The Unknown 08

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September 19, 2018

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VELOSTAZIONE DYNAMO BOLOGNA Via dell’Indipendenza 71/z, Bologna

Venerdi 21 settembre 2018




Bologna FOUNDERS & DIRECTORS Silvia Gigli Bianca Errante

EDITOR

Bianca Errante

bianca@theunknownmusic.com

ART EDITOR

REPORT Dynamite Fest - Day Three Speciale Bay Fest Rimini Park Rock: Sum 41

REVIEWS

Silvia Gigli

The Innocent Lone Wolf

EDITORIAL STAFF

PLAYLIST

silvia@theunknownmusic.com

Bianca Errante “Yanothing”, Silvia Gigli, Francis Patrick, Carlo Alberto Rosso “Mob”, Matteo Pizzuti

PHOTOGRAPHERS Silvia Gigli

CONTACTS

www.theunknownmusic.com info@theunknownmusic.com Fb: @theunknown.musicmagazine Instagram: @theunknown_music Twitter: @theunknown_info

The Unknown is against disinformation and rejects every unofficial news, every unproven source and every kind of media speculation. The Unknown is here just for musicians, fans and good music, is here to speak the truth.

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Girly DIY Punk

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BRAND NEW

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report

DYNAMITE FEST Day Three by Yanothing

Tra le mille cose che ci sono da fare sulla lista c’è anche “chiudere la stagione estiva in bellezza” ed ecco che a rendere facile facile la cosa arrivano i ragazzi del Dynamite Fest che, con l’ultima data della prima edizione, organizzano l’occasione perfetta per concludere quest’estate ultra ricca. Terza data, terza serata passata in loro compagnia, era iniziato tutto con un semplice salto alla Velostazione Dynamo di Bologna, ma presto è diventato un appuntamento fisso per noi, abbiamo salutato il Montecio Cool Kids e abbiamo ri-

trovato qualcosa che ci si avvicina, un posto dove sentirci a casa, un posto dove trovare vecchi amici, un posto di quelli dove la scena resiste e continuerà a resistere, perché finché c’è la birra la festa va avanti e finché c’è la musica i fest vanno avanti. A chiudere questa prima edizione, oltre il mercato, oltre il buon cibo, oltre la mostra di Manuel Cossu, tre band chiave della scena punk rock: The Innocent, Teenage Bubblegums e gli ospiti d’eccezione The Manges. Si inizia presto con i preparativi, ancora una volta prendiamo par-

te al Dynamic Hands Market, altra attrazione della serata la riproduzione del documentario La Scena, che purtroppo non siamo riuscite a vedere, Manuel Cossu ha allestito l’ultima mostra della stagione con i suoi dipinti ispirati alla scena punk rock, le ragazze del roller derby di Bologna sempre in giro, nuove facce al mercato, un check veloce e si comincia con la musica, inoltre impossibile non menzionare anche il dj set di Andrea Senso. Ad aprire le danze i The Innocent con il loro punk ’n’ roll carico ed energico, Max con la sua attitudine un po’ anni ’70 è una presenza scenica non indifferente, le sono-


rità funzionano alla grande e, alla pubblicazione del loro primo disco, mostrano già cosa sono capaci di fare. E’ il turno dei Teenage Bubblegums, è la terza volta che li vedo e finalmente ho notato una svolta, molto più sciolti sul palco, mi hanno trasmesso molta più energia delle volte precedenti. A chiudere la serata il pilastro centrale della scena underground italiana, The Manges. La gente, come al solito, è tanta, la birra, come al solito, è tanta, ci si appresta ad un altro live mozzafiato. Fila tutto liscio, chi conosce i The Manges non ha bisogno che sia io a raccontargli cosa sia successo, chi non li conosce, beh, rimediate perché quello che riescono a creare Andrea e compagni non è paragonabile a nulla, puro e sano Ramonescore vecchio stampo, nulla di più, nulla di meno. E anche questa è finita, così, con l’ultimo accordo, l’ultimo sorso di

birra, qualche saluto e dritti a casa, ma non è davvero finita per me, non è finita perché questo Fest, così intimo e accogliente, è diventato casa, tutti, ogni singola faccia incontrata lì, quelle con cui ho parlato, quelle con cui ci si è scambiati un semplice sguardo, quelle che ormai sono facce buone amiche, centinaia di facce che hanno risvegliato in me quel senso di appartenenza ad una scena dalla quale mi ero allontanata, non proprio per mia scelta, ma mi ero allontanata. Adesso, con il Dynamite Fest ho ritrovato una grinta che credevo di aver perso, ho trovato stimoli, ho incontrato soddisfazioni, ho scalato insicurezze e ho apprezzato nuovamente quella porzione di scena che ancora merita attenzione, quella porzione di scena che resiste ed esiste, quella porzione di scena che è la nostra vera casa, che ci ha permesso di crescere e che continua ad accompagnarci lungo un arduo percorso, la scena punk. E’ per questo motivo che voglio

ringraziare ogni singola persona che rende possibile tutto questo, tutti coloro che hanno preso parte all’Hands Market, chi ha allestito mostre, spettacoli, concerti, chi ha riordinato tutto alla fine della tempesta, chi, anche in silenzio, ha deciso di essere pietra portante di questo evento, chi era presente, ma sopratutto un grazie a quelli che ormai ritengo amici fidati: Cristian, Eva e Nicola, grazie per la birra fresca e le maionesi vegane. Adesso finiamola con i sentimentalismi e prepariamoci per nuovi eventi targati FrAnK, noi ci si rivede alla prossima edizione, ma per il momento non mancate alle date future con ThanxForAllTheShoes, ASTPAI, Laser Geyser e Mad Dogs.

