazioni.
Le imitazioni Da anni i prodotti Ferrero sono colpiti da ondate di imitazioni che vedono l‟Azienda impegnata in lunghe e faticose battaglie legali. Ferrero ha sconfitto i Trésor Doré prodotti in Cina dalla Montrésor, i Raffaello imitati in Russia con il marchio Waferatto dell‟industria Landrin e nel marzo 2010 ha vinto la causa in Ucraina. La controparte, il fabbricante Landrin, non solo copiava i Raffaello, ma aveva addirittura tentato di ottenere la cancellazione in Ucraina del legittimo marchio originale della Ferrero, nonostante questo fosse regolarmente registrato. Dopo vari giudizi la Ferrero ha vinto la causa, grazie alla sentenza della Corte Suprema e alla diplomazia italiana. Il problema delle imitazioni ora resta pressante in Turchia, dove negli ultimi anni la Ferrero ha avviato oltre cento procedimenti contro imitatori locali.
118
Questione di etichette L‟etichettatura è quanto c‟è di più vicino al prodotto, quindi è un argomento critico, anche se non della stessa rilevanza delle imitazioni. Un leggero rischio in termini di reputazione si è presentato nel giugno del 2010, quando il Parlamento Europeo ha approvato in prima lettura un nuovo regolamento in base al quale tutti gli alimenti contenenti più di 10 grammi di zucchero, 4 grammi di grassi saturi e 2 milligrammi di sale per ogni 100 grammi o 100 millilitri di prodotto, devono inserire nella loro etichetta l'avviso del "miglior profilo nutrizionale" e non possono usare slogan salutistici negli spot pubblicitari. L'iniziativa ha il fine di combattere l'obesità offrendo più informazione ai consumatori. Molti ci hanno visto anche una questione di business e competizione sul mercato internazionale: questa norma andrebbe a sfavore di Nutella e quindi i competitor della Ferrero potrebbero trarne vantaggio. In realtà la questione non è tragica come è sembrata in un primo momento. Il vicepresidente della Ferrero S.p.A. Francesco Paolo Fulci ha pesantemente criticato questa normativa, affermando che potrebbe “mettere fuori legge la Nutella e la stragrande maggioranza dei prodotti dolciari”
e che “un giorno ci faranno scrivere come sulle sigarette <<Attenti, è pericolosa, favorisce l‟obesità>>, o magari ci metteranno delle tasse fortissime, come hanno previsto di fare in Romania.” 169
Il viceministro della Lega Nord Castelli ha creato il comitato "Giù le mani dalla Nutella", sostenuto dalla regione Piemonte e dal ministro per le Politiche Europee Andrea Ronchi, che ha invitato l'Unione Europea a non cadere nel "fondamentalismo nutrizionista". A tutto ciò risponde Frédéric Vincent, portavoce del Commissario europeo alla Salute John Dalli: 169
A. Cerretelli, Parmigiano salvo e Nutella a rischio dopo la stretta sulle etichette alimentari, “Il Sole 24 Ore”, 17 giugno 2010.
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“Noi non diciamo che un alimento è buono o cattivo, ma solo che le indicazioni di benefici nutrizionali e salutistici promesse dalla pubblicità o riportate sulle etichette dei prodotti alimentari possono essere contestate e devono essere provate scientificamente. Il nostro fine è informare correttamente i consumatori: non dire loro cosa mangiare e cosa no, ma spiegare che cosa c‟è in quello che mangiano.”167
L‟allarme lanciato è apparso eccessivo e il 29 giugno 2010 il Parlamento europeo ha diffuso un comunicato in cui ribadisce che gli Eurodeputati non hanno mai vietato la vendita o la commercializzazione della Nutella (come di qualsiasi altro prodotto)170. Non esistono dunque censure, il Parlamento ha solo proposto un regolamento sulle etichette e sulla pubblicità, con lo scopo di informare il consumatore nella maniera più trasparente e vietare alle case produttrici di pubblicizzare come salutistici i prodotti contenenti determinate quantità di grassi e zuccheri. Successivamente Fulci ha precisato che il suo intervento voleva solo “richiamare l'attenzione sui rischi di un approccio che nel tempo potrebbe portare a condizionare persino le abitudini e gli aspetti più intimi della sfera privata, come i piaceri più sani e genuini che ci tramandiamo da generazioni. Non e' mai stato messo in discussione il nostro prodotto, da sempre presente sulle tavole di tutti.” 171
Ad ogni modo, la nuova normativa in tema di etichettatura dei prodotti alimentari sarà approvata soltanto se si raggiungerà un accordo tra il Parlamento europeo e gli Stati membri dell'UE. Dopo il primo voto del 16 giugno sono in corso le discussioni e non si prevede nessun accordo prima della metà del 2011. Inoltre le norme entrerebbero eventualmente in vigore dopo tre anni per le grandi imprese e dopo cinque anni per le piccole imprese, permettendo loro di conformarsi alle nuove disposizioni. Il rischio, quindi, per ora è rientrato.
170
R. La Pira, I giornali e il ministro scivolano ancora sulla Nutella e propongono fantasiose ricostruzioni, 2 luglio 2010, http://robertolapira.nova100.ilsole24ore.com/2010/07/i-giornali-e-iministri-scivolano-ancora-sulla-nutella-e-propongono-fantasiose-ricostruzioni.html 171 R. Fiori, La Nutella non corre rischi. Le reazioni della Ferrero alla normativa Ue sull‟etichettatura che potrebbe penalizzare la celebre crema, “La stampa”, 18 giugno 2010, p. 57.
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Da parte sua, Ferrero, attraverso le etichette dei propri prodotti, s‟impegna a offrire informazioni nutrizionali chiare, assicurando a tutti i consumatori “trasparenza, consapevolezza e tranquillità nel consumo”.172
4.9.2 Reputation Award Il 29 maggio 2009 ad Amsterdam Ferrero ritira il premio internazionale più prestigioso a cui un‟azienda possa aspirare. Si tratta del Reputation Award, assegnato ogni anno dal Reputation Institute, in seguito a uno studio condotto sulle percezioni dei consumatori di 32 Paesi riguardo a 600 imprese di tutto il mondo. Nel 2009 Ferrero ha ricevuto in Italia la percentuale di consensi più alta al mondo. Tra queste 600 imprese è stata stilata una lista delle prime 200 società, in cui, oltre a Ferrero al numero 1, si posizionano altre tre società italiane: Pirelli al 90° posto, Eni al 117° e Coop al 120°. Durante la cerimonia di consegna Pietro e Giovanni Ferrero hanno svelato agli ospiti le quattro „P‟ che decretano il successo dell‟azienda: “La prima è la „p‟ dei nostri prodotti, capaci di distinguersi in tutto il mondo per qualità e originalità. La seconda indica le persone, gli impiegati e i clienti, verso i quali sono concentrati tutti i nostri sforzi. La terza è la passione che ci guida. La quarta è la perseveranza, senza la quale non si raggiunge nessun risultato.”173
Già nel 2008 Ferrero era l‟azienda con la più alta reputazione in Italia, e nella classifica mondiale seguiva il podio conquistato da colossi quali Toyota, Google e Ikea. Nel 2009, salta tre gradini e si aggiudica il primo posto anche sulla scena mondiale, seguita da Ikea e Johnson&Johnson. “Al di là degli innegabili meriti della Ferrero, ci sembra che questo sorpasso nell‟anno della Grande Crisi, sia la dimostrazione che il modello italiano vince su tutti gli altri. L‟ossessione per la qualità del prodotto che Michele Ferrero ha saputo infondere all‟azienda e ai suoi figli Pietro e Giovanni, rafforzando la matrice artigianale che punta sull‟assoluta originalità e unicità dei prodotti, tanto da sfiorare l‟inimitabilità come nel caso di Nutella, costituisce la base inossidabile per le capacità manageriali che poi il gruppo 172
Ferrero International, Condividere valori per creare valore, Rapporto sulla Responsabilità Sociale d‟impresa, 2008/2009, p. 60. 173 R. Fiori, Ferrero, successo in 4 „P‟. Prodotti, persone, passione e perseveranza: così l‟azienda vince nel mondo, “La Stampa”, 31/05/2009, p. 71.
121
ha saputo integrare nel dna familiare, riuscendo a trasferire nella visione industriale e nella propria espansione nel mondo lo stesso imbattibile virus della qualità.”174
Il Gruppo ha ottenuto un indice di 85,17 su un totale di 100 punti, staccando di oltre un punto percentuale la seconda classificata, Ikea.
Figura 19. Classifica delle 15 aziende con la migliore reputazione al mondo e relativi punteggi ottenuti nel Global Pulse 2009. www.reputationinstitute.com
L‟indice del Reputation Institute è costruito su criteri quali la fiducia, l‟ammirazione, il rispetto e la stima, che si articolano in sette dimensioni: prodotti/servizi, innovazione, gestione aziendale, clima interno, eticità, leadership e performance finanziarie. Dai dati della ricerca emerge che Ferrero ha costruito il primato su tre elementi: innanzitutto la forza dei propri prodotti, in particolare
174
F. Morace, PreVisione 142. Ferrero in cima al mondo, “Nova100”, Il Sole 24 Ore.com, 12/05/2009, http://francescomorace.nova100.ilsole24ore.com/2009/05/previsione-146-ferrero-incima-al-mondo.html.
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Nutella, poi la governance e l‟eticità. In innovazione è, invece, preceduta da Nintendo e per quanto riguarda la leadership di mercato segue Ikea. Ferrero, inoltre, è l‟unica azienda presente nella top five di tutte le sette dimensioni. “Siamo fieri – dice Giovanni Ferrero – di essere un campione della „old economy‟ costruita sui valori di una volta e capace di restituire risultati sul lungo periodo costruendo una solida reputazione.”175
La Ferrero attribuisce il merito di questa vittoria a una ricetta che ha due soli ingredienti: la fiducia dei consumatori e la passione dell‟Azienda. La fiducia dei consumatori e di tutti gli stakeholder è il risultato di un modus operandi di Ferrero che mira alla trasparenza in tutte le forme di comunicazione e di relazione all‟interno e all‟esterno dell‟azienda. Ferrero dichiara di instaurare, ove possibile, “un canale di comunicazione stabile con le associazioni di rappresentanza degli stakeholder allo scopo di cooperare nel rispetto dei reciproci interessi, presentare le posizioni di Ferrero e prevenire possibili situazioni di conflitto.” 176
L‟alto risultato in termini di reputazione è la sintesi degli sforzi compiuti da Ferrero con passione e serietà sotto tutti i fronti: qualità, innovazione, marchio, comunicazione, marketing, welfare aziendale, espansione mirata. Assolutamente nulla è sottovalutato, ogni cosa è regolamentata, controllata e studiata nei dettagli al fine di poter essere continuamente migliorata. Oltre a tutto ciò, la reputazione di Ferrero è legata all‟appeal emotivo che i suoi brand hanno sull‟immaginario collettivo. A proposito di ciò, Davide Ravasi, esperto di immagine e reputazione, afferma che anche le persone che non sanno nulla sulla performance finanziaria o sulla gestione aziendale, ma che hanno un forte trasporto emotivo verso i prodotti Ferrero, sono portati a esprimere una valutazione molto positiva su tutte le variabili.177
175
A. Jacchia, Ferrero: siamo i campioni della „old-economy‟. Pietro e Giovanni: il segreto? Puntare sul lungo periodo, “Corriere della Sera”, 30/05/2009, p. 33. 176 Ferrero International, Codice Etico, 2010, p. 30. 177 Imprese: Ravasi (Bocconi), ecco la „ricetta‟ del successo Ferrero. L‟azienda di Alba è la più affidabile nelle ricerche del Reputation Institute – Vince su presa emotiva e riservatezza, “Adnkronos”, 08/05/2009, http://www.libero-news.it/adnkronos/view/115340.
123
Lavoro e passione sono il binomio che ha garantito a Ferrero grandi successi collezionati in più di 60 anni di attività. “Tale riconoscimento riempie l‟azienda di orgoglio. E‟ uno straordinario tributo a tutti i collaboratori di Ferrero che quotidianamente garantiscono ai consumatori prodotti della più alta bontà, freschezza e qualità. Questo risultato è frutto di una cultura aziendale che ha sempre prestato la massima attenzione alla valorizzazione delle risorse umane, oltreché grande sensibilità ai temi di responsabilità sociale. Tutto ciò fra l‟altro è pienamente nella continuità delle linee guida volute dal fondatore del Gruppo, Michele Ferrero, che ha sempre concentrato ogni sforzo ed energia esclusivamente alla soddisfazione del consumatore. Ma è anche un successo dell‟industria italiana nel mondo. Infine, Ferrero desidera manifestare la sua profonda riconoscenza a tutti i suoi consumatori, che con le loro preferenze quotidiane l‟hanno premiata.”178
L‟azienda mette al centro del proprio successo i suoi dipendenti, l‟etica aziendale, e gli insegnamenti del cavalier Michele, che sono tutt‟oggi tangibili nell‟operato aziendale e nei consensi dei consumatori. Francesco Paolo Fulci, vicepresidente di Ferrero International, dichiara: “È la vittoria dell‟economia reale, dei valori concreti […] Ma è anche la conferma della capacità di un uomo straordinario come Michele Ferrero di creare le premesse per una crescita costante anche in tempi di crisi, in sintonia con i figli Pietro e Giovanni. Come? Concentrandosi sulla soddisfazione del consumatore.”179
La vittoria di Ferrero è un orgoglio nazionale, non solo per chi Nutella l‟ha inventata, la produce e la vende, ma per tutti gli Italiani che, invece, in questi anni sentono parlare più di crisi che di successi. Giorgio Spreafico scrive: “Adesso che persino la mitica Ferrari è scarburata e arranca, adesso che i bollettini di guerra della crisi grondano sangue, sudore e lacrime, c‟eravamo quasi dimenticati di questa Italia che ancora vince e mette in fila tutti, cioè del paese che esiste e resiste a dispetto del suo gemello puntualmente nelle zone basse delle classifiche che fanno pelo e contropelo a questo o quell‟aspetto del vivere. […] Un pezzetto di cioccolato ci “tira su” ancora una volta in un momento di “bassa” e ci racconta che siamo all‟altezza, che siamo credibili, che possiamo giocarcela con i migliori.”180
178
Comunicato stampa del 7 maggio 2009 emesso dalle Relazioni Esterne Ferrero. R. Fatiguso, Reputation Index. Battute Ikea e J&J. Il gruppo Ferrero leader d‟affidabilità, “Il Sole 24 Ore”, 08/05/2009, p. 22. 180 G. Spreafico, Se a salvarci è la Nutella, “La Provincia di Varese”, 08/05/2009, p. 10. 179
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La prima ad avere un‟alta reputazione di Ferrero è proprio la Ferrero: è dei primi anni di attività il claim “sono stato il primo e resto il migliore”, associato al primo marchio dello Giandujot Ferrero con il viso sorridente di Gianduja.
Figura 20. Primo marchio Ferrero
La reputazione di Ferrero è in gran parte dovuta a quella di alcuni suoi brand di prodotto, primo fra tutti Nutella. L‟Azienda ha preferito adombrare se stessa per dar luce ai propri prodotti. La ragione di ciò è in due considerazioni: 1. inizialmente il marchio era associato al surrogato di cioccolato. La pasta Giandujot fatta con il grasso di cocco, invece che con il più costoso burro di cacao, ha permesso di rendere il prodotto accessibile a tutte le tasche, ma si è targata della denominazione “surrogato”, imposta da una legge del 1931 per i prodotti preparati con aggiunta di sostanze grasse diverse dal burro di cacao. In realtà, le proprietà chimico fisiche del burro di cocco non erano inferiori a quelle del burro di cacao, quindi magari la pasta Giandujot non si meritava una denominazione che evocasse qualcosa di non genuino, esercitando per effetto psicologico una sorta di diffidenza da parte dei consumatori181. La bontà del prodotto, però, ha sempre vinto sulla possibile suggestione psicologica del termine “surrogato”. 2. Il core business di Ferrero è appunto il prodotto, quindi è a partire da questo che si costruisce la reputazione. Ferrero ha attuato la scelta 181
F. Mecca, Il surrogato di cioccolato, un equivoco da chiarire, “Collaboriamo”, 1958.
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strategica di presentare ai consumatori i prodotti come “imprese” a sé stanti; un marchio autonomo, infatti, consente di valorizzare al massimo il prodotto e permette di instaurare un rapporto di fiducia con il consumatore.
Ciò che affascina di Ferrero, tra le altre cose, è la riservatezza che ha sempre caratterizzato la famiglia e la realtà aziendale. In una delle pochissime interviste rilasciate, Giovanni Ferrero afferma che il motivo della riservatezza di famiglia è “la vocazione austera, monastica per il lavoro e il rifiuto dello star system, dell‟apparenza sull‟essere.”
e che la formula di successo della Ferrero è “il legame con il territorio e la cultura, in particolare il nocciolo. Il lavoro creativo di mio padre: un artista più che un imprenditore. Una generazione di manager molto efficiente. L‟etica del lavoro dei nostri operai e impiegati. Il rifiuto della speculazione finanziaria e dell‟investimento a breve termine. Il portato valoriale molto radicato nella mia famiglia, che si può così riassumere: imprenditore povero, azienda ricca.” 182
La “povertà” dell‟imprenditore è riferita allo stile di vita che sia il cavalier Michele, sia i suoi figli hanno sempre condotto, una vita da lavoratori, non da miliardari. Alle celebrazioni per il cinquantenario della fondazione dell'azienda, il cavaliere, ai giornalisti che gli chiedono qual è la formula del successo Ferrero, risponde: “Il successo della Ferrero lo dobbiamo alla Madonna di Lourdes, senza di Lei noi possiamo poco”.
La sua riservatezza lo precede, perché lui è uno che “non nasconde e non ostenta, semplicemente trascorre la sua vita in una famiglia che è anche un‟azienda e in un‟azienda che è anche una famiglia. […] Può anche succedere di vederlo entrare in un supermercato in incognito e, con qualche collaboratore, assaggiare i prodotti della sua azienda e della
182
G. Ferrero intervistato da A. Cazzullo, Giovanni Ferrero “C‟è un solo sistema per avere un successo duraturo: azienda ricca, famiglia povera”, “Style”, mensile del “Corriere della Sera”, dicembre 2008.
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concorrenza, valutare freschezza e integrità. Un‟abitudine sulla quale ad Alba si è costruito l‟impero del cioccolato.” 183
Il Reputation Award è probabilmente il premio più prestigioso, ma Ferrero ha ricevuto più di un riconoscimento, collezionando nel corso degli anni diversi successi.