@dynamitefestbologna @frankfacose 7


Il punk

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report

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REVIEW

THE INNOCENT self titled

theinnocentg ang.bandcamp.com facebook .com/theinnocentg angbang theinnocentbox@gmail.com by Yanothing

I The Innocent ci presentano finalmente il loro primo album, nove tracce per un self titled energico e veloce, tirato, ma ben congegnato. Oltre ad aver già sentito le canzoni ai live a cui ho assistito devo dire che ho divorato il disco almeno una decina di volte, questo perché al primo ascolto quasi non ti rendi conto dell’andamento delle disco, al secondo ascolto provi a seguire quell’andamento, ma nulla da fare, infine, benché cominci a distinguere le tracce, l’ascolto ti scivola addosso indolore, te lo godi tutto, dall’inizio alla fine, senza bisogno di pause, senza bisogno di prestarci troppa attenzione. E nonostante non ci hai quasi prestato attenzione, nonostante non sai se sei alla terza o alla settima traccia ti ritrovi lì, assorto in un mondo che puzza di vintage a sgolarti sui loro testi, testi che, nonostante non siano di sicuro tra i più complicati e ponderati che possiate trovarvi davanti, sono giusti, sono veri, sono qualcosa che può esservi veramente vicino.

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Forse i miei tanti ascolti a questa produzione hanno un motivo alle spalle, forse, invano, cercavo quel difetto, quel cavillo che mi permettesse di non categorizzare l’album tra uno dei migliori che io abbia ascoltato di recente, non perché non voglia inserirlo in quella lista, ma più per incredulità, nonostante li abbia già visti operare live, nonostante sappia che sono musicisti talentuosi, non mi aspettavo una produzione così eccellente al primo colpo, un applauso è d’obbligo. I The Innocent suonano veloci, suonano sporchi, suonano genuini, suonano old school, ma sopratutto suonano un punk che da tempo cercavo nella scena, quel punk ricolmo ancora di influenze rock ’n’ roll, anni 70 a manetta, chitarre che suonano a tratti leggermente metalliche, ma che si fondono alla perfezione con quei riff violenti. Ascoltando i The Innocent mi vengono in mente poche semplici cose, gilet jeans, anfibi e due ginocchia che swingano seguendo il ritmo dei The Dictators.




report

DAY

ONE by Yanothing

Quarta edizione per il Bay Fest, seconda occasione per noi di prendere parte al festival più punk rock dell’estate italiana. Fortunatamente le differenze dall’anno precedente non sono indifferenti, ad esempio non abbiamo dormito in spiaggia, senza punte acuminate degli ombrelloni che vengono infilzate per sbaglio su quella coperta di sabbia che ti ha riparato dal gelo della notte. Arriviamo a Bellaria giusto in tempo per lasciare il non necessario in albergo e correre verso il Beky Bay, nella speranza di arrivare in tempo per goderci lo spettacolo del set acustico, purtroppo arriviamo sulle ultime note di Yotam Ben Horin degli Useless ID, poi corsa fino all’ingresso che non ci si vuole perdere nulla di nulla. All’interno del Parco Pavese si respira la solita aria, è confortante rimetterci piede, nonostante la sabbia sia ancora lì, minacciosa e pronta a penetrare nelle vie respiratorie di ogni presente, ma poco importa, ormai Parco Pavese significa casa di una grande rivincita musicale per la scena italiana, la rivincita di un grande festival che soddisfa i palati di tutti. I primi a dare il via alle danze sono i modenesi Why Everyone Left, fortunati vincitori del contest indetto dalla LP Rock Events. Li conosco, certo, non so se siano adatti ad esibirsi ad un evento del genere, ma se la cavano meglio di quel che mi aspettassi, musicalmente hanno fatto una buona impressione, ovviamente se si ascolta il genere che è leggermente distante dal punk rock su cui si è fondato il Bay Fest. Resta comunque da dire che forse il palco era troppo grande per