4.9.3 Winning Italy Award Nel luglio 2010 il Gruppo Ferrero si è aggiudicato il “Winning Italy Award”. Winning Italy184 è un‟iniziativa di marketing istituzionale, nata nel novembre del 2009 all‟interno di un progetto per il controllo dell‟immagine italiana all‟estero, affidato dal Presidente del Consiglio al Ministero degli Esteri. Esso rappresenta un osservatorio sull‟eccellenza italiana, che seleziona i talenti tra i marchi più noti, così come tra quelli sconosciuti ai più. Winning Italy nasce come una pubblicazione trimestrale cartacea destinata al circuito diplomatico internazionale e al pubblico italiano, poi si estende anche sul web. Winning Italy Award è il premio assegnato annualmente dalla redazione a chi, più di ogni altro, ha saputo promuovere e valorizzare l‟immagine e la reputazione italiana nel mondo. Il premio della seconda edizione, è stato consegnato il 5 luglio 2010 a Villa Madama a Roma, dal Ministro degli Esteri Frattini, ai due CEO della Ferrero. Frattini riconosce i fratelli Pietro e Giovanni Ferrero come ambasciatori del made in Italy. Il successo di questa Azienda è il chiaro esempio di come, in un Paese colpito dalla crisi economica, la conduzione responsabile di un‟azienda permette di raccogliere sempre nuove sfide e raggiungere traguardi ambiziosi. Dai microfoni del Tg 5 Pietro Ferrero attribuisce il merito di questo successo ai lavoratori e ai prodotti che
183
R. Fiori, Vita lontana dai riflettori. Michele Ferrero si è commosso alla festa dei dipendenti più anziani, “La Stampa”, 25 giugno 2006, http://archivio.lastampa.it/LaStampaArchivio/main/History/tmpl_viewObj.jsp?objid=7069617 184 www.winningitaly.it
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“hanno delle radici, non solo per essere stati pensati come italiani, ma anche per le materie prime, che spesso, pensiamo alle nocciole, sono molto radicate nel territorio, ma coniugano un gusto che è apprezzato nel mondo.” 185
4.9.4 Special Award Innovation L‟eccellenza Ferrero è stata riconosciuta e premiata anche sul fronte dell‟innovazione. È targata Gran Soleil la rivoluzione del dessert gelato “pronto da congelare” che sfrutta in maniera innovativa la tecnologia del freddo. Mentre i gelati tradizionali devono essere refrigerati durante tutto il loro ciclo di vita, Gran Soleil viene prodotto, trasportato, stoccato e venduto senza ricorrere alla catena del freddo. Ne consegue un minore impatto ambientale perché vengono ridotti sia l‟utilizzo di energia, sia le emissioni di CO2. Proprio al brand Gran Soleil, è andato lo “Special Award Innovation” 2010, assegnato nell‟ambito del CoolBrands Event, una proposta indipendente e super partes del gruppo inglese Superbrands186. Il concorso, giunto alla quarta edizione, ha l‟obiettivo di individuare i brand percepiti dai consumatori e dagli opinion leader come marchi di tendenza. Partendo da una lista di mille marchi, i brand più cool vengono sottoposti a un voto popolare attraverso il sito, i media e circuiti delle cartoline Promocard e poi selezionati dal CoolBrands Council, una commissione composta da esperti di marketing, comunicazione e arte. In particolare, la vittoria di Gran Soleil per lo speciale “Innovazione” è l‟esito della preferenza espressa da trecento votanti indipendenti selezionati da Superbrands nell‟area del business e del marketing.
4.9.5 MF Company Award 2010 Ferrero è vincitrice anche del MF Company Award 2010, premio assegnato da Milano Finanza ai maggiori protagonisti della scena industriale, del commercio e dei servizi, che hanno realizzato le migliori performance nel corso dell‟anno passato.
185 186
http://www.youtube.com/watch?v=lAyZ_g_zqVs&feature=related www.superbrands.com
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Durante la cerimonia di consegna, svolta il 2 marzo 2010 presso le Officine del Volo a Milano, a Ferrero è stato assegnato, in collaborazione con PriceWaterhouseCoopers, il premio Lombard Elite, destinato agli imprenditori che si sono distinti per le strategie di crescita e le operazioni di finanza aziendale. La motivazione è la seguente “Per lo straordinario livello di Corporate Reputation, l‟attenzione alla Corporate Social Responsibility, gli investimenti internazionali e l‟innovazione di prodotto nell‟attenzione continua alla qualità come dimostra il lancio della linea Gran Soleil”.187
4.9.6 Premio Alberto Falck – Azienda Famigliare 2010 L‟Associazione Italiana delle Aziende Familiari si occupa delle tematiche riguardanti le aziende familiari di ogni dimensione, ne promuove lo sviluppo, riconosce i valori guida dell‟etica d‟impresa, della meritocrazia, della responsabilità sociale e della sostenibilità. Il 12 novembre 2010 il Gruppo Ferrero ha ricevuto il Premio Alberto Falck – Azienda Famigliare 2010, perché rappresenta un grande esempio di famiglia imprenditoriale italiana che in pochi decenni è stata capace di affermarsi in decine di Paesi. Questa la motivazione: “La famiglia Ferrero è un grande esempio di famiglia imprenditoriale italiana che in pochi decenni è stata capace di conquistare una posizione di leadership mondiale nel proprio settore, quello dolciario, radicandosi in decine di Paesi. Fondata nel 1946 da Pietro Ferrero con la moglie Piera e il fratello Giovanni, l‟azienda è cresciuta sino a raggiungere le dimensioni attuali grazie al forte impegno di tutta la famiglia, alla straordinaria capacità di creare nuovi prodotti di Michele Ferrero, alla costante ed efficace collaborazione della moglie Maria Franca, all‟appassionata operosità dei loro figli Pietro e Giovanni. Tre generazioni che hanno saputo sviluppare nel tempo una filosofia gestionale fondata su principi tipici delle migliori famiglie imprenditoriali internazionali: innovazione; qualità e naturalità dei prodotti; capacità di instaurare rapporti speciali coi collaboratori; rispetto e considerazione delle esigenze del cliente; sapiente utilizzo delle più avanzate tecniche, senza cadere preda delle “mode manageriali”; solidità finanziaria. Oggi premiamo l‟azienda Ferrero e una famiglia imprenditoriale semplice,
187
www.ferrero.it/news/?IDnews=242&searchcat=&searchdate=2010-03
129
geniale e tenace, che ha portato alti il proprio nome e l‟immagine dell‟Italia in tutto il mondo.” 188
4.9.7 Best Employer Of Choice 2010 La reputazione della Ferrero è molto alta anche tra i dipendenti, attuali e aspiranti tali. Lo confermano i recenti dati dell‟indagine Employer Brand Positioning Survey 2010189, promossa da Monster.it, il portale Internet leader nella ricerca e offerta di lavoro on line, in collaborazione con Anthea Consulting. L'indagine, giunta alla sua terza edizione, è stata condotta mediante la somministrazione di un questionario on line che ha coinvolto 10.729 'job seekers' italiani. Lo scopo è rilevare opinioni e aspettative di tre segmenti del mercato del lavoro, differenziati in base all'esperienza lavorativa acquisita e all'età: „giovani laureati‟ senza esperienza lavorativa e con età media di 25 anni, „giovani professionisti‟ con esperienza lavorativa di almeno tre anni ed età media di 30 anni e „professionisti con esperienza lavorativa' oltre i tre anni ed età media di 40 anni. Tra 207 aziende selezionate, Ferrero ha ottenuto la prima posizione nelle classifiche di tutti i tre segmenti190; ciò significa che è l‟azienda più attrattiva del 2010 per i lavoratori di tutte le età.
4.9.8 Cosa dicono i consumatori Oltre
ai
riconoscimenti
ufficiali,
ci
sono
quelli
che
provengono
quotidianamente dai consumatori, evidenti nelle loro scelte di acquisto, nei messaggi che lasciano nel Web e negli apprezzamenti dei vip, che diventano testimonial a titolo gratuito.
188
http://www.aidaf.it/index.php?option=com_content&view=article&id=249%3Ail-premio-albertofalck--azienda-familiare-2010-e-stato-assegnato-al-gruppo-ferrero&catid=46%3Aconvegnonazionale-delle-aziende-familiari-2010&Itemid=98&lang=it, 12 novembre 2010. 189 http://www.osservatorioemployerbranding.it/1/ebps_l_indagine_1930677.html 190 E. Amendola, Employer branding. Quali sono le aziende preferite dai Job Seekers italiani?, Recruting Leaders Forum, Sharing Emerging Recruiting Trends, 05/04/2011, http://www.recruitingleadersforum.com/.
130
I prodotti Ferrero sono molto citati nel sito www.lovebrands.com, dedicato ai brand con cui i consumatori hanno un legame emozionale. In base alle “nomination” effettuate dai consumatori, Lovebrands stila delle classifiche, globali e di settore, dove è possibile controllare periodicamente, come se fosse una borsa valori, l‟indice dei brand con alto tasso di “innamoramento”. Nella classifica dei primi 200 lovemarks191 di tutto il mondo e di ogni categoria merceologica, nel gennaio 2011, Nutella si piazza al 56° posto. Tra i prodotti Ferrero, Nutella non è l‟unico brand a rappresentare un lovebrand per i consumatori. In questo periodo Ferrero è presente nella top 50192 della categoria “Food” con ben tre prodotti: Nutella al III posto, Kinder Sorpresa al XXV e Ferrero Rocher al XXXVIII. Tra i commenti lasciati dai consumatori di tutto il mondo ci sono vere e proprie dichiarazioni d‟amore, testimonianze del rapporto tra consumatore e brand, che non è solo funzionale, ma risponde ad altre logiche che investono la sfera emozionale e affettiva. “Il mio umore cambia immediatamente appena mangio Nutella”. “Considero Nutella una delle migliori invenzioni del mondo.” “Nutella è fantastica. La amo. La uso per calmarmi quando le cose non vanno bene.” “Nutella è una reminiscenza della mia infanzia, quando ogni cosa era semplice e divertente.”
Questi sono solo alcuni dei messaggi lasciati dagli amanti della Nutella, ma si potrebbe andare avanti per pagine e pagine perché Nutella unisce veramente tutti: grandi e piccoli, donne e uomini, sportivi e intellettuali. Kinder Sorpresa è un momento magico per i bimbi. Un papà scrive che quando i suoi figli aprono un Kinder Sorpresa, nei loro occhi vede felicità, divertimento, dolcezza e si chiede: 191
http://www.lovemarks.com/index.php?pageID=20015&additions=1&require=200, 28 gennaio 2011. 192
http://www.lovemarks.com/index.php?pageID=20015&lmcategoryid=8&additions=2&require=100, 28 gennaio 2011.
131
“Cosa può chiedere di più un padre?”
Qualcuno dice di “amare il concetto della sorpresa in un ovetto di cioccolato”.
Un‟altra Kinder Sorpresa addicted scrive: “Una combinazione a cui non posso rinunciare… Un gusto che accende i miei sensi e un gioco che accende la mia immaginazione.”