loro e, dopo averli visti diverse volte in venue più intime credo che mancasse proprio quel senso di intimità tra loro e il pubblico. Gli lasceremo comunque il tempo di maturare e ci prepariamo per sentire cosa ci serva il futuro. E’ il turno dei Duracel, anche loro vecchia conoscenza, anche per loro l’ultima occasione in cui li ho visti è stato in una venue decisamente più intima, al Jack The Ripper di Roncà, ambientazione leggermente diversa, tutt’altra musica. Certo è che l’esperienza fa tanto e i Duracel se la cavano bene, sono sciolti e a loro agio, come pensavo non hanno per niente deluso e sono stata felice di saltare sulle note di pilastri della loro discografia e nuovi pezzi direttamente estratti dall’ultimo disco, Supermarket, uscito ad aprile di quest’anno. Terzi sul palco i Forty Winks, direttamente da Bologna portano con se un po’ di sana follia e ci fanno scatenare con un punk rock elettrizzante che in certi punti risuona indie, ma senza mai cadere nel sound tipico della scena DIY, insomma offrono qualcosa che può essere considerato diverso per molti fattori. Sarà per via dei pantaloncini rosa con le palme, sarà per gli occhiali da sole, sarà perché è estate e si sta da dio, sarà perché a ballare sulle loro note mi sento in un film, sarà per migliaia di fattori, ma sono stati in assoluto la scoperta dell’Italian Corner del 2018. Arriva un po’ di hardcore sul palco del Bay Fest, hardcore tutto all’italiana con i Beerbong. Si destreggiano bene, anzi, benissimo, divorano il palco lasciando che il pubblico si goda la loro esibizione, pronti a chiudere il cerchio prima dell’arrivo dei The Lillingtons, con sonorità di vecchio stampo, ma che non ci si stanca mai di sentire. E’ finalmente il turno dei primi internazionali della giornata, i The Lillingtons, e che dire, vederli per la prima volta è stata un’esperienza eccezionale. Rivediamo Kody a distanza di pochi mesi, dopo il concerto dei Teenage Bottlerocket

ai Magazzini Generali e ancora una volta è un’esperienza eccezionale. Cory da sfogo alla sua voce, una delle più introspettive dello scenario punk rock e incanta tutti accompagnato da sonorità forti e travolgenti, sono abbastanza stufa di parlare di setlist e canzoni che potevano fare e altre che potevano non fare, il concerto è andato alla grande, conta questo, conta il polverone che finalmente si alza all’ombra del primo pogo, contano le voci e contano i sorrisi ed è incredibile quanto siano capaci in questo i The Lillingtons. Purtroppo non sono riuscita a vederli al Punk In Drublic, ma il Bay Fest è stato il giusto riscatto per me e i Mad Caddies che con il loro sound ska, le trombe e le tastiere, infestano la venue con luci e colori e le loro sonorità ondeggianti fanno ondeggiare anche le gambe del pubblico. Gli strumenti a fiato si coalizzano perfettamente con la voce di Chuck che incornicia l’esibizione rendendola ottima. E anche per quest’anno la mia voglia di ska è pienamente soddisfatta. Arriva il turno dei primi headliner di questo Bay Fest, i Lagwagon salgono sul palco con l’esibizione acustica di Burden of Proof. L’esibizione tarda leggermente ad iniziare, ma al momento giusto è un tripudio di storia, accordi ben congegnati e un qualcosa che mi mancava da tempo sentire, il punk rock autentico di una delle band che ha formato la me adolescente e che ha reso questa prima giornata, o meglio serata, di Bay Fest un po’ più speciale. Ironia pungente e una buona carica di sentimentalismi personali portano il live ad un livello superiore lasciando di stucco me e il resto del pubblico. Si chiude così la prima giornata, con dei live pazzeschi, il ritorno degli hamburger giganti e l’after di rito al Beky Bay, l’adrenalina per il secondo giorno è tanta ed è inutile negare che mi sento già soddisfatta da questa quarta edizione.

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DAY

TWO Il secondo giorno si preannuncia burrascoso e, purtroppo, non per il tempo, headliner due band che notoriamente hanno un seguito non del tutto positivo ai loro concerti, ma senza troppi fronzoli partiamo dal sole caldo che ribolle i nostri cervelli sulla riva di Igea Marina. Una giornata al mare è tutto ciò che ci vuole per iniziare al meglio la giornata, tra l’altro la spiaggia in questo periodo dell’anno è ricolma di capelli colorati e tatuaggi. La giornata passa in fretta e l’intrattenimento del College Party di Bologna arriva con il dj set, il beer pong e il twister che purtroppo è sempre la cosa meno gettonata, peccato non fossi abbastanza sbronza da fondarmici io stessa. Finito il divertimento si corre nuovamente al Parco Pavese. Ad aprire questa seconda giornata troviamo i Totale Apatia che, scontato da dire, ma portano sul palco un punk rock trascinato e apatico, ma anche meticcio, un punk rock sporco di influenze storiche, ma anche di influenze fresche, e riff travolgenti, i quattro di Brescia scaldano il palco portandolo alla giusta temperatura per la seconda band italiana della giornata. Gli Inarrestabili con il loro punk rock schietto, energico e diretto, regalano una mezz’ora di vera grinta. Le loro tracce risuonano per la venue e il pubblico si lascia andare in un intimo pogo, la ricetta perfetta per un ottimo live. Si muovono bene, destreggiandosi sul palco come una band che di palchi simili ne ha visti a quantità industriali, d’altronde l’esperienza che hanno maturato in Spagna deve pur averli aiutati in qualche modo, e ancora una volta l’orgoglio italiano risuona sul palco del Bay Fest.