Della pralina in carta dorata dicono: “Ferrero Rocher è così intelligentemente dolce, senza essere pesante.” “Delizioso, amabile, appassionato, leggero… chiudi gli occhi, dimentica i giorni difficili e goditelo.”
Non a caso lo slogan dei Rocher è passato da “Voglia di qualcosa di buono” al recente e azzeccatissimo “ti possono piacere in tanti, ma solo uno ti ruba il cuore”. Anche su Ciao193, spazio virtuale in cui i consumatori si scambiano opinioni sui prodotti e confrontano i prezzi, quasi tutti i prodotti Ferrero sono citati e raccolgono infiniti consensi, che riguardano la qualità, il rapporto qualità/prezzo, il valore affettivo, l‟aspetto divertente legato ad alcuni prodotti, l‟apporto nutritivo e il “sacrificio” di concedersi un peccato di gola perché la dolcezza Ferrero è irresistibile. Per citarne solo alcuni, di Kinder Sorpresa c‟è chi scrive: “Solo parlarne mi fa venire l‟acquolina”,
di Kinder Fiesta: “Mi fa sognare”,
di Pocket Coffee: “Mi offre veramente la carica giusta per affrontare meglio la giornata, sarà per il buon sorso di caffè concentrato che vi è dentro o per il cioccolato buonissimo che è una prelibatezza della Ferrero”194
e della Ferrero :
193 194
www.ciao.it http://www.ciao.it/Pocket_Coffee__Opinione_1184621, 04/02/2011.
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“un'azienda produttrice leader da anni nel settore delle merendine che garantisce sempre ingredienti di qualità e soprattutto sani e senza conservanti e coloranti, facendo di questa filosofia il suo motto vincente.”195 “Sono molto legato a questa azienda, tanto che mi faccio sempre regalare per la befana le calze Happyfania, per Natale il famoso cappello di Babbo Natale e in altre circostanze qualsiasi cosa riguarda la Ferrero.”196 “Una ditta seria che rispetta nel migliore dei modi tutto quello che promette e capace di deliziare i propri clienti in tutti i modi possibili”197
Dai pochi commenti letti si capisce come i prodotti Ferrero abbiano un‟altissima reputazione tra i consumatori che non ne possono fare a meno e non li cambierebbero mai con altri prodotti simili. Oltre alla qualità e alla bontà, la scelta dei prodotti Ferrero è legata a esigenze di vita, a ricordi di esperienze passate, a dolci momenti condivisi con persone importanti, per questo il legame con i consumatori è così stretto. Inoltre l‟azienda produttrice gode di altissima reputazione tra i consumatori che la elogiano sulla rete per la serietà, l‟attenzione alla qualità e l‟impegno sociale. Frequentati luoghi di incontro tra l‟Azienda e i consumatori non sono solo quelli virtuali, anche un negozio può essere un medium. Il 2 dicembre 2010 Ferrero ci ha stupito inaugurando la sua prima Boutique nella capitale italiana dello shopping. Si tratta di un Temporary Shop allestito nel cuore di Milano e aperto fino al 17 gennaio 2011. Chiamarlo negozio, però, non rende l‟idea. Lo spazio creato da Ferrero al numero 59 di corso Garibaldi è “un mondo unico di dolcezza ed eleganza in cui vivere una vera esperienza multisensoriale.”198 Per più di un mese, a cavallo delle vacanze di Natale e quindi nel periodo dello shopping natalizio e di quello dei saldi, la Ferrero Boutique è stato il regno delle praline Ferrero, uno spazio arredato e rifinito nei minimi dettagli, pensato come se dovesse durare per sempre. La boutique Ferrero non vuole essere un semplice
195
http://www.ciao.it/Duplo_Nocciolato__1040726, 04/02/2011. http://www.ciao.it/Duplo_Nocciolato__Opinione_973184, 04/02/2011. 197 http://www.ciao.it/Pocket_Coffee__Opinione_832364, 04/02/2011. 198 http://www.ferrero.it/ferrero-boutique/ 196
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punto vendita, bensì il luogo in cui l‟azienda incontra i consumatori e offre loro una shopping experience unica. Le tre vetrine luccicanti sono già un bel biglietto da visita, se poi si può vedere e pure toccare, la tentazione è troppo forte per non fermarsi. Una volta entrati, gli acquirenti e i semplici curiosi, hanno potuto fare un iter di degustazione accompagnati dai maitre chocolatier, attraverso un percorso che andava dall‟assaggio delle materie prime al prodotto finito, con la possibilità per ognuno di scegliere il proprio mix di praline, tra i classici Ferrero Rocher, Mon Chéri, Pocket Coffee, Ferrero Rondnoir e novità esclusive, e poi acquistare una confezione personalizzata.
Figura 21. La Boutique Ferrero, Corso Garibaldi,59 - Milano.
E non è finita qui, ai consumatori sono stati proposti anche abbinamenti di cioccolatini e liquori, la risposta del pubblico è stata entusiasta. Tra i commenti lasciati sulla Rete: “abbiamo provato nove praline e degustato nove liquori abbinati tra loro dal barman Mauro Lotti. Mica potevamo tirarci indietro, no? Su tutti, due match rimarranno a imperitura memoria delle nostre papille: Mon Chèri e Sangue Morlacco, e Cappuccino e Frangelico.”199
Con questa Boutique Ferrero ha confermato la propria tradizione creativa e la capacità di saper regalare al consumatore esperienze coinvolgenti. Credo che questo
199
Amiamo Milano e amiamo il cioccolato. Per questo ieri abbiamo provato in anteprima la nuova Ferrero Boutique, 3 dicembre 2010, http://violascintilla.wordpress.com/tag/ferrero-boutique/
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luogo abbia parlato più di qualsiasi pubblicità: il contatto diretto tra chi le praline le lavora e chi le consuma ha permesso una relazione empatica, capace di infondere fiducia e conquistare anche i più scettici. D‟altra parte è proprio durante le esperienze che viene generata, tra le altre, la risorsa reputazione: il giudizio sedimentato in seguito all‟esperienza diretta è difficile da cambiare perché l‟esperienza coinvolge l‟interlocutore in prima persona.
4.9.9 Cosa dicono i media La reputazione è anche il risultato dei messaggi che passano attraverso i media. Tanti di questi messaggi non hanno una fonte istituzionale, ma si generano tra i fan, che sono spinti unicamente dalla stima e dalla passione per questi prodotti, ai quali a volte dedicano vere e proprie produzioni artistiche. Il risultato è la diffusione di un fenomeno che diventa culturale e che genera a sua volta l‟effetto di tanta pubblicità gratuita. In particolare Nutella, il top brand della Ferrero, negli anni ha originato un universo di messaggi, emozioni e sensazioni, di cui piacere e desiderio erano le costanti di fondo. In essi ogni consumatore poteva ritrovare significati condivisi in cui riconoscersi, come la famiglia, l‟amicizia, la tradizione, la genuinità e perfino la trasgressione. Il messaggio è sempre stato fatto proprio dai consumatori ed è rimbalzato tra i media più diversi: dalle pagine dei libri agli spot della televisione, dalle scene del cinema alle note di canzoni, dalle battute in teatro alle vignette, dalle mostre agli spazi virtuali. In particolare, libri e film sono i mezzi che maggiormente incidono sulla creazione di una cultura collettiva sedimentata. Memorabile resta la scena del film Bianca, in cui il protagonista Michele Apicella, alter ego del regista-attore Nanni Moretti, affoga l'ansia in un enorme barattolo di Nutella, alto circa un metro, che fu predisposto proprio in funzione del set. Qualcuno ha interpretato questa scena come liberatoria, l‟uomo che si abbandona al piacere; altri come un momento sadomasochistico utile a mettere in second‟ordine
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i problemi sentimentali. Resta il fatto che, nell‟uno o nell‟altro caso, la Nutella era ciò di cui il protagonista aveva veramente bisogno in quel momento. Pagine dedicate alla Nutella sono quelle del Nutellario, contenente le ricette originali a base di Nutella. Ha ampiamente scritto di Nutella il giornalista Gigi Padovani in due libri: Gnam! Storia sociale della Nutella e Nutella un mito italiano, che offrono un excursus sulle persone, i messaggi e i momenti storici che hanno fatto la gloria di questa azienda di famiglia. Passione Nutella è un libro di sua moglie Clara Vada Padovani, in cui egli ha collaborato, dove sono raccolte ricette d‟autore firmate dai più grandi chef internazionali e ricette casalinghe. Nel 2010 è uscito anche un altro libro di ricette, Cucinare con la Nutella, dove l‟autrice Balducchi presenta oltre duecento ricette in cui la crema Ferrero è l‟ingrediente base per idee originali. Riccardo Cassini si è dedicato, invece, al latino maccheronico nel libro Nutella Nutellae, dove vengono riviste parti di opere celebri in chiave Nutella. Al teatro troviamo Nutella amara, una piece scritta e interpretata da Corrado Guzzanti, Vi porto la buona Nutella, scritto da Mauro Quattrina e altre opere. Quanto alla musica, cito La Nutella di tua sorella, duetto del 1995 in cui Ivan Graziani e Renato Zero cantano “E invece di drogarti, che vai al creatore, fatti di Nutella ogni due ore…”.