Terzi su un palco già bollente i nostrani Second Youth, nostrani, ma anche un po’ internazionali. Li conobbi in occasione del live degli Anti-Flag a Zona Roveri e li amai già allora, l’amore si conferma, forse il palco era un po’ dispersivo per loro, confesso che non mi sono arrivati come mi arrivarono quella sera di giugno, ma l’energia e l’attitudine era sempre la solita, sempre ben congegnate le tracce e sempre ottima l’esibizione. I riff di Dick offrono la perfetta cornice alla voce di André che, anche questa volta, si lancia in uno swing celentaniano con la sua camicia hawaiana e la perfetta attitudine per una venue come questa. Sarebbe dovuto essere il turno dei The Flatliners che purtroppo non presenzieranno a questo Bay Fest, con mio duro rammarico, devo dire che è stato un brutto colpo per la mia psiche, ma i Booze And Glory, sostituti della band canadese, infiammano il palco con il loro Oi!. Direttamente da Londra ci regalano un set irriverente senza alcun calo di tensione. Purtroppo il seguito che hanno in Italia non è dei migliori e già a metà del loro set si vedono in giro gruppetti di nazi che allarmano. Non serve scendere nei particolari, molti di voi lo vorrebbero, molti di voi sembrano spinti da un senso di giustizia immane, molti di voi pensano che si dovrebbe parlare chiaramente di ciò che è successo, di chi erano questi individui, di chi ha le colpe di ciò che è successo e forse ne parleremo, ma ne parleremo al momento giusto. Scindere la band da tutto, scindere i festival da tutto, quindi parliamo di un punk rock all’inglese, un connubio perfetto di sonorità e una tenuta del palco che funziona alla grande. Arriva il turno degli Agnostic Front, un pezzo non indifferente di storia sale sul palco e basta questo per darmi una scarica d’adrenalina assurda, purtroppo il set non va come speravo, non so ben spiegarvi cosa mi aspettassi, ma essendo la prima volta che li vedevo live è come se mi fosse mancato qual-

cosa, forse un po’ di pepe? Forse non ero pronta psicologicamente a non ritrovarmi davanti i ragazzi che si esibivano al CBGB, quelli di Liberty And Justice For…, quelli che di energia e rabbia ne avevano da vendere. Probabilmente colpa mia, ma non sono stata troppo entusiasta del loro set. Ed infine è il turno degli headliner di una serata che si preannuncia concludersi con un po’ di sano tradizionalismo irish, direttamente da Boston i Dropkick Murphy’s e il loro punk celtico preparano il pubblico per una vera e propria festa, sulla band non c’è molto da dire, era la prima volta che li vedevo live e per quanto il loro genere non mi risulti del tutto affine ho trovato piacevole assistere alla loro esibizione, ma non so se tornerei ad un loro concerto. La serata volge al termine, con un pizzico di amarezza altro after, altra birra, e nuovamente una bella dormita in attesa dell’ultimo giorno.

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L’ultimo giorno di Bay Fest voglio raccontarvelo, seguendo semplicemente ciò che mi dice il cuore. Ciò è successo a cavallo tra la fine del secondo giorno e l’inizio del terzo, probabilmente sono cose di cui voi tutti siete a conoscenza, ma non riesco a non dire la mia, non riesco a ignorare ciò che è successo, sia da un lato che dall’altro, non sarebbe da me non importunarvi con due parole pure su questo, pur essendo consapevole che scrivere ciò che sto per scrivere può essere davvero molto rischioso, fraintendibile e un altro migliaio di aggettivi negativi. Il terzo giorno si apre con una sfilza infinita di post di gente irritata per ciò che era successo. Chi a cercare il colpevole, chi a trovare una soluzione a qualcosa di ormai accaduto, beh voglio dirvi una cosa. Nessuno ha fatto niente. Nessuno poteva fare niente, o forse si, ma

non importa, ciò che importa è che l’unica cosa che conta veramente è che cose simili non dovrebbero più succedere, specie nella nostra scena, specie in una scena che non vuole discriminare nessuno, ma che spesso discrimina comunque, una scena che parla di accettazione, ma che poi ti chiude le porte alle spalle quando fai qualcosa che non va bene, sono fatti come questo che macchiano la scena, macchiano il punk rock, di una sostanza indelebile che quasi non riusciamo nemmeno a scolorire leggermente. Il fascismo, il nazismo, il razzismo, il sessismo, tutto ciò che inneggia all’odio e alla violenza non dovrebbe far parte della scena, il punk rock non è violenza e chi pensa che lo sia non ha capito un cazzo. Si è tanto parlato di schierarsi, si è tanto parlato di prendere posizione e noi una posizione vogliamo prenderla, vogliamo dire di no all’odio, vogliamo dire di no alla violenza,

vogliamo dire di no a tutto ciò che è così intricato nella politica da distruggere il clima di serenità e familiarità, quel clima che tanto mi piace annusare ai concerti, quel clima che al Bay Fest è stato spezzato, quel clima che però ha resistito, il giorno successivo, perché il punk rock è anche questo, è la capacità di risollevarsi sempre, risollevarsi dopo un amore finito, risollevarsi dopo una delusione lavorativa, una delusione generale nella vita, risollevarsi sempre per far parte di un mondo meraviglioso, il mio mondo e quello di altre migliaia di persone che forse credono troppo ai fiori nei cannoni. Tutto ciò che è distante da quest’idea di solidarietà e serenità è distante da noi, è distante dal nostro lavoro e può diventare distante anche dal nostro mondo. THE UNKNOWN È ANTIFASCISTA


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DAY

THREE Il terzo giorno inizia così, con un po’ di rabbia, un po’ di amarezza, ma ancora tanta, tanta voglia di risollevare tutto. Iniziamo con i set acustici al Beky Bey, set che questa volta ci siamo godute dall’inizio alla fine, è stata l’occasione perfetta per salutare vecchi amici e per riposare sulla spiaggia, partendo dai Sunset Radio, passando per Nando dei Senzabenza, fino a giungere agli amici Höney, che non spuntavano da un po’ sulle nostre pagine. Si respira un’aria strana all’interno di Parco Pavese, cose del genere non fanno mai piacere ovviamente, ma la pioggia lava via tutto no? Dicono così. Primi sul palco gli amici di Ravenna, Sunset Radio, dopo averli seguiti fino a Milano per la data in apertura ai Satanic Surfers, vederli sul palco del Bay Fest fa molto piacere, ottima la loro presenza scenica, si muovono bene e intrattengono i presenti, il sole è ancora alto nel cielo e i cinque aprono l’ultimo giorno di questa quarta edizione del Bay Fest alla grande. Le loro sonorità sono leggermente più vicine all’easycore rispetto ad altre band, più morbide, come quelle dei cugini Why Everyone Left, ma molto più decise, molto più classiche. E’ il turno di un’altra vecchia conoscenza, gli Edward in Venice, band di Pesaro di stampo NoReason Records a tutti gli effetti. E’ solo la seconda volta che li vedo live, quindi il mio metro di paragone non è del tutto adeguato, ma ho trovato anche loro un po’ troppo statici, ottima l’esibizione vocale di Filippo che ho trovato in gran forma, insomma se l’hardcore di quelli carichi di musicalità della scena punk rock old school è il vostro genere affine questa è la band che fa al caso vostro.

I Senzabenza chiudono l’ondata nostrana presente al Bay Fest, ma purtroppo mi tocca considerarli un po’ il punto debole di questa edizione, non voglio comunque sbilanciarmi troppo perché la pioggia che lava via tutto è arrivata proprio nel bel mezzo della loro live, non ho quindi avuto la possibilità di sentire tutto ciò che avevano da offrirci, ma per quello che ho sentito non ne sono rimasta particolarmente colpita, purtroppo, pur riconoscendo l’importanza e la notorietà di un gruppo come il loro. Arriva la pioggia, le nuvole grigie si piazzano proprio su Igea Marina e allagano il Parco Pavese in pochissimi minuti, spariscono tutti, davanti al palco non c’è più nessuno, sembra tutto finito, la gente si ripara ovunque, chi sotto i tendoni del merch, chi sotto quelli dell’area ristoro, chi striscia fin sotto la pedana per disabili e poi l’impavido di turno aspetta impaziente che inizi nuovamente tutto, con la sua birra e qualche amico a fargli compagnia e ben presto un timido sole si presenta, dando una speranza alla serata, tra castelli di sabbia con fossati, partite a beach volley e tuffi nelle pozzanghere. La gioia che si respira nell’aria è più forte di ogni violenza, di ogni discriminazione, di ogni ideologia politica, la pioggia ha proprio lavato via tutto e fortunatamente non ci perdiamo molto, se non i Nothington, che comunque recuperano con un mini set acustico a cavallo tra Millencolin e Bad Religion. Si riprende quindi con i Millencolin, ed era ora. Penso di potermi sbilanciare abbastanza per dire che sono stati in assoluto la band migliore di questo Bay Fest e la cosa non mi ha sorpresa più di tanto, la loro capacità di relazionarsi con il pubblico, di lasciare che tutto passi ad essere un unico insieme, la loro capacità di divertire, emozionare e contemporaneamente suonare in modo quasi impeccabile è il miglior punto distintivo. Se la cavano nonostante il blackout causato proba-

bilmente dal brutto tempo, anzi, si crea ad un certo punto un’atmosfera magica, il palco al buio, la chitarra di Nikola illuminata dalla flebile luce di una torcia e la sua voce che si fonde perfettamente con le altre mille voci del pubblico, la perfetta riapertura. E’ il turno dei Bad Religion, i pilastri del punk rock americano ritornano in Italia, in seguito alle precedenti date di giugno a Milano e Roma, in occasione dei 30 anni di Suffer. Purtroppo in quell’occasione non eravamo riuscite ad essere presenti e invece ecco che tornano al Bay Fest e ci regalano, per metà dello show, il live di ogni singolo pezzo di Suffer. Ancora una volta i Bad Religion regalano emozioni e insegnano a tutti cosa vuol dire fare punk rock, cosa sia il rispetto, cosa sia la vera grinta, benché lo scorso anno li trovai leggermente spenti, quest’anno si sono decisamente tirati su e mi hanno mostrato ciò di cui sono realmente capaci Greg Graffin e compagni. I Suicidal Tendencies catalizzano l’attenzione tutta su di loro, nessuno riesce a distogliere lo sguardo da un altro pezzo di storia che, con innata energia e spudoratezza distrugge definitivamente il palco del Bay Fest, lasciando che il pubblico goda di una delle esibizioni più cazzute di questa edizione, le pelli sono le protagoniste assolute che, sotto le bacchette di Dave Lombardo risuonano per tutto il Parco Pavese incantando gli uditi e rizzando i peli delle mille braccia alzate al cielo. Come se non bastasse una bella rimpatriata sul palco è ciò che serve per concludere la serata al meglio delle mie aspettative e così un bel gruppetto di fan sale a far compagnia alla band.