In Era bellissimo, Dj Francesco identifica l‟emozione giovanile per il barattolo di Nutella da aprire con una donna. Il binomio donna-Nutella è anche nelle note di Rosario Miraggio, il cantante partenopeo di Cchiù doce da‟ Nutella. Nutella è accostata ancora alla sfera amorosa dai Negrita che nel brano Sex cantano “ …provare le ricette, collaudare la cucina, usare la Nutella, usare la farina…”. Nel 1994 con Giorgio Gaber la Nutella “scende in politica”: nella canzone Destra-Sinistra, sentiamo “Se la cioccolata svizzera è di destra, la Nutella è ancora di sinistra”. La questione del colore politico della Nutella è stata più volte oggetto di
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discussione, ma non si è mai capito da che parte sta perché ognuno la tira dalla sua. La verità è che Nutella è super partes e interclassista, è un brand assolutamente inclusivo, tutti si riconoscono nei valori di Nutella, al contrario di ciò che avviene per altre merci di culto, che formano dei gruppi esclusivi attorno a un prodotto che è per pochi. Nel 1991 alcuni artisti italiani crearono il gruppo Mistiche Nutelle, facendo mostre che rappresentano il senso mistico nell‟arte che si unisce al desiderio di tornare bambini; la mostra di maggiore successo fu Generation Nutella, organizzata al Louvre di Parigi. Nel 2001 a Padova, durante una fiera dedicata al design italiano, la Nutella fu scelta come icona del Novecento, precedendo altri miti come la Vespa e la Fiat 500. Nel 2006 Nutella è la musa ispiratrice per i designer del Fuori Salone del Mobile a Milano, che hanno prodotto i pezzi di design più creativi a partire dalla suggestione del classico vasetto “Pelikan”, del coltello tipico per spalmare etc. E dopo la televisione, i libri, la musica, il cinema, il teatro e le mostre, il messaggio della Nutella passa anche tra i nodi della Rete. Per chi ha voglia di Nutella “da cliccare”, ce n‟è in grande quantità, disponibile a ogni ora del giorno e della notte. Esistono diverse pagine istituzionali, quali www.ferrero.it, dove si trovano i dati ufficiali riguardanti tutte le realtà del Gruppo; www.nutella.it dove si possono vedere le campagne stampa dal 1962 ad oggi, guardare le collezioni di bicchieri, vasetti, calamite e pins, e cosa più divertente, ci si può iscrivere alla community My Nutella, diventata Nutellaville200 nel 2008, per avere un mini blog e poi discutere in libertà con gli altri fan/consumatori.
200
http://www.nutellaville.it
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Figura 22. Homepage della community My Nutella
Nutellaville nasce come progetto istituzionale, ma poi si è sviluppata a tal punto da allontanarsi dalla struttura che le era stata donata dall‟azienda. Infatti la Ferrero, che detiene il copyright del sito, ne gestisce soltanto la forma, lasciando che il pubblico possa inserire i contenuti a proprio piacimento. Un sito interessante è quello che Ferrero USA ha dedicato alla Nutella e a tutto ciò che gira intorno a questo mito. Nutellausa.com è un sito in pieno stile Web 2.0, i consumatori sono i veri protagonisti. Infatti, oltre alla storia e ai consigli nutrizionali, ci sono concorsi per gli utenti/consumatori, la Nutella boutique dove poter acquistare tutti i gadget firmati Nutella, un form per costruire la colazione su misura per ognuno in base al proprio stile di vita. Con l‟esplodere del fenomeno Facebook anche in Italia, le discussioni dei “nutellomani” si sono spostate per lo più su questo social network: c‟è innanzitutto la pagina ufficiale della Nutella, che con la dichiarazione di intenti “Benvenuto nella Fan Page italiana ufficiale di Nutella. Questa pagina è dedicata alla buona colazione. Se “alzarsi con il piede giusto” e con Nutella è il tuo motto, resta con noi, non te ne pentirai”201
ha attirato oltre due milioni di fan, come avviene per i personaggi dello star system. La pagina Facebook di Nutella® si è aggiudicata il premio come Miglior Pagina Social del 2011, grazie alla sua capacità di relazione con il consumatore. La 201
http://www.facebook.com/#!/Nutella.Italy
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premiazione si è svolta il 23 marzo 2011, durante la serata di presentazione dei risultati raccolti nel corso della terza edizione dell‟Osservatorio Italiano sull‟EBusiness, realizzato da Ebit202 e Demoskopea203. L‟indagine ha coinvolto un campione di 1.000 utenti della rete rappresentativi degli internauti “consumer” e oltre 400 società che hanno risposto al questionario “aziende”.204 La pagina premiata ha un‟interessante sezione GIFT NUTELLA, che permette agli utenti di taggare un amico per augurargli un buongiorno con Nutella. Io l‟ho fatto! Nella sezione FOTO, possiamo trovare ogni tipo di scatto, da quelli ufficiali delle pubblicità e delle sponsorizzazioni, alle foto inserite dagli iscritti alla pagina, ritratti in compagnia del loro mito, spalmato in mille pose! Gli utenti hanno creato pagine e pagine dedicate alla Nutella, dove si trovano i contenuti più originali: dalle ricette agli spot pubblicitari, dalle confessioni liberatorie ai racconti di gioie condivise a suon di cucchiaiate. Youtube è invaso da video che riguardano la Nutella, si possono trovare i primi spot in bianco e nero così come i più recenti, con tanto di parodia del famoso cuoco della Nazionale di calcio, testimonial dello spot della Nutella nel periodo precedente gli sfortunati mondiali del 2008. Una grande iniziativa dal basso è un evento, il World Nutella Day205 che si ripete annualmente dal 2007. Nasce da un‟idea di due scrittrici americane che vivono in Italia, Sara Rosso e Michelle Fabio, per dar voce all‟entusiasmo e alla creatività dei fan in tutto il mondo e attirano ogni anno tantissimi Nutella addicted. L‟ultima 202
eBit Innovation è una società di marketing e web innovation. Realizza progetti di marketing, retail e web dalla ideazione strategica allo sviluppo creativo, dall‟implementazione all‟analisi dei risultati. Lavora su progetti di innovazione del business contemplando nella formula di sviluppo l‟utilizzo del web e dei più evoluti strumenti digitali. www.ebitinnovation.com. 203 Demoskopea è un marchio storico delle ricerche di mercato e, oggi, rappresenta uno dei maggiori gruppi indipendenti a capitale completamente italiano. Demoskopea, inoltre, è oggi leader nell‟innovazione sui sistemi di “web e mobile analytics” e offre ai propri clienti gli strumenti di analisi per capire e sfruttare al meglio i fenomeni emergenti nei modelli di business e nelle forme di comunicazione legate allo sviluppo del web, dei media digitali e alla crescita dei social network. Demoskopea è partner esclusivo per l‟Italia di Global NR, un network di Istituti di ricerca indipendenti che condividono gli stessi standard di qualità e gli stessi valori, presente in 21 Paesi. www.demoskopea.it 204 http://www.demoskopea.it/terzo-osservatorio-italiano-sulle-business/ . 205 http://www.nutelladay.com/
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“giornata mondiale della Nutella”, tenuta il 5 febbraio 2011, ha visto una marea di fan cimentarsi in ricette alternative, organizzare Nutella party, usare Nutella come musa ispiratrice per creare opere d‟arte, e poi condividere tutte queste esperienze tramite commenti, foto e video sul sito Nutelladay.com. Insomma, la Nutella impera anche nello spazio virtuale, uno spazio parallelo alla pubblicità in tv, alle ricerche di mercato e alle strategie aziendali, con la differenza che è gestito quasi interamente dagli appassionati con logiche molto lontane dalle politiche di mercato. Ciò significa che il contenuto è del tutto spontaneo e per questo non solo svincolato da qualsiasi fine pubblicitario, ma profondamente veritiero. Se ce lo dice la Ferrero che la Nutella è buona ci crediamo, ma se ce lo dicono milioni di consumatori con la straordinaria forza del passaparola online, non ci limitiamo a mangiarla; condividiamo opinioni ed esperienze sul web e contribuiamo a nostra volta a diffondere il mito.
4.10 Intervista a Gigi Padovani Gigi Padovani è un giornalista e scrittore di origini albesi; è stato inviato di politica e società presso il quotidiano di Torino “La Stampa”, dove ha avuto anche altri ruoli, dal 1985 al 2011.
È un critico gastronomico con la passione per
l‟enogastronomia e il cioccolato. Studioso di storia materiale, Padovani ha rivolto la sua attenzione alla Ferrero e in particolare alla Nutella, a cui ha dedicato i libri Gnam! Storia sociale della Nutella del 1999, e Nutella un mito italiano del 2004. Questo è il resoconto del colloquio che ho avuto con lui il 1 aprile 2011 a Torino, dove vive. 1. Quando e come inizia la sua conoscenza con la realtà Ferrero? Tra il 1998 e il 1999 mi nasce l‟idea di indagare la storia di questa azienda emblematica del successo per il made in Italy, partendo da due considerazioni:
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La curiosità di un giornalista interessato ai fenomeni sociali mi ha spinto a capire le origini di un mito italiano come la Nutella, fenomeno sociale e di comunicazione;
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Ho respirato fin da piccolo, essendo nato ad Alba (Cn), il profumo di nocciole e cacao che veniva dalla fabbrica più grande d‟Europa: pertanto il cioccolato fa parte del mio Dna e ho voluto approfondire la conoscenza di questo gruppo industriale.