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Si conclude così questa quarta edizione, l’ultimo after di Ferragosto e tre giorni sono volati con uno schiocco di dita, si torna a casa, si torna a Bologna, devo molto a questo Bay Fest, gli devo molto perché è arrivato in un pessimo periodo della mia vita e per fortuna che è arrivato, grazie LP Rock Events, grazie a tutti coloro che hanno marchiato il palco di Parco Pavese e grazie a tutti coloro che ci hanno tenuto compagnia in una tre giorni che resterà per sempre impressa nella mia mente. Arrivederci al prossimo Ferragosto.

bayfest.it lprockevents.it






LONE WOLF

REVIEW

self titled

wearelone wolf.com WEARELONE WOLF.bandcamp.com facebook .com/wearelone wolf by Mob

Avete presente quando siete in treno con un bel libro fra le mani ma state leggendo da 20 minuti la stessa frase? La leggete e vi sembra tutto chiaro, ma poi vi risvegliate e non ricordate più un cazzo di niente... quindi la rileggete ma ad un tratto vi risvegliate. E così via... Il disco dei Lone Wolf fa più o meno lo stesso effetto: lo state ascoltando e vi sembra davvero figo, ma poi vi risvegliate. E così via... Durante le fasi di ascolto mi vengono in mente 3 cose: i Means Jeans ripuliti e rallentati, gli High Hats di Too much is never enough e infine la Milano del 2010... quella di Paul Collins e della Beat Pop Live, del Ligera sempre pieno e dell’orrido Batik sempre vuoto. Mi vengono in mente una serata con i Pop Gun spacciati per una band clamorosa e un martedì sera con Kurt Baker al Barrio’s che si tramuta essere un evento del secolo. Mi vengono in mente tante altre cose, ma non c’è

verso... alla fine mi addormento sempre per poi risvegliarmi più stordito di prima. Da questa all-star band di Rotterdam (Apers, Accelerators, Bat Bites, Giant Eagles, Jizz Kids...) non mi aspettavo certo un rifacimento di The Buzz Electric (per fortuna), ma non mi aspettavo nemmeno queste chitarrine metalliche fuori tempo massimo di almeno 7-8 anni. L’effetto è che quando parte ogni pezzo grido al miracolo del capolavoro pop, ma poi irrimediabilmente mi risveglio... le cuffiette sul pavimento del vagone del treno, la testa contro il finestrino, un turista americano che si mette a posto i sandali guardandomi con curiosità. Se siete in quella fase in cui fate di tutto pur di farvi piacere le cose punk allora questo dischetto fa esattamente al caso vostro... altrimenti lasciate perdere e passate il vostro personale viaggio in treno a stalkerare i profili Instagram delle zozze. Pezzo migliore: Like this Again, avrei voluto scriverlo io ma mi sono addormentato prima di terminarlo. Dannazione.

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SUM 41



report

by Yanothing

La notizia dei Sum 41 nuovamente in Italia non era così sorprendente per molti di voi, ma per me ha segnato finalmente l’occasione perfetta per vederli live per la prima volta. Esattamente, non ero mai riuscita a vederli, per un motivo o per un altro ho sempre avuto impedimenti non indifferenti che non mi hanno permesso di andare ad una delle mille date che avevano fatto in precedenza nel Bel Paese. Finalmente vengono annunciati nuovamente, tre date, una di queste era al Rimini Park Rock, a tenere compagnia ai cinque dell’Ontario, Zebrahead con la loro unica data italiana e Waterparks.

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La giornata inizia in modo abbastanza burrascoso, Trenitalia ci delizia con i suoi soliti ritardi, autobus sbagliati all’arrivo a Rimini, tentativi di auto stop, cavalcavia percorsi a piedi e diversi minuti e passi dopo giungiamo finalmente all’ingresso di Rimini Park Rock, la gente è già molta, si rasenta il sold out, 6.500 i presenti, tante facce amiche, nuove conoscenze e si riparte alla grande. Arriviamo con un leggero ritardo, i Waterparks hanno già iniziato quindi non sono riuscita a vedere il loro set integrale, ma la cosa non mi dispiace troppo, ho trovato la band statica, poco sciolta e musicalmen-

te non matura. I Waterparks sono una boy band e questo non lo dico io, lo dicono loro, già qui partiamo male, sono un semplice prodotto della nuova industria musicale, capelli colorati, un bel sorriso, due accordi in ripetizione e hai la ricetta perfetta per un nuovo “pilastro” della scena pop punk. Purtroppo non riesco a trovare nulla di positivo nella loro esibizione, mi hanno semplicemente annoiata, ovviamente era la prima volta che li vedevo live e gli darò la possibilità di rivalutarli appena ne avrò l’occasione, ma ad oggi non ho sensazioni positive sulla loro musica. L’efficienza dello staff del LP Rock


Events è sempre evidente, il cambio palco è veloce e puntuale ed è già il turno degli Zebrahead, finalmente vedo live anche loro, finalmente nutro la mia curiosità alimentata dai continui elogi all’energia e travolgenza della band di Ali e Matty, ma non ne sono pienamente soddisfatta. Non sono sembrati al massimo della loro forma, certo è che la scaletta era pressoché perfetta e lo spettacolo non indifferente, l’intrattenimento c’è stato, ma poteva di sicuro essere migliore, sono comunque soddisfatta di averli visti live, le loro capacità musicali sono assolute, la velocità e il divertimento all’ordine del giorno. Poi cosa vuoi dire ad una band che porta con se due birre giganti? Credo assolu-

tamente nulla. Suonano pure il Can Can, fanno giochetti con il pubblico, saltano e si sgolano. Tornerei sicuramente a nutrire la mia psiche con un po’ di spirito californiano, tornerei sicuramente sui passi degli Zebrahead e se voi non avete mai colto l’occasione per assistere ad un loro live accorrete, perché non saranno stati al massimo della loro forma, ma hanno comunque fatto uno show memorabile. Qualche istante di pausa, si cena in fretta e si sente l’adrenalina salire a mille e ci si gasa ogni istante di più. Okay, in realtà questa è una menzogna, non avevo adrenalina in corpo, non mi sentivo gasata o in ansia, prima dell’arrivo sul palco

dei Sum 41 non sentivo nulla e perché ve lo racconto? Ve lo racconto perché per me è stata una cosa abbastanza particolare, i Sum 41 sono una delle mie band preferite e pochi minuti prima che loro salissero finalmente sul palco e fossero finalmente davanti a me, io non riuscivo a provare nulla, nulla di nulla. I perché potrebbero essere infiniti, ma credo che l’unico che si avvicini alla realtà dei fatti è che non ero consapevole di ciò che stava per succedere. Ero finalmente al concerto dei Sum 41, dopo un’estate di merda, un’estate tenuta in piedi da davvero pochissime cose, loro stavano per salire e io, dopo tanti tentativi, c’ero, questa volta ne avrei fatto parte anch’io. E pensare 41



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che quando cominciai a voler scrivere di concerti più grandi era stato proprio in occasione dell’annuncio della loro data a Padova nel 2016 e adesso eccoci lì, io e loro, per un solo istante quando salirono sul palco non sentii nulla se non la loro musica, se non la voce di Deryck, è stato strano, magico, ma strano, una sensazione del tutto nuova per me. Ovviamente di questo non vi importa nulla, ma confessarlo era necessario. Ad ogni modo i Sum 41 salgono sul palco in un tripudio di verde evidenziatore, niente versione integrale di Does This Look Infected?, ma la setlist soddisfa ogni palato, dai fan dell’ultima ora ai più fedeli. Si inizia con The Hell Song, solo due i brani estratti dall’ultimo album, 13 Voices, ma hanno di sicuro pescato i meglio riusciti del disco. Sono in formissima, Deryck chiacchiera, ride, vocalmente quasi impeccabile, divertono, ripetono più volte che una volta finito il tour torneranno a casa loro e “we’re gonna work on

new stuff”. Le cover non mancano, forse un po’ troppe, ma sentire Paranoid, Another Brick In The Wall e We Will Rock You fatte da loro è qualcosa di cui tutti noi avremmo bisogno. Il momento più alto della serata lo raggiungiamo con il drum solo di Frank Zummo che intona Killing In The Name, ma anche quelle Walking Disaster e With Me buttate nel bel mezzo del set sono un momento di magia. Con il ritorno di Dave alla chitarra sicuramente l’asticella si è alzata un bel po’, naturalezza ed energia sono tornate a far parte della band, la formazione funziona al suo meglio, nonostante 13 Voices non sia di sicuro il mio disco preferito della loro discografia il loro ritorno sulla scena è stato memorabile. L’intera serata è un connubio di buona musica, prestazioni eccellenti e salti, la chiusura è una delle più toccanti a cui io abbia mai assistito, chiudono con Faint, cover dei Linkin Park che in occasione del Reading & Leeds hanno suonato in compagnia di Mike Shinoda, al

Rimini Park Rock Shinoda non è spuntato dal backstage, ma il gesto vale comunque e chiudiamo la serata con un pensiero speciale a Chester che proprio nell’estate dello scorso anno si era esibito insieme alla sua band in compagnia dei Sum 41 e Blink-182. Ho pianto. Ho pianto due volte. La mia stabilità emotiva non era per nulla al suo meglio, la fragilità che mi accompagnava quella sera era forte e loro, come succede con Spotify tutte le volte che ho bisogno di sfogarmi, erano lì a sfogarsi con me, perché in quel momento ho sentito un dolore condiviso, ho sentito solidarietà, ho sentito unione ed è questo che voglio da un concerto, è questo che voglio dalla musica. Chissà se il prossimo anno torneranno davvero con nuovo materiale fresco fresco da goderci e da urlare. @riminiparkrock lprockevents.it