Pietro Ferrero, il fondatore dell‟azienda, nel 1945 era un piccolo artigiano: la storia di questo successo imprenditoriale, che ha portato l‟azienda dolciaria nata ad Alba a diventare una multinazionale con 6 miliardi di fatturato, è sicuramente di grande interesse. Il frutto delle mie ricerche è condensato nel libro Gnam! Storia sociale della Nutella, pubblicato nel 1999. L‟aggettivo sociale non è casuale: ho voluto indagare le ragioni che hanno portato una semplice crema da spalmare alle nocciole a diventare protagonista della comunicazione, dell‟arte, della letteratura, del cinema, oltre ad aver dato il via alla crescita economica dell‟Albese. La trasformazione di questo prodotto è davvero un qualcosa di unico: è diventato sinonimo di uno stato d‟animo. Si è spalmato su un‟intera generazione e ha costituito un richiamo alla trasgressione, alla dolcezza, cambiando la sua collocazione con il mutare della società italiana. Nel dopoguerra era un premio che veniva dato ai bambini dopo gli anni di privazione del conflitto mondiale. Nel 1946 Pietro Ferrero ebbe l‟intuizione di produrre un “dolce degli umili”, come lo definiva: miscelò grassi vegetali con le nocciole della sua terra, con il cacao e lo zucchero, mettendo in commercio una golosità alla portata di tutti. Era un surrogato, presentato in pani, che all‟inizio fu battezzato Giandujot – in onore alla maschera torinese che ha dato il nome al cioccolato Gianduja a metà Ottocento -
e qualche anno più tardi diventò Supercrema. I bambini
entravano nei negozi di alimentari con una fetta di pane in mano e si facevano spalmare 5 lire di questa crema. Era il primo dolce dell‟Italia uscita dalla 141
guerra. Nel 1964 il figlio Michele ebbe un‟altra grande intuizione: cambiare nome al prodotto, per farlo diventare europeo. Con una moderna azione di naming, grazie alla sua intuizione e alla verifica con sondaggi su scala internazionale, la chiamò Nutella, da nut (noce in inglese) e nuss (nocciola in tedesco), cui aggiunse un dolce suffisso. E‟ come un cigno che nasce dall‟anatroccolo… Supercrema: da quel momento diventa un fenomeno europeo e poi mondiale. La saga dei Ferrero è quella di una famiglia di imprenditori italiani del dopoguerra che si rimbocca le maniche e senza grandi conoscenze di marketing e di comunicazione, grazie al buon senso e alla genialità di Michele Ferrero, riesce a creare qualcosa di adeguato ai tempi. Lentamente poi la Nutella si trasforma in un mito giovanile, negli Anni Ottanta. E‟ il periodo dell‟ “affluenza”, quando la società italiana è più benestante, non c‟è più la fame atavica da saziare. Nel dopoguerra la pubblicità della Supercrema vantava: “ben cinquemila calorie, un prodotto squisito di elevato valore energetico.” Questo tipo di messaggio oggi spaventerebbe il consumatore, abituato a essere dietetically correct. A partire dal 1984, invece, dopo il film Bianca di Nanni Moretti, la Nutella si trasforma in icona, inizia a entrare nelle feste, a esser diffusa come sinonimo di trasgressione, di piacere. Questo avviene senza che la Ferrero l‟avesse programmato, anzi probabilmente l‟ha subìto. Così Nutella diventa un mito per i giovani, un oggetto di comunicazione, un medium: ho scritto che “il barattolo è il messaggio”, parafrasando McLuhan, in quanto il barattolo di crema da spalmare sa trasmettere molti concetti. Naturalmente questa capacità si è molto accelerata grazie alla Rete, dal 2000 in avanti, in modo spontaneo e disordinato. È curioso come, per un po‟, la Ferrero sia indifferente rispetto a questo mito. Poi, alla fine degli Anni Novanta, lo utilizza nella sua comunicazione istituzionale e pubblicitaria. Tant‟è che nasce il claim “Che mondo sarebbe senza Nutella?”: una frase che racchiude il mito. Negli ultimi anni, con 142
l‟obiettivo di tornare a un consumo più razionale e con un‟immagine meno trasgressiva dal punto di vista dietetico, Ferrero ha trasformato il claim. Ora è diventato: “Che colazione sarebbe senza Nutella?”. Ciò è indice del fatto che in una società salutista, fin troppo ricca di proteine e di calorie, il messaggio da dare è quello di un alimento che, consumato nelle dosi giuste e magari insieme a un frutto, è equilibrato. E‟ un‟immagine più light e non legata al piacere. 2. Secondo lei quali sono le maggiori chiavi di successo dell’azienda di Alba? Credo si debba dare onore innanzitutto a Michele Ferrero, che prende in mano l‟azienda giovanissimo, dopo la morte del padre, e insieme con la madre Pierina compie il tipico percorso – cinquanta o cento anni dopo – di altre family company dell‟agro-alimentare italiano, come Cirio, Lavazza, Barilla, i Fossati della Star, Illy: famiglie che da una bottega artigiana sanno trasformarsi in grande industria, usando l‟eccellenza dei nostri prodotti made in Italy. Il successo Ferrero è basato su specialità che costano poco, di buona qualità e con un‟ottima rete di diffusione. L‟azienda albese negli Anni Sessanta ha un parco di duemila veicoli, con i quali rifornisce i negozi al dettaglio, e pratica la “tentata vendita”: consegna la merce e poi ritira quello che non si vende. Negli anni del boom economico, dal 1957 al 1963, incomincia una crescita inarrestabile: Michele Ferrero ha l‟intuizione di creare dei prodotti unici, commercializzando specialità dolciarie già presenti nella tradizione, ma non ancora su scala industriale. L‟antenato della Nutella è il gianduiotto, creato dai cioccolatieri torinesi nel 1865, quando il cacao – reso caro e meno disponibile in Europa, ai primi dell‟Ottocento, dal blocco navale napoleonico – fu in parte sostituito dalle nocciole delle colline piemontesi. Un altro esempio è il Mon Chéri, del 1956: un tipico boero della confetteria artigianale, con liquore e ciliegia. La capacità di Ferrero è stata
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quella di riprodurre industrialmente la pralina e di intuire che il mercato più favorevole per i cioccolatini era quello tedesco, dove si insediò con un impianto produttivo. Seguirono altri prodotti-azienda, anno dopo anno: i Tic Tac, la linea Kinder, Rocher, l‟Estathé, primo tè industriale freddo, l‟ovetto Kinder, che da la sorpresa ai bimbi tutti i giorni. Se analizziamo il Tic Tac, si può affermare che sia un confetto alla menta piuttosto comune: il successo nasce dal nome legato alla comoda confezione, che lo trasforma in qualcosa di originale e innovativo. Il
Gran Soleil, ultimo nato, è un dessert da
congelare, pronto da mettere in tavola. Poiché la Ferrero ha molti prodotti stagionali al cioccolato, che in estate hanno una minore diffusione, questa vaschetta vuole coprire un “vuoto” commerciale. Sono tutte intuizioni che hanno fatto crescere il Gruppo Ferrero su una linea assai diversa da altre multinazionali del food business, che hanno invece sviluppato i loro fatturati soprattutto sui volumi di vendita dell‟acqua minerale e dei gelati. Un‟altra caratteristica positiva della Ferrero è l‟attenzione dell‟azienda verso il sociale e la cultura, attraverso l‟attività della Fondazione Pietro e Giovanni Ferrero, presieduta dalla moglie di Michele Ferrero, Maria Franca. Della Fondazione beneficiano i “collaboratori” dell‟azienda, i dipendenti che una volta l‟anno incontrano la famiglia, in una festa aziendale che si svolge in giugno, per San Pietro. E‟ un tipo di capitalismo un po‟ paternalista e basato ancora sul welfare aziendale. Forse è di vecchio stampo, in un‟epoca di grande finanza; ma per fortuna rimane, mentre ci sono imprenditori che oggi chiudono una fabbrica inviando la comunicazione con un‟e-mail o un sms. Infine, è da sottolineare il positivo legame dei Ferrero con il territorio: la globalizzazione potrebbe consentire alla famiglia di dimenticarsi di Alba, trasferendo le attività industriali dove il costo del lavoro è più basso. E invece hanno voluto mantenere il cuore pulsante dell‟azienda dove essa è nata. Non tralasciano il loro radicamento nella città d‟origine.
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3. Usando un claim di qualche anno fa, se dico Nutella, lei cosa dice? Nutella è forse il brand italiano più conosciuto nel mondo, insieme con la Ferrari. Tuttavia, in Francia e in Germania non viene inteso come un marchio italiano. E‟ ritenuto un prodotto francese o tedesco: la Nutella è un gattopardo dell‟arte dolciaria, in quanto riesce ad adeguarsi ai tempi e ai Paesi in cui è commercializzata. E in effetti il percorso della Nutella, come crema da spalmare, è piuttosto singolare. Era un prodotto della confetteria torinese, come gianduiotto, nell‟Ottocento - poi diventa industriale come crema da spalmare; infine torna a essere artigianale grazie alle specialità di bravi cioccolatieri che sono nate negli ultimi anni, proprio sull‟onda del successo Ferrero. Sono quasi inspiegabili le ragioni di un mito che si è spalmato sulla letteratura, sull‟arte, sul cinema: è uno dei pochi prodotti che abbia creato un così ampio interesse culturale. Infine, è altrettanto sorprendente la intangibilità del mito Nutella, anche in un periodo di contestazione “no logo”. In fondo, la generazione sessantottina, alla quale appartengo, contestava la Coca Cola o i Mc Donald‟s come prodotti della way of life americana. Invece, la Nutella non ha mai avuto alcun tipo di contestazione “ideologica”. 4. Da esperto di cioccolato, in cosa nota maggiormente l’unicità dei prodotti Ferrero? Il figlio di Michele, Pietro Ferrero, laureato in biologia, mi sorprese un giorno spiegandomi che già dieci anni l‟azienda faceva analizzare tutte le materie prime per stabilire la presenza di OGM, per escluderli dalla produzione, quando ancora non si parlava di OGM. Sicuramente la Ferrero ha una grande attenzione alla qualità della materia prima, a cui si somma la gestione della filiera produttiva completa, dall‟importazione del cacao, alla tostatura delle nocciole.
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Dal punto di vista della storia dell‟alimentazione, si può dire che Ferrero abbia saputo “sdoganare il cioccolato” in Italia. Nel dopoguerra, il Cibo degli Dei era recepito come qualcosa che ai bimbi poteva far male: si diceva che “il cioccolato riscalda”, le mamme temevano fosse pericoloso. Nutella e Kinder fanno diventare il cioccolato un alimento sano anche per l‟infanzia. E la pralina Rocher è altrettanto importante: era un cioccolatino della tradizione svizzera e francese. Michele Ferrero si è dedicato personalmente, negli Anni Ottanta, a mettere a punto un macchinario in linea assai complesso, lungo cento metri, con sette passaggi produttivi, per produrla industrialmente. E‟ alta tecnologia applicata al cioccolato, con un risultato piacevole al gusto: oggi è la pralina più venduta in Europa. Inoltre, la Ferrero punta tutta la sua comunicazione, più che sul nome del gruppo, sulle qualità dei suoi prodotti. 5. Secondo lei in cosa differisce la percezione dell’azienda Ferrero in Italia e all’estero? Ho l‟impressione che il Gruppo Ferrero in quanto tale, tra i non “addetti ai lavori”, sia meno conosciuto all‟estero dei suoi prodotti. Negli Stati Uniti tutti conoscono i Tic Tac, non credo che si sappia che la stessa azienda produce anche la Nutella. Allo stesso modo, in Germania il Mon Chéri è molto noto, ma molti pensano sia un prodotto tedesco. In Italia il Gruppo Ferrero è una realtà assai presente, anche se gli sforzi della famiglia sono quelli di mantenere un low profile. Hanno sempre evitato di avere incarichi nelle associazioni imprenditoriali e hanno voluto rimanere estranei alle acquisizioni della finanza. Può darsi che l‟ultima generazione voglia aprirsi di più al mondo. La sede operativa del Gruppo Ferrero International è in Lussemburgo ora hanno intenzione di crescere sui nuovi mercati, verso l‟Asia, la Russia e l‟America. La crescita è sempre stata graduale, facendo attenzione a non fare il passo più lungo della gamba. Questo tipo di azienda,
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imperniata sulla produzione, è un insegnamento per l‟imprenditorialità italiana, che oggi gira spesso all‟interno dei meccanismi di un‟“economia di carta”, basata più che altro sulla finanza. Purtroppo negli ultimi anni l‟Italia ha subìto lo shopping di molti marchi agro-alimentari, come Galbani, Invernizzi, Star, Bertolli, Carapelli. La Ferrero è invece saldamente italiana e della globalizzazione ha saputo usare la parte positiva: crea dei prodotti che possono essere validi in tutto il mondo, però non vuole entrare nella finanza internazionale. La mancata acquisizione di Cadbury ne è un esempio: avevano le risorse economiche per comprare il gruppo dolciario inglese, ma non hanno voluto, forse perché temevano di non poter controllare il prodotto. 6. Secondo lei, in seguito all’assegnazione del Reputation Award, è cresciuta la reputazione di Ferrero tra i giornalisti e gli opinion leader? Gli opinion leader e i giornalisti italiani avevano già stima e conoscenza per la straordinaria storia aziendale Ferrero, perciò quel riconoscimento non giunge inaspettato. Mi pare sia una conferma. Forse è stato un modo per rendere più evidente una realtà che era sotto gli occhi di tutti, un successo che forse si dava troppo per scontato. 7. Quali sono i nei della crescita Ferrero? Il Gruppo Ferrero, come ho detto, è cresciuto sempre per piccoli passi; forse avrebbero potuto osare di più in qualche passaggio. In fondo, le regole della globalizzazione valgono per tutti: l‟azienda potrebbe usarle un po‟ di più e crescere in termini quantitativi. Ferrero ha sempre puntato sui prodotti di massa. Considerate le loro conoscenze tecniche e la qualità delle materie prime impiegate, potrebbero per esempio fare dell‟ottimo cioccolato fondente per gourmet. E poi ci sarebbero le Nutellerie, da sviluppare: punti di ristorazione e di ritrovo per i giovani, in un ambiente lounge elegante. E‟ un modello che potrebbe diffondersi nel mondo. La Ferrero ha fatto qualche sperimentazione 147
in Italia, a Bologna e a Genova, e hanno aperto una Nutelleria in Germania, ma ammettono: “Non è nostro mestiere fare ristorazione di massa”. Tuttavia, credo che potrebbe essere una linea di business non indifferente. Credo che la loro scelta di riservatezza, sia aziendale sia familiare, sia più che comprensibile, ma oggi potrebbe essere un po‟ allentata. A volte, Ferrero si dedica a opere benefiche, ma preferisce non comunicarle. Sarebbe bello, per tutti i fans della Nutella, se aprissero un museo aziendale o un parco della Nutella. D‟altra parte, nella società della sovra rappresentazione, forse oggi si nota di più chi tace di chi grida troppo.
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Conclusioni La reputazione aziendale è un valore intangibile, ma nasce da fatti concreti e a sua volta genera conseguenze altrettanto concrete. Lo sanno bene le aziende che per qualche errore si sono giocate la reputazione. Al termine della mia analisi ho maturato la convinzione che la comunicazione, intesa nell‟accezione più ampia del termine, quindi comprendente le informazioni trasmesse all‟interno e all‟esterno delle organizzazioni, le relazioni che si instaurano all‟interno e all‟esterno e tutti i comportamenti aziendali, giochi un ruolo importante nella formazione della reputazione. I pubblici, infatti, formano la propria opinione a partire dall‟osservazione e dalla valutazione di tutti questi elementi, oltre che dalle valutazioni altrui, di gente comune, media e opinion leader. Credo quindi che un‟organizzazione che fa della comunicazione un‟attività strategica abbia una marcia in più e possa godere di una reputazione migliore presso un maggior numero di pubblici. Prima di ciò, però, è importante che i pubblici possano avere un buon giudizio sul core business dell‟organizzazione, cioè i prodotti e/o i servizi offerti. Un‟offerta di qualità unita a una comunicazione di qualità è sicuramente la chiave del successo per le organizzazioni che vogliono godere di un vantaggio competitivo sul mercato. È impensabile offrire un prodotto o servizio scadente e pensare di costruire una buona reputazione puntando su artifici di comunicazione che non rispecchino la realtà dei fatti, si verrebbe smascherati in breve tempo e i danni sarebbero difficilmente risanabili. Le aziende con un‟alta reputazione sono quelle apprezzate dagli stakeholder non solo da un punto di vista razionale, dovuto all‟osservazione dell‟azienda, alla conoscenza e all‟esperienza che vi fanno, ma anche da un punto di vista emotivo, dovuto all‟empatia che il brand riesce a creare con gli stakeholder. Una reputazione che deriva da un giudizio razionale e da una spinta emotiva è sicuramente più salda perché le emozioni attengono a una sfera più profonda dell‟uomo, e quindi sono più difficili da modificare. Studiando il caso Ferrero ho capito che l‟elevato indice di reputazione di cui l‟azienda gode a livello mondiale è dovuto innanzitutto alla qualità dei prodotti e poi
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a tutta la comunicazione istituzionale e non, emanata e rivolta all‟azienda, che negli anni ha portato alcuni prodotti a diventare merci di culto. “La reputazione (positiva o negativa) e il ricordo coinvolgente o irritante delle aziende derivano da un complesso gioco di interscambio tra le storie interne e le storie esterne, alcune delle quali possono essere monitorate e costruite, altre sono complesse e onnicomprensive oppure frammentarie; altre ancora sono appannaggio della libera espressività umana.”206
Per quanto riguarda i meriti istituzionali, la reputazione di Ferrero è sicuramente la risultante di una serie di elementi: l‟elevatissima qualità dei prodotti, la spinta all‟innovazione, l‟unicità della Nutella che ormai è un mito mondiale, la coerenza tra i valori professati e i comportamenti agiti da tutto il Gruppo, la passione e la tenacia con cui da sempre si lavora in Ferrero, il clima interno, l‟impegno nella sfera sociale, ambientale e culturale profuso dalla Fondazione Piera, Pietro e Giovanni Ferrero, le scelte aziendali etiche. Ferrero non si è mai occupata esclusivamente dei profitti, ma sempre dei profitti congiuntamente al rispetto per le persone e per l‟ambiente. Alla luce di quanto visto, unitamente al fatturato sempre in crescita, posso dire che la responsabilità etica non rema contro i profitti, anzi “Civic responsibility and the profit motive can comfortably coexist”207.
In virtù, invece, dell‟assoluta riservatezza che riveste la famiglia e tutto il Gruppo Ferrero, mi chiedo se un‟inversione di rotta e quindi una strategia più improntata all‟apertura con l‟esterno, potrebbe rappresentare un ulteriore vantaggio per l‟azienda. D‟altra parte, se riservatezza è sempre stata e ha sempre funzionato, vuol dire che probabilmente un'altra chiave di volta del successo Ferrero è proprio questo modus operandi. Quanto alla comunicazione “dal basso”, è bastato cercare online Ferrero e i suoi brand di prodotto per scoprire che milioni di persone da anni acquistano i prodotti Ferrero non solo per il bisogno funzionale di quei prodotti, ma per tutto ciò 206
A. Fontana, Manuale di Storytellig. Raccontare con efficacia marchi, prodotti e identità d‟impresa, Etas, Milano, 2009, p. 30. 207 S. Harshbarger, G. U. Jois, Turning the Page on the Global Financial Crisis: Civic Capitalism and a Blueprint for the Future, “Emory International Law Review”, Vol. 24, 2010, p. 37.
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che essi significano nella vita e nei ricordi di ognuno. Più i consumatori sono fidelizzati, affezionati ai brand Ferrero, più questo canale sarà importante per la reputazione aziendale, perché funge da megafono della qualità Ferrero.