P L A Y L I S T

GIRLY DIY PUNK

Charmpit, Buckfast My Heart

Frankie Cosmos, Embody

Milk Teeth, Owning Your Okayness

Girli, Young

Queen Zee, Idle Crown

Zand, Boys Like U

Diet Cig, Tummy Ache

Girlpool, Cut Your Bangs

Petal, Tightrope

Nervus, Sick Sad World

Pussyliquor, Pretty Good For A Girl

The Tuts, Let Go Of The Past

Destroy Boys, No Respect

Daddy Issues, Dogyears

Lala Lala, Destroyer

Pussy Riot, Straight Outta Vagina

Skinny Girl Diet, Okay

Kamikaze Girls, KG Go To The Pub

The Cliks, Oh Yeah

The Menstrual Cramps, Hashtag Sad Penis


BOSTON MANOR WELCOME TO THE NEIGHBOURHOOD

bostonmanorband.com

I cinque di Blackpool ritornano in campo con un nuovo full lenght targato Pure Noise Records. A due anni dalla loro ultima produzione oresentano Welcome To The Neighbourhood, un disco carico di influenze della scena alternativa con sonorità industrial e cupe che li allontana dal classico emo/pop punk a cui ci avevano abituati. Un ritorno in grande stile segnato da tracce come Flowers in Your Dustbin, Hate You, Tunnel Vision e The Day That I Ruined Your Lilfe.

MOM JEANS PUPPY LOVE

CROOKED TEETH PASTEL

I Mom Jeans creano un nuovo pilastro per la scena emo DIY, Puppy Love. L’album suona nostalgico e giovane, è l’esatto prodotto musicale che ci si aspetta da una band della California del nord. Attitudine, senso del ritmo e una buona dose di influenze della scena indie anni 90. I Mom Jeans tornano in campo dopo una pausa di due anni e piazzano sul tavolo da gioco alcune delle migliori tracce della loro carriera come glamorous.

E’ il turno dei Crooked Teeth e del loro nuovo EP, Pastel. Il trio californiano annuncia l’uscita del nuovo EP sotto Rude Record con la pubblicazione del singolo Crawl, miglior traccia delle tre. Poco tempo dopo hanno rilasciato un nuovo singolo, Honey, delineando sempre più la loro offerta artistica. I Crooked Teeth sono una band su cui tenere un occhio puntato perché, di sicuro, ci offriranno materiale interessante nei prossimi giorni.

momjeansband.com

crookedteeth.lnk.to

GENERATION RX - GOOD CHARLOTTE goodcharlotte.com

E’ finalmente sugli Spotify di tutti il settimo disco dei Good Charlotte. La band dei gemelli Benji Madden e Joel Madden, in seguito alla reunion del 2015, colonizzata dall’uscita di Youth Authority, torna in campo con Generation RX. Generation RX rappresenta un occhio attenzio e personale sulle esperienze di una vita, tanti estratti delle vite dei due gemelli diventano protagoniste di tracce intrise di emozionalità e sonorità forti e pungenti. Non lo reputo il miglior album della loro discografia, non mi ha colpito nulla in particolare, non riesco a nominare una singola traccia che io possa definire la mia preferita, ma per gli amanti del genere risulta comunque essere una buona produzione. La band inoltre sarà in Italia il 3 febbraio all’Alcatraz di Milano per il tour promozionale di Generation RX.

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secondyouthpunk.com

BRAND NEW

SECOND YOUTH DEAR ROAD

Ne abbiamo parlato diverse volte, la prima in occasione del live degli Anti-Flag a Zona Roveri, quando le nostre strade si incrociavano una prima volta, ma anche in questo stesso numero, in occasione del Bay Fest. I Second Youth sono una band a cavallo tra Italia e Inghilterra e recentemente ci hanno deliziati con la loro musica presente in Dear Road, un full lenght tutto musica, sonorità punk arricchite da una ricercatezza di stile musicale che delinea chiaramente la posizione della band all’interno della scena punk rock italiana. Alcune delle tracce che ho preferito sono Suzanne e Worst Case Scenario. HIGH AS HOPE - FLORENCE AND THE MACHINE florenceandthemachine.com

Torna la voce femminile più calda e travolgente del pop rock internazionale, Florence Welch con la sua band ci regala un nuovo album, High As Hope. High As Hope risuona come un disco da lounge bar, ma ad un ascolto più approfondito risulta essere molto più di questo. La band sarà in concerto a Bologna e Torino rispettivamente il 17 e 18 marzo 2019. TLA FINIRE NEI GUAI

KEEP IN TOUCH HOPES & REGRETS

Band di Vicenza nata nell’estate del 2014, arricchiscono lo scenario ska nostrano con il loro EP di debutto Finire Nei Guai, una produzione veloce, ben riuscita e sopratutto fresca.

I Keep In Touch arrivano da Trani e portano al nostro ascolto un pop punk melodico con il loro EP di debutto Hopes & Regrets. Tre tracce vloci e ben congegnate che entrano nello scenario emo a vele spiegate.

tlaskapunk.bandcamp.com

keepintouch.bandcamp.com 47






www.theunknownmusic.com


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