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Abstract My degree thesis is aimed to analysing the corporate reputation‟s phenomenon and the role that communication plays in its development. In order to set this concept in the right position, I have distinguished between the concept of “image” and the concept of “identity”. I‟ve presented the studies about reputation with attention on the Reputation Institute and its annual worldwide ranking, the Global Reputation Pulse. The discussion shows that reputation comes from communication performed by organizations both directly, through structured communication plans, and indirectly, through all organization‟s behaviours and the quality of its products and services. Reputation is a construct composed by two factors, an emotional one and a rational one, and affects in various ways on different stakeholders‟ groups, for example on consumers‟ purchasing decisions, on employees‟ decisions to enter and stay in an organization, on shareholder‟s investment decisions, on media coverage. The reputation‟s relevance grew in the age of Internet and social network, where opinions run and are amplified. For this reason we talk about web reputation, like a delicate item that represents a sort of organizations‟ “business card”. The second chapter regards the importance of the relational capital to create unique and inimitable value networks, offering competitive advantage. Trust is the basis of solid relationships between organizations and their stakeholder, so organizations must be transparent to obtain stakeholders‟ trust. PR professionals can support organizations primarily in listening stakeholders; it‟s the first, essential stage to create a “relation with”, and not only a “communication to”. The analysis considers also the brand and the brand reputation, like an important factor in enhancing corporate reputation, connecting the brand to people. Brand contains all the features, rational and tangible, that perform the functions of identification, recognition, fame, distinction, and the symbolic and
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intangible features that serve to create imaginary worlds, associations of ideas and relations. In the last part I have discussed a case history in particular, the Ferrero Group. It is an Italian confectionery, extended abroad; now it is the fourth largest confectionery group in the world. I chose Ferrero because I‟ve a passion for this company and because it‟s a champion in reputation; in 2009 it won the Reputation Award by Reputation Institute. Ferrero‟s values are high quality, crafted precision, product freshness, careful selection of the finest raw materials, respect and consideration for customers and employees. Its products result from innovative ideas, and are therefore often inimitable. Ferrero‟s motto is “Work, create, donate”, a philosophy that guides all the Group‟s activities. By researching among institutional sources and among consumer‟s opinions I understand that Ferrero has a so high reputation thanks to two factors: 1) the corporate‟s engagement in ensure high quality of products, a real corporate social responsibility in all fields 2) the consumers‟ esteem and the love for the Ferrero products, some of them are real “cult products”, it's enough to think of Nutella‟s myth!
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Indice delle tabelle e delle figure
Capitolo 1. La reputazione aziendale Figura 1. Modello operativo per gestire la reputazione e l'immagine aziendale...p. 13 Figura 2. Processo attraverso cui la percezione e la conoscenza individuale diventano un giudizio condiviso dalla collettività. .................................... 15 Figura 3. Reputation Matters.……………………………………………………....17 Figura 4. Le categorie della corporate communication per sviluppare reputazione..26 Figura 5. I Paesi coperti dal Global Reputation Pulse .............................................. 34 Figura 6. Rep Trak Model ........................................................................................ 38
Capitolo 2. Il valore delle relazioni Figura 7. Passaggio dal marketing tradizionale a quello relazionale........................ 54 Figura 8. Customer satisfaction, relazioni e patrimonio cognitivo dell‟impresa ...... 56 Figura 9. Importanza di diversi fattori per la reputazione aziendale ........................ 58 Figura 10. Importanza della fiducia per la reputazione aziendale. ........................... 59 Figura 11. La trasformazione della fiducia. .............................................................. 60
Capitolo 3. Il brand e la brand reputation Figura 12. Il Prisma di Kapferer ............................................................................... 69 Figura 13. Asse amore-rispetto ................................................................................. 76
Capitolo 4. Case history: Gruppo Ferrero Figura 14. L‟albero Ferrero. ..................................................................................... 90 Figura 15. Logo della Fondazione ............................................................................ 99
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Figura 16. Ferrero come visionary company .......................................................... 106 Figura 17. Confezione classica del barattolo di Nutella ......................................... 109 Figura 18. Fattori che incidono sulla reputazione della Ferrero ............................. 117 Figura 19. Classifica delle 15 aziende con la migliore reputazione al mondo ....... 122 Figura 20. Primo marchio Ferrero .......................................................................... 125 Figura 21. La Boutique Ferrero, Corso Garibaldi, 59 - Milano. ............................. 134 Figura 22. Homepage della community My Nutella .............................................. 138
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Archivio online degli articoli pubblicati da La Stampa, dal 1867 ad oggi www3.lastampa.it/archivio-storico, 27/01/2011. Motore di ricerca degli articoli de Il sole 24 Ore http://www.ricerca24.ilsole24ore.com/, 27/01/2011. Lovemarks, spazio per diffondere la conoscenza dei lovemark e permettere ai consumatori di condividere storie sui propri “marchi del cuore” www.lovemarks.com, 28/01/201. Ciao, portale dove i consumatori confrontano i prezzi, lasciano recensioni e si scambiano opinioni sui prodotti www.ciao.it, 04/02/2011. Edelman, una delle principali società internazionali di Relazioni Pubbliche www.edelman.com, 10/02/2011. L‟officina della comunicazione, blog di Enrica Orecchia, esperta in Gestione della comunicazione e dell'immagine aziendale http://lofficinadellacomunicazione.blogspot.com, 20/02/2011. Emerald, editore indipendente di ricerche globali http://www.emeraldinsight.com, 21/02/2011. Pranista, blog di Biagio Oppi, consulente di RP www.pranista.com, 22/02/2011. Sito del Laboratorio di Storytelling di Pavia www.storytellinglab.org, 10/03/2011. Blog dedicato allo storytelling http://corporate-storytelling.blogspot.com/,10/03/2011. Sito dedicato all‟European Communication Monitor 2010, la ricerca promossa da Euprera (European PR Education and Research Association) in collaborazione con la European Association of Communication Directors. www.communicationmonitor.eu, 11/03/2011.
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Ringraziamenti In una tasca un biglietto Vieste - Milano, nell‟altra uno Milano - Pavia, nella valigia vestiti, libri e taralli, sul desktop un collage di foto di oggi e di ieri e in testa tanti pensieri. È l‟ultima volta che faccio questo viaggio da studentessa, penso a cosa mi aspetterà nel post laurea... ma la mente corre e dal futuro sono tornata a viaggiare nel passato. Sto pensando a cose vissute negli anni della specialistica. No, ora sono più indietro, al 2005, quando questo viaggio lo feci per la prima volta: a salutarmi c‟erano due Borsalino e due sigarette fumate a metà. Questi anni all‟università, nonostante tutto, sono volati, mi hanno regalato tanto e ora sento di poter volare, al più presto spero, nel mondo del lavoro. Proprio come mi scrivesti tu su quel biglietto, te lo ricordi mamma? Dopo il tour de force per cercare in pochi giorni una stanza decente a Pavia, sei tornata frettolosamente da papà e poi mi hai mandato quel biglietto che conservo gelosamente e che mi commuove ogni volta che lo leggo, perché è vero e affettuoso in ogni virgola. Grazie per quello e per ogni piccola o grande attenzione che mi riservi; grazie perché mi chiami ancora “Chicca”, ma già da un po‟ mi tratti da grande; perché non ti stanchi mai di ascoltarmi; perché mi consigli, ma poi mi lasci fare a modo mio, convinta che sia il modo giusto. E tu, Totò? Quante volte mi hai chiesto: “belle nuove?” E quante volte sei stato felice per me? E quanto grande è il bene che mi vuoi? No, non mi rispondere, lo so! Grazie per le risate di ogni sera, per le tue performance canore al telefono, per i buongiorno alternativi, per gli abbracci a ogni mia partenza e a ogni mio arrivo, per tutte le volte che mi irriti il viso con la barba, per le chicche in viestano che mi regali durante grigi pomeriggi pavesi; per la cura che hai per me, visibile in ogni tuo gesto; grazie per essere la parte di me che mi piace di più. A comporre il mio quadro perfetto manca solo papà. Sai che ti ho scritto un mare di parole, qui ti voglio dire semplicemente “grazie!”. In particolare grazie per il sorriso di quel pomeriggio, che ho sempre 164
davanti agli occhi; è splendido sapere che è tutto per me e nessuno potrà portarmelo via. Grazie perché ogni sera prima di addormentarmi, posso rivivere la sensazione dei tuoi baffi che sfiorano la mia fronte per il rituale della buona notte, mentre il tuo braccio forte si assicura che io non caschi dal lettone. Grazie perché ogni persona che ti ha conosciuto, raccontandomi di te, mi regala una sensazione impagabile. Grazie perché i nostri 19 anni insieme direi che ce li siamo spesi bene. Ogni quadro di valore ha bisogno di una cornice che ne valorizzi la tela e di un chiodo che lo tenga ben fermo al muro. Più passa il tempo e più mi convinco che la cornice della mia tela sia composta da tutti i volti che ho incontrato negli anni, con cui ho condiviso lo studio, l‟appartamento, le giornate fuori porta, le paranoie e un sacco di risate; in particolare Agnese, Fonte (con tanto di F maiuscola) inesauribile di allegria e compagna di tante avventure universitarie e non. Penso che il chiodo che tiene appeso il mio quadro sia il bene e la stima degli amici di sempre e di tutte le persone che, in un modo o nell‟altro, mi hanno dimostrato di credere in me. In primis i miei nonni, che mi hanno insegnato a impegnarmi per arrivare esattamente dove voglio arrivare e mi hanno trasmesso l‟amore per le piccole cose. E poi Graziana che è mia amica da venti anni; Manu e Gigi che, anche se lontani, trovano sempre il modo di farsi sentire vicini; Taty e Giusi che mi sopravvalutano; Vito che riesce sempre a farmi ridere. I miei ringraziamenti vanno al relatore, il Professore Colloca, che mi ha seguito durante tutti i mesi di lavoro con professionalità e simpatia. Grazie al correlatore, il Professore Azzoni, che mi ha fatto appassionare alle relazioni pubbliche. Grazie alla Prof.ssa Romenti dell‟Università IULM di Milano, e al Dott. Ventoruzzo della società Methodos, per i consigli e i validi suggerimenti bibliografici. Grazie alla Dott.ssa Poggiali, responsabile degli Affari Istituzionali, Relazioni con i consumatori e Responsabilità Sociale d‟impresa di Ferrero International, per il tempo che mi ha dedicato e la sua disponibilità. 165
Grazie al giornalista Gigi Padovani, che ha messo a mia disposizione le sue conoscenze sulla Ferrero e mi ha concesso un‟intervista. Infine grazie a Pavia, all‟Università degli Sudi di Pavia, che proprio quest‟anno celebra i 650 anni di fondazione, e alla mia interfacoltà di Comunicazione, perché sono fiera di essermi laureata in questo ateneo e in questo corso di laurea.
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